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BASTIAN CONTRARIO: IL BRUTTO ANATROCCOLO

Il GP del Brasile, conclusosi domenica scorsa, difficilmente sarà dimenticato da alcuni dei protagonisti che lo hanno vissuto. Un GP dove abbiamo avuti diversi brutti anatroccoli e, purtroppo, non tutti sono divenuti cigni. Di sicuro chi è riuscito a superare la metamorfosi è stato il redivivo Fernando Alonso. L’asturiano di quarantadue anni suonati (molti della nuova generazione che seguono la F1 nemmeno erano nati quando lui correva già nella massima serie) ha portato a scuola il brutto anatroccolo Perez, i detrattori e, più o meno, tutto il mondo che ha seguito le ultime concitate fasi del GP carioca. Quando si crede di capire che lo spagnolo è ormai andato, sepolto, bollito, ecco che lui è lì pronto a smentire tutti, cabala e sorte compresa. Emozione allo stato puro e non posso che tesserne le lodi dello splendido cigno che abbiamo visto volare sopra Sao Paolo, solo che, in quel del Brasile, il campione spagnolo c’è arrivato più che da brutto anatroccolo come antipatico sobillatore. Alla luce di quanto visto domenica scorsa, mi chiedo se la coppia (scoppiata?) HornerMarko, non l’abbia fatto veramente un pensierinonell’ingaggiare il vetusto campione spagnolo, proprio ai danni del “cotto a puntino” Perez, il quale, dopo l’onta ricevuta a cinquanta millesimi sulla linea del traguardo, brutto anatroccolo lo rimarrà per un bel pezzo.

Sappiamo tutti le polemiche che si sono susseguite tra il Messico ed il Brasile, dove si dava per certo l’addio di Fernando alla sciagurata Aston Martin (la quale ha subito una vera involuzione… da cigno a bruttissimo anatroccolo) per approdare nell’imbattibile Red Bull di Verstappen. Sebbene questo sarebbe stato il sognobagnato di molti appassionati, di certo non è stato il mio: sono del parere che con uno come Verstappen in squadrasia impossibile convivere, pena l’ammazzatora” domenicale che ne sarebbe seguita ad ogni GP. Questo lo dico non perché Max è antipatico o cattivoso, semplicemente perché vuole sempre vincere (come giusto che sia) e con un altro pretendente, come Alonso, può solo finire male e, gioco forza, la squadra dovrebbe prendere una decisione su chi puntare. Sono sicuro che il livello raggiungerebbe e supererebbe quello che abbiamo visto tra Senna e Prost, senza esagerare. Inoltre, dove sta scritto che Alonso, una volta arrivato in Red Bull, necessariamente farebbe bene? Quella è casa dell’olandese, arredata secondo i suoi gusti. Meglio allora essere in una squadra diversa a parità di potenziale (tipo 2021 ) dico io, perché in quel caso sapremo che non c’è scelta da fare che non puntare sul proprio campione senza riserve. Mi rendo conto che questo è il discorso dell’assurdo, eppure con queste assurdità nella testa il brutto anatroccolo Alonso si è presentato in Brasile, deciso evidentemente a mettere le cose in chiaro. Domenica scorsa l’enigmatica AMR23 ha dato segnali (tardivi) di positività, tanto che persino Stroll jr (il che è tutto dire!) ha azzeccato le qualifiche del venerdì (sigh!). Di sicuro, la RB19 di Perez era decisamente superiore, eppure, se la vettura del messicano era palesemente migliore, quest’ultimo ha dovuto saggiare tutto il talento dello spagnolo: gestione delle gomme e della posizione prima, con il messicano alle calcagna e poi all in nel prendere la scia giusta per il controsorpasso negli ultimi chilometri. Sportivamente parlando al brutto anatroccolo Perez non ne va bene una e, sinceramente, dopo quanto accaduto domenica scorsa farebbe bene a porsi due domande, perché il modo su come è arrivato a fine mondiale è impietoso e quanto fatto contro Alonso è l’ennesima legnata presa in piena faccia in questo scioccante 2023.

AMG di brutti anatroccoli in casa ne ha due e per salvare la posizione (e la faccia) ad uno (Hamilton “la reincarnazione di Senna”… Vanzini docet), hanno inguaiato l’altro (Russell), il quale (palesemente più veloce del compagno) è stato prima fagocitato da un arrembante Sainz e poi si è persino dovuto ritirare. Ad essere sinceri mi aspettavo molto di più da parte dei crucchi, specialmente dopo quanto fatto vedere sia in Texas che in Messico. La W14 è troppo meteoropatica ed in Brasile ha mostrato tutti i suoi limiti di performance ed il duo AMG ha sofferto non poco, con la faccia di Toto che era la maschera di se stesso e sicuramente avrebbe preferito farsi un’altra settimana di degenza post operatoria (alla gamba) che essere lì. Belli i tempi in cui si dominava in lungo e largo senza concorrenza. Ora è il turno di Red Bull e Verstappen (Ferrari dal 2026… obiettivo fissato dal Presidente) el’unica cosa da fare è quella di pensare già all’anno prossimo. Con Allison (uno dei tanti “scarti” Ferrari regalati alla concorrenza) già a lavoro a tempo pieno sulla W15, dovremmo, in teoria, rivedere una caratteristica che accomuna tutte le vetture di James e cioè trattare con gentilezza le gomme. Vedremo se la futura monoposto crucca sarà un cigno, per il momento a Toto&Co. tocca arrivare ad Abu Dhabi, via Las Vegas, con il brutto anatroccolo W14, il quale sta rischiando di fargli perdere anche il secondo posto nei costruttori in favore di Ferrari.

