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2018 F1 HUNGARIAN GP: AN INTRODUCTION

La leadership non è anarchia. In una grande azienda chi comanda è solo

Il vero valore di un leader non si misura da quello che ha ottenuto durante la carriera ma da quello che ha dato. Non si misura dai risultati che raggiunge, ma da ciò che è in grado di lasciare dopo di sé

Sergio Marchionne

Non potevo iniziare questo mio primo post sul Bring senza citare l’ormai ex plenipotenziario manager di FCA e Ferrari S.p.a., la cui scomparsa avrà sicuramente ripercussioni non solo sull’intero mondo dell’industria automobilistica ma anche su quello della Formula 1.

Indubbiamente infatti il carismatico leader italo-canadese ha saputo legare la sua carriera professionale al marchio del Cavallino Rampante, dimostrando una sincera passione per il mondo delle corse e per la Scuderia Ferrari; quale che sia il giudizio umano e professionale che ciascuno di noi voglia attribuire al defunto manager di Chieti, è certo che la sua eredità sarà molto difficile da gestire per il successore designato a Maranello, tale Louis Camilleri (di cui per adesso abbiamo potuto ben apprezzare solo la moglie).

Marchionne ha saputo infatti risollevare un reparto corse ormai ridotto ai minimi termini dalla lunga coda della gestione Montezemoliana, riportandolo ai vertici della massima categoria dell’automobilismo e creando al suo interno le condizioni per competere ad armi pari con quella corazzata anglo-teutonica che risponde al nome di Mercedes. Bisogna infatti riconoscere che alcune delle scelte strategiche e manageriali che sul momento avevano suscitato più di una perplessità tra gli stessi tifosi (me compreso) e tra gli addetti ai lavori, si stanno invece rivelando in grado di restituire autostima, convinzione e capacità tecniche alla Scuderia, qualità che erano complessivamente venute a mancare nell’era post Todt e Schumacher.

A Camilleri spetterà dunque l’arduo compito di confermare in primis quanto di buono fatto dal punto di vista manageriale ma anche di continuare con convinzione sul sentiero più impervio intrapreso dal suo predecessore, quello da percorrere per riportare la Ferrari a far valere la propria voce nelle stanze dei bottoni del circus di F1. Non un compito da poco, considerando che siamo alla vigilia di un altro importante cambio regolamentare.

Fatta questa doverosa premessa, il nostro amato carrozzone si appresta a sbarcare in Ungheria sul tracciato dell’Hungaroring. Sappiamo bene come lo stretto toboga magiaro possa essere capace di regalare gare dal sapore epico (soprattutto in caso di pioggia o di episodi particolari, leggasi Safety Car a più non posso) oppure vere e proprie scariche di Roipnol, che male (o bene, a seconda dei punti di vista) si conciliano con i caldi e assolati pomeriggi domenicali di fine luglio.

Dal punto di vista della lotta al titolo si tratta a mio giudizio di una gara chiave per entrambe le scuderie protagoniste del campionato, nonché di un primo importante spartiacque nella stagione 2018: una vittoria della Mercedes e del Gesù nero spingerebbe infatti Sebastian Vettel ancora più lontano nella classifica mondiale, sferrando probabilmente un colpo decisivo alle velleità iridate del tedesco/meridionale di stanza in Emilia Romagna.

Mentre però, a dare retta ai pronostici, la Mercedes si appresta a correre una gara (se non in difesa) con la voglia di raccogliere come oro colato ciò che verrà in più di un terzo posto, la SF si presenta con il ruolo di principale favorita, poiché i ricordi della gara dello scorso anno ci portano ad immaginare un perfetto sposalizio tra le caratteristiche tecniche della SF71H e quelle del circuito ungherese. Non a caso l’Hungaroring, insieme a Montecarlo e Singapore, viene annoverato come sicuro terreno di caccia per le rosse di Maranello.

