E’ il 1956, Alberto Ascari era appena morto, il Drake aveva perso il suo caro amato Dino e alla Ferrari era approdato il campione dei campioni: Juan Manuel Fangio.
E’ decisamente un periodo particolare per Enzo, forse il periodo più tragico che sta vivendo dalla nascita, aveva già perso la madre, il fratello e il padre, gli ultimi due in circostanze molto critiche e dure, ma un figlio che se ne va ti lascia un vuoto dentro, che molto probabilmente non riesci a colmare, nonostante una vita ricca di eventi e di emozioni.
Ferrari è talmente tanto avvolto dal dolore che medita anche di ritirarsi ma, fortunatamente per noi, non lo farà mai.
Tornando alle corse, chi era Juan Manuel Fangio?
Juan Manuel Fangio, nato a Balcarce, in Argentina e di origine abruzzesi, il 24 giugno 1911, può essere considerato a tutti gli effetti come il più grande campione che la Formula 1 ha avuto nel suo passato più remoto.
Fangio iniziò la sua carriera come meccanico, preparando le vetture che poi partecipavano alle “Carreteras”, vere e proprie maratone stradali. Queste competizioni mettevano a dura prova il fisico dei piloti, erano gare molto ostiche che potevano forgiare davvero al meglio l’animo dei campioni. Anche Fangio vi partecipò e, proprio in occasione di queste prove, mosse i suoi primi passi nel mondo del motosport.
Nonostante la morte di un suo amico e copilota, Daniel Urritia, Fangio, come un martello pneumatico macinò km e km e cominciò ad accumulare vittorie su vittorie, le prime consacrazioni europee avvennero nel 1949, fra le quali spicca la vittoria sul circuito di Monza.
Fu proprio nel 1949 sul circuito di Modena che Fangio e Ferrari incrociarono le proprie strade.
“Lo osservai per un paio di giri, finii per tenergli gli occhi addosso. Aveva uno stile insolito: era forse l’unico a uscire dalle curve senza sbarbare le balle di paglia all’esterno. Questo argentino, mi dissi, è bravo sul serio: esce sparato e resta nel bel mezzo della pista. Più tardi venne da me in scuderia. Era accompagnato da un funzionario dell’Automobile Club argentino e la conversazione fu abbastanza lunga: non proprio con lui, per la verità, giacché non disse più di dieci parole. A un certo punto, infatti, cominciai a guardarlo incuriosito: era un timido, un mediocre, un furbo? Non capii. Sfuggiva il mio sguardo, rispondeva a monosillabi con una strana voce d’alluminio e lasciava subito che gli altri interloquissero per lui, mentre un constante, indefinibile sorrisetto strabico gli rendeva il volto impenetrabile” (Enzo Ferrari su Fangio)
Fu un incontro di poche parole e molti sguardi, di certo un inizio non all’insegna della sintonia e dell’empatia fra i due ma come vedremo Enzo e Juan Manuel, a loro modo, vivranno insieme un amore sportivo unico, anche se molto travagliato.
Enzo aveva capito che il pilota argentino era un asso e che avrebbe fatto cose meravigliose, sicuramente non sapeva decifrarne il carattere ma sapeva tradurre in pensieri lucidissimi quello che aveva visto in pista di quel corridore.
Ferrari aveva ipotizzato, anche, che il campione argentino sarebbe stato il primo pilota a vincere il titolo mondiale di Formula 1, nel 1950, ma si sbagliò, di pochi anni e la sua previsione non coincise con l’esatta realizzazione dei fatti in pista.
Del personaggio Enzo capì poco, ma del pilota, come detto poc’anzi il Drake carpì la vera essenza: Fangio aveva una visione della gara superiore rispetto ai suoi competitori, possedeva inoltre una sicurezza invidiabile e a, differenza di molti, era un pilota molto equilibrato.
