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MIT’S CORNER: LE NON PAGELLE DI BARCELLONA E BONUS MONEGASCO

Va in archivio anche Barcellona 2023 e dobbiamo raccontare sempre le stesse cose?

Ebbene sì, a quanto pare.

C’era molta attesa alla vigilia per via degli aggiornamenti portati da questo e quel team, per vedere se qualcosa sarebbe cambiato nelle gerarchie del campionato.

La mia personalissima sensazione è che sia cambiato ben poco. In un contesto in cui a farla da padrone sono Verstappen e la sua vettura per tutti gli altri è assai difficile trovare motivi per cui sorridere sicché ci si accontenta di poco. Mercedes, tanto per dire, porta in pista la già collaudata a Montecarlo versione semi-B della sua monoposto e si ritrova a conquistare secondo e terzo posto. Ci sarebbe di che lanciare cappelli in aria se non fosse che il distacco da Max è stato comunque di 25 secondi e che Alonso si è autoeliminato dalla lotta per il podio commettendo un errore in qualifica che ha danneggiato la sua monoposto.

Chi non ride di sicuro è Ferrari che per l’ennesima volta negli ultimi 10 anni (e evito di andare ulteriormente indietro nel tempo) porta aggiornamenti dagli esiti indecifrabili se non addirittura peggiorativi. Non so cos’altro debba accadere per far venire il sospetto a chi decide che il modo di lavorare, gli strumenti (leggi: galleria e simulatore) se non addirittura il set di competenze necessario hanno l’assoluta e inderogabile necessità d’essere migliorati.

C’è da dire che la gara è stata assai enigmatica per via del fatto che tutte e tre le mescole di gomma utilizzati dai piloti si sono comportate i modo stranissimo quasi senza differenze né di degrado né di velocità. Si dice che Barcellona sia la pista ideale per i test perché fornisce dati inequivocabili ai tecnici ma quest’anno direi proprio che tutti sono usciti dal Catalunya con più incertezze di quando ci sono entrati. Tranne ovviamente Max e, pur parzialmente, Mercedes.

La gara è stata comunque molto bella a vedersi perché dietro a Max (che guidava con il gomito fuori dal finestrino e si godeva il panorama) ci sono state lotte all’ultimo sangue sia strategiche che corpo a corpo. La correzione del circuito in cui è stata eliminata l’infausta chicane prima del rettilineo restituendo il vecchio lay-up con il curvone ad alta velocità in entrata ha consentito a queste monoposto ad effetto suolo vibranti sfide sul rettilineo che, seppur con meno magia e meno epicità, hanno comunque ricordato i bei tempi andati tanto amati dagli appassionati. Da questo punto di vista il regolamento introdotto l’anno scorso (sia pur mitigato dall’incorporazione della TD39) continua a mantenere i suoi effetti.

E se in Mercedes ridevano e in Ferrari no, quanto hanno riso e pianto i piloti?

Vediamolo subito.

VERSTAPPEN

Max ha decisamente riso. Risate a più non posso, direi. Già in qualifica fa capire che non ce n’è per nessuno essendo l’unico a migliorare il tempo di Q in Q (no, nemmeno Norris l’ha fatto). Poi, con il teammate fuorigioco per una qualifica disastrosa, Alonso che rompe il fondo della sua AM e le Ferrari che fanno il passo del gambero la gara la doveva solo controllare. Così ha fatto e alla fine, nonostante l’enigmatico comportamento delle gomme, si è portato a casa l’ennesima vittoria. C’è chi si domanda, come P.A. nel primo p.s. del suo resoconto in questo stesso sito (p.s. multipli e sempre stimolanti che mi permetto di consigliare tutti da qui all’eternità), quanto al merito di Max e della sua (ma solo la sua) RBR corrisponda il demerito degli altri. Sullo stimolo di quel p.s. mi permetto di argomentare sofisticamente e con ferrea logica degna del miglior Gödel: è nato prima l’uovo o la gallina?

Absit iniuria verbis, naturalmente, ma questa ironia di bassa lega serve solo per sottolineare quanto in un ambito competitivo multiplo in cui per forza di cose è previsto un unico vincitore il confine logico tra merito e demerito sia del tutto inesistente: alla vittoria di quell’unico, il primo, corrisponde un merito uguale contrario a quello di tutti gli altri.

Il che fa pendant col motto del Drake (“chi arriva secondo è il primo degli ultimi”) che in questa logica apparirebbe, piuttosto, intriso di pessimismo fatalista di verghiana memoria, cultura atavica del de-merito di cui le nostre italiche lande fanno ancora oggi fatica a liberarsi, imprinting ostinato di quel medioevo politicamente parcellizzato in cui ogni più piccolo borgo era in perenne competizione con i suoi vicini e godeva assai delle loro disgrazie. Piccolo particolare: lo stesso Drake, paradossalmente, rappresenta di tutto ciò il più auto-contraddittorio degli epigoni.

In Formula 1 il confronto non è, a mio avviso, diretto, come in una partita di tennis o persino una partita di scacchi ove la logica di corrispondenza merito-demerito si applica in modo pedissequo ai due contendenti. Negli scacchi, esiste un motto arguto che sottende umoristicamente tale concetto: “vince chi fa l’errore per penultimo”. Nella Formula 1 (o nel ciclismo, o nel motociclismo, o nelle corse di atletica, insomma, ci siamo capiti) questa logica non si applica allo stesso modo. Il merito è, per così dire, assoluto. Mentre il de-merito è, sempre per così dire, relativo. In altre parole, il merito è sempre graduato dalle posizioni conquistate mentre il de-merito è sempre relativo alle posizioni perse in funzione vuoi delle aspettative, vuoi delle circostanze contingenti, vuoi dal fato sottoforma di eventi meteorologici e così via. Si potrebbe persino dire che mentre il merito è sempre presente il de-merito alle volte potrebbe anche non esserci. In tutto ciò, se si ragionasse in termini di corrispondenza merito-demerito si finirebbe quasi sempre per sminuire il merito del vincitore a dispetto di ogni evidenza. Perché? Perché, molto prosaicamente, il riconoscimento del de-merito porta con sé inesorabilmente la storia alternativa del se…allora forse. Se Max non avesse un missile sotto il sedile, se non ci fosse stata la TD39, se Alonso avesse pittato subito le “inter” a Montecarlo 2023…… allora forse (Max vincerebbe lo stesso), (Leclerc avrebbe vinto il mondiale 22), (Alonso avrebbe vinto a Montecarlo).

Dov’è il merito della RBR è facile vederlo nell’impressionante divario che separa Max da Checo laddove in gara il primo guida col gomito fuori dal finestrino mentre il secondo s’affanna a remare contro il destino cinico e baro più o meno come tutti gli altri – a prescindere dai risultati. E questo, sempre a mio avviso, ha ben poco, se non nulla, a che vedere con i più o meno presunti de-meriti dei suoi avversari. Mi ha molto colpito il commento di Nico Rosberg durante la gara che, affatto interrogato in merito (!!) (gli avevano chiesto del perché Perez era così indietro) se n’è uscito con un bel “ah be’, ma Max è già uno dei primi 5 di ogni tempo, insieme a Senna, Schumacher, Hamilton…”. Non ha completato la frase con l’ultimo nome che avrebbe completato la cinquina e sono rimasto appeso a quei puntini di sospensione come un tuffatore dal trampolino che vi saltellasse sopra all’infinito senza buttarsi ma a parte le battute e tutte le dietrologie del mondo (di certo Nico non mancherà mai di citare Lewis come uno dei più grandi di sempre, visto che l’ha battuto nel 2016) rimane comunque un’affermazione significativa di ciò che pensa di lui l’ambiente e un ex pilota campione del mondo.

Sicché riconosciamoglielo questo merito, suvvia. Questo è un fenomeno di valore assoluto e lo sta dimostrando ad ogni pie’ sospinto anche a prescindere dal missile sul quale è seduto.

E ride, eccome se ride!

HAMILTON

Il buon Lewis non è autore di una qualifica brillantissima ma che alla fine si rivela comunque redditizia per la gara. Favorito dalla retrocessione di Gasly e sapendo benissimo che Sainz avrebbe cercato di infastidire in tutti i modi Verstappen si piazza sulla scia giusta e infila Norris alla prima curva. Gli va bene che il successivo contatto non gli danneggia qualcosa ma è costretto a soccombere al redivivo Stroll. Se ne libera con un buon sorpasso qualche giro dopo e poi conduce una signora gara, contraddistinta da un ritmo interessante e sostanzialmente invariante rispetto alla mescola utilizzata. Anche perché “tira” le rosse fino al 26 giro, contrariamente a Sainz che aveva già pittato al 16°, e si ritrova la sufficiente freschezza per raggiungere Carlos e superarlo in pista senza difficoltà. Di lì in avanti gestisce perfettamente e porta a casa un secondo posto di notevole fattura. Quanto al miglioramento Mercedes aspetterei prima di giudicare perché il distacco subito da Max è comunque molto importante. Tuttavia il modo in cui è arrivata la prestazione in gara (costanza di ritmo soprattutto) e la relativa facilità con cui anche Russell ha agganciato il podio pur partendo da dietro fa ben sperare per gli alfieri di Brackley in un proseguimento di stagione meno faticoso.

E ride.

RUSSELL

Come già a Montecarlo ho visto giorgino un po’ in difficoltà in qualifica che, ça va sans dire, conclude senza riuscire ad arrivare in Q3 e piuttosto distante da Hamilton. Non un bel segnale soprattutto perché fa un po’ pensare che la pioggia e l’umido non facciano parte del suo terreno di caccia. E questo potrebbe rivelarsi un bel limite per le sue ambizioni e per il talento che ha mostrato sin qui. In gara, tuttavia, fa benissimo copiando, quando possibile, il ritmo del team mate e mettendo a segno anche dei bei sorpassi come quello su Alonso al 7° giro o quello, eccellentissimo con mossa alla Ricciardo su Ocon all’11° giro, per finire con quello su Sainz al 35° giro con una staccata sorprendente. Finisce con un bel podio (tra l’altro il primo della sua stagione) e anche lui sorridendo.

PEREZ

Cominciamo con i primi pianti di Barcellona. Checo va malissimo in qualifica, non passa il taglio del Q2 prendendosi 6 decimi da Max e deve accontentarsi di una mesta 11 posizione in griglia. Non contento di ciò si fa anche sorprendere in partenza da un bel po’ di gente e deve ricostruire. Non ha un ritmo eccezionale ma con qualche sorpasso (bello quello su Zhou) portando in lungo lo stint riesce a trovarsi per qualche giro al secondo posto dietro, molto dietro, a Max. Quando finalmente pitta deve comunque rifarsi strada: prima Alonso poi il sorprendente Tsunoda e infine Ocon. Non riesce ad arrivare in fondo con le bianche quindi pitta al 51 ma poi va due secondi al giro più veloce di Sainz e lo passa facilmente. Quel che NON accade poi e che non riesce a prendere Russell e deve conseguentemente rinunciare al podio. Nota tecnica: ma che strane traiettorie che faceva Checo! Sono stato l’unico a notarlo? Tocca piangere al buon Checo: la differenza con Max è stata devastante.

SAINZ

Carlos fa un’ottima qualifica che lo issa al secondo posto in griglia. Non posso fare a meno di notare che se Leclerc non avesse avuto gli ignoti problemi forse poteva giocarsi la pole con Max. Quest’ultimo ha migliorato di 4 decimi il suo crono da Q2 a Q3, unico a riuscirci e impresa che tipicamente è in grado di compiere anche Leclerc. Ma tant’è. Bella anche la sua partenza con Max che si era evidentemente preparato e lo fronteggia a muso duro. Anche qui Max eccezionale e nessuna colpa si può imputare al buon Carlos. Da lì in avanti fa il passo del gambero e tra un ritmo deludente, sorpassi subiti e costretto ad essere succube delle gomme retrocede piano piano sino al quinto posto finale. Se ti viene da scrivere “poteva andare peggio” significa che anche Carlos non ride.

STROLL

Toh! Chi si rivede? Finalmente un week end con un minimo di consistenza da parte di Lance che per la prima volta in stagione si mette dietro il celebrato team mate in qualifica e poi anche in gara. Vero è che in qualifica Alonso ha rotto il fondo, vero è che Alonso ha tribolato anche in gara ma lui ha comunque ragioni per essere contento perché ha comunque fatto una gara sufficientemente gagliarda, senza fare eccessivi pasticci e guadagnandosi la posizione finale che ha un sapore molto, molto diverso dal 4° posto ottenuto in Australia per puro caso. E quindi ride assai.

ALONSO

Peccato l’errore in qualifica che gli ha rovinato il fondo. Non solo lo fa partire indietro ma, costretto alla rincorsa, ci impedisce anche di capire se e quanto siano stati davvero significativi i miglioramenti di Mercedes. Il “solito” Alonso, infatti, si sarebbe trovato là davanti a lottare con Hamilton e ci avrebbe consentito di fare tutte le valutazioni del caso. Non molto altro da dire se non riportare il simpatico siparietto nel finale di gara quando è finalmente giunto alle spalle di Stroll e via radio comunica al team che Stroll non si deve preoccupare. Poi gli sta attaccato come a dire: se volessi, ah se volessi! Ride anche Alonso, sì, ma per non piangere.

OCON

Dopo l’eccellente prestazione di Montecarlo Ocon mantiene comunque un buon ruolino di marcia. Non parte male e complice un’Alpine che si conferma velocissima sul dritto rende la vita dura a tutti quelli che stavano dietro e gli consente di recuperare qualche posizione quando ha gomme fresche. Ecco, i suoi pit un po’ troppo anticipati (a mio parere) gli impediscono per tutta la gara di lavorare sul ritmo perché, di fatto, si trova sempre impelagato in qualche battaglia. Alla fine non è poi così lontano da Alonso e continua a mettere punti in saccoccia. Ride? Ride.

ZHOU

Oh! Finalmente una gara gagliarda di Zhou che gli frutta anche dei punti. Visto il mezzo a disposizione direi che è l’MVP di giornata anche perché, autore di una ottima partenza (partiva dalla 13esima piazza) si è trovato a combattere per tutta la gara con più avversari e non ha commesso errori. Il suo bel tentativo di sorpasso a Tsunoda (bel duello il loro per tutta la gara) porta quest’ultimo a subire la penalità che alla fine gli fa guadagnare la posizione. Giusta o ingiusta che sia la penalità (ho i miei dubbi) fatto sta che lo issa al 9° posto finale che sa tanto di buono considerato che il suo ben pagato team mate ha fatto abbastanza pietà. Ebbene sì, anche lui ride

GASLY

Week End dolce-amaro per il buon Pierre che prima fa una qualifica eccezionale (4° posto in Q3) e poi spreca tutto con due impeding da panico che lo costringono alla decima piazzola in griglia. Male, anzi malissimo! Forse condizionato parte altrettanto male perdendo diverse posizioni quindi decide di differenziare la strategia da Ocon ritardando tutti i pit. A dir il vero, in gara ho avuto la sensazione che l’avesse fatto per far gara insieme a Leclerc, ipotizzando il recupero di quest’ultimo che poi non c’è stato. Forse autore del più bel sorpasso di giornata a De Vries al 23° giro. Ride? Uhm… direi non molto.

NOTE DI MERITO

Tsunoda compare spesso in queste “note di merito” e Barcellona non fa eccezione. Ma solo per la gara perché in qualifica s’è fatto battere (e non di poco) da De Vries. Gara, peraltro, eccellente, corsa con il coltello tra i denti e azzoppata dalla penalità finale che, in tutta onestà m’è parsa un po’ eccessiva. Il sorpasso di Zhou non mi sembrava ancora completato e avendo dovuto stringere l’entrata alla 1 non poteva avere traiettoria granché diversa da quella che ha fatto e che ha giocoforza costretto Zhou ad allargare. Mi pareva tutto normale. O no? Purtroppo quei 5 secondi gli negano la gioia dei punti.

Piastri, oltre a conquistare in modo eccellente la Q3, per diverso tempo si è trovato a battagliare a centro gruppo e non si è minimamente scomposto.