Già…Ferrari: Se Sparta piange Atene non ride, dice il vecchio detto. Prima di passare al brutto anatroccolo LeClerc (che più che brutto anatroccolo, dopo quanto detto via radio, mi sembra più Calimero… anche per tutto quello che gli accade sia chiaro), ho riflettuto proprio sulla classifica costruttori. Nonostante tutte le vicissitudini che la Beneamata sta attraversando, è comunque lì a contendersi per il secondo anno consecutivo il secondo posto nella classifica marche. Poca roba, direte voi, eppure significativo alquanto,aggiungo io, perché con il progetto del bistrattato Binotto, Ferrari è sempre lì. Se si tirano le somme, questo è possibile anche e soprattutto grazie proprio alla coppia di piloti che la Rossa ha a disposizione, la quale, per il sottoscritto, è una delle migliori del lotto. Per questo stringe il cuore vedere un mortificato Sainzavversato, nel modo più becero possibile, da parte dellatifoseria del monegasco, arrivare a cinquanta secondi dal primo classificato, che ormai non fa nemmeno più notizia quando vince. Fa ancora più male vedere che Calimero LeClerc prima esce fuori pista nel giro di formazione e poi si sente il suo sfogo con quel “perché sono cosi sfortunato?”. A mio giudizio, quando un pilota del calibro del monegasco si lascia andare in esternazioni del genere, siamo di fronte ad un pilota saturo, stanco ed avvilito, che ha perso fiducia innanzitutto verso la sua squadra prima che verso se stesso. Eppure proprio su queste righe avevo scritto,poco tempo fa, che un campione è tale in pista ed anche fuori: Verstappen ha fatto muro, quando ha sentito che c’era la possibilità che Marko potesse essere allontanato, allo stesso modo il monegasco non si è mai emozionato più di tanto, quando hanno iniziato a smantellare la squadra. Il campione in pectore Rosso si è fidato del suo istinto, di chi gli sta attorno e di quello che gli hanno detto, quindi è inutile vedere fantasmi attraverso la sfortuna o scomodare i santi con quel “viaggio a Lourdes”, perché in quello che è successo, in quel giro di formazione carioca, non c’è nulla di trascendentale o mistico, c’è solo un errore umano. Il fuori pista di LeClerc (con quello sfogo via radio di Sainz, il quale ha rincarato la dose dicendo di buttare nel cestino la frizione che gli hanno montato) è l’emblema rappresentativo di cosa sia la Ferrari oggi.

Chi di dovere ha deciso di ricominciare d’accapo e Charles, nel bene e nel male, ha accettato tutto questo edogni volta che si ricomincia daccapo bisogna lentamente ricostruire e, per fare ciò, c’è bisogno di tempo. Quindi inutile recriminare, inutile disperarsi, bisogna accettare le cose come stanno, rimboccarsi le maniche e lavorare sodo in chiave futura, sperando (“obiettivo 2026” come ha detto il Presidente? Intanto il “nuovo ventennio” di digiuno è prossimo) che questa Ferrari da brutto anatroccolo diventi presto un cigno degno della sua storia gloriosa, augurandoci che Calimero LeClercprenda il posto che gli spetti nell’Olimpo dei campioni di F1.

Vito Quaranta

(immagine di copertina tratta da internet)

BASTIAN CONTRARIO: ATTO DI FORZA

Il cinema, nello scrivere i miei articoli, mi condiziona tantissimo. Sarà che questa F1, a cominciare proprio da Ferrari, è un film già visto, ecco che le vicissitudini che accadono durante il week end di gara non fanno che riportarmi alla mente titoli di film che ho avuto modo di vedere. All’indomani del GP spagnolo, ciò che la Mercedes ha mostrato e fatto vedere al mondo è proprio un atto di forza bello e buono. Premetto immediatamente, caso mai ci fossero dubbi, che ho sempre affermato che i teutonici sarebbero tornati prepotenti, vero è (qui confesso il mio peccato) che non mi sarei aspettato un loro ritorno così presto nella stagione sportiva che stiamo vivendo. Ad essere sinceri, non avrei mai immaginato una Aston Martin così deludente, tanto da far arrancare Alonso nelle retrovie (colpa anche sua per aver rovinato il fondo in qualifica). Mi ero illuso che, attualmente, AMG fosse ancora indietro a Ferrari e che, quindi, almeno Carlos sarebbe riuscito a salire sul gradino più basso del podio almeno davanti al suo pubblico. Ben mi sta!

