BASTIAN CONTRARIO (V) La resurrezione

Alla fine la Ferrari, per mano del solito LeClerc, riesce ad agguantare con non poca fatica il primo podio della stagione. In periodo pasquale questo ritorno, su uno dei primi tre gradini del podio, appare come una sorta di resurrezione da parte della Rossa. Purtroppo questo risorgere da parte della squadra italiana non soddisfa, non convince e, non serve a nulla per l’obiettivo che tutta Maranello si era prefissata, prima che questo disgraziato mondiale iniziasse. Diciamocela tutta: davvero dobbiamo essere contenti di un misero terzo posto conquistato, tra l’altro con lacrime, sudore (tanto!) e, sangue? Siamo stufi di queste posizioni di rincalzo agguantate anche lottando duramente, siamo stufi di vedere la Ferrari ridotta “alla ricerca del potenziale”, che Vasseur ormai recita ad ogni intervista. Cosa ci fa la Rossa, dopo tutto questo tempo e dopo tutto quello che ha dimostrato l’anno scorso, ad occupare la quarta casella della classifica del mondiale costruttori? Perché non dobbiamo dimenticare che, se il mai domo Charles ha raggiunto il gradino più basso del podio, è solo perché la Mercedes è stata davvero deludente in quel di Jeddah. Infatti la vera sorpresa, in negativo, è stata proprio la squadra con la stella a tre punte la quale, a mio giudizio, è solo questione di tempo prima che agguanti la prima vittoria. Russell, pilota ampiamente sottovalutato, questa volta ha sotto preformato e Charles, che a mio dire è comunque migliore dell’inglese della Mercedes ha avuto ragione di lui, sfruttando una gestione delle gomme in maniera impeccabile. A proposito di Charles, mi chiedo cosa ci faccia sul quel gradino cosi basso? Ancora: non doveva essere Hamilton a fargli colmare il gap prestazionale che fa la differenza tra l’ottimo pilota ed il campione? Purtroppo questo accade quando la percezione della realtà (raccontata con fasti e giubilo mal riposto) supera la vera realtà.

Chi di resurrezione infatti non ne vuole sapere è proprio il campione inglese della Rossa, il quale sta facendo i conti con la realtà (anche questa vera e, soprattutto amara!) di cosa significa guidare per Ferrari, con tutto le conseguenze del caso. Sono del parere che l’inglese camperà di rendita grazie alla Sprint race cinese (a Miami si replica… visto mai che gli piacciano queste mini gare) eppure, sebbene il famoso detto dica “chi si accontenta gode”, a mio modesto giudizio qui c’è poco da godere visto e considerato il motivo per il quale è stato ingaggiato (e non mi riferisco al marchio moda Ferrari… sigh!). Vasseur, giustamente fa quadrato e, difende il suo pupillo da quaranta milioni e passa l’anno, solo che mi chiedo fino a quando Hamilton potrà essere difendibile. A tal proposito per quanto riguarda l’epta campione del mondo, c’è un problema di stile di guida che gioco forza dovrà essere cambiato, o quanto meno modificato (con buona pace di chi, fino a ieri, ha detto che il suo stile di guida fosse uguale a quello di Charles) e, questo ci porta alla verità taciuta che appunto tutti conoscono e che evidentemente non è comodo rivelare: Lewis Hamilton, quando si ritrova una macchina perfetta sotto il deretano diventa inarrestabile, il che non è un fatto così scontato visto il comportamento di Norris con l’attuale e perfetta McLaren, mentre quando l’inglese ha tra le mani una monoposto capricciosa, dove deve essere il pilota che deve andare incontro alla vettura, ecco che il campione si perde… chiedere a Button e, a Russel dopo di lui, se non è cosi. Come Ferrari riuscirà a risolvere questo problema, che ormai è divenuta una tragedia proprio non so, quello che so è che la Rossa se sta risorgendo lentamente, GP dopo GP è solo grazie a LeClerc, l’ennesimo campione bruciato in quel di Maranello il quale ormai da tempo ha capito “dove mettere mano” con gli assetti, ed ecco perché parla di “conoscere la strada che deve prendere”. Naturalmente, come ho detto nell’esordio di questo mio scritto, questa è una timida resurrezione perché Ferrari e, naturalmente il monegasco, meritano ben altre posizioni. Ormai la sentenza è stata decretata e, mai come quest’anno il GP di Barcellona rappresenta la cosi detta “dead line”, momento in cui tutte le ali (malleabili), verranno castrate e dove tutte le squadre porteranno i loro aggiornamenti che altro non sono, adeguamenti alla nuova (anche se dovrei dire ennesima) direttiva che servirà a piallare le prestazioni tra McLaren, che ha lavorato meglio di tutti e, gli altri che in termini di aereo elasticità non hanno capito granché. Ferrari saprà farsi trovare pronta per la definitiva resurrezione? Perché è un fatto che, caso mai la Rossa centrasse l’obiettivo di sistemare i casini fatti durante l’inverno, con più di dieci GP ancora da disputare e, col pilota che si ritrova (alla faccia di chi ha sempre detto che con Hamilton la Ferrari avrebbe avuto la coppia migliore del campionato!) tutto è possibile, solo che sarà imperativo vincere al fine di avere una definitiva resurrezione, altrimenti tutto sarà vano.

