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Bottas domina a Melbourne, Ferrari bocciata

Sorprese e conferme. Questo è ciò che ci si aspetta dalla prima gara della stagione, in particolare da quando i test sono stati limitati in modo assurdo.
E, dopo la prima gara, a caldo, di sorprese e di conferme ne possiamo contare parecchie. Non tutte positive. Specialmente per la Ferrari.

Per la quale, Ferrari, segnali inquietanti erano già arrivati venerdì e sabato, con una Mercedes stranamente (per loro) in palla mentre loro erano, altrettanto stranamente, in difficoltà, con piloti ed ingegneri apparentemente incapaci di trovare una motivazione valida al fatto che dal mezzo secondo di vantaggio ipotizzabile dopo i test di Barcellona, ci si è ritrovati a fine qualifica con 0.7 sec. di svantaggio.

Sesta pole di fila per Hamilton, ma la prima posizione in Australia per Lewis non è sempre buon segno, e infatti alla partenza il suo compagno scatta come un razzo mentre lui fa pattinare le gomme, insediandosi in una seconda posizione che manterrà fino alla fine, e non sarà solo una questione di start sbagliato.

Subito dietro, l’avvio lento di Hamilton, e di conseguenza di Vettel dietro di lui, favorisce Leclerc, il quale si ritrova a fare curva 2 completamente sul cordolo per evitare di urtarsi con il compagno di squadra che aveva nel frattempo affiancato, perdendo così la quarta posizione a favore di Verstappen.

Nel frattempo, Ricciardo rovina la sua prima gara in Renault distruggendo l’ala anteriore con un passaggio sull’erba (si ritirerà poco dopo).

I prime 5 si distanziano rapidamente dagli altri e fra di loro, facendoci capire che non assisteremo ad una gara molto divertente. In più, all’ottavo giro Leclerc commette un errore alla prima curva perdendo diversi secondi da Verstappen e condannandosi ad una gara praticamente in solitaria.

Il suo compagno di squadra non sembra avere un buon passo, così la Ferrari gioca con la strategia facendo rientrare Vettel dieci giri prima di quanto consigliato dalla Pirelli, per montare le gomme a mescola media. La Mercedes non si fida, e, in deroga alla regola che vuole che il pilota in testa entri per primo, protegge Lewis dal possibile (ancorchè improbabile) undercut facendolo rientrare il giro successivo, nella manifesta perplessità del pilota, espressa successivamente in un team radio.

Questa scelta condannerà di fatto Hamilton al secondo posto, perchè Bottas con gomme soft continuerà a girare con tempi migliori del compagno per diversi giri, aumentando il vantaggio. Il suo pit-stop, come quello di Verstappen, arriverà a metà gara, e se per il finlandese questo non cambierà molto le cose, all’olandese consentirà di raggiungere Vettel e di superarlo pochi giri dopo il suo rientro in pista, portando la Honda al suo primo podio da quando, 4 anni fa, è ritornata in Formula 1.

Max proverà anche, negli ultimi giri, ad attaccare Hamilton, senza però arrivare mai ad impensierirlo. Dietro di loro, Vettel esprime la sua frustrazione con un laconico team radio in cui chiede ad Adami “perchè vado così piano”, ricevendo un altrettanto laconico “non lo sappiamo”. Negli ultimi giri Leclerc lo raggiunge ma il team preferisce congelare le posizioni.

L’ordine d’arrivo vede quindi l’ormai ex-maggiordomo Bottas nettamente davanti ad Hamilton, con anche il punto del giro più veloce al suo attivo, Verstappen terzo molto vicino a Lewis e le due Ferrari vicine fra loro ma ad oltre 50 secondi. Un distacco impensabile alla vigilia.

Dietro di loro Magnussen con la Haas chiude in sesta posizione, confermando che la squadra americana resta saldamente la quarta forza del mondiale, e, forse, si è un po’ avvicinata ai primi. Lo segue un trenino di 5 macchine formato da Hulkenberg, Raikkonen, Stroll, Kvyat e Gasly, quest’ultimo primo di chi non prende punti pagando un errore strategico in qualifica.

