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F1 SEASON REVIEW 2003: LA LEGGENDA DEGLI UOMINI STRAORDINARI

Il 2003 è stato l’anno dei portenti, un anno di cui avvertiamo le conseguenze malgrado siano passati ormai due decenni. Schumacher vince il 6° mondiale e batte lo storico record di Fangio; si affaccia la generazione degli eredi di Schumacher; c’è un cambio regolamentare dalla portata storica.

Il lascito più importante del 2003 è senz’altro il cambio della logica legislativa. Per la prima volta si stila un regolamento esclusivamente con l’idea per mettere i bastoni tra le ruote ad una squadra (e ad un pilota). I cambi di regolamento ci sono sempre stati, ma questa è la prima volta in cui viene usato in maniera attiva, come elemento arbitrario da calibrare per ottenere un tipo di spettacolo anziché un altro. In passato era capitato di assistere a cambi di regolamento che avvantaggiassero certi team e certi piloti o che favorissero certe dinamiche in pista, ma erano epifenomeni di un’azione nata con tutt’altro scopo. Insomma, tutte le regole strane e cervellotiche che abbiamo subìto negli ultimi vent’anni hanno la scaturigine in quel tentativo del 2003 di fermare il dominio Ferrari.

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Entro nel dettaglio. Viene rivisto il sistema delle qualifiche: non più 12 giri nell’arco di 60 minuti bensì due manche con un giro lanciato unico, stile “o la va o mi spacco”. La prima determina l’ordine di uscita nella successiva, che determinerà la griglia di partenza. La macchina che poi disputerà la gara sarà esattamente la stessa scesa in pista nella seconda qualifica: benzina, gomme e assetti, tutto deve essere definito il giorno prima. La manche di qualifica diventa a tutti gli effetti il primo giro della gara. Becchi la pioggia nel giro buono? Peccato. Sbagli? Non mi fai pena, fila in ultima fila. Insomma, viene introdotto il parco chiuso.

I primi giri della gara saranno in media più battagliati ma gli sconvolgimenti maggiori si avranno nelle qualifiche dal meteo incerto (lascio a voi capire perché). Tutti i piloti effettueranno in media un pit stop in più: affrontare il primo stint di gara con molto carburante non è più conveniente (a causa della posizione in qualifica necessariamente più bassa). Anche questo crea spettacolo. Il sistema finisce per premiare il più fortunato e non il più veloce pertanto non sorprende che dopo tre anni lo abbiano sostituito con l’ottimo sistema a manche.

Cambia la distribuzione dei punti: aveva senso allargare la zona punti fino ai primi 8 (ormai vi erano 3 top team stabili, andare a punti era diventata un’impresa anche per squadre di centro classifica), ma non si sentiva il bisogno di ridurre lo scarto tra il primo il secondo: dal 10-6-4 si passa al 10-8-6. In questo modo il valore della vittoria viene sminuito – col risultato che ora le rimonte sono più difficili, dato che un pilota in gestione può accontentarsi di un piazzamento senza gravi contraccolpi. Durante l’anno Raikkonen sarà il pilota che più approfitterà di questa possibilità. Alonso nel 2005 e Button nel 2009 daranno ulteriori dimostrazioni del concetto.

Al momento le modifiche si concentrano sul regolamento sportivo;  per i magheggi sul regolamento tecnico bisognerà aspettare l’anno successivo, con il primo, storico, vincolo sul chilometraggio minimo del motore.

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Nel locale, la ritrovata competitività degli avversari della Ferrari ha animato la stagione. McLaren Mercedes e Williams BMW chiusero il gap con la Ferrari, con la Renault all’orizzonte. Per la prima volta lottano per il mondiale Raikkonen e Montoya, e anche Alonso si affaccerà spesso tra i primi. Le avventure di questi tre (vabbé, due) piloti influenzeranno i vent’anni successivi di F1.

Abbiamo parlato degli altri, ora tocca parlare di loro, del Dream Team: il 2003 è anche l’anno in cui la Ferrari e Schumacher entrano nella leggenda. Con il quarto titolo Piloti consecutivo Schumacher raggiunge quota 6 e si lascia alle spalle Juan Manuel Fangio, rompendo il record che resisteva dal remoto ’57 e che sembrava destinato a durare per sempre. Per la Ferrari si tratta del quinto mondiale Costruttori consecutivo, a sua volta migliorando il record della McLaren. L’era Ferrari non è ancora arrivata alla fine (anzi, continuerà per almeno un altro lustro, sia pure con meno successo), ma a differenza dei campionati precedenti, la lotta è stata lunga e dura e si è risolta solo all’ultima gara. Non accadeva dal 1999.

Per gli storici: viene usato per la prima volta il collare HANS, ma non è ancora obbligatorio.

Round 1 – Australia

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Gara tanto spettacolare quanto poco ricordata. Le nuove regole paiono non aver fermato la Ferrari, che al Sabato monopolizza la prima fila con la vecchia F2002, ma la Domenica gli va tutto storto.

Tra strategie sbagliate (intermedie su pista quasi asciutta), pit stop lenti e Barrichello che combina disastri, serve tutta la fortuna e l’abilità del Kaiser perché a tre quarti di gara stia ancora in testa. Almeno finché non incespica su un cordolo e spacca i deflettori a dodici giri dalla fine. Uno dei due si trascina ballonzolando davanti alla posteriore dx e la bandiera nera e arancione è inevitabile. Passa ai box per rimuovere il pezzo ballerino ma cede la leadership.

In testa ci sarebbe dovuto essere il giovane Raikkonen, ma poco prima si era beccato un Drive Through per eccesso di velocità in pitlane. Ralf Schumacher era stato eliminato da un pit stop lentissimo e da una condotta di gara erratica, quindi è Montoya che si ritrova davanti a tutti. Almeno fino a quando non si gira da solo alla Jones e spiattella le gomme. Coulthard, fedele alla linea del “c’è nebbia, mi concentro sulla riga gialla e vado pianino”, schiva i casini e va a vincere per l’ultima volta in carriera (l’ultimo, storico, “questo è il mio anno”).

Dopo una lotta furiosa, sul podio ci vanno anche Montoya e Raikkonen, che escludono Schumacher per tre decimi. Era da 53 gare che la Ferrari non mancava l’appuntamento tra i primi tre, precisamente dal GP di Malesia 1999. Robe dell’altro millennio.

La gara lascia molti dubbi. Le particolarità della pista australe e delle condizioni di Domenica, più la difficoltà di adattamento ai nuovi regolamenti, non hanno permesso di chiarire chi è veloce e chi no. Di sicuro Williams e McLaren hanno accorciato la distanza con la Ferrari. La Renault è sulla via della grandezza ma il motore è troppo debole (erano gli anni dell’architettura a 120°) per sognare in grande.

Curiosità del GP: Villeneuve che si ferma con un giro di anticipo per occupare la piazzola di sosta e costringere Button, che avrebbe dovuto fermarsi, a perdere una gran quantità di tempo. Il canadese considerava il suo teammate poco più che un ragazzino viziato e intendeva dargli una lezione.

Round 2 – Malesia

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Cambia lo scenario, tigri e pirati anziché canguri e aborigeni, ma il risultato resta simile. La Ferrari e Schumacher fanno casini e gli avversari ringraziano.

Le nuove qualifiche producono una griglia di partenza rivoluzionata. Si mettono in mostra le Renault, che con poca benzina monopolizzano la prima fila (prima pole in carriera per Alonso). Schumacher è immediatamente dietro, mentre Raikkonen e Montoya cannano il loro giro e partono 7° e 8°. Mai quanto Ralf, addirittura 17°.

Allo via  Schumacher perde la posizione su Coulthard e per recuperare insiste in un’improbabile staccata in curva 1. Arriva in curva 2 al di fuori di ogni plausibile traiettoria e va a bocciare con la Renault di Trulli. Si scatena quindi un discreto caos, con esplosioni, botti e pezzi di carbonio ovunque. Oltre a Schumacher e Trulli, i “big loser” sono Montoya (Pizzonia gli strappa l’ala posteriore) e Barrichello (la manovra evasiva per schivare l’incidente lo spedisce in ottava posizione). Coulthard continua senza problemi ma, ironia della sorte, rompe il motore dopo quattro giri. Il suo campionato in pratica finisce qui.

Alonso spinge ma il carico leggero di carburante fa sì che dopo i pit stop si ritrovi dietro a Raikkonen e a Barrichello. Alle spalle la bagarre è notevole, con Trulli che cerca in tutti i modi di rimontare e  Schumacher sr che prova ad acciuffarlo, senza riuscirci malgrado l’italiano faccia di tutto per aiutarlo, compreso un elegante 360°.

Raikkonen vince con un vantaggio oceanico: 39s su Barrichello, un minuto e quattro su Alonso. Quarto è Ralf Schumacher;  tutti gli altri son doppiati. Schumacher sr è sesto, comunque un buon risultato, considerando che dopo il primo giro era quasi ultimo, con l’alettone rotto e un DT incombente. Il gpv è suo, segno che la F2002 resta ancora la macchina di riferimento.

Questo podio segna il cambio generazionale: Barrichello ha trent’anni, ma Raikkonen ne ha 23 e e Alonso neanche 22. Si è aperta l’era degli eredi di Schumacher. Con i dieci punti di adesso, più i sei conquistati alla prima gara, il finlandese si ritrova in testa al mondiale. E corre ancora con la vecchia Mp4-17.

Round 3 – Brasile

[COURTESY OF MOTORSPORT101.COM]

Per la terza gara di fila l’azione è frenetica al limite del delirio, stavolta grazie alla regola idiota che obbligava i gommisti a portare un unico tipo di gomme da bagnato per tutto il weekend. Michelin e Bridgestone portarono gomme Intermedie, purtroppo inadeguate a fronteggiare il diluvio della Domenica, col risultato che la gara si trasformò in una costosissima partita di curling.