A mio giudizio chi potrà sicuramente rompere le uova nel paniere alla SF (come d’altronde è stato nel Principato) sarà però la Red Bull, che sfruttando l’ottimo telaio, l’agilità della propria monoposto e la relativa importanza giocata dal propulsore in questa tipologia di circuito potrà ritagliarsi un ruolo da attore protagonista nel week end ungherese (sperando per loro che MV33 si svegli dalla parte giusta del letto).

La Ferrari quindi, che ironia della sorte viveva proprio un anno fa il punto più alto della gestione Marchionne, si presenta in Ungheria con una pressione psicologica degna di uno schiacciasassi: da una parte vi è la necessità assoluta di vincere per rilanciare le proprie ambizioni mondiali, dall’altra la voglia di omaggiare nel migliore dei modi il leader scomparso. Con altrettanta pressione si presenta ai nastri SV5, chiamato al pronto riscatto dopo il disastroso scivolone nel Gran Premio di Germania che potrebbe rivelarsi decisivo in una lotta al mondiale nel quale il principale rivale per il titolo si dimostra molto incline alle parole ma pochissimo agli errori in pista.

Poco da dire riguardo la “serie B” della categoria, nella quale la battaglia per il titolo di “primo tra gli altri” sarà probabilmente questione tra Haas e Renault, con McLaren (almeno con Alonso), Force India, Toro Rosso (almeno con Gasly) e Sauber (almeno con Leclerc) pronte ad approfittare di eventuali occasioni favorevoli. Williams sempre più in sordina dopo essere sprofondata in un abisso tecnico oggettivamente imbarazzante, considerando che nel 2014 era di fatto la seconda scuderia dopo la Mercedes.

Infine occhio al meteo che si preannuncia ballerino per tutto il Week End e che potrebbe aggiungere ancora più incertezza ad una gara che avrà sicuramente un sapore molto particolare.

Che dire, buon GP a tutti e ci si rilegge poco sotto.

 

Matteo a.k.a. Tornadorosso

 

Hamilton sale in cattedra ad Hockenheim, Vettel dietro la lavagna

Ci sono gare difficili da raccontare. Perchè più di altre esprimono il valore intrinseco dei singoli contendenti e, purtroppo, gettano ombre sinistre sulle aspirazioni di alcuni di loro, che magari erano partiti con ben altre ambizioni. E perchè gli episodi che hanno portato al risultato finale sono troppi per essere citati e perfino ricordati.

In questi casi è meglio dare la precedenza alle premesse e all’esito finale, e da questi fare alcune considerazioni.

Le premesse: Vettel e Ferrari fortissimi, centrano una pole fantastica davanti ad un pubblico in tripudio, e la dedicano all’ormai ex presidente Sergio Marchionne. Lewis si ritrova invece nella disperazione, dopo che la sua Mercedes l’ha lasciato a piedi, forse con qualche responsabilità da parte sua.

La Ferrari ha dimostrato una indiscutibile superiorità sulla Mercedes, e Seb deve solo dare il colpo di grazia al rivale, vincendo la gara. Per farlo, gli basta partire bene e andarsene via, sperando che non arrivi qualcosa a disturbare la sua gara. Come ad esempio la pioggia.

Il finale: la pioggia arriva a pochi giri dal traguardo, ad intermittenza e solo su alcuni tratti del circuito. Hamilton rimonta imperiosamente fino alla quarta posizione, e si trova nel posto giusto al momento giusto. Cioè quando Vettel, impegnato come gli altri a tenere in pista la macchina con gomme slick su fondo bagnato, si pianta nelle barriere nella curva più lenta del motordrom. Proprio dove manca la via di fuga. E Lewis si ritrova primo, guidando come nessun altro su una pista che per gli altri era al limite della praticabilità, e segnando pure il giro più veloce alla penultima tornata per dimostrare ai rivali quanto sia forte.