Atto di forza, dicevo, e non lo si può definire diversamente il colpo di reni della squadra anglo – tedesca. I crucchi, con la loro perseveranza, hanno impartito una lezione di umiltà e di come veramente si lavora in F1 a tutto il mondo del motor sport della massima serie, soprattutto a Ferrari e ad i suoi forcaioli tifosi. Sì perché la Mercedes, domenica scorsa, su una delle piste più rappresentative dal punto di vista tecnico, sulla pista dove si dice “se vai veloce al Montmelò, vai veloce ovunque”, era dichiaratamente seconda forza, mettendosi dietro la sciagurata Ferrari e, appunto, la deludente Aston, la quale è chiamata alla reazione già dal Canada per capire se quella in Spagna è stata una distrazione oppure un sorpasso tecnico a tutti gli effetti. Qual è il segreto del successo dei teutonici? Che magia hanno usato? A molti piace pensare che in F1 esista la bacchetta magica, quando invece in una squadra di F1 vale solo una legge immutabile nel tempo: la stabilità. Vedete, Toto Wolff è un tipo simpatico e affabile, oltre che gran paraculo, solo che non gli dovete mai far venire i cinque minuti, come si suol dire, altrimenti sono volatili per diabetici! Il team principal della casa con la stella a tre punte ha dato fiducia ai suoi ingegneri, continuando a puntare sul concetto “zero side pod”, fino a che il tempo non è scaduto ed allora ha preso in mano le redini della situazione, semplicemente dicendo “ora si fa come dico io!”. Il cambiamento della W14 è stato radicale, considerando le limitazioni regolamentari alle quali tutti si devono attenere, eppure sapete cosa non è cambiato in questa rivoluzione? La squadra!

Nelle mille discussioni nelle quali mi sono imbattuto nel cercare di evidenziare questo piccolo, e nel contempo, fondamentale passaggio, mi sono ritrovato più o meno la stessa risposta e cioè “grazie… quella è la squadra che ha vinto otto titoli”. Domando scusa, stiamo sempre parlando della stessa squadra pluri – vincitrice che ha cannato il progetto per due anni di fila? Allora mi chiedo come mai il ragionamento è vero solo a senso unico? Ciò che non si vuole accettare, a mio giudizio, è che uno come Toto Wolff stia facendo risorgere la sua squadra senza licenziare nessuno e senza nemmeno sognarsi di smembrarla, non tanto perché quelli sono i tecnici che gli hanno portato otto titoli costruttori, quanto al fatto che egli sa che, se vuole vincere, ha bisogno di una squadra stabile e, soprattutto, serena, cosa che non è nemmeno nei sogni più remoti di chi lavora in Ferrari evidentemente. Stiamo parlando della stessa squadra, che quando è ritornata in F1 come costruttore unico, faceva pole a nastro per poi mangiare le gomme in gara solo dopo quattro giri. Quella squadra è cresciuta (a dismisura), mantenendo i suoi uomini e nel contempo aggiungendone di nuovi (Costa ed Allison, gentilmente offerti dalla Scuderia, sono solo i nomi più famosi che posso citare), di modo che la scuderia anglo tedesca cresceva e si rafforzava contemporaneamente. Wolff, dopo le magra figure del 2022 e inizio 2023, non ha licenziato nessuno, non perché, ripeto, quelli sono i tecnici che gli hanno permesso di stravincere, quanto perché sapeva che se avesse smembrato la squadra, se gli andava bene finiva dietro la Rossa! Ad essere sinceri non capisco cosa ci sia di così difficile da comprendere in un concetto così semplice, o forse ciò che risulta esercizio alquanto arduo da affrontare sia quello di ammettere che in Ferrari come minimo hanno commesso una boiata e, forse, era meglio che rimaneva quello che c’era prima, accontentando le sue richieste (di crescita della squadra), facendo venire gli uomini che aveva chiesto.

Vasseur avrà bisogno di almeno un lustro per vincere, questo ho dovuto leggere nella selva di commenti dettati dalla frustrazione dei tanti tifosi che, un giorno si e l’altro pure, chiedono la testa di questo e di quell’altro. Se è vero che il buon Vasseur avrà bisogno di almeno dieci anni per riportare la Rossa alla vittoria, allora tanto valeva mettere da parte tutti i pregiudizi del caso e far rimanere l’altro, il quale avrà anche mille difetti, vero è che non è uno stupido e sapeva dove mettere mano, senza contare che, come il suo collega Wolff, sa benissimo che, nel momento in cui i vertici cambiano, si deve ricominciare tutto d’accapo. Che lezione, o meglio, che legnata che tutti noi abbiamo preso sulle gengive da parte di Mercedes con il suo perentorio atto di forza. Quante volte su questa rubrica mi sono sgolato nel dire che la stabilità è tutto, perché questa è garanzia di serietà e se in un’azienda c’è serietà i tecnici di un certo spessore sono più invogliati nel fare le valigie e trasferirsi nella sempre più isolata Maranello. Perché il problema è tutto qui e, soprattutto, sempre lo stesso e cioè che la Ferrari è tecnicamente isolata ed i migliori ingegneri non ne vogliono sapere di venirci. Si invoca a gran voce Adrian Newey, il quale, nell’intervista su Sky con Ivan Capelli, ha chiaramente fatto capire con quel “se fossi vent’anni più giovane…”, che non si muove da dov’è ed a mio avviso, le sue sono state parole di circostanze, perché dire “chi me lo fa fare di andare in quella gabbia di matti?!”, pareva brutto. Oltretutto i tanti tifosi che vogliono il superman degli ingegneri, mentre ne invocano contemporaneamente il licenziamento di altri cinque, non vogliono capire che chi è a capo della Rossa di vincere veramente non ne ha proprio voglia. Non si può spiegare altrimenti un atteggiamento del genere a partire dalla sua eterna assenza sul campo… penso che tutti ricordano quando a comandare c’era il nonno che era a sua volta alle spalle di Montezemolo, come la presenza di comandava era tangibile e non eterea. La Ferrari di Todt e Schumacher (che tanto viene richiamata alla memoria… Todt voluto da Binotto e negatogli dall’attuale Presidente tra l’altro) su quali basi si fondava se non sulla stabilità che a sua volta attirava ingegneri come mosche sul miele?