Uscite di piste, colpi di scena e incidenti non si contarono. Quello più pericoloso coinvolse Webber, che al giro 55 tuonò la sua Jaguar alla Junçao e innaffiò la pista di detriti. Raikkonen e Fisichella (su una Jordan in acuto declino!), in lotta per la leadership, schivarono i frammenti. Alonso arrivò invece con una velocità troppo elevata: prese in pieno una ruota e carambolò contro le protezioni, perdendo pezzi a ogni urto. I piloti ne uscirono più (Webber) o meno (Alonso) illesi ma la bandera rossa trionfò.

[COURTESY OF F1-FANSITE.COM]

Al momento della sospensione non era chiaro chi avesse vinto. Fisichella aveva superato Raikkonen nel giro 54, poi si era fermato ai box e la sua Jordan esplose. Sulle prime la vittoria pareva essere sua, poi arrivò la rettifica: il vincitore è Raikkonen. Ma la storia non finisce qui, e dopo qualche giorno si scopre che la realtà era diversa.

Al cronometrista era sfuggito il fatto che Fisichella avesse tagliato il traguardo del 56° giro pochi istanti prima che Alonso si schiantasse, pertanto aveva considerato la classifica del giro 53 anziché del 54, come doveva essere. Il romano aveva superato Raikkonen proprio nel corso del 53o giro, quindi è lui il legittimo vincitore. Prima vittoria per Fisichella, ultima della Jordan. Considerando che la macchina era poco meglio della Minardi, credo che ancora oggi si sta chiedendo come caspita abbia fatto.

Passando agli altri, per la Ferrari è stato l’ennesimo weekend anomalo. Per la terza gara di fila la vettura era veloce ma squadra e piloti hanno fatto a gara di minchiate. Barrichello aveva la velocità per vincere, ma finisce la benzina mentre era al comando (errore di calcolo dei box). Schumacher sr poco prima si era schiantato da solo alla Curva do Sol, tradito da un rivolo d’acqua (insieme a una nutrita compagnia). Se la Ferrari piange, la Williams non ride: anche Montoya si schianta sulle barriere della Do Sol, mentre Ralf è solo settimo e pure graziato dai commissari su un unsafe release.

La classifica inizia a farsi pesante. Raikkonen è sempre andato a podio e guida con 24 punti, secondo è Coulthard a 15; terzo è a sorpresa Alonso e, ancor più a sorpresa, il quarto è Fisichella. Montoya, Ralf, Barrichello e Schumacher sono tutti a 8 punti. Schumacher sr afferma di non aver compromesso nulla con la falsa partenza e i mesi successivi gli daranno ragione.

Curiosità della gara: Webber opera uno dei salvataggi più spettacolari che ricordi; Frentzen termina la gara senza pit stop (ultima volta prima di Interlagos 2016, dove Hamilton vinse senza mai cambiare le sue Full Wet). Schumacher sr nell’uscita di pista  per pochi centimetri non finisce addosso a un trattore che stava rimuovendo una macchina – un presagio.

Round 4 – San Marino

[COURTESY OF MOTORSPORT.COM]

Il mondiale stava prendendo una brutta piega per la Ferrari, malgrado il cambiamento post mortem del GP del Brasile, ma la gara romagnola dimostra che la partita è ancora aperta. La nuova macchina è ancora in fabbrica, ma la vecchia F2002 è ancora validissima.

Quello di Imola è tuttavia un GP triste per i due fratelli Schumacher, che si trovano ad affrontare il weekend con la madre in fin di vita in un ospedale di Colonia. I due fratelli partirono per andare al suo capezzale appena terminate le prove, conclusesi con loro davanti a tutti. Tanto di cappello ai due, non credo che sia stato facile correre così bene in quelle condizioni.

La gara, come da tradizione a Imola, è povera di sorpassi (tre in totale) e ricca di strategia. Ralf brucia il fratello al via, ma alla fine viene piegato da Michael ai box (sosta più rapida), da Raikkonen con la strategia (due soste contro tre) e da Barrichello in pista (bel sorpasso dopo la Variante Bassa). Montoya termina solo settimo dopo due pit stop degni dei fratelli Marx (come da tradizione Williams).

Va in pensione la F2002, una delle monoposto più incredibili della storia. Non ha mai perso una gara per inaffidabilità o prestazioni inferiori, nel 2002 come nel 2003.

Round 5 – Spagna

[COURTESY OF MAXF1.COM]

Il ritorno in Europa ribadisce la verità: la Ferrari è ancora la scuderia da battere. Debutta la nuova F2003-GA e la musica non cambia. Come da prassi dell’epoca, tutti gli esordi della nuova vettura si trasmutano in vittoria (anche se nel 1999 il beneficiario fu Irvine). In qualifica i rossi monopolizzarono la prima fila, con gli altri che inseguono a mezzo secondo di distanza.

La gara si snoda attorno allo pseudo-duello tra Ferrari e Renault. La F2003-GA è un’ottima macchina ma le Bridgestone un po’ meno, mentre la Renault sfrutta al meglio le Michelin. Le Ferrari rischiano la frittata all’avvio ma conservano le posizioni mentre il mai troppo fortunato Trulli viene fiocinato da Coulthard. Pizzonia stalla davanti a Raikkonen, che in qualifica aveva compiuto il primo errore dell’anno, e il finlandese non può non tamponarlo.

Alonso scavalca Barrichello ai box ma è impotente contro Schumacher. Coulthard completa il weekend nero della McLaren tamponando Button. Le Williams, con una sosta in meno, compiono una discreta rimonta e arrivano ai piedi del podio, Montoya davanti a Ralf, in difficoltà dopo una gita nella sandtrap, mentre la Toyota è competitiva per la prima volta nella sua storia e finisce 6° con Da Matta.

Curiosità del GP: il tamponamento di Coulthard al via innesca un ingorgo che permetterà a una Minardi di passare il primo giro addirittura in NONA posizione (che diventerà addirittura ottava, quindi a punti, per qualche giro, grazie alle soste).

Round 6 – Austria

[COURTESY OF AXLEADDICT.COM]

Tra le colline della Stiria (alla loro ultima apparizione in F1 prima dell’era ibrida) va in onda l’ennesimo episodio della saga del robot teutonico.

Schumacher conquista la pole con appena tre centesimi di vantaggio su Raikkonen. Il finlandese sarà vittima di un piccolo “giallo”: dopo le prove sulla sua vettura venne scoperta una valvola malfunzionante. La sostituzione del motore dopo le qualifiche in teoria comporterebbe la retrocessione all’ultima posizione, ma la Mercedes riesce a riparare il guasto senza dover ricorrere alla sostituzione, a prezzo però di un motore depotenziato per la gara e un debito con la direzione gara.

Dopo lo start Schumacher scappa via e nessun avversario in pista riuscirà a dargli fastidio. Ci proverà prima Giove Pluvio, con uno scroscio di pioggia che manda in crisi le sue Bridgestone (poco performanti sull’umido) e poi la sua stessa crew ai box.

Dopo il pit stop di Barrichello era rimasta della benzina nel tubo, che fuoriesce non appena viene spinto nella vettura di Schumacher. Come risultato la macchina viene avvolta dalle fiamme dopo qualche secondo dall’inizio del rifornimento. La squadra tuttavia opera alla perfezione, doma il fuoco e conclude il pitstop. Schumacher racconterà di non esser stato neanche sfiorato dal pensiero di uscire dalla macchina, una volta viste le fiamme, dal momento che riponeva piena fiducia nei meccanici.

La vettura è illesa ma nel frattempo è sceso in terza posizione. Passare Raikkonen non è un grande problema (ripeto che correva con un motore spompato), mentre pochi giri più tardi Montoya (in testa) si ritira col BMW in panne. Con l’altra Williams, Ralf accusa problemi di gomme e terminerà in una sesta posizione. Risultato miserrimo, dato il potenziale della macchina. Sul finale di gara Barrichello, nettamente più veloce, prova a passare Raikkonen per regalare la doppietta, ma, malgrado tutti i suoi sforzi (sul podio quasi collassa) il finlandese resiste. Ancora una volta nella storia la Finlandia resiste ai Rossi.

In tre gare Schumacher ha recuperato quasi tutto lo svantaggio in classifica. Raikkonen è sempre in testa con 40 punti, ma il tedesco della Ferrari ormai è lì con 38. Terzo è l’altro ferrarista con 26 punti, mentre Alonso è ancora quarto con un punto in meno. Le Williams sono 6 (Ralf, 20) e 7 (Montoya, 15). Tra squadra, gomme, piloti e affidabilità a Grove hanno raccolto ben meno di quel che potevano e a fine anno pagheranno il conto dell’inizio stentato. Ma il mondiale non è ancora finito, e l’estate presto si trasformerà in un calvario per Schumacher.

Curiosità del GP: la partenza viene ripetuta ben tre volte a causa dei problemi del launch control sempre della stessa vettura, la Toyota di Da Matta.

Round 7 – Montecarlo

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In un fazzoletto di terra strappato al mare con il sudore della fronte, dove gli affitti sono tutti rigorosamente ad equo canone e la Panda è la macchina preferita dai cani da passeggio, è andato in scena lo spettacolo più ricco di fascino di tutta la stagione 2003.

Ovviamente non intendo la F1, ma la fauna donzellesca che da tradizione circola e staziona in abiti succinti nei dintorni del Circus. La gara è noiosa come da tradizione, per quanto le variabili tattiche non fossero mancate.

Schumacher sr subisce il “Trulli Train” e perde una probabile vittoria a causa dei troppi giri trascorsi dietro di lui. Va comunque detto che la Ferrari del periodo d’oro non ha mai performato al meglio sulle stradine del Principato.

Sul gradino più alto del podio ci va pertanto Montoya, abile a passare Raikkonen al via e il poleman Ralf ai box. Il brivido comunque non gli è mancato, quando sul finale ha accusato un problema al motore che lo ha costretto a rallentare. Passare gli ultimi venti giri con Raikkonen e Michael Schumacher arrembanti a pochi centimetri non deve essere stata una formalità. Ralf resta vittima della strategia di partire leggero (e di un lungo alla Rascasse) e conclude solo quarto. Poca gloria anche per le altre seconde guide, con Coulthard 7 e Barrichello 8.

