Benritrovati, ricomincia anche la stagione di F2 e proverò a farvi la sua cronaca. L’anno scorso per una serie di problemi personali non sono riuscito a dare continuità al racconto, quest’anno cercherò di far meglio.
Siccome le cose da trattare sono molte iniziamo subito con la più evidente: la Dallara F2/18 va in pensione.
Fa quindi il suo debutto la Dallara F2/24, incaricata di adeguare la F2 ai mutamenti della veste aerodinamica della F1. Il fondo è quindi incaricato di sviluppare più carico aerodinamico, mentre l’ala posteriore ricorda semmai quella di un’altra monoposto made in Dallara, la SF/23 per la SuperFormula Giapponese. Alcuni esprimono timori per il DRS, che sembra più potente con questo design, mentre i team sono più preoccupati per la difficoltà a garantire un raffreddamento adeguato alle parti meccaniche.
Esco dall’ufficiale ed entro nell’ufficioso.
A quel che ho saputo la regolazione meccanica è più difficile e la finestra di funzionamento delle gomme si è ridotta ancora di più. Perfettamente in linea con la filosofia della FIA degli ultimi 10/15 anni – non vince il pilota più veloce, ma vince quello che meglio adatta il suo stile di guida a una macchina imprevedibile o spastica. Come ulteriore conseguenza temo che la forbice prestazionale tra team di fascia alta e di fascia bassa sarà destinata a crescere.
Il motore è sempre il Mecachrome V634 da 3.4L, che era e resterà una condanna per la sere, tra la scarsa affidabilità e l’inconsistenza prestazionale – tra un motore “venuto bene” e uno sfortunato possono ballare 30 cavalli.
Non ho seguito i test del Bahrain quindi non ne posso parlare con contezza. So che uno dei tre giorni è andato perduto perché si è scatenato il proverbiale diluvio nel deserto, Zane Maloney è risultato il più veloce mentre le Prema hanno chiuso ad anni luce.
Futuri Protagonisti
Diamo una rapida occhiata ai principali piloti impegnati nel campionato.
ART Grand Prix: dopo l’addio forzato di Pourchaire, vincitore l’anno scorso con la compagine francese, il team conferma il suo compagno di squadra e migliore rookie del 2023, Victor Martins, che parte quindi con i galloni di favorito per la stagione. Al suo fianco un promettente rookie, Zak O’Sullivan, vicecampione F3 e junior driver della Williams.
Prema: discorso simile per la squadra italiana. Frederik Vesti migra in LMP2 (pagando per correre) e il team conferma il suo ex teammate, Olivier Bearman, che l’anno scorso ha alternato con sconcertante regolarità weekend in cui le azzeccava tutte ad altri in cui sbagliava tutto lo sbagliabile. Accanto a lui ci sarà Andrea Kimi Antonelli, di gran lunga il pilota italiano più promettente del momento, dato che ha dominato ogni serie in cui ha corso. Antonelli arriva direttamente dalla Formula Regional, quindi saltando la Formula 3. Un balzo importante che ci constringerà a perdonargli un po’ di inevitabili errori di gioventù.
Rodin Motorsport: ex Carlin, un team che negli anni passati ha espresso ottime prestazioni purtroppo senza concretizzare. Resta al suo posto il pilota delle Barbados Zane Maloney, in cui un 2023 fatto di alti e bassi è costato il posto all’Academy Red Bull. La line up è completata da una delle entry più interessanti del campionato, Ritomo Miyata, campione in carica della SuperFormula giapponese. Non ricordo in tempi recenti altri piloti che arrivano in F2 senza aver messo piede nella trafila delle serie propedeutiche europee. Sarà un confronto interessante.
Invicta Racing: ex Virtuosi (meno male che hanno cambiato nome), anche loro hanno mostrato ottime prestazioni velocistiche frustrate però da ogni sorta di problemi. Al volante ci saranno Kush Maini, pilota indiano che nel 2023 mi ha sorpreso con delle ottime prestazioni con la piccola Campos, e il campione in carica della F3 Gabriel Bortoleto, un protegé di Alonso. Lo spagnolo non è forse il pilota che ha mostrato più doti velocistiche nella mischia, ma sa come vincere mondiali con la consistenza.