Pessima gara per tutti i debuttanti o quasi debuttanti, con il solo Norris appena decente che, dopo un’ottima qualifica, riesce a chiudere al dodicesimo posto, mentre il suo compagno Sainz paga l’inaffidabilità del motore Renault ritirandosi fra fumo e fiamme. Non classificabili Albon e Giovinazzi, soprattutto se si confronta la loro gara con quella dei compagni arrivati e punti. Delle due Williams fa quasi male parlare, tanto grande è la situazione di difficoltà in cui si trovano. Peccato perchè il rientro di Kubica è una cosa talmente grande, dal punto di vista umano e sportivo, che avrebbe meritato di essere coronato da una prestazione almeno discreta, ma siamo ben lontani da questo.

Ora si va in Bahrain. Pista completamente diversa, si dice. Per la Ferrari c’è tanto su cui riflettere, probabilmente molto di più di quello che si aspettavano. Se è vera la teoria del motore depotenziato per problemi di affidabilità (e tutto farebbe pensare a questo, a partire dal fatto che si è sentito parlare di problemi di gomme, ma a fronte di un bilanciamento che veniva definito buono, il che è un po’ strano), recuperare potrebbe essere molto complicato. Il come sapranno reagire dimostrerà, più della prestazione stessa, quanta possibilità hanno di lottare per questo mondiale 2019 impedendo alla Mercedes di battere il loro stesso record di 5 mondiali di fila, nel glorioso periodo 2000-2004. Che è quello a cui i tedeschi puntano.

P.S.
Le modifiche regolamentari all’aerodinamica, volte a favorire una competizione con macchine più vicine, ha avuto l’effetto di creare tanti trenini, ma di sorpassi se ne sono visti molto pochi, perchè il vero problema sono gli spazi di frenata ridottissimi, che permettono attacchi solo quando c’è grande differenza di prestazione. Quest’anno però la Pirelli ha finalmente portato gomme molto più stabili, e queste differenze non ci sono più. Capita così che un Giovinazzi con gomme vecchissime (e macchina danneggiata) si tenga dietro per molti giri 3-4 avversari dotati di pneumatici nuovi. Probabilmente Melbourne non è il circuito giusto per giudicare questa soluzione, anche in questo caso già dal Bahrain capiremo se quest’anno assisteremo o meno a gare più combattute. Almeno per le posizioni di rincalzo.

P.S. 2
C’è un inquietante parallelismo fra i 5 anni di Alonso in Ferrari e i 4 e un po’ di Vettel. Entrambi arrivati come i salvatori della patria dopo una pessima stagione. Entrambi vincenti quasi subito, a confermare questo status. Entrambi, all’inizio, grandi uomini squadra. Entrambi, al quarto anno, dopo due mondiali persi per poco (o quasi) iniziano a dare segni di cedimento lasciandosi andare a strane dichiarazioni, anche per radio. Entrambi all’inizio della quinta stagione si sono trovati con un’auto ben lontana dai primi. E’ sperabile che quello di oggi sia stato solo un episodio, come vanno tutti ripetendo, altrimenti, a parere di chi scrive, l’esito dell’avventura Ferrari di Seb sarà lo stesso di quello di Nando. Meglio dirlo subito, a scanso di equivoci.

 

* Immagine dal profilo twitter @ValtteriBottas

1000 MILES OF SEBRING & 12 HOURS OF SEBRING

Dopo una lunghissima sosta di 4 mesi torna a gareggiare il WEC in terra americana, per cominciare la seconda parte della Superseason 2018-2019. Sebring sarà la capitale dell’endurance in questo week-end, poiché oltre al ritorno del WEC, si disputerà la classica 12 ore valevole per il campionato IMSA.

