Archivi tag: Kevin Magnussen

F1 2023 – GRAN PREMIO DI MIAMI

Pronti via dai muretti di Baku a quelli molto più glamour di Miami, sede del quinto GP stagionale sull’altisonante Miami International Autodrome (esticaxxi…)

Da un circuito cittadino all’altro il passo non è proprio brevissimo, dato che da quello di Baku a quello di Miami serve coprire circa 11mila chilometri ma se questo serve a soddisfare le masse adoranti del prodotto F1 si fa questo ed altro.

Considerando la tipologia di tracciato forse quello più felice di tutti è Checo Perez, che ha fatto doppietta a Baku nella sprint e nella gara domenicale e che conferma la sua predilizione per i tracciati cittadini, dato che 5 delle sue 6 vittorie in carriera sono state ottenute proprio su tracciati di questo tipo.

immagine da planetf1.com

Il “messicano che si godeva la vita, ma che ora lavora sodo” (Herr Marko dixit), ci sta provando gusto ad essere un reale pericolo per Verstappen e vorrebbe confermare questo ruolo a Miami. Qualcuno, forse preso dalla disperazione di un mondiale che sembra praticamente già avere un vincitore designato, gli dà più di qualche chance di poter combattere per il titolo. Difficile, molto difficile, di occasioni “alla Rosberg” ne capitano rarissimamente e in più temo che il 33 olandese voglia quanto prima rimettere le cose in chiaro.

Proprio l’olandese, sfortunato a Baku e che si è ritrovato nell’insolito per lui ruolo di “moralizzatore” delle entrate assassine altrui, proprio lui che della guida alla ‘ndo cojo cojo ne aveva fatto un motivo di orgoglio, dovrà rimettere i puntini sulle i e relegare il suo compagno di scuderia al ruolo di seconda guida che, volente o nolente, tutti nel team gli attribuiscono.

immagine da express.co.uk

Per Ferrari invece è il momento della riconferma dopo il parziale successo della tappa azera. Urge confermare i passi in avanti che si sono palesati soprattutto guardando alla monoposto numero 16 e proprio quì viene il dubbio che sì, la macchina è migliorata, ma il doppio podio di Baku va ad ascriversi in maniera preponderante ai piedi di Leclerc.

Sappiamo già che il grosso degli aggiornamenti arriverà a Imola ma sarà fondamentale fare una buona gara a Miami, fosse solo per far tornare nella lotta per le posizioni che contano anche Sainz, che in questo inizio di campionato è davvero “desaparecidos”. Intendiamoci, “the smooth operator” è un bel pilota quando le cose vanno tutte al posto giusto ed è un bell’asset. Pensare però che possa salire sullo stesso gradino dove si trova il suo team mate e Verstappen, francamente è utopia.

La novità introdotta da Mercedes a Baku è stata invece il lato oscuro di Russell. Non che Hamilton non lo conoscesse già, ma a farne le spese questa volta è stato l’ex principe degli stronxi Verstappen, costretto ad un remake in tono minore della famosa ramanzina di Senna a Schumi del lontano 1992. Ben venga tutto ciò sia chiaro, nel mondo sempre più platinato e politically correct del circus, ma la Mercedes così tanto annoiata di questo periodo (vero Toto?) ha bisogno di una velocità in pista ben più consistente di quella vista a Baku per contrastare il ritorno Ferrari e il green hornet Alonso.

Solo errori di setup per la W14 secondo Wolff a Baku, piuttosto convinto che a Miami con più sessioni di prova possano tornare ad essere più competitivi.

immagine da racingnews365.com

Anche in Aston Martin la trasferta asiatica è stata indigesta, con la verdona che ha dovuto cedere il passo a Ferrari, cosa impensabile fino a qualche settimana fa. La loro monoposto non si è adattata molto bene alle caratteristiche del tracciato e ne è venuta fuori una gara così così, buona solo per limitare i danni. L’obbiettivo è sempre cercare la prima vittoria in F1 e su un tracciato come quello di Miami le chance potrebbero essere più alte che altrove.

Il resto della truppa si barcamena tra problemi e prestazioni incolori, così se Alpine ha mostrato tutto ciò che per loro non va a Baku, Alfa Romeo che è partita col freno a mano tirato e aspetta Imola per un possibile step in avanti.

Una rediviva Mclaren a Baku cerca qualche punto pesante anche a Miami complice nuovi aggiornamenti mentre la Williams cercherà di tornare a punti. Alpha Tauri ha artigliato un punticino a Baku, siamo sicuri che Marko non sarà soddisfatto e comincerà a pensare che il team è pieno di messicani scansafatiche…

Sorpresa sorpresa Kevin Magnussen si ritrova nel ruolo scomodissimo che l’anno scorso aveva il suo team mate Mick Schumacher ovvero la zavorra del team. Se l’anno scorso era stato magico per il danese, questo 2023 invece è partito davvero male, tra incidenti e prestazioni incolori che hanno già spazientito il già poco sereno Steiner. Urge un cambio di rotta per non rischiare il posto.

Pirelli porterà a Miami le mescole C2, C3 e C4, quindi niente di azzardato per una pista che avrà come incognita la nuova riasfaltatura che contringerà le squadre a valutare bene il comportamento delle gomme nel proseguio del weekend di gara. Posto il fatto che al 99% la Red Bull non sarà minimamente toccata da questo aspetto, il grosso della battaglia per il podio tra Aston Martin, Ferrari e Mercedes si giocherà proprio sul fattore degrado. Personalmente vedo una Ferrari sfavorita ma chissà che Leclerc non si inventi qualcosa si analogo a quanto visto a Baku.

*immagine in evidenza da f1miamigp.com

Rocco Alessandro

 

PEREZ VINCE, VERSTAPPEN RIMONTA. LA RED BULL DOMINA ANCORA IN ARABIA SAUDITA

Che per la Ferrari il mondiale 2023 non fosse iniziato bene si era già capito. Ma che potesse proseguire di male in peggio non era, forse, tanto prevedibile. Forse. Prima le dimissioni di Sanchez, poi le voci di un Vasseur “depotenziato” e di un passaggio di Leclerc in Mercedes, prontamente smentite, manco a dirlo, dalla televisione ufficiale della squadra di Maranello.

