F1 2021 – GRAN PREMIO D’UNGHERIA

Tanto tuonò che piovve. Si sono incrociati e se la sono giurata tante volte Verstappen e Hamilton che alla fine il fatidico crash è arrivato anche per loro.

Scontro che si è risolto a favore di Hamilton: avversario KO e vittoria ottenuta in rimonta non senza una buona dose di fortuna che i campionissimi hanno sempre a bizzeffe.

Personalmente ritengo che l’ìnglese, per marcare il territorio alla Copse, si sia preso un rischio eccessivo, rischiando di finire la gara in via di fuga come Verstappen, evento che senza la bandiera rossa (sacrosanta a scanso di equivoci) sarebbe stato concreto.

Dopo 10 gare distacco di soli 8 punti tra i due Alpha dog del mondiale F1, e una rivalità che più accesa non si può.

immagine da tio.ch

Ora si va in Ungheria, ultimo GP prima della sosta estiva, pista che sembra avere proprio il layout giusto per qualche altra sportellata.

In teoria la Red Bull dovrebbe avere vita più facile rispetto a Silverstone ma arriva con un carico di tensione e rabbia che potrebbe togliergli lucidità.

Mercedes ha fatto “all in” e arriva all’Hungaroring con l’abbrivio e il morale alto di chi sà di essersi tirato fuori da una buca bella profonda.

Al di là dello scontro tra Hamilton e Verstappen, su una pista dove i sorpassi non sono così agevoli diventa fondamentale l’eventuale exploit, soprattuto in qualifica, di Bottas o Perez.

Considerando che Red Bull sembra, sulla carta,  adattarsi meglio alla pista ungherese, una prima fila Red Bull sarebbe già una serie ipoteca sulla gara di domenica.

E gli altri? Ferrari esce da Silverstone con molto ottimismo, consci di essersela giocata fino in fondo e con una monoposto ben più gentile e concreta con le gomme.

immagine da motorbox.com

Sta cercando anche di togliersi di dosso le tante aspettative di un ottimo risultato su una pista da medio carico come l’Hungaroring. Di curve veloci non ce ne sono tante ma comunque il tratto centrale ormai si percorre a velocità piuttosto sostenute che potrebbero mettere in crisi monoposto come quella di Maranello.

In ogni caso, se è vero che, con tutta probabilità la Ferrari ha un jolly da giocare in Ungheria, la McLaren dovrà invece cercare di difendersi su una pista dove l’unico tratto amico è proprio il settore centrale.

Fattore decisivo saranno le qualifiche e chi tra i piloti saprà metterci qualcosa in più, quindi fari puntati su Leclerc e Norris, due che hanno il piede piuttosto caldo al sabato.

Curiosità nel vedere i progressi Aston Martin e Alpine sul toboga ungherese, con Alonso e Vettel che dovranno necessariamente inventarsi qualcosa in qualifica per cercare di arrivare nella zona nobile della classifica.

immagine da scuderiaalphatauri.com

Anche per Alpha Tauri potrebbe essere un weekend da colpaccio, se Gasly e Tsunoda riusciranno a capitalizzare un’ottima qualifica. Al momento è proprio l’incostanza (e la sfortuna di Gasly) a giocare a sfavore dello junior team Red Bull.

Lasciando da parte la Haas che è davvero sempre più la “nave scuola” per Mazepin e MIck Schumacher, anche per  Williams e Alfa Romeo la lotta si giocherà soprattutto in qualifica, con Russell che cercherà un altro colpo ad effetto come di solito gli riescono al sabato, molto meno alla domenica.

Pirelli porterà le tre mescole centrali della sua gamma: C2, C3 e C4. Prevedibile che chi potrà cercherà di evitare la soft almeno per quanto riguarda il primo stint. Occhio al meteo che dà possibilità di temporali nella notte tra sabato e domenica, con conseguente pista poco gommata per la gara e pochi punti di riferimento per le squadre in merito a passo gara e degrado delle gomme.

*immagine in evidenza da kicker.de

Rocco Alessandro

 

BASTIAN CONTRARIO: ESSERE PAZIENTE

Gli ultimi avvenimenti che sono accaduti tra Hamilton e Verstappen in pista e quelli che sono successi tra AMG e RB fuori dalla pista, ci hanno distratto da quello che Ferrari sta mostrando.