Al ritorno in pista la classifica del WEC vede un vantaggio della Toyota #8 di Alonso, Nakajima e Buemi ormai ridotto ad una manciata di punti nei confronti dei compagni Conway, Kobayashi e Lopez. Inutile dire che le vetture giapponesi sono le strafavorite anche questa volta. La concorrenza delle LMP1 private più temibile è rappresentata dalle Rebellion, che però dovranno rinunciare al veterano Lotterer per delle prove di FE.

La situazione in GTE Pro dopo la gara di Shanghai si è indirizzata sempre più verso la Porsche e l’equipaggio di Estre-Christensen, che forti del 2° posto conquistato hanno incrementato la leadership sugli inseguitori Ford e Ferrari. Nella tappa di Sebring, già come era avvenuto in Cina, ci sarà la partecipazione di una delle Corvette ufficiali, che poi correranno nella 12 ore. Da notare che in classe Pro ben 5 macchine su 6 potranno contare sul vantaggio di aver già corso negli anni passati a Sebring, mentre l’Aston Martin Vantage GTE non ha mai corso, ma ha svolto un solo endurance test nella fase di sviluppo della vettura; per cui i test collettivi di settimana scorsa sono stati molto preziosi per loro.

La classifica in LMP2 vede in vantaggio il Jackie Chan Racing sul Signatech Alpine, mentre in GTE Am a seguito della clamorosa squalifica del team Dempsey-Proton, a guidare la classifica è la Porsche Project1 inseguita dalle due Aston Martin.

L’appuntamento WEC a Sebring sarà trasmesso integralmente da Eurosport a partire dalle 21 di Venerdì 15 Marzo.

ENTRY LIST

 

LIVE TIMING

http://www.sportscarglobal.com/LiveTiming.html

 

Il campionato americano IMSA invece riprende la stagione dopo la 24 ore di Daytona funestata dalla pioggia. Il WTR vincitore non potrà più contare su Alonso e Kobayashi impegnati con Toyota, e quindi come terzo pilota avrà Vaxiviere oltre ai due titolari full-season. Ma il team Action Express vorrà la rivincita dopo la lotta a Daytona, e soprattutto vincere per difendere il titolo di campioni in carica. In casa Acura-Penske c’è ormai la pressione di chi deve iniziare a vincere le classiche lunghe del campionato, c’erano grandi aspettative per Daytona, ma ora c’è l’opportunità a Sebring e c’è da scommettere che vorranno fare tutto al meglio. Grande punto di domanda infine per le velocissime ma fragili Mazda RT24-P gestite da team Joest; le vetture giapponesi non sembrano ancora abbastanza preparate per vincere gare lunghe ed impegnative, è molto probabile invece che potranno dire la loro seriamente nelle gare più corte del campionato.

In classe GTLM ci sarà come di consueto una gara di sopravvivenza fino alle ultime ore quando tutti inizieranno a dare tutto quello che hanno per vincere. A Daytona ha prevalso a sorpresa la BMW, in una gara a dir poco strana. L’anno scorso a Sebring ci fu la prima vittoria della Porsche 911 RSR, ma ci sarà da aspettarsi le Ford molto forti e sicuramente le Corvette che vorranno riscattare la deludente 24 ore a Daytona.

La categoria GT Daytona è sempre una lotteria, ci sono oltre 20 vetture e almeno 15 possono concretamente ambire al successo, è tutta una questione di rimanere fuori dai guai, non perdere il giro di testa, fare le scelte giuste ai pit stop e dopo vedere verso la sera in che posizione si è.

La 12 ore sarà visibile gratuitamente sul sito imsatv.com e scatterà alle 15.40 italiane di Sabato 16 Marzo.

ENTRY LIST

 

LIVE TIMING

https://livetiming.alkamelsystems.com/imsa

 

So bene che questo week end parte l’attesissima stagione di F1, ma personalmente cercherò di ritagliare tempo per seguire un po’ tutto!!

#Respectthebumps

Buon week end petrolheads!

Aury

L’ANGOLO DEL FROLDI: UNA MODESTA PROPOSTA

Il nuovo corso Ferrari, targato Binotto, è piaciuto ai più.

