L’ANGOLO DEL FROLDI: FORMULA FRANKENSTEIN

Della Formula Wrestling, cioè dello spettacolo sopra tutto che arriva alla finzione, attraverso norme artificiose e surreali, abbiamo già parlato. L’inversione fra causa ed effetto genera cortocircuiti imbarazzanti. Uno sport “funziona” quanto maggiormente è comprensibile dai tifosi/appassionati. E quanto è più chiara la sua “cornice” regolamentare, tanto più genera spettacolo. Il calcio ha cambiato poche regole nel corso della sua storia, eppure non vedo molto disamoramento, pur con alti e bassi fisiologici. Se per seguire lo spettacolo invece crei un coacervo di norme, tra l’altro fra di loro in contraddizione, allora stai sbagliando clamorosamente. Inseguire lo spettacolo a tutti i costi è il problema.

Partiamo da lontano. Non so se avete presente il romanzo “Frankenstein, o il novello prometeo”. E’ uno dei prodotti più innovativi e originali della stagione europea del Romanticismo. E’ un romanzo assai breve, un romanzo gotico, dove l’autrice, Mary Shelley, si interroga sugli esseri umani che tentano di creare la vita dalla morte, cercando di diventare creatori, con risvolti attualissimi legati alla bioetica (in sintesi: non tutto ciò che si può fare nella scienza, necessariamente si deve fare).

Nella vulgata comune noi immaginiamo questo essere con viti, bulloni, etc etc. Prendiamo appunto la sua versione popolare. Oggi la Formula Uno sembra quel “mostro”: un “accrocchio” rattoppato qua e la, con intenti certamente nobili, si suppone, ma con esiti alquanto imbarazzanti e potenzialmente esiziali.

Vediamo: monoposto certamente veloci, dopo aver permesso lo sviluppo, almeno in parte delle Power Unit, ma molto pesanti e “grandi”: forse quelle con dimensioni maggiori se si eccettuano i primordi della Formuna Uno.

E’ il portato della scommessa del turbo ibrido, che di per se non è affatto una realtà o scelta sbagliata, e che avrà ricadute sicuramente nella produzione di serie.

Prima o poi (a mio parere più poi, perché un cambiamento tecnologico avviene non perché lo vuole la politica, ma perché i tempi sono maturi, come ci insegna la Storia) arriverà l’elettrico di massa sulle quattro ruote. I problemi da risolvere sono ancora due per la grande produzione: il costo e l’autonomia. Nulla di insormontabile, ma ci vorrà tempo.

Ma questo specifico turbo ibrido, era l’unica strada che si poteva percorrere in Formula Uno? Ha senso aver spinto la Formula Uno, tempio della velocità per eccellenza, in senso contrario, puntando sulla durata delle componenti? Come possono coesistere velocità e  durata? Sono un evidente ossimoro. E difatti, visto che devo usare 3 PU per 21 Gran premi, pena esemplari “punizioni” in griglia ecco che io, Team, decido che ad un certo punto si va in “modalità Taxi”, e il pilota diventa un autista con il braccio fuori dal finestrino. Lo ha spiegato di recente Mario Isola.

Per non parlare delle altre ridicole limitazioni (flussometro in primis) di tutte le altre componenti, e last but not least, la provocazione recente di un cambio standard per tutte le monoposto nel futuro prossimo. Cioè trasformare la Formula Uno in Formula Indy. Altro abominio, ma non perché la Formula Indy sia una cosa brutta; semplicemente si tratta di due cose diverse, che hanno filosofie completamente diverse. “Monomarca” contro “Plurimarca”.

Ci sarebbe potuto essere un altro ibrido, con poche regole chiari, senza assurde limitazioni sullo sviluppo con il continuo ripetere che si trattava di ridurre i costi. Anche qui: il massimo dell’esasperazione tecnologica sulle 4 ruote non può, semplicemente, coesistere con l’idea che ci debba essere un risparmio. E infatti, vieti i test liberi in circuito (cosa che grida vendetta davanti agli dei dello sport), uso i simulatori; mi obblighi ad usare tre motori, ne faccio rompere un migliaio al banco e poi alzo il piede per almeno un terzo della gara. E certamente i costi non diminuiscono, anzi, ci scommetto quello che volete, sono pari se non maggiori.