Quando si parla di Ferrari si sa, è sempre rischioso, si tocca sempre un tasto dolente, specie in questo suo periodo storico, dove non si vince da tempo immemore il titolo piloti (ormai lo spettro del “ventennio” aleggia sulla testa di ogni accanito appassionato rosso); e soprattutto mai come ora la tifoseria è divisa proprio sulla gestione della squadra.

Eh già, perché il capitano che detta la rotta per la direzione del nuovo corso ferrarista; non è ben voluto da tutti. Sto parlando di Mattia Binotto naturalmente, il quale è reo (soprattutto agli occhi degli acerrimi tifosi), di aver allontanato l’intoccabile tedesco da Maranello. Vettel alla rossa ha dato tanto e questo non è in discussione, eppure quel “tanto” non è stato sufficiente; soprattutto nei riguardi di un indemoniato Hamilton (chiedere a Verstappen per conferma). La sua chance il buon Sebastian l’ha avuta e nonostante tutto, ha avuto anche la possibilità di riscattarsi nel 2019, avendo a disposizione il “motorone” della discordia. Purtroppo per lui, il suo cammino è stato intralciato dalla prima scelta del nuovo corso del buon Mattia; mi riferisco a Charles Leclerc. Il monegasco è stato il primo tassello da parte dal team principal elvetico, per ricostruire dalle sue ceneri la fenice rossa. Binotto sapeva che con il tedesco e soprattutto con il suo faraonico stipendio, non sarebbe arrivato da nessuna parte. Il 2018 purtroppo (errori della squadra a parte), parla chiaro. Binotto sapeva che in Scuderia aveva un cavallo di razza che scalpitava per prendersi la squadra sulle spalle e che difficilmente avrebbe potuto trattenere. L’unico pegno da pagare in questa scelta è quello che ci vuole tempo; perché non si vince dall’oggi al domani. Questo non è stato un problema, perché se venti e passa anni di Ferrari gli hanno insegnato qualcosa, una di queste è stata quella di essere paziente.

Va tanto di moda il famoso hashtag “essere Ferrari”, resta da capire quanto veramente gli appassionati si sentano realmente cosi. Perché se c’è una cosa, che si evince soprattutto dai commenti degli acerrimi tifosi, è quella di mettere le mani avanti e di non avere nulla contro i piloti. Quindi via di meme e sfottò ai danni di Binotto; che si è permesso di violare il dogma Vettel. Eppure a parte le discutibili modalità di allontanamento del costoso ed improduttivo tedesco (in tempo di Covid tutto è giustificabile dico bene?), il buon Mattia ha avuto ragione su tutto.

Mi sembra già di sentire le voci di protesta che gridano “duemila venti!”. Il depotenziamento del famoso “motorone”, rimarrà una pagina tristissima della storia Ferrari. Binotto a riguardo ha le sue responsabilità non si discute eppure; siamo sicuri che è esclusivamente colpa sua? Non si dimentichi chi c’era prima al posto suo e soprattutto, quali lotte intestine ha dovuto ereditare in seno alla Gestione Sportiva e anche a livello manageriale.

Decisioni giuste dicevo, decisioni che si sono rivelate azzeccate a partire dalla scelta dei piloti: Ferrari è l’unica squadra attualmente che non ha “coccolato” il proprio pupillo, proteggendolo e quindi mettendogli un pilota che gli guardasse le spalle e non si permettesse di competere con lui. Carlos Sainz è stata una scelta molto ben ponderata: pilota consistente che anno dopo anno è cresciuto agonisticamente parlando e che dà la carica e lo stimolo giusto al compagno per spingere sempre. Perché è un fatto che LeClerc da il meglio di se sotto pressione. Con un quattro volte campione del mondo accanto al suo box, ha fatto vedere di che pasta è fatto. Con Carlos è battaglia continua in pista e lo si vede dalla classifica, la quale dice che la rossa ha entrambi i piloti che stanno portando punti pesanti alla causa ferrarista. Nel 2020, non era esattamente cosi, nonostante la macchina fosse uguale per entrambi i piloti.