MP Motorsport: campione nel 2022 in entrambe le classifiche con Felipe Drugovich, l’anno scorso li ha riportati con i piedi per terra. Confermato il norvegese Denis Hauger, a turno sfortunato o inconsistente, che quest’anno è chiamato a vincere, visto che al suo titolo F3 nel 2021 non è seguita nessuna prestazione degna di nota. L’argentino è uno di quelli che tengo d’occhio da anni, può puntare al titolo di rookie of the year.
Fast forward. Del resto dei piloti cito Taylor Barnard con la modestissima PHM. Lui è quasi sconosciuto, ma è stato più il risultato di una ristrettezza relativa del budget che non gli ha permesso di competere in FREC e in F3 con grandi team – e non sarà il caso della F2, visto che nel 2023 la PHM è stata l’unica squadra da quando esiste questo campionato a non aver raccolto nemmeno un punto. Punto su di lui per la sorpesa dell’anno.
La Campos ha Isaak Hadjar e il rookie Josep “Pepe” Marti. Nessuno dei due mi fa gridare al miracolo, così come la DAMS con Jak Crawford e Juan Manuel Correa, alla sua seconda stagione completa in F2 della sua seconda carriera (ricominciata nel 2021 dopo il terrificante incidente che nel 2019 costò la vita a Antoine Hubert). Li menziono perché ritorneranno più avanti nel racconto del weekend del Bahrain.
Qualifiche
Nei minuti finali c’è un continuo rimescolamento delle posizioni. Per dire, Enzo Fittipaldi (VAR) mette a segno il miglior tempo quando mancano quattro minuti, ma alla fine è solo ottavo. Viceversa Bortoleto e Maini sono gli ultimi a prendere bandiera a scacchi e conquistano la prima fila, con l’indiano che conquista la prima pole in carriera. Hadjar e Maloney sono alle loro spalle, Hauger è quinto. Sorprende Miyata, subito alle spalle di Hauger. Taylor Barnard è decimo, ed è un risultato già notevole con la piccola PHM.
Chi sorprendentemente viene escluso da questa lotta è il duo Prema, che conclude credo con la peggior prestazione in qualifica della storia del team in F2 – 18 Kimi Antonelli e 19 Bearman, con l’inglese che dopo il primo run era addirittura il più lento in assoluto.
Nelle verifiche tecniche dopo la sessione Maini verrà squalificato a causa del fondo trovato troppo vicino all’asfalto. A nulla sono valsi i tentativi di Maini e del team di spiegare come sia stato la conseguenza di un violento passaggio su un cordolo. L’indiano vede cancellati tutti i tempi e partirà ultimo. Invicta/Virtuosi ha una tradizione di guidare con specifiche vicine al limite, non è la prima volta che accade e nemmeno la seconda.
Questo significa che Bortoleto, il reigning champion della F3, nella Feature Race partirà davanti a tutti. Per la gara sprint invece il poleman è Jack Crawford davanti al già citato Barnard e Victor Martins, che in qualifica è stato deludente.
Sprint Race
Crawford conserva la leadership mentre Barnard ha un avvio lento. O’Sullivan ne prende il posto ma paga la scelta di montare gomme più dure di tutti e in breve tempo viene passato da Martins e sparisce dalla lotta per il podio. Crawford all’inizio deve difendersi da Martins, ma ben presto la sua preoccupazione diventa Maloney, che partiva ottavo ma grazie a una serie di sorpassi a catena nell’arco di sei giri si prende la testa della corsa.
Lo sforzo iniziale non sembra aver prodotto effetti sulla tenuta delle gomme e Maloney dominerà il resto della gara, che vincerà con cinque secondi di vantaggio su Crawford.
La lotta per il gradino più basso del podio è più movimentata e vede il crollo di Martins (concluderà addirittura fuori dalla zona punti) e poi nel finale il derby Red Bull tra Hadjar e Pepe Marti, che alla fine vince e conquista il podio al debutto.
Alcuni piloti, tra cui il duo Prema, azzardano una sosta a metà della gara ma nel migliore dei casi sono andati in pari con il tempo perso della sosta senza guadagnare niente.
Feature Race
Arriviamo a Domenica. E’ da qualche anno che la Feature Race del Bahrain si consuma sulla comprensione e la gestione delle gomme. Si capisce che sarà lo stesso anche quest’anno quando si svelano le scelte di gomme: quasi tutti sono sulle dure (di solito è il contrario) ma diversi piloti tra le prime posizioni montano le soft, tra cui Maloney, Miyata e O’Sullivan.