Chi invece è risorto, tra lo stupore di molti, è sicuramente Piastri il quale dopo il casino commesso in Australia, dovuto anche alle difficili condizioni ambientali, è riuscito a conquistare la testa della classifica in brevissimo tempo. Ad essere sinceri non credevo che Oscar ci riuscisse in cosi poco tempo e, questo non tanto per le sue capacità (delle quali non ho mai dubitato), quanto per il fatto che credevo che Norris si fosse scrollato di dosso tutti i fantasmi che ha vissuto l’anno scorso con Verstappen. Invece questi fantasmi non solo non sono andati mai via, addirittura si sono tramutati in un vero e proprio incubo visto e considerato che l’inglese, tanto supportato dalla stampa connazionale, se la deve vedere oltre che con l’attuale campione del mondo anche con il compagno di box. Su queste righe ho sempre affermato che Piastri, agonisticamente parlando, è un figlio di buona donna e la sua condotta lo sta ampiamente dimostrando. Verstappen dovrà ricalibrare tutto il suo modus operandi per tenere testa alla McLaren dell’australiano, il quale evidentemente, ha un carattere “leggermente” differente dal suo compagno di squadra. Nella partenza del GP del Giappone del 2023, dove Max “educatamente spostò” a destra e sinistra i due papaya, pensai che Oscar aveva ancora tanta strada da fare in termini di esperienza, anche perché il Max del 2023 era inarrestabile e, a distanza di un intero 2024 passato a prendere le misure sul compagno e sulla sua stessa squadra, ecco che il talento esce fuori. L’impressione che mi sono fatto, prendendo in considerazione la narrazione che orbita attorno alla McLaren, è che Norris sia una sorta di intoccabile dove stampa e sistema (inglese of course!), abbiano già deciso per chi il team (inglese!) debba favorire. Poiché l’australiano non ha molti supporter, ecco che il grosso del lavoro lo deve fare da solo a cominciare dal sabato, perché partendo in pole con la macchina che ha, il 50% del lavoro è già finito. Non a caso il “tenero” Lando, avendo capito ciò che ho appena affermato ha sbagliato, sentendo il peso di tutta la pressione che orbita attorno a lui. Già la domenica precedente (in Bahrain) aveva dato segnali di cedimento, con quel posizionarsi in maniera fallata sulla griglia di partenza e, in qualifica sabato scorso, ha dato conferma a questi cedimenti che ormai sembrano cronici. Per Lando ora si mette veramente male perché, se non si dà da fare, per lui le cose si metteranno veramente male per non parlare che, se il suo compagno dovesse vincere il mondiale, la sua carriera sarebbe messa totalmente in discussione. Quindi la resurrezione dell’inglese della McLaren più che un auspicio è ormai un dovere.

Chi invece resiste, stoicamente, alle nervate che attualmente sta prendendo in pista dalla MCL-39 è Max Verstappen il quale, con una macchina ancora non all’altezza, si spara una pole da brivido prima e, una partenza (la domenica) da dimenticare dopo, evidentemente sottovalutando la giovane età e sopravvalutando la poca esperienza del suo giovane avversario. Max sta aspettando Imola e, la Spagna più di tutti, come potenziale terra della resurrezione visto che proprio in terra iberica verranno portati i corposi aggiornamenti, che dovranno adattarsi alla nuova direttiva che castrerà le ali flessibili, in modo da dare l’attacco finale al quinto titolo consecutivo. Sportivamente parlando la morte è per tutti, la resurrezione invece è per uno solo: non resta dunque che aspettare come evolverà il racconto, chiamato mondiale di F1 2025, che stiamo seguendo.

