F2 ARABIA SAUDITA 2021 – PIASTRI DOMINA E VEDE IL TITOLO

Il weekend della F2  in Arabia Saudita è stato piuttosto sgradevole. Come per la sorella maggiore, i maggiori problemi sono emersi dalle catteristiche della pista. A sua differenza, tutti i piloti si sono comportati in modo dignitoso e il mondiale si è praticamente concluso. Non c’è la certezza matematica, ma con più di cinquanta punti sul vantaggio sul secondo Oscar Piastri ha praticamente vinto il mondiale di F2 2021. Proseguiamo con ordine.

Nei due mesi di distanza che ci hanno separato dall’ultimo round di Sochi, sul fondo della griglia ha avuto luogo una piccola rivoluzione. Debutano ben quattro nuovi rookie, tutti provenienti dalla F3. Essi sono Logan Sargeant (HWA Racelab, al posto di Jake Huges), Olli Caldwell (Campos Racing, al posto di David Beckmann), Jack Doohan e Clement Novalak (MP Motorsport, al posto di Richard Verschoor e Lirim Zendeli). Non potevano trovare un tracciato peggiore per esordire.

La F2 ha avuto il poco glorioso compito di inaugurare il tracciato di Jeddah. Come da (mie) previsioni, le prove libere si sono disputate dopo un ritardo di quasi un’ora. La sessione è stata movimentata, con la bandiera rossa uscita in occasione degli incidenti di Sargeant e di Alessio Deledda (HWA). Il miglioramento della pista nei minuti finali ha permesso a Robert Shwartzman (Prema) di concludere la sessione davanti a tutti. Più indietro gli altri contendenti per il titolo: Guanyu Zhou (Uni Virtuosi) è 7°,  Oscar Piastri (Prema) 10° e Theo Pourchaire (ART) 13°. Si distingue Ralph Boschung, secondo con la modesta Campos, mentre tutti i rookie sono in fondo alla classifica.

Dopo poche ore si arriva al momento più importante del weekend (e, a posteriori, del finale di stagione), le qualifiche. L’andamento ha ricordato quello della F1: Shwartzman è il pilota più in palla, si in stalla in testa fin dal primo minuto e, man mano che i minuti passano, respinge tutti gli usurpatori. Nei minuti finali, si lanciano tutti quanti, e perdiamo il primo contendente per il titolo: Dan Ticktum fora e non può partecipare al rush finali, con pesanti conseguenze sulla sua posizione finale.

Oscar Piastri, finora autore di una qualifica poco memorabile, all’ultimo momento utile balza in testa alla tabella dei tempi, ma c’è Shwartzman in dirittura di arrivo. La pole sembra fatta per il russo: ha due decimi di vantaggio e gli manca solo l’ultima curva. Come Verstappen in F1, compie un errore in entrata e perde tutto quello che aveva guadagnato. Concluderà secondo, staccato di 165 millesimi dal teammate.

Oscar Piastri conquista la quarta pole consecutiva, eguagliando il record di pole consecutive di Leclerc, e ipoteca il mondiale. Non solo la posizione è la migliore per affrontare la Feature Race, ma i quattro punti bonus gli permettono di estendere la leadership a 40 punti su Zhou e 47 sul teammate. Esperienza è il nome che si dà ai propri errori; oggi il russo ha imparato molto. Come si vedrà, la pole sarà la chiave di volta per il weekend dell’australiano.

Dopo il duo Prema, la seconda fila ospita la coppia piloti ART, con Pourchaire davanti a Christian Lundgaard, che ritorna nelle prime posizioni dopo tempo immemore. Discorso simile per Felipe Drugovich, che si qualifica 5°, davanti al teammate Zhou, sesto e con l’acqua alla gola in campionato. Sempre meglio di Ticktum, che conclude 11° dopo le disavventure già narrate. Ralph Boschung è il migliore degli “altri” e conclude 7° con la Campos mentre Clement Novalak è il migliore dei quattro deb, dodicesimo.

Malgrado il circuito non sia un capolavoro di design (rivoltante il design delle curve da 1 a 4, parere personale), gara 1 si è stata divertente.

Per effetto dell’inversione della griglia parte dalla pole Liam Lawson (Hitech), affiancato dall’ex promessa Marcus Armstrong (DAMS), mentre la seconda fila ospita il teammate Juri Vips (sempre Hitech) e il già citato Ralph Boschung. Al via Armstrong parte meglio del rivale; Lawson prova a resistere ma finisce fuori pista. Taglia curva 2 (spoiler: lo sentirete spesso) e deve cedere la leadership al connazionale della DAMS.

Come da previsioni, dopo neanche trenta secondi dal via entra la SC a causa di una serie di collisioni avvenute in fondo al gruppo. Alla ripartenza, Zhou cerca di sorpassare Lundgaard con una manovra decisa all’esterno di curva 1, ma il cordolo gli fa perdere reattività nel cambio di direzione e si scontra con la ART. Il cinese ha la peggio, si gira e deve cambiare il muso, mentre Lundgaard perde poche posizioni.

