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BASTIAN CONTRARIO: ATTO DI FORZA

Il cinema, nello scrivere i miei articoli, mi condiziona tantissimo. Sarà che questa F1, a cominciare proprio da Ferrari, è un film già visto, ecco che le vicissitudini che accadono durante il week end di gara non fanno che riportarmi alla mente titoli di film che ho avuto modo di vedere. All’indomani del GP spagnolo, ciò che la Mercedes ha mostrato e fatto vedere al mondo è proprio un atto di forza bello e buono. Premetto immediatamente, caso mai ci fossero dubbi, che ho sempre affermato che i teutonici sarebbero tornati prepotenti, vero è (qui confesso il mio peccato) che non mi sarei aspettato un loro ritorno così presto nella stagione sportiva che stiamo vivendo. Ad essere sinceri, non avrei mai immaginato una Aston Martin così deludente, tanto da far arrancare Alonso nelle retrovie (colpa anche sua per aver rovinato il fondo in qualifica). Mi ero illuso che, attualmente, AMG fosse ancora indietro a Ferrari e che, quindi, almeno Carlos sarebbe riuscito a salire sul gradino più basso del podio almeno davanti al suo pubblico. Ben mi sta!

Atto di forza, dicevo, e non lo si può definire diversamente il colpo di reni della squadra anglo – tedesca. I crucchi, con la loro perseveranza, hanno impartito una lezione di umiltà e di come veramente si lavora in F1 a tutto il mondo del motor sport della massima serie, soprattutto a Ferrari e ad i suoi forcaioli tifosi. Sì perché la Mercedes, domenica scorsa, su una delle piste più rappresentative dal punto di vista tecnico, sulla pista dove si dice “se vai veloce al Montmelò, vai veloce ovunque”, era dichiaratamente seconda forza, mettendosi dietro la sciagurata Ferrari e, appunto, la deludente Aston, la quale è chiamata alla reazione già dal Canada per capire se quella in Spagna è stata una distrazione oppure un sorpasso tecnico a tutti gli effetti. Qual è il segreto del successo dei teutonici? Che magia hanno usato? A molti piace pensare che in F1 esista la bacchetta magica, quando invece in una squadra di F1 vale solo una legge immutabile nel tempo: la stabilità. Vedete, Toto Wolff è un tipo simpatico e affabile, oltre che gran paraculo, solo che non gli dovete mai far venire i cinque minuti, come si suol dire, altrimenti sono volatili per diabetici! Il team principal della casa con la stella a tre punte ha dato fiducia ai suoi ingegneri, continuando a puntare sul concetto “zero side pod”, fino a che il tempo non è scaduto ed allora ha preso in mano le redini della situazione, semplicemente dicendo “ora si fa come dico io!”. Il cambiamento della W14 è stato radicale, considerando le limitazioni regolamentari alle quali tutti si devono attenere, eppure sapete cosa non è cambiato in questa rivoluzione? La squadra!

Nelle mille discussioni nelle quali mi sono imbattuto nel cercare di evidenziare questo piccolo, e nel contempo, fondamentale passaggio, mi sono ritrovato più o meno la stessa risposta e cioè “grazie… quella è la squadra che ha vinto otto titoli”. Domando scusa, stiamo sempre parlando della stessa squadra pluri – vincitrice che ha cannato il progetto per due anni di fila? Allora mi chiedo come mai il ragionamento è vero solo a senso unico? Ciò che non si vuole accettare, a mio giudizio, è che uno come Toto Wolff stia facendo risorgere la sua squadra senza licenziare nessuno e senza nemmeno sognarsi di smembrarla, non tanto perché quelli sono i tecnici che gli hanno portato otto titoli costruttori, quanto al fatto che egli sa che, se vuole vincere, ha bisogno di una squadra stabile e, soprattutto, serena, cosa che non è nemmeno nei sogni più remoti di chi lavora in Ferrari evidentemente. Stiamo parlando della stessa squadra, che quando è ritornata in F1 come costruttore unico, faceva pole a nastro per poi mangiare le gomme in gara solo dopo quattro giri. Quella squadra è cresciuta (a dismisura), mantenendo i suoi uomini e nel contempo aggiungendone di nuovi (Costa ed Allison, gentilmente offerti dalla Scuderia, sono solo i nomi più famosi che posso citare), di modo che la scuderia anglo tedesca cresceva e si rafforzava contemporaneamente. Wolff, dopo le magra figure del 2022 e inizio 2023, non ha licenziato nessuno, non perché, ripeto, quelli sono i tecnici che gli hanno permesso di stravincere, quanto perché sapeva che se avesse smembrato la squadra, se gli andava bene finiva dietro la Rossa! Ad essere sinceri non capisco cosa ci sia di così difficile da comprendere in un concetto così semplice, o forse ciò che risulta esercizio alquanto arduo da affrontare sia quello di ammettere che in Ferrari come minimo hanno commesso una boiata e, forse, era meglio che rimaneva quello che c’era prima, accontentando le sue richieste (di crescita della squadra), facendo venire gli uomini che aveva chiesto.