I detrattori potrebbero dire che questa è magra consolazione, perché non si vince nulla e bene che ci vada saremo terza forza. Purtroppo, ribadisco io, non si guarda il concetto più ampio della visione. Essere pazienti comporta anche questo se necessario… e cioè che il nemico ti si avvicini e ti strappi brandelli di carne, facendogli credere di essere inoffensivi. In questo attuale periodo storico della rossa, si guardi da dove si è dovuti partire: è stato preso il progetto 2020 (concepito attorno al “motorone”) e con la spesa di un paio di token (una barzelletta!), è stata messa una pezza qua e la e nel contempo si recuperavano una quarantina di cavalli! In questo contesto nasce l’attuale monoposto. In Spagna la prova del fuoco, infatti se vai bene a Barcellona vai bene ovunque. Detto fatto; Ferrari è la prima degli altri. Certo, c’è stata la debacle francese: Ferrari sta mettendo a punto metodologie di calcolo e di lavoro che si ritroverà in futuro; gli errori meglio farli adesso. Questa attuale Ferrari, ha “rischiato” di vincere due volte con una SF1000 rattoppata… una a Montecarlo ed una seconda volta a “casa loro”. Solo l’indemoniata rincorsa di Hamilton ha rotto l’incantesimo. Non male per una squadra che ha una macchina che solo di motore paga ancora (se ci va bene) una quindicina di cavalli sui diretti avversari, non male per una scuderia di F1 che praticamente lavora con quello che ha.

Perché un altro aspetto che bisogna tenere in considerazione è, che non solo i pezzi pregiati la dirigenza Ferrari li ha mandati tutti via (ancora piango per Allison!); addirittura in quel di Maranello non ci vuole venire nessuno. Gli appassionati, anche quelli più accaniti è bene che si convincano di questo: sono finiti i tempi di Schumacher dove c’era la fila fuori la Gestione Sportiva. I tempi sono cambiati e con le continue defezioni che ci sono state, nessuno si arrischia di avvicinarsi alla rossa in questo momento. L’onere della corona, il fardello che Binotto si è caricato sulle spalle è bello grosso, anche e soprattutto alla luce di quanto ho appena detto. La sua gestione, ha puntato tutto sul regolamento 2022 (spero che la Ferrari che ne verrà fuori, sia più bella della monoposto di presentazione che hanno mostrato a Silverstone), inutile negarlo. Si vincerà? Questo nessuno lo sa. Le speranze sono sempre vive, le aspettative sono sempre alte e purtroppo i lupi travestiti da agnello, pronti a colpire al primo passo falso dell’elvetico team principal; sono sempre dietro l’angolo. Essere pazienti è innanzitutto uno stato mentale; mai come ora. Binotto questo lo sa bene ed in questo momento l’unica cosa che può fare è appunto aspettare. Nel mentre c’è una squadra i cui ingranaggi devono essere ben oleati, due piloti da far crescere in modo che siano pronti per quando sarà il momento (Charles starebbe nelle stesse condizioni di Verstappen se la sua Ferrari valesse la RB16b… si starebbe giocando il mondiale con Hamilton!) e nell’immediato c’è da preparare un GP che potenzialmente è alla portata di questa squadra, di questi piloti e di questa monoposto.

Essere pazienti vuol dire anche saper aspettare il prossimo GP con fiducia, sapendo che la Ferrari di Binotto darà il massimo per portare il risultato a casa.

Vito Quaranta

LA VERSIONE DI SELDON: 1, X, 2 E….PEDALARE.

Ognuno di noi conserva nella memoria determinate circostanze, legandole al luogo, al momento e alle contingenze. Ciò che rimane è il fatto! Per es. che una volta la domenica si svolgesse un intero turno di partite di calcio è un fatto! Che molti di noi lo facessero con la schedina in mano, con un inizio e una fine nel giro di 2 ore compreso l’intervallo, è un altro fatto!

Spiaggia.

I fine settimana di settembre, di ottobre, pure di novembre se c’era il sole, erano “fuga dalla realtà”. Fuga dalla scuola che stava per ricominciare, o dal lavoro che per una settimana aveva oscurato le ancora calde e limpide giornate pur accompagnate da una gelida acqua a causa di maestrale e tramontana. Per ritrovarsi lì senza la scusa dell’ombrellone c’era la lettura attesa, popolare e condivisa della schedina. Si parcheggiava la macchina o la moto a bordo spiaggia e lì, o anche sulla sabbia si chiacchierava con la colonna sonora dell’orchestra diretta dal maestro Ameri.

