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BASTIAN CONTRARIO: LA COLPA DI VINCERE

Il mondiale 2021 passerà alla storia come uno degli ultimi più tirati della storia recente della F1. Mettendomi a fare i conti a partire dal 2010, mi rendo conto che proprio l’anno che ho citato ed il 2012 sono stati serrati fino all’ultimo. Nel 2011 e nel 2013 per Vettel fu quasi una formalità, poi è arrivato il 2014 e tutto è cambiato. In quell’anno è iniziato il dominio turbo ibrido della Mercedes di Toto e di Hamilton, il quale salvo il 2016, dove fu un regolamento di conti interno e, fatta eccezione per il 2018 dove Vettel impensierì marginalmente il campione del mondo inglese, ha di fatto sempre lottato contro il nulla.
Mi spiace (soprattutto per gli agguerritissimi tifosi di Hamilton) essere così caustico nei suoi riguardi, solo che la realtà viene facilmente distorta e, soprattutto, quando il tempo passa, è ancora più semplice modificarla. Sono sicuro che fra dieci anni, quando Hamilton ormai sarà passato a fare concerti oppure lo stilista di alta moda, se ne diranno di tutti i colori sulle sue gesta ultra decennali. Come sempre, la storia è scritta dai vincitori, solo che nello sport (e la F1 non fa eccezione a questo), la memoria dei fatti non la si può scalfire, né modificare ed è per questo che del campione inglese si potrà dire di tutto riguardo alla sua bravura (perché è vero!) tranne che ha avuto vita difficile… almeno fino a quest’anno. A memoria, da quando l’inglese ha infilato il casco la prima volta in F1, da quando non soffriva così? Nell’anno del suo esordio, incontrò sul suo cammino un signore di nome Alonso (chi c’era nel 2010 e 2012 a tenere vivo il mondiale fino alla fine tra l’altro?) col quale fu lotta vera ed intestina, l’anno successivo si sudò il mondiale fino all’ultima curva con una Ferrari (bei tempi quelli!), che tanto aveva lasciato per strada. Di fatto il buon Hamilton e a Dio piacendo, abbiamo dovuto aspettare il 2021 per rivedere un campionato serrato ed avvincente come quello che stiamo vivendo ora.
Il preambolo era doveroso, perché, nel frattempo che attendavamo il miracolo di una lotta corpo a corpo e a distanza (in dipendenza del circuito), i tempi sono cambiati e non poco e con loro; anche il modo di approcciare criticamente alle corse. In seguito all’incidente come quello accorso domenica scorsa tra Verstappen ed Hamilton, che dovrebbe essere la normalità per una lotta al titolo, lottare è divenuta quasi una colpa: la colpa di vincere appunto. Personalmente parlando, la sportellata che i due contendenti al titolo si sono dati è stata oro colato per le mie papille gustative. Sia chiaro, non godo nel vedere piloti che si sbattono fuori o peggio che si facciano male (di questi tempi ahimè è doverosa questa specificazione), semmai mi fa piacere vedere due super sportivi che non mollano un centimetro per poter ottenere quello che vogliono e cioè vincere a qualunque costo! Purtroppo, come era prevedibile, immediatamente dopo l’accaduto e a sangue più freddo il giorno seguente, ho assistito ad una pioggia di analisi, fotogramma per fotogramma, nel cercare di capire chi avesse più colpa, nello smascherare chi fosse più in difetto rispetto all’altro. Ha davvero così importanza una cosa del genere in una manovra come quella a cui abbiamo assistito domenica scorsa? Qui non si parla del fatto che l’uno ha sbattuto volontariamente fuori l’altro ed in maniera eclatante anche. Qui si parla del fatto che entrambi “di mestiere” hanno cercato di uscire l’uno davanti all’altro dopo la chicane, magari con “l’altro” insabbiato pure! Davvero ci si vuole applicare su chi, sportivamente parlando, sia stato più figlio di puttana in quella manovra? Davvero si vuole analizzare che “l’insensibile” Verstappen ha abbandonato “la scena del delitto” lasciando il povero Hamilton solo al suo destino? Il povero Hamilton (quando festeggiava a casa sua con l’olandese in ospedale, era lo stesso povero?) che tra l’altro, mentre Max andava via, nel contempo aveva già inserito la retro per cercare di guadagnare la pista… alla faccia dell’avversario che stava passando a piedi in quel momento e di tutti quelli che si sono preoccupati dei muscoli del suo collo.