Vasseur avrà bisogno di almeno un lustro per vincere, questo ho dovuto leggere nella selva di commenti dettati dalla frustrazione dei tanti tifosi che, un giorno si e l’altro pure, chiedono la testa di questo e di quell’altro. Se è vero che il buon Vasseur avrà bisogno di almeno dieci anni per riportare la Rossa alla vittoria, allora tanto valeva mettere da parte tutti i pregiudizi del caso e far rimanere l’altro, il quale avrà anche mille difetti, vero è che non è uno stupido e sapeva dove mettere mano, senza contare che, come il suo collega Wolff, sa benissimo che, nel momento in cui i vertici cambiano, si deve ricominciare tutto d’accapo. Che lezione, o meglio, che legnata che tutti noi abbiamo preso sulle gengive da parte di Mercedes con il suo perentorio atto di forza. Quante volte su questa rubrica mi sono sgolato nel dire che la stabilità è tutto, perché questa è garanzia di serietà e se in un’azienda c’è serietà i tecnici di un certo spessore sono più invogliati nel fare le valigie e trasferirsi nella sempre più isolata Maranello. Perché il problema è tutto qui e, soprattutto, sempre lo stesso e cioè che la Ferrari è tecnicamente isolata ed i migliori ingegneri non ne vogliono sapere di venirci. Si invoca a gran voce Adrian Newey, il quale, nell’intervista su Sky con Ivan Capelli, ha chiaramente fatto capire con quel “se fossi vent’anni più giovane…”, che non si muove da dov’è ed a mio avviso, le sue sono state parole di circostanze, perché dire “chi me lo fa fare di andare in quella gabbia di matti?!”, pareva brutto. Oltretutto i tanti tifosi che vogliono il superman degli ingegneri, mentre ne invocano contemporaneamente il licenziamento di altri cinque, non vogliono capire che chi è a capo della Rossa di vincere veramente non ne ha proprio voglia. Non si può spiegare altrimenti un atteggiamento del genere a partire dalla sua eterna assenza sul campo… penso che tutti ricordano quando a comandare c’era il nonno che era a sua volta alle spalle di Montezemolo, come la presenza di comandava era tangibile e non eterea. La Ferrari di Todt e Schumacher (che tanto viene richiamata alla memoria… Todt voluto da Binotto e negatogli dall’attuale Presidente tra l’altro) su quali basi si fondava se non sulla stabilità che a sua volta attirava ingegneri come mosche sul miele?

La faccia di Charles a fine GP, con le sue tristi dichiarazioni, è stato  l’emblema dell’attuale situazione della Rossa, la quale a mio modesto giudizio, considerando la realtà che stiamo vivendo, non caverà un ragno dal buco nemmeno l’anno prossimo. Faccia che è stata esattamente l’opposto quella di Hamilton, il quale, dall’alto della sua esperienza, se la ride e non poco, perché a fine GP ha avuto la certezza che la sua squadra abbia imboccato la strada giusta. Per carità, nessuno si illude in casa Mercedes, che quest’anno si possa vincere qualcosa contro i bibitari che volano, di sicuro si sono gettate le basi per tentare il colpaccio nei prossimi due anni a venire. Non c’è che dire, un vero e proprio atto di forza

 

Vito Quaranta

LA VERSIONE DI SELDON: IL LIMITE DEL PIEDE CHE TENDE ALL’INFINITO.

C’è un argomento che ha sempre stuzzicato gli appassionati.  Viene tirato fuori ogni qualvolta un pilota sembra andare oltre il limite della vettura. Tizio ha almeno 5 decimi nel piede! Caio ne ha almeno 7! Sempronio ci mette 1 secondo di suo.

Ma sentite come la premessa sia già la croce sulle successive affermazioni? Voglio dire: nessun pilota può andare oltre il limite della vettura, poiché è IL LIMITE. Semplicemente! Ogni persona razionale e attenta al significato delle parole dovrebbe storcere il naso.

E’ solo che si cerca un modo spiccio per descrivere le capacità uniche di quel pilota, e la frase “solo lui da solo ci mette 1 secondo” basta e avanza come descrizione concisa ed efficace. Pure pomposa, di effetto insomma. Come il giocatore che da il 110%. O quello che l’azzecca ogni 3×2, cioè ogni due volte che fa una cosa l’azzecca 3 volte. C’è solo un particolare: 100 è il massimo! Quel 10 dopo non esiste, e non esiste neppure andare oltre il limite. O fare le cose ogni 3×2.

