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F1 SEASON REVIEW 2000: IL CIELO E’ ROSSO SOPRA SUZUKA

Ci sono eventi che segnano la vita di un appassionato di Sport. Tra questi per quanto mi riguarda il posto sul gradino più alto del podio lo occupa il Mondiale vinto dal Kaiser l’otto Ottobre 2000 a Suzuka. Il perchè è presto detto: ricordo bene tutti e 20 i Campionati compresi tra il 1980 ed il 1999, e li ricordo da Ferrarista. L’atroce 1980 in attesa del turbo, gli ultimi acuti di Gilles nel 1981, il nerissimo 1982 che ce lo portò via per poi privarci di un Mondiale già vinto, il 1983 corso con due Piloti di una mediocrità disarmante, l’arrivo di Michele nel 1984 e la sua vittoria nella fatal Zolder, il “dobbiamo un Mondiale a quel ragazzo” del Vecchio riferito a Michele nel 1985, l’osceno 1986 che partiva con ben altre aspettative, la testa rialzata nel 1987 con le due vittorie di Gerhard in coda al Campionato, la scomparsa del Drake nel 1988 con la doppietta di Monza un mese dopo a sancire l’unica vittoria dell’anno, i ruggiti del Leone nel 1989 sulla 640 di Barnard, il furto subìto da Alain nel 1990 a Suzuka da parte di quello che parlava con Dio, l’inizio della discesa agli inferi nel 1991 senza vittorie, la tremenda F92A del 1992 che di colpo fece sembrare la F1-86 una lama, il rientro all’ovile di Gerhard nel mediocre 1993 che segna l’arrivo di Todt, il ritorno alla vittoria ad Hockenheim 1994 dopo quasi 4 anni, la prima ed ultima di Alesi in Rosso a Montreal 1995, l’arrivo del Kaiser nel 1996 alle prese con una cassapanca nonostante la quale mise a segno 3 vittorie, il match point del 1997 col Kaiser che crollò mentalmente dopo l’ultimo pit a Jerez, il 1998 corso contro una Mecca di un’altra categoria che comunque poteva prendere ben altra piega con la vittoria di Spa, il 1999 del botto di Silverstone in un Mondiale da vincere in carrozza col Kaiser che portò invece al matchpoint non realizzato con Irvine (e son tre di fila consecutivi per la Rossa).

Con queste premesse si arriva al Mondiale del 2000, è la quinta stagione del Kaiser in Rosso affiancato ora da Barrichello al posto dell’uscente Irvine andato in Jaguar a monetizzare i quattro anni spesi a Maranello culminati col secondo posto nel WDC del 1999. Il Team è perfettamente organizzato: Montezemolo, Todt, Brawn, Byrne, la squadra Test capitanata da Mazzola, il Kaiser al volante e (mai dimenticarlo) alle spalle il budget virtualmente illimitato voluto dall’Avvocato per la sua fortissima volontà di tornare all’Iride in modo da dar lustro alla ripresa delle vendite dei modelli stradali che, perlomeno fino all’arrivo della 355, non arrivavano esattamente da una sfilza di successi.  Il Campionato prevede 17 tappe partendo dall’Australia il 12 Marzo e terminando in Malesia il 22 Ottobre. L’arma a disposizione del Kaiser, la F2000 (a proposito: onore imperituro a chi ideò codesto nome/codice semplice e pulito. Dipendesse da me il nome della Rossa di F1 sarebbe sempre una F seguita dall’anno in oggetto o, in alternativa, il numero progressivo del progetto), è la terza creatura Rossa di Byrne dopo la F300 del 1998 e la F399 del 1999. Arriva a completare un Trend di crescita impetuoso che, come già accennato, avrebbe già fruttato il WDC l’anno prima senza il famigerato incidente di Silverstone. Curiosità: a metà Agosto si corse tranquillamente (a Budapest il 13/8), evidentemente la panzana delle “ferie delle maestranze” non aveva ancora preso piede. Maestranze stesse che, ad occhio e croce, avevano in tasca diritti giusto un filo più solidi allora che a metà Agosto si correva rispetto ad ora che ci son le famigerate quattro settimane di stop. Ma non divaghiamo, non qui perlomeno.