Torniamo a Frankenstein, ma soprattutto a quello cinematografico, il meraviglioso capolavoro comico di Mel Brooks, “Frankenstein Junior”. Igor l’aiutante, spiaccica per sbaglio, per terra, il cervello conservato di un grande scienziato che avrebbe dovuto animare la creatura, e per evitare rogne prende un altro cervello a caso, che risulterà essere anormale. Questa è la Formula Uno di oggi. Un corpo d’arlecchino con un cervello un pò così.

E’ vero, direte, queste sono cose che in altre salse e condite in altro modo, noi ed altri abbiamo detto.

Ma non è un buon motivo per non ricordarle.

Mariano Froldi

LE INTERVISTE DEL FROLDI: A TU PER TU CON MARIO ISOLA

Mario Isola non è un’isola. E scusatemi per il gioco di parole poco originale.

Intendo dire che non è enigmatico, “compresso” e “imbrigliato” nel mondo dorato, attraente e respingente, del Circus, preso in toto dalle sue tante responsabilità di capo della Pirelli per la Formula Uno. Ti basta una chiacchierata con lui per capire che è cristallino. Onesto.

Aggiungo che sa quanto, per usare le sue parole, il vero mondo, la vera vita non sono la Formula Uno. Che forse, alla fine, è solo un grande e divertente gioco per grandi (e questo lo aggiungo io). Certo, senza lo sport, la vita sarebbe molto, molto più grama. E anche questo è un fatto.

Appassionato di Formula Uno, go-kart, poi rally, collaudatore, istruttore di guida sicura, da molti anni nel mondo Pirelli sino a diventarne il boss nel mondo delle corse. Alla boa dei 50 anni, appunto: come si diventa Mario Isola?

(Il diretto interessato sorride di gusto): «La prima parola che mi viene in mente è passione. Ho cominciato ad appassionarmi alla Formula Uno con Gilles Villenueve, il mito dell’epoca. A 12 anni ho cominciato a mettere in croce mio padre per comprarmi un cart, però all’epoca non si poteva correre sotto i 12 anni, quindi lui aveva la buona scusa di dirmi “Sei troppo piccolo”. Poi i 12 anni sono arrivati e allora ha dovuto cedere. Correre col cart è diventata una passione: la mattina a scuola, il pomeriggio a pulirlo, a smontarlo, a mettere il motore nello zaino per portarlo dal preparatore. Ricordi “agghiaccianti” e belli. Nel 1996, dopo il Liceo, stavo finendo il servizio militare, ho avuto l’occasione di fare un colloquio in Pirelli. Chiedono un po’ di cose e viene fuori che avevo corso col cart. Il consueto “Le faremo sapere”. Dopo un po’ mi chiamano: una prova di guida a Vizzola. Ho capito che si era licenziato un collaudatore, quindi ho pensato: un po’ di fortuna. Prendo un giorno di licenza dal militare, vado a fare la prova di guida, non mi dicono niente. Tanta tensione. Mi riportano a Milano e: “Ciao, è stato un piacere”. Mi dico: “E’ andata male”. In realtà, poco dopo, comincia la mia avventura in Pirelli dove piano piano mi riavvicino al motorsport. Nel 2005 il mio capo dice: “Vai a fare il responsabile attività rally”. Comincio, ma non avevo mai avuto l’occasione di fare un rally, e ho pensato che dovevo provare, dovevo capire, non bastava parlare con i piloti, sentire i loro racconti. E sono riuscito, anche grazie all’aiuto di amici, mettendo insieme soldi qua e là, a fare un po’ di gare. Rally in Messico, nel 2009, esperienza incredibile, uno in Cina, due in Croazia, uno in Italia. Tre asfalto, due terra. Ho scoperto un mondo veramente affascinate. Oggi ti dico onestamente che l’attività in Formula Uno è così impegnativa che di tempo per pilotare ne ho veramente poco. L’unica cosa che continuo a fare è occuparmi della formazione degli autisti di ambulanze per l’Associazione nazionale Pubblica Assistenza in Lombardia. Io sono referente regionale per cui, con altri ragazzi di altre associazioni, abbiamo creato un corso nel 2004, che continuiamo a erogare».