La faccia di Charles a fine GP, con le sue tristi dichiarazioni, è stato  l’emblema dell’attuale situazione della Rossa, la quale a mio modesto giudizio, considerando la realtà che stiamo vivendo, non caverà un ragno dal buco nemmeno l’anno prossimo. Faccia che è stata esattamente l’opposto quella di Hamilton, il quale, dall’alto della sua esperienza, se la ride e non poco, perché a fine GP ha avuto la certezza che la sua squadra abbia imboccato la strada giusta. Per carità, nessuno si illude in casa Mercedes, che quest’anno si possa vincere qualcosa contro i bibitari che volano, di sicuro si sono gettate le basi per tentare il colpaccio nei prossimi due anni a venire. Non c’è che dire, un vero e proprio atto di forza

 

Vito Quaranta

BASTIAN CONTRARIO: ROULETTE MONEGASCA

La roulette suicida, più famosa al mondo, è quella russa conosciuta grazie a Michael Cimino e al suo “Il Cacciatore”. In F1, quella più famosa è il GP di Monaco nel quale, se piove, il colpo di scena non manca mai. Non venga mai dimenticato, caso mai qualcuno dubiti di quello che dico, l’omonimo GP del 1996, dove al traguardo si presentarono in sette e a vincere fu Olivier Panis su Ligier – Mugen Honda, davanti a David Coulthard il quale aveva tra le mani una McLaren – Mercedes! Ritornando ai giorni nostri, di suicidi (assistiti e voluti), ne abbiamo avuti non pochi e naturalmente c’è anche chi ne è uscito indenne, beccando la parte giusta del tamburo della pistola.

Allo stato attuale, considerando lo stato di forma (di piloti e squadre) , soprattutto, considerando la situazione della concorrenza, chi ne uscirà sempre vivo da questo perverso gioco, anche se nel tamburo ci sono cinque proiettili su sei, sono proprio Verstappen ed Alonso. I due capitani delle loro rispettive scuderie, sono i massimi interpreti dei mezzi a loro disposizione. Resta solo il rammarico che la AMR23 di Fernando, non valga la RB19 di Max, altrimenti si sarebbe riproposto un nuovo 2021 (Masi di turno permettendo!), con lo spagnolo al posto di Hamilton. Forse è chiedere troppo agli ingegneri della Aston in tal senso, eppure che spettacolo per gli occhi sarebbe stato e che manna per Liberty Media. Invece, il palato viene soddisfatto solo in parte, perché, per quanto l’asturiano ci faccia godere in qualifica ed in gara, nulla può contro l’olandese volante ed il mezzo che ha a disposizione. Verstappen è in quella che si chiama “zona wow”: il ragazzo (no, non scriverò “ormai maturo”, perché dopo due mondiali vinti, mi sembra più una mancanza di rispetto che un’ovvietà… sebbene sia costretto ancora a leggere e sentire ciò), ormai è così confidente col mezzo e dei suoi mezzi, che si permette il lusso di fare quello che vuole, compreso la super qualifica di sabato scorso, dove ha letteralmente portato via l’intonaco dai muri, perché non li sfiorava… li grattava direttamente! Solo quando hai una fiducia smisurata in tutto il tuo repertorio, ti permetti il lusso di fare quello che abbiamo visto sabato scorso da parte di Max. L’olandese, in gara, non ha fatto altro che fare il suo dovere, ha rivoltato il tamburo della pistola, trovando l’unica camera di scoppio vuota ed ha sparato a colpo sicuro! Nemmeno la pioggia scompone lui ed il suo muretto e, sebbene il suicidio per molti sia arrivato puntuale, nulla smembra la corazzata Red Bull (siamo passati dalla corazzata tedesca a quella bibitara… che tristezza), che con il vantaggio che ha (sia in classifica generale che nella gara stessa, si può permettere qualunque tipo di scivolone… che non avverrà) può, con calma, gestire qualunque situazione. Chi invece il tamburo l’ha trovato pieno evidentemente, o comunque l’unico proiettile presente in sede, è stato Perez il quale in un amen ha pagato (salato), lo scherzetto che fece l’anno scorso. L’errore di Sergio è stato gravissimo, non tanto perché si sta giocando il mondiale con il suo compagno, quanto per il fatto che lui, e soprattutto il suo entourage, dichiarano apertamente che sono in lotta per il campionato. Ad essere sinceri non so se lo dicono perché ci credono veramente o perché devono seguire un copione (con Horner che dice che i piloti sono liberi di lottare… un perculo già visto e rivisto con Hamilton e Bottas) per tenere alto l’hype. Sebbene qualunque sano di mente abbia sempre saputo da che lato del box sarebbe andato il mondiale, dopo il suicidio del messicano in qualifica, con relativo zero in gara, penso che anche il più ottuso in merito, abbia capito come questo mondiale finirà.