Il Mondiale si apre come meglio non poteva per la Ferrari ossia con tre vittorie del Kaiser nei primi tre GP corsi a Melbourne/Sao Paulo/Imola. Il compianto Murray Walker ai tempi commentò che la terna rappresentava “più tre GP persi dalla Mclaren che tre GP vinti dalla Ferrari” e non aveva tutti i torti. In Australia le due Mecca si ritirano per noie meccaniche dopo aver monopolizzato la prima fila in prova, in Brasile stesso copione in prova e stessa sorte in gara per le due Mecca con Mika ritirato e Coulthard squalificato a fine gara per una irregolarità tecnica dopo aver avuto seri problemi al cambio. Sul Santerno c’è sempre Mika in pole con stavolta il Kaiser al suo fianco, che avrà la meglio solo in occasione del secondo pitstop

Iniziano le prime preoccupazioni in concomitanza della fin troppo prevedibile ripresa della Mecca: a Silverstone nel giorno di Pasqua il Kaiser è solo terzo dopo un weekend passato a lottare coi fantasmi dell’anno prima (vince Coulthard su Hakkinen) mentre a Barcellona va pure peggio col quinto posto finale in una gara piena di imprevisti (vinta da Mika). Un paio di importanti “wake up calls” insomma

Nelle tre gare successive il Kaiser torna sulla cresta dell’onda: al Nurburgring vince grazie alla sua maestria sul bagnato in gara. A Monaco invece dopo la sensazionale pole è costretto al ritiro per la rottura di uno scarico (incredibilmente limato ai box la mattina stessa del GP per guadagnare qualche grammo di peso, roba da matti) mentre a Montreal è doppietta Rossa. Ma la cosa più interessante è che Mika al netto della vittoria in Spagna è ancora con le polveri bagnate e Coulthard di fatto gli sottrae punti preziosi per il Campionato

Si giunge così alla fase buia del Mondiale 2000 concentrata in cinque gare nelle quali il Kaiser collezionerà tre ritiri consecutivi seguiti da due secondi posti. Cosa che lo relegherà al secondo posto nella Classifica del WDC dietro al redivivo Mika che, nelle stesse cinque gare, collezionerà invece tre vittorie e due secondi posti. In Francia il Kaiser si ritira per un guasto meccanico dopo aver dovuto cedere la testa del GP a Coulthard nella seconda metà della gara. In Austria il ritiro avviene immediatamente dopo il via per un incidente innescato dal tamponamento di Zonta nei suoi confronti. In Germania è Fisichella a metterlo fuori gara al via invece (nota ilare: Fisico scende dall’auto e si scusa col Kaiser, tempo di tornare ai box e Briatore lo riempie di tante di quelle bestemmie per averlo fatto che alla prima intervista Fisico sostiene di non aver causato l’incidente. Fantastico) ma Barrichello ci mette una pezza vincendo la sua prima gara in F1 resistendo con gomme da asciutto su pista bagnata per 3/4. In Ungheria il Kaiser fa secondo dietro a Mika contenendo a stento gli attacchi di Coulthard mentre a Spa conduce tutta la gara pagando nel finale l’assetto da bagnato su pista ormai asciutta che gli costerà la famosissima sverniciata da parte di Mika con Zonta in mezzo a farsi doppiare. Il Kaiser è indietro di 6 punti nel WDC, la Ferrari di 8 nel WCC