Ma torniamo alla Formula1. Si capisce che sentiamo comunque l’esigenza di distinguere tra quello che va più veloce di 5 decimi o di 1 secondo e quello che rimane indietro. Questa differenza non si può quasi mai spiegare efficacemente confrontando un pilota su una macchina e un altro su un’altra macchina. E’ un esercizio che riesce molto più facilmente confrontando due piloti sulla stessa macchina. Vorrei far vedere che i piloti non portano in giro, o da una squadra all’altra, manciate di decimi come fossero una pennetta di extra-power da infilare in qualsiasi cruscotto.

E consideriamo sempre che anche confrontando due piloti della stessa squadra si finisce per confrontare uno o entrambi con quelli di un’altra squadra per determinare IL MIGLIORE, o, nell’esagerazione che accompagna ogni descrizione di questi tempi, IL GOAT! Per cadere quindi nel tranello aristotelico “Caio è più veloce di Sempronio, Sempronio è più veloce di Tizio, allora Caio è più veloce di Tizio”. E qui la statistica comincia ad impazzire con centinaia di parametri tirati in ballo per far diventare fenomeno unico almeno quattro/cinque piloti. Ma le pippe, quegli altri, chi se l’in….teressa? Questi sfortunati e pericolosi autisti delle ultime file se la meritano una classifica? NO! Torniamo quindi ai primi.

Se analizziamo le carriere dei vari piloti negli anni ci rendiamo conto che se queste sono significative statisticamente (almeno 10 anni) è comunque impossibile che abbiano avuto ogni anno una macchina da titolo. Anche se uno…beh, non ogni anno ma, insomma, che cu…..riosa coincidenza! Anche se io, contentissimo che quest’anno non sia della partita, credo che il suddetto pilota sia un talento vero, e che il fatto di avere avuto per almeno metà della sua carriera un razzo sotto il culo non cambi questa verità.

Andando più a fondo credo ci sia una correlazione diretta tra le prestazioni degli stessi due piloti di una squadra e la forza della loro vettura. O meglio si vede che la differenza tra i due varia in decimi con una correlazione abbastanza diretta. Sintetizzando: supponiamo di avere quello ha 1 secondo nel piede e il suo coinquilino che nei piedi ha poco più che le scarpe. Poiché ho detto in premessa che il secondo nel piede non può coincidere con il superamento di un limite insuperabile, quel secondo lo dobbiamo spiegare con la capacità di portare al limite o vicino al limite la vettura in un modo che l’altro non può/sa fare.

Questa capacità è variabile e dipende dalla difficoltà che rappresenta la guida di quella determinata vettura.

Se si tratta di una macchina con evidenti difetti in velocità massima, potenza motore, precisione e stabilità in curva ecc…. (praticamente in tutte le aree),  il pilota migliore in virtù di un talento particolare sarà in grado di ottenere dei tempi sul giro molto migliori di quelli del suo compagno. Diciamo 7 decimi.

Se la macchina è dotata di alcune parti efficaci e altre no, dunque più facile da guidare rispetto alla prima ma con difetti tali da farla risultare più lenta dei migliori, il pilota migliore avrà ancora un margine, ma assottigliato. Diciamo 4 decimi.

Se infine la macchina è una “dominante” con praticamente nessun punto debole risulterà sicuramente facile da guidare anche per il pilota con meno talento, il quale proprio in virtù della facilità nel portarla al limite ridurrà il gap anche fino a zero nell’ipotesi che la vettura non abbia proprio nessun difetto. Poniamo in assenza della perfezione questo limite a 1 decimo. Questa scala di valori e relativi intervalli di gap si può vedere nel successivo grafico che mostra l’andamento di una successione convergente in cui il livello massimo di prestazione è 0,7 secondi convenientemente assunto in vece del canonico “secondo”:

dove X rappresenta la bontà della vettura.

In ordinate il livello di bravura dei due piloti con quello del leader aspirante GOAT che per semplicità è il massimo (7 decimi di secondo) costante per ogni livello della vettura, e quello del teammate che cresce all’aumentare della bontà della vettura.

E il famoso secondo (qui 7 decimi) nel piede? E’ evidente dal grafico che questo gap nel piede non è un dato costante perché il pilota meno bravo ci si avvicina con una vettura quasi perfetta. Mai del tutto però, o meglio solo all’infinito. Il che determina due cose: che non esisterà mai la vettura perfetta e che il più bravo ha e avrà sempre qualcosa in più. Questo è evidenziato dal fatto che le sue prestazioni non variano al variare della bontà della vettura. Di contro, per pura cattiveria, si potrebbe costruire una teoria dal titolo: “DE PIPPARUM NATURA” sul gap superiore ad un certo limite. Riferito certo all’aspirante GOAT, ma pur sempre valido.