Ciò che è successo in mezzo non vale nemmeno la pena di ricapitolarlo, perchè la gara fino all’arrivo della pioggia è stata abbastanza piatta, indirizzata verso una doppietta Ferrari che avrebbe potuto risultare determinante in ottica mondiale. E, invece, siamo a parlare di una doppietta Mercedes, di una coppia di piloti che, almeno oggi, è stata nettamente superiore a quella Ferrari (considerando anche che Raikkonen all’arrivo della pioggia è letteralmente evaporato), e di due classifiche mondiali che ora vedono l’argento nella prima casella.

La tendenza, che sembrava essere cambiata a Silverstone, si è nuovamente invertita ad Hockenheim, ma stavolta in maniera inquietante per la Ferrari. Perchè a ben vedere la Mercedes si era ritrovata dietro per problemi di affidabilità o per episodi nei quali i piloti erano incolpevoli, la Ferrari si è invece ritrovata dietro per proprio per colpa dei suoi piloti. Questo è indiscutibile. Si può obiettare che sia facile giudicarlo da fuori, ma è sufficiente mettere in fila le situazioni in cui la Ferrari quest’anno ha perso punti, e quelle in cui li ha persi la Mercedes, e si vedrà facilmente che dal lato Ferrari sul banco degli imputati ci vanno i piloti stessi.

Siamo solo a metà stagione, c’è tantissimo tempo per recuperare, ma, come abbiamo già scritto su queste pagine diverse volte, se continua a sprecare come è stato fatto nella prima parte della stagione, la Ferrari non vincerà nessuno dei due mondiali. E tutto questo con una macchina che si sta sempre più rivelando eccezionale.

Detto tutto quanto sopra, la classifica finale è risultata completamente rimescolata dalla pioggia, e a punti sono andati anche piloti che fino al cambiamento delle condizioni navigavano in fondo, come Perez e Ocon, Ericsson e Hartley, arrivati dalla settima posizione in giù. O Grosjean, arrivato sesto ma letteralmente surclassato dal compagno di squadra Magnussen fino a quando la gara è rimasta asciutta.

Ottimo risultato di Hulkenberg, quinto, il quale a sua volta ha messo in ombra il compagno Sainz. Mentre Verstappen ha osato troppo montando anzitempo le gomme intermedie e ha perso quella che per lui poteva essere una grande occasione.

Fra una sola settimana si corre in Ungheria, pista da sempre amica della Ferrari e dei suoi piloti. Potremmo assistere ad un altro capovolgimento di fronte, ma i punti persi oggi non le torneranno comunque indietro.

P.S.
Ci sono uomini ai quali il destino non dà l’opportunità di vedere compiute le sfide che avevano cominciato. E delle quali avrebbero meritato di ricevere gli onori, dopo averne sopportato gli oneri, a volte fra lo scetticismo generale.
Sergio Marchionne ha preso le redini della Ferrari nel 2014 in uno dei momenti più difficili della sua storia della Scuderia, ha dato responsabilità a uomini il cui curriculum poteva essere discutibile, e allontanato altri uomini dal curriculum invece indiscutibile. Ha deciso di dare fiducia alle cosiddette seconde e terze linee italiane, tecnici sconosciuti che avevano ancora tutto da dimostrare, almeno pubblicamente. Ciò avendo di fronte un avversario dal budget almeno doppio, che si era scritto il regolamento da solo e il cui dominio sembrava destinato a durare in eterno. E il destino ha voluto che Sergio Marchionne dovesse lasciare la Ferrari, e l’intero gruppo FCA, proprio nel momento di maggior forza della squadra alla quale tanto teneva. Gli onori dei successi futuri, a quanto è dato sapere, andranno eventualmente a qualcun altro. E questo qualcun altro, nonché coloro che hanno in mano le sorti del risultato, dovranno ricordare ciò che l’ex presidente disse prima dell’inizio del mondiale: “la SF71H è una gran macchina, se non vincerà la responsabilità sarà degli uomini che la gestiscono”. In quel momento sembrava una boutade, ma, come per tante delle frasi pronunciate da Marchionne nei 14 anni in cui è stato alla ribalta, alla luce di quanto vediamo oggi aveva ragione lui.

