L’ultima gara di una stagione molto lunga. Troppo lunga. E, nell’ultima parte, rovinata dalle continue polemiche regolamentari (batteria sì, batteria no, fori sì, fori no). Laddove, dopo Spa, ci si sarebbe aspettati un duello entusiasmante fra Vettel e Hamilton. Così non è stato, per motivi che sono stati ampiamente discussi e sui quali diretti interessati e tifosi hanno opinioni diverse.
Qualifica poco emozionante, col dominio della Mercedes dai cerchi forati, le due Ferrari in seconda fila e le due Red Bull in terza.
E anche il via non regala emozioni, almeno nelle prime posizioni, bensì un grosso spavento per Hulkenberg che finisce sulle barriere a testa in giù dopo avere chiuso un po’ troppo ottimisticamente una curva a destra avendo Grosjean all’interno.
Dietro Verstappen perde diverse posizioni a causa di un sensore difettoso che aveva portato il motore in modalità safe. Leclerc invece diverse posizioni le guadagna e si issa in quinta posizione, resistendo agli attacchi di Ricciardo.
Subito dopo il rientro della Safety Car, uscita dopo l’incidente di Nico, Max ingaggia una bella lotta con Ocon, questa volta per una posizione. La sua Red Bull vola nelle curve, ma è tremendamente lenta nei rettilinei, e non può resistere alla grande velocità della Force India. All’olandese servono alcuni giri per avere la meglio sul francese, questa volta molto corretto e, apparentemente, molto attento a non prendersi un’altra volta con l’antico rivale.
Al giro 10 la lunga carriera di Raikkonen in Ferrari finisce con poca gloria quando la sua Ferrari si spegne improvvisamente sul rettilineo di partenza. Dopo qualche inutile tentativo per rimetterla in moto, Kimi si deve arrendere. Hamilton e Leclerc approfittano della virtual safety car per cambiare le gomme e montare la mescola più dura fra quelle disponibili. Lewis si ritrova assieme a Verstappen col quale ingaggia un bel duello. L’olandese ha però la meglio e riesce a mettere rapidamente 2 secondi fra lui e l’inglese. Il quale, evidentemente, deve pensare a salvaguardare le sue coperture, dovendo arrivare fino in fondo.
Bottas conduce senza grandi problemi davanti a Vettel sempre a distanza di sicurezza e a Ricciardo che riduce progressivamente il distacco girando mezzo secondo più veloce. Ma ancora più velocemente si avvicina a lui il suo compagno di squadra, che si piazza ad 1 secondo senza però provare l’attacco.
Al giro 16 Vettel cerca l’undercut rientrando ai box per un pit-stop che però si rivela piuttosto lungo, e così Bottas può coprire agevolmente la strategia rientrando al giro successivo e uscendo comodamente davanti al tedesco.
Al giro 18 anche Verstappen si ferma ai box, lasciando quindi Ricciardo da solo in testa alla gara, seguito da Hamilton a 5 secondi. Qualche giro dopo inizia addirittura a piovere, ma con le temperature del deserto la pista non si bagna neanche, e non c’è alcun effetto sui tempi sul giro.
A metà gara Ricciardo è l’unico dei primi a non avere ancora cambiato le gomme, e i suoi tempi iniziano ad alzarsi, con Hamilton che gli guadagna 4 secondi in 3 giri arrivandogli a meno di 3. Ma è solo un’illusione, perchè l’australiano torna a girare sui tempi dell’inglese, mantenendo il distacco costante. A questo punto la gara di Daniel è però compromessa, perchè l’inevitabile pit-stop lo farà precipitare in quinta posizione ad almeno 5 secondi dalla quarta.
E il pit-stop arriva a 20 giri dalla fine, e l’australiano inizia una furiosa rincorsa che dovrà però compiere con la mescola più dura a disposizione. Nonostante questo, i suoi tempi nei primi giri a gomma nuova sono di 3 secondi più veloci rispetto a quelli che ha davanti, che raggiunge in così in poche tornate.