NOTE DI DEMERITO

Sargeant continua la striscia negativa. Malissimo in qualifica (ultimo a 7 decimi dal penultimo che non dico chi era), parte dai box e corre a passo di lumaca per tutta la gara. Basti pensare che il suo personale fastest lap è stato di 1:19:247. Cioè, il suo Fastest Lap è stato più lento del più lento giro di Verstappen. Ritmo-lumaca che però lo accomuna con… Albon, altra delusione del GP.

Bottas si prende 3 decimi da Zhou in qualifica e non passa nemmeno il primo taglio. Galleggia nelle ultime posizioni per tutta la gara e ad un certo punto è pure costretto, trovatosi tra i piedi del team mate, a far da “stopper” per favorirne l’allungo. Mah!

Pare che nella lingua inglese non esista la bestemmia ma sono certo che NORRIS l’avrà inventata al momento quando si è toccato con Hamilton in curva 2. Non che potesse farci granché per com’era in quel momento la situazione però partiva terzo (qualifica eccezionale!) e poteva, anzi doveva!, capitalizzare molto ma molto meglio. Da lui ci si aspettava di più.

NOTE CHE NON SO COME CLASSIFICARE

Charles Leclerc pare non abbia parlato con il muretto dall’ultimo pit fino a fine gara. In realtà era in contatto via radio con Norris e gli stava insegnando bestemmie in francese, italiano, dialetto ligure (il monegasco ne è una variante) e modenese.

A bien tout! (si dice così anche a Montreal, giusto?)

Ed ora, se avete ancora la pazienza di proseguire la lettura, mi gioco il bonus ossia le pagelle di Montecarlo che i pressanti impegni di lavoro mi hanno impedito, ahimè, di mandare per tempo ai nostri valorosi gestori del sito.

LE NON PAGELLE DI MONTECARLO

Prima di Monaco doveva esserci Imola ma lo stesso motivo per cui il GP di Imola è stato annullato purtroppo non smette di tormentare le popolazioni colpite dal disastro delle alluvioni. A meno di 40km dal luogo da cui sto scrivendo ci sono interi comuni che vengono evacuati per rischio sanitario (!!!). Mi dicono amici in loco (Ravenna e Cesena), che peraltro ho fatto fatica a contattare nei giorni più critici visto che persino la rete cellulare funzionava a spizzichi e bocconi, che la cosa più desolante è stato vedere per giorni i supermercati vuoti. Questo particolare potrà apparire veniale (e per certi versi anche venale) in un contesto di questo tipo tuttavia può dare la misura di quanto sia stata sconvolta la vita di tutti i giorni delle migliaia e migliaia di persone che sono state così drammaticamente impattate da questo evento. La tragedia, così tristemente accompagnata, assumeva in quei giorni contorni da piaga biblica e portava il pur indomito spirito dei romagnoli in un limbo post-apocalittico che nemmeno la più morbosa fantasia di uno sceneggiatore hollywoodiano avrebbe potuto immaginare. Perché nonostante la notevole copertura mediatica non ci si rende conto a sufficienza dell’enormità di quanto accaduto: tutti, dico tutti!, i fiumi della Romagna sono esondati su gran parte del loro corso. Si è salvato solo il Reno, storico confine che distingue la Romagna dall’Emilia, che a partire dalla sua artificiosa ansa a 90° nei pressi di Sant’Agostino di Ferrara è stato saggiamente fatto sfogare prima verso il Po, attraverso il Cavo Napoleonico, e poi nelle Valli di Campotto (che in questi giorni ho personalmente visto spaventosamente moltiplicate nelle loro dimensioni acquose). Volevo, in quei giorni, recarmi a Cesena per dare una mano, armato di pala e stivali magari per diventare anche io “angelo del fango”, forse un po’ attempato ma speranzosamente animato di buona volontà. Tuttavia, le autorità appositamente contattate mi hanno fatto presente che gli accessi alla città erano limitati e senza organizzazione sarei stato solo d’intralcio. Non mi sono rattristato quanto piuttosto rincuorato: bene, ho pensato, almeno si stanno muovendo razionalmente. E poi scorgo in giro per il web foto rubate dall’interno di un negozio che ritraggono il piccolo Yuki Tsunoda alle prese con fango e melma in quel di Faenza e mi si è aperto ulteriormente il cuore. Non fosse stato per quelle foto forse non avremmo mai saputo del gesto del piccolo Yuki che così viene accomunato nel più che onorevole anonimato a tutti coloro che da giorni sono impegnati a far fronte a frangenti così difficili senza chiedere nulla in cambio. A costoro che donano il loro tempo, il dono massimamente disinteressato, gratuito nel senso più profondo della parola, perché quel tempo non verrà mai loro restituito va il mio grazie, quello più sentito e anonimo, quale io sono, quali loro, stupendamente, sono, auspicando che la normalità di cui fino a ieri non percepivamo quanto fosse piacevole viverla possa tornare presto, più salda e più forte.

Dopotutto, c’è ancora speranza.

Spero mi perdonerete questo incipit, che chiuderò con un sursum corda!

Torniamo quindi in quel di Montecarlo che ci ha regalato un gran bel week end e, in barba ad ogni “corsetta” del sabato, anche estremamente spettacolare.

Chiacchiere della vigilia e prove libere lasciavano intuire che forse nel principato la RBR non sarebbe stata dominante allo stesso modo in cui ha dominato i Gran Premi sin qui disputati sicché le speranze di un week end più combattuto del solito erano alte. E nonostante il risultato finale sembri indicare il contrario in realtà tali speranze non sono state tradite. La qualifica del sabato non ha lasciato spazio nemmeno per un sospiro: ogni sessione è stata difficilissima da interpretare per i piloti che vedevano track evolution ad ogni passaggio e sono stati quindi costretti a inventarsi precisione, velocità e continuità anche oltre quel che normalmente sono chiamati a fare. Nel Q1 in particolare tutti i piloti hanno migliorato di quasi 2 secondi i loro tempi sul giro cominciati sull’1.15/1.14 e finiti sull’1.12. Alla fine, i primi 10 usciti dalla qualifica hanno visto i loro tempi migliorati tra il best del Q1 e il best del Q3 di 1 secondo e passa con punte di circa 1.5 sec per Alonso, Leclerc e Ocon: dato interessante che dice molto sulle risorse che questi tre hanno saputo trovare. Dalla qualifica alla gara non s’è perso nulla in termini di spettacolarità. La gara è stata un vero godimento per l’appassionato: strategie, gomme, incertezza l’hanno fatta da padrone per 52 giri corsi con la spada di Damocle di una pioggia (o di una SC che sorprendentemente per Montecarlo non è mai arrivata) che alla fine è giunta copiosa a far aumentare ancora di più la frequenza cardiaca di chi assisteva tremebondo al GP e accompagnando i piloti fino all’agognato e ultimo 78° giro.

Montecarlo è così, binaria, zero/uno: o è mortalmente noiosa o è straordinariamente spettacolare. E l’edizione 2023 direi che è un bell’uno.

Ma vediamo come si sono comportati i piloti nelle NON PAGELLE DI MONTECARLO.

VERSTAPPEN

Questo ragazzo ci vuol ogni volta strappare aggettivi immaginifici. Non voglio piegarmi troppo a questa consuetudine e mi limito ad un semplice, si fa per dire, “straordinario”. Già, perché considerato che forse Montecarlo è il meno adatto GP di quest’anno per le caratteristiche di RBR (ma solo nel senso che gli è più complicato far valere i propri pregi rispetto ad altri circuiti, non che non fosse favorita), l’uscita di Perez in Q1, i maliziosi proclami di Alonso e il senso di Smilla per la neve (leggi: le ferrari che si dicevano invece più adatte delle altre al principato) lui aveva tutto da perdere. E lo sapeva. Quindi? Quindi, invece di prendersela con calma si prende rischi assurdi e sfodera una qualifica monstre con un ultimo giro, anzi, le ultime curve dell’ultimo giro in Q3 affrontate con una maestria fuori da ogni prevedibilità. Lontano di 268 millesimi da Alonso a soli 20 secondi dal traguardo non si sa come, e pure sbattendo un paio di volte sulle barriere, riesce nell’impresa di sopravanzarlo e a conquistare una pole che rimarrà negli annali. In gara, poi, ingaggia un duello a distanza con Alonso che richiama altri tempi e altri piloti. Un testa a testa di nervi e di tempi che spero non abbia entusiasmato solo me. La prudenza dei primi giri è stata probabilmente concordata con il muretto. Gira piano, gli dicono, così mettiamo Perez (partito ultimo) sulle bianche subito e gli facciamo recuperare tutto. Detto, fatto! Sennonché appena gli dicono che il diligente Perez è arrivato in coda al gruppo smette di girare in 1.19 e tira giù due secondi di ritmo. A quel punto, insieme ad Alonso, costruisce il gap che gli mette la gara in mano. Ma è proprio il duello a distanza con Alonso che entusiasma. Il vecchio volpone si tiene sempre a circa 7-8 secondi dall’olandese giocando sulla differenza di gomme e sulla possibilità che il pit differito possa consentirgli di sfruttare al meglio il finale di gara. La tensione per una SC e poi per la pioggia si acuisce di giro in giro ma Max non si scompone e riesce non solo a mantenere una costanza di ritmo irreale ma anche a fare uno stint lunghissimo con le gialle che nessuno credeva possibile. E se la costanza del ritmo è farina del suo sacco bisogna riconoscere a RBR ancora una volta lo specifico valore di una vettura che anche in condizioni ad essa meno congeniali riesce comunque ad essere gentile con le gialle quel tanto che basta per permettere a Max di reggere la tensione fino all’arrivo della pioggia. Qui, poi, la combinazione pilota-vettura-muretto ha dato il meglio di sé. Il pit al momento giusto unito alla consueta maestria di Max sul bagnato fanno il resto. Uscito con Alonso dietro di 15 secondi in pochi giri lo spinge a 25 secondi e timbra un successo che, certamente, rimarrà negli annali. In quei giri sotto il diluvio Max faceva i tempi sempre un giro o due prima degli altri (tranne uno di cui dirò sotto). Segno che vedeva tutto con l’anticipo del campionissimo. Che gli si può dire?

ALONSO

Oggi abbiamo finalmente visto Alonso ai suoi massimi livelli, che non si risparmia, che non dà la sensazione di avere qualcosa in più ma che si trattiene per insondabili motivi (quest’ultimo un mio pallino dei GP, pur straordinari per i risultati, sin qui fatti dal nostro). Il suo tempo monstre in qualifica poteva essere superato solo da un Max ancora più mostruoso. Realizza, poi, una condotta di gara strepitosa, direi persino perfetta, almeno sino all’arrivo della pioggia. L’idea di tenere Max a bagnomaria per tutto quel tempo la porta a compimento in modo meraviglioso. Perde solo qualche secondo in più intorno al 15/16 giro quando si allunga ad una dozzina di secondi di distacco ma poi si comporta persino meglio di Max con i doppiaggi riportandosi a 7/8 secondi e mantenendo questo bagnomaria per il resto della gara. L’idea strategica era ovvia nella sua esposizione: lui ha le gialle e io le bianche – lo tengo a 5 secondi e poi che sia lui a battere i denti per scegliere il momento giusto per pittare: io andrò più lungo e lui dovrà sravanare in pista con i doppiati e ci provo a vincerla, questa volta! Oppure arriva una SC e io esco con gomme migliori, gialle contro bianche e vediamo che succede. Insomma, le premesse c’erano per mettere la giusta pressione a Max e lo fa alla grande (costringendo Max, come detto sopra, a tirar fuori il meglio di sé). Ma poi? Poi arriva la pioggia, arriva la clamorosa occasione per vincerla davvero la gara! L’aveva capito, il buon Fernando. E invece gli montano le gialle! Ma perché? Non so chi sia il patrono di Oviedo ma ho idea che tutte le sue statue abbiano tremato non poco quando il contatore di giri del GP è arrivato a 53. Il tempismo era perfetto: se avesse montato le inter avrebbe avuto (almeno) un giro di vantaggio su Max quindi con la concreta possibilità di sopravanzarlo il che, a Montecarlo, significa primo posto sino al traguardo. E invece niente. Non fa in tempo a uscire dal box che capiscono di aver sbagliato. I soli 15 secondi che si ritrova come distacco da Max con un pit in più, quello giusto in cui gli montano le “inter”, danno la misura che la gara poteva essere vinta se avessero seguito l’intuizione giusta. Ma tant’è. Così è andata. Rimane comunque, la sua, una prestazione memorabile in un gp altrettanto memorabile.

OCON

Bravo, bravissimo, straordinario. Qualcuno forse ricorderà come in più occasioni io non abbia speso parole lusinghiere nei confronti di Esteban Ocon. È un pilota che non ho mai capito e di cui non sono ancora riuscito, nonostante siano ormai diversi anni che corre nel Circus, a farmi un’idea concreta delle sue caratteristiche e delle sue concrete capacità. La frequenza con cui alterna l’ottimo e il pessimo lo allontanano dal mio orizzonte del giudizio. Ma qui a Montecarlo ha fatto di tutto per farmi cambiare idea. La prestazione in qualifica è stata memorabile tanto che è passato da un best in Q1 di 1.12:967 ad un best in Q3 di 1.11:553, limando quindi ben 1.414 sec al suo tempo iniziale. Non è stato tuttavia il migliore in questo dettaglio perché meglio di lui han fatto Alonso (- 1.437) e, guarda un po’!, Leclerc (-1.441). Essere in questa affatto banale compagnia è già un gran merito e tanto per dare un metro di paragone il buon Max ha fatto -1.021 e Pierre Gasly, suo team mate, ha fatto -1.100. Fortuna audaces iuvat, dice un vecchio adagio, sicché il buon Esteban beneficia anche oltremodo dei suoi meriti grazie all’improvvida stupidaggine congiunta di Leclerc e il suo muretto nel quasi scontro con Norris lo issano al terzo posto in griglia. Non pago di tutto ciò il nostro sfodera una gara straordinaria. Per quanto migliorata la Alpine non poteva certo ambire ai primi due posti del podio ma al terzo, con una strategia ben affinata, poteva farlo di certo. E infatti, conscio di ciò, lui e il muretto concordano una mossa che a posteriori non posso far altro che applaudire: andare al rallentatore per i primi 25 giri! Come fosse un Max qualsiasi in testa a Montecarlo, semplice no? A parte le battute, l’idea è stata strategicamente ottima: creare un gap davanti a sé gli ha consentito di non essere in balia delle strategia dei primi due e, contestualmente, di bloccare il treno dietro di lui per non dare punti di riferimento strategici ai suoi diretti avversari. In pratica, se il gap con Max/Alo fosse stato tale (com’è poi accaduto) da evitare che un loro pit li portasse in mezzo al gruppo a far scompiglio allora tutto era nelle sue mani. Tuttavia, per far funzionare questa strategia a Montecarlo bisogna guidare in modo perfetto: lenti sì, ma con una precisione tale da non essere impensieriti da chi sta dietro. E Esteban ci riesce alla grandissima. Dapprima innervosisce Sainz (con annesso pericolo di foratura in quel contatto dopo il tunnel), poi illude lo stesso Sainz ed Hamilton che non riescono né in undercut né in overcut a superarlo, grazie ad un ritmo eccellente sfoderato nel momento giusto. Sono poi Leclerc e Russell, nonostante appaiano in posizioni più di rincalzo, i più pericolosi per il suo podio perché sembrano aver una strategia ancora più efficace della sua ma prima Charles sbaglia il timing per il pit sotto la pioggia e poi Russell… be’, di giorgino parliamo dopo e qui ci limitiamo a dire che anche lui sbaglia. Sotto la pioggia, poi, non si scompone nonostante dietro di lui per ben venti bagnatissimi giri la sagoma del fu mago della pioggia Lewis sia sempre ben presente. Il premio finale, meritatissimo, del podio a Montecarlo è di quelli che rimarranno punto ben fermo della sua carriera. Bravo!

NOTA: Hamilton, Russell, Leclerc, Gasly e Sainz hanno dovuto subire la strategia di Ocon sino all’arrivo della pioggia sicché i commenti che seguono sono da considerarsi nel contesto di questa situazione.