Ovviamente siamo ancora nella cosiddetta “luna di miele”, tipica di un cambiamento percepito come positivo e necessario dopo l’era Arrivabene e quindi si tratta di una fiducia che poi dovrà essere corroborata dai risultati in pista. In caso contrario, come da locuzione latina “Vae Victis!”: guai ai vinti! Perché hanno sempre torto. Perché il secondo è il primo dei perdenti. E perché i tifosi ferraristi vengono da un digiuno lungo ormai oltre due lustri, e temono come poche altre cose il record (speriamo che resti per sempre imbattuto) di oltre 21 anni  (1979-2000, da Scheckter a Schumacher) per rivedere il titolo mondiale piloti dalle parti di Maranello. Io, intanto, mi accontenterei di quello costruttori.

Parlavamo del nuovo corso di Mattia Binotto.

Manca ancora una vera apertura nel paddock, da questo punto di vista poco o nulla è stato fatto. L’impressione che si ha, talvolta, è che in Ferrari se la “tirino”.

Vero il blasone, vero il carisma, vero il peso della Storia. Ma mediamente sia Mercedes che Red Bull sono più aperti nelle loro comunicazioni verso i mass media e verso i tifosi.

Ovviamente in pochi mesi non si possono cambiare tante cose, ammesso che il comandante in capo della Scuderia lo voglia fare.

Quello che conta è vincere. E questo sarà l’unico banco di prova.

Però. Però la Ferrari almeno sui social ha cambiato qualcosa.

Ha destato non poca sorpresa, anzi entusiasmo un tweet (datato 10 marzo) della Scuderia molto breve: “Noi siamo pronti e voi? Fra una settimana, saremo di nuovo in pista”.

Dov’è la novità? Che era appunto scritto in italiano.

L’identità. Cosa è questa roba?

Lasciano perdere discorsi pericolosi e sdrucciolevoli, legati a nazionalismi e populismi. Stiamo parlando dell’identità di un marchio, di una storia. L’identità di una azienda è legata, come tutto il resto, al suo passato: che non deve e non può essere mai dimenticato.  Alle sue origini.  Al chi siamo e da dove veniamo.

Si tratta di una catena che va in avanti, a cui si aggiungono nuove maglie, e che però viene dal passato, con le maglie più vecchie che ti ancorano nel tempo.

La Ferrari è italiana. Non è tedesca, non è inglese. E tra l’altro viene apprezzata anche perché è italiana, oltre al fascino che promana dalla sua storia che, se si pensa alla fondazione della Scuderia, conta ormai nove decadi. Per certi versi un record unico.

E’ ovvio che l’inglese, vuoi perché questo nostro mondo prima è stato britannico-centrico ed ora è americano-centrico, sia la lingua fondamentale per comunicare in tutto il mondo. E lo è anche in virtù della sua semplicità.

Tuttavia, sempre più spesso, il prestito linguistico non vede solo gli italiani che prendono parole inglesi, ma viceversa gli americani che usano, pari pari, parole italiane. Forse un complesso di inferiorità (la storia USA è relativamente recente), forse perché amano come suonano certe parole e comunque la nostra ricchezza lessicale è decisamente superiore alle lingue anglofone, con sfumature espressive che mediamente i sognano.

Sto andando fuori tema. Torniamo a bomba.

Un solo cinguettio in italiano è bastato per esaltare i tifosi italiani.

Ed ecco la modesta proposta: perché non affiancare all’inglese, ormai imprescindibile, l’italiano? Nei social a mio modesto parere sarebbe una marcia in più.

Dunque, forza! E usiamolo questo italiano. Perché dobbiamo essere fieri delle nostre origini. E perché no, della nostra letteratura che ha respiro universale.

 

P.S.: non so se lo sapete, ma Enzo Ferrari aveva una calligrafia bellissima. E scriveva molto, molto bene.

