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2018 F1 JAPANESE GP: AN INTRODUCTION

GP del Giappone. Circuito di Suzuka. Sveglia puntata ad orari inumani per essere una domenica mattina. Giusto 10 minuti prima della partenza, al diavolo caffè e colazione. Divano e occhio cerchiato in attesa dello start. In attesa di una gioia immensa, una gran delusione o semplicemente di una gara come molte altre. Si potrebbe definire un rito pagano votato al Dio delle corse. Almeno per chi come gli europei, questa religione l’hanno inventata e fatta prosperare. Diciassette curve, altrettante sfide, tantissime storie, pietre miliari nella storia della F1: Prost-Senna del 89-90, lo sfortunato Bianchi, l’incidente tra il “vecchio” Alesi e il “nuovo” Raikkonen nel 2001, il motore in fumo di Schumacher nel 2006, il contatto Schumacher-Sato del 2003, che quasi costava il mondiale al tedesco, i due titoli di Hakkinen e la vittoria di Raikkonen partendo diciassettesimo.

Storia recente e anche molto meno epica, sono il duopolio Red Bull-Mercedes che dal 2009 si dividono le vittorie, con l’unica eccezione di Button su McLaren del 2011. Monoposto dominanti che hanno lasciato briciole agli avversari, con Ferrari che non vince a Suzuka dal 2004.

Nel 2017 un componente da pochi euro, una candela di accensione, constringe Vettel al ritiro dopo pochi giri e priva la gara dell’unico motivo di interesse davvero valido, oltre che dare la definitiva mazzata alle speranze del tedesco e della Ferrari di vincere il titolo. Quest’anno si arriva a Suzuka con una situazione tecnica e di punteggio ancora più pesante. Le ultime due gare hanno evidenziato una Mercedes che sembra aver trovato la “pepita d’oro” prestativa che le possa permettere di amministrare senza patemi le ultime gare in calendario, una Ferrari che si scopre improvvisamente in deficit di potenza (si vocifera di un “trick” scoperto dalla FIA sulle batterie della MGU-K che garantirebbe una supplementare erogazione di potenza) e di trazione e un Hamilton con un vantaggio che si può definire quasi definitivo, 50 punti, mentre nel 2017 erano solo 34.

Segnali di risveglio li hanno dati Red Bull e Max Verstappen, autori di una bella gara partendo da fondo griglia in quel di Sochi e che potrebbero avere qualche voce in capitolo a Suzuka. Per quanto riguarda gli altri team, escludendo a priori Williams e McLaren che ormai fanno davvero solo numero, ci si potrebbe sbilanciare e immaginare una Sauber-Alfa lottare con Haas e Racing Point Force India per i punti. Fari puntati anche su Toro Rosso che dovrebbe portare una versione aggiornata della PU Honda, sicuri di essere riusciti ad operare il sorpasso nei confronti della PU Renault. I giapponesi vorranno fare bella figura in casa, vedremo se non si tratterà dell’ennesimo boomerang.

La speranza è quella di vedere una gara serrata tra Ferrari e Mercedes su una delle piste più belle del mondiale, che possa essere un buon viatico per una finale di stagione quanto meno appassionante per la lotta nei singoli GP.  Anche il meteo potrebbe giocare la sua parte nel rimescolare le carte e regalare qualche emozione in più. Al momento le previsioni danno un venerdì e sabato con pioggia e domenica soleggiato nelle ore centrali della giornata.

La scelta della pirelli per Suzuka non prevede salto di mescola: supersoft, soft e medium le gomme selezionate. Molto dipenderà dalle temperature ma potrebbe essere possibile l’utilizzo delle supersoft e delle soft in gara, proprio in questo ordine. Data la lunghezza del tracciato e la differenza di prestazione potrebbe essere difficile pensare di qualificarsi con soft nella Q2. Isola ha dichiarato che, considerando mescole più morbide rispetto al 2017 e l’asfalto abrasivo, saranno probabili due soste partendo con gomme morbide. Si era detto lo stesso nei precedenti GP, previsione che si è dimostrata del tutto errata.