La difficoltà di portare a termine sorpassi in maniera pulita a Jeddah è mostrata dal duello Ticktum – Viscaal per la decima posizione. Dopo quattro giri in cui sfrutta ogni centimetro di asfalto, si libera definitivamente del rivale solo al settimo giro. Davanti la storia è simile, ma grazie ai problemi  con le gomme di alcuni piloti (come Ralph Boschung, che da 3° piomba in quindicesima posizione) la gara si fa guardare. Tra i vari duelli, Shwartzman supera Lundgaard per la sesta posizione tagliando curva 2. La penalità arriva puntuale, ma meglio 5s che languire per tutta la gara dietro a una macchina più lenta (se si verificano dinamiche del genere, il progettista NON ha fatto un buon lavoro).

Nel finale la corsa si anima. Al quattordicesimo giro (su venti) Pourchaire scivola in curva 22 e si schianta. Un altro pretendente che dice addio al titolo. La SC si fa da parte dopo tre giri e nei giri finali ha luogo l’azione più divertente del weekend, grazie al combinato disposto di piloti molto lenti e pista poco predisposta per i sorpassi.

Armstrong vince di un soffio su Lawson, dopo un ultimo giro passato a rintuzzarne gli attacchi. Prima vittoria dell’alfiere DAMS nel campionato di F2. 18 mesi fa il neozelandese era visto come uno dei futuri protagonisti della serie, ma la storia ha avuto altri piani.

Vips resiste a Drugovich e conquista l’ultimo gradino del podio. Shwartzman (gpv), quinto sul traguardo, viene penalizzato e conclude sesto alle spalle di Jehan Daruvala (Carlin), autore di un bellissimo doppio sorpasso su Lundgaard e Piastri. All’ultimo giro si assiste anche una lotta molto tirata tra Piastri, Lundgaard e Ticktum. L’inglese sorpassa entrambi, mentre il danese compie un capolavoro in difesa e conserva l’ultima posizione valevole per i punti. Daruvala sarà successivamente penalizzato per aver sorpassato Ticktum fuori dai limiti di curva 1 (again, grazie Tilke) e scala decimo. Come consolazione, l’indiano partirà in pole in gara 2. Shwartzman torna quinto.

Dopo la seconda inversione della griglia, in pole c’è Daruvala, seguito da Bent Viscaal (Trident) e Piastri. Gara 2 ha un andamento simile a gara 1, anche se risulta meno intensa.

Al via Piastri scavalca Viscaal, mentre in fondo al gruppo si scatena il caos, con una serie di collisioni che miete diverse vittime, tra cui il vincitore di gara 1 Armstrong. Pourchaire e Zhou ringraziano e scalano diverse posizioni.

Restart, e Daruvala manca la frenata di curva 1. L’indiano taglia la curva e rimedia 5s di penalità. Piastri, in seconda posizione, si vede la vittoria servita su un piatto d’argento. Poco dopo, Vips rompe l’alettone nel tentativo di sorpassare Drugovich e si ritira. La gara è animata dalla lotta per la terza posizione tra Lundgaard, Viscaal e Piastri. Il danese taglia curva 1 per difendersi, e la penalità arriva puntuale.

Malgrado i fermi tentativi di Shwartzman, la Trident si rivelerà un ostacolo insormontabile. Al contrario, Piastri sorpassa Daruvala, malgrado in teoria potesse accontentarsi della seconda posizione. Una SC entrata a tre giri per rimuovere la macchina incidentata di Lawson chiude i giochi, e ci rimettono soprattutto Daruvala e Lundgaard, che a causa della penalità penalità sul tempo finale, concludono ultimi dopo aver passato buona parte della gara sul podio virtuale.

Alla fine vince Piastri, autore anche del giro più veloce, davanti a un coriaceo Viscaal (che porta la Trident sul podio per la prima volta dal 2016) e a Shwartzman, che tutto sommato non poteva molto di più, partendo dalla settima posizione.  L’australiano è sempre più vicino al titolo. Zhou finisce ottavo e conquista un punto. Meglio di lui ha fatto Pourchaire, che da 19° conclude 6° con un’auto riparata all’ultimo momento.

L’eroe di giornata comunque è Jack Doohan, che, da rookie e nel circuito più infame, ottiene uno splendido quinto posto.

Con il podio di Shwartzman e la vittoria di Piastri, la Prema conquista il secondo titolo Costruttori consecutivo.

Si arriva alla Feature Race, il piatto forte del weekend. Circa.

Prima quaranta minuti di ritardo per riparare le barriere, danneggiate dalla Porsche Supercup.

Alla partenza Pourchaire stalla e Enzo Fittipaldi lo tampona a piena velocità. Bandiera rossa e tanta paura (anche perché non hanno mai fatto rivedere i replay – all’inizio ci può stare, ma una volta capito che i piloti stanno bene, la scelta appare ridicola), ma alla fine il brasiliano se la cava con un tallone rotto e un occhio nero. Poteva andare peggio, ma intanto si accumulano altri cinquanta minuti di ritardo.

Alla fine la gara riprende nel pieno della valenza agonistica, per quanto accorciata a venti minuti + un giro, partenza dietro la SC (griglia di partenza: quella del giro 1) ma comunque pit stop obbligatorio. La “pacchia” durerà poco.

La gara vede qualche lotta nei primi giri: Daruvala perde due posizioni ai danni di Drugovich e Vips, mentre Boschung (che aveva guadagnato 4 posizioni al primo via) resiste con durezza a Zhou. Gli ultimi giri non arriveranno mai: nelle retrovie Caldwell perde il controllo e Samaia non lo può evitare (sempre per effetto del grandioso design del tracciato).

