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LA STORIA DELLA FERRARI 312T: 1978 (SECONDA PARTE)

Dopo il GP del Brasile le squadre hanno tre settimane di tempo per preparare la successiva trasferta di Kyalami. Il GP del Sudafrica è in programma il 4 marzo ma dal 20 al 25 febbraio si svolge la tradizionale settimana di prove libere sull’altipiano del Transvaal. La Goodyear vuole verificare se la batosta presa dalla Michelin a Rio de Janeiro è stata solo un episodio e noleggia un cargo Tradewinds Britannia sul quale ha stivato un quantitativo impressionante di gomme di diverse mescole e misure e anche una serie di prototipi radiali, questi ultimi prodotti direttamente ad Akron su espressa richiesta del nuovo responsabile corse Paul Lauritzen.

Ovviamente queste prove non riguardano solo le gomme. La pausa ha permesso ad alcune squadre di mettere a punto le nuove monoposto e non c’è occasione migliore per confrontarsi direttamente con la concorrenza. Non vi partecipano solo ATS, Shadow, Ensign, e Merzario.
Si vede finalmente in pista la nuova Brabham BT46 che però è stata profondamente modificata rispetto a quella presentata lo scorso mese di agosto. La linea della monoposto è molto simile ma sono stati eliminati i radiatori a sfioramento, dimostratisi insufficienti a smaltire il calore accumulato dal motore. Murray ha rivisto il progetto e ha rimesso i radiatori a fluido. Quelli dell’acqua sono inglobati nel muso ribassato mentre quelli dell’olio sono posizionati in piano davanti alle ruote posteriori.

Il 12 cilindri Alfa Romeo è alimentato attraverso due griglie posizionate sopra al cofano motore e protette da appositi filtri.

L’alettone posteriore è sostenuto da un tubo orizzontale come quello ideato da Patrick Head per la Wolf WR1 e la Williams FW06.

 

Il primo a portare in pista la nuova monoposto, con le decorazioni dello sponsor solo abbozzate, è John Watson mentre Lauda gira anche con la BT45C per i necessari confronti.

La Ferrari porta una 312T3 per Reutemann che, differenza della monoposto che ha girato fino a poco tempo fa, non ha le prese di alimentazione orizzontali sopra alle fiancate. L’aria arriva al motore passando all’interno delle fiancate.

Villeneuve gira con la 312T2 per per valutare le differenze, in attesa che venga spedita la seconda T3 appena completata (con prese d’aria orizzontali) che De Angelis sta collaudando a Fiorano.

Non è invece ancora pronta la Lotus 79. Le prove a Le Castellet hanno rilevato forti torsioni della monoscocca che deve essere rifatta per cui la scuderia di Colin Chapman continua a lavorare sulla ancora competitiva 78 sulla quale è montato un tubo di Pitot per misurare la velocità dell’aria in una zona più lontano possibile dalle turbolenze create dalla monoposto. All’interno delle fiancate sono nascosti degli strumenti per registrare la depressione generata dai profili alari.

Peterson continua a collaudare il cambio Getrag, tanto efficace quanto fragile e quindi inaffidabile.

Ritorna in gruppo la Renault che porta a Kyalami entrambe le vesti aerodinamiche provate finora, quella con la presa d’alimentazione laterale e la più recente con quelle per lo scambiatore di calore sopra le fiancate. Il pilota è sempre Jabouille.

Alla fine dei test colletivi Mario Andretti festeggia il suo 38° compleanno facendo segnare il tempo più veloce in 1’15”24, sette decimi più veloce della pole di Hunt dell’anno scorso, a dimostrazione del progresso ottenuto con le nuove gomme. Seguono Watson, Lauda, Reutemann e Villeneuve, tutti racchiusi in appena 15 centesimi di secondo.

La Shadow non è presente perché Don Nichols e la sua squadra hanno finalmente completato il primo esemplare della DN9 progettata e abbandonata da Southgate. La monoposto viene presentata a Silverstone e, come aveva detto l’ex commerciante di gomme sotto copertura in Giappone, la somiglianza con la Arrows è evidente. La questione è ora in mano alla magistratura britannica.

Come da tradizione il GP del Sudafrica è sempre ricco di novità tecniche. Dieci delle 30 monoposto presenti a Kyalami sono completamente nuove.