Vito Quaranta

WEC 6HR DI IMOLA 2025

Risiamo quì, per un resoconto “da bordo pista” di quello che è successo a Imola per la 6 ore.

Alla domanda: “La domenica di Pasqua che fai?” quando rispondi Imola ,WEC, 6hr, tutto relax, la contro risposta è “Ma come? Corrono anche a Pasqua?”

Come potete ben capire io l’appuntamento non lo potevo saltare.

Al sabato la mattina si va a dare un’occhiata dalle acque minerali. Prima cosa prima, pensatela come vi pare, ma le auto dovrebbero suonare come il V12 Aston. Addirittura la domenica mattina sento l’annunciatore dire che quando senti il rumore Aston l’ignorantometro va a fondo scala.

A occhio bene Ferrari e BMW meno Toyota, Porsche e Cadillac (da quest’anno gestite da Jota visto la richiesta di portare 2 auto per il campionato), Alpine non ho capito, Aston indietro. Peugeot fuori classifica, perchè tutte le volte che vedo quell’auto penso a quando mi fu detto che sono entrati nel WEC per vincere Le Mans. A Kubica si frigge il motore, lo cambieranno in tempo per le qualifiche.

Prima delle qualifiche giratina nel paddock e successiva pit walk per provare a scambiare 2 chiacchere con i piloti e fare un paio di foto alle auto. Vado a salutare il mio conterraneo Pera che ritorna nel WEC su Porsche, capatina da Iron Lynx che sono sempre cordiali, in special modo il “capo” (ma ne parliamo dopo) e Ferrari gt con il sempre disponibilissimo Alessio Rovera con cui mi congratulo per gli eccellenti risultati in LMP2 Pro/Am in ELMS. Come sempre risultano irraggiungibili Ferrari e VR46 (e di conseguenza tutto il team BMW Gt).

Le qualifiche le vado a vedere al Tamburello interno prima curva dove da dietro posso vedere un po’ il comportamento delle auto nel cambio direzione.

Quì si sono viste bene le difficoltà di Aston e Porsche (che addirittura arriva ad un bloccaggio alla staccata), anche Toyota non sembra brillante come uno si aspetterebbe. Le qualifiche Gt finiscono con una pole inaspettata per la BMW 46 visto che dalle PL la pole sembrava in mano a Lexus. Con comunque quest’ultimi secondi con a ruota Aston e Ferrari, male Porsche e Mclaren, non male Ford, malissimo Mercedes che finisce in coda al gruppo. Per le Hyper sarebbe potuto essere 3 Ferrari nelle prime 3 posizioni, ma Fuoco si fa prendere dall’emozione e con ben 2 giri cancellati per track limits non rientra nell’hyperpole. Quindi Ferrari-Ferrari-Bmw poi Toyota (che i giappi non mollano mai) ed un trio francese Alpine-Peugeot-Alpine. Malissimo Porsche dietro anche ad una Cadillac.

Finite le qualifiche mi sposto verso il paddock per avere la prima sorpresa del weekend, non parcheggiano più le auto nel retro per le verifiche, ma in pit, quindi non ci sono possibilità di vederle. Allora mi dirigo verso il ring delle interviste cercando di recepire qualche informazione. Riesco a cogliere che in BMW hyper sono ottimisti e che per le gt le Lexus hanno un alta velocità di punta e quindi risulterà difficile passarle. Fuoco è dispiaciuto per non aver portato l’auto in hyperpole. Mi fermo a scambiare due chiacchere con Claudio Schiavoni, che è molto cordiale e riesce a darmi un’idea della differenza tra correre nel WEC e ELMS, come costi e logistica, molto interessante.

Domenica mattina altro giretto per il padock con pit walk per provare a capire qualcosa dai piloti, riesco a parlare con Tincknell della nuova Aston Valkyrie a cui dico che avendoli visti il sabato al tamburello mi sembravano un po’ rigidi visto che l’interno nel cambio di direzione sembrava sollevarsi più delle altre auto. Mi fa i complimenti per il buon occhio da osservatore (ancora non ho capito se “c’ho chiappato” ma questo da solo conferma che la malattiaper le corse è lì e non si cura) e mi conferma che stanno ancora molto lavorando sull’assetto. Facendo altre domande in giro sembra che la macchina sia molto spinta aerodinamicamente e non abbiano ancora capito bene come farla lavorare (sarà vero?). Ricordo che quest’auto corre anche nell’IMSA.