 

2018 F1 GERMAN GP: AN INTRODUCTION.

“Solo i morti han visto la fine della Guerra”

Dittatore Centrafricano

Il Circus della F1 si sposta ad Hockenheim per quello che con ogni probabilità sarà il ballo d’addio del circuito in oggetto. La Germania perde il proprio GP dal 2019 ed Hockenheim di fatto rischia di perdere la F1 per sempre. Impossibile perciò non esser colti da un forte attacco di malinconia al pensiero di tutte le pagine di Storia della F1 che si son scritte su questo tracciato. Ma anche constatare come sia stato tragicamente amaro per molti. Vedasi la scomparsa del più grande di sempre in una gara di F2 il 7 aprile del 1968. O il Depa che perde la vita a bordo della sua Alfa 179 durante dei test privati il primo agosto del 1980. Infine Didier la cui carriera in F1 finisce drammaticamente col volo in prova il 7 agosto 1982. Fortunatamente si son viste anche delle belle pagine di Sport da queste parti: la Fenice che rompe a suo favore gli equilibri del Mondiale 1977 vincendo la prima edizione di questo GP. Tambay che nel 1982 si riprende (parzialmente….) quello che un destino infame aveva negato alla Ferrari il giorno prima. Prost che nel 1986 spinge la sua Mecca oltre il traguardo dopo esser rimasto senza benzina arpionando così il punto che mesi dopo lo aiuterà a prendersi il Mondiale ad Adelaide. Berger che nel 1994 riporta la Ferrari alla vittoria dopo un digiuno di quasi 4 anni. Barrichello che nel 2000 vince la sua prima gara in F1 guidando con le slicks su un Motodrom completamente allagato.

Nel 2002 venne introdotto il tracciato attuale in sostituzione di quello storico dai leggendari rettilinei immersi nella foresta nera. Si perse l’epicità dei dritti da più di 350kmh ma in compenso, grazie questa volta ad un buon lavoro di Tilke, la pista divenne più tecnica offrendo due nuove staccate violente (curva 2 e curva 6) che favoriscono i sorpassi ed una sezione extra che di fatto rappresenta una sorta di Motodrom “light” prima di quello vero. Il caso ha voluto che su questa pista si siano viste gare più interessanti dopo la modifica al tracciato del 2002 rispetto a prima: ad esempio nell’anno del debutto vi fu un epico ruota a ruota tra Raikkonen e Montoya protrattosi all’infinito e favorito dalla nuova conformazione della pista. Parlando di Profeti in Patria (o sedicenti tali) il Kaiser ha sempre goduto di accoglienze trionfali da queste parti (complice l’essere rossovestito, mix vincente per l’appeal in zona) mentre Nico Rosberg ha invece incontrato accoglienze ben più tiepide. Va altresì detto che qui ad Hockenheim il pubblico è solitamente ferrato in materia e particolarmente esigente, e che sa riservare a chi ama passaggi indimenticabili all’interno del Motodrom.

Passando all’attualità Ferrari si presenta in Germania in testa sia al WDC che al WCC. L’impressione netta è che l’inerzia si sia spostata dalla parte di Maranello e che se Hamilton probabilmente avrà ancora lo spunto necessario per prevalere in Qualifica per quanto concerne la gara Ferrari dovrebbe invece essere la favorita. La squadra italiana si sta presentando con importanti modifiche aerodinamiche ad ogni GP e nel Paddock è convinzione diffusa che la sua Power Unit sia ormai, seppur leggermente, migliore di quella MB. Brackley affronta il primo GP con Aldo Costa dimissionario, cosa che fa pensare ad una possibile fine di un’era per loro ma guai a darli per sconfitti. Hockenheim segna peraltro la fine dell’utilizzo delle controverse Pirelli da -0,4mm, cosa che mette MB sotto la lente d’ingrandimento sia per quanto concerne la gestione del famigerato blistering che la messa a punto degli assetti sulla W09. Redbull divorziata in casa con Renault dovrebbe giocare in difesa, cosa che potrebbe significare la presenza di un gap sensibile tra i due top teams e loro. Il resto del gruppo dovrebbe vedere i motorizzati Ferrari a loro agio nel sopravanzare del tutto o in larga parte quel che resta del plotone.