Non si diventa campioni a caso, di certo non dando spazio al proprio diretto avversario: ne sa qualcosa Prost con Senna e ne sa qualcosa Hill con Schumacher, citando due esempi a caso. Sia a Max che a Lewis importava uscire prima dalla chicane, non tanto per avere più punti dell’altro, tagliato il traguardo alla fine, quanto per il fatto di dimostrare chi comanda in pista. Il leone (questo esempio fu già fatto su questa rubrica) che comanda ha capito che nel suo territorio c’è un nuovo maschio (niente sessismo, in natura funziona così!) che lo vuole spodestare e l’unico modo per far valere la propria legge è quello di abbatterlo. Hamilton, di mestiere, sa benissimo che per vincere contro il giovane leone ha un solo modo e cioè ricorrere ad ogni trucco possibile per tenerselo dietro (in Inghilterra tutto bene vero?). Di rimando, Verstappen sa (perché è così che è stato educato) che se vuole ottenere quello che desidera non deve avere alcuna riverenza nei riguardi del re. Davvero credete che questi due campioni si scompongano a tutte le analisi e alle accuse di colpevolezza che vengono date all’uno o all’altro? Se non fossero colpevoli di voler vincere, vuol dire che non starebbero dove sono in questo momento e, forse, non lo meriterebbero nemmeno. Verstappen, come è costume da parte ormai della FIA, viene punito “postumo”, dopo tre ore dalla fine della gara, quando poi in piena azione viene comunicato che non si sarebbe proceduto ad investigazione. Ebbene, vi posso garantire che il buon Max non solo farà “spallucce” a questa punizione, addirittura sono sicuro che se si ripresenterà l’occasione di non lasciare spazio di certo non lo lascerà. Anzi, la FIA ha creato i presupposti affinché ci sia nuova battaglia in Russia, dato che l’olandese sarà costretto a rimontare furiosamente.
Di fatto se si crede che la ramanzina che comunque è stata fatta ad entrambi, sebbene sia stato punito solo uno, servirà a calmarli in pista in futuro, allora non si è capito nulla. L’incidente italiano non è stato l’ultimo e potete scommetterci che, in un questi ultimi otto GP che rimangono, i due si beccheranno nuovamente. Come ripeto da tempo ormai, ciò che peserà tantissimo nell’assegnazione dell’iride non saranno le vittorie quanto gli errori commessi da ambo le parti. Se proprio vi piace il gioco “trova il colpevole” allora nel GP d’Italia conclusosi domenica scorsa, l’unico colpevole è il box dei bibitari. Premiati ogni domenica di gara per i pit più veloci di tutti i tempi, cannano nel momento cruciale della gara, creando il presupposto dell’incontro scontro in prima variante. Verstappen, su una pista che non gli dava ragione, ha condotto (fino a poco prima del pit) il GP in maniera esemplare (assurde le McLaren sul dritto!), salvo poi essere affossato dalla squadra, il resto è conseguenza come si suol dire. Si vince e si perde insieme, non si dice cosi? Ebbene la pressione in pista è per tutti ed oneri e onori sono ripartiti in egual misura tra box e pilota e la somma degli errori sarà determinate in questo.
Hamilton è già a quota due sportellate in questo mondiale e ciò fino all’anno scorso era quasi impensabile, questo solo per far capire il grado di combattività che c’è in pista. Sarà così fino a Dicembre: Hamilton troppo furbo, Verstappen troppo insensibile, colpa sua, colpa dell’altro… godetevi questa lotta perché nessuno dei due permetterà all’altro di passare, a qualunque costo; non c’è colpa più grande di cui un pilota voglia essere accusato che è quella di vincere.