In sostanza l’aspirante GOAT non soffre il sovrasterzo, il sottosterzo, l’anteriore o il posteriore poco preciso, ecc. Almeno però si sfata la leggenda che nel piede di alcuni ci siano 100 CV più della macchina, o un DRS tra suola e tomaia, o un overboost nel tacco. Non ce l’ha nessuno. La migliore adattabilità, duttilità e attitudine al rischio, quelle si che ci sono. Sono nel piede, nel cuore, nella testa. Ma come dicevamo, in assenza di parametri universalmente accettati questo super-pilota ha tutti i diversi avatar della griglia a seconda del tifoso che lo guarda .

Se noi volessimo peraltro vedere un confronto tra diversi piloti e diverse vetture nell’arco di una stagione dovremmo utilizzare un grafico 3D con le medie di tutti i gp per ciascun pilota, nonchè la classifica finale per determinare l’ordine sulle ascisse delle vetture dalla peggiore alla migliore. Non potremmo però assimilare il livello “GOAT” per tutti i leader. Sarebbe davvero complicato… Vedremmo la sovrapposizione in tre dimensioni delle curve di prestazione per ogni coppia di piloti e notare che alcune riferite a coppie su auto mediocri potrebbero essere più alte di quelle di coppie su auto migliori. Accontentatevi! e cercate di immaginarvelo…:-)

La verità rimane sempre una e una sola: “chi vince festeggia, chi perde spiega, anche con grafici!”

Rimane incontrovertibile la realtà del fatto che si vince non coi piedi ma con quello che li circonda, davanti, dietro e (soprattutto quest’anno) sotto. A parità di mezzo, in un’epoca in cui si calcolano i millesimi di prestazione in galleria del vento, nelle simulazioni e nei settaggi. In cui i piloti possono contare sul massimo della prestazione correndo il minimo del rischio, sulla stessa vettura tra i due ipotetici migliori in griglia vincerebbe chi fa meno errori. I tempi in cui quello che aveva più attributi vinceva spesso anche su macchine inferiori per potenza, tenuta di strada e meccanica sono finiti con Fangio. La F1 rappresenta ad oggi la definitiva vittoria del mezzo sull’Uomo. Una lotta tra geniali progettisti intenti solo a trovare il complemento perfetto da mettere nell’abitacolo. Il pezzo di carne perfetto dal cervello precostruito. E questo è il secondo limite temporale, quello in cui finisce l’uso non “inputizzato” del cervello del pilota, che fermerei a Lauda con qualche ripercussione su Prost.

Da questo punto comincia la guerra tra cervelli dei team e cervellini della Federazione. Tra sempre più controllo della vettura e sempre meno controllo SULLA vettura. Tra volanti e joystick.

Tutto ciò mi riporta inevitabilmente al grafico di cui sopra. Non per smentire me stesso, ma serve al massimo per gli ultimi 20 anni. La sua stessa linearità denuncia la semplicità di causa /effetto nella gestione delle macchine attuali. Da ciò la mancanza di reali picchi di adrenalina causati dalla visione dei gp odierni. Per quanto questo inizio di campionato 2022 sia nettamente più interessante dei precedenti 15…!

 

Grazie!

Antonio

 

 

Formula e grafico presi a caso senza cognizione da: http://progettomatematica.dm.unibo.it/

Immagine in primo piano da: F1sport.it

 

 

 

PICCOLI PILOTI CRESCONO

Qualche tempo fa ho scritto un articolo sui piloti più interessanti tra gli esordienti assoluti alla guida di una monoposto. Mi ha fatto piacere osservare come la quasi totalità di loro ha rispettato le promesse, ma mi ha dato ancor più piacere scoprire che quest’anno tutti coloro gareggiano nello stesso  campionato, la Formula Regional Europe.

L’attuale assetto del motorsport a ruote scoperte vede, in ordine di importanza, F1, F2 e F3, poi le varie F3 regionali e infine le F4 regionali. La Formula Regional Europe vuole essere l’egemone tra le F3 regionali e prende le mosse dalla storica Formula Eurocup (30 stagioni disputate). Quella di quest’anno è la sua prima edizione e, visto che attribuisce tanti punti per la Superlicenza quanti la Superformula, la griglia è ricca di piloti di talento. Si disputerà in 10 weekend e si è aperto col weekend di Imola, come gara di contorno per la F1.

David Vidales (classe 2002) è il mio personale favorito, sia perché lo ritengo di notevole talento ma anche perché corre per la Prema, che nelle Formula Regional negli ultimi due anni è stata la consueta mattatrice. Nel 2020 ha esordito vincendo le prime due gare in monoposto + pole nella prima qualifica, risultato particolarmente significativo in quanto il suo debutto è avvenuto in Formula Eurocup, una serie più impegnativa delle varie F4. Dopo un inizio eccezionale, con 6 podi nelle prime sette gare, nella seconda metà di campionato ha faticato a ripetersi, ma concluse comunque in sesta posizione, davanti a piloti più quotati, pur avendo saltato il primo round. Ha siglato la prima pole e vittoria della serie in gara1, mentre in gara2 (dove sarebbe partito in pole se non fosse stato per una bandiera gialla) ha sofferto un’uscita alla Tosa mentre lottava per il podio e ha concluso solo settimo, segnando il giro più veloce.