Buon GP a tutti

#wearebring #wearebetter #bringyourpassion

Vettel e Hamilton da cineteca a Silverstone

Il mondiale 2018 è destinato ad essere ricordato a lungo per il grande equilibrio ma anche per gli episodi che riportano alla memoria antiche diatribe fra eroi di un’altra epoca.

E lo spettacolo c’è quando la diatriba avviene in una Silverstone rovente, per le temperature e per il calore dei tifosi verso l’eroe di casa, Lewis Hamilton, capace il sabato di piazzare la sua Mercedes in pole con un giro monstre, distaccando di un nulla le due Ferrari, e di ben 3 decimi il compagno Bottas.

Avere Vettel nella fila dietro è un discorso, averlo di fianco è un altro. E Hamilton lo capisce subito, perchè il tedesco parte a razzo e si invola, mentre lui parte malissimo, si fa superare dal compagno Bottas, e, qualche curva dopo, si ritrova Raikkonen all’interno. Tenta di resistergli ma il finlandese sbaglia la frenata e lo sperona mandandolo in testacoda. Un episodio che farà lungamente discutere, sulla cui dinamica (e intenzionalità) possono esserci molte visioni che qui non approfondiremo. Perchè vale su tutti il giudizio della direzione gara, che appioppa al finlandese 10 secondi di penalità, il doppio di quelli attribuiti a Vettel in Francia per analoga manovra su Bottas, e molti di più degli zero che abbiamo visto attribuiti ai vari Bottas e Verstappen per episodi simili passati (ma, sia ben chiaro, oggi non è stata commessa alcuna ingiustizia, la penalità ci stava).

E così Vettel e Bottas se ne vanno indisturbati davanti alle due Red Bull e a Raikkonen, che ha perso solo una posizione nel contatto con Hamilton, mentre quest’ultimo riparte dal fondo, senza danni alla macchina, e si produce in una rimonta furibonda che lo riporta, in pochi giri, a ridosso dei primi 5.

Il primo pit-stop non cambia la classifica, a parte l’ovvia perdita di posizioni di Raikkonen per avere scontato la penalità. Hamilton è l’ultimo a cambiare, ed esce in sesta posizione. Le gomme medie non sembrano rendere bene, sulla Ferrari, come le soft, e Bottas recupera così su Vettel fino ad arrivare a 2 secondi dal tedesco.

Ma a 18 giri dalla fine Ericsson si dimentica di disattivare il DRS in approccio alla velocissima Copse, e concede il bis del brutto incidente di Grosjean al venerdì, avvenuto per lo stesso motivo. L’uscita della Safety Car è inevitabile, ma la strategia dei primi è diversa: le due Mercedes non cambiano gomme, le Ferrari e le Red Bull sì, e così Vettel si ritrova a sandwich fra Bottas ed Hamilton, con gomme di 10 giri più nuove.

Alla ripartenza Verstappen e Raikkonen regalano emozioni, con sorpassi e controsorpassi nella zona del vecchio start, ma subito dopo Sainz pensa bene di chiudere la Copse con Grosjean all’interno. Quest’ultimo non ci pensa neanche lontanamente ad alleggerire e lo scontro è inevitabile, con entrambe le auto spedite nella ghiaia ad alta velocità e la conseguente inevitabile ulteriore uscita della Safety Car.

Gli ultimi giri sono letteralmente da cineteca, con le due Ferrari a dare la caccia alle due Mercedes, a cercare di sfruttare il vantaggio di gomme più nuove e più morbide. Per qualche giro sembra di assistere ad una gara di MotoGp, con 4 macchine in un fazzoletto. Bottas resiste strenuamente ma deve capitolare ad un gran sorpasso di Vettel, che si invola indisturbato verso la bandiera a scacchi. Qualche giro dopo anche Hamilton lo passa, e riesce poi a difendere la seconda posizione dagli attacchi di Raikkonen, che impiega qualche giro di troppo a sbarazzarsi di Bottas. Nel frattempo Verstappen è costretto al ritiro, e Ricciardo chiude una gara difficile con un’anonima quinta posizione.