Curiosità del GP: Montoya diventa il secondo pilota nella storia ad aver vinto sia la 500 Miglia di Indianapolis che il GP di Monaco. Con questa vittoria (la prima stagionale) spezza una “maledizione” della Williams, che non vinceva a Monaco dal lontano ’83, malgrado le varie AstroWilliams. Ralf Schumacher è stato l’ultimo pilota a Montecarlo ad aver conquistato la pole e a non concludere sul podio. Primo GP della storia a non vedere neanche un sorpasso in pista (tale sorte sarà condivisa solo da Valencia  2009, Russia 2017 e Montecarlo 2021).

Round 8 – Canada

[COURTESY OF MAXF1.COM]

Dà sempre tanta soddisfazione vincere quando si ha il potenziale per finire al massimo terzo. Canada 2003 è stata una delle vittorie più belle di Michael Schumacher, anche se una delle meno ricordate.

Raikkonen dimostra che il suo scarso amore nei confronti del Gilles Villeneuve ha radici antiche e durante le qualifiche va per campi. Partirà ultimo. La prima fila, come previsto alla vigilia, va alle Williams, con Ralf davanti a Montoya. Il tedesco della Ferrari è terzo, mentre Alonso compie un mezzo miracolo e si qualifica quarto col motore più debole dei top team.

Al via le posizioni di testa restano invariate; un contatto con Alonso costa invece l’ala a Barrichello. Più significativo il secondo giro, visto che Montoya va in testacoda all’ultima chicane. Il colombiano evita il Muro dei Campioni, ma viene sfilato da Schumacher sr, Alonso e Webber. Sorpasserà in pochi giri gli ultimi due, ma nel processo accumula 10 secondi di svantaggio dai leader. Il maggiore dei fratelli Schumacher riuscirà a scavalcare il fratello ai box, e la lotta per la vittoria in sostanza finisce qui.

Più avanti il tedesco accuserà problemi a freni e gomme, ma Ralf non organizza neanche un attacco. Qualche giro dopo anche Montoya e Alonso si accodano ma nemmeno loro azzarderanno manovra alcuna. Malgrado l’ala danneggiata allo start, problemi ai freni e un bargeboard volato via (!), Barrichello riesce a concludere in quinta posizione, davanti al rimontante Raikkonen, che gli cede una posizione per una foratura a metà gara.

La McLaren ha ormai perso il vantaggio delle prime gare a favore della Williams e della Ferrari. L’evento non sorprende, visto che corrono ancora con la macchina vecchia. La tanto favoleggiata Mp4-18, innovativa e dotata di un rivoluzionario cambio a doppia frizione e scatola in carbonio, ha faticato a superare i crash test ed è scesa in pista per la prima volta dopo Montecarlo. E’ esasperata in ogni sua parte, in stile Newey, ma ciò si traduce in una dovizia di problem tecnici. Lo sforzo per sistemarla sarà tanto enorme quanto inutile, visto che (spoiler) non debutterà mai in gara.

Schumacher conquista finalmente la leadership, ma, come in ogni buona storia, al’apparente momento di massima realizzazione seguirà la parte più difficile dell’avventura. Per tornare alla vittoria il tedesco dovrà infatti aspettare la fine dell’estate.

Round 9 – Europa

[COURTESY OF MAXF1.COM]

Era chiaro dopo le qualifiche che la Ferrari, buona seconda con Schumacher, avrebbe sofferto in gara. Sono ormai tre gran premi che la Michelin offre una prestazione complessivamente superiore. Anche stavolta il team che più ne beneficia è la Williams, che conquista infatti una doppietta, Ralf davanti a Montoya.

La gara in realtà era nelle mani di Raikkonen. Il finlandese, come al solito velocissimo al Nurburgring, aveva conquistato la prima pole in carriera e aveva comandato la gara, conservando la leadership anche dopo la prima sosta, segno che la pole non era frutto di un carico leggero. Tutto bene finché al 26° giro la sua McLaren manda dei segnali di fumo, e non bisogna essere indiani per capirne il senso. Dieci punti buttati che a fine anno faranno una differenza pesantissima.

Trasla in testa Ralf Schumacher, che aveva sorpassato Michael al via. La seconda parte di gara è vissuta sulla rincorsa di Montoya. Prima si sbarazza di Barrichello ai box, poi punta Schumacher in pista. Dopo l’ultima sosta il colombiano prende a girare fino a due secondi più veloce del rivale della Ferrari e, come vuole la sua indole feroce, lo attacca senza dargli scampo.

In una sorta di remake di Jerez ’97, Montoya affianca Schumacher, lo sopravanza di un pelo, quindi lo chiude. Il contatto è inevitabile, il Kaiser si gira e finisce nel ghiaione, ma riesce a tenere il motore acceso. Data la posizione pericolosa, i commissari gli danno una spinta e lo rimettono in gara in sesta posizione (i paralleli col 2007 sono inesistenti). Scalerà una posizione quando Coulthard, nel tentativo di sorpassare Alonso, finirà nella ghiaia alla Schikane tra le risate di tutti.

Vince quindi il buon Ralf, che riscatta un’annata finora confusionale, seguito dal tignoso Montoya. Terzo è il non troppo grintoso Barrichello, quarto Alonso in crisi di pneumatici ma ancora in grado di difendersi dagli attacchi di Schumacher sr. Non la miglior gara della Ferrari, ma, tenendo conto della grigliata mista di Raikkonen, 4 punti non sono affatto male. La Williams con la doppietta supera la McLaren nella classifica costruttori.

Curiosità del GP: Jacques Villeneuve le prova tutte ma non riesce a superare le due potentissime Minardi (!!). Prima le sorpassa, poi va in testacoda. Ricomincia la lotta, ne sorpassa una, poi fa un errore e perde di nuovo la posizione. Recupera e mentre sta sferrando l’attacco decisivo su Verstappen rompe l’ala su uno dei paletti della chicane. Passa ai box a sostituirla, riparte l’inseguimento e quando, verso fine gara, le ha riacciuffate gli si rompe il cambio. Faccio fatica a trovare una definizione migliore di “kafkiano” e “gara di merda”.

Round 10 – Francia
CIRCUIT DE NEVERS MAGNY-COURS, FRANCE – JULY 06: Ralf Schumacher, Williams FW25 BMW, leads Juan Pablo Montoya, Williams FW25 BMW, Kimi Räikkönen, McLaren MP4-17D Mercedes, David Coulthard, McLaren MP4-17D Mercedes, and Michael Schumacher, Ferrari F2003-GA during the French GP at Circuit de Nevers Magny-Cours on July 06, 2003 in Circuit de Nevers Magny-Cours, France. (Photo by LAT Images)

Le Bridgestone soffrono il caldo; è una bella condanna, visto che l’estate del 2003 fu una delle più torride di sempre.

Ralf Schumacher eJuan Pablo Montoya massacrano il weekend francese, regalando alla Williams la seconda doppietta in sette giorni. Non la McLaren né la Ferrari costituiscono un’argine: in quattro gare la Williams ha raccolto 65 punti (!), la Ferrari 39 e la McLaren appena 22. La Williams ha la macchina migliore, un motore che spinge e le gomme più adatte al periodo.

Come da tradizione a Magny Cours, la gara è noiosa, altamente prevedibile e condizionata dalle gomme (ignoro come mai la gente lo rimpianga così tanto). Schumacher sr chiude alle spalle del duo biancoazzurro approfittando delle disavventure ai box di Raikkonen e Coulthard.

Mentre all’orizzonde svanisce definitivamente il sogno iridato di Coulthard e l’ascesa di Raikkonen ha una battuta di arresto, è il duo Williams a salire in cattedra.

Curiosità del GP: Jos Verstappen che piazza la Minardi in pole dopo la prima manche di qualifiche (grazie a un provvidenziale acquazzone)

Round 11 – Inghilterra
2003 British Grand Prix – Race
Silverstone, England. 18th – 20th July 2003
2003 British Grand Prix – Race
Silverstone, England. 18th – 20th July 2003
Track invasion by religious activist and former priest Neil Horan. The safety car was deployed and Horan was arrested for aggrevated trespass. Mark Webber, Jaguar, Jacques Villeneuve, BAR, action.
World copyright – Gary Hawkins/LAT Photographic
ref: digital file only

Questa è un’altra delle gare che se mi mettessi a descrivere giro per giro impiegherei venti paragrafi. Semplifico e dico che la Ferrari sorride, anche se non con Schumacher.

Dopo l’opaca figura fatta in Francia, la Ferrari ha passato le due settimane successive a eseguire sessioni di prove per gomme, motore, elettronica, aerodinamica, assetti, freni, bombe a mano etc. Anche in casa McLaren si sono impegnati, ma la nuovissima Mp4-18 soffre ancora l’affidabilità e i crash test.

Il GP britannico certo non ha stabilito se tutto questo sia stato utile in qualche modo, visto che è stato un GP carnevalesco a dir poco. Vince Barrichello, ma ha vinto perché è stato il migliore, perché aveva la macchina giusta o perché tutti gli avversari si sono eliminati da soli? Un po’ tutto.

Il GP di Gran Bretagna è stata probabilmente la dry race più spettacolare del 2003. La gara era già movimentata per conto suo, ma a trasformarla in un delirio ci ha pensato un uomo vestito con un kilt, che scavalca le protezioni e si mette a correre come un indemoniato sull’hangar straight. Le auto per fortuna (o sfortuna, fate voi) riescono a dribblarlo, finché un commissario lo placca come un rugbyista a un passo dall’ultima meta e lo trascina in una zona sicura.

Il caos a quel punto regna sovrano e scatta l’ennesimo colpo di scena. Barrichello, partito in pole ma al momento quarto, entra in pitlane proprio mentre esce la SC. Schumacher sr si trova in coda dietro lo scudiero, in una curiosa inversione dei ruoli. Il brasiliano si ritrova nella pancia del gruppo, ma con una serie di sorpassi in successione si porta in testa e va a vincere il Gran Premio.

Nell’orgia di sorpassi Schumacher sr viene miseramente tagliato fuori, che fa fatica pure a sorpassare Villeneuve su BAR (pilota finito su macchina mai nata). Sicuramente ci sono state gare migliori del tedesco. Concluderà quarto, alle spalle anche di Montoya e Raikkonen

Ralf, il dominatore delle due gare, non arriva al traguardo a causa di detriti raccolti che hanno causato un surriscaldamento letale per la sua Williams.