Paul Aron (classe 2004) è un suo teammate in Prema, ed è l’unico pilota che attualmente fa parte del programma giovani della Mercedes. Il suo esordio nella F4 italiana (la più competitiva) nel 2019 fu interessante, dove concluse terzo, migliore dei rookie. Nel 2020 ha anche preso parte alla Formula Eurocup, ma tra errori di gioventù, incidenti sfortunati e soprattutto problemi meccanici di varia natura (di solito occorsi mentre stava per maturare un buon risultato) lo hanno relegato ad una misera 11a posizione, dietro a tutti i compagni di squadra. Quarto in gara1 e secondo in gara2, dove ha lottato per la vittoria, attualmente è terzo in classifica. Sarà uno dei pretendenti per il titolo.

Concludo lo squadrone Prema con Dino Breganovich (classe 2004), unico rappresentante della FDA in questa serie. Lo svedese si è mostrato molto rapido nei kart e nella F4 italiana è stato solido, concludendo terzo all’esordio. Nel primo round di FRE è stato il migliore dei rookie in quali1 e gara1, ma in gara2 finisce fuori dai punti dopo un contatto con Alex Quinn.

Kas Haverkort (classe 2003) è uno dei pochi piloti della storia che possono vantarsi di aver vinto le prime tre gare in monoposto della carriera. Nel 2020 ha dominato la F4 spagnola ed è meritatamente approdato nella Formula Regional Europa. Come tutti i piloti olandesi, corre per la MP Motorsport, che nella FRE ha rilevato il team giovanile di Fernando Alonso. Conosce già le monoposto in seguito a qualche gara disputata come guest driver l’anno scorso. Il primo weekend ad Imola è stato sfortunato, vittima di un tamponamento in gara1 e della rottura dell’alettone nei primi giri di gara2, ma scommetto che si rifarà a Barcellona.

Franco Colapinto (classe 2003) è da un paio d’anni un protetto di Alonso. Dopo la vittoria nella F4 spagnola nel 2019 (ottenuta vincendo 9 delle ultime 12 gare), nel 2020 è stato il Miglior Rookie tanto nella Formula Eurocup quanto nella Toyota Racing Series, dove ha concluso terzo, più vicino al campione che al quarto classificato Yuki Tsunoda. Nella formula regionale aveva trovato un sedile solo all’ultimo momento, ma ha dimostrato subito di meritarlo esordendo vittorioso a Monza. Impiega metà stagione per tornare sul podio, ma poi ne ottiene 7 nelle ultime 10 gare, cosa che gli è valsa la terza posizione finale – migliore dei rookie. Nella FRE anche lui corre per la MP Motorsport, ma a causa della concomitanza con la European Le Mans Series non ha preso parte nel round inaugurale a Imola.

Il siciliano Gabriele Minì (classe 2005, uno dei più giovani) è una delle speranze del motorsport italico. Il suo esordio nella F4 italiana nel 2020 è stato impeccabile: tre pole nelle sue prime tre gare, quattro vittorie (tra cui al debutto) e una decina di podi gli hanno fruttato la vittoria con ottanta punti di vantaggio sul secondo, Francesco Pizzi (vedi sotto). Nicolas Todt (il suo manager) gli ha procurato un sedile per la ART Grand Prix in FRE. Il suo primo weekend della stagione è stato all’insegna dell’apprendimento, ma dopo una gara1 penalizzata da una brutta partenza, in gara2 ha effettuato una bella rimonta ed ha concluso sesto. Attualmente è il migliore dei rookie.

Oltre a Minì, gli italiani sono ben rappresentati anche dal romano Francesco Pizzi e dal torinese Andrea Rosso. Il primo -che a Febbraio 2020 ha dominato la F4 degli Emirati Arabi all’esordio in monoposto- è stato l’unico che ha retto il passo di Gabriele Minì (col quale c’è già una rivalità storica). Nella FRE corre con la Van Amersfort Racing, che purtroppo non è una scuderia di vertice – infatti i risultati nelle prime due gare sono stati infimi, anche a causa di alcuni problemi fisici. Non credo che potrà ambire a posizione di vertice, ma qualche soddisfazione se la toglierà. Il secondo corre per FA Racing ed è anche lui tenuto d’occhio da Fernando Alonso. Anche per lui pochi risultati da Imola.

Altri piloti che sicuramente diranno la loro per pole e vittorie (anche se per la Formula 1 è già un po’ tardi) sono Alex Quinn (tra i vertici in gara1, tamponato da Breganovich in gara2), Gregoire Saucy (dominato quali e gara2, attualmente in testa al campionato), Patrick Pasma (l’anno scorso il migliore dei piloti non-Prema in Formula Regional), William Alatalo e Hadrien David (ex Academy Alpine, campione di F4 francese all’esordio in monoposto nel 2019, costantemente nei primi 4 in tutto il weekend di Imola).