Dietro i primi, dopo il solito abisso, una Renault ritornata decente con Hulkenberg, il solito consistente Ocon, poi Alonso, Magnussen e Gasly.  Fuori dai punti Perez e Vandoorne, e le due inguardabili Williams, non doppiate solo grazie alle Safety Car.

Menzione speciale per Leclerc, tranquillamente a punti fino al pit-stop, e costretto al ritiro da un problema alla trasmissione.

Ora si va in Germania, l’altra casa della Mercedes, ma anche casa di Vettel. Qualche anno fa la guida del circuito di Hockenheim ci raccontava che la Mercedes e Rosberg non riuscivano a scaldare i cuori dei tedeschi come riuscivano a fare Schumi e la Ferrari. C’è da giurare che questo Sebastian, su questa Ferrari, siano in grado di farlo.

P.S. Vettel oggi ha vinto nonostante un problema al collo accusato ieri. Ha fatto di tutto per nasconderlo, bisogna sottolinearlo perchè non tutti i campioni, del presente e del passato, sono ed erano così attenti a non crearsi alibi. 

P.S. 2: Hamilton, interpellato sul podio da Brundle dopo avere mancato l’intervista in pista, ha parlato di “stratagemmi interessanti da parte degli altri”. Lascio al lettore qualsiasi considerazione in merito alla frase, faccio solo osservare che in F1 chi è senza peccato può scagliare la prima pietra in qualsiasi momento, ma normalmente di feriti per sassi vaganti non se ne vedono.

 

Verstappen strepitoso nel disastro Mercedes, la Ferrari ne approfitta a metà

C’è chi spreca poco alla volta. E chi spreca in modo equivalente ma lo fa tutto in una volta. E qualcun altro approfitta. Questo è ciò che è successo oggi sul circuito di proprietà della Red Bull, dove Max Verstappen ha colto una vittoria che ieri sembrava totalmente fuori dalla sua portata.

Perchè al sabato le qualifiche erano state dominate dalla Mercedes, che aveva messo a frutto il pacchetto di aggiornamenti che Hamilton voleva spaventasse a morte gli avversari. Le due Ferrari subito dietro, con Vettel a 3 decimi dalla pole. 3 decimi su un circuito dove per fare un giro si impiega poco più di un minuto sono un’eternità. E a peggiorare le cose un Seb distratto che, terminato il suo giro, non si fa da parte per far passare Sainz. Sanzione di 3 posizioni inevitabile, e week-end in salita per lui. Così come per le Red Bull, apparse molto in difficoltà a tenere il passo.

Partenza con spunto micidiale di Raikkonen che si infila fra le due Mercedes, le quali però gestiscono la situazione in maniera magistrale, attendendo l’errore di Kimi, anzi, i due errori nelle prime due curve, che non gli consentono di attaccare Hamilton, andato in testa ma, anzi, gli fanno perdere pure la posizione su Bottas. E in queste prime due curve c’è una parte della differenza fra Mercedes e Ferrari.

Vettel perde due posizione al via grazie ad una strenua resistenza di Grosjean in curva 1, ma le recupera velocemente, mentre davanti le due Mercedes se ne vanno indisturbate, con Verstappen in terza posizione dopo avere dato la proverbiale ruotata alla macchina rossa, quella di Kimi in questo caso.

Indisturbate, si diceva, ma fino ad un certo punto, perchè al giro 16 il cambio abbandona Bottas, mettendo fine alla sua gara, e attivando la solita VSC rovina-strategie, che dà l’opportunità a Ferrari e Red Bull di montare le gomme soft, le più dure della gamma a disposizione. Ma, anche, le più soggette al famigerato blistering. La Mercedes non ne approfitta, ma si tratta di un errore che viene ammesso via radio poco dopo, quando l’ingegnere chiede a Lewis di guadagnare 8 secondi. Le gomme però sono finite e dopo qualche giro l’inglese rientra per montare le soft, uscendo fra le due Ferrari. A questo punto ha pneumatici con 10 giri in meno rispetto ai diretti avversari.