Curiosità del GP (una di tante): primi giri in testa nella storia della Toyota.

Round 12 – Germania

[COURTESY OF FORMULAPASSION.COM]

Anche se ci troviamo nel mezzo dell’Europa Centrale, in foreste incantate dove fauni e ungulati vari grufolano, il caldo resta quello africano, con gli effetti che ormai abbiamo imparato a conoscere. Dopo tre secondi posti consecutivi JPM torna alla vittoria e lo fa nel giorno più propizio possibile.

La sua prestazione è stata facilitata dal maxi incidente alla partenza che ha messo fuori uso due terzi degli altri pretendenti al titolo (ci tornerò), ma con ogni probabilità avrebbe vinto lo stesso. Basta pensare che in una gara di 67 giri, ha vinto con 65 (!) secondi di vantaggio, malgrado un problema all’acceleratore e una scarsa necessità di spingere. Il suo GPV è stato anche più veloce della pole position, evento all’epoca possibile ma comunque molto raro.

Questo è il GP per cui Ralf, a posteriori, perde l’opportunità di vincere il Mondiale. Il tedesco parte male, viene raggiunto da Barrichello; alla loro sinistra un perentorio Raikkonen si affianca silenziosamente (come sua prerogativa). I vari piloti pensano bene di impostare la traiettoria come se fossero in qualifica: Ralf allarga a sinistra e Raikkonen si rimette a destra. In mezzo si viene a trovare l’incolpevole Barrichello, al quale viene gentilmente sradicata l’anteriore sinistra. Raikkonen va a fracassarsi contro le gomme a bordo pista mentre a Ralf viene frantumata la fiancata sx.

Gara finita anche per Ralf + penalità di 10 posizioni per il prossimo GP, quello d’Ungheria, il che significa che anche nel prossimo GP non potrà combinare molto. L’affermazione di Montoya inoltre rimette in discussione le gerarchie interne, convincendo la Williams a puntare su di lui per il resto dell’anno. Il tedeschino infine sarà vittima di un grave incidente a Monza che lo taglierà fuori definitivamente (e che a posteriori chiuderà la sua carriera ad alti livelli).

Tornando alla gara, Michael Schumacher era partito come una lumaca col bruciore di stomaco, ma grazie al casino riesce anzi a guadagnare delle posizioni e si ritrova quarto, dietro a Montoya e al duo Renault. Due giri di SC e si riparte. Montoya scappa, mentre Schumacher per il resto della gara studia le due monoposto francesi. Verso il finale il tedesco passa all’attacco. Prima approfitta di una scampagnata nel Motordrome da parte di Alonso e, successivamente, infila Trulli (in modo simile a Vettel-Button 2012) quando alla bandiera a scacchi mancavano sette giri.

Il Kaiser pare limitare i danni alla grande, ma ecco l’ennesima sorpresa del GP: a quattro giri dalla fine gli cede la posteriore dx. Mi piace pensare che fosse stato causato da un detrito raccolto nel sorpasso, IMHO tutto meno che regolare, su Trulli, ma era già accaduto in prova, quindi è più probabile un cedimento strutturale della Bridgestone. Alla fine conclude la gara settimo, mentre secondo è un incredulo Coulthard, davanti al moribondo Trulli.

Il campionato si sta mettendo male per Schumacher e soprattutto per Raikkonen. A proposito: della Mp4-18 ancora nulla. Niente male per una macchina al cui confronto le altre sarebbero dovute sembrare degli scuolabus. Montoya ora è secondo e naviga a vista del tedesco.

Curiosità della gara: l’incidente al via ha la stessa dinamica di Singapore 2017. Curiosamente Raikkonen ha ricoperto lo stesso ruolo in ambo le carambole. Trulli corre con la febbre ma conquista il suo primo podio da Europa ’99. Firman vince il premio “Mugello 2020” per aver accuratamente evitato di frenare alla prima curva, col risultato di centrare altre quattro vetture.

Round 13 – Ungheria
Mandatory Credit: Photo by Oliver Multhaup/EPA/Shutterstock (8186888h)
Spain’s Fernando Alonso of Renault Mcelebrates While Crossing the Finishing Line to Win the Hungarian Grand Prix 24 August 2003 Alonso on Sunday Made Formula One History by Becoming the Youngest Driver to Win a Grand Prix when He Lead the Hungarian Grand Prix From Start to Finish Alonso who Turned 22 on July 29 Broke Bruce Mclaren’s Record From 1959 the New Zealander was 22 Years and 104 Days Old when Hewon the United States Grand Prix Kimi Raikkonen in a Mclaren – Mercedes Finished Runner-up Williams-bmw Drivers Juan Pablo Montoya and Ralf Schumacher Finished Third and Fourth Respectively Epa Photo/dpa/oliver Multhaup Hungary Budapest
Auto Hungarian Gp – Aug 2003

Le gomme sono l’affare del giorno anche sul tracciato magiaro, che però viene ricordato per ben altre faccende: Alonso vince a 22 anni e 26 giorni e strappa a Emerson Fittipaldi il primato del più giovane vincitore della storia, un record che durava da quasi 33 anni. L’impresa dello spagnolo era nell’aria, considerando l’andamento della stagione. La macchina c’era, la strategia e le gomme anche, e lo spagnolo ha massimizzato il tutto. Come ciliegina sulla torta, Alonso si toglie lo sfizio di doppiare (!) la Ferrari di Schumacher, solo ottavo e primo dei gommati Bridgestone.

Se si da un’occhiata ai dati in realtà si vede che i team più veloci erano comunque Williams e McLaren. Il problema è che a causa di brutte partenze (Ralf si è pure girato) si sono tutti trovati intruppati nel trenino guidato da Webber, miracolosamente secondo dopo il via. La Jaguar era lentissima ma nel “Montecarlo con erba e ghiaia” il sorpasso è praticamente impossibile, ieri più di oggi. Quando rientra ai box aveva accumulato venti secondi di distacco dall’asturiano. Alonso vincerà davanti a Raikkonen (comunque bravo a finire secondo dopo essersi qualificato settimo), Montoya e Ralf (eccezionale nel rimontare dopo lo spin del primo giro).

Barrichello continua il suo periodo difficile con le sospensioni quando al ventesimo giro la sua posteriore sx si disintegra senza ragioni apparenti. Di Schumacher sr (battuto in qualifica da Barrichello per la terza gara di fila) aggiungo solo che rischia di concludere la gara anzitempo quando finisce la benzina poco prima di raggiungere la piazzola dei box.

A tre gare dalla fine, i primi tre piloti sono racchiusi in tre punti ( MSC 72, JPM 71, RAI 70). Il WCC è parimenti eccitante, con la Williams in testa con 129, davanti alla Ferrari a 121 e la McLaren (che ormai ha rinunciato a portare in pista la Mp4-18) a 115.

Curiosità del GP: per i Rossi è stata la prestazione più scarsa dagli anni Novanta. Ralph Firman (Jordan) nelle FP resta vittima di uno degli incidenti più grossi del lustro, grazie al cielo senza conseguenze fisiche importanti.

Round 14 – Italia

[COURTESY OF FORMULA1.IT]

Tra i due GP scoppia la grana delle gomme. La FIA, dietro imbeccamento della Ferrari, spedisce una lettera a tutti i team sottolineando come le misure di certi pneumatici (coff coff Michelin coff coff) non siano regolari per via della larghezza del battistrada.

La Michelin ha un battistrada che finisce con un piccolo gradino sulla spalla del pneumatico. Durante la gara, quel gradino sparisce per effetto dell’usura e l’impronta a terra aumenta, poichè viene utilizzata anche una parte della spalla. Questo spiega perché capitasse che talvolta le anteriori non venivano mai sostituite durante un GP: da usurate viaggiavano meglio che da nuove.

La Michelin si difende e contrattacca in tribunale, ma intanto si mette a produrre nuove gomme a prova di regolamento. Il caso è chiuso e il campionato può continuare con tutti i team sullo stesso piano. Insomma, l’estate è finita.

[COURTESY OF FORMULAPASSION.COM]

All’asciutto di vittorie dal GP del Canada a Giugno e con un solo podio in cinque gare (terzo in Francia di fortuna), Schumacher sr torna alla vittoria in uno dei GP più intensi del decennio.

Il weekend si apre con la perdita di uno dei protagonisti: durante le prove libere a Ralf Schumacher cede una sospensione, si schianta alla Lesmo e resta vittima di una commozione cerebrale. Sarà sostituito da Marc Genè, che si comporterà anche molto bene, ma il tedeschino non sarà più lo stesso nel prosieguo della carriera.

La lotta è tiratissima già da Sabato. Schumacher ottiene la pole con appena 5 centesimi di vantaggio su Montoya.

Si arriva alla Domenica con numerose preoccupazioni. La prima è il launch control della Ferrari, che deficita un po’. Ma le Rosse tengono e il Kaiser compie finalmente una partenza decente. La seconda è il temutissimo imbuto della prima chicane. Schumacher arriva leggermente lungo, Montoya preme il pedale dell’acceleratore come un forsennato. Non lo prende, tuttavia guadagna un vantaggio in accelerazione.

Si arriva quindi alla variante della Roggia con Schumacher sr sulla difensiva all’interno e Montoya all’attacco all’esterno. I due gentlemen sono in lotta e staccano a 20 cm dall’ingresso. Stavolta si dimostrano cattivi ma non fessi: tra i due non passa un foglio di carta ma non si toccano. Il Kaiser si difende e JPM non molla di un millimetro. All’uscita della Roggia il tedesco, essendo in traiettoria favorevole, dà gas con un nanosecondo di vantaggio e alla prima di Lesmo gira davanti. Pericolo scampato.

Per quanto riguarda sorpassi o tentativi la gara è praticamente finita, se non per qualche tafferuglio nelle retrovie, ma la lotta tra JPM e MSC non è finita per niente. I due marciano a un ritmo incredibile, separati tra loro da pochi decimi a giro. Schumacher guadagna qualche metro, ma Montoya è sempre là, almeno fino al doppiaggio di Frentzen (Sauber FERRARI), che gli fa perdere tempo e ritmo.