Vito Quaranta

La versione di Seldon: dalla passione, ai fasti, alla crisi. La parabola di un signor inglese (parte II°).

Tra le definizioni di dominio ce n’è una che mi ha attratto diabolicamente più delle altre altre. E’ questa: “territorio ridotto in potere di qualcuno! Cioè il dominio non solo può essere costruito o trovato (cercato o per caso), ma quella parola “ridotto” può significare anche che può essere imposto e dunque subìto…

Oggi  per descrivere un dominio in F1 si ricorre ai passati domìni di Ferrari e Red Bull, o al presente dominio della Mercedes. Più di una volta, a dir la verità centinaia di volte, ognuno di noi ha preso parte ad una discussione in cui si indica nel dominio, ora di questo ora di quello, un fattore politico (al limite anche di scambio favoristico) accompagnato a quello tecnico. Se ne parlava per la Ferrari, se ne parlava (forse un po’ meno) per la Red Bull, se ne parla per la Mercedes…

Stiamo parlando di archi temporali, specie quello Ferrari e quello Mercedes (ormai pari) piuttosto lunghi in cui agli altri restano briciole di vittorie, punti, prestazioni.

Come definire allora il periodo che dal 1992 al 1997 portò alla Williams 5 titoli costruttori e 4 piloti? Decisamente dominio! E questo anche con il mancato 1995. In  un momento sportivo in cui non c’erano congelamenti regolamentari pluriennali (che per la verità sono roba del presente dominio Mercedes…), gli avversari erano molto vicini (ma questo non è un demerito della Mercedes attuale), e i piloti della scuderia inglese cambiarono spesso…Quella Williams era una macchina da guerra oliata ed efficiente pari alla Ferrari Schumacheriana e alla Mercedes Hamiltoniana. Chi ci saliva vinceva, a patto ovviamente che avesse i numeri dei migliori.

La maturità.

L’anno 1989 vede la Williams cominciare quella che sarà una proficua collaborazione con la Renault. Persi i motori Honda (accasati alla McLaren) e Mansell (accasato alla Ferrari di Fiorio) la scuderia riparte da Patrese e Boutsen. Con la FW12C, evoluzione della vettura dell’anno precedente, la scuderia ottiene con Boutsen due vittorie e il secondo posto in campionato costruttori.

Il 1990 porta altri due successi, con Patrese e con Boutsen, ma si rivela per la scuderia un passo indietro rispetto all’anno precedente. Solo il quarto posto nella classifica costruttori. La vettura in pista è la FW13, utilizzata per la verità già alla fine del 1989.

Nel 1991 si cominciano a raccogliere i frutti del rinnovamento, del quale fa parte anche il rientro di Mansell al posto di Boutsen e il lavoro di un giovane Newey. Patrese è dichiaratamente seconda guida. La FW14 aveva solo bisogno di una “sgrezzata”. Da un certo punto in poi la vettura mostra grande competitività e inanella con Patrese, e soprattutto con Mansell una serie di vittorie che lanciano l’inglese in lotta per l’iride con Senna. Un brutto errore della squadra ai box durante un pit stop e un ritiro mettono Mansell e la Williams fuori dai giochi per il mondiale. Risultato: secondi sia nel costruttori che nel piloti.

Di quell’anno ricorderemo per sempre lo spettacolare duello a 300 all’ora tra Mansell e Senna affiancati in rettilineo al Montmelò. Senna alzò il piede per primo. Posizione conquistata dall’inglese che (forse non tutti ricordano) perse poco dopo per un pit lento, e che riconquistò in pista in uno dei più bei GP mai tramandati alla storia

L’Università.