Anche tu, come altri coetanei, sei stato “folgorato” dalla “febbre Villenueve”…

«Si. Poi sono poi diventato tifoso di Senna, come mezzo mondo. Erano gli anni Novanta, ed a Monza sono riuscito a vedere da vicino i miei “idoli”. Allora la Formula Uno era meno chiusa.  Villeneuve e Senna sono stati due colpi al cuore. Quando è successo l’incidente a Villeneuve ero un bambino,  con Senna ero un po’ più grandicello».

Ora hai la possibilità di stare a stretto contatto con tutti i piloti di Formula Uno…

«Quando cominci a lavorarci insieme è diverso, perché non c’è il pilota “più bravo”. Li conosci e hai un rapporto che diventa più personale con ognuno di loro, chi più, chi meno.  Alla fine diventano più “persone” e non puoi più averne uno preferito. Aggiungo poi che la passione è una cosa, la professionalità è un’altra. E’ chiaro che come fornitore unico, ed è quello che spesso cerco di spiegare alla gente, noi dobbiamo fare gomme uguali per tutti. Poi, se il cuore batte per Ferrari o per un altro team è un altro paio di maniche. Da italiano la passione per la Ferrari c’è sempre stata, non lo posso negare. Questo non vuol dire che si possa favorire la Ferrari (addirittura c’è chi ci accusa di fare il contrario); ne va della serietà del nome dell’azienda e del mio. Se poi uno è un po’ più contento o meno contento è un’altra cosa».

Cosa ti aspetti per la stagione 2019?

«Intanto le problematiche: abbiamo cercato di limitare l’overheating e il blistering (che in alcune gare del 2018 è stato presente) con mescole di nuova concezione.

Ci sono due novità: bisogna capire come funziona il nuovo pacchetto aerodinamico deciso dalla Federazioni e l’impatto dei 5 litri in più di carburante.

Credo che non avremo, almeno per le prime gare, lo stesso carico aerodinamico dell’anno scorso; per capire i valori in campo aspetterei il primo Gran Premio. Gli pneumatici mantengono stessa misura e profilo,  ma abbiamo 5 mescole totali rispetto alle 7 dello scorso anno. Bisogna vedere se il nuovo pacchetto aerodinamico limiterà le turbolenze che investono una monoposto in scia ad un’altra (mediamente quella dietro perde 200 chilogrammi di carico) e anche come questo interagirà con gli pneumatici. Cinque litri in più potrebbero, soprattutto in alcuni circuiti, garantire ai piloti la possibilità di essere più veloci».

La filosofia di fondo delle nuove mescole?

«L’anno scorso in certe gare siamo andati più “morbidi”, pensando che in questo modo i piloti potessero e volessero andare più forte. Però abbiamo visto quasi sempre strategie ad una sola sosta perché erano più sicure e redditizie per i Team. Le squadre hanno verificato che ciò che guadagni con lo pneumatico nuovo non compensa ciò che perdi nella sosta e quindi per questo abbiamo visto i piloti, in alcuni momenti della gara, rallentare il ritmo. Tra l’altro questo, nell’economia generale, riserva il  motore e le altre componenti ibride.

Se la situazione è questa, inutile andare ancora più morbidi: per questo abbiamo pensato ad una scelta più conservativa con il nuovo prodotto; i piloti potranno attaccare maggiormente perché la gomma si rovina meno facilmente con una prestazione più costante. Perché ovviamente tutti vogliamo vedere macchine che si superano in pista e non ai box.

Tante volte si parla giustamente di gomme (e le si criticano) che hanno una grossa influenza su tutto il pacchetto della vettura, ma non dimentichiamoci che questa è una Formula Uno in cui le Power Unit devono essere salvaguardate per più gare e non possono essere spinte sempre al limite; confrontare il 2005 con il 2018 o anche solo il 2011 significa parlare di gomme e di monoposto completamente diverse. Nel 2011 avevamo pneumatici ad alto degrado, ma l’approccio dei team era quello di attaccare. Con questo regolamento le scuderie fanno altri ragionamenti».

