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ASTON MARTIN REDBULL RACING RB16




Milton Keynes cala il suo asso per il Mondiale 2020: la RB16 ha tutta l’aria di esser stata progettata con un solo scopo ovvero riportare l’iride che manca al Team dal loro quadriennio d’oro WDC+WCC con Sebastian Vettel. Si parte da un anteriore eufemisticamente estremizzato per convogliare ancora meglio i flussi al fine di massimizzare il concetto progettuale chiave della vettura ossia il rake estremo. Si prosegue con delle “zanne” sul fondo in stile AMG e si conclude con un lavoro di ulteriore affinamento nella zona del diffusore posteriore. La RB16 come da programma è subito scesa in pista per il previsto filming day a Silverstone divenuto a tutti gli effetti lo shakedown della vettura

Con un assetto sportivo che per quanto riguarda i Piloti ricalca appieno quello di AMG ovvero Superstar+Gregario ed un apporto di Honda volto al definitivo raggiungimento dell’elite motoristica delle Power Units, rappresentata da Ferrari ed AMG, la RB16 è una legittima pretendente al Mondiale 2020. Ne capiremo di più e meglio dalla prossima settimana con la prima sessione di test prestagionali al Montmelò di Barcellona

(TUTTE LE IMMAGINI DAL WEBSITE REDBULLRACING.COM)

I NUMERI DEL DOMINIO

Motorsport is dangerous.

E’ un fatto inoppugnabile, persino banale ma può esserlo non nel modo più ovvio che ci viene in mente. La passione per i motori può portare allo scontro se subentra la variabile “tifo”, con la conseguenza di arrivare a vedere le cose in maniera distorta, vedere solo quello che si vuole vedere e considerare solo quello che fa più comodo ad assecondare le proprie convinzioni. Arrivando a confondere un asino con un cavallo.

Per diramare la questione di solito ci si affida ai numeri e alle statistiche. Chi ha vinto di più, chi è stato mediamente più veloce, chi meno bravo, chi più efficace. Una bella tabellina, chi ha sommato più punti è il migliore e buonanotte al secchio.

Giusto? Non proprio, perché anche i numeri, nella loro “neutralità” possono non dire tutta la verità, ma indicare tendenze e offrire spiegazioni che possono essere facilmente manipolate ad uso e consumo dell’una o dell’altra corrente di pensiero in gioco. Però una buona mano la danno e soprattutto offrono a chi li maneggia senza preconcetti o pregiudizi la possibilità di ottenere un quadro della situazione, se non vero, quanto meno intellettualmente onesto. Ed è quello che proveremo a fare analizzando i numeri delle tre serie vincenti che hanno caratterizzato gli ultimi 20 anni: Ferrari 2000-2004, quello Red Bull 2010-2013 e quello Mercedes 2014-2018 (per il momento…). E proveremo a rispondere alla domanda principale: qual è stato il binomio pilota/monoposto migliore?

Ferrari 2000 – 2004

Viene spesso definito come il periodo più “tirannico” di sempre, sicuramente enfatizzato dalla fame agonistica di Schumacher e dalla scarsa simpatia che ispiravano Todt e i suoi metodi, su tutti il team radio di Zeltweg 2002. Di sicuro ha regalato alla F1 due delle monoposto più dominanti di sempre, la F2002 e la F2004. La percentuale di vittorie nel quinquennio è stata del 67%, 57 vittorie su 85 Gp disputati (MSC 48,BAR 9) e con entrambi i piloti al vertice della classifica nel 2002 e 2004, una media di 10,2 pole all’anno su 17 gare, con tre prime file occupate in media ogni anno. La media di podi è di 23,4, il 68,8% di quelli possibili.

La lotta per il mondiale fu particolarmente serrata solo nel 2001 e 2003 con tre vetture capaci di vincere e con prestazioni equiparabili. Il 2003 è stato l’unico caso tra quelli che osserveremo in cui i piloti e la scuderia vincente non hanno mai ottenuto una doppietta, anno in cui sono stati introdotti parco chiuso, unico giro lanciato in qualifica ed eliminazione del warm-up della domenica mattina.