Posso dirlo senza troppi timori: loro sono il futuro.

[Immagine di copertina tratta da Motorbox.com]

Lorenzo Giammarini a.k.a. LG Montoya

 

MOTOCICLISMO ITALIANO – AL VIA IL CIV 2021

Fine settimana non solo all’insegna del Motomondiale. Anche il Motociclismo di casa nostra riprende ed è pronto a sorprendere con il CIV 2021 affiancato dall’ormai leggendario “National Trophy“.

Il 2021 sarà l’anno del rilancio per la top class, che ha cambiato i propri regolamenti inserendo la centralina unica, per livellare le prestazioni delle varie moto, oltre a limitare i costi.

Saranno 12 gare suddivise nei 6 appuntanti sui circuiti del Mugello, di Misano, di Imola e della consueta tappa di chiusura di Vallelunga. Ecco il calendario 👇

Calendario Campionato Italiano di Velocità.

Come di consueto per le categorie Superbike, Supersport, Moto3, PreMoto3 e Supersport300 avremo una gara al sabato ed una la domenica, mentre i centauri del National Trophy correranno la domenica.

Potremo goderci lo spettacolo in diretta sulla pagina Facebook del Campionato Italiano Velocità, su Civ.tv, su Eleven Sports, MS Motor TV ed anche su Twitch, oltre che sul canale 208 di Sky.

Andiamo a vedere nel dettaglio le categorie 👇

NATIONAL TROPHY 1000

Interessante la lista dei Piloti che prenderanno parte al National 1000. A cominciare da TamburiniGamarino, Saltarelli ed il mitico Zerbo. Da tenere d’occhio anche lo “Youtuber” Luca Salvadori sulla V4 del Team Barni.

A mio avviso molto bello il trofeo “CIV Project”, una speciale classifica di cui faranno parte i piloti che nel loro percorso sportivo non abbiano mai preso parte al CIV o ai campionati mondiali. Il vincitore, in entrambe le classi avrà l’iscrizione gratuita ala CIV 2022 offrendo un opportunità di accedere direttamente alla massima serie nazionale.

NATIONAL TROPHY 600

National Trophy sarà, insieme al BSB, la nuova palestra per la nuova formula mondiale della futura Supersport 2022 (limite di 600 cc per le 4 cilindri, 800 per le 3 e 960 per le bicilindriche). Potranno correre quindi la Ducati V2 ed eventualmente la Triumph 765 (la cara vecchia Daytona 675…).

SUPERBIKE

Perso il Campione Nazionale 2020 Savadori, tutti gli occhi saranno puntati nuovamente su Michele Pirro. Da tenere d’occhio anche Ricky Russo ed Alessandro Del bianco. Numerose le wild card quest’anno, a cominciare da quella del Mugello di Lucas Mahias. Un occasione importante per il CIV per misurarsi con un Pilota di caratura internazionale. In griglia anche il Agostino Santoro (Campione 2020 del National 1000) sulla V4 del Team Broncos.

SUPERSPORT 600

In assoluto la categoria più bella, dove i nomi e gli esperti della categoria non mancano. Si aggiungeranno le wild card di Piloti che corrono nel Mondiale come Michel FabrizioTuuli e Philipp Oettl. Occhi puntati sugli specialisti della categoria quali Stirpe, “Massimino” RoccoliValtulini Manfredi. Da tenere con un occhio di riguardo Kevin Zannoni, Federico e Filippo Fuligni, Livio Loi, e Manuel Gonzalez.

SUPERSPORT 300

Molto interessante anche la piccola classe della SSP300 che si daranno battaglia. Personalmente sono curioso di vedere in azione Bahattin Sofuoglu ed Alfonso Coppola.

MOTO3

La Moto3 sta attraversando un grande cambiamento, a causa delle 450 introdotte dalla passata stagione. Gli iscritti sono 19, sette dei quali con il nuovo propulsore.

Alberto Surra ed Elia Bartolini, Piloti del VR46, saranno i favoriti per il titolo insieme a Filippo Bianchi, Biagio Miceli e Nicolas Fruscione, Piloti dello squadrone di Gresini. Interessante vedere Cristian Lolli, campione PreMoto3 del 2020 e l’olandese Zonda Van de Gorbergh.

PREMOTO3 

 Già sabato al via con la Gara 1 per le categorie del CIV e Domenica anche le due gare del National Trophy. Potrete seguire live sulla piattaforma www.elevensports.it , sul sito ufficiale civ.tv, sull’app Twitch e sul canale 208 di Sky.