Qualcosina questi tre hanno vinto

Qui l’ignorantometro invece va fuori scala.

Partenza vista dall’esterno Rivazza

La Ferrari 51 prende il largo seguita dalla 83 e dalla BMW 15 poi le Toyota, Peugeot 93 e le due Alpine. Per il Gt prendono il largo la BMW46 con dietro a pochi secondi Ferrari 21. Dietro le dames colpiscono la Corvette di Keating (che non molla un c***o e è sempre lì) causando il primo FCY. Intanto dietro la Ferrari 50 sta cominciando la rimonta dall’ultimo posto, questo sembra anche aiutati dal fatto di aver imbarcato meno benzina, difatti saranno i primi a fermarsi. Intanto Toyota e BMW si prendono a sportellate con la seconda che perde metà alettone posteriore.

Dopo le prime 2 ore in Hyper ancora davanti le Ferrari con dietro BMW, con Alpine 36 che sopravanza Toyota in queta posizione grazie ad un dolido stint. In Gt la lotta sembra tra Lexus BMW e Ferrari.

Dopo 2 ore e mezzo decido di spostarmi verso le acque minerali, in quel frangente la BMW 36 spinge la Aston dritta alla Rivazza 1, SC.

Alla fine della terza ora, dopo il giro dei pit, c’è rimescolamento anche grazie a strategie diverse. La Porsche 6 con un ottimo stint riesce a portarsi davanti con Ferrari 51 e BMW 20 dietro. Con il passare dei giri risalgono le auto che erano rimaste indietro, sopratutto l’altra BMW e Toyota. Con Alpine 36 che sta sempre continuando con ottimo ritmo. Sulla Porsche 92 in Gt è montato Riccardo Pera, io sarò anche partigiano, però fa uno stint stupendo. Grande sorpasso alla piratella su una Aston poi in 2 giri passa la McLaren. Recupera 12 secondi al gruppo davanti composto da l’altra Mecca, Corvette, Ford e Lexus.

Davanti in Hyper Ferrari lotta con Porsche (e si vede che ne ha di più) in Gt lotta tra la BMW 46 e Ferrari 21. A 2 ore e 15 dalla fine il fattaccio. Valenti Rossi, grande candidato alla vittoria, è dietro Simon Mann. Queste sono le auto che si sono contese la testa dal giro 1, cioè da quasi 4 ore. Sonosu strategie diverse, presto la Ferrari si deve fermare, ma Vale ci prova, vede che ne ha di più e vuole passare. Dopo vari tentativi alla Rivazza 2 veede lo spazio dove ci passa la moto, ma non la macchina. Colpisce il dietro della 21 (che ripartirà prima del ritiro con 6 giri di ritardo) che esce di pista beccandosi una giusta penalità e buttando via la gara, sembra, e causando una SC.

Intanto si paventa anche l’incubo della pioggia, è in pochi minuti in tribuna la maggior parte degli spettatori ha in mente una cosa sola “te lo ricordi l’anno scorso?” (vero PA?), meno male non ha piovuto.

Verso l’ultima ora mi sposto alla variante alta, qui assisto al consolidarsi della Ferrari 51 al primo posto con tutte le auto che con sosta più lunga o meno che dovranno fermarsi nell’ultima mezz’ora per un riabbocco. Pierguidi fa un super stint per poi ritrovarsi dopo il pit dietro alla 83, che deve fermarsi, però davanti a BMW e Alpine che si sono già fermate.

In Gt sono rimasti davanti a lottarsi la vittoria la Porsche che ha 20 secondi di vantaggio su BMW46 che sta rimontanto con Van der Linde. Ultimi giri al cardiopalma con BMW che non riesce a passare e Porsche che vince, pur non avendo l’auto migliore, con un po’ di fortuna ed un ottima gara.

In Hyper la Ferrari riesce a vincere la gara di casa con Ale, l’eroe di Le Mans, che saluta il pubblico. Dietro dopo il giro delle ultime fermate, causa riabbocchi più o meno lunghi, BMW, una solida Alpine (meglio che della cugina in F1), Ferrari 83, Toyota, l’altra BMW che era rimasta sempre in lotta per il podio (ottimo stint iniziale di KMag), l’altra Toyota e solo dopo Porsche che sembra la grande sconfitta della gara.

Secondo me io il prossim’anno ci ritorno.