Primo violino Sandro Ciotti, tromba Tonino Carino da Ascoli ecc. Rivedevi tutte le facce di luglio e agosto tranne quelle dei turisti. Era la domenica del villaggio, una festa privata. 13 partite seguite contemporaneamente che cambiavano continuamente l’umore.  13 che a dieci minuti dalla fine diventavano 9.  8 che diventavano 12.  11 che rimanevano 11…! Sapevi quando partivi e sapevi quando arrivavi. Non c’era niente prima e non c’era niente dopo se non i commenti del prima e del dopo. Era bello! Produceva ansia iniziale, e poi nervosismo da tic. Infine era liberatorio! Per chi vinceva e per chi perdeva.

Non c’è più motivo oggi per andare là (che non sia ovviamente “il mare d’inverno”) perché hanno da tempo fatto a pezzi quel 13. Hanno addirittura proposto ultimamente di giocare tutte le partite singolarmente senza sovrapporle, cioè in orario diverso per ciascuna.

Passato.

Molti di noi sanno, anche non avendole viste, che le prove di qualificazione in F1 un tempo si svolgevano in modo diverso dall’attuale. Siamo passati dalle prequalifiche per eliminare una quota di partecipanti (quando questi erano troppi) all’introduzione del 107% per superare le qualifiche e/o eliminare i troppo lenti, insieme a giri secchi a serbatoio scarico e poi carico per la prima parte di gara nei giorni di venerdì e sabato, e via andare. E naturalmente il warm-up, fino al 2002. Una sessione pre-gara della domenica mattina per assettare le macchine al meglio. Senza dimenticare la dimenticabilissima “sedia rovente” del 2016, diventata fredda subito. Un pilota eliminato ogni minuto e mezzo nelle tre sessioni fino agli ultimi due highlanders.

Insomma, la questione delle qualifiche non si è mai definitivamente risolta anche se lo schema attuale è in vigore con pochissime varianti dal 2006. A nessuno però era mai venuto in mente di sostituire una qualifica in senso stretto con una serie di frazioni di qualifica di cui fa parte anche una mini-gara. Fino ad oggi!

Un assaggio in tal senso lo avevamo avuto nel rocambolesco finale del gran premio di Baku. Un gp che si era messo su un binario piuttosto diritto fino a quando, prima Stroll e poi Verstappen, hanno loro malgrado azionato uno scambio. Nella prima occasione, con ripartenza dietro SC, poche variazioni se non che il ricompattamento ha messo alcuni in condizione di giocare una partita diversa. La seconda occasione però si è dimostrata una variabile potente, in grado addirittura di sovvertire quanto sembrava ormai acquisito.

E’ qui che dobbiamo analizzare cosa sarebbe e cosa non sarebbe una sessione di gara anzi che di qualifica in relazione al premio in palio.

Chiaramente nei due giri di Baku si trattava di un all-in, in cui alcuni si giocavano un risultato importante per la classifica. Abbiamo piacevolmente rivisto una vecchia conoscenza, tale Sebastian da Heppenheim, arpionare un podio in maniera vigorosa. Un giovane leone francese. Un vecchio leone spagnolo che ha azzannato un incredibile sesto posto e un altro vecchio ingordo (accezione positiva) leone inglese (insomma…) che pensava di avere ancora abbastanza denti per un cosciotto decisamente grande e appetitoso.

Ci siamo divertiti tutti. Ma non era penso lecito pensare alla futura sprint-race di qualifica come una riproposizione in grande di questo flash di spettacolo. Troppo diversa la dimensione della posta in palio, troppo grande il rischio di vanificare gli sforzi di tutto il team per arrivare al meglio alla gara vera, quella dei punti e delle posizioni importanti.

Cosa è stata?

A mio modo di vedere una blanda parata di 17 giri a cui si possono rimproverare tutti i difetti della gara in senso stretto. DRS per permettere i sorpassi, controllo della condizione e della temperatura delle gomme, ecc. A cui aggiungiamo la mancanza della presa di rischi eccessivi per i primi, per i quali conquistare il premio grosso è talmente più importante che dopo pochi giri andavano per acquisire gli spiccioli. L’unico movimento lo abbiamo avuto come prevedibile da centro gruppo in poi, con Sainz che sfortunato si è ritrovato retrocesso in undicesima posizione e Alonso che viceversa ha imperiosamente guadagnato diverse posizioni.