 

 

Mariano Froldi

THE CLINICAL REVIEW – ANALISI FERRARI, MERCEDES E RED BULL 2019

Ciao a tutti gli appassionati di F1 e benvenuti alla prima Review del 2019 sul Blog del Ring!

Tanti articoli, tante discussioni, tanti rumors: come ogni anno già nel periodo delle presentazioni i tifosi sono ansiosi di vedere le vetture ma sono sempre i test a delineare i primi tratti di quel quadro che verrà ultimato a dicembre con l’ultimo GP e, per questo motivo, quest’anno ho preferito analizzare le vetture “solo” dopo averle viste in pista, dato che solitamente i team sono restii a mostrare la vera forma prima di Barcellona, camuffando le vetture per nascondere le soluzioni più interessanti. In questa analisi mi focalizzerò principalmente sui 3 top team, Ferrari, Mercedes e Red Bull.

Red Bull RB15 – Honda: la vettura

La nuova creazione di Adrian Newey per questa stagione si presenta come l’evoluzione della RB14: passo “corto”, alto rake e grandissima compattezza del corpo vettura per ridurre ingombri e migliorare l’efficienza aerodinamica. Potremmo quindi dire che per Red Bull non è stata necessaria nessuna modifica sulla vettura con i nuovi regolamenti: sono riusciti a far lavorare aerodinamicamente la parte posteriore della vettura scegliendo all’anteriore un’ala classica con “upwash” (cioè facendo fluire l’aria al di sopra degli pneumatici), un interessante convogliatore di flusso per il T-tray “a zanna” di ispirazione Mercedes e una sospensione anteriore pushrod con doppi bracci trasversali progettati con cura per assicurare il miglior flusso d’aria laminare possibile tra di essi verso gli ingressi laterali delle pance. Le fiancate, infatti, sono un’evoluzione della vettura dello scorso anno con cono anti intrusione posizionato stile Ferrari SF70H per posizionare in alto i radiatori e ottenere un’importante “rientranza” nella parte bassa fondamentale per generare un effetto di downwash che serve a migliorare le prestazioni del posteriore vettura, abbinato ad un cofano motore che stringe molto verso la zona Coca Cola per “alimentare” il fondo con maggiore aria (che viene tolta alla PU, però…), quest’ultimo progettato con ampie feritoie per gestire i flussi turbolenti sulle ruote posteriori. Grazie a questi accorgimenti Red Bull può permettersi un rake molto simile al 2018 ed è una cosa non da poco considerando il grande vantaggio di carico che può dare l’assetto picchiato rispetto ad uno “convenzionale”, soprattutto per chi sa usarlo.

Red Bull RB15 – Honda: analisi Test

Nelle due sessioni a Barcellona la Red Bull si è mostrata una vettura molto vicina a Ferrari e Mercedes, soprattutto dopo aver portato un’ala posteriore molto più carica di quella precedente, molto stabile nei trasferimento di carico, chiaro segno di un ottimo comportamento delle sospensioni ma abbastanza deficitaria nel passo gara, probabilmente a causa di una non perfetta gestione gomme (evidente anche con meno carico di benzina: RB girava spesso con traiettorie più larghe, simbolo di un sottosterzo dovuto a un non perfetto setup o forse al tentativo di aumentare la velocità di percorrenza). Lato PU, invece, sembra essere stato fatto un interessantissimo (e chiacchieratissimo, più in là nella stagione spiegherò perché) passo avanti da parte di Honda: nonostante qualche problema di affidabilità (che costringerà i nipponici a modificare in qualche zona il layout del propulsore per Melbourne), la potenza almeno in configurazione gara sembra esserci e questo rende parecchio fiducioso Helmut Marko per questa stagione, tanto da considerarsi la seconda forza in pista. Sarà vero? Chissà…