Nota dolente per l’organizzazione, o chi per loro, restano quei cartelloni interno variante alta che non permettono di vedere le auto da dietro e in più hanno coperto di cartelloni la vista dall’interno del tanburello, per intenderci dove ci sono le panchine sul vialetto dietro gli alberi.

Landerio

OSCAR VINCE A JEDDAH. CHARLES TIENE A GALLA LA FERRARI.

Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a ballare. E quelli che non sono dei duri, a volte il duro lo toccano con mano. O con la macchina. E così, in Arabia, Norris invece di fare la pole la manda a muro. Puntualmente, aggiungerei.

Mentre i veri duri, Verstappen e Piastri, la piazzano in prima fila, con Max che compie il solito miracolo. 

Ma chi è il più duro, fra i due? La risposta è in curva uno, dove arriva per primo Oscar e accompagna dolcemente Max fuori pista, costringendolo a tagliare. Ovviamente l’olandese pensa di essere rimasto vittima di un’imboscata, e non restituisce la posizione, beccandosi 5, sacrosanti, secondi di penalità.

Nel frattempo, Tsunoda e Gasly si toccano ed esce la Safety Car. Si riparte dopo 3 giri, e Max prova a scappare ma Piastri non glielo consente.

Al giro 13 Norris, in rimonta, passa Hamilton e si porta in sesta posizione. Ma Lewis non ci sta e lo ripassa.
La scena si ripete al giro successivo, con Lando che capisce poi l’antifona e al terzo tentativo riesce a stare davanti. Ma, nel frattempo, ha perso 3 secondi che gli costeranno il podio.

Al giro 19 l’inglese della McLaren passa anche Antonelli e si porta in quinta posizione ma a 15 secondi da Verstappen.

Al giro 20 si ferma Piastri. Max effettua la sua sosta al giro 22 e scontando la penalitá perde la posizione sull’australiano.

In testa alla gara ora c’é Leclerc, che riesce a tenere un ottimo ritmo.
Il monegasco si ferma al giro 30 lasciando il comando a Norris che, partito con le dure, non si é ancora fermato.

Lando si ferma al giro 34 e torna in pista in quinta posizione.

Al giro 38 Leclerc passa Russell e si prende la terza posizione. George tre giri dopo viene passato anche da Norris, che va alla caccia di Charles.

Caccia che non andrà a buon fine, e la gara finisce così con Piastri davanti ad un furioso Verstappen, e a Leclerc che completa il podio. Seguono Norris, Russell, Antonelli, Hamilton, Sainz, Albon e Hadjar. 

La prossima tappa sarà la prima delle due americanate stagionali, a Miami, dove lo scorso anno Norris colse la prima vittoria in carriera. Chissà se il suo ricordo gli servirà a ritrovare se stesso.

P.S. Max ha finalmente trovato pane per i suoi denti. E, infatti, a fine gara era infuriato. Non si capisce bene perchè, visto che la penalità era ovvia, sia da un punto di vista regolamentare che da quello prettamente sportivo.

P.S 2. si è sempre sostenuto che la SF25 sia una macchina sbagliata. Ma é giá la terza volta che, con Leclerc, in gara gira sui tempi dei primi, e che si ha l’impressione che, se partisse davanti, la storia sarebbe completamente diversa. Forse forse non  è proprio tutto da buttare.

P.S 3. Charles continua a dire che ha trovato “la direzione” e che da tempo non si sente così a suo agio in macchina. Questa affermazione ripetuta nasconde certamente un messaggio alla squadra, del tipo “avete voluto andare in un’altra direzione? Avevo ragione io.”.

P.S 4. Questo, unito al fatto che Hamilton continui a prendersi una vita da Leclerc, oltre ad essere inaccettabile per uno che si prende 40M€ l’anno, confermerebbe che, forse, quando è arrivato ha provato a portare la squadra dove voleva lui, e che in Ferrari non si fidassero poi così tanto di Leclerc. Sbagliando.

P.S. 5 In tanti, compresi probabilmente alcuni che lavorano a Maranello, pensano che Leclerc non sia un grande pilota. Gli stessi prevedevano che sarebbe stato ridimensionato dal quarantenne sette volte campione del mondo. Io non sono mai stato fra loro e sono contento di avere ragione.

P.S. 6 Allo stesso modo, in tanti pensano che Piastri non sia destinato a grandi cose. Direi che anche in questo caso si sbagliano.