Red Bull 2010 – 2014

Il filotto di 4 mondiali consecutivi ha fatto epoca, facendo accostare il nome di Vettel al gotha dei piloti più forti di sempre, probabilmente anche grazie alle performance offerte nel soffertissimo mondiale 2012. Annata in cui c’è stata la più bassa percentuale di vittorie tra quelli esaminati, appena il 35%. La percentuale di vittorie nel quadriennio è stata del 53% (34 VET, 7 WEB), la più bassa tra le tre oggetto di attenzione. Solo questo dato probabilmente può far affermare che è stato il binomio piloti/monoposto meno dominante tra i tre considerati. La media di pole è stata di 13 a stagione su 19.25 gare, indice di una monoposto mediamente molto veloce sul giro secco, data la media di 5,5 prime file occupate in media ogni anno, ma molto meno affidabile in gara, dato il relativo basso numero di vittorie realizzato, con 21,5 podi all’anno, il 55,8% del totale.

A discapito delle Red Bull, negli anni 2010 e 2012 ci furono anche Ferrari e McLaren come validissime opponenti, esaltate dal talento dei loro piloti di punta Alonso e Hamilton. Queste particolari condizioni di equilibrio oggi fanno sorridere, ripensando anche al fatto che gli anni dei 4 mondiali di Vettel vengono spesso ricordati come anni in cui il dominio Red Bull era totale.

Mercedes 2014 – 2018

E’ la serie che punta a superare quella della Ferrari del 2000-2004 e ha tutte le carte in regola per farlo. L’introduzione delle PU ibride ha modificato i rapporti di forza visti fino al 2013 e ha consegnato alla Mercedes un dominio praticamente incontrastato per 5 anni, conditi da altrettanti mondiali e con due piloti che ne hanno vinto almeno uno, cosa mai successa nei casi già visti in precedenza. La percentuale di vittorie è del 74% (51 HAM, 20 ROS, 3 BOT) con una media di pole a stagione di 16,8 su 20 gare che ne fanno la monoposto più veloce e vincente degli ultimi 20 anni. Anche il numero di prime file occupate è ben superiore agli anni di dominio Ferrari-Red Bull, con 10,2 di media all’anno.

Lewis Hamilton (GBR) Mercedes AMG F1 W07 Hybrid.
25.02.2016.

In realtà gli ultimi due anni, come ben sappiamo, sono stati molto più combattuti e solo una maggiore forza di squadra nel 2017 e un pilota superiore agli altri nel 2018, hanno permesso alla Mercedes di rimanere sul trono del vincitore.

Questi i “freddi” numeri che ci portano a fare una serie di considerazioni:

    • La squadra più dominante degli ultimi 20 anni è la Mercedes
    • Il quadriennio Red Bull è stato il meno dominante dei tre considerati
    • Hamilton è il pilota che ha vinto di più (51), con Schumacher a 48 ma con 15 GP in meno disputati nell’arco degli anni di dominio.
    • Hamilton ha avuto anche il compagno più ostico di tutti, Nico Rosberg, che gli ha “soffiato” 20 vittorie. In questo caso è da considerare la quasi totale mancanza di competitor negli anni 2014, 2015 e 2016, fattore che ha agevolato molto i piloti Mercedes.
    • La Mercedes è stata la monoposto più competitiva di tutte in prova, con tutta la prima fila occupata in media su una gara su due.
    • Mercedes e Red Bull hanno vinto il mondiale costruttori sempre prima dell’ultima gara. La Ferrari ha dovuto attendere la gara finale nel 2000 e nel 2003
    • Hamilton è il pilota con più pole, 52 (10,4 all’anno in Mercedes) seguito da Schumacher e Vettel a quota 40 (rispettivamente 8 in Ferrari e 10 in Red Bull, all’anno). Considerando anche le pole ottenute negli anni in cui non ha vinto il mondiale Vettel è a quota 50, mentre Hamilton è a 66. Rosberg è a quota 26 pole nel periodo 2014-2016 (8,6 all’anno)