Fernando Alonso, dall’alto dei suoi quasi quarantadue (42!) anni, sta rivivendo una seconda giovinezza: dopo tanto penare e dopo tanto veleno (per non dire altro), che gli è stato spalato addosso, trovo giusto che il suo finale di carriera termini in questo modo. Perché sebbene l’asturiano abbia ancora un altro anno di contratto, con tutto il bene che gli vogliamo, penso che difficilmente vada oltre il 2024, sperando, a questo punto, che l’anno prossimo la Aston sia pronta per giocarsi il mondiale. Fernando sabato ha messo a tacere tanti detrattori, che ancora mettono in dubbio le sue doti velocistiche in qualifica: ci sono vent’anni di differenza tra lui e Verstappen, con tutti i riflessi che ci passano in mezzo e, nonostante questo, Max ha dovuto fare gli straordinari per potergli togliere la pole. Purtroppo la sua AMR23, a differenza della monoposto di Verstappen, arrivava a fine giro con le gomme finite, motivo per cui l’olandese è riuscito a recuperare quel maledetto decimo proprio alla fine. La pioggia nel principato non fa sconti a nessuno e la roulette monegasca è stata letale per la Aston… peccato che sia andata così e chissà se questa agognata vittoria arriverà mai. Vero è che comunque, contro la corazzata bibitara, difficilmente si riuscirà ad agguantare il massimo risultato (anche perché non dobbiamo dimenticare che Alo era negli scarichi di Max solo grazie al suicidio di Sergio), quindi c’è ben poco da recriminare allo “spacca squadra” ed al suo team. Che tristezza dover leggere “che la luna di miele tra Aston ed Alo abbia potenzialmente i giorni contati visto il carattere dello spagnolo”: si seguita a ragionare per luoghi comuni e per sentito dire, senza mai approfondire realmente i fatti, come se poi in F1 si diventa campioni perché si è delle verginelle! Nell’ultima gara in Ferrari di Fernando Alonso, i suoi meccanici, mentre gli toglievano le termocoperte da quel cancello di macchina che guidava, piangevano! Si dia rispetto ad un campione mai domo che non conosce la parola “arrendersi” e che sta portando in carrozza una squadra letteralmente da solo. Perché purtroppo, se egli, e la squadra tutta, volessero fare affidamento sul suo compagno, starebbero freschi come si suol dire! Trovo esilarante che in giro ci siano personaggi che cercano di difendere Lance Stroll, il quale è stato l’unico (!) ritirato del GP di Monaco. Piloti molto più bravi di lui, sono stati appiedati per molto meno. In un GP dove (viva Dio!) il pilota conta ancora, Stroll si suicida con due revolverate senza colpo ferire: prima in qualifica e poi in gara… assolutamente incettabile!

Infine, giusto per non farci mancare mai nulla, i nostri piloti Rossi, non potevano assolutamente esimersi alla strage delle roulette monegasca. Ad essere sinceri, per i ferraristi c’è ben poco da dire: per Charles è avvenuto un suicidio assistito, grazie alla cappellata del muretto (con il Messia le cose non dovevano cambiare?), mentre Carlos ha pensato bene di suicidarsi volontariamente con quella manovra a dir poco generosa, alla chicane all’uscita del tunnel. Ciò che mi ha particolarmente colpito, immediatamente dopo la roulette monegasca della Ferrari, sono stati i toni pacati e giustificatori dei tanti detrattori (dell’ex Team Principal) nei riguardi del Messia: ci sarebbero stati gli stessi toni “distensivi”, caso mai ci fosse stato “l’altro”? Del resto la squadra “è giovane ed ha bisogno di tempo” (sigh!) e, nel frattempo che i tifosi cercano di acquietarsi la coscienza con queste ipocrite giustificazioni, mi tocca sentire Vasseur che difende la strategia del muretto… del resto quando era “l’altro” a dire le stesse cose, dopo l’ennesima cappellata, la pazienza era finita, mentre per il Messia, questa è solo la sua prima roulette monegasca in rosso, quindi di comprensione ce n’è a iosa. Peccato che l’anno scorso il GP di Montecarlo lo avremmo potuto vincere in carrozza, mentre quest’anno abbiamo rimediato un minuto al traguardo… non c’è che dire, la roulette monegasca non tradisce mai le aspettative.

 

Vito Quaranta

BASTIAN CONTRARIO: DIO NON GIOCA A DADI CON L’UNIVERSO

Così si espresse Einstein in uno scontro tra titani sulla meccanica quantistica, verso un altro gigante della fisica di inizio novecento: Niels Bohr. Ora, non vi sto a dire cosa rispose quest’ultimo al primo, altrimenti mi ritrovo orde di nerd che, in quanto a tifo, non hanno nulla da invidiare a quelli che trovo oggi sui social. Qualcuno si potrà chiedere per quale diavolo di motivo ho citato la frase del compianto genio scapigliato, ebbene questo è l’unica cosa che sono riuscito a pensare durante il siparietto che è avvenuto durante la indubbiamente bella presentazione della nuova nata Ferrari.