La Brabham Alfa Romeo riparte dunque con due monoposto nuove di zecca. Nei giorni immediatamente seguenti alle prove, la squadra completa la livrea per il GP che però non incontra il favore dello sponsor.

La BT46 è dotata di tre martinetti pneumatici per sollevarla durante le soste ai box. Il sistema è alimentato attraverso un attacco rapido posto sulla fiancata destra della monoposto.

Rispetto ai test della settimana scorsa è stato aggiunto un terzo radiatore dell’olio sopra al motore.

 

La vettura ha quattro dischi freno composti da una corona in acciaio contenente un grande inserto in carbonio a forma di stella. Anche le pastiglie sono in carbonio e questo gli permette di lavorare a temperature di oltre 600 gradi Celsius. Questi freni richiedono una tecnica diversa da parte del pilota che deve premere forte il pedale all’inizio e poi allentare la pressione man mano che l’efficienza della frenata aumenta. Il sistema è stato sviluppato in collaborazione con la Dunlop.

Monoposto nuova (008/3) anche per Patrick Depailler che deve riscattare la deludente prestazione di Jacarepaguà (undicesimo in prova e ritirato dopo soli otto giri per un guasto ai freni).

Pironi invece è felicissimo del primo punto appena conquistato grazie anche al lavoro portato avanti col suo ingegnere di pista Brian Lisles.

Niente di nuovo alla Lotus dove Peterson continua a collaudare il cambio Getrag ma solo in prova.

Hunt continua con la M26/4 che ha esordito in Argentina e ora anche Tambay può guidare una monoposto nuova di zecca, la M26/5, preparata per lui da Gordon Coppuck.

Situazione confusa alla ATS dove Robin Herd ha abbandonato la squadra per tornare alla March. Le macchine sono le stesse viste nei primi due GP con l’unica differenza che Mass (che si concede anche un po’ di relax a cavallo) continua con la macchina “sequestrata” in Brasile a Jarier e con la quale ha chiuso al settimo posto. Il tedesco non ha più la sponsorizzazione Sony.

Debutta finalmente la nuova Ferrari 312T3 (è stata presentata alla stampa quattro mesi fa). La nuova vettura condivide con le precedenti monoposto solo il motore. Tutto il resto, a partire dal cambio sempre trasversale ma completamente ridisegnato, all’aerodinamica, alle sospensioni che sono state chiaramente progettate in funzione dei pneumatici radiali Michelin. Reutemann decide di usare il telaio 033 appena arrivato dall’Italia dopo essere stato deliberato da De Angelis mentre a Villeneuve tocca il “primogenito” 032 usato dal compagno di squadra durante le prove libere e privo delle prese d’aria superiori. La 312T2 viene tenuta di scorta per ogni evenienza.

C’è grande interesse per Fittipaldi e la sua F5A dopo lo spettacolare secondo posto ottenuto a Rio. Fu vera gloria? Ai gommisti l’ardua sentenza.

Dopo le prove della settimana scorsa la Renault ha deciso di correre con la nuova RS03 con l’aerodinamica rivista e la grossa presa NACA posteriore per alimentare la turbina mentre la RS02 del 1977 viene tenuta come muletto.

Le nuove Shadow DN9 non sono ancora pronte per scendere in pista per cui Stuck e Regazzoni non possono fare altro che salire ancora una volta sulle DN8. Queste sono state preparate sommariamente dal momento che tutta la squadra era impegnata a lavorare sul nuovo modello.

Anche alla Surtees si cerca di fare il possibile con le vetuste TS19 in attesa della TS20 in fase di costruzione a Edenbridge.

Jody Scheckter vuole conquistare i primi punti dell’anno davanti al suo pubblico ma la sua Wolf è decisamente in ritardo rispetto alla concorrenza. Per questo Harvey Postlethwaite ha già cominciato a lavorare a una nuova vettura.

Un’altra scuderia in grande difficoltà è la Ensign. Dopo due gare deludenti Danny Ongais non ha rinnovato il contratto e Mo Nunn non è riuscito a trovare un sostituto (ma soprattutto un necessario sponsor), così l’ex pilota di Walsall porta a Kyalami una sola macchina per Lamberto Leoni che ha fatto meglio dell’hawaiano nei primi due GP.