Nel giugno del 1949 Fangio partecipò con una Ferrari al Gran Premio di Monza. Il pilota argentino impose da subito la sua andatura e stava provando ad accumulare un discreto vantaggio dai suoi rivali, veramente agguerriti. Fangio si stava scontrando con piloti del calibro di Ascari, Villoresi, Bonetti e Cortesi.
Verso la fine della corsa improvvisamente rallentò la sua andatura, il gap che aveva, con tanta maestria, posto fra lui e il resto del gruppo stava, man mano, diminuendo. Il suo meccanico di pista Amedeo Bignami prese una ruota con la mazzuola di piombo e gli fece segno di fermarsi ai box.
Ferrari fu testimone oculare della competizione, in quanto ancora viveva con profondo spirito attivo la pista e si sa, al Drake nulla sfuggiva.
Non sfuggì il segno di Bignami e allo stesso tempo si accorse anche dell’atteggiamento di Fangio in macchina, infatti l’argentino avevo lo sguardo fisso sul cruscotto. A quanto pare la temperatura dell’olio si era impennata e il pilota era visibilmente preoccupato di un possibile crollo dell’affidabilità .
A quel punto Ferrari fece segno all’ingegnere di rimettersi al proprio posto e di aspettare gli sviluppi della gara. Forse il Drake aveva avuto una visione profetica o un’ottima intuizione, fatto sta che Fangio riprese il ritmo e vinse.
Fu solo nel 1956 che Juan Manuel approdò in Ferrari, nella squadra ufficiale. Non arrivò da neofita, ma da triplice campione del mondo.
Il primo titolo mondiale Fangio lo vinse nel 1951 ottenendo tre vittorie in Svizzera, Francia e Spagna e arrivando secondo due volte a Silverstone e al Nurburgring.
Il secondo invece arrivò nel 1954 , dopo due anni davvero molto duri.
Nel 1952 l’Alfa Romeo decise di abbandonare la Formula 1 e di Fangio si ricorda soprattutto il bruttissimo incidente avvenuto sul circuito monzese.
Si narra che Fangio si trovava a Belfast per una gara e non raggiunse la coincidenza per arrivare sul circuito di Monza in tempo. Voleva assolutamente partecipare a quella gara e si mise in viaggio, guidando tutta la notte da Parigi. Arrivò per il rotto della cuffia e credo profondamente stanco. Fangio partì dal fondo e cercando di tentarle tutte per rimontare, non fece altro che perdere il controllo della sua Maserati precisamente alla prima curva di Lesmo. Il pilota sbalzò fuori dall’abitacolo e si ritrovò su un cumulo di terra.
La vita di Fangio ebbe una battuta d’arresto, infatti il pilota argentino, fortunatamente, uscì da questo avvenimento solo con una frattura alla vertebra cervicale e molti ematomi su tutto il corpo. Traumi che costrinsero Fangio ad una pausa dal mondo delle corse. Ci vollero parecchi mesi per il pilota per recuperare la forma perduta.
L’anno dopo, il 1953, avvenne la firma del contratto con la Maserati. L’inizio del mondiale non fu dei più facili. Alla guida della A6GCM, nelle prime gare Fangio collezionò tre ritiri di fila. Qualche buon piazzamento invece arrivò in occasione della Mille Miglia e della Targa Florio dove conquistò l’ennesimo podio.
La svolta si realizzò in terra francese dove Fangio cominciò ad ingranare la marcia ottenendo un secondo posto, gradino del podio che occupò anche in Inghilterra e Germania. Dopo un anno dal suo terribile incidente Juan Manuel ebbe anche il riscatto a Monza vincendo il Gran Premio di Italia. Alla fine dell’anno arrivò in classifica secondo alle spalle di Alberto Ascari.
Per la stagione del 1954 Fangio decise di appoggiare il progetto della Mercedes, lo squadrone tedesco in realtà non era ancora pronta per prendere parte alle competizioni. Il pilota sudamericano riuscì, grazie ad una clausola, a correre con la Maserati con cui vinse in Argentina e in Belgio.