Si arriva così alle ultime quattro gare della Stagione partendo da una situazione di svantaggio in entrambi i Campionati. La tensione è alle stelle perchè lo scenario di un’altra sconfitta per il quarto anno di seguito è tutt’altro che improbabile. Le cose sembrano iniziare per il verso giusto nel weekend Monzese con le due Rosse che monopolizzano la prima fila ma, tempo di arrivare alla Roggia, ed un incidente innescato dalle seconde linee causa la morte del Commissario CEA Paolo Gislimberti (a tal proposito, quando gli intitoleranno la Roggia sarà sempre troppo tardi). Quel che segue sono una dozzina di giri sotto Safety Car che poi a gara ripartita si tradurrà nel ritorno alla vittoria del Kaiser che raggiunge così Senna a 41 GP vinti e riduce a soli 2 punti lo svantaggio da Mika nel WDC

Il vero game changer però sarà il GP successivo ad Indianapolis, gara che peraltro suggella il ritorno della F1 negli USA dopo 9 anni dal GP corsosi a Phoenix ad inizio 1991. Il Kaiser la piazza in pole ed in gara deve sbarazzarsi di Coulthard partito in anticipo e regolarmente in pista in attesa della penalità. Ma la vera minaccia è Mika che nel finale rimonta furiosamente salvo poi arrendersi al cedimento del propulsore della sua Mecca. Per il Kaiser è un doppio trionfo visto che ora torna a guidare il WDC con ben 8 punti di vantaggio su Mika. Cosa che significherà avere il primo match point a disposizione in Giappone a Suzuka nel GP successivo

A Suzuka si assiste ad un (annunciato?) successo corale del Team Ferrari. Il Kaiser la mette nuovamente in pole ma Mika è più lesto al via ed è quindi costretto ad inseguire. In occasione del primo pit Ross Brawn decide di concerto col Kaiser di caricare più carburante in modo da dover affrontare una sosta più breve in occasione del secondo. Cosa che puntualmente avviene e, complice il ritmo forsennato tenuto dal Kaiser, gli vale il sorpasso con Mika costretto ad inseguire nel finale di gara. Inutilmente però, la Ferrari riscrive la Storia tornando al successo nel Mondiale Piloti 21 anni dopo Monza 1979. Come scritto nell’incipit solo chi ha vissuto 20 anni di sconfitte da Ferrarista sa cosa ha provato alle 16:03 (ora giapponese) della mattina dell’otto Ottobre 2000.

IL CIELO E’ ROSSO SOPRA SUZUKA

Col Mondiale Piloti già assegnato il Circus fa tappa a Sepang per la gara finale della Stagione. Il Kaiser mette a segno pole e vittoria per la quarta volta di fila e la Ferrari, grazie anche al terzo posto finale di Barrichello, centra il secondo titolo Costruttori consecutivo dopo quello del 1999 arrivato a seguito di un digiuno di 16 anni. E’ festa sul podio con i due Piloti raggiunti da Ross Brawn

Considerazioni conclusive: questo Mondiale fu davvero il Mondiale vinto da tutta la Squadra. Mi piace pensare a due mosse fondamentali di Jean Todt in merito. Una nel 1996 quando dopo il GP di Budapest con l’ennesimo doppio ritiro (per rottura del cambio scatolato voluto da Barnard)  presentò a Montezemolo le dimissioni. Il Presidente le respinse, la squadra fece quadrato e negli ultimi 4 GP di quell’anno il Kaiser con 2 vittorie 1 terzo ed 1 secondo posto quasi fece da solo la somma dei punti delle due AstroWilliams assieme. Quanto sopra dovrebbe essere sull’enciclopedia alla voce “Team building”, peccato che qualcun altro dopo Abu Dhabi 2010 non abbia avuto le palle di fare altrettanto. La seconda fu la messa al bando del Berillio chiesta ed ottenuta a fine 1999 che di fatto prese il V10 Ilmor e lo trasformò dall’unità più potente, affidabile e meno assetata ad un’unità congenitamente fragile. E’ qualche settimana che Radio Box ripete che Jean Todt sta per tornare a Maranello dopo 12 anni di Presidenza FIA. E’ qualche settimana che chi scrive è convinto che il cerchio si chiuderà. In tutti i sensi

Buon Natale a tutti dal Blog del Ring!