Le voci sono voci, i fatti sono i fatti. E questi ultimi dicono che le 2 centraline disponibili per Leclerc per il 2023 sono già andate in fumo, e che su entrambe le auto hanno dovuto “per misura precauzionale” montare power unit nuove. Ma, ancora peggio, che la SF-23 si becca 6-7 decimi da Verstappen. E, quando quest’ultimo ha “problemi, problemi, problemi”, se ne becca 2 da Perez, nonostante un giro mostruoso di Leclerc. E sta dietro pure ad Alonso.

C’è poco da stare allegri, dunque. Con Leclerc dodicesimo e Verstappen quindicesimo, si spengono i semafori e Nando parte a fionda presentandosi primo alla prima curva, ma si becca immediatamente una penalità per avere posizionato la sua Aston Martin troppo a sinistra.

Al giro 4 Perez si porta in testa senza troppa difficoltà, mentre dietro Stroll si porta in quarta posizione superando Sainz, Leclerc è salito in nona posizione e Verstappen in undicesima. 

Sorprendentemente, Perez non riesce a staccare Alonso, il quale sembra farsi rimorchiare approfittando del DRS. E la strategia funziona, perchè Russell, terzo, è già oltre i 5 secondi.

Chi se la passa malissimo è Hamilton, cui sono state montate le gomme più dure che sembrano non funzionare. L’inglese si lamenta via radio, ed è costretto a farsi sverniciare prima da Leclerc e poi da Verstappen.

Al giro 14 viene Sainz, bloccato dietro a Stroll, viene richiamato ai box per finta. L’Aston Martin ci casca e ferma il canadese, lasciando via libera allo spagnolo che prosegue per altri due giri e riesce a guadagnare la posizione.

Nel frattempo, Perez ha messo 5 secondi fra sè e Alonso, il quale si lamenta del degrado delle gomme. Il suo vantaggio su Russell è di 7 secondi.

Al giro 17 a Stroll viene detto di fermare la macchina in pista. La sua Aston Martin è posizionata in corrispondenza di un varco, ma la direzione gara decide di usare una Safety Car anzichè una Virtual. Questo consente al suo compagno di squadra di effettuare il cambio gomme in tutta tranquillità scontando la penalità e rimanendo in seconda posizione davanti a Russell. Anche Hamilton ne approfitta, e riesce a fare il cambio gomme riguadagnando la posizione su Leclerc.

Va ancora meglio a Verstappen, che ora si trova in quarta posizione a ridosso dei primi,. 

Si riparte al giro 20 con Perez che se ne va comodamente, e Russell che impensierisce per qualche curva Alonso, e poi deve preoccuparsi di Verstappen. Hamilton, l’unico con gomma a mescola media, passa Sainz.

Tempo due giri, e Verstappen fa fuori con facilità prima Russell e poi Alonso, e si porta all’inseguimento del compagno di squadra.

Inizia una battaglia a suon di giri veloci, con il distacco fra i due che si stabilizza attorno ai 5 secondi, fino a quando, al giro 39, Verstappen comunica di sentire uno strano rumore al posteriore, che gli ricorda il problema al semiasse avuto durante le qualifiche. Perez, invece, si lamenta del pedale del freno diventato lungo. Fatto sta che i due hanno quasi 15 secondi di vantaggio sul terzo..

A Max viene detto di lasciar perdere l’inseguimento al compagno e di girare un secondo più lento, cosa che non fa. A Perez viene ugualmente detto di rallentare, e il messicano ovviamente non ci sta. Così, entrambi continuano a tirare come matti.

Il box Red Bull implora Max di rallentare, e quando mancano 4 giri alla fine, e un distacco ormai incolmabile, l’olandese ha l’ardire di chiedere di potere fare il giro più veloce, in quel momento in mano a Perez. Ma decide saggiamente di lasciare perdere. Anzi no, perchè lo sigla proprio all’ultimo giro.

Finisce così con un’altra doppietta Red Bull e una meritatissima vittoria di Perez, davanti a Verstappen, ad Alonso, nuovamente sul podio, e alle due Mercedes di Russell e Hamilton. La macchina più veloce della storia della Ferrari si conferma quarta forza con Sainz sesto e Leclerc settimo. Chiudono la zona punti le due Alpine di Ocon e Gasly, e Magnussen.

Si diceva che il Bahrain fosse una pista anomala, e che il vero valore delle auto lo avremmo visto a Jeddah. E, infatti, nulla è cambiato. La Red Bull vista oggi rischia veramente di vincere tutte le gare. Appuntamento fra due settimane a Melbourne.

P.S. se hanno abbandonato lo sviluppo della F1-75 a metà stagione per sfornare la SF-23, forse hanno bisogno di uno veramente bravo, per tornare a vincere, altro che Vasseur.

P.S. 2 Alonso ha conquistato il podio numero 100. Colui che 10 anni fa veniva definito come il male della Ferrari, oggi, a quasi 42 anni, ha la soddisfazione di stare comodamente davanti alla sua ex-squadra. Chi l’avrebbe mai detto…

F1 2023 – GRAN PREMIO DELL’ARABIA SAUDITA

Secondo gp stagionale e ci rendiamo conto che il mondiale è praticamente già finito.

Detta così non faccio certo un favore a me nè al blog che ci ospita nè tantomeno a chi si prenderà la briga di leggere queste poche righe. Ma la realtà sembra essere proprio questa: il 2023 inizia come è finito il 2022 con l’aggravante di una Ferrari scomparsa dai radar, una Mercedes che, incredibile anche solo a pensarlo, ha fatto la stessa cazzata ingegneristica dello scorso anno, una Mclaren che, parole loro, pensano già al 2024.

Gli unici contenti quelli della Aston Martin che hanno fatto la cosa più intelligente da fare per un team di secondo piano e con una sacco di soldi: compra i tecnici da(l)i team migliori, prendi un gran pilota e fai una copia della Red Bull 2022 leggermente riveduta. Risultato? Seconda forza del mondiale anche se ben distanziata dalla corazzata bibitara.