Entra la SC, ma si capisce che la cosa andrà per le lunghe. Il direttore di gara ci dà un taglio e sospende la gara, stavolta in maniera definitiva, e attribuisce il punteggio dimezzati ai primi dieci.

Vince Piastri davanti a Shwartzman, Boschung, Zhou e Drugovich. L’australiano è anche l’autore del giro più veloce. La seconda vittoria nell’arco dello stesso weekend (secondo pilota a riuscirci dopo Vips a Baku) permette a Piastri di estendere la sua leadership in modo quasi definitivo.

Con 213,5 punti contro i 162 dell’inseguitore più prossimo, Shwartzman, Piastri ha di fatto vinto il mondiale. Per poter avere qualche vaga possibilità di vincere, i rivali a Jeddah dovevano compiere il weekend perfetto. Per la loro disperazione, è stato Piastri a riuscirci: doppia vittoria, pole position e due gpv su tre, grazie anche a una generosa dose di fortuna. E’ interessante osservare che buona parte del risultato di Piastri in gara 2 e nella Feature Race è maturato per via della pole. Se Shwartzman avesse affrontato bene l’ultima curva in qualifica, la realtà ora sarebbe diversa (ma fino a un certo punto). Ad Abu Dhabi si assegnano ancora 65 punti, quindi in teoria anche Zhou (terzo a 149,5 punti) è ancora in lotta, ma sono le speranze che solo l’aritmetica può dare.

Piastri è stato un autentico schiacciasassi quest’anno. Non ricordo una gara storta o un suo singolo errore. Ha pienamente meritato il titolo.

Lorenzo Giammarini, a.k.a. LG Montoya

[Tutte le immagini sono prese dal sito o dall’account ufficiale Twitter della F2]

BASTIAN CONTRARIO: IL MERCATO

Al GP di Jeddha, nella cornice esotica che solo il ricco medio oriente sa offrire, si è consumato uno degli episodi più squallidi e patetici che la Federazione Internazionale dell’Automobilismo poteva offrire. Già mi ero speso in passato sull’inadeguatezza regolamentare che la stessa Federazione “offriva”: mi riferisco al famoso episodio tra Perez e LeClerc dove i commissari, capitanati da Masi, ci misero una vita a decidere la punizione da comminare al messicano… punizione che comunque era alquanto discutibile per non dire ridicola.

Ebbene domenica scorsa, la FIA, nella persona di Michael Masi, è emersa nuovamente  in tutta la sua inadeguatezza ed impreparazione. Tutto questo ha una radice ben profonda e neanche a farlo apposta la colpa, se così si può dire, è della Mercedes e della loro bravura, sia politica che tecnica. AMG ha monopolizzato, con il suo “cavallo di razza inglese”, la scena sportiva degli ultimi sette anni. In tutto questo tempo è esistito un solo protagonista, il quale lungo il suo cammino ha trovato ben pochi ostacoli (Rosberg sicuramente e Vettel marginalmente). Il dramma per la Federazione (di certo non per il nostro palato), è che il campione di Stevenage ha trovato lungo il suo cammino un osso duro da rodere che gli sta facendo fare gli straordinari per sudarsi il suo ottavo titolo. Questo ha comportato un atteggiamento ed un approccio nel giudicare le gare completamente diverso rispetto all’anno scorso. Anni e anni di lotte drogate e di solitudine (il 2020 è stato vergognoso!), hanno reso la vita facile a chi doveva giudicare: comminare punizioni a piloti di centro gruppo non costava nulla al collegio giudicante ormai anestetizzato dal sicuro dominio teutonico e, pazienza, se dovevano bacchettare anche il campione del mondo, giusto per dimostrare che erano imparziali… tanto il re nero aveva comunque la vittoria finale stretta tra le mani.

Ora le cose sono diverse, adesso c’è un pretendente al titolo che fa sul serio, che gli sta col fiato sul collo e che gli fa sudare sette camicie, per non parlare della stessa Mercedes che pur di vincere è ricorsa ad ogni mezzo, strategia e conoscenza possibile per colmare il gap che l’olandese è stato in grado di creare. Questo ha generato una lotta senza quartiere che, forse, nemmeno la stessa Federazione si aspettava. Ciò, inevitabilmente ha messo lo stesso organo di controllo dinnanzi alle proprie responsabilità, le stesse responsabilità che il direttore di gara ha rifiutato di prendersi. Come in un comune mercato cittadino, dove si vende pesce, verdura, vestiti o comunque un qualunque altro bene di consumo, allo stesso modo il direttore di gara “contratta” la punizione da comminare. Uno dei momenti più bui della storia della Federazione. Le stesse regole cervellotiche, che essa ha voluto ed utilizzato, hanno rappresentato un cappio al collo e si sono strette per soffocarla. Il direttore di gara, senza nessun carisma e, di sicuro, senza nessuna voglia di assumersi le proprie responsabilità, ha cercato di lavarsi le mani chiedendo una contrattazione vera e propria. Eclatanti le urla di Toto ai suoi danni, nel pretendere una risposta immediata  sulla punizione da infliggere. Ricordate Perez – LeClerc? Per loro due non c’è stato nessun problema nel pronunciarsi, perché non andavano ad intaccare nessuno. Nella lotta tra Lewis e Max, nessuno vuole macchiarsi come l’uomo che ha condizionato il mondiale. Resta da capire allora come mai, Masi ha chiamato la safety car per ripristinare la visibilità dello sponsor. Una safety car che grida allo scandalo, considerando che la barriera era praticamente intatta. Glissando sulle ripetute partenze (solo su questo ci sarebbe da parlane per ore sulla presunta agibilità del circuito), si giunge all’episodio clou del GP e cioè alla tamponata trai i due contendenti al titolo, definito altresì “brake test”. Palese ed evidente la posizione di Masi e, dunque, della stessa Federazione, di non volersi schierare e di comminare una punizione che di fatto è stata una barzelletta e, nel contempo, mostra la vera natura della bestia ferita.