Ecco gli orari👇

Sabato 17 Aprile: 13.25 SBK 14.10 Moto3 14.55 Supersport600 15.40 PreMoto3 16.20 Supersport300

Domenica 18 Aprile: 11.40 National600 12.20 National1000 13.00 Supersport300 14.45 SBK 15.35 Moto3 16.25 Supersport600 17.15 PreMoto3

 

 

Sará una settimana piena di emozioni, per ovvi motivi. Il Campionato Italiano è il giusto dessert per una tavola ricca di prelibatezze…portoghesi. Buon weekend di gara.

✍️Francky

L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL’#ESSEREFERRARI

Come sa chi mi ha già letto sono appassionato di cinema impegnato, per questo introduco con un dialogo importante tratto dal film “when Harry met Sally”, tra Harry e Jess.

– stai dicendo che non è attraente?

– no, te l’ho detto che è attraente!

– sì, ma hai anche detto che ha molta personalità

– sì, ha molta personalità

– quando una donna è poco attraente la prima cosa che si dice è che ha molta personalità

– senti, se mi avessi chiesto come è fisicamente e avessi detto: “ha molta personalità”, allora non sarebbe attraente. Ma visto che ti dico solo che ha molta personalità può essere due cose: o attraente con molta personalità o NON attraente con molta personalità

– e quale delle due è?

– attraente!

– ma non è BELLA, giusto?

 

La SF21 l’abbiamo aspettata, l’abbiamo auspicata interessante e vincente, l’abbiamo vista! No, non è attraente. Ma ha molta personalità. Allora è brutta? Non l’abbiamo detto! Ma non è Bella!

La discussione in merito ha una certa rilevanza poiché nel mare della poca comprensione, della molta confusione, dell’empirismo tecnico e dell’ostentazione delle poche conoscenze in materia (chi le ha…), la discussione sulla bellezza delle monoposto è la più rassicurante, la più gratificante, e i più riescono a trarne un contenuto tecnico notevole, completo di previsione dell’efficacia fisico-meccanica del mezzo. Non vi sarà passato inosservato che in molti siti i commentatori legano la finezza dei particolari, il colore della livrea, il numero di soluzioni originali, alla forza del mezzo.

“Ma hai visto come hanno lavorato di fino in Red Bull e Mercedes? Non abbiamo speranza. Si vede a occhio nudo. Anche a naso”.

Insomma le vincenti sono belle e profumate, le perdenti sono, nella migliore delle ipotesi, attraenti. Con molta personalità. Ma non belle. Mettersi dietro prego!

Prendere parte a queste discussioni, o anche solo leggerle è divertente diciamocelo. Più che studiare le equazioni dei flussi al diffusore. E noi pronti, parleremo di tutto con particolare attenzione ai particolari importanti, alla bellezza di chi vince.

Noi (nel senso noi ferraristi) presumibilmente non ci saremo, anche se nel cuore nutriamo l’inossidabile speranza che l’acqua possa davvero diventare vino, che uno schifo di uccelletto spennacchiato possa diventare un cigno. No, il pulcino del cigno è bello, non raccontiamoci storielle. Un primo sguardo tenderebbe ad escludere che la SF21 sia un piccolo di cigno.

Ora sta per partire la nuova stagione. Si vede dal fermento, la gente si interessa, partecipa….cit. La stagione tutto sommato appena conclusa è stata degna accompagnatrice di un anno surreale. Entrambi disastrosi, indimenticabili, auspicabilmente irripetibili. Per i tifosi Ferrari si è trattato del proseguimento del precipitare cominciato da Brasile 2008, escludendo i rallentamenti dovuti ad una sporgenza nel 2018, dove peraltro il corpo ha solo rimbalzato facendosi anche male e proseguendo verso il basso fino a quello che tutti reputiamo il fondo. Ma si sa che non c’è limite al peggio, quindi NON illudiamoci con ottimismo ancora non abbastanza giustificato. Volgerei l’attenzione non tanto agli alti e bassi della squadra, quanto ai contraccolpi che riceve il tifoso medio e/o il pilota dalle vicende che interessano l’oggetto del suo tifo. Nel caso del pilota lo strumento con cui si esprime.

E’ senz’altro vero che con il diminuire della forza e della potenzialità di vittoria della Rossa molti suoi tifosi sono passati al rivalutare il titolo costruttori. Molti, non tutti! Ci sono tanti che pur sostenendo anche calorosamente un pilota fintanto che siede su una macchina del Cavallino non fanno passare un minuto prima di scaricarlo se questi dovesse infilarsi in altro abitacolo. E ci sono tuttavia tanti che riconoscono nella coppia dei piloti quello con più capacità e dunque propendono nei commenti a riservargli gli aggettivi più positivi, ma al termine della loro avventura in rosso potrebbero al massimo preferirli ad altri nemici, mettendoli comunque dopo la squadra e in una certa qual misura dopo i piloti della squadra. Tra questi il sottoscritto.