Ma gli serviranno a poco, perchè il vento ormai è cambiato, e quella che poteva essere una parata Mercedes potenzialmente in grado di imprimere la svolta al mondiale, si trasforma, per i tedeschi, in un incubo. Non solo Hamilton non riesce a recuperare su Raikkonen, ma deve subire un bellissimo sorpasso da Vettel, poco dopo che Kimi aveva fatto lo stesso su Ricciardo, in grandissima crisi con le gomme posteriori, al punto da rientrare ai box immediatamente dopo avere perso la posizione.

E alla stessa operazione è costretto Lewis a 18 giri dalla fine, anche lui vittima di un pesante blistering alle gomme posteriori. Esce subito dietro Ricciardo, che viene però subito abbandonato dal motore Renault.

In testa alla gara, Verstappen procede indisturbato, con tempi costanti e gomme con solo leggeri segni di blistering. Dietro di lui le due Ferrari non sembrano spingere più di tanto per raggiungerlo. Poi a 10 giri dalla bandiera a scacchi arriva la definitiva mazzata sulle aspirazioni di Hamilton di portare a casa almeno qualche punto buono per il mondiale. Un guasto ferma anche la seconda Mercedes, e gli ultimi giri vivono tutti nel tentativo dei ferraristi di recuperare su Max, il quale però gestisce perfettamente le sue gomme e vince senza mai essere impensierito. Dietro di lui Raikkonen, sul quale la Ferrari non ha il coraggio (giustamente) di replicare l’odioso ordine di Zeltweg 2002. Terzo Vettel, che riguadagna la testa del mondiale piloti, così come la Ferrari riguadagna la testa di quello costruttori.

Altri due motori Ferrari seguono in classifica, con un grande Romain Grosjean davanti al compagno Magnussen, pur se staccati di un giro intero dai primi. Per trovare i primi motori Mercedes bisogna arrivare al sesto e settimo posto, con le due Force India di Ocon e Perez, poi Alonso ,bravo a recuperare dopo essere partito dai box, e a chiudere la zona punti altri due motori Ferrari, con le Sauber di Leclerc ed Ericsson.

Gara da dimenticare per Toro Rosso (anche se Gasly era nei punti fino a pochi giri dalla fine), Renault e Williams (e non è ovviamente una novità).

Il gran premio di oggi lascia aperti un po’ di dubbi, e probabilmente nessuno, a parte Verstappen, può dirsi veramente soddisfatto dal suo esito. Ovviamente non è soddisfatta la Mercedes, con un doppio zero storico, ma anche la Ferrari può chiedersi (e Seb in conferenza stampa lo ha fatto) cosa sarebbe successo senza la distrazione di ieri, che ha portato ad una sanzione sulla quale c’è poco da discutere. Il che allunga la lista delle situazioni in cui “si poteva fare meglio”. Quest’anno nei week-end senza macchia la Ferrari ha sempre vinto, negli altri no, lasciando già molti punti per strada.

Fra una sola settimana c’è Silverstone, dove ritorneranno le famigerate gomme anti-blistering dal battistrada ribassato di ben 0.4 mm. Senza di esse, oggi il blistering ha afflitto tutti tranne le Ferrari, è bene farlo notare ma è anche bene ricordare che da Maranello hanno già fatto sapere più volte di non ritenere di essere svantaggiati dalla diversa costruzione, e questo dovrebbe porre fine a qualsiasi polemica. Ma, soprattutto, si dovrà vedere quale impatto avranno per la Mercedes i ritiri di oggi in termini di penalità. Ci potrebbero essere occasioni da cogliere per i ferraristi, vedremo se sapranno approfittarne completamente con un week-end perfetto in casa dei diretti avversari.