Eppure riflettevo sul fatto che le urla di Wolff via radio, le continue azioni punitive da parte della FIA nei riguardi di AMG, mi fanno pensare ad una vera e propria lotta interna tra i due colossi. Diciamocelo… fino all’anno scorso, ve lo sareste mai immaginato uno scenario del genere? Era letteralmente impensabile solo immaginarselo. Eppure è successo e se da un lato c’è la guerra tra colossi come FIA ed AMG dall’altro ci sono due cavalli di razza che se le danno di santa ragione.

Mi spiace per le fazioni di ambo gli schieramenti, solo che su queste righe non si fa mercato; si analizza ciò che realmente è successo. Personalmente parlando, al sottoscritto frega poco chi realmente vince il mondiale, se non altro perché Ferrari non è della partita. Chi invece si dispera, e si contorce sono gli schieramenti delle due fazioni e peggio di ogni altra cosa, sono i “rossi” che tifano Verstappen; affinché il re nero non superi i titoli di Michael. Roba da matti! Come si è potuto scendere così in basso? Ammesso e non concesso che Hamilton vinca il suo ottavo, come si può pensare che il Kaiser venga offuscato? Ammesso e non concesso che Hamilton fissi la sua personale quota, per quanto i suoi tifosi si possano sperticare in deliri di giubilo sfrenato, il valore degli otto di Hamilton non varranno mai i sette di Schumacher perché appartengono a tempi completamente diversi. Tifosi di ambo le fazioni che se le danno di santa ragione a suon di ricordi, promemoria e insulti all’uno o all’altro contendente. Il pop corn è bello caldo e mi gusto il film che sto vedendo in 4K: tifosi di Hamilton che tra venerdì e sabato si strozzano con la loro stessa rabbia perché l’inglese commette errori di valutazione (credete che Lewis sia un robot? Mai come quest’anno è stato messo così tanto sotto pressione e, mai come quest’anno, sta disputando la sua migliore stagione) e la domenica sfogliano il calendario per i comportamenti dell’olandese in pista. Gli orange dal canto loro, tirano in ballo statistiche e dubbi comportamenti da parte dell’inglese e della sua squadra. Un mercato come dicevo. Del resto, questo fa parte del gioco. Il gioco che invece nessuno si aspettava era questa lotta senza quartiere tra questi due splendidi piloti. Max domenica ha sbagliato: il suo “boia chi molla”, a lui (e a chi glielo ha insegnato) tanto caro, gli ha permesso di fare una partenza che rimarrà nella storia e, nel contempo, è stato anche il motivo che gli ha fatto perdere la testa facendo quella manovra poco furba del brake test.

Ormai quel che è fatto è fatto e si giunge all’ultima gara che un mercato di periferia a confronto sembrerà un Expo di lusso: da un lato, abbiamo una direzione gara che fa acqua da tutte le parti e si presenterà al mondo come colei che ha redarguito tutti e che tiene le redini del gioco in mano, quando invece farà ancora più pietà di domenica scorsa, dall’altro abbiamo due scuderie rappresentate dai loro team principal, che non se le mandano a dire senza tanti complimenti e in mezzo i due contendenti al titolo che se ne strafotteranno di tutto e tutti! Il mio pronostico? Allo stato attuale, abbiamo il 50% di probabilità che si toccheranno e, comunque, Hamilton è in striscia positiva dal Brasile almeno. Non sbaglia nulla, è in forma e l’esperienza è dalla sua. Il sottoscritto pensa che alla fine sarà lui, il re nero a portarla a casa. Forse meglio così, perché non solo salverà la reputazione (non vince solo quando è… solo), almeno così si sarà saziato, visto e considerato che dal 2022 (speriamo!) si cambierà registro… anche se il mercato sarà sempre lo stesso.

Vito Quaranta

HAMILTON VINCE IL GP DELLA RABBIA E RAGGIUNGE VERSTAPPEN

La Formula 1 arriva a  Jeddah in un circuito terminato in tutta fretta, e dal layout discutibile. Un budello stretto e lungo, da percorrere ad una media inferiore solo a quella di Monza. Una assurdità, come poi si rivelerà, in effetti, a fine gara.