P.S. 7. I simpaticoni di Sky si stanno divertendo (per motivi che forse capiremo fra un po’) a mettere in difficoltà l’altro simpaticone alla guida della Ferrari. Del tipo “Charles sta salvando la Ferrari?”, alla quale la risposta è un “no” nemmeno tanto velato, oppure “pensate al campionato?” con relativa risposta “pensiamo a Miami” e, infine, “Lewis è in difficoltà?”, alla quale segue la solita supercazzola perchè in qualche modo bisogna pur giustificare l’avere speso così tanti soldi  quando si ha già un gran pilota in squadra e a disposizione un altro giovane che ha dimostrato di saper fare grandi cose. A sentirlo, viene una gran rabbia pensando che Andrea Stella una volta lavorava a Maranello e poi ha pensato fosse meglio contribuire a far vincere Woking.

P.S 8. Clean air is queen.

P.S. 9 Trovate un altro lavoro a Vanzini, per favore.

F1 2025 – GRAN PREMIO DELL’ARABIA SAUDITA

Ultimo appuntamento del trittico di gare iniziato in Giappone e su uno dei circuiti più pericolosi del mondiale, il circuito cittadino di Jeddah che sembra fatto apposta per affossare il budget cap a disposizione dei team in termini di riparazioni e pezzi di ricambio. Un “classico” circuito cittadino moderno, veloce (forse troppo), progettato per avere gare incerte e dalla safety car “facile” in modo da sconvolgere l’andamento della gara.

Ci si arriva con una situazione ben strana in cui ci sono diversi piloti sull’orlo di una crisi di nervi.

Il primo è Norris che sembra non accorgersi di avere la miglior monoposto del lotto, in preda a dubbi anche personali su come sfruttare al meglio la sua McLaren. Magari è solo questione di non fare cappelle in qualifica e sfruttare aria pulita in gara, il solito vecchio metodo per stare lontano dai guai.

immagine da autosport.com

Un altro è Hamilton, che dopo il lampo della sprint cinese è piombato in un anonimato che, quando sei pilota Ferrari, diventa un inferno mediatico. Problemi di adattamento del suo stile di guida dovuto, sembra, alla gestione della PU e del freno motore. Ora, sembra tutto una supercazzola ragionando con il cervello (?) del tifoso medio che pensa che per far andare forte una F1 basta usare le mani per girare il volante e i due piedi per accellerare e frenare. Non è proprio così semplice ma se mettiamo sulla bilancia anche il talento che dovrebbe avere un sette volte campione del mondo, ci si aspetterebbe un periodo di adattamento meno lungo. Forse pesano più di tutti i 40 anni sul groppone dell’inglese.

Altro pilota in crisi è Alonso, azzoppato più dalla pochezza della sua monoposto che da demeriti personali. Posto il fatto che non so davvero cosa ci faccia in griglia uno di 43 anni, ritenendo cosa ben triste non avere un altro scopo nella vita se non girare in tondo un weekend all’anno  su due (ma è solo un’opinione personale ci mancherebbe). Meno onorevole prenderle dal compagno di squadra che non sembra essere questo fenomeno generazionale.

immagine da racingnews365.com

Dulcis in fundo il buon Sainz, il cui adattamento alla Williams fa sembrare i problemi di Hamilton in Ferrari poca cosa. Lo spagnolo non può neanche attaccarsi all’età per giustificare il suo scarsissimo rendimento. Eppure non gli manca certo il talento e la dedizione per emergere, cosa che gli auguriamo prontamente.

Dei piloti della galassia Red Bull neanche parlo perchè, escluso l’olandese volante, sono tutti vittima di un sistema che pretende di trovare un Verstappen ogni 5 anni.

Detto ciò, a Jeddah, come poi è stato in Bahrain e come sarà praticamente in ogni circuito, la qualifica sarà determinante. I curvoni veloci potrebbero essere amici della Rossa, così come l’asfalto particolarmente liscio che dovrebbe aiutare a gestire le famigerate altezze da terra. Più che altro i piloti e gli ingegneri dovranno cercare di allungare quella coperta che per la SF-25 è sempre irrimediabilmente corta.