Telaio nuovo per la Hesketh, il 308E/5 (realizzato con i soldi della Olympus Cameras), che nella settimana di prove libere è stato messo in palio al più veloce tra Divina Galica ed Eddie Cheever che ha chiuso il rapporto con la Theodore. L’americano di Roma è più veloce della collega di oltre due secondi e si assicura la partecipazione al GP del Sudafrica.

Lontano dal Sudamerica, Hector Rebaque perde il sostegno economico della Domecq ma non l’entusiasmo.

La Ligier porta una monoposto intermedia con lo scopo di provare soluzioni che faranno parte della prossima vettura. La JS7/01 è stata modificata con nuove sospensioni e con l’applicazione di bandelle flessibili laterali e ora è denominata JS7/JS9.

I soldi portati a casa da Riyad (evidenziati con la comparsa del logo della catena araba di alberghi Albilad sul cofano motore) hanno permesso a Williams e Head di costruire la seconda FW06, permettendo così a Jones di avere una vettura di scorta.

La BS Fabrications ha girato la settimana scorsa con Brett Lunger accumulando esperienza che può rivelarsi importante per la gara. Sulla M23 torna il marchio Chesterfield.

Dopo Theodore e Merzario esordisce in F1 una terza squadra, la Automobiles Martini.

Renato “Tico” Martini è un 44enne nato a Pigna (IM) la cui famiglia, durante la Seconda Guerra Mondiale, è stata mandata in esilio nell’isola di Jersey, nel Canale della Manica.

Fin da ragazzo Renato sviluppa la propria passione per la meccanica e per le corse automobilistiche cimentandosi come pilota insieme all’amico e avversario Bill Knight. Nel 1963 Knight rileva la scuola di pilotaggio avviata da Jim Russell sul Circuito Jean Behra di Magny-Cours e affida a Tico la manutenzione delle Lotus 18 in dotazione. Knight rinomina la struttura in École Winfield (dal cognome della moglie di Knight) e poi vende l’attività ai due figli Mike e Richard e allo stesso Martini che propone ai soci di sostituire le vecchie e dispendiose Lotus con monoposto costruite da lui stesso. Così nel 1968 nasce la Martini MW1 (Martini Winfield) una F3 di ottima fattura che ottiene un ottimo successo e viene acquistata da molti piloti, tra i quali Jacques Laffite.

Nel 1970 la denominazione delle monoposto cambia in MK (Martini Knight) e Laffite si mette in luce vincendo due gare. Questo convince i dirigenti della BP France a sponsorizzare pilota e costruttore creando una squadra ufficiale BP. I risultati sono immediati con Laffite che nel 1973 vince il campionato francese e Martini vende ben 36 monoposto MK12.

Il successo conseguito convince BP e Martini a compiere il salto di categoria in F2, unendosi alla Oreca di Hughes de Chaunac, e dopo il terzo posto al debutto nel 1974 Laffite, Martini e De Chaunac, ora patrocinati dalla Elf, si aggiudicano il titolo europeo nel 1975 con la MK16 motorizzata BMW.

Durante il 1976 Martini comincia a progettare la sua prima monoposto di F1 facendo tesoro dell’esperienza accumulata negli anni precedenti. Intanto le sue monoposto continuano a vincere e a valorizzare piloti francesi come René Arnoux che si aggiudica l’Euro F2 1977 con la MK22 Renault e il compagno di squadra Didier Pironi che chiude il campionato al terzo posto.

La MK23 di F1, costruita nello stabilimento di Magny-Cours, è stata presentata lo scorso mese di gennaio. Si tratta di una monoposto convenzionale che si differenzia dalle precedenti per l’adozione del muso con gli spoiler sdoppiati invece di quello avvolgente che ha caratterizzato le ultime Martini. Il motore è il classico DFV e le gomme sono Goodyear mentre gli sponsor principali sono l’agenzia di somministrazione di lavoro temporaneo francese RMO (Relation Main d’Oeuvre) e l’azienda produttrice di accendini Silver Match.

Il pilota prescelto è il 29enne René Arnoux, francese di Pontcharra che ha un passato da meccanico (ha lavorato anche a Moncalieri (TO) nell’officina del “Mago” Virgilio Conrero). Ha vinto il Campionato Europeo di F.Renault nel 1973 e 1975 e il Campionato Europeo di F2 1977, sempre al volante di una Martini.

Con l’arrivo di Arnoux la pattuglia francese si compone di ben 7 piloti, quasi un quarto degli iscritti al GP (30).