La gara finisce con il tradizionale tripudio sotto il podio, che vede in prima e terza posizione i Rossi. Raikkonen è quarto e mantiene il contatto con Schumacher e Montoya. Il capitolo mondiale è apertissimo ma l’inerzia è tornata dalla parte della Ferrari.  Schumacher sr ora guida con tre punti di vantaggio su Montoya e sette su Raikkonen.

Curiosità: Trulli fa la qualifica della vita e si ritrova terzo dopo poche curve, a Monza con il motore più scarso dei top team. Salvo parcheggiare la macchina col motore rotto (tradizioni) dopo cinque curve e mezzo.

Round 16 – USA

[COURTESY OF CRASH.NET]

Al termine del GP, Paul Stoddart (patron della Minardi) disse “Se non fosse stato per l’incidente al primo giro, Verstappen poteva andare a punti“. Tutti potevano raccontarsi storie simili. Tutti, tranne Michael Schumacher. Come sempre.

Uno dei grandi pregi di Schumacher sr è stata la sua costanza nell’arrivare fino in fondo. Raramente ha provocato incidenti [non iniziate con Jerez e Adelaide] e comunque è (quasi) sempre riuscito sempre a non lasciarci la gara. Anche quando faceva un errore, se la cavava sempre. Quando cade la pioggia, lui e la Ferrari si trovavano sempre nel posto giusto al momento giusto. Questa è stata la chiave del successo di Schumacher in questo GP reso pazzo dalla pioggia.

Prima della partenza in pochi avrebbero scommesso sulla vittoria del tedesco. In qualifica è scomposto come pochi e non va oltre la settima (!) posizione, addirittura peggio dell’Ungheria. La pole al contrario va a Raikkonen, che precede Barrichello, Panis su Toyota (!), il duo Williams e Alonso.

Semafori rossi, spenti e via. Raikkonen parte al meglio, Barrichello ha un problema col launch control e causa un mezzo ingorgo; Schumacher sr ne approfitta per uccellare il colombiano. In testa pertanto si trova il finlandese, Panis (!!), Ralf e Michael Schumacher (Barrichello gli cede la posizione nel primo giro).

Le due Williams vanno all’attacco: Ralf passa Panis, Montoya, visibilmente nervoso, recupera diverse posizioni finché non arriva dietro a Barrichello, in difficoltà con la temperatura delle gomme. Montoya tenta l’arrembaggio in curva 1, Barrichello regge, il colombiano non si fa intimorire e continua in curva 2. Dimostrando l’avvedutezza di un tapiro, i due si scontrano e Montoya butta fuori il brasiliano.

Il colombiano è sotto indagine (in seguito si beccherà un DT che lo estrometterà dalla lotta per il titolo, una mezza rapina), ma intanto va come un treno e non fa fatica a superare Schumacher (anche lui sotto investigazione per aver sorpassato Panis sotto bandiere gialle), che prima aveva ceduto la posizione anche a Alonso e Coulthard. Le Bridgestone hanno ripreso a essere competitive in condizione di asciutto, ma sull’umido arrancano paurosamente. In queste condizioni è l’altro Schumacher ad andare forte, e ricuce lo svantaggio da Raikkonen.

La pioggia si intensifica, Panis cerca la mossa della vita rientrando a montare le intermedie, ma smette di piovere non appena esce dai box. Questa notizia è una benedizione per Schumacher, che riprende a girare con tempi adatti alla sua levatura. L’altro Schumacher si ferma per il rifornimento, ma un bocchettone difettoso gli fa perdere varie posizioni. Il fratello lo segue nei box, ma il nubifragio vero si scatena non appena esce dalla pitlane.

Insomma, in tutto il bailamme Schumacher sr è sceso in settima posizione, ma sotto la pioggia vera le sue Bridgestone si rivelano essere le coperture migliori e inizia a scavalcare avversari come birilli. Raikkonen al contrario perde posizioni e si ritrova quarto. Nel frattempo Button compie forse la prima delle gare che lo avrebbero reso celebre e si ritrova in testa dopo aver azzeccato tutte le scelte strategiche. Una posizione troppo nobile per la sua BAR, che lo abbandona col cambio bloccato a 15 giri dalla fine.

Ora quindi è Frentzen a comandare (brutta macchina la C22, ma condivideva lo stesso vantaggio delle Bridgestone Intermediate), ma nella sosta successiva per montare gomme da asciutto viene sopravanzato da Schumacher. In questi giri il tedesco è campione del mondo, ma negli ultimi giri Raikkonen rimonta con caparbietà fino a occupare la posizione alle sue spalle. Più indietro Montoya ne combina di tutti i colori e finisce sesto e pure doppiato.

Il prode colombiano dovrà aspettare il 2004 per i sogni di gloria (AHAHAH), mentre Raikkonen rimane abbarbicato ad una possibilità che la matematica non gli nega (nove punti di svantaggio e una gara conquistata contro le sei di Schumacher). Più incerto il campionato costruttori, con la Ferrari che precede la Williams di soli 3 punti. Gli avversari della Ferrari in sostanza non possono coalizzarsi, ognuno corre per un obiettivo diverso. E’ quasi fatta per Schumacher.

Curiosità del GP: primi giri in testa per la Sauber e ultimo podio prima della cessione alla BMW.

Round 17 – Giappone

[COURTESY OF EPIC-FORMULA1.BLOGSPOT.COM]

Con 9 punti di vantaggio e un avversario che non vince da Marzo il mondiale sembra una formalità, ma Schumacher e la Ferrari riescono a complicarsi la vita.

Il weekend parte male. Le qualifiche sono vivacizzate da uno scroscio d’acqua negli ultimi minuti. Barrichello conquista la pole davanti a Montoya, ma i due pretendenti al titolo rimangono vittime delle condizioni atmosferiche: Raikkonen è ottavo (poteva scendere su pista asciutta, ma deve attendere lo spazio del break pubblicitario e quindi si becca la pioggia anche lui), Michael Schumacher addirittura quattordicesimo. Peggio è andata a Trulli (as usual) e Ralf, ultimo e penultimo dopo essere stati primo e secondo al venerdì.

Semafori rossi, spenti e si parte. Tutto fila liscio come da copione. Schumacher per evitare rischi si fa passare da Sato (che sostituisce Villeneuve), ignaro del fatto che è letteralmente la definizione di “andarsela a cercare”. Le Bridgestone paiono avere sufficiente grip e Barrichello mantiene la posizione.

Scherzavo: mezzo giro e il brasiliano finisce fuori pista e  viene passato da Montoya e Alonso. Dopo pochi giri è il turno di Schumacher sr di cappellare: nel tentativo di rimontare azzarda un sorpasso incerto su Sato, che non si fa problemi a chiudergli la porta in faccia e a sradicargli l’ala.

Schumacher rientra ai box e in meno di 18 secondi gli cambiano muso e gomme. Il problema è che è ultimo. Certo, in testa non c’è Raikkonen, ma il finlandese è in rapida risalita. Nell’arco di pochi giri si ritirano Montoya (cambio) e Alonso (motore) e torna in testa Barrichello, inseguito da Raikkonen. Schumacher è lontano dall’ottavo posto che gli garantirebbe il titolo, Raikkonen vicino ai dieci che gli trasformerebbero la vita.

Il tempo passa e la situazione però non evolve, finché dopo gli ultimi pit stop il muretto riesce a far uscire Schumacher tra Da Matta e Ralf, un’ottava posizione che vale un misero ma decisivo punto mondiale. La situazione non è comunque stabile: Ralf, visibilmente più veloce, inizia a puntarlo a destra e a sinistra. Michael allunga le frenate ai limiti della fisica, così fa anche Ralf e ogni curva è un numero da circo. Il Kaiser non riesce a superare Da Matta, mentre Ralf non riesce a superare il Kaiser. Gli ingredienti per la frittata ci sono tutti.

Nello stesso punto dell’incidente con Sato (la Casio Triangle) si compie l’atto finale dell’anno. Da Matta stacca con un leggero anticipo, Schumacher sr stacca con un leggero ritardo. Per evitare il posteriore della Toyota sterza a sinistra e a ruote bloccate lo evita di un soffio. Ralf stacca più tardi di entrambi, ma non ha più posti dove andare. Si butta pure lui a sinistra, ma la pista è finita e centra Michael. Schumacher sr mette in azione la sua proverbiale fortuna, e nell’incidente ci rimette solo Ralf, che si gira sull’erba.

Gli ultimi giri sono solo una passerella, animata solo dalla preoccupazione che la gomma di Schumacher possa aver subito danni. Barrichello conclude la marcia trionfale vincendo davanti a Raikkonen e Coulthard. Schumacher è ottavo, un punticino che vale oro. Finisce in gloria, ma con quale fatica.

[COURTESY OF F1WORLD.IT]

Ricapitolando l’annata, la Ferrari è stata buona ma non stellare come la precedente. Le gomme avevano perso completamente il vantaggio (anzi, spesso erano state ben inferiori alla concorrenza) e nel totale gli è andata ancora bene, dato che in più di una circostanza Schumacher sr ha avuto la fortuna dalla sua (che non gli è mai mancata in carriera). Il tedesco ha fatto una quantità di errori che non si vedevano dalla premiata ditta Alesi-Berger, ma comunque non ha mai mollato e spesso si è rivelato ancora superiore alla concorrenza a parità di auto. Barrichello invece spesso è sembrato un Massa ante-litteram, sfortunato, poco combattivo e incline alle scemenze, ma altre volte si è rivelato un osso duro per gli avversari (e a Silverstone ha azzeccato la miglior gara della carriera).

La Williams era partita male, ma poi azzeccarono gli aggiornamenti e per sei mesi hanno avuto il pacchetto migliore. Peccato per la consueta tradizione di scemenze ai box, e due piloti che si spesso si sono danneggiati, a vicenda o da soli. Il motore BMW è stato incredibile, anche se ha pagato qualche rottura di troppo (soprattutto in Austria,  Montoya con quei dieci punti in più ci vinceva il mondiale). Discorso estensibile a tutto: la velocità c’era, la maturità agonistica di meno.