La Pirelli, nel frattempo, ha visto il rinnovo del suo ruolo di fornitore unico sino al 2023…

«Siamo ovviamente felici di questa fiducia che ci è stata confermata e che, io credo, ci siamo guadagnati sul campo.

La vera scommessa è nel 2021 con i cerchi da 18 pollici e l’eliminazione delle termocoperte.

Abbiamo belle sfide tecnologiche davanti a noi e in totale saranno 13 anni consecutivi; non ci dobbiamo mai fermare cercando di migliorare sempre di più il nostro prodotto.

Vedere le nostre gomme protagoniste è importante, ma è più importante che i piloti siano messi in condizione di poter lottare in pista».

Qual è il tuo auspicio per il futuro della Formula Uno, in particolare per il 2019?

«Belle gare, ma soprattutto più squadre che possano lottare per il campionato e magari che più piloti si giocano il Mondiale sino all’ultima gara.

Quando hai una sola squadra che domina non hai mai un campionato entusiasmante. L’anno scorso abbiamo avuto delle gare combattute e dobbiamo stare attenti a fare delle modifiche regolamentari perché non devono stravolgere ciò che c’è ma devono andare nella direzione giusta».

Per Mario Isola quali sono i valori più importanti della vita?

«Sono l’amicizia e la trasparenza. Penso di essere una persona abbastanza diretta nel modo di approcciarmi. Questo a volte non è molto gradito. Ci sono ambienti dove dovresti essere molto più politico, diplomatico. Però preferisco che tu mi dica “non mi sei simpatico, hai sbagliato”. Io ho un ottimo rapporto con Robert Kubica, ad esempio, che è una delle persone più dirette che ho incontrato. Non è che sia sempre stato “amore”, ci sono stati dei momenti in cui lui ha fatto delle critiche molto pesanti alle gomme, però motivate. Allora preferisco saperlo e lavorarci per sistemare le cose, piuttosto che avere uno che ti dice “no, va tutto bene” e poi magari esce e va dai giornalisti e critica il prodotto. Non mi sento un carrierista, sto bene con me stesso, non vado a cercare soldi, non mi lamento. Non è la mia priorità, quella. Penso che in questo il volontariato mi abbia insegnato un po’ di cose».

Puoi spiegarmi meglio questo aspetto “privato”?

«E’ che bisogna stare con i piedi per terra. Tu lavori in questo mondo dorato, fatto di belle cose, ma non è il mondo vero. Quando esco di notte con l’ambulanza a soccorrere chi più ne ha bisogno (ad esempio gli homeless), mi rendo conto che c’è anche un’altra realtà, concreta, che non è questa. E allora pensi “forse sei fortunato ad aver avuto certe cose nella vita”, per cui non dimenticarselo aiuta a stare coi piedi per terra, a dare il giusto peso a tutto quello che ti circonda».

 

Mariano Froldi

Test F1 Barcellona, Giorno 2

Benvenuti all’analisi di questa seconda giornata di Test al Montmelò. L’attività in pista di oggi ricalca grosso modo quella di ieri, tranne per un importante particolare, il meteo, che ha provocato leggeri problemi ai team, soprattutto nella prima mattinata con le temperature più fredde (sia ambientali che dell’asfalto) per quanto riguarda la finestra di utilizzo degli pneumatici. Infatti è comparso il graining, fenomeno di degrado della superficie del battistrada dovuto alle temperature troppo basse (frequente all’anteriore, specialmente lato sinistro, a Barcellona), rientrato successivamente con il ristabilirsi delle temperature (seppur rimaste di qualche grado inferiore a ieri).