 

 

HAMILTON

C’era molta attesa per Mercedes. Avendo portato la versione quasi-B della monoposto a Montecarlo (scelta strana vista la particolarità della pista ma evidentemente erano impazienti: sai mai che vada come una scheggia?) la curiosità era altissima. Gli esiti tuttavia sono stati abbastanza incerti da giudicare. In fondo, sia in qualifica che in gara il passo relativo non ha dato l’impressione di essere molto diverso da quello che sarebbe stato con la precedente versione: se differenza c’è stata era nell’ordine di millesimi. Aspetteremo Barcellona per avere dati più concreti. Per il buon Lewis tuttavia Montecarlo si è chiusa con un buon sapore. Visto che il suo duello per il momento è limitato a quello con il rampante team mate pare evidente che questo round sia suo. Infatti prevale bene in qualifica (con ottima prestazione nei Q1 e Q2 in cui non sbaglia il momento decisivo) e con un bel passo in avanti di prestazione in Q3. La posizione finale in gara, poi, gli consente di aumentare leggermente il vantaggio su Russell in classifica accumulato grazie al secondo posto in Australia. Suo il fastest lap, ottenuto durante il tentativo di undercut su Sainz e Ocon che però non ha sortito l’effetto desiderato. Quel che ha funzionato di più è stata la sua gestione nel caotico momento della pioggia che pure, a dir il vero, aveva funzionato meglio per Giorgino (anche se… e lo vediamo dopo) grazie alla quale (e agli infelici errori dei suoi diretti competitors) riesce a guadagnare posizioni finendo subito dietro ad Ocon. Ecco, se c’è un piccolo appunto che gli si può fare è che l’Hamilton di qualche anno fa non se ne sarebbe stato dietro per 15 giri a Ocon senza tentare di fare qualche cosa in più. Se non per superarlo almeno per cercare di indurlo all’errore vista la difficile condizione della pista, condizione che nei suoi tempi migliori dominava alla grande. Ma tant’è. Questo è il Lewis di oggi, ancora grande pilota ma non certo il fenomeno degli anni migliori. Il che ci porta a dire: semmai ci fosse qualcosa di vero nelle voci che circolano da qualche giorno ma davvero in Ferrari sarebbe utile? Mah!

RUSSELL

Week end dolceamaro per Giorgino. In qualifica sempre un piccolo passo indietro (non ingannino i crono) rispetto a Lewis e incapace di imitarne la zampata in Q3. Anche la sua gara è parsa, sino all’arrivo della pioggia, abbastanza anonima. Tuttavia lui e Charles avevano in serbo la migliore strategia, insieme ad Alonso, per gestire il momento critico della pioggia. E lui, tra tutti, è stato quello che ha colto il momento migliore. A differenza di Charles e Fernando, infatti, riesce a trovare il pit nel momento giusto per passare alle “inter” e guadagnare posizioni. A quel punto avrebbe avuto la possibilità di agganciare un insperato podio ma rovina tutto con un uscita di pista al 61 giro e rientra malamente colpendo l’incolpevole Perez, doppiato, e beccandosi una penalità che ci stava tutta (unsafe rejoin). Quindi? Quindi malino ma non troppo visto che comunque, di questi tempi, il 5 posto per questa Mercedes è roba buona.

LECLERC

Che dire del buon Charles? Nonostante Montecarlo sia casa sua non mi è mai parso granché a suo agio corrervi dentro. Sia nelle categorie minori che in F1 non ha mai brillato (quantomeno non nel modo in cui solitamente brilla in altri circuiti). Evidentemente è un circuito che non digerisce. Tuttavia il suo talento è tale che non bisogna mai darlo per vinto. E infatti sfodera una qualifica eccellente, come suo solito, che solo le straordinarie corrispondenti prove di Max e Fernando fanno sì che lo releghino al terzo posto. Quel che tuttavia condiziona tutto il suo week end accade nel suo giro di rientro quando commette un’enorme ingenuità percorrendo il tunnel in traiettoria così trovandosi a danneggiare il povero Norris (al suo ultimo giro veloce) con un “impeding” grande come una casa. Certamente il muretto poteva, e doveva!, avvertirlo per tempo ma lui, ripeto: nel suo giro di rientro!, deve prendersi le sue importanti responsabilità: non aveva senso stare in traiettoria in quella fase. Peccato. Perché in gara aveva preparato una strategia migliore di quella di Sainz e per qualche giro, verso il 50, ho pensato che avesse anche lui, come Russell, la possibilità di giocarsi il podio con Ocon. Purtroppo la Ferrari di ieri torna ad essere (o continua ad essere) la mangia-gomme di inizio stagione e quando intorno a metà gara si è trovato pista libera ha potuto tenere un buon ritmo solo per pochi giri prima che le gomme andassero a schifìo. Costretto a mettere le gialle prima del tempo si è poi ritrovato invischiato nel caos dei cambi con le inter riuscendo quantomeno a sopravanzare l’errante Sainz. Ma non è andato granché bene nemmeno sotto la pioggia visto che non è mai stato in grado di impensierire il penalizzato Russell. Stabilizzato il caos dei pit per la pioggia (più o meno dal 62° giro in avanti) tra Ocon e Charles c’erano circa 11/12 sec ma si è sempre più distaccato arrivando a 25 sec e minacciato negli ultimi giri da Gasly. Da rivedere.

GASLY

Il miglioramento dell’Alpine, già menzionato negli ultimi due GP, viene confermato anche da Gasly che paga lo scotto di una qualifica leggermente meno brillante di quella di Ocon. Il suo settimo posto in Q non beneficia della penalità di Charles a cui si accoda più o meno per tutta la gara. Chiude in crescendo sotto la pioggia tenendo sotto pressione CLC, senza commettere errori.

SAINZ

Monaco non sarà ricordata come la miglior gara di Sainz. Del resto, come si fa a non dargli un voto negativo quando arranca in qualifica rispetto a Leclerc (non ingannino i crono: CLC andava in relativa scioltezza mentre Sainz mi è apparso sempre in affanno) e fa una gara insolitamente nervosa? La penalità di Leclerc lo fa avanzare in griglia ma non ne approfitta granché. Commette quell’errore su Ocon all’11° giro che gli danneggia leggermente l’ala anteriore. Più tardi fa un tentativo di overcut mal gestito (più colpa del muretto che sua, onestamente) poi fa un erroraccio sotto la pioggia che lo fa precipitare in una per lui mesta ottava posizione che, in futuro, non ricorderà certo con piacere. Sia chiaro, comunque, che per lui e Charles come per i due mercedes quasi tutto il negativo che esce dal loro volante passa per la frustrazione di non avere una vettura che consenta di poter competere per il massimo risultato.

NORRIS

Week end gagliardo del buon Lando che trova una McLaren semi-decente (oppure non-così-penosa, fate voi) e la fa rendere al meglio. In qualifica non commette errori e si porta agevolmente in Q3. Non sappiamo se il pasticcio di CLC sotto il tunnel gli abbia impedito di trovare un crono tale da portarlo molto più avanti in griglia ma tant’è. Parte costretto a seguire Tsunoda il quale non regge il ritmo del gruppo che andava da Ocon (3°) a Russell (8°) creando via via un gap che al 22° giro è già di circa 10 secondi dalla settima posizione. Si stacca a sua volta di circa 4-5 secondi da Tsunoda, non so, onestamente se per scelta (tipo Alonso con Max) o se non ne aveva. Galleggia dentro e fuori la zona punti a causa del fatto che tra pit e doppiaggi subiti non riesce a tenere un ritmo costante. Poi la sua gara cambia quando arriva la pioggia.  In quei venti giri sotto la pioggia Norris è stato l’unico ad avere un ritmo pari, se non addirittura migliore, a quello di Verstappen! La progressione di crono che ha fatto è stata spettacolare. I commentatori in tv, notando che per un paio di giri Piastri era con lui hanno fatto battute sul fatto che la McLaren fosse settata per la pioggia (e non è da escludere: lì dietro potrebbero aver scommesso sul suo arrivo ben prima del 52° giro) ma Piastri era lì solo perché Norris aveva dovuto pittare due volte (contro l’unica di Piastri) e poi liberarsi di Tsunoda (rimasto senza freni). Una volta superato Tsunoda Lando se n’è andato anche da Piastri seguendo, di fatto seppur doppiato, Max ed anzi avvicinandolo! Già Monaco lima un poco le differenze tra le vetture ma se poi arriva la pioggia allora è il manico a farla da padrone. E in quanto a manico Lando pare abbia ben poco da invidiare a chiunque. Com’era la storia del “date una macchina a questa ragazzo”?

PIASTRI

L’ultimo a punti è proprio il Piastri citato poco fa. Rimane fuori da Q3 eliminato proprio dal suo team mate ma ha il pregio di stargli a soli 18 millesimi. Ottimo. In gara galleggia anche lui intorno alla zona punti e come Russell riesce a centrare l’unico pit passando direttamente alle “inter” nel momento giusto il che gli consente di accodarsi al suo team mate e aggrapparsi alla zona punti. Si comporta bene sotto la pioggia evitando errori che per un rookie come lui erano dietro ogni angolo. A differenza di quanto detto dai commentatori non ha lo stesso ritmo di Lando ma va comunque molto bene. Bravo.

NOTE DI MERITO

Tsunoda fa una qualifica eccellente e tiene tutti dietro fino all’arrivo della pioggia. Punti mondiali e applausi scroscianti erano già pronti per lui. Purtroppo però pare che in quelle condizioni la sua macchina fosse inguidabile. La domanda che mi pongo è: lo era davvero? (sosteneva di essere senza freni) oppure è lui che non è capace in quelle condizioni (da non escludere: è ancora un pischello)?. Ai noti posteri l’ardua sentenza.

Bottas. Decente in qualifica (almeno prende la Q2 e stacca Zhou non di poco) e un po’ anonimo in gara riesce tuttavia a muoversi bene sotto la pioggia anche lui grazie al pit azzeccato e ricordandosi che ai tempi della Williams era considerato uno dei migliori prospetti del mondiale, proprio sotto la pioggia, grazie al successivo ottimo ritmo che lo porta a staccare quelli che aveva dietro grazie a tempi comparabili con quelli dei migliori. Bene.

Devries in generale non è che abbia meritato granché ma almeno è andato in Q2 e in una gara così difficile come Montecarlo è riuscito a non sfigurare facendo quantomeno vedere che era della partita. Insomma, forse per la prima volta quest’anno ha fatto vedere di meritarsi il sedile che occupa. Speriamo, per lui, che questa gara possa essere un buon viatico per un miglior proseguimento della stagione.

NOTE DI DEMERITO

Sargeant sta continuando la striscia negativa. Si prende mezzo secondo (a montecarlo!) da Albon (insolitamente anonimo) in qualifica e in gara è il più lento di tutti, e di gran lunga!, con un ritmo semplicemente ridicolo fino alla pioggia.

Stroll, che ve lo dico a fare?, oltre a una pietosa qualifica che termina al 14° posto quando il suo compagno si stava giocando la pole (!!) riesce nell’impresa di fare una gara ancora più disastrosa. La sua sfortuna è stata anche quella di trovarsi dietro ad un cagnaccio come Magnussen per mezza gara e almeno, oltre ad andar piano, hanno fatto vedere un bel duello. Si stampa da solo appena arriva la pioggia (solitamente suo terreno di caccia): unico riuscito nell’impresa. Mah!

NOTA DI DIVERTIMENTO: ma il muretto di Magnussen si è accorto che pioveva?

NOTA DEL MISTERO: alcuni piloti invece delle “inter” hanno messo le “full wet” e andavano pianissimo nonostante per una decina di giri le condizioni della pista sembrassero proprio ottimali per loro. Mi chiedo come mai (e non è la prima volta).

NOTA CHE DI PEREZ E’ MEGLIO CHE NON PARLI E MI LIMITO AD UNA DIABOLICA RISATA

 

Metrodoro il Teorematico

LA STORIA DELLA FERRARI 312T: 1977 (ULTIMA PARTE)

Finito il GP degli USA le macchine vengono caricate su diverse bisarche che aggirano il lago Ontario per giungere al vicino Mosport Park dove si corre già la domenica seguente. La vittoria nel Mondiale Piloti non placa la “guerra fredda” tra Ferrari e Lauda. Il Drake, a differenza della dirigenza FIAT, non manda il classico telegramma di congratulazioni all’austriaco il quale mette in dubbio la sua partecipazione al GP del Canada. Secondo Lauda il debutto di Villeneuve sulla terza T2 (il muletto) e il licenziamento dei suoi fidati collaboratori Cuoghi e Ghedini mettono a rischio la sua sicurezza, l’efficienza e la serenità della squadra. Ferrari manda in Canada due ulteriori motori e altri due meccanici per far fronte al maggiore impegno ma il venerdì mattina, prima delle prove, Lauda chiama Nosetto per dire che non correrà. Il DS avvisa Maranello da dove viene diramato un comunicato stampa.

Il tracciato di Mosport Park è tanto bello e difficile quanto disastrato e pericoloso. Ogni anno i piloti si lamentano per le pessime condizioni dell’asfalto e dei guardrail e per la mancanza di protezione per gli spettatori ma anche questa volta l’organizzazione non ha speso un solo dollaro per migliorare la situazione. Ecclestone convince i piloti a non mettere in atto iniziative ostili in cambio della promessa di non tornare più su questo tracciato in futuro.

La vittoria ottenuta al Glen ha confermato la bontà del progetto M26 e aumenta il rammarico per non averlo sviluppato prima (oltre alle rotture di motore patite a Hockenheim e Zeltweg). Hunt vuole finire il Mondiale in bellezza così come Mass.

C’è grande imbarazzo alla Tyrrell dopo la pessima prestazione statunitense. Peterson è stato accusato di scorrettezze da Jones, Nilsson e Laffite mentre Depailler ha dichiarato di non aver mai guidato una P34 così orrenda.

Fallita la doppietta USA Ovest e USA Est, Andretti punta alla vittoria anche in Canada. Nilsson vuole uscire dalla crisi di prestazioni e risultati che lo affligge da dopo Silverstone.

La stagione della Brabham-Alfa si trascina faticosamente verso il termine dopo l’ennesimo disastro tecnico e tattico. Stuck deve usare il muletto perché non c’è tempo per riparare la sua BT45/3 incidentata a Watkins Glen.

Situazione più complicata alla March dopo che Ian Scheckter ha messo fuori uso la sua 771/2 a causa di un’uscita di pista in gara per cui viene spedita in Canada la scocca della 771/1, usata solo durante le prove a Zolder.

Come annunciato, Lauda non si presenta al circuito per cui Reutemann e Villeneuve sono gli unici rappresentanti della Ferrari. Il canadese è ovviamente il più atteso dal pubblico di casa ed è giustamente euforico. Il suo capomeccanico è Paolo Scaramelli, promosso al ruolo dopo la cacciata di Cuoghi.

Danny “On-the-gas” Ongais ci riprova con la sua Penske. Al Glen, nei primi giri sul bagnato, aveva entusiasmato il pubblico recuperando dall’ultimo al 15° posto prima di girarsi e urtare il guardrail nel tentativo di superare Depailler.

La Michelin ha portato nuovi tipi di gomme per la Renault.

Rientra in squadra Patrese per cercare di sfruttare il potenziale della DN8/6A portata al debutto negli USA da Jarier mentre la squadra deve approntare per Jones la vecchia scocca del padovano perché quella danneggiata al Glen è troppo malridotta.

Nessuna novità in casa Surtees con Brambilla sereno in compagnia del team manager Peter Briggs.

Walter Wolf affronta per la prima volta il GP di casa con una squadra tutta sua (anche se con sede in Inghilterra) e punta a recuperare il secondo posto in entrambe le classifiche (Scheckter è stato scavalcato da Andretti e anche la McLaren si è messo alle spalle la scuderia di Reading).

I due quinti posti di Regazzoni a Monza e al Glen hanno ridato un po’ di fiducia alla Ensign, nonostante le sfortunate prestazioni di Tambay.

Alla Hesketh ci sono grandi speranze per Keegan, molto vicino alla zona punti negli ultimi due GP e anche Ashley è appena riuscito a conquistare la prima qualificazione dell’anno al GP degli Usa East.

Laffite e la Ligier cercano riscatto dopo due gare avare di soddisfazioni dal punto di vista del risultato ma non delle prestazioni.

Ultima gara della stagione per Patrick Neve e per la Williams Grand Prix Engineering.