La Mercedes, finalmente pronta ad affrontare il mondiale, fece il tanto sospirato debutto con la W196 nel terzo gran premio dell’anno e Fangio riuscì ad iniziare questa nuova avventura con un team diverso. Nuova macchina ma vecchio risultato. Fangio dominò il mondiale e raggiunse un altro volta il tetto più alto del mondo.
Nel 1955 replicò i risultati dell’anno precedente, il suo rivale fu Alberto Ascari che per quell’anno era al volante della Lancia, squadra che si rivelò avversario ufficiale del team tedesco. Ascari però morì e Fangio si ritrovò da solo sulla rotta del terzo titolo mondiale.
Lo stesso anno arrivò secondo alla Mille Miglia, vinse al Nurburgring e si salvò per miracolo dal disastro di Le Mans dove persero la vita 84 persone.
Juan Manuel quindi arrivò in Ferrari nel 1956. Disputando quindici gare, vincendone 6, arrivando quattro volte secondo, due volte quarto e collezionando tre ritiri il pilota argentino ottenne il suo quarto titolo mondiale.
Ma fu un anno complicato, tinto anche da sfumature gialle noir.
Fu, secondo Juan Manuel, un’annata ricca di presunti tradimenti, boicottaggi ed inganni, tutto attuato solo per metterlo in cattiva luce.
“L’autore di tante perfide manovre? Enzo Ferrari: cioè proprio chi lo aveva ingaggiato”(Enzo Ferrari)
Furono molte le lamentele di Fangio durante tutto lo svolgimento del mondiale, inoltre con il suo compagno di squadra non si era mai instaurato un rapporto davvero idilliaco, anzi con Peter Collins mai erano nate una profonda simbiosi ed un’intensa alchimia.
Gli episodi di scontri fra Fangio e la Ferrari furono molti. Vi riporto, direttamente dalle parole del Drake, il racconto di una vicenda molto particolare e singolare.
“Alla Mille Miglia Fangio arriva quarto. Con i lettori del suo libro (Fangio scrisse un libro) si giustifica così: ho fatto la corsa con l’abitacolo della Ferrari mezzo allagato per gli spruzzi di pioggia che entravano attraverso due speciali fori praticati per il raffreddamento dei freni. E insinua: i tecnici della Ferrari avevano studiato apposta questi fori, non già per raffreddare i freni, ma per giocarmi un tiro malvagio. Ovvero: i tecnici della Ferrari avevano saputo che il giorno della gara sarebbe piovuto e avevano così predisposto la trappola, accuratamente studiando e provando, con pompe e getti d’acqua artificiali, l’esatto ingresso di acqua al posto di guida. Manca infine un particolare: quegli stessi diabolici fori non avevano impedito a Castellotti di trionfare!” (Enzo Ferrari)
Il secondo capitolo di questa non troppo elegante faida interna avvenne in Belgio. Fangio si ritira mentre dominava la gara. Ai box si scopre che il differenziale ha avuto un surriscaldamento eccessivo. Per Fangio causa di questo cedimento è l’ennesimo sabotaggio: non mi hanno messo l’olio.
Enzo Ferrari commentò così questa affermazione:
“C’è da aggiungere che gli avevamo inviato da Maranello una monoposto nuova tutta per lui. Ma lui, nel suo delirio di sospetti, non si era fidato e aveva preteso, dopo averla provata, quella vecchia di Collins. E Collins, sulla vettura destinata a Fangio e da lui rifiutata, vinse il Gran Premio”
All’ennesima accusa, rivolta da Fangio alla Ferrari, durante il weekend di Reims, il pilota argentino decise di farsi visitare da un neurologo che trovò in Juan Manuel una neurosi attiva dovuta probabilmente ad uno stato di ansia veramente acuto.