Le qualifiche sono emozionanti, con Hamilton e Verstappen su un altro pianeta a strapparsi i giri più veloci. Ma all’ultimo tentativo Max esagera, e all’ultima curva, nonostante i 4 decimi di vantaggio, va lungo e perde la macchina in uscita, finendo contro il muro. Il che lo costringe a partire in seconda fila, con la prima appannaggio della Mercedes. Non certo l’ideale.

Si spengono i semafori e le due Mercedes partono a razzo, con Verstappen che si deve accodare. Dietro di lui, Perez nel tentativo di superare Leclerc rischia di tamponarlo, e si deve a sua volta accodare al monegasco.

Hamilton segna giri veloci in successione, ma non scava un solco fra sè e gli avversari, con il distacco che si aggira attorno al secondo. 

Giusto il tempo che Vanzini ci ricordi che “può succedere di tutto” e al giro 10 Mick Schumacher distrugge la sua Haas. Inevitabile l’uscita della Safety Car, e in Mercedes fanno rientrare entrambe le macchine. Verstappen decide di fare il contrario e si accoda alla vettura di sicurezza. Ma Bottas rallenta eccessivamente, per lasciare spazio fra sè e il compagno di squadra, e l’olandese protesta furiosamente.

Ed è ancora più furioso con la squadra per non averlo fatto fermare. Ma non sa ancora che la direzione gara fermerà la gara, perchè le barriere sono irreparabili. E questo per Max è un grosso regalo, perchè potrà cambiare le gomme a costo zero.

Questa volta è Hamilton ad essere furibondo, perchè questa decisione ovviamente lo penalizza enormemente, ed è anche poco comprensibile, perchè visivamente le barriere non erano, almeno in apparenza, vedendole dal divano di casa, danneggiate in un modo che non si potesse riparare durante un periodo di neutralizzazione. E, infatti, la riparazione, o, più probabilmente, l’ispezione, dura solo 15 minuti, nulla che non si potesse fare con la Safety Car in pista.

Quel che è peggio per Hamilton, è che non sono previste più soste, quindi Lewis dovrà guadagnarsi la prima posizione in pista.

Già durante il giro di riscaldamento Lewis e Max si punzecchiano, col primo che prova una partenza, cosa vietata, e il secondo che si distanzia di più di 10 macchine dal rivale, cosa altrettanto vietata. Si spengono i semafori, Lewis parte meglio e Max per stargli davanti allunga la frenata della prima curva e taglia la chicane, uscendo davanti ad Hamilton in modo chiaramente irregolare. Ma se non avesse allungato tanto la frenata, Bottas, che aveva “sbagliato” la frenata, lo avrebbe tamponato in pieno.

La manovra di Max fa sì che Ocon si metta fra lui e Lewis. Ma dietro accade il caos, con Perez che tocca Leclerc e si gira, e Mazepin che tampona violentemente una Williams, attivando inevitabilmente un’altra bandiera rossa.

Durante la pausa si assiste ad una farsesca trattativa fra la FIA, Red Bull e Mercedes. Max dovrebbe essere penalizzato per la manovra effettuata, e la squadra “patteggia” per lui la partenza in terza posizione, dietro ad Hamilton. La gara ripartirà quindi con Ocon ed Hamilton in prima fila.

E di nuovo da fermo per la terza volta, con Verstappen che monta gomma media. Con una partenza spettacolare, e una staccata strepitosa, Max si infila all’interno ed Hamilton viene preso a sandwich fra l’olandese e Ocon, uscendo dalla chicane in terza posizione. Tempo un giro, e si riporta in seconda posizione.

L’olandese inizia a lamentarsi della mancanza di potenza, e dietro Lewis gli si avvicina. Va ricordato che l’inglese monta il motore favoloso che gli ha consentito di rimontare 25 posizioni in Brasile.

Tempo qualche giro e Tsunoda tampona Vettel, perdendo l’ala anteriore, che rimane sul circuito. Viene quindi attivata la Virtual Safety Car. Il distacco fra i primi due non è mutato e riparte la caccia, a suon di giri veloci da una parte e dall’altra. 

La pista però è disseminata di detriti causa di contatti vari, e viene attivata ancora più volte la Virtual Safety Car. Ogni giro a velocità controllata è ovviamente favorevole a Verstappen, avendo lui gomme più morbide rispetto ad Hamilton. E’ inspiegabile il fatto che non venga in questo caso mandata in pista la Safety Car, dal momento che precedentemente era stata data bandiera rossa quando, in apparenza, non ce n’era la necessità.

Dopo 5 lunghi giri, la gara riparte. Mancano 17 giri alla fine, e la caccia ricomincia ancora una volta a suon di giri veloci. I primi due fanno gara a sè. Proprio quando Hamilton si è incollato agli scarichi di Verstappen, viene nuovamente attivata la Virtual Safety Car. Ma questa volta viene incontro a Lewis, perchè gli risparmia il secondo settore, dove è più lento di Max, e riesce ad attivare il DRS e ad attaccare il rivale sul rettilineo di partenza. Anche questa volta, come in Brasile, l’olandese tira la staccata oltre ogni limite, e lo manda fuori pista. A differenza di Interlagos, però, gli viene detto di cedere la posizione, e lo fa in modo furbo, con Lewis che lo tampona clamorosamente e danneggia l’ala anteriore. Non è dato a sapere se l’inglese preferisse attendere per non concedere il DRS all’avversario nel rettilineo successivo, o se non sapesse che l’avversario gli doveva cedere la posizione.