Chiusura di stagione con una gara di anticipo anche per Fittipaldi e la sua squadra.

Stesso discorso per Brett Lunger e la BS Fabrications che scelgono di non spendere i soldi per la trasferta finale in Giappone.

Le prove cominciano in una bella giornata di sole con Andretti e Hunt che sono i più veloci fin da subito ma sul finire della prima sessione i tempi passano in secondo piano in seguito al grosso incidente di cui è protagonista Ian Ashley. Nel lungo rettilineo vallonato che riporta verso il traguardo, la Hesketh prende aria in cima a un dosso, vola oltre il guardrail e rimbalza sul terreno più volte abbattendo il traliccio di una postazione televisiva (fortunatamente ancora vuota) dopo aver perso il motore. Ashley rimane imprigionato con i piedi dentro alla monoscocca e servono oltre 40 minuti ai soccorritori per liberarlo. Il pilota viene ricoverato al centro medico del circuito per le prime verifiche in attesa dell’elicottero di soccorso che non è presente sul tracciato e arriva solo oltre un’ora più tardi e questo scatena ulteriori polemiche nei confronti dell’organizzazione. Ashley riporta la frattura di entrambi i polsi e delle caviglie e conclude così bruscamente la sua breve carriera in F1.

A 5 minuti dal termine della sessione pomeridiana Villeneuve perde il controllo della T2 alla staccata della curva Moss e sbatte contro il guardrail costringendo i meccanici a un lavoro supplementare. Nessun danno per il pilota.

La prima giornata di prove si chiude con Andretti davanti a Hunt. Alle loro spalle ci sono Peterson, Nilsson, Mass, Depailler, Jones e Patrese che inaspettatamente si mettono alle spalle i più attesi Scheckter, Watson, Laffite e Reutemann. Villeneuve è solo 17° con grossi problemi di adattamento.

Il sabato piove e solo pochissimi temerari scendono in pista per cui lo schieramento è determinato dai tempi del venerdì, esattamente come al Glen. Mario Andretti ottiene così l’ottava pole position.

Questa volta l’unico non qualificato è Jabouille che ha rotto due motori e ha girato pochissimo, pur entrando in pista il sabato sotto la pioggia con un inedito casco rosso. La Renault chiude il campionato in Canada rinunciando alla trasferta in Giappone.

La domenica mattina scende un altro scroscio d’acqua per cui i piloti svolgono il warm-up con gomme da bagnato anche se non è prevista pioggia per la gara. Depailler usa un casco bianco di riserva per preservare quello da gara.

Il servizio meteorologico azzecca la previsione e la pioggia smette di cadere un paio d’ore prima della partenza.

Le 25 monoposto scattano alle 14:30 e Andretti prende decisamente il comando davanti a Hunt, Nilsson e Mass. Reutemann e Villeneuve sono a centro gruppo.

Andretti e Hunt prendono subito un leggero vantaggio sugli inseguitori e al termine del primo giro precedono Mass, Nilsson, Patrese, Depailler, Peterson, Watson e Scheckter. Il pilota della Brabham cerca di passare Peterson che però non gli agevola la manovra, il musetto della BT45 si rompe e l’irlandese è di nuovo fuori gara dopo un solo giro.

Depailler e la Tyrrell sono finalmente in giornata di grazia. All’inizio del secondo giro il francese supera Patrese e al quinto passaggio scavalca Nilsson portandosi al quarto posto.

Anche Scheckter recupera posizioni dopo una qualifica mediocre. La WR1 sembra essere a punto e al 10° giro si porta in sesta posizione davanti a Patrese, Peterson, Reutemann e Jones.

Al 18° giro Nilsson si trova col pedale dell’acceleratore bloccato al massimo in fondo al rettilineo di ritorno, riesce con freddezza a scalare le marce e a buttare la Lotus in testacoda per fermarsi tra le reti di contenimento senza riportare danni fisici.

Due giri più tardi si ritira anche Reutemann per un problema alla pompa della benzina, subito dopo aver soffiato a Depailler la quinta posizione.

Dopo un quarto di gara Andretti e Hunt hanno un grande vantaggio su Mass che tiene Scheckter a distanza di sicurezza.

Alle spalle dei primi quattro c’è un gruppetto con Depailler, Patrese, Jones e Brambilla in lotta ravvicinata per il quinto posto.

Hans Binder viaggia in ultima posizione con la Surtees ed è una vera e propria chicane mobile. Al 33° giro Keegan si appresta a doppiarlo ma l’austriaco non capisce la manovra, le ruote si agganciano e la Hesketh vola ricadendo pesantemente sulle 4 ruote. Binder è illeso mentre Keegan ha una caviglia rotta e fatica a scendere dalla monoposto che è rimasta pericolosamente in traiettoria. I commissari lo soccorrono goffamente aumentando il dolore e la paura del pilota inglese che viene adagiato sul prato oltre il guardrail. La Hesketh torna a Easton Neston con entrambe le macchine da rottamare.

Andretti sembra tenere a bada Hunt senza problemi fino a quando, a due terzi di gara, la coppia di testa si appresta a doppiare la McLaren di Mass che si trova in terza posizione.

Il tedesco è nettamente più lento e non esita a ostacolare Andretti che deve mettere due ruote fuori pista. Hunt ne approfitta e lo supera portandosi al comando. A questo punto l’ex Campione del Mondo deve doppiare il compagno di squadra, il quale potrebbe dare un’ulteriore mano a Hunt rallentando ulteriormente Andretti e invece succede l’esatto contrario. Alla curva Quebec Mass si sposta per far passare il collega ma questi si è già spostato dalla stessa parte e finisce per tamponare la M26 del tedesco mandandola in testacoda.

Mass riesce a ripartire mentre Hunt sbatte frontalmente contro il muretto ed è fuori gara. Decisamente alterato per l’accaduto, l’inglese scende dalla M26 incidentata e viene richiamato da un commissario che lo invita ad allontanarsi in una zona più sicura ma Hunt reagisce atterrando il malcapitato con un diretto destro di ottima fattura per poi scusarsi pochi istanti più tardi. Il pilota dovrà poi pagare una multa di 2000 dollari (7500 euro).

Andretti è ora al comando con un giro di vantaggio su Scheckter, Depailler e Brambilla che ha superato Patrese. Mass è sesto dopo essersi fermato ai box per verificare che fosse tutto a posto e precede Jones, Villeneuve, Tambay e Lunger.

L’ultimo quarto di gara sembra non avere storia, con le posizioni decisamente definite. Andretti rallenta e lascia sdoppiare Scheckter ma a soli 3 giri dalla conclusione il DFV della sua Lotus esplode nella curva che precede l’ingresso dei box e all’italoamericano non resta che rientrare lentamente e ritirarsi.

Jody Scheckter si ritrova così al comando con un vantaggio di 7 secondi su Depailler, seguito da Brambilla e Patrese ma la Lotus ha perso parecchio olio prima dell’ingresso dei box e il primo a farne le spese è proprio il padovano della Shadow che scivola e va a sbattere contro il rottame della Hesketh di Keegan, sempre ferma a bordo pista, senza riportare ferite. Al giro successivo è il turno di Brambilla seguire la stessa sorte del connazionale perdendo un terzo posto praticamente acquisito.

L’olio di Andretti continua a mietere vittime con Ongais che si gira ma riesce a non finire nel mucchio delle vetture incidentate e si rimette in marcia.

L’ultimo a sbandare sull’olio di Andretti è Villeneuve. Anche il canadese evita il botto ma al momento di ripartire esagera col gas e rompe un semiasse, rinunciando a terminare il GP e aiutando il commissario a mettere la T2 fuori dalla traiettoria.

Scheckter vince così il terzo GP dell’anno con la Wolf (tutti con la WR1) davanti a Depailler, Mass, Jones e Tambay mentre Brambilla viene classificato sesto.

Una bella soddisfazione per il petroliere austrocanadese che vede riavvicinarsi il secondo posto nella classifica piloti nell’anno del debutto in F1. Nella Coppa Costruttori la Wolf approfitta del suicidio collettivo McLaren per tornare al terzo posto dietro a Ferrari e Lotus quando manca l’ultima gara della stagione: il GP del Giappone

L’ultima gara del Mondiale 1977 si corre in Giappone con un parco partecipanti decisamente ridotto. I Campioni del Mondo Lauda e Fittipaldi non si presentano, il primo in contrasto con la Ferrari e il brasiliano che preferisce effettuare test in Gran Bretagna. Mancano anche la Renault, la Hesketh (che ha rottamato due monoposto e non ha piloti disponibili) e tutte le piccole squadre non ufficiali.

James Hunt è al suo ultimo GP col numero 1 sulla M26 ricostruita dopo l’incidente in Canada e Mass saluta la McLaren e le sue migliori stagioni in F1.

Ultima uscita per la Tyrrell a 6 ruote. Il progetto affascinante e futurista di Derek Gardner (sfruttato poi dai cartoonist giapponesi) deve fare i conti con la realtà industriale che impone alla Goodyear di non disperdere energie nello sviluppo delle gomme da 10”. Gli stampi saranno poi acquistati dalla Avon che continuerà a produrre pneumatici utilizzati nei decenni successivi nelle gare Turismo sulle FIAT 500 e 126 Gruppo 5.

La vittoria sfumata a Mosport Park a soli 3 giri dalla fine non deprime Andretti e la Lotus che, anche in virtù della vittoria del 1976, si preparano a dovere per contendere a Scheckter e alla Wolf il secondo posto nella classifica piloti. In questa occasione la vettura di Nilsson è verniciata con le due tonalità di rosso del pacchetto di sigarette Imperial, marchio che fa capo al gruppo proprietario della JPS e ha più visibilità in Giappone.

Si conclude la seconda annata deludente per la Brabham Alfa Romeo. Nonostante l’evoluzione del motore Autodelta, i risultati sono migliorati (4 podi contro nessuno del 1976) ma non abbastanza in proporzione allo sforzo profuso. Ora si attende l’arrivo di Lauda per dare una svolta definitiva.

La March è alla sua ultima apparizione nel Circus ma sarà rappresentata dal solo Ribeiro in quanto Ian Scheckter, probabilmente a causa di un errore organizzativo, non fa parte dell’elenco consegnato agli addetti all’immigrazione per cui viene bloccato all’aeroporto di Haneda, presso Tokyo. L’intervento della FOCA e degli organizzatori non sortiscono l’effetto sperato e così il pilota sudafricano non può fare altro che tornare in Gran Bretagna e rinunciare al quello che sarebbe dovuto essere il suo 19° e ultimo GP di F1.

Lauda ha chiuso la sua stagione prima di Mosport per cui la Ferrari porta in Giappone solo due monoposto per Villeneuve e Reutemann. Per l’occasione il canadese passa dal numero 21 al numero 11. Sull’abitacolo viene riportato solo il nome di battesimo composto col nastro adesivo bianco.

Anche la Shadow arriva al Fuji rimaneggiata. La DN8/6A, che aveva partecipato a soli due GP, è andata distrutta nell’incidente di Mosport Park per cui Patrese deve accontentarsi del muletto mentre Jones dispone della DN8/5A che gli è valsa il quarto posto in Canada.

Alla Surtees hanno lavorato sodo per rimettere in sesto le due TS19 fracassate due settimane prima da Binder e Brambilla.

La Wolf sfoggia sulla carenatura il terzo lupo a rappresentare le vittorie ottenute oltre all’estemporaneo sponsor giapponese Tamiya, azienda produttrice di automodelli statici e radiocomandati.

Clay Regazzoni, dopo lo sfortunato ritiro di Mosport Park, vuole ribadire le ottime prestazioni di Monza e Watkins Glen e anche Tambay ha intenzione di confermare il quinto posto conquistato in Canada dopo 4 corse concluse anzitempo.

La Ligier schiera per la prima volta due monoposto, una ovviamente per Laffite e l’altra per Jean-Pierre Jarier, in vista di un probabile accordo per il 1978.

Il lotto di soli 20 partecipanti viene implementato da tre piloti giapponesi.

Il primo è il 37enne Kunimitsu Takahashi, vera e propria leggenda nazionale in quanto primo vincitore di una gara del Motomondiale in sella a una Honda (250) a Hockenheim nel 1961.

Per il suo debutto in F1, Takahashi viene ingaggiato dal Muritsu Racing Team che ha rilevato la Tyrrell 007 usata da Kazuyoshi Hoshino nel 1976, modificandola con il radiatore dell’olio spostato sul musetto e una presa d’aria dinamica per il motore ispirata a quella della Lotus 78. La vettura monta gomme Dunlop.

Chiude l’elenco degli iscritti la Kojima con due KE009. Quella ufficiale è riservata a Noritake Takahara.

 

La seconda è invece gestita dalla Heroes Racing di Hiromu Tanaka per Kazuyoshi Hoshino.

Entrambe le Kojima montano ammortizzatori a gas della KYB, con i relativi serbatoi visibili nella parte posteriore della vettura, e gomme Bridgestone.

Durante la conferenza stampa del giovedì, Hunt si presenta scalzo e annuncia che vincerà il GP.

L’atmosfera è decisamente di grande relax, tant’è che la prima sessione del venerdì viene annullata per la mancanza del medico del circuito. Ecclestone ci mette una pezza facendo fare un’unica sessione da 2 ore nel pomeriggio al termine della quale Andretti e Hunt sono di nuovo i più veloci, con un secondo su Watson, Stuck, Reutemann e il sorprendente Hoshino con la Kojima.

Villeneuve è in grande difficoltà con l’assetto della T2 e non va oltre il 19° tempo (quintultimo).

Nell’ora cronometrata del sabato Andretti e Hunt non riescono a migliorare il loro tempo ma riescono a mantenere le posizioni acquisite perché nessuno è più veloce di loro. Watson riduce il distacco da 97 a 26 centesimi e mantiene la terza posizione davanti al compagno di squadra Stuck. Laffite sale al quinto posto davanti a Scheckter, Reutemann e Mass. Villeneuve migliora il suo tempo ma perde una posizione in griglia ed è solo 20°. Alle sue spalle solo Binder, Takahashi e Ribeiro. Per Andretti è la nona pole in F1, la settima dell’anno.

Questa volta il meteo non fa scherzi e la gara si disputa in una splendida giornata di sole.

Hunt scatta benissimo al semaforo verde mentre Andretti sbaglia completamente la partenza creando scompiglio e facendosi superare da diverse monoposto.

Alla prima curva ha già un vantaggio rassicurante su Scheckter, Mass, Regazzoni, Watson, Stuck e Laffite. Andretti è solo ottavo davanti a Reutemann e Hoshino.

Andretti cerca di recuperare le posizioni perse e a metà del secondo giro cerca di superare Laffite all’esterno del curvone che porta verso il tornante dietro ai box. Contemporaneamente il francese si sposta a sua volta per attaccare Stuck, Andretti non riesce a evitare la collisione con la Ligier e finisce contro il guardrail.

La ruota posteriore sinistra della Lotus si stacca nell’urto contro le barriere e rimbalza in pista mentre sopraggiungono gli inseguitori. Binder frena violentemente per evitarla e viene tamponato dalla Kojima di Takahara.

Gara finita per tutti e tre.

Con Andretti fuori causa, Hunt non ha rivali e aumenta il suo vantaggio del terzetto formato da Scheckter, Mass e Watson che ha scavalcato e staccato Regazzoni. Ancora più indietro c’è un gruppetto agguerrito composto da Stuck, Reutemann, Brambilla, Laffite, Patrese, Nilsson e Jones.

Villeneuve è in quindicesima posizione, alle spalle di Peterson. All’inizio del sesto giro il canadese sbaglia la frenata in fondo al lungo rettilineo e tampona la Tyrrell. La T2 decolla sulle ruote posteriori e comincia a rimbalzare sull’asfalto a grande velocità.

La monoposto continua la sua folle corsa e, terminata la pista, si dirige verso la via di fuga che però, nonostante sia vietata al pubblico, è affollata da spettatori e fotografi protetti unicamente da vecchi pneumatici accatastati sull’erba.