Teddy Yip sostituisce Cheever con un altro debuttante, il 29enne finlandese Keijo Rosberg, detto Keke, che ha rinunciato al progetto Kojima di Willi Kauhsen. La TR1/1 è stata modificata nella sospensione posteriore e irrigidita nel telaio, tanto che nelle prove libere Rosberg è riuscito a girare più veloce di Cheever con la Hesketh ma durante l’ultima giornata di prove è uscito rovinosamente di pista per la rottura della sospensione stessa. La macchina è troppo danneggiata per essere recuperata per cui è stata fatta arrivare dall’Inghilterra la TR1/2 che è stata costruita secondo le nuove specifiche. Nonostante l’incidente, il finlandese ha sorpreso tutti per la sua guida estremamente aggressiva.

Nella pausa intercorsa tra il GP del Brasile e le prove della settimana precedente, i meccanici della Arrows hanno smontato completamente la FA1 di Patrese a Milton Keynes per risolvere i problemi di alimentazione che ne hanno limitato le prestazioni a Rio. Una volta sistemata, la nuova creatura di Southgate (senza più la sponsorizzazione Varig) mette in mostra un ottimo potenziale durante i test collettivi, girando a soli 4 decimi dal tempo ottenuto da Andretti.

Nel frattempo è stata completata anche la seconda monoposto. Purtroppo il cancro che ha colpito Gunnar Nilsson si è notevolmente aggravato e il giovane svedese non può più far parte della squadra. Dave Wass si è gia messo alla ricerca del secondo pilota e lo trova in Rolf Stommelen, il quale porta in dote lo sponsor Warsteiner. Le due Arrows assumono così una colorazione dorata come quelle delle lattina di birra tedesche.

Arturo Merzario e i suoi meccanici hanno lavorato a Carate Brianza per rifare gli attacchi delle sospensioni che hanno dato parecchi problemi nei primi due GP e ha anche realizzato nuove geometrie per avere le carreggiate più larghe soprattutto all’anteriore.

I costi per l’organizzazione dei GP di F1 sono saliti enormemente e non consentono più di guadagnare grazie alla vendita dei biglietti d’ingresso come succedeva quando Alex Blignaut, vulcanico presidente del South African Motor Racing Club, gestiva tutto quasi da solo con ottimi risultati. Si rende quindi necessario l’intervento economico esterno di due aziende: il quotidiano The Citizen e la Asseng (Associated Engineering Ltd.) per coprire tutte le spese. Il contributo esterno arriva pochissimi giorni prima della gara e per questo l’adeguamento del tracciato alle norme di sicurezza della CSI è stato ritardato fino all’ultimo. Se questo non è stato un problema per i test privati, lo diventa in occasione dell’evento sul quale c’è la responsabilità della CSI. La prima sessione di prove ufficiali è prevista per le 10 di mercoledì 1 marzo ma i lavori di sostituzione dei guardrail malandati non sono ancora terminati e i delegati CSI non si azzardano a firmare l’autorizzazione all’inizio dell’evento, per cui la prima ora di prove viene cancellata.

Le prove per entrare nei 26 ammessi alla partenza di sabato cominciano quindi alle 14:30 del pomeriggio di mercoledì con Lauda che conquista la pole provvisoria in 1’14”65 dimostrando la bontà del progetto BT46.

Alle sue spalle c’è Andretti, staccato di 25 centesimi, davanti alle McLaren di Hunt e Tambay e alla Wolf di Scheckter che dispone delle Goodyear “buone”, tolte alla Copersucar per questa occasione (infatti Fittipaldi è solo quindicesimo). Jabouille fa valere la potenza del turbo Renault sul lungo rettilineo di Kyalami (oltre al fatto che la sovralimentazione sopperisce all’altitudine che penalizza i motori aspirati) ed è il primo dei gommati Michelin con il sesto tempo davanti a Reutemann, Watson e Villeneuve.

Patrese è buon undicesimo con la Arrows davanti a Peterson che gira pochissimo a causa dell’ennesimo problema al cambio Getrag ma poi resta a piedi per il resto della sessione perché il muletto è riservato ad Andretti.

Ultimo tempo per Leoni che arriva in autodromo insieme a Nunn a prove già cominciate perché nessuno dei due aveva capito che oggi era giornata di prove.