Quindi tutto finito? Ci teniamo liberi per i prossimi 23 weekend di gara? Forse no, considerando che nell’arco di una stagione infinita come questa tante cose possono succedere anche solo per sfinimento delle risorse umane in gioco, considerando la mole di lavoro che dovranno sobbarcarsi soprattutto le maestranze di ogni team.

immagine da planetf1.com

Intanto si va a Gedda per il gp saudita sperando che, in primis, non ci siano missili vaganti come nel 2022 e in secondo luogo le caratteristiche della pista favoriscano una maggiore lotta per le posizioni di vertice.

Se lo augurano i tifosi Ferrari, ormai più un riflesso condizionato che un esercizio volontario perchè se sei un tifoso Ferrari e considerando l’evoluzione delle ultime stagioni, allora si può tranquillamente buttare il ferro a fondo e sedersi sulla riva del fiume non per vedere di passare il nemico morente ma per fare ciao con la manina al nemico che passa con lo yacht mentre pasteggia ad aragoste e champagne.

Dopo la stagione 2022 non poteva esserci inizio peggiore per la rossa: buona in qualifica ma non come nel 2022, lenta in gara e disastrosa dal punto di vista dell’affidabilità. E non vale portare ad esempio lo zero Red Bull in Bahrain nel 2022 perchè è evidente come si parta da due basi completamente differenti, per potenzialità e approccio.

E’ la solita commedia che puntualmente si ripresenta dalle parti di Maranello, un pò come “Una poltrona per due” immancabile ogni vigilia di Natale considerando che quest’ultimo è fatta molto meglio e fa ridere ogni volta. In Ferrari invece c’è poco da ridere, o meglio, per i suoi tifosi di sicuro.

La prima gara, forse in maniera fin troppo evidente e quindi un pò esageratamente, ha mostrato lo sfascio attuale della Ges che si è dimostrata ancora a metà strada tra quella dell’uscente Binotto e del subentrante Vasseur, con tecnici e addetti di primo piano che hanno fatto i bagagli (tranquilli non ci metto Rosato tra questi) e fiori di responsabili che hanno abbandonato la barca dopo la prima gara seppur affermando che era una decisione pensata a lungo. E certo, uno va via, guarda caso, al termine di un GP tragicomico con l’aggravante di essere il primo GP stagionale. Mai visto gente rassegnare dimissioni a lungo meditate dopo un trionfo.

immagine da f1sport.it

Questo fa pensare a come sia gestita la GES e quale ambientino si fosse creato con le gestione Domenicali, Mattiacci, Arrivabene, Binotto e ancora prima nei secoli dei secoli… Sembra Beautiful ma c’è poco di bello. Vasseur forse non aveva compreso in pieno in che ginepraio si sia infilato o comunque gli diamo il beneficio del dubbio. Ora è difficile cercare di tappare le falle di una barca enorme con le dita, l’unico modo è di tornare a fare risultato in pista, vincere o quanto meno cercando di fare bella figura.

A questo proposito, le due rosse si presenteranno a Gedda con l’ala posteriore monopilone, sperando che sia un pò più stabile di quella vista nelle pl1 del Bahrain. Leclerc avrà sul groppone anche 10 posizioni di penalità per l’introduzione della terza centralina dopo le due saltate per aria a causa di cablaggi difettosi. Immaginiamo con quale gioia il monegasco abbia accolto la notizia…

In tutto ciò ancora non si è capito l’interesse e il ruolo di Elkaan e Vigna, per il momento eminenze grigie che poco hanno contribuito se non per affermazioni ben auguranti ma improvvide.

Tutte illazioni giornalistiche? Speriamo, anche se di solito quando questi spifferi escono dalla GES qualcosa e anche più di qualcosa di vero c’è. In ogni caso la Ferrari si è presentata in maniera totalmente inadeguata in questo inizio di 2023 e si sa che la Scuderia è sempre nell’occhio del ciclone, nel bene o nel male. Bienvenue monsieur Vasseur.

Se Maranello piange Brackley di sicuro non ride, con una W14 già bocciata dal suo pilota in cerca dell’octa e con un Wolff che ha già provveduto a mandare una lettera di scuse ai suoi tifosi, sempre con il malcelato tentativo di parlare alla moglie perchè suocera intenda, come fatto l’anno scorso con la famigerata TD39. Vedremo quest’anno quale sarà il problema fisico che affliggerà i suoi alfieri al volante. In ogni caso dal punto di vista mediatico e non, la tempesta di Brackley è poco più di un temporalone rispetto all’uragano di classe 5 che imperversa a Maranello.

Red Bull e Aston Martin invece viaggiano con il vento in poppa, cercano di mettere fieno in cascina in attesa di momenti difficili. Poco da dire, se In Red Bull hanno iniziato così bene è perchè sono bravi e magari non cambiano organigramma ogni anno o quasi. Poi ci sarebbe la piccola questione sul budget cap dello scorso anno, su quanto abbia influito per costruire l’attuale vantaggio prestazionale e sulla risibile pena inflitta da scontare quest’anno. Ma sono solo considerazioni da rosicone, alla luce anche dello sfacelo compiuto dalle più immediate concorrenti.

immagine da motorsportmagazine.com

Mr Stroll ha finalmente dato un senso ai suoi investimenti puntando sul meglio in termini di risorse umane e, probabilmente, anche nella maniera di gestirli. Vedremo quando e se la parabola della Aston ritraccerà con il proseguio della stagione oppure si tratterà di una presenza fissa dalle parti del podio. Alonso professa calma e gesso, ma figuriamoci se il primo che ci crede nel ritorno alla vittoria non è quella vecchia faina.

Scusate la faciloneria nel parlare delle altre cenerentole invitate al ballo ma onestamente le uniche parole da spendere sono per una Williams che è riuscita a mettere in piedi una prestazione di tutto rispetto in Bahrain e punta al bis a Gedda e una Alfa Romeo Sauber Audi ecc ecc che, almeno con Bottas ha tenuto un minimo fede alle aspettative della vigilia. Le altre, a cominciare da Alpine e finendo con Haas e Alpha Tauri, dovranno rimettersi in riga altrimenti saranno volatili per diabetici, anche se non confrontabili con quelli che eventualmente voleranno dalle parti di Maranello nel caso di un malaugurato bis.

A dispetto dell’inopportunità del luogo in quanto a tradizione motoristica e rispetto dei diritti umani, si spera che questo gp edizione 2023 possa essere altrettanto spettacolare come quello 2022. Si spera che le caratteristiche del tracciato accorcino le distanze, enormi, viste tra i team in Bahrain. Si sa che la speranza è l’ultima a morire ma anche che chi visse sperando ecc ecc.

