F2 – L’INIZIO DELLA FINE

Dopo un interludio di appena 64 giorni (!!!), la F2 torna a solcare le piste. Gli appuntamenti mediorientali di Jeddah e Yas Marina avranno il compito di dare una fine a questa entusiasmante annata. Se non vi ricordate nulla del campionato, comprensibile date le dieci settimane di distanza dal precedente appuntamento, questo è l’articolo che fa per voi.

Se a inizio campionato si prospettava una lotta per il titolo che avrebbe coinvolto mezza griglia, tra la “vecchia guardia” (Guanyu Zhou, Christian Lundgaard, Robert Shwartzman, Dan Ticktum, Jehan Daruvala) e i rookie (Oscar Piastri, Theo Pourchaire, Juri Vips, Liam Lawson), la realtà si è mostrata ben diversa sin da subito, e la vecchia guardia (coloro che erano rookie nella scorsa stagione) è capitolata.

Dal primo appuntamento in Bahrain in poi, Zhou (UNI Virtuosi) e Piastri (Prema) si sono imposti come i mattatori del campionato. Il cinese si è imposto nei primi appuntamenti, mentre Piastri ha progressivamente rimontato, fino a superarlo a Monza e infine staccarlo in Russia.

Diamo un’occhiata ai candidati per il titolo.

Il giovanissimo Theo Pourchaire (ART) è probabilmente la rivelazione del campionato. Non solo si è imposto come il più giovane vincitore di tutta la storia della serie (contando quindi Gp2, Formula 3000 etc), ma ha ottenuto tale successo nel difficilissimo Montecarlo, circuito su cui peraltro mai aveva corso. Non è stato un lampo isolato: anche a Monza e Sochi ha dimostrato di avere la velocità per vincere. La sua lotta per il titolo è stata compromessa dai guasti del Bahrain, dall’incidente di Baku e dai suoi postumi a Silverstone. Quinto in campionato, con 120 punti e 58 punti di distacco dal leader, e altri tre piloti in mezzo, è da considerarsi quasi escluso dalla lotta iridata. Un altro anno di apprendistato non può fargli che bene.

Dan Ticktum (Carlin) ha raggiunto tardivamente i colleghi nella parte alta del tabellone, ma ciò non vuol dire molto. L’inglese per tutto l’anno è stato il pilota più veloce in gara, ma ha mostrato altrettanta costanza nel trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Lo dimostra il fatto che è stato l’unico insieme a Piastri a concludere a podio almeno una gara per ogni appuntamento, ma per vincere (sul campo) ha aspettato fino a Sochi. Quarto, con 129 e 49 punti di distacco dal leader, è chiamato a compiere un’impresa, ma il dato interessante è che potrebbe farcela.

Robert Shwartzman (Prema), prospettato dominatore della serie, si è trascinato a fatica sul gradino più basso del podio virtuale, ma la sua è stata un’annata con più ombre che luci. Veloce in gara (anche se mai in maniera dominante), la sua rincorsa al titolo è stata ostacolata dalle pessime qualifiche. Dei sei appuntamenti disputati, solo in uno (Montecarlo) si è qualificato nei primi cinque, mentre in tutti gli altri ha orbitato intorno alla decima posizione. Alcuni errori sciocchi (soprattutto per uno che non aveva messo una ruota fuori posto nel 2020), tipo in Bahrain e a Monza, hanno complicato ulteriormente la sua missione. Con 135 punti attualmente ha 43 lunghezze di svantaggio dal suo teammate.

Con il posto in F1 già garantito, Guanyu Zhou, secondo in campionato a 36 punti di distacco, correrà sicuramente con la testa più leggera. Era il pilota della vecchia guardia (debuttò nel 2019) che consideravo di meno, date le scarse performances dello corso anno, però si è dimostrato come il più concreto, con numerosi podi e diverse vittorie, tra cui due Feature Race. Il problema principale del pilota cinese è stata la sua incostanza: in tutto l’anno è passato in continuazione da prestazioni eccellenti a gare molto anonime. Vari errori (come a Baku, a Silverstone o a Sochi) hanno aggravato la sua posizione in campionato. Non voglio infierire più di tanto, comunque: con i suoi limiti, è stato costantemente il pilota più veloce insieme a Piastri, soprattutto in qualifica.