Tutta gente che parte per arrivare più o meno dove è partita, guadagnare zero punti sia per se che per la squadra e magari rischiare di non portare a casa in gara quei pochi punti che magari a fine stagione valgono diversi milioni. No, non mi è piaciuta! Non solo perché l’avevo messo in preventivo, ma soprattutto perché è stata piuttosto noiosa. C’è davvero qualcuno che pensa che quanto è successo tra Hamilton e Verstappen la domenica potesse succedere il sabato!? Non scherziamo! Altro che i tre giri di Baku!

Questo porterebbe a pensare che due gare vere con punti veri in palio, sarebbero meglio. Parlo di meglio rispetto al peggio, che è comunque un magro risultato.

Paure.

La mia paura, e penso non solo mia, è che succeda come per le domeniche dimenticate del calcio. Dividi l’interesse tra più giorni di gara e dividi anche il pathos. Il primo giorno anestetizzi l’ansia per il risultato finale, ed è probabile che a seconda del trend della prima gara la seconda perda attrattiva e resti addormentata. Costringi le persone, almeno gli appassionati, a dedicare all’evento l’intero weekend. E se penso a quanti hanno famiglia e già faticano a ritagliare due ore la domenica nel telo del weekend capisco che molti molleranno. E il disinteresse porterà all’abbandono, perché al contrario del calcio per il quale ogni tifoso ha uno spazio dedicato alla sua squadra e poi verifica in relazione a quanto successo alle altre, per la formula1 spezzettare significa spezzettare anche il tempo per la propria squadra, per il proprio pilota. Valido per tutti!

L’altra mia paura è che venga davvero esteso a tutti o quasi i gp, a dispetto del gradimento del pubblico. Perché il gradimento è di Sky, e Sky con LM deciderà come organizzare gli eventi futuri così come decide come organizzare il campionato di calcio (tanto DAZN o Sky cambia niente). E questa paura è dovuta anche alle sconclusionate parole pre-gara del presidente della FIA, sua Eminenza Don Menicali: “sarà sicuramente un successo. Siamo sulla strada giusta”! Non aveva visto neppure un giro…..

Nebbie.

C’è qualcuno (parlando di quelli che hanno davvero un peso nel futuro di questo sport) tra gli organizzatori, gli sponsor, i team, i network, che abbia notato anche solo di sfuggita che è bastato ridurre di 30 minuti il tempo delle fp per ravvivarle al punto che in ognuna delle tre le squadre se le danno in pista a suon di giri da qualifica? A che serviva una doppia qualifica di cui quella vera è addirittura quella dei giri meno veloci del sabato? La nebbia non si vede, mi sembra chiaro. Ma d’altronde cosa ha detto Mezzacapa? Quando c’è la nebbia non si vede niente…cit.

La paura è che butteremo l’occhio al campionato una volta ogni tre o quattro gare.

Cosa ha fatto le Ferrari?

Seconda in campionato?

Beh dai, mica male!

Che si fa il weekend? C’è Monza.

Ma quando? Venerdì, sabato o domenica?

Quanto costa?

Ahhhh…! No senti, avevamo già organizzato. Carichiamo la bici in macchina e andiamo a pedalare in montagna.

Ma non ci sarà nebbia?

No no, è tutto chiaro…

 

Antonio

 

Immagine in evidenza da: www.oasport.it

F2 GRAN BRETAGNA – BOREDOMS

La lotta per il titolo di F2 è entrata nel vivo. Guanyu Zhou (UniVirtuosi) finora aveva guidato la classifica con autorevolezza ma adesso è stato raggiunto da tutti i principali rivali, come il duo Prema (che lo scavalca in classifica), Dan Ticktum (Carlin) e, un po’ più indietro, le Hitech di Liam Lawson e soprattutto Juri Vips. In generale ora la classifica vede una decina di piloti nell’arco di 50 punti – e un singolo weekend di gara assegna idealmente 69 punti.