Pista con degrado basso, dovrebbe favorire una gestione del passo gara più aggressiva, con Pirelli che porterà le mescole C2, C3 e C4, quindi al riparo da usura eccessiva.

Un ultima considerazione sull’uomo del momento, Vasseur. Da uomo addentro alle vicende motoristiche da trent’anni come ha affermato esso stesso, si spera che abbia fatto un corso accellerato e proficuo di maranellismo applicato alla Ges per poter dare quell’impronta che, forse non i suoi capi, ma i tifosi si augurino possa dare alla Scuderia. Insomma deve cercare di trasformarsi nel Thomas Cromwell della Ferrari. Che lo faccia in fretta perchè al momento assomiglia più a Don Abbondio. E se è vero che anche Cromwell finì decapitato, la cosa è comune a tutti quelli che lo hanno preceduto, che cerchi almeno di arrivare al patibolo attraverso un cammino lastricato di vittorie.

*immagine in evidenza da thelastcorner.it

Rocco Alessandro

MIT’S CORNER: KEVIN E LA NEUTRALITA’

Ho letto di recente un breve articolo su Kevin Magnussen e la sua perplessità di fronte alla norma che vieta ai piloti di esprimersi su temi politici, sociali o religiosi senza il preventivo assenso della FIA. Il buon Kevin la tocca molto piano limitandosi ad alzare un sopracciglio e a sottolineare che viene da un paese in cui tali regole non esistono e quindi lui si trova in difficoltà ma non si esprime più di tanto perché prima “vuole capire meglio” la norma e non vuole prendere penalità.

Bene, bravo Kevin.

Ora, la questione in effetti lascia un senso di perplessità non tanto e non soltanto sull’opportunità strettamente politica di inserire una tale norma nel codice sportivo FIA quanto sulla sua forma e sulle considerazioni che si possono trarre dal suo inserimento nel Codice.

La norma in questione così recita:

la premessa è Any of the following offences shall be deemed to be a breach of these rules:

[qualsiasi delle seguenti trasgressioni (offences è difficile da tradurre: offese, infrazioni, reati) sarà considerata essere un’infrazione alle seguenti regole]

(si lo so: è un truismo di bassa lega – quindi cominciamo già male)

12.2.1.n

The general making and display of political, religious and personal statements or comments notably in violation of the general principle of neutrality promoted by the FIA under its Statutes, unless previously approved in writing by the FIA for International Competitions, or by the relevant ASN for National Competitions within their jurisdiction.

Innanzitutto vi prego di notare: “the general principle of neutrality promoted by the FIA

Questa locuzione in linea di principio è pienamente condivisibile. La FIA, infatti, si autoregola e va a disciplinare le competizioni sportive che rientrano nei suoi parametri organizzativi sicché, non essendo, di per sé, un’autorità politica in senso stretto non c’è nulla di male se statuisce neutralità su dei temi non attinenti al proprio oggetto quali sono, per l’appunto, temi politici, religiosi e sociali. Ma subito casca l’asino. Se è così neutrale, la FIA, perché non ha perso nemmeno 15 millesimi di secondo per bannare Russia e russi (e pure Bielorussia e bielorussi) da tutte le competizioni internazionali che rientrano nelle organizzazioni FIA? La recente circolare del 10 Febbraio l’ha pure ribadito per l’anno in corso o comunque until further notice.

A prescindere da come la si pensi sui tragici eventi che stanno avendo luogo in Ucraina, va da sé che se si riesce ad avere uno sguardo astratto quanto più possibile dai fatti contingenti non si può altro che convenire che una tale presa di posizione della FIA tutto sia tranne che neutrale.

Quindi ipocrita, aggiungo.

Ma sin qui si tratta del noto “predicare bene poi razzolare male” poiché l’articolo del Codice in questione serve solo da termine di paragone per giudicare prese di posizione che lo contraddicono vistosamente. Ma in questo si è trovata in buona compagnia: che io sappia tutte le federazioni sportive internazionali hanno adottato misure se non uguali certamente simili. Ha avuto qualche difficoltà in più la federazione scacchistica internazionale (FIDE), per l’ovvia ragione legata all’alto numero di top player russi nei suoi ranghi, che dopo ampio dibattito alla fine si è decisa a sostituire la bandiera russa con una generica della FIDE stessa e a cancellare un paio di tornei che dovevano svolgersi in Russia. Hanno bannato da tutte le competizioni solo Sergej Karjakin (ex sfidante per il titolo mondiale nel 2016) che ha stupidamente sproloquiato sui social inneggiando a Putin e alla morte degli ucraini come se non ci fosse un domani: la dimostrazione che essere tecnicamente molto intelligenti non esime affatto dal commettere stupidaggini colossali.

Qui vediamo il campione russo (ma nato ucraino…) che dal suo buen retiro di Dubai cerca di fare ammenda dicendo che è contro la guerra…

C’è anche qualcos’altro, ancora più ipocrita e che sta probabilmente alla base delle perplessità di Kevin Magnussen (e, per quel che ne sappiamo, di tutto il popolo danese)

 

E non mi riferisco al fatto giuridicamente rilevante in sé, cioè ai divieti che perplimono il nostro buon Kevin, quanto a quel

“unless previously approved in writing by the FIA”

Cioè: salvo che non sia stato preventivamente approvato per iscritto dalla FIA.

Quindi, riassumendo, è considerato un breach of these rules il manifestare posizioni o commenti di tipo politico, religioso e sociale allorché queste violino il generale principio di neutralità promosso dalla FIA a meno che tali posizioni non siano state preventivamente approvate dalla FIA.

Cari piloti, sembra dire la FIA, voi non potete manifestare alcunché delle vostre personali posizioni ma se prima ce lo chiedete inoltrando apposita pratica e questa viene approvata per iscritto allora potete farlo.

scusa Fia, domani se vado sul podio mi metto una dentiera sporgente e mi vesto da Topo Gigio per combattere l’odio verso tutti i topi del mondo. Posso?”

Ma seriamente?