Maloney sfrutterà la sua scelta di mescole per andare in testa già all’avvio mentre il poleman Bortoleto scatta male e si tocca con Hadjar, che va in testacoda e viene centrato in pieno da Fittipaldi.
Bastano cinque giri affinché i piloti sulle soft vadano a occupare tutte le posizioni sul podio, con Maloney che guida su Marti e O’Sullivan.
Come a volte è capitato in Bahrain, le soft risultano più prestazionali e soprattutto durano quanto le hard e a volte anche di più, come testimonia il sorpasso di Miyata (morbide) su Hauger (dure) per la sesta posizione verso metà gara.
Alcuni piloti tentano l’undercut, come Martins, che è il primo a fermarsi, all’undicesimo giro. La scarsa affidabilità dei Mecachrome è confermata da Crawford, che va ai box per cambiare le gomme ma non ripartirà mai più, e Martins, che invece si ferma sul tracciato al 18° giro.
La Safety Car entra in pista, ma l’unico a beneficiarne appieno è O’Sullivan, che era rimasto l’unico pilota a non aver ancora effettuato il pitstop fermato quando la vettura di sicurezza fa la sua comparsa. Il pilota britannico è ora secondo, con gomme soft nuove, mentre in testa c’è Maloney con gomme dure (che dovrebbero rendere di meno, sia come prestazione che come durata) e usate.
Il bayan (pare che si chiamino così gli abitanti delle Barbados) invece saluta tutti e si invola verso la vittoria. È solo la terza volta dal 2017 che un pilota riesce a vincere tutte le gare del weekend, e non era mai accaduto nel weekend inaugurale, nemmeno ai tempi della Gp2.
Il comportamento aleatorio delle gomme è confermato dal comportamento delle H nel finale: Maloney sembrava avesse le S di prima, Miyata ha sofferto all’inizio ma nel finale ha recuperato le posizioni perse mentre Richard Verschoor (Trident) è arretrato per tutto il tempo. L’apparente casualità dei passi gara si osserva anche sulle S, con alcuni piloti che soffrono (come O’Sullivan, che alla fine scenderà dal podio) e altri che invece volano, come Aron e soprattutto Bortoleto.
Il primo recupera dalla sesta alla terza posizione malgrado 5s di penalità per speeding, mentre il campione F3 in carica recupera fino alla quinta posizione malgrado a metà gara si trovasse ben lontano dalla zona punti dopo aver scontato la penalità di 10s per il contatto con Hadjar al via.
Buio pesto in casa Prema. Dopo una rimonta asfittica nella prima metà di gara, le cose sembrano mettersi bene quando entrambi si ritrovano alla ripartenza ai margini della zona punti e con S nuove, Bearman davanti a Kimi Antonelli. Ma l’inglese tiene solo un giro prima di crollare in ultima posizione (!), mentre Kimi Antonelli sulle prime regge botta ma alla fine si deve arrendere pure lui nel finale. Concluderà decimo, quindi conquista un punto, ma alla fine si conclude solo davanti alle frattaglie dello schieramento. Sembrava di vedere Vettel e Leclerc ai tempi della SF1000, o Raikkonen e Massa con le prime gare della F60.
Sulla carta ci sarebbero molti argomenti di discussione, come il dominio di Maloney. Ma non riesco ad essere entusiasmato, visto che nel weekend del Bahrain ho trovato conferma delle inquietudini dell’inizio: queste macchine sono difficili da assettare, tanto che parlerei di punto, più che di finestra di trasferimento.
Trovalo e dominerai – vedi per esempio Maloney e Marti. Mancalo (ed è molto facile) e vagherai per la pista senza speranza – vedi per esempio le Prema, Hauger e Martins. In tutto questo l’affidabilità è ancora lontana dall’essere accettabile. Stanek, Barnard, Crawford e Martins sono quelli che hanno versato il tributo di ingranaggi alla Mecachrome.
Però almeno i duelli sono più entusiasmanti con le nuove vetture, è comunque qualcosa.
Anche la F2 correrà in Arabia Saudita, ci aggiorniamo tra una settimana.
Tutte le immagini sono state tratte dall’account X della F2, o dal suo sito ufficale
Lorenzo Giammarini, a.k.a LG Montoya
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