Il 1992 comincia per la Williams con una serie imbarazzante (per gli altri) di doppiette (4 su cinque vittorie). Serie interrotta a Monaco per un problema ad una ruota a GP quasi finito. Mansell rientra dietro al brasiliano e tenta in tutti i modi possibili di superarlo senza peraltro riuscirci. Se ancora oggi, guardando un GP a Montecarlo, mi aspetto che quello dietro attacchi quello davanti anche senza speranza alcuna è perchè ho ancora negli occhi il leone che ci prova con Senna! Per avere un’idea di quanto fosse forte quella Williams basti pensare che Mansell si laureò campione arrivando secondo in Ungheria con 5 gp da disputare (su sedici!). Alla fine vincerà 9 gare!

Quando ci spaventiamo per il mondiale vinto a 3 gare dalla fine ai giorni nostri pensiamo a quello…I padri della FW14 (Newey e Head) potevano ben essere orgogliosi della loro creatura…Le sospensioni attive, di cui era dotata la Williams erano un’arma micidiale. Intanto un giovane tedesco quell’anno vinse a Spa il primo dei suoi tanti gran premi…

Corre ancora l’anno 1992 quando Alain Prost viene ingaggiato in Williams per il 1993, dove peraltro non incontrerà Nigel Mansell, il quale andrà in Indy. Orfana anche di Patrese sarà la volta dell’esordio di Damon figlio di Hill Grahman). La nuova FW15C, dotata delle micidiali sospensioni attive e del traction control, è una macchina sublime. Prost vince all’esordio anche se sul bagnato si arrende due volte alle magie di Senna. Per chi come me si ricorda quell’anno si ricorderà anche come le prime gare del campionato furono l’apoteosi del talento di Senna, che con una macchina inferiore spesso dava lezioni di guida, e in una stagione segnata dal dominio della Williams si mette comunque al secondo posto nel mondiale. La Williams chiude con 10 gare vinte su sedici e una sola pole position mancata. Prost vince il suo quarto titolo e si ritira.

E’ il 1994 quando Senna arriva alla Williams per vincere chiaramente il titolo. Il brasiliano si era dovuto accodare dietro Prost l’anno prima. Si trova però a guidare una macchina, la FW16, privata per regolamento delle sospensioni attive, del controllo di trazione e di altri congegni elettronici che ne avevano decretato l’imbattibilità gli anni precedenti. (Una volta si sapeva e si voleva spezzare il dominio di qualcuno, se sia giusto o meno ognuno di noi ha una sua opinione…). Insomma la vettura non era facile da guidare come quelle che l’avevano preceduta. Tali problemi non sembrava avere la Benetton guidata dal giovane ed irrequieto Schumacher, subito vincente. Il brasiliano non è per niente a suo agio, per di più sembra soffrire l’avvento di nuovi protagonisti.

Il 30 aprile, alla vigilia del gp di S.Marino, Roland Ratzenberger rompe l’alettone su un cordolo e carambola dalla Villeneuve alla Tosa, rimanendo esanime. I soccorritori accorsi riescono a riattivare l’attività cardiaca e a trasportarlo in ospedale, dove sette minuti dopo il ricoverò smetterà di respirare. Se la morte fosse avvenuta definitivamente in pista le autorità avrebbero per legge dovuto porre sotto sequestro l’autodromo e annullare la gara del giorno dopo. Questi pochi minuti di vita supplementare di Ratzenberger cambieranno i successivi eventi.

E’ il 1° maggio, nel gp di S.Marino Senna parte in pole position. Dopo una ripartenza per un incidente al via Senna mantiene il comando seguito da Schumacher. Al settimo giro alla curva del Tamburello approcciata dal brasiliano a più di 300 all’ora la sua Williams va dritta causa rottura del piantone dello sterzo. Nonostante freni impatta a circa 200 all’ora e un braccio della sospensione entra nella visiera provocando irreparabili ferite al pilota. Muore così uno dei più grandi interpreti di questo sport, e muore anche un’idea, un modello di Formula1 e di motorsport.

La giustizia italiana, dopo anni, riconoscerà Patrick Head colpevole per aver autorizzato la modifica (chiesta dallo stesso Senna) con risaldatura ad angolo variato e diametri e materiali diversi del piantone dello sterzo. Condanna ormai prescritta dopo 13 anni.