Le scelte dei set di gomme dei piloti rivela una Ferrari nuovamente molto aggressiva nello scegliere coperture più morbide. Per entrambi i piloti un solo set di medium e ben 10 supersoft. Strategia che non ha pagato molto negli ultimi due appuntamenti, mentre i piloti MB hanno optato per una scelta più conservativa, portando più gomme soft e medium dei rivali.

I due Red Bull si sono posti a metà strada, snobbando le medium ma scegliendo più gomme soft di Ferrari e Mercedes. Scelte diverse che potrebbero avere conseguenze nel numero di gomme fresche da utilizzare in gara e nella definizione del setup corretto.

Gli altri team hanno fatto scelte paragonabili a Mercedes e Red Bull con l’eccezione della McLaren, assolutamente orientata su mescole più dure, segno di una scarsa fiducia nelle proprie possibilità in qualifica e di una partenza addirittura su gomma media.

Se Sochi rappresentava per Ferrari quasi l’ultima possibilità di invertire l’inerzia di un mondiale che ha preso la direzione di Brackley, Suzuka probabilmente potrebbe rappresentare la parola fine alla lotta per il mondiale 2018. La logica e la statistica dicono che è improbabile una debacle Mercedes e la Scuderia non sembra avere la forza, la convinzione e soprattutto il mezzo tecnico per dare battaglia. Sembra ci si avvii ad un replay del finale di stagione 2017, con tutte le possibili conseguenze del caso . Si vocifera di un Arrivabene in partenza per un ruolo dirigenziale alla Juventus FC, sostituito da Binotto e Mekies come DT. Sarebbe l’ennesimo cambio al vertice tecnico e operativo di un team che le sta provando tutte per vincere. Rimescolamenti che non si capisce se siano dettati più da una reale esigenza che dalla frustrazione di non trovare mai la soluzione giusta e soprattutto vincente. Al di là di queste speculazioni, sarebbe importante ritrovare una SF71H in versione SPA, dove tutti gli addetti ai lavori erano concordi nel ritenerla la macchina migliore del lotto. Se così sarà potremmo assistere ad un finale di campionato avvincente, altrimenti la ritrovata verve delle W09 metterà la parola fine a questo mondiale molto presto, per la gioia dei suoi tifosi e di Hamilton che raggiungerà i 5 titoli di Fangio e di MSC con la Ferrari.

Scrivendo un nuovo pezzo di storia della Formula 1.

Rocco Alessandro

 

Hamilton vince a Suzuka, la Ferrari spegne la candela

Correva l’anno 1985. La Ferrari, dopo un 1984 avaro di soddisfazioni, era in testa al mondiale con un Alboreto strepitoso e un’ottima monoposto, la 156-85, davanti ad una McLaren che aveva dominato la stagione precedente. Arriva l’estate, e viene presa la decisione di cambiare il fornitore di turbine per differenziarsi dall’avversaria e cercare di trovare quella prestazione in più che avrebbe consentito di starle costantemente davanti. Da quel momento in poi Alboreto infilerà una serie di ritiri impressionante, e Prost chiuderà il mondiale con qualche gara di anticipo.

32 anni dopo la storia sembra ripetersi. La Ferrari è andata in ferie con una bella doppietta in Ungheria, la leadership comoda di Vettel nel mondiale piloti, in cantiere una PU nuova che prometteva 50 (?) cv in più, e tanti aggiornamenti dal punto di vista aerodinamico. Ma al rientro, da Spa in poi, tutte le promesse si sono sciolte come neve al sole, fra incidenti e problemi di affidabilità. Come nel 1985. A fronte di Hamilton che ha portato a casa 4 vittorie e un secondo posto, Vettel ha ottenuto solo due podi, un quarto posto e due ritiri. E la pista ci ha detto che la Mercedes è superiore in tutti gli aspetti. Macchina, motore ma anche piloti. La W08 è andata meglio in almeno 3 gare su 5. Il motore non ha dato alcun problema, mentre quello Ferrari si è rotto a ripetizione (solo componenti, si dirà, ma sempre sul motore vanno). E Lewis è sembrato in forma più che mai, non mostrando mai quei cali di rendimento che si erano visti nella prima parte della stagione. Si potrà obiettare che a Singapore e anche in Malesia la Ferrari sembrava la più forte in pista. Il problema è che “sembrava”, perchè la classifica ci dice che i punti portati a casa sono stati solo 12.  E anche oggi, se dobbiamo misurare le prestazioni dal risultato di Kimi, la SF70H era la terza forza.