La versione di Seldon: dalla passione, ai fasti, alla crisi. La parabola di un signor inglese (parte II°).

Tra le definizioni di dominio ce n’è una che mi ha attratto diabolicamente più delle altre altre. E’ questa: “territorio ridotto in potere di qualcuno! Cioè il dominio non solo può essere costruito o trovato (cercato o per caso), ma quella parola “ridotto” può significare anche che può essere imposto e dunque subìto…

Oggi  per descrivere un dominio in F1 si ricorre ai passati domìni di Ferrari e Red Bull, o al presente dominio della Mercedes. Più di una volta, a dir la verità centinaia di volte, ognuno di noi ha preso parte ad una discussione in cui si indica nel dominio, ora di questo ora di quello, un fattore politico (al limite anche di scambio favoristico) accompagnato a quello tecnico. Se ne parlava per la Ferrari, se ne parlava (forse un po’ meno) per la Red Bull, se ne parla per la Mercedes…

Stiamo parlando di archi temporali, specie quello Ferrari e quello Mercedes (ormai pari) piuttosto lunghi in cui agli altri restano briciole di vittorie, punti, prestazioni.

Come definire allora il periodo che dal 1992 al 1997 portò alla Williams 5 titoli costruttori e 4 piloti? Decisamente dominio! E questo anche con il mancato 1995. In  un momento sportivo in cui non c’erano congelamenti regolamentari pluriennali (che per la verità sono roba del presente dominio Mercedes…), gli avversari erano molto vicini (ma questo non è un demerito della Mercedes attuale), e i piloti della scuderia inglese cambiarono spesso…Quella Williams era una macchina da guerra oliata ed efficiente pari alla Ferrari Schumacheriana e alla Mercedes Hamiltoniana. Chi ci saliva vinceva, a patto ovviamente che avesse i numeri dei migliori.

La maturità.

L’anno 1989 vede la Williams cominciare quella che sarà una proficua collaborazione con la Renault. Persi i motori Honda (accasati alla McLaren) e Mansell (accasato alla Ferrari di Fiorio) la scuderia riparte da Patrese e Boutsen. Con la FW12C, evoluzione della vettura dell’anno precedente, la scuderia ottiene con Boutsen due vittorie e il secondo posto in campionato costruttori.

Il 1990 porta altri due successi, con Patrese e con Boutsen, ma si rivela per la scuderia un passo indietro rispetto all’anno precedente. Solo il quarto posto nella classifica costruttori. La vettura in pista è la FW13, utilizzata per la verità già alla fine del 1989.

Nel 1991 si cominciano a raccogliere i frutti del rinnovamento, del quale fa parte anche il rientro di Mansell al posto di Boutsen e il lavoro di un giovane Newey. Patrese è dichiaratamente seconda guida. La FW14 aveva solo bisogno di una “sgrezzata”. Da un certo punto in poi la vettura mostra grande competitività e inanella con Patrese, e soprattutto con Mansell una serie di vittorie che lanciano l’inglese in lotta per l’iride con Senna. Un brutto errore della squadra ai box durante un pit stop e un ritiro mettono Mansell e la Williams fuori dai giochi per il mondiale. Risultato: secondi sia nel costruttori che nel piloti.

Di quell’anno ricorderemo per sempre lo spettacolare duello a 300 all’ora tra Mansell e Senna affiancati in rettilineo al Montmelò. Senna alzò il piede per primo. Posizione conquistata dall’inglese che (forse non tutti ricordano) perse poco dopo per un pit lento, e che riconquistò in pista in uno dei più bei GP mai tramandati alla storia

L’Università.

Il 1992 comincia per la Williams con una serie imbarazzante (per gli altri) di doppiette (4 su cinque vittorie). Serie interrotta a Monaco per un problema ad una ruota a GP quasi finito. Mansell rientra dietro al brasiliano e tenta in tutti i modi possibili di superarlo senza peraltro riuscirci. Se ancora oggi, guardando un GP a Montecarlo, mi aspetto che quello dietro attacchi quello davanti anche senza speranza alcuna è perchè ho ancora negli occhi il leone che ci prova con Senna! Per avere un’idea di quanto fosse forte quella Williams basti pensare che Mansell si laureò campione arrivando secondo in Ungheria con 5 gp da disputare (su sedici!). Alla fine vincerà 9 gare!