Per Enzo Ferrari quelle accuse venivano dalla convinzione nata nella mente del pilota argentino che il Cavallino Rampante avrebbe preferito far vincere il pilota inglese per una questione puramente economica, infatti il mercato del Regno Unito era più alla portata dell’azienda modenese invece quello argentino era chiuso alle importazioni.
Il rovescio della medaglia in realtà è vedere le cose da un’altra prospettiva. Secondo il punto di vista di Fangio, durante quell’annata, ci fu un piano segreto per rovinare la sua reputazione. Invece se si analizzano i fatti, lasciando da una parte le sue dietrologie, capiamo che invece la Ferrari lo ha aiutato più di quanto effettivamente ritenesse lui stesso.
In Argentina vince perchè Musso gli cede la sua vettura, a Monaco corre con la Ferrari di Collins e arriva secondo, la stessa dinamica si ripete a Monza e conquista il titolo. A dispetto della sua opinione, i due compagni di squadra si sono sacrificati per lui e per non infangare il nome della scuderia di Maranello.
Senza il sacrificio di Musso e di Collins, soprattutto di Collins, Fangiò non sarebbe mai riuscito ad ottenere la sua quarta stella nel firmamento della Formula 1.
“Fangio è stato un grandissimo pilota afflitto da una curiosa mania di persecuzione. Non è infatti soltanto a mio riguardo che ha nutrito ogni sorta di sospetti: lui stesso racconta che in una corsa Villoresi derapò volontariamente per farsi investire dalla sua macchina, per favorire l’amico Ascari; un’altra volta accusa i meccanici dell’Alfa di non avergli fatto il pieno di carburante, apposta per far vincere Farina: altre volte ancora giustifica i suoi insuccessi con il non aver ottenuto un’Alfa conveniente” (Enzo Ferrari)
A fine 1956 il faticoso, enigmatico e complicato matrimonio fra il campione argentino e la Ferrari si interruppe.
L’anno dopo si legò di nuovo alla Maserati dove vinse il suo quinto e ultimo titolo mondiale. Nel 1958 a 47 anni Fangio decise di ritirarsi per rivolgere le sue forze alle attività imprenditoriali.
“Uno strano personaggio. D’ altra parte tutto ciò non mi fa ombra nel giudizio sull’uomo in macchina, sull’uomo in corsa. Credo infatti che difficilmente potremo riavere un asso capace di tanta continuità nel successo. Fangio non ha mai sposato nessuna casa: conscio delle sue capacità, ha rincorso tutte le possibilità di pilotare sempre la vettura migliore del momento, e ci è riuscito, anteponendo il suo egoismo – legittimo e naturale – all’affetto che ha legato invece altri grandi piloti alla vita di una marca, nella buona e nella cattiva sorte. Però ha sempre lottato non solo per il primo posto, ma anche per le classifiche di coda, pur di portare la macchina al traguardo” ( Enzo Ferrari)
I rapporti fra Enzo e Fangio non furono mai tinti di nuances rosacee ma sicuramente maturarono in un legame più equilibrato con il tempo.
Enzo racconta che Fangio non tagliò i ponti con il Cavallino Rampante ma nel 1968 addirittura tornò nell’orbita del Drake, non come pilota, ovviamente, ma come organizzatore della nuova Temporada argentina. Fangio si recò da Ferrari anche per fargli provare la Torino, una macchina costruita in terra argentina, chiamata così per onorare Pininfarina che ne aveva disegnato la linea.
Fu proprio da questo periodo che nacque un nuovo legame fra i due, forse un’amicizia disinteressata priva di rabbia, tensione e ansie.
“Dopo un’amichevole colazione, mi prese da parte: “Non sono più sposato” disse ” Ora le cose mi appaiono sotto un’altra luce, molto diversa da tanti anni fa” Anche questo è il coraggio di Fangio. Ed è un tratto di nobiltà che sono lieto di riconoscergli, oltre alla ritrovata amicizia”( Enzo Ferrari)
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