Cominciamo, in attesa del debutto della Williams atteso domani pomeriggio, nella nostra consueta “classifica dal basso” dei team più proficui in pista con la Haas- Ferrari, la quale, nonostante si sia mostrata anche oggi molto solida in quanto a prestazione pura (testimoniato dal terzo tempo assoluto a circa 1 secondo dalla Rossa di Leclerc a parità di mescola), si ritrova in questa zona della classifica a causa di un problema “irrisolvibile” al sedile del danese che ha permesso il debutto anticipato di Pietro Fittipaldi (che continuerà domattina). Solo 72 giri per gli italo-americani, ma sono contenti riguardo all’handling della vettura.

Lance Stroll (CDN) Racing Point F1 Team RP19.
19.02.2019.

Giornata positiva e programma svolto per Lance Stroll al debutto con la RP19. Solo 79 giri ma comunque il triplo di quelli svolti da Perez ieri nello “shakedown ufficiale” della Racing Point. L’ex Williams si è detto soddisfatto ed emozionato, ma ha ammesso di non conoscere ancora a fondo i metodi di lavoro del nuovo team e di non avere un buon feeling con le nuove regole aerodinamiche, da mettere alla prova probabilmente soltanto nei weekend di gara.

Pierre Gasly  driving the (10) Aston Martin Red Bull Racing RB15  (Photo by Dan Istitene/Getty Images)

Solo 92 giri per Pierre Gasly e la sua Red Bull RB15. Dopo una mattinata proficua, basata su short runs per ottenere la maggior quantità di dati possibili sulle gomme e sul comportamento della vettura, è stato autore di un incidente che ha messo fine alla sua giornata, dovuto ad una improvvisa perdita del posteriore della vettura. Tanto lavoro quindi per il team in serata per preparare la giornata di domani.

Antonio Giovinazzi (ITA) Alfa Romeo Racing C38.
19.02.2019.

Quinta posizione assoluta e più di 100 giri per Antonio Giovinazzi e la sua Alfa Romeo C38, al debutto “ufficiale” in questa stagione. Tante prove sulla vettura, anche “studiando” il lavoro di Kimi di ieri, che hanno risposto come si aspettavano i tecnici, quindi atmosfera positiva nel team con licenza svizzera. Giornata impegnativa anche dal punto di vista fisico per il pilota italiano che ha ammesso di aver dovuto “rispolverare un po’ se stesso come pilota” e di fare molto allenamento in vista della vero e proprio debutto a Melbourne.

Alexander Albon (THA) Scuderia Toro Rosso STR14.
19.02.2019.

Tanto lavoro per i rookie di questa stagione, Lando Norris (McLaren) e Alexander Albon (Toro Rosso): ben 104 e 132 giri rispettivamente e tanti dati portati a casa. McLaren, oltre ad aver testato la nuova MCL34 in vari runs con diverse specifiche di gomme per aumentare la comprensione di un pacchetto davvero diverso dal precedente, ha provato anche dei giri di qualifica a serbatoi scarichi, che hanno permesso al pilota britannico di raggiungere addirittura la seconda posizione assoluta odierna. Tanto impegno anche per il pilota anglo-thailandese: nonostante sia stato autore di un testacoda nel suo primo giro con la vettura “spaventato” dalle forze G, ha continuato il lavoro cominciato ieri da Kvyat sulla gestione della PU e di raccolta dati aerodinamici.

Daniel Ricciardo (AUS) Renault Sport F1 Team RS19.
19.02.2019.

Giornata complicata per Daniel Ricciardo e la RS19. Il pilota australiano ha potuto completare appena 28 giri nella sua sessione mattutina a causa di una spettacolare e pericolosa rottura del suo DRS in pieno rettilineo. Il pilota di Perth però si dice fiducioso sul setup e sul comportamento della vettura, anche perché il resto del lavoro è stato compiuto da Hulkenberg, tra cui vari long runs in ben 95 giri nel solo pomeriggio.

Valtteri Bottas (FIN) Mercedes AMG F1 W10.
18.02.2019.

Ultimo argomento di questa analisi sono i due Top Team, Mercedes e Ferrari. Gli anglo-tedeschi si sono concentrati in numerosi long run con mescole C2 (medium) e C3 (soft), test aerodinamici e prove di gestione PU. Nessun problema di affidabilità ma tanto studio sul bilanciamento della vettura apparso già da ieri non perfetto, ma in via di miglioramento, almeno secondo quanto riportato da Bottas, al lavoro nel pomeriggio. Solo nelle fasi finali il pilota finlandese ha provato un giro “veloce” con le gomme C3, che lo ha portato in sesta posizione assoluta, ancora lontano dalla vetta.