Ci sono due possibili traduzioni in pratica di tale regola. La prima è palesemente contraddittoria: non si può manifestare posizioni politiche ma se tali posizioni sono “giuste”, cioè approvate da noi, allora lo puoi fare. La ratio di una tale norma, che in linea di principio sarebbe pure condivisibile, si rintraccia nel fatto che i piloti non possono, per così dire, sfruttare il palco privilegiato della posizione e del ruolo che ricoprono nella manifestazione sportiva per veicolare messaggi e posizioni che con la manifestazione sportiva non c’entrano nulla. Sin qui ci può anche stare. In fondo è libera scelta di libero organismo. Tuttavia, aggiunge la FIA, se tali manifestazioni vengono approvate per iscritto allora lo possono fare.

No.

Non si fa così.

O tali manifestazioni sono vietate per le ragioni sopra indicate oppure non lo sono perché l’approvazione per iscritto invia logicamente al fatto che la pretesa neutralità della FIA non è altro che una posizione del tutto pretestuosa, finta e, in definitiva, ipocrita. Se dunque è la stessa FIA, con quel suo unless previously approved, a non dimostrarsi neutrale non si vede perché lo si pretenda dai piloti (che in teoria si applica a qualsiasi persona che opera nei confini FIA ma è chiaro che i piloti, che hanno di gran lunga la più alta visibilità per il ruolo che ricoprono, sono l’oggetto vero e proprio della norma).

Ma, dicevo poc’anzi, c’è anche una seconda traduzione in termini pratici di questa stupidaggine giuridica. A tener conto alla lettera di quanto c’è scritto in quell’articolo si dovrebbe concludere che un pilota potrà manifestare solo un qualche principio genericamente “neutrale”. Già, perché non c’è altra deduzione possibile che unisca il violation of the general principle of neutrality da un lato e il unless previously approved dall’altro che non sia, com’è ovvio che quest’approvazione per iscritto avverrà solo se il pilota propone di manifestare per un qualcosa, non si sa bene cosa, di neutrale.

Fa ridere, no?

Negli ultimi anni solo due piloti si sono spesi (a loro rischio e pericolo, si dovrebbe aggiungere, ma è molto relativo) in questo tipo di atteggiamenti: Vettel e Hamilton. Ora, ve l’immaginate Lewis sul podio del Mugello con una maglietta grigia che inneggia alla giustizia per la neutralità? O il buon Sebastian che invece di mettere la bandiera multicolor della pace sul suo casco ne mette una con strisce in toni di grigio? O entrambi che si inginocchiano a sostegno del claim “grey lives matter”?! Sarebbero stati approvate per iscritto dalla FIA tali “manifestazioni”?

C’è un senso di profonda ipocrisia in tutto questo che fatico a comprendere.

O, meglio, la comprendo benissimo – solo che non la approvo.

La comprendo nel senso che una organizzazione sportiva, o una organizzazione qualsiasi se è per questo, nel momento in cui si mette in relazione con ciò che sta al di fuori di essa inevitabilmente diventa anche “politica”. Diventa politica in senso lato per cui la relazione deve trovare un modo per esprimersi attraverso metodi e regole, scritte o non scritte, affinché non diventi conflittuale e dannosa per se stessa. Deve cioè trovare un modo per convivere con quanto la circonda. Diventa poi politica in senso stretto perché per poter operare, ossia organizzare GP (e più in generale organizzare eventi) internazionali con successo deve riuscire a farlo entrando in relazione con le autorità di tutti i paesi in cui tali eventi si svolgono. E diventa poi politica in senso strettissimo quando si rende conto che per poter realizzare il proprio oggetto deve necessariamente scendere a compromessi, com’è recentemente accaduto per la guerra in Ucraina in cui ha dovuto giocoforza estromettere Russia e russi altrimenti, facile supporlo, non le sarebbe stato consentito di organizzare e realizzare il campionato del mondo – il tutto in barba al proprio preteso principio generale di neutralità.

Non è neutrale, la FIA, come non è neutrale nulla allorché sia in relazione multilaterale con altre entità. Neutrale sarebbe solo il campionato marziano di Formula 1, non il campionato del mondo. Mondo che, al momento, mi risulta ancora essere riferito al pianeta Terra.

Non voglio arrivare agli eccessi ideologici degli anni 70 ove si pretendeva che tutto fosse politica dalla ovvia manifestazione partitica fino al modo di arrotolare gli spaghetti sulla forchetta. No, non voglio arrivare a tanto anche perché, perdonerete l’autoreferenzialità che dà origine allo pseudonimo con cui scrivo, è filosoficamente errato.

Tuttavia, non si può nemmeno negare che la convivenza richieda il compromesso e che tale compromesso sia necessario perché nella convivenza tra soggetti questi ricoprono, ça va sans dire, una posizione. E questa posizione, se di organismi che convivono in uno spazio politico stiamo parlando, è inesorabilmente politica.

Dunque la pretesa di neutralità è una chimera. E pretendere che si operi all’interno di questa neutralità è ipocrita. E pretendere, infine, che si possa manifestare qualcosa solo se ispirato a tale principio di neutralità è massimamente ipocrita.

Quindi?

 

Quindi il discorso è complesso e non è facile, anzi non è possibile, ridurlo a principi espressi aforisticamente, come quelli che vanno di moda sui social.

Nella convivenza, in qualsiasi convivenza, un certo grado di ipocrisia è richiesto. È richiesta un po’ di ipocrisia nei rapporti personali: pensate a quel collega di lavoro che vi sta antipatico o di cui pensate tutto il male possibile ma che, siccome vi è necessario averci a che fare per poter svolgere le vostre mansioni, quando gli telefonate esordite con un ipocritissimo “ciao carissimo!! Come stai? Non mi pare di aver visto la mail con la quotazione del progetto X, forse mi sono dimenticato io di inviarti alcuni dati che ti servono?” anche se sapete benissimo che non vi sta mandando la quotazione perché [perdo aplomb] è uno stronzo patentato [recupero aplomb].

C’è ipocrisia anche con il vostro amato coniuge e persino con gli amici più stretti. A pensarci bene, è piuttosto facile suppore che in questi rapporti ci siano molte, piccole, cose che non sopportate ma non le tirate fuori perché sapete bene che il farlo non aggiungerebbe nulla al rapporto ed, anzi, rischierebbe di comprometterlo. E, occhio, questo vale anche per voi stessi: dall’altra parte ci saranno cose che il vostro coniuge/amico non sopporta di voi ma non le tira fuori per le stesse ragioni. Si decide, più o meno consapevolmente, un limite da non oltrepassare e si scende a compromesso su tutto ciò che sta al di qua di quel limite.