Ma l’ala danneggiata non lo penalizza, e si rimette alla caccia, mentre infuriano le discussioni fra la FIA e la Mercedes. Proprio quando Lewis l’ha raggiunto, Max gli cede nuovamente la posizione, ma poi lo riattacca subito, azione vietata dal regolamento, e lo ripassa. A quel punto la direzione gara gli dà 5 secondi di penalità, e di nuovo l’olandese fa passare l’inglese.

A questo punto per Hamilton si tratta solo di arrivare a fine gara, l’avversario si allontana con le gomme praticamente finite, e non può fermarsi per cambiare le gomme perchè Ocon non è abbastanza lontano. E quel che è peggio, per lui, è che dietro al francese c’è Bottas che lo incalza. E, infatti, il distacco dall’olandese anzichè aumentare, diminuisce. Lewis, incurante, continua a segnare giri veloci, pur con l’ala anteriore che perde pezzi. 

La gara finisce in gloria per la Mercedes, con Hamilton primo, Verstappen secondo e furibondo, e Bottas terzo dopo avere superato sul traguardo un ottimo Ocon. Quinto Ricciardo, sesto Gasly, poi le due Ferrari di Leclerc e Sainz. Nono Giovinazzi, per la gioia di Vasseur, e decimo Norris, sempre sottotono in questo week-end.

E così una pista ridicola e una gestione ancora peggiore hanno materializzato lo scenario che tutti aspettavamo: Hamilton e Verstappen si presenteranno all’ultima gara a pari punti. Prepariamo i pop-corn.

P.S.: al momento di scrivere queste righe, è in corso un’investigazione per il tamponamento di Hamilton a Verstappen. Logica vorrebbe che non ci fosse penalizzazione, come non ci fu per Verstappen in Brasile.

P.S. 2:  riascoltare le comunicazioni fra FIA, nella persona di Michael Masi, Mercedes e Red-Bull fa capire quanto, probabilmente, questa persona non sia in grado di gestire in modo deciso due bande di briganti come sono, in effetti, le due scuderie che si stanno contendendo il mondiale 2021. Speriamo solo che a deciderlo non sia un’altra decisione discutibile, con inevitabili code polemiche.

F1 2021 – GRAN PREMIO DELL’ARABIA SAUDITA

Due gran premi alla fine del campionato. Il secondo di tre che si corrono in Medio Oriente. E il primo match point disponibile per chiudere il discorso sul mondiale piloti senza aspettare l’ultimo GP di Abu Dhabi.

In quanti scommetterebbero che Verstappen possa vincere il mondiale a Gedda? Prima del Gp del Brasile probabilmente molti di più, adesso l’ago della bilancia sembra puntare molto più dalla parte di Hamilton e di una Mercedes che sembra aver trovato l’ennesimo coniglio dal cilindro.

La famigerata super PU del GP del Brasile verrà riproposta sul tracciato saudita e in tanti già danno come quasi per scontata la vittoria di Hamilton con un Verstappen secondo e un arrivo ad Abu Dhabi praticamente a pari punti.

immagine da sport.virgilio.it

Tutto molto suggestivo ma sarà davvero così? Cominciamo col dire che la pista di Gedda è a dir poco atipica: un tracciato semi-cittadino dalle velocità media che si prevede molto alta e tanti (troppi?) muretti a delimitare la sede stradale. E su cui nessuno ha mai corso. Solo foto e dati al simulatore.

Tante le possibili trappole e imprevisti su un tracciato del genere, sia in qualifica che in gara con la possibilità di safety car che non è nemmeno quotata.

Mercedes avrà a disposizione la PU del Brasile sulla macchina 44 che tanto ha impressionato. Logica impone che difficilmente vedremo la stessa differenza di prestazioni con la PU Honda ma di sicuro in Red Bull sono preoccupati e molto.

A maggior ragione del fatto che per contro la PU della macchina 33 sembra essere un pò in calando e non possa offrire, soprattutto in gara, una costanza di prestazioni ad altissimo livello come quella Mercedes.

Marko ha aperto ad una possibile sostituzione dell’ICE non a Gedda ma ad Abu Dhabi, cosa che Honda voleva fare già a Losail.

Insomma, la logica della formichina in casa Red Bull che non hanno voluto introdurre una nuova ICE fresca per giocarsela meglio nelle ultime battute del campionato sembra che non stia dando i frutti sperati ma è ancora tutto in divenire.

In Mercedes, complice l’asfalto nuovo e assolutamente privo di asperità, giocherà un ruolo importante anche il sistema di sospensioni che abbassa la macchina sul dritto riducendo il drag e aumentando la velocità di punta.

La sensazione è che Verstappen e Red Bull dovranno davvero superare i propri limiti per cercare di non arrivare ad Abu Dhabi a pari punti con Hamilton.

I loro “scudieri” non pensiamo che possano essere più di tanto della partita, sia perchè a livello di guida non sullo stesso piano dei loro capitani e anche a livello di monoposto non sono proprio le stesse (soprattutto Bottas che sembra possa avere ancora problemi di PU nonostante le tante unità già sostituite).