Lewis Hamilton (GBR) Mercedes AMG F1 W10.
19.02.2019.

Leclerc, al debutto con Ferrari, invece si impone nella classifica assoluta, sia per numero di giri assoluti che per tempo sul giro: 1.18.247 con gomma Soft, ad un decimo dal tempo fatto dal suo compagno ieri. In mattinata Ferrari è partita molto cauta per far prendere feeling al pilota monegasco con la SF90, per poi fargli seguire lo stesso programma svolto in mattinata da Vettel: tempi molto simili, venuti in modo facile appena la vettura è scesa in pista. A confermare questo comportamento, già visto ieri, è lo stesso Leclerc: “mi sono sentito subito a mio agio e mi sono divertito molto. Abbiamo raccolto tantissimi dati e abbiamo portato a termine il nostro programma”.

Si è parlato molto di “nascondino” da parte di Mercedes mentre Ferrari , invece, avrebbe “scoperto le carte”: assolutamente falso. Entrambi i team sono ben lontani dall’aver espresso il loro vero potenziale, anche perché impegnati (e lo saranno per tutta la prima settimana di test) in prove fondamentali di comparazione con la galleria del vento e con i dati delle simulazioni. E poi, per nascondersi, basta alzare il piede sul rettilineo come fatto dai due piloti della Rossa…no?

Charles Leclerc (MON) Ferrari SF90.
19.02.2019.

Chris Ammirabile

Test F1 Barcellona, Giorno 1

Ciao a tutti e benvenuti all’analisi della 1° giornata di Test F1 svoltasi nel consueto circuito di Catalunya, a pochi km da Barcellona: tanta trepidazione e attesa anche quest’anno per vedere in azione le nuove vetture 2019, caratterizzate da modifiche aerodinamiche ben evidenti sia sulle ali che sul corpo vettura per “garantire” una minor turbolenza di flussi, maggior capacità a seguire gli avversari a distanza ravvicinata e, quindi, maggiori sorpassi (almeno in teoria) in questa stagione.

Al contrario dello scorso anno, ad agevolare il lavoro di ingegneri, tecnici e piloti c’è stato il meteo: giornata serena, soleggiata, con poco vento e temperature miti. Quale miglior occasione, quindi, per programmare sessioni di comparazione con i dati della galleria, fin dalle prime ore della mattinata, per tutti i team. O quasi. Ricordo, infatti, per chi giustamente non l’avesse notato (date le prestazioni) l’assenza della Williams (al 99% sarà assente anche domani), per motivi di ritardo con l’assemblamento della vettura, notizia già nell’aria da parecchi giorni (ahi, ahi, Claire…).

Sergio Perez (MEX) Racing Point F1 RP19

 

Fanalino di coda, per numero di giri compiuti, è la nuova Racing Point-Mercedes, guidata da Sergio Perez: soli 30 giri, per un totale di 140km, piuttosto deludente guardando a ciò che hanno fatto i diretti competitor. Non è dello stesso parere, però, il fiducioso pilota messicano spiegando come, per il team britannico, in realtà, questa prima giornata è da considerarsi uno shakedown: tanti check e pochi run per prendere confidenza con la neonata RP19.

 

Segue nella classifica crescente per numero di giri compiuti la Haas-Ferrari, guidata da Romain Grosjean: 65 giri e 3° posto con il tempo di 1:19.159 (+0.998) su gomme a banda gialla (C3). In mattinata il lavoro del francese è stato ostacolato da una perdita di pressione del carburante sulla VF-19, probabilmente dovuta ad un montaggio erroneo della vettura. Nel pomeriggio, invece, ha girato regolarmente, dimostrando le grandi qualità telaistiche della vettura Dallara (di ispirazione SF71H), accoppiata alla componentistica Ferrari.