Riporto alcuni brevi stralci di articoli e dichiarazioni, nell’ordine di: Autosprint e Claire Williams:

-“….le indagini, aperte proprio dalla rivelazione di Autosprint, appurarono che i tecnici Williams avevano tagliato e risaldato grossolanamente il piantone per cambiarne l’inclinazione e migliorare la posizione di guida di Senna. Quella giuntura, sotto le sollecitazioni delle curve di Imola e le rappezzature dell’asfalto, non resse agli sforzi e al 7° giro Senna si ritrovò con lo sterzo in mano e al Tamburello la Williams, invece di curvare, andò dritta verso il muro”.

– “Mio padre non ha mai voluto parlarne. Non è nella sua persona. Non è il tipo da terapia o lunghe conversazioni. Tiene tutto dentro. E’ così che gli hanno insegnato ad essere, in ogni caso, quando esce fuori la storia dell’incidente si vede chiaramente la sofferenza dai suoi occhi . A casa nostra Ayrton è stato considerato un Dio per lungo tempo, perfino per decenni. Papà ne era innamorato. Lo aveva nel cuore, nella testa e voleva assolutamente portarlo in squadra. Alla fine il suo sogno si è avverato, ma è finito nel peggior modo possibile“.

Il 1994 prosegue cinicamente (e nello sport non può essere altrimenti) con Hill a difendere i colori della Williams. Affiancato a spot da Coulthard e dal disponibile Mansell (che conquisterà a più di 40 anni la sua ultima vittoria in F1). Il campionato termina con un discusso incidente a Schumacher che coinvolge “accidentalmente” Hill. Con entrambi ritirati il titolo è del tedesco per un punto. Quello costruttori della Williams.

Nel 1995 la Williams è ancora la macchina migliore. La stessa cosa non può dirsi della coppia di piloti, Hill e Coulthard. Mi sono fatto l’idea che a Frank, dopo la scomparsa di Senna che lo colpì quanto quella di Courage nel ’70, in fondo importasse poco, cosa che si rifletterà anche nel futuro prossimo o meno prossimo a venire……

Dall’altra parte, fornita  dello stesso motore Renault della Williams, c’è la Benetton dell’astro nascente Schumacher. Troppo per quei due, i quali si rendono spesso protagonisti di errori importanti. Tutto ciò vanifica le 5 vittorie in campionato tra Hill (4) e Coulthard (1). Il mondiale piloti va a Michael Schumacher e quello costruttori alla Benetton

E’ il 1996 e la Williams, ancora sotto le sapienti mani dell’ancora giovane Newey, torna a dominare in maniera imbarazzante. Alla guida, al posto di Coulthard, viene ingaggiato un piccolo uomo dal grande cognome, Jacques Villeneuve, fresco vincitore della Indy500. Viene anche confermato Hill, che sembra finalmente, dopo le delusioni delle due ultime stagioni, pronto per vincere il titolo. Così accade! Con la FW18 l’avvio è scoppiettante come nel ’92 con Mansell. 5 vittorie di cui 4 di Hill. Alla fine saranno 12 su 16, e la Williams pareggerà i conti dei costruttori con la Ferrari, e Jacques se la giocò fino alla fine…A fine stagione Hill andrà via per lasciare il posto a Frentzen.

Nel 1997 come detto arriva Harald Frentzen. Chi prenderà in mano la scuderia sulle piste è il giovane Jacques con la FW19 (l’ultima Williams di Newey…), e il suo avversario sarà il tedesco, ma della Ferrari! Dopo un avvio promettente con 4 successi su sei gare, la Ferrari comincia a mostrare la forza con la quale potrà tornare a giocarsi i mondiali. Un deludente Frentzen lascia a Villeneuve la palla da giocare con Schumacher.