Si giunge al weekend di Silverstone con tre notizie. La prima è che il leader Zhou lascerà la serie a fine anno, a prescindere dal risultato; un po’ perché ha la F1 nel mirino (ha anche effettuato una sessione di prove libere in Austria) ma anche perché i costi che la serie richiede ai propri piloti sono diventati così elevati che è impensabile disputare più di due o tre stagioni. Matteo Nannini continuerà a correre col team Campos anche a Silverstone, mentre il giovane talento Theo Pourchaire (ART) ha completato il recupero della frattura del polso, conseguenza di un incidente a Baku.

Le prove libere si svolgono nella norma, con un paio di bandiere rosse e molta azione nei minuti finali. La spunta Dan Ticktum (Carlin) con due decimi e mezzo su Oscar Piastri (Prema), il principale inseguitore di Zhou in classifica, il quale è sesto a poco più di mezzo secondo, davanti a un Christian Lundgaard (ART) in recupero dopo l’inizio di campionato insoddisfacente a dir poco. Robert Shwartzman (Prema), terzo in campionato, è decimo mentre Pourchaire, il giovane talento della serie, è ultimo dopo aver causato la prima bandiera rossa con un testacoda.

[COURTESY OF MOTORSPORT.COM]

Le qualifiche introducono i temi del weekend: Oscar Piastri ottiene la sua prima pole dal 2019 e, grazie al bonus di quattro punti elargito al poleman, ora è solo a un punto da Zhou. Il cinese lo affiancherà in prima fila; resta comunque della partita. L’australiano ha beneficiato dei pasticci del compagno di squadra Shwartzman, il quale nel corso dell’ultimo tentativo è andato in testacoda alla Stowe, provocando una bandiera gialla e rovinando i giri ai suoi principali avversari. Ticktum e Felipe Drugovich (UniVirtuosi), dopo aver lottato per la pole per due terzi di sessione, invece concludono 4 e 6. Hanno invece beneficiato dell’interruzione Richard Verschoor, che porta la modesta MP in terza posizione, e Roy Nissany (DAMS), che ottiene la migliore prestazione in carriera in F2 (ottavo). Lundgaard, decimo, partirà in pole in gara-1 per via dell’inversione della griglia.

[COURTESY OF ROBERT SHWARTZMAN VIA TWITTER.COM]

Gara-1 come di consueto regala poche emozioni. Al via Shwartzman compie una partenza stellare e balza dalla quarta alla prima posizione. Lundgaard cede invece la posizione anche a Juri Vips, qualificatosi nono e partito secondo. A sorpresa, Zhou va in testacoda in completa autonomia in curva 4 e si deve ritirare. Stessa sorte anche per Nissany (partito terzo), vittima di un contatto con Lundgaard nello stesso punto. La gara vedrà altri due testacoda ad opera di Alessio Deledda (HWA) e Guilherme Samaia (Charouz), per il resto non accade nulla.

Vince Shwartzman in controllo su Vips. Lundgaard conquista il primo podio dall’opening in Bahrain, mentre seguono Drugovich, tallonato da Pourchaire, e Piastri, il cui sorpasso su Lawson per la posizione è stata l’unica manovra degna di nota dopo il primo giro. La zona punti è chiusa da Ticktum, mentre la top ten da Marcus Armstrong (DAMS) e Verschoor, maturata dopo aver compiuto una sosta aggiuntiva sotto SC per montare gomme fresche.

Il giro più veloce è stato di Piastri, il che gli permette di guidare la classifica con 83 punti, due di vantaggio su Shwartzman (81) e 5 su Zhou (78). Sono a distanza di una vittoria anche Vips (75), Ticktum (61), Pourchaire (61), Daruvala (53), Lawson (52) e Drugovich (49).

[COURTESY OF AUTOSPORT.COM]

Gara-2, di solito il round più convulso del weekend, è stata calma al limite della noia. Verschoor vince dopo essere partito dalla pole. Per MP è la prima affermazione stagionale, per il pilota olandese invece è la prima dal 2017 (!). Armstrong chiude secondo dopo aver respinto Ticktum, che trascorre la gara in scia all’austriaco senza tentare neanche un attacco. Il fatto che i primi tre sono arrivati nelle stesse posizioni in cui sono partiti spiega efficacemente la gara.