Lewis Hamilton (GBR) Mercedes AMG F1 W10

Mercedes W10 EQPower+ – la vettura

La nuova arma degli anglo-tedeschi si basa su concetti collaudati del 2017/2018 ulteriormente estremizzati e, in alcuni casi, profondamente rivisti. Si è partiti, infatti, con la necessità di non allungare ulteriormente il passo a causa dei serbatoi carburante più capienti e di sfruttare al massimo i 3725 mm di interasse per avere un miglior comportamento in curva; a ciò si aggiunge anche la necessità di migliorare il comportamento sugli pneumatici (ricordiamo la grande discussione sui mozzi “forati” per dissipare il calore in eccesso) e anche quella di modificare i flussi sul corpo vettura a causa del nuovo regolamento: il risultato è una vettura che, soprattutto nella configurazione “base” ha dato non pochi grattacapi agli ingegneri, in gran parte dovuti ad un minor carico aero rispetto alle attese e ad un sistema sospensivo troppo complicato da settare e troppo “delicato”, che ha ristretto la finestra di funzionamento dei nuovi pneumatici Pirelli 2019 (in pieno stile “Allison” verrebbe da dire). Questi problemi sono stati in gran parte compensati con il maxi pacchetto portato nella seconda settimana di Test che ha dimostrato innanzitutto come Mercedes fosse a conoscenza da tempo dei deficit della vettura “base” ma che sperava anche di essere abbastanza competitiva anche in quelle condizioni di maggiore efficienza aero per avere minori consumi e maggiore velocità sul dritto. Così non è stato e il pacchetto “evo” è diventato ben presto un pacchetto “riparatore”: sono stati energizzati i flussi in ogni area della vettura, dal muso, ai bargeboards e al fondo, per incrementare il carico. Intervenire sulla vettura così tanto ha permesso a Mercedes di riprendersi una posizione da contendente seria (grazie anche alla maggior conoscenza del potenziale a disposizione), però, potrebbe (in teoria) non essere il massimo in ottica sviluppo nel corso della stagione. Vedremo.

Mercedes W10 EQPower+ – Test

Nei test a Barcellona la W10 è partita davvero male per essere la vettura del team campione del mondo. Mostrava grosso graining alle temperature più fredde e grandi problemi di bilanciamento a serbatoi più scarichi, con sottosterzo a centro curva e sovrasterzo in uscita. In questo scenario “apocalittico” molte testate giornalistiche (spinte dalle parole dei membri del team) ci hanno sguazzato prevedendo un mondiale già perso. Come ho spesso ribadito sui miei canali social, però, era abbastanza chiaro fosse una situazione momentanea, dovuta sì a problemi progettuali, ma in gran parte migliorabili con lo studio della monoposto. Così è stato: la vettura è migliorata costantemente durante i test ed è da considerarsi più vicina di quanto sembri (circa 2-3 decimi in tutte le condizioni di carico carburante), persi maggiormente nelle curve veloci che in quelle lente. La situazione, quindi, è tutto sommato positiva (soprattutto alle temperature “giuste”) e lo sarebbe di più se Mercedes potesse sfruttare i CV in più della nuova PU 2019 (modificata nei materiali e nel disegno della camera di combustione), cosa che non ha potuto fare nei test (e chissà anche nei primi GP) poiché, provando una mappatura più spinta, c’è stata una pericolosa rottura fronte pressione olio. Senza dimenticarci del talento del suo pilota di punta, ovviamente.