[COURTESY OF P300.IT]

La McLaren ha pagato caro il passo falso della Mp4-18, che passa al museo senza aver visto neanche un GP. Raikkonen ha fatto i miracoli con la pur valida Mp4-17/D e un Mercedes buono ma inferiore a Ferrari e BMW (anche sotto il profilo dell’affidabilità). Ha però beneficiato del nuovo sistema di punteggio, che ha premiato la  costanza sulla la prestazione pura. Il mondiale doveva essere suo; è stato anche piuttosto sfortunato in diverse situazioni, come Spagna (al via non poteva fare altrimenti), Europa (ma qui è un po’ colpa sua: ci è voluto il 2007 per capire come spingere forte senza triturare la meccanica) e Hockenheim. Se avesse vinto il mondiale, sarebbe stata l’unica volta oltre al 1982 in cui avrebbe vinto un pilota la cui squadra non era tra le prime due, il che la dice lunga sulla stagione del finlandese.

La Renault aveva forse il miglior telaio e una perfetta interazione con le gomme, un launch control da paura e due ottimi piloti. Peccato per un motore debole, per la sfiga oceanica di Trulli e un Alonso non ancora ai massimi livelli.

[COURTESY OF THERACE.COM]

Gli altri hanno riempito lo spazio nella griglia. Si sono distinti soprattutto Fisichella e Webber (velocissimo in qualifica, spesso nei primi giri ha occupato posizioni nella top-5, ma in gara emergeva la pochezza della Jaguar). Particolarmente negativa la stagione di Villeneuve. Si può dire senza troppi problemi che per voler fare il diverso ha buttato la carriera. Chissà che razza di campionati avremmo avuto con Hakkinen e Villeneuve in McLaren.

[COURTESY OF theliveryblog.files.wordpress.com]

Chiudo con la mitica Minardi: non poteva essere diversamente. Non ci prende mai ma c’è sempre. Sempre in fondo, era come avere un team di gentlemen driver che giravano solo per il gusto di girare. Mi mancano.

[Immagine in evidenza tratta da MaxF1.com]

Lorenzo Giammarini, a.k.a. LG Montoya

F1 SEASON REVIEW 2000: IL CIELO E’ ROSSO SOPRA SUZUKA

Ci sono eventi che segnano la vita di un appassionato di Sport. Tra questi per quanto mi riguarda il posto sul gradino più alto del podio lo occupa il Mondiale vinto dal Kaiser l’otto Ottobre 2000 a Suzuka. Il perchè è presto detto: ricordo bene tutti e 20 i Campionati compresi tra il 1980 ed il 1999, e li ricordo da Ferrarista. L’atroce 1980 in attesa del turbo, gli ultimi acuti di Gilles nel 1981, il nerissimo 1982 che ce lo portò via per poi privarci di un Mondiale già vinto, il 1983 corso con due Piloti di una mediocrità disarmante, l’arrivo di Michele nel 1984 e la sua vittoria nella fatal Zolder, il “dobbiamo un Mondiale a quel ragazzo” del Vecchio riferito a Michele nel 1985, l’osceno 1986 che partiva con ben altre aspettative, la testa rialzata nel 1987 con le due vittorie di Gerhard in coda al Campionato, la scomparsa del Drake nel 1988 con la doppietta di Monza un mese dopo a sancire l’unica vittoria dell’anno, i ruggiti del Leone nel 1989 sulla 640 di Barnard, il furto subìto da Alain nel 1990 a Suzuka da parte di quello che parlava con Dio, l’inizio della discesa agli inferi nel 1991 senza vittorie, la tremenda F92A del 1992 che di colpo fece sembrare la F1-86 una lama, il rientro all’ovile di Gerhard nel mediocre 1993 che segna l’arrivo di Todt, il ritorno alla vittoria ad Hockenheim 1994 dopo quasi 4 anni, la prima ed ultima di Alesi in Rosso a Montreal 1995, l’arrivo del Kaiser nel 1996 alle prese con una cassapanca nonostante la quale mise a segno 3 vittorie, il match point del 1997 col Kaiser che crollò mentalmente dopo l’ultimo pit a Jerez, il 1998 corso contro una Mecca di un’altra categoria che comunque poteva prendere ben altra piega con la vittoria di Spa, il 1999 del botto di Silverstone in un Mondiale da vincere in carrozza col Kaiser che portò invece al matchpoint non realizzato con Irvine (e son tre di fila consecutivi per la Rossa).

Con queste premesse si arriva al Mondiale del 2000, è la quinta stagione del Kaiser in Rosso affiancato ora da Barrichello al posto dell’uscente Irvine andato in Jaguar a monetizzare i quattro anni spesi a Maranello culminati col secondo posto nel WDC del 1999. Il Team è perfettamente organizzato: Montezemolo, Todt, Brawn, Byrne, la squadra Test capitanata da Mazzola, il Kaiser al volante e (mai dimenticarlo) alle spalle il budget virtualmente illimitato voluto dall’Avvocato per la sua fortissima volontà di tornare all’Iride in modo da dar lustro alla ripresa delle vendite dei modelli stradali che, perlomeno fino all’arrivo della 355, non arrivavano esattamente da una sfilza di successi.  Il Campionato prevede 17 tappe partendo dall’Australia il 12 Marzo e terminando in Malesia il 22 Ottobre. L’arma a disposizione del Kaiser, la F2000 (a proposito: onore imperituro a chi ideò codesto nome/codice semplice e pulito. Dipendesse da me il nome della Rossa di F1 sarebbe sempre una F seguita dall’anno in oggetto o, in alternativa, il numero progressivo del progetto), è la terza creatura Rossa di Byrne dopo la F300 del 1998 e la F399 del 1999. Arriva a completare un Trend di crescita impetuoso che, come già accennato, avrebbe già fruttato il WDC l’anno prima senza il famigerato incidente di Silverstone. Curiosità: a metà Agosto si corse tranquillamente (a Budapest il 13/8), evidentemente la panzana delle “ferie delle maestranze” non aveva ancora preso piede. Maestranze stesse che, ad occhio e croce, avevano in tasca diritti giusto un filo più solidi allora che a metà Agosto si correva rispetto ad ora che ci son le famigerate quattro settimane di stop. Ma non divaghiamo, non qui perlomeno.

Il Mondiale si apre come meglio non poteva per la Ferrari ossia con tre vittorie del Kaiser nei primi tre GP corsi a Melbourne/Sao Paulo/Imola. Il compianto Murray Walker ai tempi commentò che la terna rappresentava “più tre GP persi dalla Mclaren che tre GP vinti dalla Ferrari” e non aveva tutti i torti. In Australia le due Mecca si ritirano per noie meccaniche dopo aver monopolizzato la prima fila in prova, in Brasile stesso copione in prova e stessa sorte in gara per le due Mecca con Mika ritirato e Coulthard squalificato a fine gara per una irregolarità tecnica dopo aver avuto seri problemi al cambio. Sul Santerno c’è sempre Mika in pole con stavolta il Kaiser al suo fianco, che avrà la meglio solo in occasione del secondo pitstop

Iniziano le prime preoccupazioni in concomitanza della fin troppo prevedibile ripresa della Mecca: a Silverstone nel giorno di Pasqua il Kaiser è solo terzo dopo un weekend passato a lottare coi fantasmi dell’anno prima (vince Coulthard su Hakkinen) mentre a Barcellona va pure peggio col quinto posto finale in una gara piena di imprevisti (vinta da Mika). Un paio di importanti “wake up calls” insomma

Nelle tre gare successive il Kaiser torna sulla cresta dell’onda: al Nurburgring vince grazie alla sua maestria sul bagnato in gara. A Monaco invece dopo la sensazionale pole è costretto al ritiro per la rottura di uno scarico (incredibilmente limato ai box la mattina stessa del GP per guadagnare qualche grammo di peso, roba da matti) mentre a Montreal è doppietta Rossa. Ma la cosa più interessante è che Mika al netto della vittoria in Spagna è ancora con le polveri bagnate e Coulthard di fatto gli sottrae punti preziosi per il Campionato

Si giunge così alla fase buia del Mondiale 2000 concentrata in cinque gare nelle quali il Kaiser collezionerà tre ritiri consecutivi seguiti da due secondi posti. Cosa che lo relegherà al secondo posto nella Classifica del WDC dietro al redivivo Mika che, nelle stesse cinque gare, collezionerà invece tre vittorie e due secondi posti. In Francia il Kaiser si ritira per un guasto meccanico dopo aver dovuto cedere la testa del GP a Coulthard nella seconda metà della gara. In Austria il ritiro avviene immediatamente dopo il via per un incidente innescato dal tamponamento di Zonta nei suoi confronti. In Germania è Fisichella a metterlo fuori gara al via invece (nota ilare: Fisico scende dall’auto e si scusa col Kaiser, tempo di tornare ai box e Briatore lo riempie di tante di quelle bestemmie per averlo fatto che alla prima intervista Fisico sostiene di non aver causato l’incidente. Fantastico) ma Barrichello ci mette una pezza vincendo la sua prima gara in F1 resistendo con gomme da asciutto su pista bagnata per 3/4. In Ungheria il Kaiser fa secondo dietro a Mika contenendo a stento gli attacchi di Coulthard mentre a Spa conduce tutta la gara pagando nel finale l’assetto da bagnato su pista ormai asciutta che gli costerà la famosissima sverniciata da parte di Mika con Zonta in mezzo a farsi doppiare. Il Kaiser è indietro di 6 punti nel WDC, la Ferrari di 8 nel WCC

Si arriva così alle ultime quattro gare della Stagione partendo da una situazione di svantaggio in entrambi i Campionati. La tensione è alle stelle perchè lo scenario di un’altra sconfitta per il quarto anno di seguito è tutt’altro che improbabile. Le cose sembrano iniziare per il verso giusto nel weekend Monzese con le due Rosse che monopolizzano la prima fila ma, tempo di arrivare alla Roggia, ed un incidente innescato dalle seconde linee causa la morte del Commissario CEA Paolo Gislimberti (a tal proposito, quando gli intitoleranno la Roggia sarà sempre troppo tardi). Quel che segue sono una dozzina di giri sotto Safety Car che poi a gara ripartita si tradurrà nel ritorno alla vittoria del Kaiser che raggiunge così Senna a 41 GP vinti e riduce a soli 2 punti lo svantaggio da Mika nel WDC