Il povero Vettel, al di là delle nostre posizioni e della stima che verso lui nutriamo, ha subito negli ultimi due anni in Ferrari uno stress notevole. Non che io lo giustifichi per Sochi o Brasile 2019, ma vedevo il malessere. Sembra che ora stia meglio e ne siamo contenti. Magari non stia troppo bene eh!? Benino…:-)))

Il fatto è che non è facile sostenere la “leggerezza” del fardello rosso. #essereferrari rende semmai più difficile giustificare le fisiologiche sconfitte, non aggiunge un plus al mito. Il mito basta a se stesso senza discutibili trovate da marketing. Ma poi cosa vuol dire? Sono quelli con la macchina rossa? Sono quelli col cappellino, la maglietta, la tuta rossa? Parlano in un altro modo? Il loro spettro del visibile ha lunghezze d’onda differenti? Il loro cuore ha un ritmo diverso? Batte in testa? Sono quelli che vedono perdere la loro beniamina ma con uno stile particolare?

Ad #essereferrari è la Ferrari, il resto è spettatore compiaciuto, soddisfatto, appagato. Se vogliamo dare una sorta di importanza al Mondo che gira attorno alla Ferrari possiamo dire che è il vento che soffia sulle vele, non è però la barca, non è neppure l’equipaggio di quella barca. Può esserne l’armatore tutt’al più, e come tale è contento se la barca va e chiede conto se la barca non va. Siamo altre cose, altre persone, certamente con quell’unica passione. Ma, come fossimo un popolo battezzato in una parrocchia a parte, è  spesso incomprensibile a quanti non “passionano” (passatemi il termine) quanto possa essere difficile perseverare nella speranza che arrivino trionfi a cancellare periodi amari. Di quei trionfi nutriamo la nostra esistenza povera di successi, in quei trionfi riversiamo un patriottismo che l’italiano non ha mai concesso al Paese. Si da alla bandiera, o nel nostro caso uno stemma con la bandiera. Sotto il cavallo…!

In tutto questo possiamo inserire il povero Vettel. Caricato di anni di “non trionfi” (manco fosse innaturale non vincere sempre), della responsabilità di essere il Salvatore (l’ennesimo), e di #essereferrari. Non tutti hanno la buccia di Alonso, molti hanno la polpa scoperta e vulnerabile. In più #essereferrari per un mercenario come sono tutti i piloti, dandogli una cittadinanza, una appartenenza che possiamo dare al massimo ai meccanici, (forse a Furia), è un peso enorme. E Vettel se l’era caricato. Più che imputargli il presente, se pensiamo che abbia delle responsabilità come pilota, non può essere. Eventualmente solo dal punto di vista della gestione del mezzo. Un mezzo inadeguato spesso, ma come spesso ricordiamo, anche meraviglioso come nel 2018…

Beh, non siamo qui per rivangare il passato, e Vettel è il passato, ma piuttosto, partendo dal presente, cercare di leggere il futuro. Al momento in cui scrivo ho seguito malamente le prove, e come da tradizione non ci ho capito granchè. Tanto per immaginare (e sottolineo immaginare) che i rapporti di forza in alto, al netto dei tempi, non siano cambiati se non nelle proporzioni. A meno che la Regina, intervenendo qua e là non abbia rotto l’equilibrio che l’aveva contraddistinta dal 2014. E nel contempo, i promotori di quell’orrida bevanda non abbiano evoluto tutte (ma proprio tutte) le aree di intervento. Perché no!? I primi sono umani, molto organizzati ma umani. I secondi hanno Newey.

Ora, mettiamoci comodi e godiamoci la nuova stagione senza sperare in null’altro che nello spettacolo. Ci sono ancora due settimane di chiacchere e poi via. Soprattutto ci sono una manciata di giovani promettenti come non si vedeva da decenni. Ragazzi che vanno oltre la loro macchina, spesso insufficiente, a volte indecorosa. Un probabile nuovo record di vittorie e mondiali all’orizzonte. Uno sfidante che sembra degnissimo. Uno d’esperienza che ritorna. Un marchio prestigioso anche se, per adesso, solo come copertina a coprire il rosa che copre il grigio. Una faentina interessante. Una nobile inglese rinata.

La rossa sarebbe la ciliegina sulla torta se riuscisse a risalire di almeno tre posizioni rispetto al 2020. Non ce lo auguriamo solo noi “tifosi”, come ha detto Elkann in un discorso tutto in inglese tranne quella parola e “grazie” a chiudere. Se lo augurano anche gli organizzatori e, diciamocelo, gli avversari.

Ecco, era tutto qua. Il grido stridulo di un appassionato a cui sta passando la afonia da depressione per dire: Forza Ferrari! Ma anche Forza Formula 1! Non deluderci e non abbandonarci in un anno che non sarà facile!

Un caloroso saluto a tutti! Sperando di rileggere gli assenti dell’ultimo periodo. Buona stagione!

Seldon

 

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