A questo punto la Ferrari deve concentrarsi sul 2018, e possiamo consolarci pensando che considerando le ultime 10 stagioni, in almeno 8 si sapeva di dovere pensare all’anno successivo già dopo 5-6 gare, tanto era il gap prestazionale dalla prima della classe. E’ stato fatto un grande recupero rispetto allo scorso anno, e c’è un’ottima base dalla quale partire per combattere l’anno prossimo ancora più ad armi pari con la Mercedes. Si potrebbe obiettare che mancano ancora 4 gare. Ma c’è qualcuno che crede veramente che Vettel possa rimontare?

Ferrari terza forza, si diceva, perchè anche oggi la Red Bull ha confermato l’incredibile recupero maturato durante le ferie estive. Verstappen secondo molto vicino ad Hamilton (e avrebbe potuto anche attaccarlo negli ultimi 2 giri, non fosse stato per l’assurdo comportamento di Massa e Alonso in fase di doppiaggio). Ricciardo terzo, ben distaccato dal compagno, completa il podio.

Dietro di lui, i due finlandesi scudieri che hanno mostrato il solito rendimento mediocre (considerando le macchine che guidano). Se Bottas è stato, fino ad ora, molto utile alla causa con le sue funzioni di tappo da usarsi all’occorrenza (con perfetto tempismo oggi si è piazzato fra Lewis e Max bloccando di fatto il recupero di quest’ultimo), Kimi è risultato anche oggi totalmente incapace di tenere alta la bandiera Ferrari in assenza della prima guida, rimediando un distacco enorme. Ora di sicuro verrà fatto l’elenco delle ragioni che possono scusare questa prestazione, ma è innegabile che nell’economia di un risultato finale positivo, la Ferrari dovrebbe riesaminare il rendimento medio della seconda guida, e non solo l’affidabilità e la prestazione della vettura. All’epoca degli scudieri Irvine e Barrichello, il loro apporto era decisamente diverso, entrambi erano in grado di stare vicinissimi a Schumacher mettendosi fra lui e i diretti rivali per il titolo. E qualche vittoria la portavano a casa. Kimi sta invece per battere il poco invidiabile record di Alesi: 4 stagioni e mezzo alla guida della rossa senza vincere nemmeno un GP. E questo dice tutto.

Dietro i primi 5, i soliti noti colorati di rosa, sempre vicini vicini ma stavolta molto disciplinati, con Ocon davanti a Perez. Poi, sorpresa, il grande ritorno nei punti delle due Haas, anch’esse vicine vicine con i piloti capaci di portare a casa il risultato, il che non era scontato. Chiude la zona punti il probabile pensionando Massa, che in questo week-end ha ridicolizzato il giovanissimo compagno di squadra, apparso in difficoltà su questa difficile pista.

Magra figura nella gara di casa per la McLaren, con Alonso che stranamente non ci ha allietato con i suoi mitici team radio, e buio pesto anche per la Renault (anche se Hulkenberg si stava difendendo bene prima della rottura del DRS). Gasly ha portato a termine la sua seconda gara senza infamia e senza lode, mentre il compagno Sainz ha salutato in modo poco onorevole la sua squadra uscendo di pista dopo poche curve. A chiudere le sempre incolori Sauber blu.

Ora si va ad Austin, dove Ham può chiudere matematicamente il mondiale. Chissà che in Ferrari, liberatisi del peso della competizione, chiariti i problemi di affidabilità avuti in queste ultime due gare e avviando le opportune azioni correttive sia con i fornitori che all’interno del reparto corse, non riesca finalmente a fare esprimere alla SF70H tutto il suo potenziale, portando a casa qualche vittoria che permetterebbe di andare alla pausa invernale con il morale alto.