La folle corsa della Ferrari si conclude oltre le gomme dopo aver travolto molte persone. Il fotografo 25enne Kazuhiro Ohashi e il commissario di percorso (volontario) 21enne Kengo Yuasa perdono la vita. Altri 8 spettatori rimangono feriti Gilles Villeneuve esce incredibilmente illeso dal rottame della T2 e torna ai box a piedi mentre sul luogo dell’incidente arrivano le ambulanze e mezzi di soccorso.

La corsa continua normalmente nonostante la tragedia. Hunt aumenta il suo vantaggio mentre Scheckter è in difficoltà con l’assetto sottosterzante della Wolf e viene superato sia da Mass che da Watson che si insediano così al secondo e terzo posto.

 

L’impasto dell’asfalto del Fuji contiene anche la lava dell’omonimo vulcano che è molto abrasiva e il primo a farne le spese è Stuck che viene superato da Reutemann e al 24° giro rientra ai box per sostituire le gomme anteriori completamente rovinate.

Cinque giri più tardi c’è un doppio colpo di scena col contemporaneo ritiro di Mass e Watson per guasti tecnici (rispettivamente motore e cambio).

Ora Hunt ha 28 secondi di vantaggio su Scheckter, Regazzoni, Reutemann, Nilsson, Laffite, Jones e Depailler.

Al 34° passaggio lo splendido Regazzoni approfitta della scarsa maneggevolezza della WR3, supera Scheckter e si porta al secondo posto.

Il pilota sudafricano è sempre più in difficoltà con le gomme che perdono pezzi di battistrada, viene raggiunto e superato da Reutemann e al 43° giro si ferma ai box per montare gomme nuove e modificare l’incidenza dell’alettone posteriore per contrastare il sottosterzo.

La bellissima corsa di Regazzoni si conclude al giro successivo quando la pressione dell’olio del suo DFV si azzera e lo svizzero si ferma al tornantino dietro ai box.

Intanto Jacques Laffite, dopo una partenza tranquilla, ha rimontato dal nono posto e al 48° giro scalza Reutemann dal secondo posto appena acquisito.

La gara di Jarier invece è finita dopo appena 3 giri per un problema al motore.

Alle loro spalle Gunnar Nilsson difende caparbiamente la quarta posizione dagli attacchi di Jones e Depailler ma il cambio della sua Lotus comincia ad indurirsi in maniera preoccupante. Lo svedese deve così cedere il passo a entrambi e a 10 giri dal termine rientra ai box col cambio bloccato e si ritira. Nel dopogara Nilsson ha una forte emorragia al naso e un senso di nausea. Nessuno immagina che questa è stata la sua ultima corsa.

A 5 giri dal termine Depailler riesce a scavalcare Jones per portarsi al quarto posto.

I colpi di scena non sono ancora finiti perché Laffite rimane senza benzina proprio nel corso dell’ultimo giro e deve rinunciare a un ottimo secondo posto. James Hunt vince il suo decimo e ultimo GP di F1, il terzo con la M26, con oltre un minuto di vantaggio su Reutemann, Depailler e Jones. Laffite viene classificato quinto, primo dei doppiati, davanti a Patrese che conquista il suo primo punto mondiale. Scheckter fa segnare il giro più veloce al penultimo passaggio ma chiude al decimo posto.

Hunt si cambia in fretta nei box e abbandona immediatamente il circuito insieme a Watson senza nemmeno salire sul podio, facendo imbestialire pubblico e organizzatori.

Reutemann è presente in autodromo ma è sofferente alla schiena e, dopo aver atteso la decisione di Hunt, decide di sottoporsi a un massaggio ristoratore. Rimane così il solo Depailler che sale sul terzo gradino del podio in compagnia della sua Gauloises Caporal d’ordinanza. A fargli compagnia in sostituzione di Reutemann il sempre gioviale Vittorugo Tramonti della Marelli che si presta volentieri per brindare insieme al francese.

Si conclude così la stagione più lunga del Mondiale dalla sua inaugurazione (17 GP disputati) Lauda e la Ferrari non sono stati i più veloci in assoluto ma sono stati sicuramente i più abili e affidabili contrastando piloti e monoposto come la Wolf, la McLaren e soprattutto la Lotus che hanno pagato a caro prezzo gli errori dei piloti e la fragilità dei motori Cosworth.
A Maranello, nonostante il doppio trionfo, si rende necessario un chiarimento interno. I media italiani non perdonano a Villeneuve le pessime prestazioni di Mosport Park e soprattutto il catastrofico incidente del Fuji. Il canadese viene giudicato acerbo e inadatto alla massima categoria dell’automobilismo sportivo. Enzo Ferrari incarica il fido Franco Gozzi di disporre nel cortile della Scuderia i resti della T2 distrutta in Giappone per mettere Gilles davanti al disastro da lui compiuto, con l’avvertimento che un altro errore così gli sarebbe costato il posto. Il 25enne di Chambly avrà imparato la lezione?

 

Giovanni Talli

LA STORIA DELLA FERRARI 312T: 1977 (SETTIMA PARTE)

Il giorno seguente all’annuncio della fine del rapporto tra la Ferrari e Lauda, la Scuderia è a Monza per ulteriori prove in preparazione del GP d’Italia. La pioggia ne ostacola il regolare svolgimento così Lauda, assediato dai tanti giornalisti presenti nella corsia box, decide di raccontare la sua verità sulla situazione venutasi a creare.

Con queste parole l’austriaco fa capire come la mancanza di fiducia dimostrata dalla Ferrari nei suoi confronti dopo l’incidente del Nürburgring (prima la fretta di sostituirlo con Peterson o Fittipaldi mentre era in fin di vita, poi la promozione di Reutemann a prima guida) gli abbia fatto covare un rancore tale da fargli rifiutare anche un’ultima importante offerta economica da parte del Drake. “È come un amore che finisce. Dopo tanti anni con una donna ti accorgi che ha le tette flosce e non l’ami più e la separazione è inevitabile”. Lauda sottolinea di essere rimasto in buoni rapporti con Ferrari ma non con una parte della squadra, riferendosi esplicitamente a Forghieri (ma anche a Nosetto e Tomaini), colpevole di riportare al Vecchio cose non corrette nei suoi confronti.

L’indomani torna a splendere il sole e i piloti presenti (Reutemann, Lauda e Scheckter) tornano al lavoro. Il folto pubblico sulle tribune è diviso tra i laudisti che incoraggiano il quasi due volte Campione del Mondo e i ferraristi che lo accusano di aver abbandonato il Mito per i soldi. Lauda commenta la situazione con sarcasmo: “Vedremo dove sarà la Ferrari fra 2 anni e dove sarò io”.

Mentre la squadra si prepara per il GP d’Italia, a Maranello non si perde tempo. Eddie Cheever è in fabbrica per “fare il sedile” in vista della gara di Imola ma la vera novità è un fatto già accaduto. Il sempre stimato Chris Amon ha confermato a Enzo Ferrari che quel Gilles Villeneuve, che condivide con lui lo sviluppo della Wolf-Dallara Can-Am, è davvero un diamante grezzo con un potenziale enorme. La settimana di Zandvoort parte una telefonata e il piccolo canadese si affretta ad attraversare prima l’Atlantico e poi, a bordo di una 131, lo storico ingresso di Via Abetone Inferiore nel tardo pomeriggio di lunedì 29 agosto, pochi minuti dopo l’incontro tra Lauda e Ferrari. Durante il colloquio il Drake pronuncia la frase che lascia Gilles di sasso: “Quanto vuole per essere felice e correre con noi?”.

Intanto John Watson effettua il primo vero test con la nuova BT46 a Silverstone. La prova viene fatta a porte chiuse per i giornalisti mentre è consentito l’accesso a un fotografo per cui non ci sono riscontri per quanto riguarda la comparazione dei tempi con la BT45B.

John Surtees fa provare la TS19 a Lamberto Leoni che scende in pista a Brands Hatch in vista del probabile debutto in F1 a Monza, dal momento che Vern Schuppan ha lasciato la squadra di Edenbridge. Il 24enne romagnolo non è completamente digiuno di F1 avendo partecipato al programma di formazione per giovani piloti affidato nel 1975 dalla Ferrari alla Scuderia del Passatore guidata da Giancarlo Minardi. Inoltre l’argentano ha appena vinto a Misano la sua prima gara di F2 al volante della Chevron B40, conquistando la sesta ed ultima vittoria per il motore Ferrari Dino 166 V6 che aveva fatto molto bene nel 1968, sempre in F2, con Tino Brambilla (3 vittorie) e Andrea De Adamich (2). Nell’occasione Leoni batte proprio Eddie Cheever che è in predicato di salire sulla T2.

Si arriva così all’ultima gara della stagione europea con Lauda che, con ancora quattro GP da disputare, ha un rassicurante vantaggio di 21 punti su 36 disponibili. Il popolo ferrarista è combattuto tra la Fede per il Cavallino e l’amore per il pilota più vincente della sua storia che ha riportato l’iride a Maranello dopo 11 anni di digiuno. Prima del GP Lauda rilascia un’intervista a Sabina Ciuffini, ex “valletta parlante” di Mike Bongiorno nel quiz televisivo Rischiatutto e ora giornalista per il settimanale Sorrisi e Canzoni TV.

James Hunt si presenta a Monza con una caviglia gonfia e dolorante per essersela distorta giocando un’amichevole di calcio organizzata dalla Heuer a Bienne, in Svizzera. Alla partita hanno partecipato anche Jacques Laffite e Jochen Mass il quale si è fatto crescere la barba. Sulla M26 di Hunt i tubi dell’olio esterni in plastica sono sostituiti da tubi in alluminio.

La McLaren schiera tre macchine facendo debuttare in F1 Bruno Giacomelli, già vincitore di 2 gare dell’Euro F2 con la March-BMW ufficiale. Il “regalo” per il bresciano che compie 25 anni il sabato delle qualifiche è la McLaren M23/8-2, la stessa usata a Silverstone da Villeneuve (questa volta col numero 14).

Nel corso delle prove, sulla vettura di Giacomelli viene montata una cinepresa le cui riprese saranno poi inserite nel film documentario “F1 La Febbre della Velocità”.

Questa è l’ultima volta in cui la McLaren schiera ufficialmente la M23. La creatura di Gordon Coppuck è entrata in servizio nel 1973 a Kyalami dove ha conquistato subito la pole position e sfiorato la vittoria con Hulme. Ha disputato 69 GP (con la squadra ufficiale) vincendone 16 e conquistando 2 titoli piloti con Fittipaldi e Hunt oltre alla Coppa Costruttori 1974. Insieme alla Lotus 72 e alla Ferrari con cambio trasversale è un’icona della F1 degli anni ’70.

Ronnie Peterson torna a Monza dove un anno fa ha vinto il suo ultimo GP. Il passaggio dalla March alla Tyrrell avrebbe dovuto rappresentare un salto di qualità in ottica campionato e invece si trova con soli 6 punti dopo 13 gare e sicuramente lascerà la squadra a fine stagione. Anche Depailler non ha ancora rinnovato il contratto con Ken Tyrrell e si sta guardando intorno.

Dopo sette ritiri complessivi (sei dei quali per rottura del motore) in sole 4 gare, la Lotus decide di cominciare il weekend di Monza con motori standard per poi montarne uno speciale ad Andretti solo per la gara. La morìa dei DFV sulle piste veloci hanno escluso l’italoamericano dalla lotta per il Titolo Iridato, in contrapposizione alla granitica affidabilità del 12 cilindri Ferrari (Lauda si è ritirato solo a Buenos Aires per un problema al motore) che sta minando la sua fiducia nella Lotus, tanto che Piedone è in trattativa con la Scuderia. L’ostacolo principale è l’esclusiva imposta dal Drake che gli impedirebbe di partecipare a qualsiasi gara USAC. Gunnar Nilsson non rinnoverà con Chapman ed è in procinto di passare alla Shadow dove ritroverebbe Southgate. Lo svedese non sembra al massimo della condizione psicofisica.

Contrariamente a quanto annunciato al momento della presentazione, la Brabham BT46 non correrà nemmeno a Monza. Pare infatti che nelle prove effettuate a Balocco e Silverstone i pannelli a sfioramento d’aria non siano stati sufficienti a evitare il surriscaldamento del motore per cui Watson e Stuck continuano con la BT45B. Non è il massimo per l’Alfa Romeo a cui servirebbe una prestazione d’eccellenza sul circuito di casa.

Per l’occasione il muletto viene affidato al 32enne Giorgio Francia, collaudatore dell’Autodelta. Purtroppo la sua esperienza in F1 si conclude il venerdì mattina dopo soli 4 giri, quando Stuck rompe il differenziale della sua BT45B e il milanese viene appiedato per permettere al titolare di continuare le prove.

La March continua con la solita 761B per Ribeiro e la March 771/2 per Scheckter, reduce dal decimo posto di Zandvoort (penultimo classificato). Il brasiliano deve saltare la prima sessione del venerdì a causa di uno sciopero del trasporto aereo che lo tiene bloccato a Londra.

Nessuna novità tecnica alla Ferrari che porta le stesse monoposto usate in Olanda. Ovviamente gli occhi sono tutti puntati su Lauda che però sembra molto sereno.

La bella prestazione di Zandvoort ha incoraggiato la Renault a continuare con la nuova turbina Garrett. Questa volta Jabouille, consultandosi con il direttore della squadra Gérard Larrousse e con il responsabile tecnico della Michelin Pierre Dupasquier, torna alla versione aerodinamica con i “baffi” sul musetto.

Per il GP di casa Patrese dispone di un motore appositamente preparato dalla Alan Smith Racing grazie al generoso portafogli del conte Zanon.

L’accordo tra John Surtees e Lamberto Leoni va a buon fine e così il romagnolo diventa il compagno di squadra di Vittorio Brambilla sulla TS19 ufficiale. Vittorione arriva in autodromo direttamente da casa con la sua Guzzi.

Jody Scheckter e Walter Wolf cercano di alimentare le residue speranze di contrastare Lauda per il Titolo. Nelle prove il sudafricano porta in pista una nuova versione aerodinamica della monoposto di Postlethwaite, priva della presa d’aria usata negli ultimi GP e con il motore coperto da un cofano. L’alimentazione è affidata a due “tasche” ricavate ai lati dell’abitacolo, chiaramente ispirate a quelle della T2 ma la soluzione viene abbandonata dopo pochi giri.

Per la prima volta Clay Regazzoni corre a Monza senza un motore a 12 cilindri ma almeno può contare su un DFV preparato a puntino da John Nicholson per avere un po’ più di potenza e contrastare il brillante Tambay sul circuito che lo ha visto trionfare due volte con la Ferrari.

Questa volta le Hesketh sono solo due perché Rebaque ha chiuso la sua stagione per mancanza di soldi e la sua monoposto viene passata ad Ashley mentre Keegan ha sempre la solita monoposto.

Il secondo posto di Zandvoort ha riportato l’entusiasmo in casa Ligier, specialmente ora che si torna sulla pista in cui Laffite ha ottenuto la prima pole position un anno fa.

Frank Williams indica a Patrick Neve che mancano ancora 4 gare in cui tentare di andare a punti. Per un circuito così veloce, Patrick Head ha approntato un’ala anteriore a tutta larghezza in stile Ferrari.

Un nuovo alettone, non ancora verniciato, è l’unica novità sulla Copersucar Fittipaldi. La squadra brasiliana rimarrà a Monza la settimana dopo il GP per preparare il GP del Canada.

Brett Lunger si è classificato nono in Olanda ottenendo il miglior risultato della stagione con la M23 privata.

Alla ATS c’è moderato ottimismo per il recente nono posto di Binder mentre Jarier cerca di capire come tornare davanti al compagno di squadra che a Zandvoort lo ha battuto anche in qualifica.

Nonostante le precedenti sette mancate qualificazioni, con distacchi dall’ultimo variabili tra gli 8 decimi e i 2 secondi, la BRM ci prova anche a Monza, sempre con Pilette.

Dopo aver vinto a Brands Hatch la sua terza gara dell’anno nel campionato Shellsport, Emilio de Villota torna alla vera F1.

La Boro ripropone Brian Henton anche a Monza dopo aver ridipinto la vettura di bianco.