Quando ci spaventiamo per il mondiale vinto a 3 gare dalla fine ai giorni nostri pensiamo a quello…I padri della FW14 (Newey e Head) potevano ben essere orgogliosi della loro creatura…Le sospensioni attive, di cui era dotata la Williams erano un’arma micidiale. Intanto un giovane tedesco quell’anno vinse a Spa il primo dei suoi tanti gran premi…

Corre ancora l’anno 1992 quando Alain Prost viene ingaggiato in Williams per il 1993, dove peraltro non incontrerà Nigel Mansell, il quale andrà in Indy. Orfana anche di Patrese sarà la volta dell’esordio di Damon figlio di Hill Grahman). La nuova FW15C, dotata delle micidiali sospensioni attive e del traction control, è una macchina sublime. Prost vince all’esordio anche se sul bagnato si arrende due volte alle magie di Senna. Per chi come me si ricorda quell’anno si ricorderà anche come le prime gare del campionato furono l’apoteosi del talento di Senna, che con una macchina inferiore spesso dava lezioni di guida, e in una stagione segnata dal dominio della Williams si mette comunque al secondo posto nel mondiale. La Williams chiude con 10 gare vinte su sedici e una sola pole position mancata. Prost vince il suo quarto titolo e si ritira.

E’ il 1994 quando Senna arriva alla Williams per vincere chiaramente il titolo. Il brasiliano si era dovuto accodare dietro Prost l’anno prima. Si trova però a guidare una macchina, la FW16, privata per regolamento delle sospensioni attive, del controllo di trazione e di altri congegni elettronici che ne avevano decretato l’imbattibilità gli anni precedenti. (Una volta si sapeva e si voleva spezzare il dominio di qualcuno, se sia giusto o meno ognuno di noi ha una sua opinione…). Insomma la vettura non era facile da guidare come quelle che l’avevano preceduta. Tali problemi non sembrava avere la Benetton guidata dal giovane ed irrequieto Schumacher, subito vincente. Il brasiliano non è per niente a suo agio, per di più sembra soffrire l’avvento di nuovi protagonisti.

Il 30 aprile, alla vigilia del gp di S.Marino, Roland Ratzenberger rompe l’alettone su un cordolo e carambola dalla Villeneuve alla Tosa, rimanendo esanime. I soccorritori accorsi riescono a riattivare l’attività cardiaca e a trasportarlo in ospedale, dove sette minuti dopo il ricoverò smetterà di respirare. Se la morte fosse avvenuta definitivamente in pista le autorità avrebbero per legge dovuto porre sotto sequestro l’autodromo e annullare la gara del giorno dopo. Questi pochi minuti di vita supplementare di Ratzenberger cambieranno i successivi eventi.

E’ il 1° maggio, nel gp di S.Marino Senna parte in pole position. Dopo una ripartenza per un incidente al via Senna mantiene il comando seguito da Schumacher. Al settimo giro alla curva del Tamburello approcciata dal brasiliano a più di 300 all’ora la sua Williams va dritta causa rottura del piantone dello sterzo. Nonostante freni impatta a circa 200 all’ora e un braccio della sospensione entra nella visiera provocando irreparabili ferite al pilota. Muore così uno dei più grandi interpreti di questo sport, e muore anche un’idea, un modello di Formula1 e di motorsport.

La giustizia italiana, dopo anni, riconoscerà Patrick Head colpevole per aver autorizzato la modifica (chiesta dallo stesso Senna) con risaldatura ad angolo variato e diametri e materiali diversi del piantone dello sterzo. Condanna ormai prescritta dopo 13 anni.