Il giovedì mattina, nel corso della sessione non valida per lo schieramento, Jones esce di pista danneggiando la seconda delle FW06 a sua disposizione, dimostrando l’importanza di avere una macchina di scorta.

Nell’ora decisiva soffia sul rettilineo un forte vento contrario che impedisce a molti di migliorare, tanto che le prime 6 posizioni rimangono invariate consentendo a Lauda di conquistare la ventiquattresima e ultima pole position della carriera.

Negli ultimi minuti la Goodyear fornisce gomme da tempo a Patrese che si migliora di 6 decimi e ottiene il settimo tempo davanti a Villeneuve che è riuscito a scavalcare Reutemann per 2 centesimi. Questo consente a Gilles di vincere una cena all’amico Tambay col quale aveva scommesso su chi dei due avrebbe battuto per primo il compagno di squadra.

Rosberg con la Theodore fa di nuovo meglio di Cheever con la Hesketh ed entrambi si qualificano per il loro primo GP di F1 davanti a Merzario il quale riesce a ottenere il 26° e ultimo posto sullo schieramento. Sono esclusi Arnoux (per soli 6 centesimi a causa di un difetto dell’impianto alimentazione), Regazzoni, Leoni e Stuck. Entrambe le Shadow sono eliminate per la scarsa preparazione delle macchine. Per Clay è la seconda mancata qualificazione in carriera.

Come consuetudine in Sudafrica, il venerdì è dedicato al relax al Kyalami Ranch (per chi se lo può permettere) o al lavoro aggiuntivo per chi deve sistemare ciò che non ha funzionato nelle prove.

Musi lunghi alla Ferrari dove si cerca di capire insieme a Pierre Dupasquier cosa non sta funzionando con le stesse gomme che hanno permesso il trionfo in Brasile.

Il cielo nuvoloso del sabato mattina si apre per far posto al sole poco prima dell’inizio della mezz’ora di warm up che si conclude con una splendida sorpresa. Riccardo Patrese fa segnare il miglior tempo in 1’16”12 davanti a Jabouille, Lauda, Depailler, Andretti, Scheckter, Peterson e Hunt. Ancora male le Ferrari con Villeneuve decimo e Reutemann dodicesimo.

Alle 14:15 parte il giro di ricognizione.

Quando il semaforo passa da rosso a verde, Lauda ha lo spunto migliore ma poi ha un’esitazione nel passaggio dalla prima alla seconda marcia e non può fare altro che guardare Andretti che lo supera sulla sinistra.

Nella lunga discesa verso la curva Crowthorne, Lauda viene affiancato anche da Hunt e Scheckter. Quest’ultimo allunga la frenata e riesce a passare per mettersi in scia ad Andretti mentre Hunt desiste e si accoda al Campione del Mondo.

Alle loro spalle sfilano Jabouille, Patrese, Watson, Reutemann, Depailler e Peterson che transitano nello stesso ordine alla fine del primo giro mentre Tambay fa surriscaldare la frizione rovinando la partenza dalla seconda fila, viene sfilato miracolosamente da tutti e finisce in ultima posizione.

Alla fine del secondo giro Patrese esce meglio di Jabouille dalla Leukoop, gli prende la scia sul rettilineo e lo supera in staccata alla Crowthorne portandosi in quinta posizione, alle spalle di Hunt.

Ancora due giri e il DFV di Hunt, preparato da Nicholson, esplode all’uscita della Leeukop. L’inglese rientra lentamente ai box e si ritira. Patrese sale al quarto posto con la sorprendente Arrows.

Andretti guadagna terreno sul terzetto formato da Scheckter, Lauda e Patrese portando il suo vantaggio a circa 3 secondi.

Alle loro spalle Jabouille sta facendo da tappo al gruppo degli inseguitori. La Renault è in difficoltà nella parte guidata del circuito ma poi la potenza del turbo gli consente di mantenere la posizione sul lungo rettilineo. Si mette in evidenza Depailler che, dopo aver superato Reutemann e Watson, si mette in scia a Jabouille mentre l’argentino della Ferrari non riesce a scavalcare Watson.

Prima del decimo giro si ritirano anche Cheever (motore) e Fittipaldi (semiasse).

Depailler e Watson riescono a liberarsi di Jabouille e si mettono alla caccia dei primi quattro. Reutemann invece continua a non trovare lo spunto necessario e contemporaneamente blocca Laffite. Alle loro spalle arriva la Williams di Alan Jones che sta disputando un’ottima gara dopo una qualifica non eccezionale (18° tempo). L’australiano riesce a superare prima Villeneuve e poi Peterson insediandosi in decima posizione.