Nel frattempo Bottas si trova improvvisamente in difficoltà e viene superato in tromba da Vettel. Verstappen gli si accoda ma riesce a superarlo di forza solo dopo qualche giro, rifilandogli anche una ruotata. A Ricciardo servono invece poche curve per passare davanti al finlandese, che vede così materializzarsi la possibilità di un 2018 a zero vittorie, destinato a restare una macchia nella sua carriera.
Gli ultimi giri sono all’insegna della noia, con Vettel che prova timidamente ad avvicinarsi ad Hamilton, non andando però mai sotto i 4 secondi, e le due Red Bull che non ingaggiano alcun duello e nemmeno riescono a raggiungere il ferrarista.
Finisce così con Hamilton, Vettel e Verstappen sul podio, Ricciardo che saluta la Red Bull con un quarto posto, frutto della strategia che la squadra gli ha affibbiato, e Bottas. A debita distanza Sainz che a sua volta saluta la Renault guadagnando la posizione di “migliore degli altri”. Poi Leclerc, destinato a ben altre posizioni l’anno prossimo, Perez, Grosjean e Magnussen.
Alonso chiude la carriera in Formula 1 con un undicesimo posto e 5 secondi di penalità. Ma l’immagine di Seb e Lewis che lo accompagnano nel giro d’onore e fanno i tondi assieme a lui sul traguardo resterà come una delle più belle di questa stagione, che, come detto all’inizio, ha regalato tanti bei momenti ma ha anche, per certi versi, mostrato i limiti di una Formula 1 dai toni spesso esasperati ed esagerati.
Undicesima vittoria su 21 gare per Hamilton. Il mondiale 2018 resterà negli archivi come il migliore di Lewis, quello in cui, fuori da ogni dubbio, il merito è stato più suo che della macchina o di qualche episodio fortunato (o sfortunato per gli avversari). E la dimostrazione è data non solo dalle vittorie ottenute nei momenti di maggiore difficoltà, ma anche dal fatto che il compagno di squadra, come detto, ha finito con zero primi posti. E, a ragion veduta, il ruolo di maggiordomo che gli hanno affibbiato, benchè poco giustificabile da un punto di vista sportivo, è stato più che meritato.
Raikkonen finisce ottimo terzo nel mondiale e sarà costretto suo malgrado a presenziare alla premiazione FIA.
E’ stato il gran premio dei tanti addii: Ricciardo alla Red Bull, Leclerc alla Sauber, Raikkonen alla Ferrari, Sainz alla Renault, Sirotkin, Ocon e Vandoorne alla Formula 1 (e in pochi li rimpiangeranno). Ma soprattutto Alonso: a parere di chi scrive, peraltro, il suo non è un addio ma un arrivederci, quindi non vale la pena di parlarne oltre.
Appuntamento al 2019.
P.S. immaginiamo per un momento che Vettel e Hamilton fossero arrivati a giocarsi il titolo ad Abu Dhabi. Con una macchina ritirata e un pit-stop sbagliato, la Ferrari l’avrebbe comunque perso. Tanto si è parlato delle responsabilità del pilota, il quale in questi giorni non ha perso occasione per ribadire di “non avere avuto una macchina dominante” (dando implicitamente ragione a quelli che sostengono che lui abbia proprio bisogno di questo, per vincere il titolo, come fu ai tempi della Red Bull). In realtà se è vero che Hamilton si è dimostrato nettamente superiore a Vettel, è vero anche che la Mercedes, come squadra, si è dimostrata superiore alla Ferrari. E, probabilmente, ha ragione Bernie Ecclestone quando afferma che con Marchionne ancora presente ai box le cose sarebbero andate in maniera un po’ diversa.
P.S 2: l’immagine di un motore Honda fumante davanti alle due Red Bull porta a chiedersi dove trovi Marko tutto l’ottimismo che va spargendo in merito ai presunti progressi dei giapponesi. Il più grosso interrogativo che ci porteremo a Melbourne nel 2019 sarà legato alla competitività del binomio austriaco-nipponico, e alle conseguenti speranze di vedere Verstappen come serio candidato al titolo.
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