In teoria la lista dei piloti ancora in lotta per il campionato si estende fino a Richard Verschoor, 10° con 55 punti, ma da Pourchaire in poi ci sono ottime ragioni (aritmetiche, statistiche, storiche) per considerare costoro come tagliati fuori dalla contesa.

Se devo essere onesto, credo che neanche Zhou, Ticktum, Shwartzman e Pourchaire abbiano speranze vere contro Piastri. L’australiano si è dimostrato da subito a sui agio con la serie, non ha sbagliato quasi (l’unico errore vero è stato l’incidente con Ticktum nella Feature Race del Bahrain, ma era anche il suo primo weekend di gara in F2), è imbattibile in qualifica (tre pole su sei, è da Silverstone che parte davanti a tutti) e anche in gara ormai ha appreso la gestione delle gomme, che gli era costata le gare del Bahrain e di Silverstone.

Nessuno si è avvicinato ai suoi livelli. Anche se non dovesse vincere, per me resta comunque il pilota migliore del campionato.

Adesso, con 34 punti di vantaggio (172 a 148), il rookie australiano è in un’ottima posizione (anche perché non c’è stato un solo appuntamento in cui sia abbia corso male), ma in F2 non bisogna mai dare nulla per scontato. Due gare sono un universo a sè e autoconclusivo, e il vantaggio di Piastri quasi impallidisce di fronte ai 130 punti ancora disponibili.

A togliere un po’ di pathos alla lotta è il fatto che tutti i piloti hanno già un futuro definito: Zhou in F1 come pilota, Pourchaire e Piastri come terzi piloti (Alfa Romeo e Alpine), Ticktum in Formula E. Resta da chiarire il futuro di Shwartzman, ma si può supporre che resti in orbita Ferrari.

Menzioni d’onore per il duo della Hitech Juri Vips e Liam Lawson, di scuola Red Bull: spesso al pari dei migliori della serie come velocità, sono stati vittime di una quantità di problemi meccanici sensibilmente maggiore dei colleghi. Da segnalare anche l’avventura di Lawson nel DTM, dove solo il lo sporco gioco di squadra Mercedes gli ha impedito di vincere il titolo da rookie (peraltro battendo sonoramente il teammate Alex Albon).

Anche Lundgaard (ART) e Drugovich (UNI Virtuosi) godevano di ottima reputazione fino all’esordio in Bahrain (compreso), ma il resto del campionato è stato un pianto. Entrambi sono stati vittime di scarse prestazioni, incidenti sciocchi e genuina sfortuna (soprattutto il danese, mentre il brasiliano paga il fatto di essere il pilota non pagante del team).

Lo spettacolo si annuncia scoppiettante: da una parte il misterioso Jedda, nuovo di zecca, con muretti vicini, tre zone DRS e una pericolosa serpentina, dall’altra un Abu Dhabi rimodernato e privato delle sequenze più  ̶d̶e̶l̶ ̶c̶a̶z̶z̶o̶   peculiari.

Ulteriori considerazioni sul futuro del campionato saranno svolte in articoli futuri, ma vi anticipo che dall’anno prossimo si torna al format normale di due gare per weekend (invece delle tre attuali), sia pur con qualche variazione. Non mi metto a spiegare motivi e ragioni (ci tornerò più avanti), ma dopo questa notizia ho intonato le migliori Laudi al Signore (ovvero Bruno Michael, boss della serie). Il format a tre gare era una boiata pazzesca.

Ci vediamo Mercoledì per il resoconto della gara Saudita. Se Piastri tiene anche qui, il mondiale è praticamente suo.

Tutte le immagini dell’articolo provengono dall’account twitter della F2, o dal sito ufficiale fiaformula2.com.

Lorenzo Giammarini, a.k.a LG Montoya.