Due incidenti (uno spettacolare tra Nannini, Deledda e Ralph Boschung (Campos) in partenza, uno miserabile tra Daruvala e Bent Viscaal (MP) dopo sei giri) fanno sì che la prima metà a conti fatti vede tre giri di bandiera verde, comunque abbastanza per Zhou per rimontare dodici (!) posizioni. La gara si anima un po’ nei giri finali, quando diversi piloti si trovano in difficoltà con le gomme. Piastri respinge Vips e sorpassa Lawson. L’australiano conferma le sue doti di gestione delle gomme segnando il giro più veloce all’ultimo giro. Più indietro si forma un trenino che va dalla sesta (Vips) alla quattordicesima posizione, ma nessuno azzarda una manovra. L’unica fonte di spettacolo è Shwartzman, che va in testacoda a 10 km dalla fine nel disperato tentativo di raggiungere la zona punti.

La rimonta di Zhou si arena in questo trenino e il cinese non va oltre l’undicesima posizione; la sua resta un’ottima rimonta. Lundgaard poteva essere un protagonista della corsa, ma stalla nel giro di formazione (è incredibile la sfortuna del danese quest’anno). Considerando anche la battuta di arresto di Shwartzman, Piastri allunga sui principali rivali, con l’eccezione di Ticktum.

Dopo lo “spettacolo” di gara-1 e gara-2, non mi aspettavo molto dalla Feature Race. Non sono stato deluso.

[COURTESY OF LIVEGP.IT]

Piastri parte male dalla pole e Zhou lo brucia; allo stesso modo Ticktum passa Verschoor. Piastri tenta l’undercut ed è il primo dei primi a passare ai box, al giro 7. Ticktum risponde il giro dopo ed emerge davanti all’australiano, mentre il cinese prosegue per altri quattro giri con ottimi tempi. Quando si fermerà sarà ben davanti all’inglese della Carlin. Piastri si fa vedere negli specchietti di Ticktum per qualche giro, ma con sorpresa di tutti sembra incapace di replicare il passo visto al Sabato. Passerà la seconda metà di gara a guardarsi le spalle da Verschoor, che aveva allungato lo stint con gomme morbide. Il duello culmina in una sequenza di sorpasso-controsorpasso all’ultimo giro, l’unico momento adrenalinico della corsa.

Neanche alle spalle dei primi succedono cose interessanti. Vips, il migliore dei piloti su strategia alternativa, dopo la sosta è troppo lontano dai primi e manifesta un passo troppo poco veloce per poter ambire anche solo alla top 5. Shwartzman va in crisi con le gomme soft e su dure non riesce a recuperare il gap che si era andato creandosi. Conclude quinto davanti a un trenino aggressivo costituito da Drugovich, Vips, Pourchaire, Lirim Zendeli (MP) e Jehan Daruvala (Carlin). I sei transitano sotto la bandiera a scacchi separati da appena due secondi e nove decimi.

L’unico “drama” della corsa proviene dal mai fortunato Christian Lundgaard, che parte dai box con la posteriore sx non fissata a causa di un dado difettoso. La ruota rimbalza in pitlane e per fortuna nessuno si fa male – a parte la gara del danese, che dopo aver perso un giro ai box è anche oggetto di uno Stop&Go. Nel piattume complessivo si distingue Nissany, che perde il posteriore alla Chapel e si esibisce in una doppia piroetta.

[COURTESY OF THELASTCORNER.IT]

In classifica si assiste al sorpasso di Piastri ma anche alla riscossa di Zhou, che si rilancia dopo quattro gare senza punti. Piastri resta comunque aggrappato alla vetta del campionato, 108 punti contro 103 del cinese. Terzo è Shwartzman a 91 punti, insidiato da Ticktum (89) e Vips (85). Il russo quest’anno sta soffrendo il compagno di squadra: non solo sta facendo molti più errori dello scorso anno, ma anche in termini di passo gara “puro” spesso non è all’altezza di Piastri. Dopo una barriera di venti punti si incontrano gli altri inseguitori, Pourchaire (65), Drugovich (59), Lawson (58) e Daruvala (56).

Quello di Silverstone è stato il peggiore weekend in termini di spettacolo dal 2019. Spero che a Monza sarà meglio.

[Immagine in evidenza tratta da gazzetta.it]

Lorenzo Giammarini, a.k.a. LG Montoya

HAT-TRICK AD ASSEN – NON C’È TRIPPA PER GATTI. POST GP SBK

🗣️Non è più quella di un tempo, non ci sono sorpassi, le moto sono brutte, i Piloti non sono duri e puri, non ci sono personaggi, i Piloti sono scarsi, erano altri tempi, erano più belle, erano più combattute….