 

Daniil Kvyat (RUS) Scuderia Toro Rosso STR14

Sesto posto e 77 giri completati per la Toro Rosso con alla guida il “redivivo” Daniil Kvyat, dopo l’ottima esperienza al simulatore di Maranello. Il team italiano, dopo aver fatto debuttare la STR14 lo scorso mercoledì a Misano durante un filming day, ha subito provato a compiere molte tornate per capire il comportamento della monoposto motorizzata Honda e il feeling è positivo. Interessante anche sottolineare la fiducia di Franz Tost nei nipponici, tanto da sottolineare di poter compiere tutta la stagione con sole 3 PU. Un po’ difficile per un team che resta, anche quest’anno, il tester degli sviluppi sul motore…

 

Daniel Ricciardo (AUS) Renault Sport F1 Team RS19.
18.02.2019.

Lotta per il “midfield” di questa personalissima classifica di tornate con McLaren, Renault e Alfa Romeo che hanno compiuto, rispettivamente, 119, 109 e 114 giri. Per gli inglesi una vettura tutta da esplorare: completamente stravolto il concept aerodinamico, per risolvere i cronici problemi di drag e quindi era importantissimo compiere quanti più km possibili. Soddisfatto Carlos Sainz della vettura: buona affidabilità (nonostante un blackout nel pomeriggio) e addirittura 2° tempo assoluto, seppur con mescola più morbida. Renault, invece, ha alternato Hulkenberg e Ricciardo: la vettura però mostra ancora evidenti carenze di guidabilità (testimoniate dagli ultimi due tempi di giornata), quindi molto lavoro da svolgere per avvicinare i top team. Discorso diverso, invece, per Kimi Raikkonen e l’Alfa Romeo C38: definita “un grande passo avanti rispetto alla C37”, nonostante sia stata “battezzata” subito nella ghiaia, ha dato al pilota finlandese ottimi feedback, con buoni riscontri sia sul giro secco, che nei long run.

Kimi Raikkonen (FIN) Alfa Romeo Racing C38.
18.02.2019.

Concludiamo l’analisi della giornata di oggi con i 3 Top Team, Red Bull, Mercedes e Ferrari. Per i ragazzi di Milton Keynes davvero una giornata felice: buon passo gara (mostrato specialmente nel pomeriggio) e buona affidabilità della PU Honda, nonostante qualche “spegnimento” nelle prime uscite, prontamente risolto. Da sottolineare, per quanto riguarda la RB15, la stabilità nei trasferimento di carico, chiaro segno di un ottimo comportamento delle sospensioni; ho notato, però, qualche traiettoria larga di troppo, segnale di un sottosterzo un po’ pronunciato, forse nel tentativo di aumentare la velocità di percorrenza. 

Max Verstappen (NLD) Red Bull Racing RB14.
18.02.2019.

A circa 2 secondi dalla vetta troviamo la Mercedes con Bottas (mattina) e Hamilton (pomeriggio): nonostante sia abbastanza chiaro che non abbiano badato al cronometro, spicca nella giornata di oggi una stranezza nel comportamento della Freccia d’Argento: la vettura necessita di parecchia comprensione, sembrando più complicata della precedente W09. A sottolinearlo sia James Allison, che i due piloti, definendola una macchina “completamente nuova e tutta da scoprire”, ma anche il comportamento in pista, non sempre stabile in curva. E si spargono velocemente nel paddock le voci di una Mercedes “spiazzata” dalla soluzione aerodinamica all’anteriore della Ferrari, che cerca di correre “ai ripari” con addirittura con 3 ali in fase di studio di diversa concezione.

Lewis Hamilton (GBR) Mercedes AMG F1 W10.
18.02.2019.