Tenta il debutto la Apollon di Loris Kessel. Si tratta della scocca della Williams FW03 del 1974 con una veste aerodinamica completamente rifatta dal Fly Studio di Giacomo Caliri e Luigi Marmiroli. La vettura è gestita dal Jolly Club Switzerland e, come gli altri team non iscritti alla FOCA, è costretto ad arrangiarsi nella corsia di rallentamento dei box.

Questa situazione è imposta da Bernie Ecclestone agli organizzatori per favorire gli iscritti alla sua associazione (più la Ferrari e la Renault) ma l’AC Milano ha riservato ugualmente un box per Merzario. Il venerdì mattina però il suo box viene occupato dalle attrezzature e dal muletto della Lotus e a nulla valgono le proteste del DS Gianfranco Palazzoli il quale riferisce il tutto al suo pilota che decide di ritirare la squadra, rifiutandosi di piazzarsi nella corsia di rallentamento per il suo GP di casa.

La Ferrari domina la prima giornata di prove con Lauda che precede Reutemann di due decimi. Seguono Watson, Andretti, Stuck, Hunt Jabouille e Depailler.

Si conclude anzitempo il tentativo di Kessel che prima finisce nella sabbia alla Roggia e poi perde un semiasse alla seconda di Lesmo a causa di un errore di progettazione (troppo corto).

Le libere del sabato mattina cominciano col botto (letteralmente) quando Tambay perde la ruota posteriore sinistra tra le due curve di Lesmo, sbatte contro il guardrail (all’epoca a filo con la pista), si cappotta e striscia sull’asfalto prima di fermarsi sulla destra nella discesa verso il Serraglio. Il francese ne esce illeso ma la MN08 è decisamente danneggiata (notare il roll bar “fresato” dall’asfalto).

La Goodyear ha distribuito alle squadre un treno di gomme speciali da usare solo nell’eventualità che la Renault riesca a “mettere il naso” nelle prime posizioni grazie a pneumatici Michelin “da qualifica” ma Lauda decide di provarle ugualmente senza consultare i responsabili ed esce di pista alla Parabolica andando a sbattere contro il guardrail. Nessuna conseguenza per il pilota.

I meccanici della Ferrari trapiantano il retrotreno del muletto sulla 031 appena in tempo per l’ora decisiva del pomeriggio e all’apertura della corsia box l’austriaco è pronto a scendere in pista.

Tambay non dispone del muletto personale e per farlo partecipare alla qualifica gli viene preparato quello di Regazzoni, montando una carrozzeria di ricambio e modificando il numero col nastro adesivo.

La sessione che comincia alle 13 è una gara prima della gara, con i migliori che abbassano continuamente i tempi del venerdì. Reutemann mantiene il miglior tempo per buona parte dell’ora a disposizione ma viene superato alla fine da Hunt che lo batte per soli 7 centesimi a pochi minuti dal termine, conquistando la tredicesima pole position e riscattando la cancellazione del tempo di un anno fa per la benzina irregolare.

Scheckter torna in seconda fila con un distacco di 2 decimi precedendo Andretti e Lauda il quale ha problemi di pescaggio della benzina in quello che sarebbe dovuto essere il suo “giro buono” e si accontenta del quinto posto. Splendido sesto tempo per Patrese, abilissimo a sfruttare le scie altrui su un tracciato che conosce molto bene.
Il padovano precede Regazzoni di un solo millesimo, poi seguono Laffite, Mass e Brambilla. Male le Brabham-Alfa con Stuck undicesimo e Watson quattordicesimo con problemi di surriscaldamento delle gomme. Giacomelli è buon quindicesimo davanti a Jones.

Malissimo Nilsson, solo diciannovesimo davanti a Jabouille che salta buona parte delle prove per la doppia rottura del turbo e migliora di soli 3 centesimi il tempo di venerdì.

Mancano la qualificazione Ribeiro (l’ottava negli ultimi 10 GP), Fittipaldi, Leoni, Henton, De Villota, Ashley, Pilette, Binder, Kessel e Francia. La Boro e soprattutto la BRM, Campione del Mondo piloti e costruttori nel 1962, chiudono malinconicamente la loro storia in F1. La foto della testata montata a rovescio è emblematica.

Il sole splende anche la domenica facendo affluire al Parco di Monza una moltitudine di tifosi e appassionati che occupano tutti gli spazi possibili e non. Come al solito vengono presi d’assalto i grandi tabelloni pubblicitari in corrispondenza della Variante Goodyear ma uno di questi crolla sotto il peso delle persone che, per stare più comode, avevano applicato alla struttura anche 6 elementi di guardrail a mo’ di sedili. Il tabellone e gli spettatori travolgono il pubblico sottostante e tra questi un ragazzo di 22 anni che muore per trauma toracico mentre altri 35 persone vengono portate all’ospedale di Monza con fratture e ferite più leggere.

Quandoalle 15:30 il semaforo diventa verde, le 24 vetture si lanciano verso la Variante Goodyear con Hunt e Reutemann che si fanno sorprendere da Andretti e Scheckter mentre Regazzoni, partito dalla quarta fila, ha già scavalcato Lauda e Patrese prima ancora di avere superato la linea di partenza.

Scheckter arriva comodamente in testa alla Variante Goodyear portandosi in scia Regazzoni, clamorosamente secondo davanti a Hunt, Andretti, Reutemann, Lauda, Mass e Brambilla mentre Laffite si fa sfilare dal gruppo e si ferma sulla destra con l’acqua in ebollizione.

Dopo una partenza “alla Regazzoni”, il ticinese deve difendersi da Hunt e Andretti che sono nettamente più veloci e lo vogliono passare anche perché Scheckter approfitta del “tappo” per avvantaggiarsi. Il campione del Mondo uscente lo supera in staccata alla Ascari mentre Andretti deve accodarsi per poi passare alla Parabolica e salire al terzo posto, respingendo il tentativo di Clay in staccata alla Variante Goodyear.

Nel corso del secondo giro Andretti supera Hunt e si mette all’inseguimento di Scheckter mentre Reutemann e Lauda procedono in quarta e quinta posizione senza forzare. Watson invece è risalito dalla quattorcesima all’ottava posizione e all’inizio del terzo giro azzarda un doppio sorpasso su Mass e Regazzoni alla frenata della Variante Goodyear. L’irlandese arriva decisamente lungo, spancia sul cordolo col fondo della Brabham ed esce sull’erba.

Non contento, Watson rientra in pista mentre sopraggiunge il gruppo degli inseguitori e manda Brambilla nell’erba facendogli perdere diverse posizioni.

Wattie si tiene alle spalle la torma degli avversari per qualche centinaio di metri ma la monoposto è inguidabile perché l’urto contro il cordolo ha spaccato un supporto del motore e al pilota non rimane che raggiungere lentamente i box e ritirarsi.

Tocca così a Stuck tenere alto l’onore dell’Alfa Romeo, infatti il tedesco supera Regazzoni e Mass e si porta al sesto posto.

Intanto Andretti recupera terreno su Scheckter, alla fine del decimo giro prende la scia della Wolf sul Rettifilo Centrale. All’ingresso della Parabolica il sudafricano tiene la traiettoria interna ma Andretti lo supera all’esterno senza problemi, rimarcando una volta di più la superiorità della Lotus nella percorrenza delle curve.

Hunt è in difficoltà con i freni e due giri più tardi Reutemann lo attacca alla Variante Goodyear. L’inglese arriva lungo, taglia la prima chicane sull’erba e quando rientra sull’asfalto va in testacoda. Il pilota della McLaren rimane di traverso in mezzo alla in pista, viene schivato dagli inseguitori e riparte dietro a Jones, perdendo 5 posizioni.

Chi invece non ha problemi è proprio Jones che sta recuperando posizioni su posizioni dopo essere partito dall’ottava fila. Il vincitore di Zeltweg ha superato Depailler, Peterson, Regazzoni e Mass ed è risalito dal 16° al sesto posto dopo soli 14 giri.

Dopo 20 giri Andretti conduce con 2 secondi di vantaggio su Scheckter. Reutemann e Lauda sono più staccati e continuano a perdere terreno perché incredibilmente non riescono a doppiare la ATS di Jarier, ripartito davanti a loro al nono giro dopo essersi fermato a cambiare il musetto che si era rotto in un contatto con un avversario. Alla fine è il francese a togliersi di mezzo e a ritirarsi ai box per un calo di motore.

Poco prima di metà gara si ritira Jabouille per la rottura del turbo quando si trovava in una deludente dodicesima posizione dopo aver piegato lo spoiler anteriore sinistro in un contatto nel corso del primo giro.

Subito dopo, alla Curva Grande, si rompe anche il Cosworth di Scheckter, mettendo una seria ipoteca sul secondo titolo iridato di Lauda.

Ora Andretti ha 8 secondi di vantaggio sulle due Ferrari che proseguono in tandem davanti a Jones che ha scavalcato Stuck.

Hunt ha superato il compagno di squadra Mass ma continua ad avere problemi ai freni e rientra ai box per far verificare che sia tutto a posto. Rimandato in pista dopo una lunga sosta, l’inglese incappa in un altro testacoda alla Roggia e decide che per oggi può bastare.

Al 32° giro cede anche il motore di Stuck quandosi trova in quinta posizione davanti a Mass e Regazzoni, decretando la sconfitta totale dell’Alfa Romeo nei confronti della Ferrari nel “derby” di casa.

La Ferrari di Reutemann perde potenza a causa della rottura di uno scarico e l’argentino lascia correttamente passare Lauda che si porta al secondo posto mentre Andretti fa segnare il giro più veloce.
Il debuttante Giacomelli sta disputando una gara regolare con l’obiettivo di arrivare al traguardo senza prendere rischi. Al 39° giro si trova in nona posizione, alle spalle di Ian Scheckter, quando il suo DFV esplode in fondo al rettilineo principale lasciando una lunga scia d’olio. Il bresciano imposta la Variante Goodyear ma l’olio finisce sulle sue gomme, finisce in testacoda e si ritira.

Pochi secondi più tardi Lauda arriva alla Variante, vede l’olio in traiettoria e si sposta all’interno per impostare la curva. Reutemann che lo segue da vicino rimane sulla traiettoria esterna centrando in pieno l’olio, parte in testacoda e finisce la sua corsa nella sabbia. Ancora qualche istante e anche Patrese, doppiato dopo una sosta ai box per via di una foratura, finisce sull’olio di Giacomelli e nella sabbia, travolgendo un commissario che per fortuna esce quasi illeso. Patrese si arrabbia con i commissari, rei di non aver segnalato l’olio con le bandiere a strisce gialle e rosse.

Negli ultimi 13 giri non ci sono più cambiamenti così Mario Andretti va a vincere il suo sesto GP, il quarto della stagione, con 17 secondi di vantaggio su Lauda e 24 su Jones. Mass, Regazzoni e Peterson completano la zona punti.

Il pubblico di Monza invade la pista durante il giro d’onore per festeggiare il vincitore ma anche Lauda, il cui secondo posto consegna alla Ferrari la terza Coppa Costruttori consecutiva per la 312T e T2.

Con questo secondo posto (il sesto della stagione) Niki Lauda sale a 69 punti, 21 più di Scheckter a 3 gare dalla fine, e gliene manca solo uno per bissare il Mondiale 1975. Andretti si porta a 41, uno in meno del pilota della Wolf, ma è matematicamente escluso dalla lotta per il Titolo.

La settimana successiva al GP è piena di avvenimenti che chiariscono almeno in parte quello che tutti ormai immaginano. Giovedì 15 settembre il direttore commerciale della Parmalat Domenico Barili annuncia all’Holiday Inn di Roma la costituzione del Parmalat Racing Team che sponsorizzerà le Brabham-Alfa di Lauda e Watson. Il divorzio Lauda-Ferrari provoca anche quello tra la Brabham-Alfa e la Martini che lo stesso giorno annuncia la fine della triennale collaborazione con la squadra di Ecclestone. La Parmalat pagherà infatti alla Brabham 3 milioni di dollari in due anni (circa 11 milioni di euro) per cui esige l’esclusiva della pubblicità sulle macchine.

A Maranello continuano le trattative per la ricerca del pilota che sostituirà Lauda. Dopo Cheever e Villeneuve, arriva in Emilia anche Mario Andretti, già pilota della Ferrari tra il 1970 e il 1972 nonché vincitore di gare memorabili come la 6 Ore di Daytona e la 12 Ore di Sebring con la 312PB.

Piedone giunge a Fiorano al volante di una Rolls Royce color oro fornitagli dalla concessionaria Achilli Motors di Milano per gli spostamenti durante il GP d’Italia e viene preceduto da Enzo Ferrari su Lancia Beta e Mauro Forghieri su Fiat 127. Andretti sarebbe felicissimo di tornare a correre con la Rossa, soprattutto dopo l’affetto dimostratogli dal pubblico monzese la domenica precedente, ma la sua è solo una visita di cortesia. Colin Chapman gli ha fatto firmare un pre-contratto all’inizio dell’estate e i suoi avvocati gli hanno sconsigliato di affrontare una causa in tribunale e di rinnovare con la Lotus.

Il giorno seguente Enzo Ferrari convoca la stampa per dare la sua versione dei fatti sul divorzio di Lauda. Il Drake rinfaccia all’austriaco le dichiarazioni rilasciate al quotidiano svizzero Blick e alla TV austriaca in cui lo accusa di averlo scaricato dopo il Fuji e di non ricevere la necessaria assistenza dalla squadra. A sua volta Ferrari accusa Lauda di non aver mantenuto la parola data e di aver ceduto alla lusinghiera proposta economica del “mediatore di salami” e ne ha anche per Montezemolo. L’avvocato della FIAT, grande amico di Lauda, aveva infatti garantito a Ferrari che Lauda avrebbe onorato la sua promessa (“Finché ci sarà Lei, Commendatore, io correrò per la Ferrari”) solo pochi giorni prima dell’annuncio, quando l’austriaco aveva invece già firmato per la Brabham. Da questo momento LCDM non non toccherà più palla alla Ferrari finché ci sarà il Drake.

Al termine della conferenza stampa Ferrari annuncia di aver confermato Reutemann per il 1978 ma di non sapere ancora chi sarà l’altro pilota della Scuderia. Avrebbe voluto Scheckter ma Walter Wolf gli ha fatto sapere che il sudafricano ha un contratto valido a tutto il 1978 e ha intenzione di farlo valere, per cui il suo ingaggio è rinviato almeno di un anno. La Ferrari fornirà i V6 Dino a una non precisata scuderia di F2 per far crescere i giovani Cheever e De Angelis mentre la scelta per il secondo pilota della F1 si stanno vagliando alcuni nomi ma il Vecchio fa capire che molto probabilmente non sarà un pilota affermato.

Negli stessi giorni Eddie Cheever prende contatto con la T2 sulla pista di Fiorano in vista della gara di Imola. Reutemann prova le Goodyear speciali con cui Lauda è uscito di pista a Monza. Dopo due giorni l’argentino comincia a girare con gomme radiali Michelin ottenendo ottimi tempi.

 

Intanto una rivista tedesca pubblica le immagini di due modelli in scala che dovrebbero avere le forme della nuova ATS.

La Kojima invece presenta due monoposto vere, la KE008 da F2 e la KE009 che parteciperà al GP del Giappone con Noritake Takahara e Kazuyoshi Hoshino che l’anno scorso ha sorpreso tutti durante le prove.

Svaniti gli ingaggi di Scheckter e Andretti, a Ferrari non resta che chiamare Gilles Villeneuve il quale è già in volo da Montreal, convocato dalla Scuderia per la decisione finale.

Il canadese entra a Maranello alle ore 20 di martedì 20 settembre insieme al suo manager Gaston Parent e firma subito il contratto. La mattina seguente è al reparto corse per sistemare l’abitacolo della 312T2/030, il muletto usato da Cheever nei giorni precedenti e nel pomeriggio, dopo aver preso confidenza con la pista di Fiorano al volante di una 131, sale per la prima volta su una Ferrari F1. Il ragazzo denota subito una forte personalità e il debutto è previsto per il GP del Canada che si correrà fra tre settimane dove la Scuderia schiererà 3 piloti.

Cheever è ovviamente molto deluso per la mancata promozione a pilota ufficiale, tanto che ipotizza di non onorare il contratto firmato per correre con il Dino V6 in F2. La delusione è accentuata dalla decisione della CSI di non istituire il Trofeo Europa di F1 che, di conseguenza, fa saltare anche la gara programmata per Imola in quel fine settimana.