Viceversa, l’evitare ad ogni costo l’ipocrisia e comportarsi di conseguenza pone chi lo fa al di fuori del contesto della convivenza. Ne fa un reietto. La totale assenza di ipocrisia, a maggior ragione se platealmente esibita, è da considerarsi un atteggiamento anti-sociale che nel migliore dei casi sfocia in un patologico solipsismo e nel peggiore dei casi sfocia nel conflitto. Ogni tanto incontro persone che si riempiono la bocca di “io sono e sarò sempre me stesso”, “io non guardo in faccia a nessuno” e non posso fare a meno di pensare quanto stupidi siano questi proclami: e chi devi essere se non te stesso? Un altro?! E se non guardi in faccia a nessuno allora sei [perdo di nuovo l’aplomb] solo un bello stronzo e non credere che avrai la mia ammirazione [recupero aplomb].

(a meno di non parlare di qualcuno affetto da forte strabismo nel qual caso, uso quel giusto minimo di ipocrisia per fare finta di non accorgermene e gli fisso il naso)

Proclami di questo tipo, molto semplicemente, non sono veri: sono frasi fatte senza alcun senso concreto. Non per nulla il (sopravvalutato) filosofo che più si è spinto in questa direzione, proclamando un anti-moralismo assolutista basato sulla cosiddetta volontà di potenza, ha perso in poco tempo tutti gli amici, mecenati, donne, lavoro ed è morto pazzo a soli 45 anni.

E non si scambino certe bizzarrie caratteriali per qualcosa che sta a fondamento di questi proclami: i tratti della personalità sono cosa ben diversa da questo discorso.

Ad ogni modo, se tutto questo vale per i rapporti interpersonali figuriamoci se non vale anche nei rapporti politici. Dunque la politica, aiutata dal giusto pizzico di ipocrisia, non può che essere l’arte del compromesso (avevo esordito dicendo che non avrei messo aforismi ma alla fine uno mi è scappato).

Che dunque sia necessaria una certa ipocrisia, per così dire, benefica a questo punto pare evidente.

E ancora una volta: quindi?

Quindi la FIA ha fatto bene quando ha Bannato Mazepin dalle corse. Cosa che, peraltro, è stata facilitata dal fatto che Mazepin è uno scarsone e il circus non avrebbe subito alcun danno dal suo allontanamento. Sarebbe stato molto più difficile se ci fosse stato un pilota russo ai vertici della Formula 1 ma in tal caso la FIA si sarebbe “limitata” a togliere la bandiera a fianco del suo cognome e a suonare l’inno alla gioia di beethoven (be’, no, perché è l’inno della UE allora che ne so? Imagine di John Lennon! Ah no, è un inno all’anarchismo. Allora We are the champions dei Queen, ah no perché Freddy Mercury era gay e siamo neutrali e poi al massimo te lo suono alla fine del campionato se lo vinci, no? Vabbè andiamo su Fra Martino Campanaro e non se ne parli più!) per celebrare le sue vittorie nella cerimonia del podio.

Ha fatto bene perché le circostanze che si erano create in quel momento, il clamore e lo sgomento seguito a quanto accaduto il 24 febbraio 2022, di fatto, imponevano quel gesto, per quanto paradossale fosse visto che c’è il famigerato general principle of neutrality. Non farlo avrebbe messo a repentaglio lo svolgimento stesso del campionato. Forse la FIA è stata più “realista del re” e non ha subito alcuna pressione per fare quel gesto. L’ha fatto spontaneamente, con ogni probabilità, proprio per evitare di subire quelle pressioni che sapeva benissimo sarebbero arrivate. Ha tagliato la testa al toro: facciamo sta mossa, sgombriamo subito il campo da potenziali criticità, chissenefrega dell’ipocrisia di fondo e lasciamo che i giornalisti parlino dei team radio Ferrari e degli scorni tra Hamilton e Verstappen. Se poi Toto sbatte i pugni sul tavolo nessuno ci pensa più.

Nella delicata congiuntura di politica internazionale che si era creata in quel frangente e tenendo conto che l’obiettivo era mettere al riparo l’evento (suvvia mettiamo da parte gli interessi economici che, indubbiamente, erano l’oggetto principale da salvaguardare ma quanto avreste odiato un anno senza Formula 1?) è difficile pensare ad una mossa diversa da quella fatta. Quindi, bene, bravi, bis

Se quel pizzico di ipocrisia benefica aiuta a rimanere indenni da pressioni politiche difficili da gestire si è poi passati, facendosi prendere un po’ la mano, all’ipocrisia patologica allorché si è andati oltre imponendo dei divieti ai piloti (ripeto: in teoria il divieto vale per tutti i protagonisti del circus ma è ovvio che la visibilità di cui godono i piloti rende il divieto loro rivolto più rilevante) che non hanno alcuna ragione d’essere.

Quel che poteva fare la FIA, per evitare l’ipocrisia patologica che ho mostrato più sopra, erano diverse cose.

Da un lato avrebbe potuto dare delle linee guida, magari dai contorni sfumati, soggetti ad interpretazione, e mettere in guardia i piloti sul fatto che se decidono di manifestare loro personali convinzioni che vanno molto al di là di quelle linee guida allora avrebbero preso in considerazione delle conseguenze. Tutto fumoso, certo, ma meno patologicamente ipocrita.

I divieti, impliciti o espliciti, hanno senso solo in relazione a qualcosa di riconosciuto come valido. Ad esempio, se il codice della strada impone la guida a destra è divieto implicito marciare sulla corsia opposta – a meno di non essere in UK ma lì il codice della strada, com’è noto, su questo tema è sbagliato! 😊. Oppure, se una strada è a senso unico troverai il segnale di divieto (esplicito) di accesso se provi ad immetterti in senso contrario. E così via.