La vera incognita saranno le casualità che la stessa pista getterà sul cammino dei due contendenti: basterà una bandiera gialla, una safety car, un problema in q2 o q3 che non permetterà un ultimo giro lanciato a fare il grosso della differenza.

Pirelli porterà le mescole centrali della sua gamma: C2, C3 e C4. In merito a strategie e durata è tutto un grosso punto interrogativo anche se non ci si aspetta un degrado eccessivo.

Per quanto riguarda gli altri, difficilmente il resto della truppa potrà anche solo affacciarsi alla lotta per il podio. Tra Ferrari e McLaren ormai la sfida per la terza piazza nel costruttori sembra essersi risolta a favore di Maranello che deve gestire un bel bottino di 39.5 punti. A meno di un harakiri rosso e di una prestazione super della McLaren, le cose non dovrebbero cambiare più di tanto.

Più vicine tra di loro Alpine e Alpha Tauri ma con una differenza sostanziale: una ha Alonso e l’altra no e questo fà una grossa differenza, più di quanto non possano esprimere potenzialmente le monoposto.

immagine da planetf1.com

Ormai ultimi giri di giostra per il duo Alfa Romeo, uno felice che la giostra, dopo tanto tempo si fermi e l’altro che invece scende a malincuore e con tanto rancore ma che, a conti fatti forse deve biasimare in gran parte se stesso.

Per tutti che non si chiamino Hamilton e Verstappen, Mercedes e Red Bull sarà come guardare lo spettacolo da una posizione di assoluto privilegio, in attesa che arrivi il rompete le righe prima di affrontare la stagione gravida di incognite del 2022.

E un ruolo lo giocheranno anche loro, magari in forma del tutto accidentale, magari con una piantata a muro in un momento topico del Gp di Domenica, in cui una safety car varrà più di una PU da mille cavalli o di un’ala flessibile.

Sarà una sfida tra strateghi al muretto e di meccanici al pit a decretare se la F1 avrà il suo 47esimo nuovo pilota a laurearsi campione del mondo oppure un altro che metterà un altro solido mattone sul piedistallo del pilota più vincente di sempre.

Sarà anche il primo GP senza Frank Williams. Tanto è stato già scritto in settimana per cui non ripeteremo l’ovvio ma semplicemente rendiamo onore ad uno dei personaggi che con la sua opera è diventato la personificazione di cosa sia la F1, nel bene e nel male. Un uomo tenace e innamorato del suo sogno, così grande che questo sogno è riuscito a sopravvivergli ed è quanto di più significativo potesse sperare di ottenere.

*immagine in evidenza da motorsportweek.com

Rocco Alessandro

 

F2 – L’INIZIO DELLA FINE

Dopo un interludio di appena 64 giorni (!!!), la F2 torna a solcare le piste. Gli appuntamenti mediorientali di Jeddah e Yas Marina avranno il compito di dare una fine a questa entusiasmante annata. Se non vi ricordate nulla del campionato, comprensibile date le dieci settimane di distanza dal precedente appuntamento, questo è l’articolo che fa per voi.

Se a inizio campionato si prospettava una lotta per il titolo che avrebbe coinvolto mezza griglia, tra la “vecchia guardia” (Guanyu Zhou, Christian Lundgaard, Robert Shwartzman, Dan Ticktum, Jehan Daruvala) e i rookie (Oscar Piastri, Theo Pourchaire, Juri Vips, Liam Lawson), la realtà si è mostrata ben diversa sin da subito, e la vecchia guardia (coloro che erano rookie nella scorsa stagione) è capitolata.

Dal primo appuntamento in Bahrain in poi, Zhou (UNI Virtuosi) e Piastri (Prema) si sono imposti come i mattatori del campionato. Il cinese si è imposto nei primi appuntamenti, mentre Piastri ha progressivamente rimontato, fino a superarlo a Monza e infine staccarlo in Russia.

Diamo un’occhiata ai candidati per il titolo.

Il giovanissimo Theo Pourchaire (ART) è probabilmente la rivelazione del campionato. Non solo si è imposto come il più giovane vincitore di tutta la storia della serie (contando quindi Gp2, Formula 3000 etc), ma ha ottenuto tale successo nel difficilissimo Montecarlo, circuito su cui peraltro mai aveva corso. Non è stato un lampo isolato: anche a Monza e Sochi ha dimostrato di avere la velocità per vincere. La sua lotta per il titolo è stata compromessa dai guasti del Bahrain, dall’incidente di Baku e dai suoi postumi a Silverstone. Quinto in campionato, con 120 punti e 58 punti di distacco dal leader, e altri tre piloti in mezzo, è da considerarsi quasi escluso dalla lotta iridata. Un altro anno di apprendistato non può fargli che bene.

Dan Ticktum (Carlin) ha raggiunto tardivamente i colleghi nella parte alta del tabellone, ma ciò non vuol dire molto. L’inglese per tutto l’anno è stato il pilota più veloce in gara, ma ha mostrato altrettanta costanza nel trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Lo dimostra il fatto che è stato l’unico insieme a Piastri a concludere a podio almeno una gara per ogni appuntamento, ma per vincere (sul campo) ha aspettato fino a Sochi. Quarto, con 129 e 49 punti di distacco dal leader, è chiamato a compiere un’impresa, ma il dato interessante è che potrebbe farcela.