Il vero game changer però sarà il GP successivo ad Indianapolis, gara che peraltro suggella il ritorno della F1 negli USA dopo 9 anni dal GP corsosi a Phoenix ad inizio 1991. Il Kaiser la piazza in pole ed in gara deve sbarazzarsi di Coulthard partito in anticipo e regolarmente in pista in attesa della penalità. Ma la vera minaccia è Mika che nel finale rimonta furiosamente salvo poi arrendersi al cedimento del propulsore della sua Mecca. Per il Kaiser è un doppio trionfo visto che ora torna a guidare il WDC con ben 8 punti di vantaggio su Mika. Cosa che significherà avere il primo match point a disposizione in Giappone a Suzuka nel GP successivo

A Suzuka si assiste ad un (annunciato?) successo corale del Team Ferrari. Il Kaiser la mette nuovamente in pole ma Mika è più lesto al via ed è quindi costretto ad inseguire. In occasione del primo pit Ross Brawn decide di concerto col Kaiser di caricare più carburante in modo da dover affrontare una sosta più breve in occasione del secondo. Cosa che puntualmente avviene e, complice il ritmo forsennato tenuto dal Kaiser, gli vale il sorpasso con Mika costretto ad inseguire nel finale di gara. Inutilmente però, la Ferrari riscrive la Storia tornando al successo nel Mondiale Piloti 21 anni dopo Monza 1979. Come scritto nell’incipit solo chi ha vissuto 20 anni di sconfitte da Ferrarista sa cosa ha provato alle 16:03 (ora giapponese) della mattina dell’otto Ottobre 2000.

IL CIELO E’ ROSSO SOPRA SUZUKA

Col Mondiale Piloti già assegnato il Circus fa tappa a Sepang per la gara finale della Stagione. Il Kaiser mette a segno pole e vittoria per la quarta volta di fila e la Ferrari, grazie anche al terzo posto finale di Barrichello, centra il secondo titolo Costruttori consecutivo dopo quello del 1999 arrivato a seguito di un digiuno di 16 anni. E’ festa sul podio con i due Piloti raggiunti da Ross Brawn

Considerazioni conclusive: questo Mondiale fu davvero il Mondiale vinto da tutta la Squadra. Mi piace pensare a due mosse fondamentali di Jean Todt in merito. Una nel 1996 quando dopo il GP di Budapest con l’ennesimo doppio ritiro (per rottura del cambio scatolato voluto da Barnard)  presentò a Montezemolo le dimissioni. Il Presidente le respinse, la squadra fece quadrato e negli ultimi 4 GP di quell’anno il Kaiser con 2 vittorie 1 terzo ed 1 secondo posto quasi fece da solo la somma dei punti delle due AstroWilliams assieme. Quanto sopra dovrebbe essere sull’enciclopedia alla voce “Team building”, peccato che qualcun altro dopo Abu Dhabi 2010 non abbia avuto le palle di fare altrettanto. La seconda fu la messa al bando del Berillio chiesta ed ottenuta a fine 1999 che di fatto prese il V10 Ilmor e lo trasformò dall’unità più potente, affidabile e meno assetata ad un’unità congenitamente fragile. E’ qualche settimana che Radio Box ripete che Jean Todt sta per tornare a Maranello dopo 12 anni di Presidenza FIA. E’ qualche settimana che chi scrive è convinto che il cerchio si chiuderà. In tutti i sensi

Buon Natale a tutti dal Blog del Ring!

La Mercedes vince il sesto titolo a Suzuka, la Ferrari ricomincia a sprecare

Il GP del Giappone ci ha regalato un format diverso, con qualifiche e gara nello stesso giorno. E quindi provo anche io a fare qualcosa di diverso, una non-cronaca, come avevo promesso qualche giorno fa. Procederò fornendo 10 punti e spunti di discussione, perchè di cose su cui riflettere oggi ce ne sono tante, pur non essendo stata la gara più divertente della stagione.

1) Sesto titolo costruttori Mercedes. Uguagliato il periodo d’oro Ferrari 1999-2004. Con tante differenze e molte analogie. Cito solo la più grande, delle differenze: all’epoca si fece di tutto per fermare il dominio rosso, e ci si riuscì. In quest’epoca no, ed è probabile che fra più o meno un anno parleremo dello storico settimo titolo. Meritatissimo, sia ben chiaro. Ma in realtà la storia è già stata fatta oggi, perchè con Leclerc a 115 punti e 4 gare da disputare, è matematico che il titolo lo vincerà un pilota Mercedes, e sarà anche in questo caso il sesto consecutivo, cosa mai riuscita a nessun’altra squadra.

2) La SF90 2.0 è andata bene anche a Suzuka, centrando una clamorosa prima fila. Ma, soprattutto, in gara non ha sfigurato, a dispetto di quello che si era visto il venerdì, e chissà come sarebbe andata se…

3) … Sebastian e Charles non avessero (probabilmente) pensato più a fregarsi l’un l’altro che a partire bene. Il tedesco è stato autore di un jump-start come, dalla pole, non se ne vedevano da tempo, mentre il monegasco probabilmente pensava ad altro nello scatto, e poi ha peggiorato la situazione buttando fuori Verstappen. Fossero rimasti primo e secondo, chissà. Alla fine Vettel ha parzialmente rimediato all’errore con un ottimo secondo posto difeso senza grandi problemi negli ultimi giri dagli attacchi di Hamilton. Leclerc si è divertito con tanti sorpassi ma è arrivato solo fino alla sesta posizione.

4) Quando negli anni scorsi il Verstappen 1.0 si scontrava con Vettel e Raikkonen, questi ultimi avevano sempre la peggio. Il Max 2.0 oggi con Leclerc è stato la vittima. Segno dei tempi che cambiano.

5) Non oso pensare a come sarebbero state giudicate le due mancate penalizzazioni dei ferraristi nel caso in cui fossero stati in piena lotta per il mondiale. Non si era mai visto un pilota muoversi sulla griglia e non essere penalizzato, così come, fino a poco tempo fa, un pilota che buttasse fuori un altro avrebbe preso di sicuro una punizione. Oggi niente. Ci spiegheranno che il regolamento è stato rispettato alla lettera, ma la percezione è che si sia passati dal tutto al niente. Bene così.

6) La Honda in casa propria è stata quasi inesistente. Indipendentemente dal problema di Verstappen, il super-motore da 2 GP non è sembrato nulla di speciale. Albon, autore di un ottimo quarto posto, è arrivato a quasi un minuto, di pochissimo davanti a Sainz con una McLaren che monta l’odiato motore Renault. Non una grande prestazione. C’è da credere che in Red Bull, e, in particolare, Helmut Marko, stiano lavorando sodo per tenere calmo Max….

7) … e al fatto che nel 2020 la Honda raggiungerà la Mercedes e la Ferrari, come ha sostenuto Helmut stesso qualche giorno fa, probabilmente non credono nemmeno gli ingegneri giapponesi.

8) Un pensiero per il personale dei team che si è dovuto sobbarcare due montaggi e smontaggi nel giro di 3 giorni. Vedendo le attrezzature che portano ad ogni week-end, vengono i brividi solo a pensare a tutto il lavoro di coordinamento necessario per mettere in piedi lo show, figuriamoci se bisogna smontare il teatro e rimontarlo nel bel mezzo dello show stesso. E’ una cosa che gli appassionati non vedono, ma la Formula 1 è un vero e proprio miracolo di organizzazione del lavoro non solo per quanto riguarda le auto.

9) Leclerc si è fatto due giri con l’ala anteriore rotta, ed è stato richiamato ai box su indicazione della FIA solo dopo che un pezzo dell’ala stessa è finito sulla macchina di Hamilton che lo seguiva, proprio nel punto più veloce della pista. Si è corso un rischio altissimo, ed è ridicolo che, con tutta l’attenzione che si ha (giustamente, viste le tragedie passate) sul problema dei detriti vaganti, non si pensi a fermare immediatamente una macchina in quelle condizioni. Non è la prima volta che accade, forse bisognerebbe ripensare le procedure da usare in questi casi.

10) Infine, la classifica degli altri. Abbiamo detto di Sainz ottimo quinto con la McLaren consolidata quarta forza del mondiale. Con Ricciardo settimo e Hulkenberg decimo la Renault continua con le prestazioni mediocri, e sul suo futuro in Formula 1 si addensano nubi molto pesanti considerando il cambio al vertice del gruppo avvenuto nei giorni scorsi.  Punticini buoni per Gasly, ottavo, e Perez, nono e salvato da un errore della direzione gara che ha congelato la classifica finale al giro prima di quello conclusivo, rendendo ininfluente la sua uscita di pista. Nei bassifondi finiscono, ancora una volta, le Alfa Romeo e le Haas vittime, evidentemente, di una incapacità cronica nel trovare setup e strategie adeguate, e l’avere i piloti che hanno non le aiuta di sicuro. Citazione finale per la Williams, per la quale è emersa pubblicamente la situazione ridicola in cui versa, che ricorda molto da vicino gli inizi della scuderia, a metà anni 70, quando patron Frank teneva insieme la squadra grazie ad espedienti vari ed assortiti. Corsi e ricorsi storici.

Mancano 4 gare alla fine di un mondiale il cui esito era già stato scritto dopo la prima prova in Australia. La Ferrari può terminare in alto nella speranza di rimanerci per il 2020, e avrà probabilmente se stessa, e non la Mercedes come avversario principale. Sempre che a qualcuno non venga in mente di studiare un po’ meglio la sua MGU-K ed emanare qualche “chiarimento” regolamentare (il riferimento al punto 1 è ovviamente voluto).

P.S. nutro la speranza che mercoledì prossimo al meeting FIA che delibererà il regolamento 2021 si presentino tutti sobri e, rinsavendo, si rendano conto che la qualification race è una cosa assurda e lascino perdere. Allo stesso modo, è ridicolo che l’organizzatore si metta a sviluppare un’auto e voglia poi imporla a tutti i team. La Formula 1, ovviamente, non è l’Indycar, ma sembra che qualcuno non l’abbia capito.