Riporto alcuni brevi stralci di articoli e dichiarazioni, nell’ordine di: Autosprint e Claire Williams:

-“….le indagini, aperte proprio dalla rivelazione di Autosprint, appurarono che i tecnici Williams avevano tagliato e risaldato grossolanamente il piantone per cambiarne l’inclinazione e migliorare la posizione di guida di Senna. Quella giuntura, sotto le sollecitazioni delle curve di Imola e le rappezzature dell’asfalto, non resse agli sforzi e al 7° giro Senna si ritrovò con lo sterzo in mano e al Tamburello la Williams, invece di curvare, andò dritta verso il muro”.

– “Mio padre non ha mai voluto parlarne. Non è nella sua persona. Non è il tipo da terapia o lunghe conversazioni. Tiene tutto dentro. E’ così che gli hanno insegnato ad essere, in ogni caso, quando esce fuori la storia dell’incidente si vede chiaramente la sofferenza dai suoi occhi . A casa nostra Ayrton è stato considerato un Dio per lungo tempo, perfino per decenni. Papà ne era innamorato. Lo aveva nel cuore, nella testa e voleva assolutamente portarlo in squadra. Alla fine il suo sogno si è avverato, ma è finito nel peggior modo possibile“.

Il 1994 prosegue cinicamente (e nello sport non può essere altrimenti) con Hill a difendere i colori della Williams. Affiancato a spot da Coulthard e dal disponibile Mansell (che conquisterà a più di 40 anni la sua ultima vittoria in F1). Il campionato termina con un discusso incidente a Schumacher che coinvolge “accidentalmente” Hill. Con entrambi ritirati il titolo è del tedesco per un punto. Quello costruttori della Williams.

Nel 1995 la Williams è ancora la macchina migliore. La stessa cosa non può dirsi della coppia di piloti, Hill e Coulthard. Mi sono fatto l’idea che a Frank, dopo la scomparsa di Senna che lo colpì quanto quella di Courage nel ’70, in fondo importasse poco, cosa che si rifletterà anche nel futuro prossimo o meno prossimo a venire……

Dall’altra parte, fornita  dello stesso motore Renault della Williams, c’è la Benetton dell’astro nascente Schumacher. Troppo per quei due, i quali si rendono spesso protagonisti di errori importanti. Tutto ciò vanifica le 5 vittorie in campionato tra Hill (4) e Coulthard (1). Il mondiale piloti va a Michael Schumacher e quello costruttori alla Benetton

E’ il 1996 e la Williams, ancora sotto le sapienti mani dell’ancora giovane Newey, torna a dominare in maniera imbarazzante. Alla guida, al posto di Coulthard, viene ingaggiato un piccolo uomo dal grande cognome, Jacques Villeneuve, fresco vincitore della Indy500. Viene anche confermato Hill, che sembra finalmente, dopo le delusioni delle due ultime stagioni, pronto per vincere il titolo. Così accade! Con la FW18 l’avvio è scoppiettante come nel ’92 con Mansell. 5 vittorie di cui 4 di Hill. Alla fine saranno 12 su 16, e la Williams pareggerà i conti dei costruttori con la Ferrari, e Jacques se la giocò fino alla fine…A fine stagione Hill andrà via per lasciare il posto a Frentzen.

Nel 1997 come detto arriva Harald Frentzen. Chi prenderà in mano la scuderia sulle piste è il giovane Jacques con la FW19 (l’ultima Williams di Newey…), e il suo avversario sarà il tedesco, ma della Ferrari! Dopo un avvio promettente con 4 successi su sei gare, la Ferrari comincia a mostrare la forza con la quale potrà tornare a giocarsi i mondiali. Un deludente Frentzen lascia a Villeneuve la palla da giocare con Schumacher.