Per tutti i team il problema sarà trovare il setup giusto in prove libere con condizioni molto diverse tra loro e due di esse lontane dalle condizioni di gara. Inoltre quest’anno ci saranno mescole più morbide che constringeranno ad un uso più accorto in gara, con il graining che potrebbe diventare un problema per qualcuno. Il tutto condito da eventuali safety car a sconvolgere le tattiche di gare e le soste ai box.

immagine da eurosport.com

Per lo spettacolo, anche se artefatto, Jeddah è la pista perfetta perchè può succedere di tutto, una vera pista da highlights. Per qualche team potrebbe essere l’occasione per un risultato insperato o per allontanare alemno per un pò critiche e malumori. Ogni riferimento a monoposto o piloti è chiaramente voluto.

*immagine in evidenza da timeoutjeddah.com

Rocco Alessandro

 

F2 BAHRAIN 2025 – *DA-DA-DA DUNNE*

Dopo un avvio di campionato interlocutorio a causa dall’acquazzone che ha annullato la Feature Race in Australia, il circus della F2 è arrivato in Bahrain in cerca di domande più che di risposte.

[immagine tratta da Rossomotori.it]

Le qualifiche sono state dominate dal campione in carica della F3, l’italiano Leonardo Fornaroli (Invicta), che in entrambi i run di qualifica stabilisce il tempo migliore e conquista la prima pole position *fun fact* che gli mancava dal 2023. L’unico che è stato in grado di contendergli la pole è Victor Martins (ART), che conclude alle sue spalle. Gli altri sono staccati, a partire da Luke Browning (Hitech), terzo a tre decimi da Fornaroli. Vanno male Jose Pepe Martì (Campos), grande protagonista l’anno scorso, e Gabriele Minì (Prema), che completano la sesta fila dello schieramento e quindi non possono nemmeno beneficiare dell’inversione della griglia. Male anche l’altra Prema di Sebastian Montoya, diciottesimo.

La griglia di partenza per la Sprint Race vede quindi Joshua Durksen (AIX), attuale leader di campionato, Dino Beganovich (Hitech) e Rafael Villagomez (VAR) nelle prime tre posizioni. Per l’inversione della griglia, Fornaroli è dunque decimo.

Al via le posizioni restano stabili tuttavia gli incidenti di Victor Martins prima e Sebastian Montoya dopo richiedono l’ingresso della Safety Car, che se ne andrà al quinto giro. Beganovich bracca Durksen, mentre Richard Verschoor (MP) minaccia il podio di Villagomez. Alle loro spalle Alex Dunne (Rodin) e Pepe Marti si scambiano un paio di volte la posizione, con l’inglese che si dimostra assai pugnace nel corpo a corpo. Sarà uno dei leitmotive della gara.

La situazione si sblocca tra il 9° e l’11° giro, quando prima Verschoor supera Villagomez e poi Beganovich conquista la testa della corsa. Lo svedese all’inizia resta a portata ma poi scappa, mentre dalla terza all’ottava posizione restano tutti vicini (si segnala una dive bomb magistrale di Dunne ai danni di Villagomez per la quarta posizione).

Al sedicesimo giro Max Esterson (Trident) si ferma all’esterno di curva 11 e richiama in pista la Safety Car. Alcuni piloti si fermano per montare gomme nuove; Minì, che sebbene in recupero aveva sempre oscillato intorno decima posizione, monta Hard nuove ed è quattordicesimo, primo dei piloti su strategia alternativa. I compagni di strategia invece hanno montato tutti le soft.

I cinque giri finali vanno annoverati tra i più spettacolari della serie. Non appena la corsa riprende nella sua valenza agonistica, Durksen soffia la leadership a Beganovich. Lo svedese prova a riprendersi la posizione il giro dopo ma va lungo; Verschoor si inserisce, ma è Pepe Martì a fare fessi tutti e due.

Resta un ultimo giro, ma Martì prende la scia e riesce a superare Durksen in curva 1. Il paraguaiano perde anche la piazza d’onore quando va largo alla terzultima curva, permettendo a Verschoor di infilarlo quando mancava un chilometro alla bandiera a scacchi. Beganovich si mangia le mani, quarto quando poteva vincerla.

Sintetizzare tutti i duelli alle spalle dei primi quattro è arduo, ma la maggior parte di questi coinvolgono o sono una conseguenza di Dunne che si difende con l’ostinazione del giocatore medio di una open lobby di F1 2024. Almeno finché non rompe l’ala in un contrasto con Miyata.

Più indietro, i piloti rimontanti raccolgono meno di quanto è capitato in situazioni analoghe. Olivier Goethe (MP) è il più efficace e arriva alla quinta posizione. Minì era l’unico su hard e quindi ha una ripartenza ad handicap ma alla fine (nonostante un momento pauroso con Goethe e Crawford in curva 13) artiglia l’ottava posizione, l’ultima valevole per i punti. Fornaroli gli arriva in scia dopo una gara simile, strategia compresa.