Il trittico extra europeo del Mondiale comincia dagli Stati Uniti sullo spettacolare circuito di Watkins Glen dove storicamente i campeggiatori esagerano con la birra e altri alcolici per scaldarsi nel gelido autunno ai confini col Canada.

La stagione volge al termine per cui non ci sono grosse novità tecniche sulle vetture. Alla McLaren hanno messo i tubi esterni in alluminio anche sulla M26 di Mass il quale ha firmato per correre con la ATS nel 1978.

Niente di nuovo alla Tyrrell dove tutti gli sforzi sono concentrati nella costruzione della macchina per il 1978. Peterson è stupito per non aver ricevuto nessuna offerta da parte della Ferrari che un anno prima aveva già preparato l’abitacolo per lui quando Mosley minacciò una grossa penale e per lui, che non vuole più saperne di Tyrrell, le opportunità di avere una buona macchina nel 1978 sembrano pochissime.

Andretti ha dunque rinnovato con Chapman spuntando anche un ingaggio soddisfacente e punta a doppiare la vittoria ottenuta a Long Beach in aprile.

L’errore di Watson a Monza ha danneggiato gravemente la BT45/5, tanto da doverla rottamare. La BT46 sembra ormai abortita nella sua versione originale senza radiatori tradizionali, per cui si finisce il campionato con le tre macchine vecchie ancora disponibili (su 6 costruite) mentre Gordon Murray cerca di adattare la sua nuova creazione a una dimensione più terrestre.

La March ha affrontato la trasferta oltre oceano in quanto iscritta FOCA (e quindi pagata dagli organizzatori) ma la squadra è in fase di smobilitazione. Robin Herd e Max Mosley hanno venduto il loro “cartellino” FOCA alla ATS che ha rilevato il capannone di Reading della March Engines (consociata della March Engineering che lo scorso anno gestiva le 761 di Stuck e Merzario) e tutte le maestranze. In questo modo la scuderia tedesca entra a far parte dell’associazione di Ecclestone (con i relativi vantaggi economici e logistici) e avrà Herd come consulente tecnico mentre Mosley sarà sempre più coinvolto da Ecclestone nelle questioni legali della stessa FOCA. La March Engineering esce dalla F1 ma continua a costruire monoposto di F2 e F3 sotto la direzione del suo progettista fondatore.

Atmosfera tesissima in casa Ferrari. Lauda è sereno ma attorno a lui l’aria è molto pesante e non solo in senso meteorologico. Sante Ghedini, diventato assistente personale di Lauda, viene messo alla porta (anche se ufficialmente risulta essere in ferie) e prontamente assunto dalla Parmalat. Anche Ermanno Cuoghi, fidatissimo capo meccanico dell’austriaco, è nell’occhio del ciclone. Lauda gli ha offerto di seguirlo alla Brabham ma il modenese non ha ancora deciso e attorno a lui l’imbarazzo dei colleghi è palpabile.

Entra in scena per le due gare nordamericane una nuova squadra, la Interscope Racing di Ted Field, 24enne erede dell’impero dei grandi magazzini Marshall Field’s di Chicago. Il giovane rampollo acquista una Penske PC4 nuova di zecca (la terza e ultima costruita) per far correre Danny Ongais, un 35enne hawaiano che ha cominciato a correre prima con le moto e poi con i dragster e le funny car per poi passare alla serie USAC con una Parnelli sponsorizzata proprio da Field. Lo svizzero Heinz Hofer, ex direttore sportivo della Penske F1, ha l’incarico di coordinare il lavoro della squadra. La monoposto monta i vecchi DFV usati nel 1976 dalla Parnelli di Andretti.

La Renault continua la sua sperimentazione in gara per farsi trovare pronta all’inizio della prossima stagione.

Il terzo posto ottenuto da Jones a Monza ha confermato la bontà del lavoro svolto da Southgate sulla DN8 per cui la Shadow porta al Glen una nuova monoposto, la DN8/6A. Patrese è di nuovo assente perché impegnato a Estoril per la penultima gara dell’Euro F2 e al suo posto viene ingaggiato l’ex pilota della squadra, Jean-Pierre Jarier, libero da impegni con l’ATS che non partecipa alla trasferta nordamericana per preparare la nuova stagione a Bicester.

Anche Binder è libero e investe i soldi degli sponsor per tornare alla guida della stessa TS19/01 usata fino a Monaco, sempre al fianco di Brambilla.

Dopo il ritiro di Monza, l’obiettivo di Scheckter e della Wolf è di vincere almeno un altro GP.

Weekend complicato per la Ensign con guasti inaspettati su entrambe le vetture che hanno costretto Regazzoni e Tambay a perdere molto tempo ai box per le riparazioni.

Rupert Keegan prova un nuovo alettone posteriore biplano sulla sua Hesketh mentre Ian Ashley continua con la sua solita 308E/2, assistito dal 27enne ingegnere di pista Frank Dernie.

 

Tutto tranquillo alla Ligier che ha rinnovato il contratto di sponsorizzazione con la Gitanes. La scuderia francese porta in America due monoposto a passo lungo per Laffite.

Il settimo posto ottenuto a Monza (con 2 giri di ritardo) ha incoraggiato Patrick Neve e Frank Williams a partecipare alle gare nordamericane nonostante non godano dei vantaggi economici della FOCA.

Dopo la seconda mancata qualificazione patita a Monza, Fittipaldi punta sul basso numero di iscritti per essere sicuro di correre le ultime gare del mondiale.

Il ventisettesimo e ultimo iscritto è Brett Lunger con la sua McLaren preparata dalla squadra di Bob Sparshott.

Continua il momento di grande forma di Hunt che fa segnare il miglior tempo nel pomeriggio del venerdì davanti alle due Brabham-Alfa Romeo di Stuck e Watson e alla Lotus di Andretti.

Colpo di reni di Ronnie Peterson che, dopo il punticino conquistato a Monza, porta la sua recalcitrante P34/6 al quinto posto davanti alle Ferrari di Reutemann e Lauda e al compagno di squadra Depailler.

Scheckter non va oltre il nono posto, in difficoltà a trovare il giusto assetto della WR1, davanti a Laffite mentre Nilsson è solo dodicesimo e in preoccupante fase di involuzione.

Tambay effettua un paio di giri al mattino dopodiché rientra ai box a causa di una perdita d’acqua che costringe i meccanici a cambiare il motore e fargli perdere anche la sessione del pomeriggio.

 

 

Le nuvole gonfie di pioggia cominciano a scaricare acqua sul tracciato nella tarda mattinata del sabato e la sessione finale di qualifica viene compromessa a causa della impraticabilità della pista allagata in alcuni tratti, per cui lo schieramento è determinato dalle prove del venerdì e Tambay, non potendo migliorare il suo tempo, è l’unico non qualificato. James Hunt colleziona la quattordicesima e ultima pole in carriera.

Lauda non scende nemmeno in pista per non prendere rischi. La tensione al box Ferrari aumenta quando da Maranello arriva una telefonata con la quale il Drake impone all’ing. Nosetto di estromettere immediatamente Ermanno Cuoghi dalla squadra, avendo avuto conferma che il meccanico modenese seguirà Lauda alla Brabham.

 

La domenica mattina il cielo è nuvoloso ma quando le auto escono dai box per portarsi sullo schieramento ricomincia a piovere, anche se con minore intensità rispetto al sabato. Dopo un breve consulto con i rispettivi ingegneri di pista, tutti i piloti montano le gomme scolpite tranne Watson che scommette sul miglioramento del meteo e decide di partire con le slick.

Stuck scatta benissimo al via, allunga la frenata ed entra alla prima curva davanti a Hunt.

Il tedesco prende subito un buon ritmo e stacca Hunt, Andretti, Reutemann, Scheckter, Peterson, Jones e Lauda che è attentissimo a non commettere errori.

Nel corso del quarto giro Jones attacca Peterson ma al curvone Chute lo svedese chiude la porta alla Shadow e la manda a sbattere contro le barriere. Gara finita per l’australiano che era velocissimo e aveva recuperato dal 13° al 6° posto in soli 3 giri.

Subito dopo esce di pista Brambilla nel tentativo di andare addosso a Lauda che gli si è intraversato davanti. Il monzese perde il musetto della Surtees e rientra ai box per sostituirlo. Nell’urto però il supporto del radiatore centrale si è piegato e il musetto nuovo non si può agganciare. Brambilla scende dall’auto e cerca di raddrizzarlo a forza di braccia ma inutilmente, così decide di ripartire ugualmente e continuare la gara senza musetto, anche se nettamente ultimo.

Stuck è sempre saldamente al comando nonostante un problema al pedale della frizione che tende a rimanere bloccato a fondo corsa mentre Watson, dopo essersi fermato a montare le gomme da pioggia, è penultimo davanti al solo Brambilla. Intanto Lauda, dopo aver lasciato sfogare gli avversari, comincia a recuperare terreno. Al sesto giro supera Peterson, poi raggiunge Reutemann e lo sorpassa all’11° giro portandosi in quinta posizione quando l’argentino commette un errore e si gira uscendo dalla curva in contropendenza in cima alla salita.

 

 

Al 15° giro Stuck giunge al tornante Toe dopo aver doppiato Lunger e Binder quando, nella scalata, il pedale della frizione rimane bloccato a fondo, la Brabham resta in folle, va in testacoda e poi sbatte contro il guardrail. La splendida corsa del tedesco finisce qui.

Hunt eredita così la prima posizione con 2 secondi di vantaggio su Andretti. Scheckter è più staccato e precede Lauda, Reutemann, l’ottimo Regazzoni, Peterson e Nilsson. Al 18° giro quest’ultimo attacca il connazionale nella salita verso il tornante Toe ma Peterson si sposta sulla sinistra spingendo la Lotus con due ruote sull’erba bagnata. Nilsson perde il controllo, finisce contro il guardrail e si ritira.

Tre giri più tardi Peterson deve cedere la settima posizione a Laffite che sta recuperando dopo un avvio molto cauto.

Dopo l’exploit di Monza, Regazzoni sta disputando un’altra bella corsa e al 23° giro raggiunge e supera Reutemann salendo in quinta posizione.

Ora non piove più e i piloti cercano di raffreddare le gomme andando a cercare l’acqua fuori traiettoria. Peterson è più in difficoltà degli altri con le piccole ruote anteriori e perde terreno fino a doversi fermare per cambiarle. Gli subentra all’8° posto Keegan con la Hesketh.

La classifica si stabilizza per via dei distacchi elevati tra i concorrenti. Hunt ha quasi 20 secondi di vantaggio su Andretti il quale ne ha ancora di più su Scheckter. Seguono staccatissimi Lauda, Regazzoni, Reutemann che viene doppiato, Laffite e Keegan mentre Peterson, ripartito con le slick dopo un’altra sosta ai box, si toglie la magrissima soddisfazione del giro più veloce.

Negli ultimi 15 giri Hunt rallenta nettamente e Andretti spinge fortissimo per raggiungerlo, pensando a un eventuale problema tecnico della McLaren. All’inizio dell’ultimo giro il distacco è di un secondo e 4 decimi, il pubblico è tutto in piedi ma entrambi fanno segnare il loro giro e Hunt vince il suo nono GP con 2 secondi sull’italoamericano della Lotus.

Scheckter è terzo a un minuto e 18 secondi, Lauda è quarto a 1’40” e matematicamente Campione del Mondo per la seconda volta.

Hunt parcheggia la M26 nella Victory Lane e sale sul podio per ricevere gli onori del caso.

Lo raggiunge sul podio Niki Lauda che riceve l’alloro in quanto nuovo Campione del Mondo.
Infine Hunt torna dalla M26 insieme alle sue tre passioni: sigaretta, birra e la modella Victoria Lynn Johnson, Penthouse Pet of the Year 1977. Il tutto sotto lo sguardo delle altre ragazze di Bob Guccione.

Giovanni Talli

MIT’S CORNER: LE NON PAGELLE DI BAKU

Che cosa rende bello da vedere un gran premio di Formula 1?

I sorpassi? Fiumi di adrenalina? Gli incidenti? La velocità? La guida al limite dei piloti?

Forse. Ognuno ha i suoi gusti e c’è chi dirà l’uno o l’altro di questi elementi e magari ne aggiungerà altri.

O, forse, c’è un ingrediente base che accomuna tutte queste caratteristiche e che ci fa rimanere attaccati al monitor o alla tv: la tensione.

Essere lì, tesi come una corda di violino, ad osservare attentamente ogni più piccolo dettaglio che le telecamere ci inviano e un dato cronometrico, una curva in leggero sovrasterzo, un beccheggiare troppo accentuato sono sempre lì ad adombrare o persino a minacciare l’extrasistole di prammatica.

Ebbene quanta tensione c’è stata a Baku quest’anno?

Verrò subissato di insulti se a questa domanda rispondo in modo tranchant?

Zero, zero assoluto.

Questo per quanto riguarda il GP, primo e secondo s’intende.

Diverse sono state le qualifiche ove il livellamento prestazionale tra le vetture ha fornito molti più spunti di tensione e in cui si sono viste le qualità primarie di un pilota: velocità e coraggio.

Velocità e coraggio che hanno allagato come un fiume in piena l’abitacolo di Charles Leclerc, vero protagonista del week end, permettendogli di gettare il cuore oltre ogni ostacolo conquistando ben due pole position del tutto impronosticabili alla vigilia.

Ma concluse le qualifiche e la prestazione monstre di CLC né la sprint né il GP domenicale hanno saputo dare le emozioni che ci si auspicava. Il che è strano perché Baku, nelle precedenti edizioni, non si è mai prestato a GP “noiosi” grazie a quei suoi lunghi rettilinei, a quelle ingannevolmente semplici curve a 90°, a quel spettacolare passaggio nel budello ricavato dietro al castello.

Perché?

Azzardo due motivi: le gomme e il DRS.

Quest’anno Pirelli ha evidentemente deciso di andare molto più sul sicuro rispetto al passato e in piste con un asfalto liscio come quello, rinnovato, di Baku (tra l’altro senza alcuna curva ad ampio raggio capace di stressare a dovere gli pneumatici), non hanno riservato alcuna sorpresa ai tecnici in termini di consumo e/o surriscaldamento.

Si era già visto, quest’anno, una minore incidenza del DRS nei testa a testa (con l’ovvia e rimarchevole eccezione di RBR) ma mai come a Baku si son toccati con mano gli effetti di questo cambiamento. Non che me ne dispiaccia giacché, da vecchio appassionato, il DRS non mi è mai andato pienamente a genio ma viste le caratteristiche aerodinamiche di queste vetture non si può negare l’utilità di questo dispositivo nel contribuire, quale fattore determinante, al risultato finale di un GP. Ma se così non è, come si è plasticamente visto a Baku (sempre con la rimarchevole eccezione di RBR), forse dovrà giungere il momento in cui la federazione ne prenda atto e tragga qualche conclusione.

A causa di questi fattori ciò che è “saltato” a Baku è stata la tensione strategica. Le gomme di marmo che si sono viste qui non hanno consentito alcuna divagazione strategica e il corso della gara è stato così lineare che pure dal comodo divano di casa, senza bisogno dell’aiuto di sofisticati algoritmi e senza necessità degli instabili suggerimenti di avveniristiche intelligenze artificiali dopo che i protagonisti hanno montato le bianche avevo già previsto il risultato finale (mi ha “fregato” solo Hulk). Non che sia un vanto di cui andare particolarmente orgogliosi in queste orride condizioni, s’intende.

Stendo un pietosissimo velo sulla sprint (alzi la mano chi ha anche solo intravisto, tolta la sportellata di giorgino a massimino, un po’ di “spettacolo”) e giungo subito alle non pagelle.