Tutti e tre i periodi considerati sono stati interessati da rilevanti modifiche del regolamento tecnico che ne hanno sicuramente condizionato i risultati. In particolare l’anno 2003 vide corpose modifiche con il malcelato fine di interrompere il predominio Ferrari, cosa poi avvenuta nel 2005 e 2006, causa una monoposto non all’altezza e una meno efficace interpretazione del mass damper Ferrari rispetto a quello Renault. Successivamente ci sarà l’abolizione dei test privati che pesarono fortemente sulla competitività della Ferrari. Gli anni Red Bull ricordano la polemica sugli scarichi soffianti, aboliti una tantum nel 2011 e poi definitivamente nel 2012, cosa che però non ha scalfito il dominio della casa austriaca. Dominio che fu spezzato brutalmente dall’introduzione delle PU nel 2014, con la Mercedes unica in possesso di una valida e competitiva power unit.

In conclusione, ripensare agli anni in cui la F1 è stata cannibalizzata da un solo team rimette in discussione tutta una serie di assunti che, “a caldo”, si rivelano fallaci. In primis che tutti gli anni in cui si è fatto “filotto” siano stati ugualmente semplici, oppure frutto del talento di un singolo pilota o degli ingegneri a disposizione. In realtà le cose sono più complesse rispetto al generale assunto che una volta iniziato un ciclo vincente, le vittorie in divenire siano solo una conseguenza. In realtà la lotta per il mantenimento dello status quo è feroce e spesso si svolge più fuori dalla pista che dentro, complici gli ingigantiti interessi economici e mediatici che il circus ha saputo attarre. In quest’ultimo campo le cronache sono piuttosto eloquenti, con Ferrari che tra il 1999 e il 2005 ha saputo sfruttare molto bene il suo peso politico, ricordando le querelle su terzo pedale e differenziale McLaren, berillio dei motori Mercedes, diffusore williams nel 2001, gomme michelin e mass damper Renault. Poi è venuto il turno di Red Bull con gli scarichi soffianti e le deroghe alle mappature del motore Renault per esigenze di affidabilità, oltre al caso Pirelli del 2013. E infine Mercedes con i famigerati 1000 km di test in deroga, il regolamento sulle nuove PU che sembrò cucito su misura per venire incontro alla power unit Mercedes e le deroghe all’utilizzo di olio e additivi in camera di combustione.

Vince chi è più bravo in pista, ai box e chi ha più influenza politica per dirottare le decisioni dei commissari tecnici a proprio favore. I tre punti chiave sono:

  • un grande pilota: Schumacher, Hamilton e Vettel. Piloti capaci di unire il talento in pista a quello di catalizzatori delle dinamiche positive nel team. Il tutto condito da una fame di vittorie che non ammette condivisione con il compagno di team se non occasionalmente.
  • un team efficiente, capace e reattivo. Lo è stato il dream team Ferrari con Todt-Brawn-Byrne, quello Red Bull Horner- Newey anche se aveva e ha ancora la pecca di partire in ritardo prestazionale rispetto ad altri team per poi recuperare più di tutti nel corso della stagione e non ultima la Mercedes con Wolff che per metodi e carisma può essere definito un Todt 2.0, accoppiato a Costa, Cowell e Allison (due ex Ferrari con dente piuttosto avvelenato)
  • una grande influenza politica. Tutti e tre i team hanno saputo sfruttare le contingenze del momento per far valere più di altri le proprie ragioni nell’assicurarsi le migliori condizioni ambientali e far chiudere un occhio sui “buchi” del regolamento che potevano essere oggetto dell’attenzione dei commissari FIA. Senza guardare in faccia a nessuno.

Rocco Alessandro