 

Immagine in evidenza dal profilo Twitter @MercedesAMGF1 

F1 2019 JAPANESE GP: AN INTRODUCTION

Carissimo e stimatissimo Lìder Maximo del Bring,

carissimi e stimatissimi e (sparuti) frequentatori del Bring, orfani degli esodati, confinati, “pennuti” dei bei tempi andati,

cercherò di rubarvi solo una briciola del vostro tempo per questa introduzione al Gp del Giappone 2019. Introduzione e non introduction che quì nella Repubblica Bringiana Italica un pò Centrafricana ci teniamo a esprimerci nella corretta favella, mica quella dei nemici, quelli della perfida albione, intrallazzatori di spy story e regolamenti fatti a dick of dog (questa è l’eccezione che conferma la regola).

Ora se proprio volete qualche delucidazione tecnica sul tracciato di Suzuka, le gomme della Pirelli, la 130 R, le strategie di gara, il passo gara!!, Leclerc vs Vettel vs l’eredità di Schumacher in Ferrari, il piede di marmo e le avventure tricologiche di Hamilton, a quale ordine perentorio di Wolff risponde meglio Bottas (occhio questa è sottile…), la PU Honda stile motorone da qualifica degli anni ’80, Marko e i suoi reietti, la PU Ferrari che di sicuro è AnoMala per Toto Wolff e altre facezie di questo tipo, compresi i ricambi Williams venduti al mercato nero beh, questa non è per voi la rubrica adatta.

Potete andare a caso sui ben più professionali, esperti e capaci siti di FormulaPassion, Motorsport e F1AnalisiTecnica dal quale il sottoscritto, evidentemente, non essendo nè un buon nè un grande artista, copia a piene mani in modo assolutamente acefalo e disorganizzato, anche se mi dicono che l’acefalo all’acqua pazza è davvero buono, non in Inghilterra ovviamente.

Non vorrei mai che vi venissero attacchi di vomito che tale rubrica può generare, anche perchè lo sanno anche FormulaP…cioè volevo dire anche i sassi che il favorito del GP è Hamilton su Mercedes, mentre Vettel e Leclerc continueranno a giocare alla Zanzara in radio mentre Verstappen cercherà di fare qualcosa, qualsiasi cosa. Tanto poi arriva il tifone Hagibis e tutti ai box a giocare con le barchette nelle pozze d’acqua, e siamo sicuri che Norris ci delizierà con qualche meme fatto apposta per l’occasione.

Mi dicono, sempre altri beninteso, che chi ben saprà comportarsi a Suzuka parte da una buona base in vista del campionato 2020. dato che bisogna sempre fidarsi di chi ne sa più di te, allora spero che la Ferrari asfalti la Mercedes, così mettiamo bene in chiaro la vera anima del Bring, quella di Ferraristi beceri camuffati da appassionati di F1 che all’aperitivo preferiscono un calice di vino alla birra, ma in pista imbrogliano e rubano come non mai, come dei veri lord inglesi.

Non mi resta che augurarvi un piacevole e becero Gp del Giappone, in cui gufare appassionatamente il vostro pilota non preferito numero uno. Non mi dite quello con le treccine perchè se no siete razzisti e bacchettoni che neanche Todt che non voleva Alonso in Ferrari, solo perchè lo spagnolo gli diede dei mafiosi. Avrebbe dovuto dire mangiarane, errore imperdonabile.

Ultimissima cosa, questa rubrica NON è di proprietà del sottoscritto. Sono pronto a cederla a persone per più capaci di me e con un QI inevitabilmente più alto. Non siate timidi, non ci vuole granchè, basta presentarsi e non è neanche richiesta la bella presenza.

Spero di non avervi annoiato troppo e spero non mi si accusi di aver fatto un utilizzo “personale” di tale rubrica. Nel caso accadesse rispondo come il vicequestore Rocco Schiavone dei libri di Manzini…

Esticazzi

Rocco Alessandro

*immagine in evidenza da blueplanetheart.it

P.s: ma lo sapete che la Mercedes ha un set di gomme C3 in meno rispetto a Ferrari e Red Bull nel Gp del Giappone? E che Hulkenberg ha scelto un solo set di C2? Non so minimamente cosa voglia dire ma mi faceva piacere farvelo sapere.

Hamilton e la Mercedes stravincono in Giappone, la Ferrari affonda

Suzuka è una gran bella pista. Una di quelle che esaltano macchine e piloti. Dove i migliori scavano un abisso rispetto agli altri. O lo approfondiscono, se l’abisso c’è già. E gli altri, per cercare di stare loro vicini, commettono errori.

E così vediamo una Ferrari che tenta di qualificarsi con gomme da bagnato quando la pista è asciutta. Col risultato di contrapporre, ad una prima fila Mercedes, un misero nono posto di Vettel, compromettendo fin dal sabato le poche possibilità di ridurre il divario da Hamilton in campionato.

Allo spegnimento dei semafori, Vettel parte a razzo e guadagna 3 posizioni portandosi subito dietro al compagno di squadra. Ad evitare alla Ferrari il team order ci pensa il prode Max Verstappen, che arrivando lungo all’ultima chicane rientra in pista mentre arriva Raikkonen buttandolo fuori pista e facendolo rallentare quanto basta per far passare Vettel. Nel frattempo l’alter ego di Verstappen quanto a simpatia, Kevin Magnussen, si fa tamponare da Leclerc sul rettilineo di partenza, col risultato di bucare una gomma e percorrere un intero giro seminando detriti.

Questo provoca l’uscita della Safety Car, e alla successiva ripartenza si ingaggia il duello fra Verstappen (nel frattempo giustamente penalizzato di 5 secondi) e Vettel. E accade quanto ampiamente prevedibile. Alla frenata della Spoon curve, Vettel vede un varco all’interno, e con un ottimismo che definire eccessivo è un eufemismo si butta all’interno dell’olandese. Il quale, non aspettandosi un attacco, segue la traiettoria ideale chiudendo la curva e urtando il tedesco, che finisce in testacoda nella via di fuga ritrovandosi poi in coda al gruppo, fortunatamente con la macchina non troppo danneggiata.

Raikkonen non riesce ad approfittare dell’urto fra i due davanti a lui, perchè troppo lontano. Le sue gomme supersoft iniziano molto presto a perdere prestazione, e lo costringono a fermarsi forse un po’ anticipatamente rispetto alle previsioni. A Kimi vengono montate gomme medie, l’unico set portato dalla Ferrari e mai provato nel corso delle prove.

Qualche giro dopo anche Verstappen si ferma, scontando i 5 secondi di penalità, e riesce ad uscire davanti a Raikkonen. Qualche giro dopo si ferma anche Ricciardo, in grande rimonta dopo essere partito dalla quindicesima posizione a causa di un’avaria subita in qualifica. E anche lui riesce ad uscire davanti a Kimi, che si ritrova così in quinta posizione ma, quel che è peggio, con una macchina senza prestazione.

La lotta per le prime posizioni finisce virtualmente qui. Vettel riuscirà a rimontare fino alla sesta posizione, ultimo della prima classe e staccatissimo dal compagno Raikkonen, il quale a sua volta rimedia un distacco abissale da Ricciardo. Verstappen si avvicinerà a Bottas senza però riuscire realmente ad impensierirlo, nonostante diversi errori da parte di quest’ultimo, evidentemente in crisi con le gomme.

E così Hamilton porta a casa la quarta gara consecutiva, la sesta in sette gare (e nell’unica che non ha vinto è comunque arrivato secondo), la quinta di fila a Suzuka. Dietro i primi sei troviamo Perez, un sempre ottimo Grosjean, Ocon e Sainz, che negli ultimi giri nega a Gasly e alla Honda l’ultimo punto disponibile.

Ancora notte fonda per McLaren e Williams, e poca soddisfazione pure per la Sauber dopo una qualifica che faceva ben sperare.

L’idea che dà la Ferrari in questo momento (e lo stanno dicendo anche fonti giornalistiche tradizionalmente vicine alla squadra di Maranello) è di essere in grande confusione. E il week-end in Giappone lo ha purtroppo completamente confermato, a partire da una scelta di mescole da portare a dir poco scellerata (come già accadde per Sochi), pur se presa diverse settimane fa, per continuare con la decisione di utilizzare gomme da bagnato in Q3 quando era abbastanza evidente che fosse l’opzione sbagliata, non fosse altro che per il fatto che tutti gli altri stavano decidendo diversamente, per finire con la poca lucidità dei due piloti in gara, entrambi letteralmente fermati, come al solito, da Verstappen, che si sta rivelando un ostacolo ancora maggiore delle due Mercedes, se si fa il conto di quanti problemi ha creato la (gestione della) sua presenza in pista nelle ultime due stagioni.

Nel frattempo la Mercedes ha letteralmente iniziato a volare, dimostrando nelle ultime tre gare un enorme vantaggio, di macchina, di piloti e soprattutto di lucidità. A questo punto c’è il rischio che il mondiale 2018 venga ricordato come il quinto consecutivo di grande supremazia Mercedes, e questo sarebbe un po’ ingeneroso nei confronti di Hamilton, che andrà molto probabilmente a chiudere il discorso già nella sua amata Austin. Perchè la suddetta supremazia, quest’anno, è dovuta a fattori più umani che tecnici, a differenza degli anni scorsi.

P.S. l’intervista di Maurizio Arrivabene a fine gara può essere letta in tanti modi. Come quella di un team principal che tenta di difendere la sua squadra dopo un risultato estremamente deludente, ma anche come quella di chi ha visto un’altra gara. Parlare di risultato positivo quando la pista dice che la Ferrari oggi è stata la terza forza, e quando i due mondiali piloti e costruttori hanno preso ancora una volta la via di Stoccarda, sembra francamente fuori luogo. Ma questa è la cifra della Ferrari, in questo momento, e forse non c’è troppo da stupirsi dei risultati che arrivano di conseguenza. Nonostante una SF71H che anche oggi si è dimostrata, in gara, un’ottima vettura.