Ultima analisi di giornata per la Ferrari SF90, guidata senza errori (tranne un piccolo spin a inizio sessione) da Sebastian Vettel. Ben 169 giri e primo tempo assoluto di giornata, compiuto senza troppe forzature. Ciò che ha impressionato gli addetti ai lavori e i tifosi in pista è stata la tranquillità e la facilità con cui la vettura ha girato in pista, mostrando tempi molto buoni nonostante fossero semplici comparazioni con la galleria come per gli altri team. Particolarmente contento è stato il pilota tedesco, il quale ha sottolineato come la giornata sia stata “molto vicina alla perfezione”, ringraziando i tecnici del lavoro svolto sulla vettura, che si è mostrata costante, affidabile, prevedibile e per nulla carente di quel carico rimosso, in teoria, dal nuovo regolamento. Come di consueto ai test mi preme sottolineare che siamo ben lontani dal poter fare un’analisi accurata e precisa sui potenziali in pista. Ciononostante una nota rivista tedesca ha quantificato, da dati GPS Red Bull, un vantaggio di circa 0.5 sec della Ferrari su Mercedes in questa prima giornata…

Sebastian Vettel (GER) Ferrari SF90.
18.02.2019.

Chris Ammirabile

Classifica tempi:

L’ANGOLO DEL FROLDI: FORMA E SOSTANZA

Nessun effetto “wow” (per ricordare Steve Jobs), per ora, con Haas, Williams, Renault, Toro Rosso.  A me è piaciuta la livrea della Haas, mi ha ricordato la Lotus, ma siamo nei gusti cromatici, del tutto personali ed opinabili.

Della Mercedes nonostante il camouflage psichedelico s’è capito che non dovrebbe essere rivoluzionaria, semmai un’evoluzione. Comunque oggi sarà presentata e vedremo.

Della Ferrari sapremo qualcosa di più fra qualche giorno. Forse qualche sorpresa ce la riserverà la Red Bull. O forse no.

Intanto bisogna ricordare che con un regolamento che è più restrittivo di un anaconda gigante in piena foresta equatoriale, non è che gli ingegneri possano inventarsi chissà cosa. E poi, ovviamente, le parti importanti ai fini della prestazione come fondo, bargeboard, etc etc le vedremo solo quando le monoposto scenderanno in pista a Barcellona. E forse neanche allora le monoposto saranno nella versione “definitiva”.

L’estetica delle monoposto è poi un fattore secondario quando si tratta di risultati. La Ferrari del 1979 era alquanto bruttina, un ferro da stiro (ma d’altronde era l’era delle monoposto ad effetto suolo) eppure vinse il titolo. Ergo: era bellissima. E d’altronde tale assioma ce lo aveva spiegato Enzo Ferrari.

Alcune fra le Ferrari più belle (giusto per restare in terra rossa), tipo quella del 1992 e quella del 1996, furono fra quelle meno efficienti.

Nel 1992 Migeot se ne uscì con un doppio fondo che disegnò una monoposto che sembrava un caccia. A livello teorico prometteva sfracelli. Messa in pista, era praticamente inguidabile.

La prima rossa di Barnard fu, se non la più bella, fra le più belle monoposto di tutta la storia della Formula Uno, nel biennio 1989-90. Le mancò l’iride, alla papera, per le note vicende, ma fu un vero e proprio capolavoro. Una regina senza corona. La quarta creatura di Barnard, al primo anno di Michael, nel 1996, fu rivoltata come un calzino da Brawn e Byrne (Barnard se ne andò via ad inizio ’97, questa volta per non tornare più in Ferrari) con una versione B che non aveva quasi nulla della versione originale.

La Ferrari del 2014 fu invece un unicum. Un obbrobrio di monoposto e una ciofeca anche nella performance.

Quella del 2012 se la ricordano tutti per quel muso assurdo (frutto dell’interpretazioni ultra-legalista del regolamento), ma qualche soddisfazione se la prese.

Di monoposto “made in Maranello” ne ho visto tante.

A me ad esempio faceva impazzire quella del 1988, oltre alla già citata “papera”.

Sono curioso di vedere come sarà la nuova monoposto rossa, perché in effetti le ultime due Ferrari hanno rappresentato una novità con concetti aerodinamici spesso al limite. Finalmente.

Già. Forma e sostanza.

A proposito, piccola parentesi. Ma quanto sono brutti e pasticciati, mediamente, i caschi dei piloti attuali…

A me francamente, e credo anche a voi, della forma di una monoposto interessa poco alla fine. Interessa che si vinca. Punto. Il resto è fuffa.

 

Mariano Froldi