È il dramma della Superbike. La categoria regina delle derivate di serie purtroppo deve convivere con un passato troppo pesante, specialmente per lo zoccolo duro della tifoseria di una squadra che ha fatto la storia della categoria.

Personalmente sentire le lamentele dei soliti "noti" non ha prezzo, perché vuol dire andare nella direzione giusta. Cosa sarebbe la SBK senza Jonathan Rea e la sua Ninja⁉️
Sarebbe uno spettacolo per tutti, ci sarebbero migliaia di sorpassi, lotte corpo a corpo, lotte all'ultimo giro. Il paradosso è che anche oggi ci son stati ma pochi li hanno visti, perché tutti vedono soltanto il dominio verde con gli occhi del passato. Questa è la SBK, queste sono le SBK ed il livello è altissimo. Certo si potrebbe fare sempre di meglio...
La lotta all’ultimo giro tra Sykes, Lowes e Rinaldi. Immagine WorldSBK.com

Il weekend di Assen è stato un dominio assoluto di Jonathan Rea. Ha vinto tutte le gare con una “facilità” disarmante, ma non c’erano dubbi. Assen è la sua pista, dove nel 2010 vinse con una vecchia Fireblade che prendeva schiaffi da tutte le parti…

In gara 1 regola Redding e Razgatioglu, mentre nella SP Race batte Rinaldi e Razgatioglu. Infine nella Gara 2 batte ancora Redding ed Andrea Locatelli. L’Italia avrà un futuro assicurato nella categoria.

Il rookie Italiano è stato il “vincitore morale” del weekend con una prova davvero superlativa. Nella SP Race viene retrocesso per un track limits dopo esser arrivato 3°, mentre in gara 2 conduce per molti giri la corsa salvo poi arrendersi a Rea e Redding.

Il contatto tra Gerloff e Razgatioglu alla prima curva di gara 2. Manovra sconsiderata dell’Americano. Immagine WorldSBK.com

Weekend davvero da dimenticare per Garrett Gerloff, che passa da un possibile approdo in MotoGP Petronas al rinnovo con Yamaha SBK, salvo complicarsi la vita con un’entrata killer su Razgatioglu alla prima staccata del primo giro di Assen. Risultato gara rovinata per Toprak (0 punti) e per lui. 

Punti pesantissimi per Razgatioglu quelli persi ad Assen, in virtù dei 25 punti della vittoria di Jonnhy. In casa Yamaha non saranno affatto contenti.

Palmarès da aggiornare per Assen. 15 vittorie e 21 podi per lui. Immagine WorldSBK.com

Weekend perfetto per il Campione del Mondo In carica, dopo la pole position riesce a prendersi la vittoria in tutte le gare senza lasciare scampo agli avversari. Ed è Jonnhy a fare una grande differenza, nonostante gli ottimi risultati fin qui di Alex Lowes. 

Scott Redding in azione ad Assen. Immagine WorldSBK.com

Weekend da bicchiere mezzo pieno per Ducati. La sensazione, nonostante i podi di Redding e Rinaldi, è che entrambi i Piloti non siano in grado di sfruttare al massimo le potenzialità della V4R, soprattutto facendo un paragone con quanto fatto da Bautista pochi anni indietro. Resta da capire quale sarà il futuro di Redding, apparso molto scontento negli ultimi giorni del rendimento della moto. 

Quale futuro per il Team Ufficiale Ducati⁉️ Su quale Pilota puntare per il Mondiale!? Redding e Rinaldi hanno le capacità di battere Rea e la sua Ninja!?

In classifica Mondiale Jonnhy allunga grazie ai 62 punti ottenuti, e si porta a + 37 su Razgatioglu. Il turco correrà con il sangue agli occhi i prossimi round ed il Mondiale è ancora lunghissimo, perché sono stati disputati soli 5 round e ne mancano altri 8. 

Top10 del Mondiale SBK dopo 5 round su 13. Fonte Worldsbk.com

 

Appuntamento al 8 agosto sul circuito di Most, new entry nel Mondiale SBK. Molto tecnico come circuito ed in parte simile ad Assen, sconosciuto a tutti i Piloti né vedremo delle belle.

 

✍️ Francky