Il terzo posto permetterebbe a Durksen di consolidare la leadership in campionato, ma il paraguaiano viene squalificato dopo che i giudici scoprono un’irregolarità del fondo.

Si arriva quindi alla Feature Race, la portata principale del weekend. A differenza della Sprint, stavolta i piloti sono divisi sulla scelta delle gomme. In Bahrain le gomme hanno spesso avuto comportamenti bislacchi, con soft e hard che si scambiavano i ruoli. Non desta quindi troppa sorpresa vedere la maggior parte della griglia partire con H, con le eccezioni che si concentrano tra i primi dieci. Fornaroli e Martins sono con soft, dopodiché Browning è il primo a partire con H, seguito da Verschoor (sesto).

La partenza è regolare ma, come da aspettative, i piloti su H hanno un avvio difficile e perdono posizioni. I campioni in negativo sono proprio i due piloti con le H che partivano nelle posizioni più avanzate, Browning (ora decimo) e Verschoor (ora tredicesimo). Malgrado le S anche Victor Martins deve cedere quattro posizioni dopo uno scatto mediocre. Alle spalle di Fornaroli troviamo quindi i protagonisti della sprint Dunne e Villagomez, che ha rubato la terza posizione a Roman Stanek (Invicta). Lo schieramento è spaccato a metà: soft fino all’ottava, hard da lì in giù.

Marti, Stanek e Martins animano la gara nei giri iniziali, ma la svolta la da Dunne, che sorpassa Fornaroli in testa alla gara al settimo giro. Come è successo spesso in Bahrain (non chiedetemi perché) le S oltre a essere più veloci delle H sono anche più durevoli – infatti i primi pit-stop sono dei piloti sulle hard che decidono di liberarsi delle coperture più dure prima ancora di metà gara. Minì è tra questi e l’undercut gli permetterà di entrare in zona punti, quando prima di allora aveva veleggiava nell’ultimo terzo dello schieramento.

Martins è il primo pilota del gruppo di testa a fermarsi per le soft e l’undercut riesce su Fornaroli e Martì e per poco non raggiunge anche Dunne. Anche se ci fosse riuscito sarebbe comunque durato poco poiché sulle soft Dunne ha un passo di circa mezzo secondo più veloce dei suoi diretti concorrenti. Non avrà rivali fino alla bandiera a scacchi, nemmeno in termini di velocità pura. Prima di vincere poche ore dopo in Formula 1, i colori papaya hanno dominato anche la Formula 2.

L’unico dei piloti partiti su Hard a far fruttare la strategia che in altri contesti sarebbe stata convenzionale, ovvero andare lungo sul primo stint e rimontare nel finale con le Soft fresche, è Luke Browning, che negli ultimi dieci giri sorpassa Marti, Fornaroli e Martins e si prende la medaglia d’argento.

La lotta per l’ultimo gradino del podio è condizionata dal lavoro svolto dai tre piloti nella conservazione delle gomme; la spunta Fornaroli di un soffio su Martì, mentre Martins va in crisi con le coperture ed è quinto, insidiato anche da Verschoor e Beganovich. Arvid Lindblad (Campos), rookie e attuale “next big thing” della Red Bull, riesce a eseguire la tattica Browning e nel finale scala parecchie posizioni fino all’ottava, davanti a Minì e Durksen che chiudono la zona punti.

That’s all, folks. La classifica è cortissima ed è guidata dal nostro Fornaroli con 26 punti. Non è moltissimo, se considerate che una vittoria nella gara lunga attribuisce 25 punti e sono premiate anche pole e giri veloci. L’altro nostro connazionale, Minì, ha contenuto i danni in un weekend misero ed è decimo con 7 punti.  La situazione in Prema sembra migliorata rispetto all’anno scorso, ma serve più continuità per lottare per il titolo (era in pole in Australia), giacché Invicta, MP, Campos e Hitech  sembrano aver confermato l’alto livello dell’anno appena trascorso.

…e alla prossima settimana!

Tutte le immagini sono tratte dai canali social della Formula 2, salvo dove diversamente indicato.

L’immagine di copertina è presa dal sito ufficiale della Formula 2, fiaformula2.com

Lorenzo Giammarini, a.k.a. LG Montoya

 

Life is racing, all the rest is waiting