Diciamocela tutta, se il mondiale si decidesse in base a questa “frivolezza”, la Scuderia italiana avrebbe vinto di misura su tutte le altre squadre di anglofona origine. Presentazione vecchio stile, con tanto di pubblico in tribuna ad urlare di gioia come allo stadio nel vedere quei quindici (miseri) minuti (il regolamento prima di tutto) della nuova nata di Maranello: la SF23. Niente nomi celebrativi (che a Ferrari hanno portato più sfiga che altro!), niente attesa nel sapere il nome all’ultimo minuto e soprattutto niente spoiler un’ora prima della vettura stessa tramite render. A Maranello hanno voluto cambiare le cose, evidentemente hanno voluto tagliare con certe abitudini del passato come per far capire “il vento è girato”. Eppure, nonostante i mille tagli col passato che abbiamo già visto fare cos’è cambiato realmente sino ad ora? A mio modesto giudizio nulla. Come ogni anno sempre il solito rinnovato entusiasmo, sempre la stessa accesa speranza nel cercare di vincere quel maledetto mondiale che ormai sta raggiungendo il ventennio. Ai più giovani tutto ciò potrà sembrare una novità o comunque di facile tolleranza, ci sta. Per chi come me è a digiuno di mondiali da quando i cellulari avevano ancora i tasti,  tutto questo è solo un piacevole teatro e nulla di più. Intanto il taglio col passato da parte della Rossa è stato forte e quel passato non è riferito alle quasi due decadi trascorse, bensì solo di qualche mese.

La “dittatura” in Gestione Sportiva alla fine è stata estirpata ed il “despota” (che addirittura decideva i lavori da fare nei cessi… giuro, professionisti del settore giornalistico, così hanno scritto!) alla fine è stato allontanato definitivamente. Nel frattempo, sulla pista di Fiorano, ha girato per la prima volta l’ultima monoposto rossa la cui progettazione è stata diretta proprio dallo stesso “despota”. Binotto ha rilasciato la dichiarazione che la SF23 non è la sua macchina, bensì della squadra. Ciò che più mi ha lasciato basito di queste dichiarazioni sono stati i commenti di giubilo che ne sono seguiti dai soliti detrattori, i quali hanno avuto conferma di quanto millantavano. Conferma di cosa chiedo venia? Davvero si crede che questa non sia la macchina di Binotto, visto che la progettazione della “ventitré” è iniziata nel luglio dell’anno scorso ed in quel periodo c’era lui al comando e di sostituirlo nemmeno se ne parlava? Davvero si crede che il “despota”, fosse così pazzo da arrogarsi il diritto esclusivo della paternità della sua ultima monoposto rossa? Binotto è innanzitutto un signore e, fosse solo per il fatto che la squadra fece quadrato attorno a lui ad Abu Dhabi, ha dato il giusto riconoscimento ai suoi uomini, per non parlare del fatto, come precedentemente ho affermato, che solo uno stupido direbbe che ha fatto tutto lui. La costruzione di una monoposto è un lavoro di equipe e, piaccia o meno, un’equipe, una qualunque squadra, necessita di un leader, di un responsabile che abbia l’ultima parola. Binotto, che oltre al team principal era anche il responsabile tecnico, aveva l’ultima parola quindi, nel bene e nel male, sia che la Rossa vinca il mondiale o sia che lo perderà ignominiosamente, lo farà con la monoposto progettata dagli uomini condotti da egli stesso. La Beneamata parte da una buonissima base, la quale è stata castrata solo dai problemi di affidabilità del motore (che a detta del “capo” della Gestione Sportiva… Vigna, Ferrari ora ha il motorone!) e dai giochetti dei soliti noti. Binotto questo lo sapeva bene, così come sapeva dove intervenire sia sulla monoposto che in seno alla squadra. Infatti tutti i cambiamenti che verranno attuati nel breve tempo (monoposto e squadra appunto), non sono altro che provvedimenti già precedentemente decisi dall’ex Team Principal.

Detto ciò, sopraggiunge il citato siparietto: poco prima dell’uscita in pista della SF23, il nuovo Team Principal della Rossa lascia decidere alla sorte a chi, tra LeClerc e Sainz, dovesse salire per primo sulla nuova monoposto e quindi darle il battesimo di fuoco. No mio caro monsieur Vasseur, così non ci siamo proprio: un Team Principal non gioca a dadi con l’universo, bensì si assume le proprie responsabilità. Si prende il dolce e l’amaro come si dice dalle mie parti. Troppo facile lasciar decidere alla casualità. Non ho nulla nei riguardi del francese, solo che nel momento in cui egli viene preso a furor di popolo (e solo dal popolo, visto che la dirigenza aveva in mente ben altre scelte, le quali hanno gentilmente declinato tutte l’offerta… chissà come mai!), proprio perché tutti aspirano al modello degli altri due top team, dove il pilota di punta viene deciso ancora prima che inizi il mondiale (a tal proposito sarà interessante vedere come si comporteranno i crucchi con Hamilton e Russell), non è un comportamento coerente e consono al suo ruolo.