 

PEREZ

La fumosa aria di Baku fa evidentemente bene a Checo che approfitta del week end (relativamente) negativo del suo teammate nel migliore dei modi. Sarà mai che con quest’asfalto Baku si è trasformata nella versione ad alta velocità di Shakir, teatro della prima vittoria in F1 del nostro? Be’, quasi. Nella Q del venerdì riesce a limitare a un solo decimo il distacco da Verstappen e nella seconda addirittura lo sopravanza. Non contento esegue alla perfezione sia la Sprint che il GP sfruttando a dovere l’unico DRS funzionante della formula 1 attuale (quello RBR, per l’appunto) mettendosi dietro Leclerc in men che non si dica in entrambe le gare. Poi gestisce ad alto livello la posizione assicurandosi la facile vittoria nella Sprint e tenendo magistralmente a bada Max nel GP. Considerando che, al momento, il mondiale se lo sta giocando con il più quotato compagno di squadra direi che di meglio non si poteva chiedere, oggi, al buon Checo. Applausi.

VERSTAPPEN

La fumosa aria di Baku aveva già innervosito in passato il fenomeno olandese e, complice l’arrembante aggressività di giorgino, anche quest’anno Max ha dovuto pagare dazio ai puteolenti effluvi dell’oro nero. La sportellata di Russell, infatti, ha riportato in superficie quel che continua a ribollire negli angoli più reconditi del suo animo. Un po’ mi spiace, considerando tutti gli elogi che ho fatto nell’ultimo anno e mezzo alla raggiunta maturità agonistica che ha mostrato. Ma la ridicola scenata fatta a giorgino non tollera alcuna indulgenza: di che ti lamenti Max? hai fatto la stessa cosa per anni e anni agli altri, no? Che c’è ora? Se queste cose le facevi tu era “it’s racing, mate” mentre se le fanno gli altri sono tutti dei “d***head”?! Eh no. Non ci siamo proprio! Questa sottile inquietudine, già emersa alla fine dello scorso anno in occasione dello sgarbo a Checo, è quel piccolo tarlo sul quale bisogna far leva se si vuole provare ad intaccare il suo dominio. Per quanto non sia una novità nei modi, la scomposta reazione di Max allo sgarbo di giorgino mi sembra di segno assai diverso da quelle del passato. Se allora era la sfrontatezza e la napoletanissima cazzimm’ di chi sa che non ha nulla da perdere a farla da padrone oggi mi par più un segno di (umanissima) fragilità, quella fragilità che ti si insinua dentro quando meno te lo aspetti, quella che bussa alla tua porta e ti sussurra in un orecchio che ogni piccola deviazione dalla strada maestra è una sconfitta. Se sei in cima al mondo e perdi l’equilibrio l’unica cosa che ti può capitare è di cadere. E qualche fantasma, slavatissimo e (spero per lui) del tutto contingente, forse si è manifestato dietro la visiera del suo casco nel GP domenicale. Esce sostanzialmente indenne da un pit che anticipa troppo la Safety Car dell’11° giro e si porta facilmente alle spalle del compagno di squadra. Dopodiché diventa inaspettatamente falloso, impreciso e preso da un affanno che ben poco gli si addice. Si vede a occhio nudo quell’affanno: sfiora le barriere, scoda, prova giri veloci in conitnuazione ma a Checo non si avvicina mai a meno di 2 secondi. Qui c’è un “uhm” grande come una casa. Sarà un episodio?

LECLERC

Grande, grandissimo, grandissimissimo. La prestazione offerta in Q è a dir poco straordinaria. Non capita spesso nella F1 di oggi, nemmeno a Max, di far sprofondare il compagno di squadra a 8 decimi in qualifica sicché come si fa a non strabuzzare gli occhi di fronte ad una tale maestria di guida? Già, perché quel distacco ha tutta l’apparenza di essere farina del sacco di Charles e non certo delle impostazioni della vettura o di fantomatici problemi accampati da Sainz. Vero è che Baku evidentemente è un circuito che sta nelle sue corde ma i numeri che ha mostrato sono stati strabilianti. Meravigliati da questa prestazione monstre non si poteva comunque far niente in gara contro le RBR e anche qui, tuttavia, Charles ha mostrato quella solidità che gli si chiedeva l’anno scorso. Preso da alonsite acuta, infatti, il nostro ha saggiamente gestito la gara (ossia le gomme) con il preciso intento di portare a casa il massimo risultato realisticamente ottenibile. E ci è riuscito benissimo. Il ritmo tenuto negli ultimi 10 giri è stato persino superiore a quello delle RBR, dato che trovo assai interessante considerato che fino ad oggi l’unico a poterlo fare era stato Alonso.

ALONSO

Opaco sia in qualifica che nella sprint (che non gli impediscono comunque di tenere alla consueta debita distanza Stroll), il buon Fernando torna ai suoi livelli nel GP domenicale. Si fa ammirare per i consigli dati a Stroll sulla ripartizione di frenata,  per il bel sorpasso a Sainz e (insieme a Charles) per il ritmo tenuto negli ultimi 10 giri, migliore di quello RBR. Non fosse stato proprio per Charles sarebbe stato l’ennesimo terzo posto della stagione ma non ha poi molto di che lamentarsi per come si erano messe le cose. Solido come sempre.

SAINZ

Gara onesta di Carlos, che non si fa prendere troppo dall’affanno di fronte alla straordinaria brillantezza del suo teammate e porta a casa un quinto posto che non credo affatto sia esito dei demeriti che ha accampato con i giornalisti. La realtà è che, secondo me, Carlos ha guidato come suo solito ma è stato Charles ad aver fatto la differenza. Segno, quest’ultimo che il pilota è ancora un fattore in Formula 1. La Ferrari di Sainz, ottimo pilota ma non un fuoriclasse, è la Ferrari di oggi. Che Ferrari in questo week end abbia osato qualcosa in più col motore mi è parso (sempre opinione personale) abbastanza evidente proprio osservando i comportamenti di Sainz in pista. Quando è stato insidiato da Hamilton nemmeno il DRS di quest’ultimo ha potuto qualcosa contro la velocità Ferrari (ma è anche vero che, sempre tolte le RBR, è accaduto un po’ a tutti). Buon segno, necessario ma non sufficiente, per un prosieguo di stagione un po’ più coraggioso, auspicando che gli aggiornamenti previsti per Imola diano la possibilità a Ferrari di impensierire almeno un po’ le RBR.

HAMILTON

Dopo il rocambolesco secondo posto di Melbourne ci si aspettava un Lewis in palla anche a Baku. Ed in effetti lo è stato. Ha tenuto dietro (finalmente!) giorgino in qualifica e nella gara domenicale si è comportato benissimo. Stavolta però non è stato assecondato dalla vettura che, a differenza di Melbourne, non ha certo dato l’impressione di essere la “seconda forza” del mondiale. Ho l’impressione che da qui alla fine del campionato di “seconde forze” ne vedremo parecchie. Per quanto si vedesse che ne aveva più di Sainz non è mai stato in grado di impensierirlo: da un lato il DRS quasi inutile e dall’altro una Ferrari più veloce di quanto ci si aspettasse gli hanno impedito di stare dietro al treno CLC-ALO e si è dovuto accontentare. Niente altro da segnalare.

STROLL

Ancora una volta anonimo.

RUSSELL

Male Venerdì. Bene sabato. Male, molto male alla domenica. Si segnala solo per la sfrontata aggressività mostrata nei confronti di Verstappen nella Sprint di Sabato. Alla domenica, infatti, non lo si vede mai e mostra un ritmo decisamente inferiore al teammate. La sensazione che ho avuto è che non fosse del tutto allineato con il circuito, quasi come se non si fosse preparato. Onestamente non lo so e la brutta prestazione la classifico come un incidente di percorso.

NORRIS-TSUNODA-PIASTRI-ALBON-MAGNUSSEN-GASLY

Primo degli “altri”, Norris guida (probabilmente non a caso) il trenino della domenica portando in gita un ottimo Yuki e gli altri piloti come se fossero tutti carrozze del regionale Ferrara-Suzzara-Mantova. Non ci hanno neanche provato: a Baku se non sei RBR non si poteva superare. Punto. Brutto segno, in generale, per la F1 2023.

OCON e HULKENBERG

A onor del vero il trenino di prima è stato condotto per la maggior parte della gara da Ocon e Hulk che erano partiti con le bianche e hanno approfittato della SC per stare davanti al trenino di prima per tutta la gara. Sono loro due il vero volto di questo GP. Niente strategia, gomme inscalfibili, impossibilità di superare. Costretti, loro malgrado, a pittare alla fine per la nota regola, si sono ritrovati (immeritatamente?) nelle retrovie della classifica finale. Ancor più a onor del vero è stato proprio Hulk l’unico a ritrovarsi senza gomme alla fine ed è stato costretto a cedere qualche posizione nel giro precedente al suo pit. Poco male: era fuori dai punti comunque.

NOTE DI DEMERITO

Alfa romeo mi pare in clamorosa involuzione tecnica e non permette al volenteroso (e in crescita) Zhou di far vedere di che pasta è fatto. Non bastasse ciò ci si mette anche Bottas in versione ectoplasma a completare il disastro.

Sargeant non pervenuto. Passa il taglio in Q1 solo grazie al tizio che sta qui sotto ma poi si prende le piste da Albon e in gara è l’unico che non riesce ad aggrapparsi al trenino. Male.

Devries, poi, tocca ancora il fondo. Fino ad oggi è di gran lunga la maggior delusione del mondiale.

Ci vediamo a Miami

 

Metrodoro il Teorematico

BASTIAN CONTRARIO: RIDI PAGLIACCIO

Dopo una lunga, quanto assurda e paradossale (che senso ha una pausa così lunga con ventitré GP?)  pausa di un mese, la F1 riapre i battenti in terra azera, con la tanto pubblicizzata Sprint Race riveduta e corretta. Quando un organizzatore di una disciplina sportiva cambia le regole a competizione iniziata e, soprattutto, in corso d’opera per giunta, beh quell’organizzatore sta messo veramente male. Ve lo immaginate il comitato olimpico che decide ad Olimpiadi in corso di aggiungere i 150 mt stile libero? Nemmeno io ci riesco, eppure in questa F1 iper tecnologica, affacciata ai nuovi mercati, dove “sono i giovani che comandano la domanda”, tutto è possibile ed ecco che tra venerdì e domenica si è consumata la prima delle sei Sprint Race. Il nuovo format non ha cambiato nulla, anzi forse (sicuramente!) le cose le ha peggiorate. Ciò che è stato vergognoso e vedere come tutti gli addetti ai lavori si sono sbattuti nel tessere le lodi di questo format, che è un vero e proprio insulto all’intelligenza dell’appassionato medio. Mentre assistevo ai canti di festa nei riguardi di questo nuovo modo di concepire il weekend di gara, mi tornava in mente l’opera “Ridi pagliaccio”: questa “viene intonata alla fine del primo atto da Canio, che si prepara per la commedia nel ruolo di Pagliaccio nonostante abbia appena scoperto il tradimento della moglie Nedda. Quest’aria rappresenta il concetto di “clown tragico”, che sostiene il suo ruolo comico senza mostrare alcun turbamento, ma che interiormente vive un dramma personale” (fonte wikipedia).

Ecco cosa mi è sembrata la F1 in questo week end: sorrisi di circostanza, festa nonostante non ci sia nulla da festeggiare, perché i famosi addetti, li hanno letti eccome i commenti di disgusto del popolo e allora ridi pagliaccio, fai felice il pubblico mentre tua moglie ti mette corna in ogni dove! Il vecchio format della sprint race almeno aveva il pregio (se così si può dire) di lasciare la miseria di due ore di FP (una al venerdì ed un al sabato), mentre con questo nuovo abbiamo decurtato un’altra ora, alé per la gioia del commercialista che a fine anno dovrà tirare le somme! Facendo un rapido calcolo, con weekend di gara regolare (con quello che costa un intero fine settimana tra l’altro), ci sono due ore di prove al venerdì, due al sabato (tra FP3 e qualifica) e all’incirca due ore di GP alla domenica, per un totale di sei ore. A parità di prezzo (ammesso che non l’abbiano anche aumentato il costo del biglietto), la F1 offre trenta minuti in meno di permanenza (dato che la Sprint dura mezz’ora, anche se a Baku è durata qualche minuto in più solo perché si correva in quel budello), perché si sa, lo spettacolo è così adrenalinico che le persone, sugli spalti o buttati sul prato, nemmeno se ne accorgono della minore durata.

Ridi pagliaccio, diverti il pubblico a qualunque costo, anche se mi chiedo quale pubblico… quale divertimento? Con questo nuovo format, per non farci mancare nulla, abbiamo un doppio spoiler: infatti se con il vecchio avevamo una sola qualifica (determinava la griglia di partenza della mini gara del sabato e poi l’ordine di arrivo della suddetta mini gara andava a determinare l’ordine di partenza del GP domenicale), così che veniva sputtanata solo (per modo di dire) la partenza alla domenica, ora lo sputtanamento è doppio visto che oltre a due partenze, abbiamo due qualifiche… la fiera dell’assurdo. Cosa c’è di emozionante in tutto questo? Il venerdì la qualifica per la gara di domenica (a scapito delle FP2) ed il sabato la qualifica (il regolamento di quest’ultima mi sono rifiutato di capirlo), a scapito delle FP3, per la gara del pomeriggio. Quello che abbiamo visto nelle qualifiche del venerdì è la fotocopia di quanto visto il giorno dopo: del resto se un pilota (in questo caso un immenso Charles) conquista la pole con un buon margine sul secondo, perché dovrebbe cambiare (salvo incidenti si capisce) qualcosa il giorno dopo? Infatti Charles disegnava traiettorie irraggiungibili per tutti sia al venerdì che al sabato. Lo stesso dicasi per la gara e quindi per la partenza: sabato abbiamo assistito al primo start e le emozioni (come è ovvio che sia) non sono mancate, con Verstappen e Russell che non se le sono mandate a dire. Cosa è successo il giorno dopo? Avete notato che partenza pulita ci sia stata? Persino Stroll non ha fatto casini, mettendosi come un bravo soldatino in fila indiana: tutti il giorno prima hanno prese le misure, tutti sapevano ormai il comportamento della pista e della macchina in quella particolare e concitata fase ed allora per quale motivo rischiare, quando poi c’era una lunga gara che evidentemente consentiva spunti per poter sopravanzare il proprio avversario? Cosa che, per molti, è puntualmente accaduta tra l’altro.

In questa rubrica mi piacerebbe commentare di F1 riferendomi alle gesta dei nostri eroi in pista ed al comportamento adottato dalle varie scuderie in merito alle scelte che operano, invece sono qui a scrivere dell’ovvio e che evidentemente tanto ovvio non è. Davvero la F1 vuole andare avanti con questa pagliacciata? Davvero vuole propinarci e quindi rovinare altri cinque appuntamenti? Possibile che in un futuro prossimo addirittura minacci (perché questi annunci giubilanti nei riguardi della Sprint Race non fanno che assomigliare a delle vere e proprie minacce!) di “inquinare” tutto il campionato? Evidentemente il sottoscritto sta invecchiando e male anche, eppure un conto sono l’assenza di pregiudizi, e quindi di dare una possibilità nel provare ad inserire qualcosa di nuovo che possa mettere pepe allo spettacolo, un altro è ostinarsi a dire che quella novità funziona, piace ed è ben voluta, quando i fatti dicono esattamente l’opposto.

Il buon Max, da parte sua, ha dichiarato di andarsene se le cose dovessero rimanere  così. Sebbene queste sue parole facciano bene a tutti noi, perché con rispetto parlando, un conto è se le dice lui certe cose un altro è se le dice Magnussen, è anche vero che credo che le sue minacce rimarranno solo chiacchiere, anche perché non si è vista nessuna levata di scudi da parte dei suoi obbedienti colleghi, i quali, assieme alle loro scuderie di appartenenza, chinano il capo ossequiosamente ad ogni diktat che mamma FIA decide. Mi pare evidente allora che la fantastica pole (quale delle due decidetelo voi… sic!) di Charles prima e la inevitabile bastonata in gara (decidete sempre voi quale) rimediata dopo, passa in secondo piano, perché quello è il fumo che serve a coprire gli occhi a distrarre dal vero problema che ci si trascinerà per molto a quanto pare. Alla fine della giostra, il circo, imperterrito come sempre, leverà le tende per spostarsi in altri pascoli e fino a quando ci sarà pubblico che sarà contento di vedere quel pagliaccio, che ride in maniera forzata, ci sarà ben poco da fare.

Allora ridi pagliaccio finché potrai e prega che quelle risate false non mutino in lacrime vere.

 

Vito Quaranta