Robert Shwartzman (Prema), prospettato dominatore della serie, si è trascinato a fatica sul gradino più basso del podio virtuale, ma la sua è stata un’annata con più ombre che luci. Veloce in gara (anche se mai in maniera dominante), la sua rincorsa al titolo è stata ostacolata dalle pessime qualifiche. Dei sei appuntamenti disputati, solo in uno (Montecarlo) si è qualificato nei primi cinque, mentre in tutti gli altri ha orbitato intorno alla decima posizione. Alcuni errori sciocchi (soprattutto per uno che non aveva messo una ruota fuori posto nel 2020), tipo in Bahrain e a Monza, hanno complicato ulteriormente la sua missione. Con 135 punti attualmente ha 43 lunghezze di svantaggio dal suo teammate.

Con il posto in F1 già garantito, Guanyu Zhou, secondo in campionato a 36 punti di distacco, correrà sicuramente con la testa più leggera. Era il pilota della vecchia guardia (debuttò nel 2019) che consideravo di meno, date le scarse performances dello corso anno, però si è dimostrato come il più concreto, con numerosi podi e diverse vittorie, tra cui due Feature Race. Il problema principale del pilota cinese è stata la sua incostanza: in tutto l’anno è passato in continuazione da prestazioni eccellenti a gare molto anonime. Vari errori (come a Baku, a Silverstone o a Sochi) hanno aggravato la sua posizione in campionato. Non voglio infierire più di tanto, comunque: con i suoi limiti, è stato costantemente il pilota più veloce insieme a Piastri, soprattutto in qualifica.

In teoria la lista dei piloti ancora in lotta per il campionato si estende fino a Richard Verschoor, 10° con 55 punti, ma da Pourchaire in poi ci sono ottime ragioni (aritmetiche, statistiche, storiche) per considerare costoro come tagliati fuori dalla contesa.

Se devo essere onesto, credo che neanche Zhou, Ticktum, Shwartzman e Pourchaire abbiano speranze vere contro Piastri. L’australiano si è dimostrato da subito a sui agio con la serie, non ha sbagliato quasi (l’unico errore vero è stato l’incidente con Ticktum nella Feature Race del Bahrain, ma era anche il suo primo weekend di gara in F2), è imbattibile in qualifica (tre pole su sei, è da Silverstone che parte davanti a tutti) e anche in gara ormai ha appreso la gestione delle gomme, che gli era costata le gare del Bahrain e di Silverstone.

Nessuno si è avvicinato ai suoi livelli. Anche se non dovesse vincere, per me resta comunque il pilota migliore del campionato.

Adesso, con 34 punti di vantaggio (172 a 148), il rookie australiano è in un’ottima posizione (anche perché non c’è stato un solo appuntamento in cui sia abbia corso male), ma in F2 non bisogna mai dare nulla per scontato. Due gare sono un universo a sè e autoconclusivo, e il vantaggio di Piastri quasi impallidisce di fronte ai 130 punti ancora disponibili.

A togliere un po’ di pathos alla lotta è il fatto che tutti i piloti hanno già un futuro definito: Zhou in F1 come pilota, Pourchaire e Piastri come terzi piloti (Alfa Romeo e Alpine), Ticktum in Formula E. Resta da chiarire il futuro di Shwartzman, ma si può supporre che resti in orbita Ferrari.

Menzioni d’onore per il duo della Hitech Juri Vips e Liam Lawson, di scuola Red Bull: spesso al pari dei migliori della serie come velocità, sono stati vittime di una quantità di problemi meccanici sensibilmente maggiore dei colleghi. Da segnalare anche l’avventura di Lawson nel DTM, dove solo il lo sporco gioco di squadra Mercedes gli ha impedito di vincere il titolo da rookie (peraltro battendo sonoramente il teammate Alex Albon).

Anche Lundgaard (ART) e Drugovich (UNI Virtuosi) godevano di ottima reputazione fino all’esordio in Bahrain (compreso), ma il resto del campionato è stato un pianto. Entrambi sono stati vittime di scarse prestazioni, incidenti sciocchi e genuina sfortuna (soprattutto il danese, mentre il brasiliano paga il fatto di essere il pilota non pagante del team).

Lo spettacolo si annuncia scoppiettante: da una parte il misterioso Jedda, nuovo di zecca, con muretti vicini, tre zone DRS e una pericolosa serpentina, dall’altra un Abu Dhabi rimodernato e privato delle sequenze più  ̶d̶e̶l̶ ̶c̶a̶z̶z̶o̶   peculiari.

Ulteriori considerazioni sul futuro del campionato saranno svolte in articoli futuri, ma vi anticipo che dall’anno prossimo si torna al format normale di due gare per weekend (invece delle tre attuali), sia pur con qualche variazione. Non mi metto a spiegare motivi e ragioni (ci tornerò più avanti), ma dopo questa notizia ho intonato le migliori Laudi al Signore (ovvero Bruno Michael, boss della serie). Il format a tre gare era una boiata pazzesca.

Ci vediamo Mercoledì per il resoconto della gara Saudita. Se Piastri tiene anche qui, il mondiale è praticamente suo.

Tutte le immagini dell’articolo provengono dall’account twitter della F2, o dal sito ufficiale fiaformula2.com.

Lorenzo Giammarini, a.k.a LG Montoya.