La logica avrebbe voluto che a salire per primo sulla monoposto, fosse stato il pilota che l’anno prima ha totalizzato più punti. Una dura e spietata legge che andava applicata subito: questo sarebbe stato un vero segnale di cambiamento verso tutti i tifosi che vogliono la scelta dura e pura. A nulla è valso il fatto che alla fine “abbia vinto” proprio LeClerc, la cui prima salita nella macchina sa più di beffa che altro. Cosa succederà nel momento in cui si dovrà decidere su quale pilota puntare? Oltretutto se è vero che AMG potrà lottare per il mondiale, il primo posto di ogni GP si farà affollato, quindi i punti da racimolare saranno ancora di meno, perché divisi non più tra soli due piloti bensì, tra almeno tre se non di più, per cui la decisione su quale pilota puntare dovrà essere effettuata nel brevissimo tempo… suppongo già entro maggio. Cosa farà Vasseur, caso mai la differenza punti tra i due rossi sarà minima? Se li porta nel retro paddock e lancia la monetina per decidere chi se la deve giocare? Non sapremo mai cosa avrebbe fatto Binotto il giorno di San Valentino in merito a ciò, certo è che sappiamo che in questo momento, il suo sostituto ha scelto il profilo basso, quasi di depistaggio nei riguardi di tutti. Il buon Vasseur non ha mai diretto una squadra così grande e, soprattutto, importante. Certi comportamenti potevano andare bene nelle categorie inferiori o in Alfa Romeo. In Ferrari, invece, la musica è leggermente diversa, perché se la squadra che il team principal francese dirigeva l’anno scorso era un piccolo coro, quella che si ritrova a condurre quest’anno è una intera orchestra!

Ci vorrà tempo certo, eppure quante volte abbiamo sentito questa frase? Di sicuro, nel frattempo che quel famoso tempo arrivi, almeno per quest’anno, Vasseur si troverà a dirigere una squadra che non è sua e che necessariamente dovrà fare propria il prima possibile. Auguriamoci che, nel frattempo che fa sua la squadra, lui e chi gli sta dietro (Elkann e Vigna… guarda caso ora si interessano!) sappiano prendere le decisioni giuste e soprattutto che non siano frutto di casualità o azzardi mal ponderati… perché Dio non gioca a dadi con l’universo.

Vito Quaranta

BASTIAN CONTRARIO: GRAZIE BINOTTO

All’indomani del primo GP di questa velenosissima stagione (non poteva essere altrimenti quando c’è di mezzo una Ferrari competitiva), il nostro Salvatore si spese in toccanti parole di ringraziamento nei riguardi del Team Principal della Beneamata, sia per la stupenda doppietta inaugurale e sia perché la Ferrari di Binotto si era presentata puntuale all’appuntamento, dopo anni di travagliato lavoro. Così come il Blog del Ring ha iniziato la stagione nel ringraziare il Boss Ferrari, io la voglio concludere allo stesso modo, scrivendo grazie Binotto! Non posso che provare gratitudine per il buon Mattia, il quale contro ogni favore del pronostico (e della sua stessa dirigenza), ha riportato la Ferrari ad essere nuovamente competitiva e, per quanto sia stato un breve periodo, a giocarsi anche il mondiale.

So perfettamente che queste righe susciteranno l’ira e l’ilarità di molti, eppure non me ne preoccupo, perché ci sono i fatti e la realtà che parlano al posto dello stesso Binotto. Egli, alla fine del GP di Abu Dhabi, ha dichiarato che in pochi avrebbero scommesso sul ritorno di una Rossa in chiave mondiale… ebbene voglio confessarvi e vantarmi che il sottoscritto appartiene a quei pochi, visto che in febbraio ho scommesso un deca (la vittoria della Ferrari nel mondiale costruttori in quel periodo era data a sette) e poco importa se ho perso. Resta il fatto che il collettivo di Binotto sta crescendo, dal 2019, attraverso errori, sconfitte e vittorie, in maniera inesorabile. I numeri, sebbene non sempre raccontano tutta la verità, sono dalla sua:  nel 2020 la Ferrari si classifica sesta nel mondiale con 131 punti, nel 2021 è già terza con 323,5 punti e quest’anno la Rossa conquista la seconda piazza con 554 punti.