Ove è chiara la regola saranno chiari anche i divieti che ne derivano. Dunque una FIA che avesse esplicitato in modo più appropriato un Codice di condotta per i suoi iscritti sui temi qui discussi avrebbe meno difficoltà, e sarebbe conseguentemente meno ipocrita, se su quella base esplicitasse anche dei divieti. Del resto, come abbiamo visto, non basta asserire il general principle of neutrality e pretenderne chiarezza: il contesto in cui FIA intesse i propri rapporti rifugge, per sua stessa natura, da una vaga neutralità sicché bisogna, come minimo, spiegare in cosa consiste.

Oppure avrebbe potuto, e forse dovuto, astenersi, conscia del fatto che eventuali manifestazioni di quel tipo da parte dei piloti ricadranno solo ed esclusivamente nella loro personale sfera di responsabilità. Quella maglietta indossata da Hamilton sul podio del Mugello, per quanto il gesto sia stato animato da nobilissimi intenti, non è (purtroppo?) riuscita ad avere l’effetto che lui cercava: troppo estemporaneo, un po’ sconclusionato, menchemeno capace di smuovere le coscienze. Insomma, è apparso un po’ ridicolo e, in definitiva, ha persino rischiato di ottenere l’effetto contrario a quello desiderato.

Siamo ben lontani dai gesti epocali, per fare qualche parallelismo, di un Cassius Clay/Mohammad Alì o di Tommie Smith John Carlos sul podio delle Olimpiadi di Città del Messico 1968. E le conseguenze di ciò sono ricadute solo su di lui: nessuno si è premurato di far polemiche con la FIA che non siano state qualche tiepido e insignificante chiacchiericcio sui social.

Che poi alle volte sarebbe sufficiente comportarsi da gentlemen per far passare surrettiziamente messaggi positivi.

Come hanno fatto questi signori qui:

Oppure come questi altri due:

Piccola digressione e consiglio a Lewis: c’è stato un altro tizio in formula 1, qualche anno fa e del quale Lewis possiede un casco ma non certo il carisma, che al di là di qualche sporadico claim a sfondo religioso, si spendeva per le sue idee sociali molto sotto traccia. Dopo la sua morte si è scoperto quanto già da anni stesse facendo per i derelitti del suo paese senza che quasi nessuno lo sapesse.

Ecco, caro Lewis, avrai sempre il mio appoggio quando ti batterai contro l’ingiustizia e i soprusi del razzismo ma preferirei più fatti e meno proclami.

Il ben più sagace e intelligente Sebastian Vettel ha fatto azioni meno clamorose ma più efficaci, costringendo quasi tutti i commentatori a riconoscergli una statura intellettuale che sino a pochi anni fa, nessuno gli sospettava. E non parlo solo di coloro che approvano le sue mosse di “impegno” ma anche di coloro che non le approvano perché il modo in cui non sono approvate, a differenza di quanto accaduto con Lewis, mostra la serietà con cui vengono considerate.

In entrambi i casi, la responsabilità di quelle mosse, politica e mediatica, è ricaduta sui loro attori. Se fossero state poco accettabili, le scuderie di cui facevano parte avrebbero avuto le loro difficoltà a gestirle. E le cose si sarebbero, in un modo o nell’altro, aggiustate da sole.

Che c’entra la FIA in tutto ciò?

A onor del vero, una cosa giuridicamente giusta la FIA l’ha fatta in quell’articolo.

Il punto che ho discusso sino ad ora è l’n ma il punto f (12.2.1.f), in particolare e per quanto qui interessa, è del tutto accettabile:

[sempre con la premessa che verrà considerata breach of rules]

Any words, deeds or writings that have caused moral injury or loss to the FIA, its bodies, its members or its executive officers, and more generally on the interest of motor sport and on the values defended by the FIA.

Il dettato del punto f è già sufficiente a proteggere la FIA (che questo dovrebbe essere il vero scopo di questo Codice di condotta sportiva) e i suoi iscritti da comportamenti la possano oggettivamente danneggiare sotto il profilo morale (in senso giuridico) o che possano danneggiare il motorsport.

A essere capziosi, quel values defended by the FIA, riaprirebbe l’analisi ma è sufficientemente fumoso da schivare i proiettili critici che sto lanciando.

In pratica, c’è già quel paletto che vincola del tutto legittimamente gli iscritti alla FIA, e conseguentemente anche i piloti a maggiore visibilità, a non avere comportamenti oggettivamente dannosi, quali che essi siano, ivi comprese, dunque, anche manifestazioni di posizioni personali sul piano politico, sociale o religioso. E, conseguentemente, non c’era alcun bisogno del punto n.

Ciò non farà altro che addirittura stimolare alcuni piloti a spendere se stessi, magari per cercare di gonfiare artificiosamente la propria popolarità, proprio a esprimere posizioni politiche, religiose, sociali e conseguentemente ad aumentare il numero delle polemiche che, nel mondo della Formula 1 della FIA, ce n’è già abbastanza (e non c’è bisogno che ne faccia l’elenco perché sarebbe troppo lungo – TD39 docet, tanto per limitarmi a quello più recente): che bisogno c’era di aprirlo ad altre potenziali?

E qui torniamo al buon Kevin Magnussen.

La sua perplessità, che ho fatto mia con la dovizia di particolari, è dunque perfettamente legittima. Che l’articolo 12.2.1.n sia uno specchietto per le allodole, un’arma di distrAzione di massa, un’inutile e forse persino dannosa fuoriuscita dai binari lo scopriremo solo vivendo.

Per quanto mi riguarda, si sarà capito, sono contrario a quel punto n ma non ci posso fare niente.

Quindi non mi resta che consigliare al buon Kevin, quando a Barcellona o a Silverstone farà un bel ciocco con il suo team-mate, di pensarci un po’ prima di guardarlo di sottecchi e proferire in mondovisione ancora una volta:

Suck my balls, mate!

Metrodoro il Teorematico

VERSTAPPEN CHIUDE ALLA GRANDE AD ABU DHABI. LA FERRARI SALVA LA STAGIONE.

Ad Abu Dhabi si chiude il mondiale più a senso unico della storia della Formula 1. E c’è spazio solo per definire i primi dei perdenti, come li chiamava Enzo Ferrari. Che non sarebbe certamente fiero di vedere, nella contesa, proprio la squadra da lui fondata.