All’ultima gara, sul circuito di Jerez della Frontera, la Williams sembra più a suo agio nonostante il leader sia Schumacher, virtualmente campione del Mondo. Dopo una lunga rincorsa sempre a pochi secondi dal tedesco, al 47mo giro Jacques lo affianca all’interno della curva Dry Sac. Schumacher scarta in maniera evidente verso la vettura del canadese ma questa volta (…..) ha la peggio. Villeneuve con la macchina danneggiata finirà terzo con Hakkinen primo, vincendo così il suo primo e unico mondiale in F1. Questo porterà la scuderia di Grove (da poco trasferita da Didcot) a vincere il suo nono titolo costruttori, sorpassando la Ferrari. Uno straordinario risultato per un garagista ambizioso e visionario…

Intanto però un altro matrimonio di Frank sta per sciogliersi, quello con la Renault.

Nel 1998, con la perdita dei motori Renault sostituiti dai Mecacrhome (Renault non supportati dalla casa) e del tecnico Newey, il risveglio è amaro per la macchina dominante degli ultimi sei anni. Ferrari e McLaren hanno organizzato squadre fortissime sia dal punto di vista tecnico che dei piloti. Il terzo posto nel costruttori è “la coppa degli altri”.

Nel 1999 va anche peggio. Con i motori Supertec (sempre Renault passati di mano…) e i suoi piloti Ralf Schumacher e Alex Zanardi, non andrà oltre il quinto posto.

Il colpo di coda del terzo millennio.

Nell’anno 2000 il Team Williams cambia nome e diventa BMW Williams F1 Team, proprio perchè, per l’ennesima volta, cambia il fornitore di motori. Questa volta si tratta però di un legame solido quanto quello Renault. Al posto di Alex Zanardi viene ingaggiato Jenson Button al fianco di Ralph Schumacher. La scuderia, con la FW22, si aggiudica nuovamente il terzo posto nel costruttori nell’anno del terzo Mondiale di Shumacher e del secondo consecutivo della Ferrari.

Il 2001 vede l’avvicendarsi di Montoya con Button. Montoya come Villeneuve viene dalle gare americane dove ha ben figurato. La FW23 è una buona evoluzione della precedente e BMW ha intanto migliorato la sua unità. La Williams conquista 4 vittorie, 3 con Shumacher e 1 con Montoya, e il terzo posto nel costruttori

Nel 2002 con una sola vittoria di Ralph Schumacher ma parecchi buoni piazzamenti la Williams termina al secondo posto nel costruttori

Il 2003 si rivela per la scuderia inglese un anno di grande competitività sia della vettura che del suo pilota Montoya. Certo anche per il fatto che degli anni di dominio della Ferrari questo è stato il meno evidente, nonchè per lo stato di grazia del giovane Kimi Raikkonen che ha contrastato il tedesco fino alla fine, purtroppo per lui non supportato da un motore Mercedes fin troppo fragile. Alla fine Montoya e la sua Williams BMW si aggiudicano il terzo posto nel piloti a poca distanza da Schumacher e Raikkonen, e il secondo nel costruttori.

Il 2004 e il 2005 purtroppo per la blasonata scuderia di Frank si possono considerare gli striduli lamenti del cigno che muore. Uno splendido animale delle piste canta sulle ultime note di una bellissima canzone. Una vittoria di Montoya in Brasile chiude l’ultimo anno coi motori BMW.

La storia non finisce qui, ma quello che viene dopo non ha un decimo del fascino del “prima”. Comincia un lento declino che ha portato la Williams negli ultimi due anni a occupare le ultime file. Così come la McLaren, altra blasonatissima scuderia inglese, dopo un periodo buio (seppur non lunghissimo) sta dignitosamente uscendo dalla crisi, spero anche per la Williams un orizzonte migliore.

 

Decidere se parlare o meno dell’ultimo quindicennio non è stato facile. Dal non volerlo fare estesamente a non volerlo proprio fare. Il periodo (al di là di brevi fiammate di competitività) mi ispira tristezza, proprio per quel passato di cui ho scritto. Spero di non avervi annoiato più di tanto. Lo capirei, nonostante abbia condensato particolarmente certi anni…grazie a tutti!

 

 

Antonio

 

Immagine in evidenza da: autosport.com

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