Questa crescita è frutto solo di una unica costante e cioè la stabilità nel collettivo, parola chiave e magica che fa la vera differenza nel motor sport in generale e nella F1 in particolare. La stessa stabilità che purtroppo in questa settimana appena trascorsa, è stata minata da voci e soffiate a mezzo stampa, in cui ormai si dà per partente proprio colui il quale ha reso possibile realizzare quei numeri. Allo stato attuale, nulla è dato sapere nei riguardi del destino di Binotto e quindi del reparto corse stesso. Ci possiamo aggrappare solo alle smentite ufficiali (via Twitter da parte della stessa Scuderia… sic!) e a quelle non ufficiali, tramite un ferrarista vero quale è Alesi. Proprio la parte “recitata” dal francese mi ha dato non poco da pensare a riguardo: l’ex pilota Ferrari non ricopre nessun ruolo ufficiale in seno alla Scuderia, eppure egli si è parato d’innanzi alle telecamere, difendendo apertamente il collettivo e sputtanando di brutto quella stessa stampa che ha sganciato la bomba una settimana prima. La mia riflessione a riguardo è quella che a meno che Alesi non sia stato mosso da puro spirito di appartenenza alla bandiera sia stato investito (o forse dovrei dire comandato?), del titolo di ambasciatore non ufficiale della stessa Rossa, per far rientrare il casino che evidentemente la stessa dirigenza ha creato! Sia chiaro, non sto affermando che Binotto sarà alla guida della Scuderia anche l’anno prossimo, le voci che si rincorrono sono troppo confuse e caotiche e nessuno, a parte i diretti interessati presumo, ne sanno niente. So solo, che un pilota così carismatico come il francese, per esporsi a quel modo, come minimo deve avere le spalle coperte… chi ci metterebbe la faccia e reputazione a quel modo altrimenti? Lo stesso Binotto durante il week end di gara, per quanto possa valere, ci ha tenuto a ribadire e a rasserenare tutti. I segnali sembrano andare nella direzione della permanenza dell’ingegnere italo svizzero in GeS per almeno un altro anno. Purtroppo, queste parole e segnali stridono con il comportamento degli altri, a partire da quello stesso Vasseur, che si è proposto alla dirigenza Rossa come messia, che non solo non ha smentito, ha addirittura dichiarato “presto lo saprete”. Cosa bolle in pentola? Cosa sta accadendo realmente tra le mura di Maranello? A questo punto congetturare serve a ben poco, non resta che aspettare di che morte dovrà morire la Scuderia, come si suol dire.

La tragedia in tutta questa storia è che sono solo i tifosi, gli analisti e i giornalisti esteri che capiscono che, per vincere, la stabilità è tutto e non noi italiani, purtroppo. Si pretende la vittoria a qualunque costo e, quando non ci si riesce, è necessario trovare il capro espiatorio su cui addossare la croce, per poi mandarlo via, com’è costume nel mondo calcistico. Peccato che la cultura calcistica mal si sposa con quella della F1, senza contare che non esiste la bacchetta magica se non il duro lavoro. Infatti, chiunque dovesse arrivare al posto di Binotto, oltre che a campare di rendita su un lavoro avviato già da tempo anche in chiave 2023, comunque nel bene e nel male, dovrebbe instaurare le proprie metodologie di lavoro e questo comporterebbe, se necessario, anche dei cambiamenti radicali, con inevitabile perdita di tempo. Red Bull dal 2014 al 2020 non ha mai vinto nulla, dopo la scorpacciata fatta nei primi quattro anni del decennio appena concluso… hanno per caso cambiato qualcuno ai vertici? Si sono solo, si fa per dire, preoccupati di sostituire un campione con un altro giovanissimo talento da crescere. Horner, Newey, sempre al loro posto sono rimasti ed ora raccolgono i frutti (glisso su come ci sono arrivati) del loro investimento. AMG cos’ha fatto? Non solo non ha buttato fuori nessuno, ha addirittura preso gli “scarti” che proprio Ferrari ha buttato nell’umido, quali Costa ed Allison. Da quando è iniziato il declino della Rossa? Esattamente dal momento in cui hanno avallato la politica suicida del cambio compulsivo! Il primo fu Brawn, il quale voleva le redini della Scuderia in mano e gli diedero il ben servito ed infatti abbiamo visto nel 2009 cosa ci ha combinato, per non parlare che l’anno dopo, guarda caso, andò a gettare le basi di quella che è ora la Mercedes. Continuo? Cosa è successo dal 2010 al 2014? Per non parlare del quadriennio sotto l’egida di Arrivabene. Binotto a dispetto di quello che gli acerrimi tifosi urlano ai quattro venti, crediate che non sappia che si deve cambiare qualcosa in seno alla GeS? Davvero si crede che le decisioni vengano prese a seconda degli umori che si esternano sui social? Ovvio che al muretto dovrà necessariamente cambiare qualcosa. Questo è stato il primo vero anno, in cui la Ferrari di Binotto ha provato a giocarsi il mondiale e certamente dovrà effettuare delle correzioni. Di sicuro non avrebbe sputtanato la squadra, come era abitudine del suo predecessore!

Per inciso, il muretto incriminato, è lo stesso che ha permesso a LeClerc di agguantare l’agognato quanto inutile secondo posto nel mondiale piloti e naturalmente, grazie anche a Carlos, la seconda piazza nel mondiale costruttori. Il risultato ottenuto al GP di Abu Dhabi è stato importante non tanto per il risultato in se quanto per l’atteggiamento con cui l’intera squadra l’ha affrontato. Avrebbero potuto commettere nuovamente un errore eclatante, avrebbero potuto bruciare l’ennesimo motore, la squadra poteva soccombere alle pressioni che sono state create ad arte, invece, abbiamo visto una Scuderia più unita che mai e che ha fatto quadrato attorno al suo generale… e forse proprio questa unità ha spiazzato la stessa dirigenza, facendogli fare un passo indietro tramite Alesi. Immaginate cosa si sarebbe detto ulteriormente se Ferrari fosse arrivata in gara e in classifica dietro AMG? Sarebbe stato un ulteriore pretesto per mettere in croce il Team Principal. Invece Mattia era lì, a metterci la faccia e a concludere il lavoro che ha iniziato quest’anno, sperando che rimanga a lungo nella sua Ferrari.

Grazie Binotto

 

Vito Quaranta