Ferrari SF90 – la vettura

La nuova arma della Scuderia di Maranello è un’evoluzione profondainvisibile della SF71H sotto tutti punti di vista ma specialmente nella meccanica e nella ripartizione dei pesi. Si è discusso molto riguardo alla particolare concezione dell’ala anteriore che continua a sfruttare l’outwash anche senza i flap verticali (rimossi con il nuovo regolamento): per me è una discussione trascurabile, poiché il teorico vantaggio di questo tipo di soluzione (minore drag) nei confronti di una stile Mercedes e Red Bull sarebbe evidente solo a parità di potenziale delle vetture e quindi non è l’ala il motivo della competitività della Rossa. La nuova vettura ha mantenuto la stessa filosofia del 2018, cioè passo “lungo” (leggermente aumentato di qualche millimetro) e rake “medio” per sfruttare i vantaggi di alto carico e elevata efficienza di entrambe le soluzioni ed è importante sottolineare come la vettura sia stata testata in galleria per tantissimo tempo senza ali, per ottenere una grandissima efficienza (i nuovi regolamenti hanno aumentato il drag a causa delle dimensioni delle ali), sovrapponibile a quella che ha contraddistinto la monoposto 2018 e ottenuta grazie al grandissimo lavoro di packaging della PU, con spostamento dei radiatori in basso per migliorare il baricentro e liberare tanto spazio nell’airscope e cofano motore, in modo da usarli come se fossero una grande “pinna” che aumenta l’efficienza dell’ala posteriore; allo sfruttamento delle sospensioni come se fossero elementi aerodinamici, sia all’anteriore che al posteriore. Come ho anticipato prima, però, gran parte del lavoro è sulla meccanica: questa SF90 si presenta con una nuova sospensione posteriore idraulica (testata negli ultimi GP sulla SF71H) e un nuovo posizionamento dei braccetti del terzo elemento all’anteriore (con relativo mozzo ruota completamente ridisegnato) modificando il centro di non rollio per avere una macchina con miglior inserimento, miglior gestione gomma e soprattutto, combinandolo ad una taratura delle molle più morbida, consente di giocare con le altezze del rake sia in accelerazione che in frenata (accoppiato ad un potenziamento dell’impianto frenante), sfruttando al meglio anche il “suspension jacking”, cioè l’innalzamento o l’abbassamento della massa sospesa, per risolvere alcuni problemi di rigidezza sulla SF71H che provocavano perdita di grip (strisciamenti trasversali degli pneumatici e consumo eccessivo del battistrada), difficoltà in inserimento e difficoltà nel dare gas in uscita. Per riassumere: sotto il vestito, tutto.

Ferrari SF90 – Test

La vettura del Cavallino esce vincente da queste due settimane di test sia in configurazione “gara” che in configurazione “qualifica” mostrandosi non solo la più veloce, ma in particolar modo la più “facile” da guidare, segno che l’obiettivo di “semplificare” per sfruttare a pieno il reale potenziale del progetto SF71H (che l’anno scorso ha dato tante notti insonni ai meccanici e ingegneri) è stato centrato. La vettura già dal primo giorno non ha mostrato sbavature tanto da permettere ad un estasiato Sebastian Vettel anche qualche elogio “poco scaramantico”. La vettura è anche migliorata nel corso delle giornate tramite modifiche di setup poiché la strada verso la comprensione delle nuove Pirelli 2019 (nuova mescola, nuova struttura e nuovo spessore battistrada) è lunga ma sembra essere un po’ meno ripida per Ferrari rispetto ad altri team rivali diretti. Non è stato, però, tutto rose e fiori: l’incidente di Seb dovuto alla rottura del mozzo di cui sopra e non del cerchione (credere che un cerchio in lega di magnesio ricavato dal pieno possa “esplodere” per un detrito vagante è alquanto improbabile, ma verosimile guardando le immagini dell’incidente), associato a qualche problemino di troppo (rispettivamente radiatore ERS, guarnizione scarico e problema al cablaggio) sulla PU Evo testata nella seconda settimana di test, ha fatto “tuonare” Binotto non poco, pur consapevole dei problemi di tempistica ristretta di produzione di questi pezzi (quindi risolvibili per Melbourne). Power Unit Evo, più compatta, che nasce anche dall’esigenza di recuperare qualche cv (circa una decina in configurazione massima rispetto a Mercedes) tramite un’innovativa benzina portata da Shell, persino “caratteristica” nel suo odore.

Un’occhio a Melbourne…:

La pista è praticamente l’opposto di Barcellona: asfalto scivoloso, cittadina, curve poco veloci e poca usura delle gomme. In teoria potrebbe agevolare la Rossa, ma questo mondiale 2019 si prospetta più combattuto e sorprendente che mai. Riuscirà la Mercedes a imporsi nelle curve lente o Red Bull a sorprenderci con Honda?