All’ultima gara, sul circuito di Jerez della Frontera, la Williams sembra più a suo agio nonostante il leader sia Schumacher, virtualmente campione del Mondo. Dopo una lunga rincorsa sempre a pochi secondi dal tedesco, al 47mo giro Jacques lo affianca all’interno della curva Dry Sac. Schumacher scarta in maniera evidente verso la vettura del canadese ma questa volta (…..) ha la peggio. Villeneuve con la macchina danneggiata finirà terzo con Hakkinen primo, vincendo così il suo primo e unico mondiale in F1. Questo porterà la scuderia di Grove (da poco trasferita da Didcot) a vincere il suo nono titolo costruttori, sorpassando la Ferrari. Uno straordinario risultato per un garagista ambizioso e visionario…

Intanto però un altro matrimonio di Frank sta per sciogliersi, quello con la Renault.

Nel 1998, con la perdita dei motori Renault sostituiti dai Mecacrhome (Renault non supportati dalla casa) e del tecnico Newey, il risveglio è amaro per la macchina dominante degli ultimi sei anni. Ferrari e McLaren hanno organizzato squadre fortissime sia dal punto di vista tecnico che dei piloti. Il terzo posto nel costruttori è “la coppa degli altri”.

Nel 1999 va anche peggio. Con i motori Supertec (sempre Renault passati di mano…) e i suoi piloti Ralf Schumacher e Alex Zanardi, non andrà oltre il quinto posto.

Il colpo di coda del terzo millennio.

Nell’anno 2000 il Team Williams cambia nome e diventa BMW Williams F1 Team, proprio perchè, per l’ennesima volta, cambia il fornitore di motori. Questa volta si tratta però di un legame solido quanto quello Renault. Al posto di Alex Zanardi viene ingaggiato Jenson Button al fianco di Ralph Schumacher. La scuderia, con la FW22, si aggiudica nuovamente il terzo posto nel costruttori nell’anno del terzo Mondiale di Shumacher e del secondo consecutivo della Ferrari.

Il 2001 vede l’avvicendarsi di Montoya con Button. Montoya come Villeneuve viene dalle gare americane dove ha ben figurato. La FW23 è una buona evoluzione della precedente e BMW ha intanto migliorato la sua unità. La Williams conquista 4 vittorie, 3 con Shumacher e 1 con Montoya, e il terzo posto nel costruttori

Nel 2002 con una sola vittoria di Ralph Schumacher ma parecchi buoni piazzamenti la Williams termina al secondo posto nel costruttori

Il 2003 si rivela per la scuderia inglese un anno di grande competitività sia della vettura che del suo pilota Montoya. Certo anche per il fatto che degli anni di dominio della Ferrari questo è stato il meno evidente, nonchè per lo stato di grazia del giovane Kimi Raikkonen che ha contrastato il tedesco fino alla fine, purtroppo per lui non supportato da un motore Mercedes fin troppo fragile. Alla fine Montoya e la sua Williams BMW si aggiudicano il terzo posto nel piloti a poca distanza da Schumacher e Raikkonen, e il secondo nel costruttori.

Il 2004 e il 2005 purtroppo per la blasonata scuderia di Frank si possono considerare gli striduli lamenti del cigno che muore. Uno splendido animale delle piste canta sulle ultime note di una bellissima canzone. Una vittoria di Montoya in Brasile chiude l’ultimo anno coi motori BMW.

La storia non finisce qui, ma quello che viene dopo non ha un decimo del fascino del “prima”. Comincia un lento declino che ha portato la Williams negli ultimi due anni a occupare le ultime file. Così come la McLaren, altra blasonatissima scuderia inglese, dopo un periodo buio (seppur non lunghissimo) sta dignitosamente uscendo dalla crisi, spero anche per la Williams un orizzonte migliore.

 

Decidere se parlare o meno dell’ultimo quindicennio non è stato facile. Dal non volerlo fare estesamente a non volerlo proprio fare. Il periodo (al di là di brevi fiammate di competitività) mi ispira tristezza, proprio per quel passato di cui ho scritto. Spero di non avervi annoiato più di tanto. Lo capirei, nonostante abbia condensato particolarmente certi anni…grazie a tutti!

 

 

Antonio

 

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