In settimana, tutta la stampa che conta ha annunciato in pompa magna il siluramento di Binotto, sostituito da un personaggio dal carattere difficile, tal Frédéric Vasseur che si vuole molto vicino sia alla dirigenza di Stellantis sia a Charles Leclerc. La Ferrari prontamente smentisce, la stampa che conta dichiara che la candidatura è bruciata, e Binotto si presenta sorridente nel paddock, come se niente fosse. C’è un secondo posto in entrambi i campionati, da portare a casa, e non sono ammesse distrazioni.

Le qualifiche vedono la Red Bull monopolizzare la prima fila, la Ferrari la seconda e la Mercedes la terza. 

La partenza è regolare per i primi tre, che se ne vanno nell’ordine, mentre Hamilton riesce a superare Sainz, il quale lo riattacca subito, lo passa ma lo porta largo, e l’inglese si riprende la posizione tagliando la curva. Dopo qualche giro, gli viene chiesto di ridare la posizione, cosa che fa prima che la direzione gara intervenga, ma poi se la riprende subito. Le sue gomme posteriori, però, si surriscaldano, e al giro 8 Sainz gli ripassa davanti. Il giro successivo deve poi cedere anche a Russell.

Al giro 10, Verstappen comanda indisturbato, con 3 secondi di vantaggio su Perez, il quale ha un vantaggio simile su Leclerc. Vantaggio che però evapora in 5 giri, perchè il messicano ha finito le gomme anteriori, e la Red Bull decide di farlo entrare per montare la mescola più dura. Sergio torna in pista fra Vettel e Alonso in battaglia, e impiega qualche giro a superare il tedesco, perdendo tempo prezioso.

Che però recupera subito dopo, e, stranamente, la Ferrari non fa fermare Leclerc.  Al giro 20 si ferma, invece, Verstappen, che esce poco davanti a Perez. 

Al giro 21 finalmente la Ferrari fa entrare Leclerc, che esce a debita distanza dal rivale messicano, e poco davanti a Sainz, che però non lo attacca. Charles inizia a guadagnare lentamente terreno nei confronti di Perez, e a metà gara si trova a 3 secondi, ma, soprattutto, fa segnare il giro più veloce. 

Perez, che segue Verstappen a 2 secondi, si lamenta di essere rallentato dal compagno. Le due Red Bull sembrano però in completa gestione della gara, e non consentono a Leclerc di avvicinarsi a meno di 2.5 sec. Ma così non è, perchè al giro 33 il distacco è di solo 1.5,  e la Red Bull fa fermare nuovamente il messicano. La Ferrari dice a Charles di fare l’opposto e, infatti, rimane fuori. Non solo, in Ferrari pensano di andare fino in fondo senza più fermarsi. Mancano 20 giri e il distacco da Leclerc è di 18 secondi.

Al giro 45 Perez raggiunge Hamilton, che non ha ancora fatto la seconda sosta, e l’inglese gli restituisce il favore dell’anno precedente, quando perse 5 secondi, e il mondiale, per la strenua difesa del messicano, il quale lo supera una prima volta, ma poi si fa risuperare nel rettilineo successivo. Alla tornata dopo, si fa più furbo e aspetta il secondo DRS, riuscendo a completare il sorpasso.

A questo punto Leclerc è 9 secondi, con 11 tornate ancora da percorrere. I giri passano, e Perez guadagna solo mezzo secondo al giro, il che non è sufficiente. 

A tre giri dalla fine, Sainz supera Hamilton per il quarto posto, e contemporaneamente la W13 dell’inglese si rompe. Lewis conclude così la stagione senza vittorie, per la prima volta da quando corre in F1.

Perez non ce la fa a raggiungere Leclerc, e la gara finisce così con Verstappen a centrare la quindicesima vittoria stagionale, Leclerc secondo ad artigliare una meritatissima seconda piazza nel mondiale, e Perez terzo per la delusione dei tifosi messicani. Al quarto posto Sainz, poi Russell, Norris, Ocon, Stroll, Ricciardo e Vettel, che chiude così la carriera in F1 come l’aveva iniziata, prendendo un punto.

La Ferrari riesce così a portarsi a casa la seconda posizione in entrambi i campionati. Poco, se si pensa a come il mondiale era iniziato, tanto se si pensa a dov’è stata la rossa nelle due stagioni precedenti. Ma dopo averci raccontato per due anni che l’obiettivo era il 2022, finire con 4 vittorie contro le 17 della Red Bull è obiettivamente deludente.

Ora ci aspetta la solita, lunghissima, pausa invernale. Nella quale, c’è da giurarsi, si tornerà a parlare del team principal Ferrari. Appuntamento in Bahrain fra 105 giorni.

P.S. oggi è stata, forse, l’ultima gara per tre piloti molto amati, per ragioni diverse. Mick Schumacher, il cui prosieguo di carriera non è ancora chiaro, Daniel Ricciardo, destinato a fare da terzo pilota e testimonial per la Red Bull, ma, soprattutto, Sebastian Vettel che ha lasciato un segno nella storia della Formula 1, anche da un punto di vista umano e del quale, ne sono sicuro, sentiremo ancora parlare in ambiti diversi dal motorsport. Danke Seb.

P.S 2 è stata l’ultima gara anche per Latifi, che, purtroppo per lui, non è così amato come i tre sopra citati.  E’ stato tanto criticato, e preso di mira per quanto avvenuto un anno fa proprio ad Abu Dhabi, ma se si pensa a certe prestazioni che è riuscito a produrre, non è sbagliato affermare che non sia proprio quanto di peggio si sia visto in F1, come in tanti sostengono.

P.S. 3 Einstein sosteneva che facendo le stesse cose si ottengono sempre gli stessi risultati. Chi dice che in Ferrari non si debba cambiare nulla, dovrebbe tenere conto di questo. 4 stagioni, 7 vittorie, due con zero, una sanzione pesantissima subita, un cambio di regolamento che ha letteralmente azzoppato una buona monoposto. E strategie discutibili in continuazione. E’ una traiettoria che va benissimo per arrivare secondi (per un  pelo), ma non certo per vincere il mondiale contro squadre come la Red Bull e la Mercedes. Ed è proprio questo il problema.

P.S. 4 a questo proposito, oggi abbiamo visto molto bene la differenza fra un fuoriclasse e un buon pilota. In Red Bull l’hanno capito molto bene, in Ferrari no.