Chris Ammirabile

 

 

L’ANGOLO DEL FROLDI: ASPETTANDO MELBOURNE

A che punto è la notte? Questa frase interrogativa mi è assai cara, come sa chi mi legge.

E’ un mio intercalare per dire: a che punto siamo? Ce la facciamo a vincere questo benedetto/maledetto Mondiale?

Intanto qualche mia riflessione dopo i test di Barcellona.

Mentre ero lì, al Montmelò, e stavo aspettando di andare via dal circuito con cari amici, ho assistito allo “smontaggio” del Paddock. Ammetto che lo spettacolo, razionale e certosino mi ha, in qualche modo, affascinato. E non avevo mai riflettuto abbastanza su questo particolare.

Avete presente i “Transformers”, il noto cartone animato e la successiva serie cinematografica con sequel infiniti?

Ecco, finiti i test (o un Gran Premio) le parti del paddock si animano e si trasformano in enormi Tir, pronti anch’essi, con l’iniziale lentezza di un pachiderma, a ricompattarsi per riprendere la loro forma originaria.

Anche questo, se ci pensate è l’ingegno umano. Creare spazi dove non ce ne sono.

In Formula 1 i vari tir sono delle vere e proprie opere di ingegneria mobile.

Roba da sfidare la fisica. Dentro devono avere cucine, brandine, bar, sale per conferenze, uffici, officine etc etc.

Cosa possiamo dire di questi test finali?

La Ferrari (dicono) è la più veloce. Ma la Mercedes è più o meno al suo livello, forse leggermente in ritardo e, per quel che si è potuto vedere è certamente la più affidabile.

Tocco ferro, faccio il noto gesto apotropaico e ricordo a me stesso che tutti i Mondiali di Formula uno, ma soprattutto questi Mondiali, quelli del regolamento dei 4 ubriachi al bar, non si vincono senza affidabilità. Affidabilità.

Certo, è più facile dalla prestazione ottenere l’affidabilità che viceversa, ma non mi stupirebbe se qualche team avesse messo in cantiere di usare una o più PU rispetto alle tre, mettendo in conto ovviamente le draconiane sanzioni di questa balorda epoca in cui non solo i piloti non si possono allenare, ma pagano anche per la rottura di un cambio o di una PU.

Le parole di Hamilton nella conferenza stampa conclusiva dove, senza mezzi termini, affermava che la Ferrari è davanti di mezzo secondo? A mio parere Lewis gigionegggiava abbastanza.

D’altronde la scuola è quella di Toto-Troll, maestro supremo delle perculate iper-galattiche.

Tenere un profilo basso è sempre una nota vincente (vero Ferrari?) e soprattutto se vinci hai creato il clima per poter dire che hai prevalso contro grandi avversari. Nobilita la tua vittoria, la fa vedere molto più sudata, come se fare una monoposto nettamente superiore alla concorrenza non fosse un valore e un merito.

Il fatto è che, dopo i primi tempi abbiamo, capito il giochino di Toto (straordinario manager) e la cosa risulta abbastanza stucchevole.

Tornando alla Ferrari, resta da vedere il bicchiere mezzo pieno: monoposto che si porta facilmente al limite, con rapidi inserimenti in curva. Sembra sui binari.

Alla Red Bull, alla fine, di chilometri ne hanno fatto davvero pochi, vuoi per affidabilità, vuoi per Gasly.

Grande tristezza per due nobili decadute, Williams e Mc-Laren, soprattutto per la prima.  Anche se i tempi promettenti della seconda non devono illudere più di tanto.

E’ proverbiale l’efficienza del telaio RB. Il motore è ancora un’incognita anche se i nipponici paiono aver fatto un deciso passo in avanti.

E ora? L’Australia.

Con tanti interrogativi, come sempre dopo i test.

Ma le sensazioni “in rosso” non sono poi così male.

 

Mariano Froldi