Al 15° giro Rosberg rientra ai box, scende frettolosamente dalla sua Theodore e si tocca la natica sinistra. Il motivo è una perdita di benzina che cola nell’abitacolo e gli sta ustionando il fianco, così il debuttante finlandese prende l’annaffiatoio che usano i meccanici per raffreddare le gomme e se lo rovescia addosso per placare il bruciore.

La gomma anteriore sinistra di Andretti si è surriscaldata e comincia a dare problemi all’italo-americano che perde buona parte del suo vantaggio sul terzetto che lo insegue. Patrese invece continua a spingere e al 19° giro supera Lauda mentre Depailler sta per raggiungere il gruppetto di testa.

Jones continua la sua rimonta e supera Laffite, imitato ad Peterson 3 giri più tardi. Ora Jones e Peterson sono al nono e decimo posto, alle spalle di Reutemann.

Andretti deve rallentare drasticamente per far raffreddare le sue gomme, tanto che nel corso del 21° giro viene raggiunto dagli inseguitori e deve lasciare il passo prima a Scheckter alla Crowthorne e poi a Patrese alla Clubhouse.

Al giro seguente Patrese attacca Scheckter alla curva Sunset ma il sudafricano chiude la porta.

Lauda supera Andretti sul rettilineo per non rischiare di essere scavalcato da Depailler che ha raggiunto i primi.

Il francese della Tyrrell sembra il più veloce di tutti e tra il 24° e il 26° giro ha la meglio su Andretti e Lauda insediandosi al terzo posto mentre Patrese continua ad attaccare Scheckter.

Ancora un giro e l’italiano prende la scia a Scheckter sul rettilineo per poi infilarlo in frenata alla Crowthorne. Riccardo Patrese (al suo 11° GP di F1) e la Arrows (alla sua seconda gara assoluta) sono al comando del GP del Sudafrica)

Scheckter soffre gli stessi problemi di gomme di Andretti e tra il 29° e 30° giro viene scavalcato da Depailler e Lauda. Il pilota della Tyrrell stacca subito i due e si mette all’inseguimento di Patrese che ha già accumulato un vantaggio di 3 secondi.

Jones e Peterson superano Reutemann che è decisamente troppo lento rispetto ai diretti avversari mentre si conclude anzitempo la corsa della Renault di Jabouille che prima rallenta e poi si ritira per un problema di alimentazione (vapor lock) quando si trova in settima posizione.

Ne approfitta Peterson che torna davanti a Jones. Alle loro spalle Reutemann deve guardarsi le spalle da Villeneuve, Laffite e da Tambay che ha rimontato dall’ultima alla dodicesima posizione dopo 38 giri.

A metà gara Patrese ha 5 secondi di vantaggio su Depailler, 6 su Lauda e 9 su Scheckter che è sotto attacco da parte di Andretti le cui gomme sembrano aver ripreso vitalità. Seguono Watson, Peterson, Jones, Reutemann, Villeneuve, Laffite e Tambay.

Al 45° giro Andretti si riprende la quarta posizione ai danni di Scheckter che ora è in grande difficoltà con le gomme.

La crisi di Scheckter si accentua al punto che viene superato con facilità sia da Watson che dal rimontante Peterson.

Lauda sta spingendo per non perdere il contatto da Depailler ma al 53° giro il 12 cilindri Alfa Romeo si rompe mettendo fine alla sua gara.

Subito dopo esplode anche il DFV di Keegan, scaricando olio in pista alla Crowthorne e continuando sciaguratamente a scaricarne per tutto il circuito fino a raggiungere i box.

Tambay è scatenato e, dopo aver scavalcato Laffite, supera nello stesso giro entrambe le Ferrari portandosi in ottava posizione alle spalle di Jones.

Peterson continua la sua progressione e al 55° giro supera Watson, giratosi alla Esses sull’olio perso da Keegan. Ora lo svedese è quarto.

Pochi secondi più tardi, sempre alla Crowthorne, esplode il motore di Villeneuve che era stato superato anche da Laffite e dalla seconda Arrows di Stommelen, aggiungendo altro olio a quello perso da Keegan.

Al 56° giro anche Reutemann scivola su quell’olio e finisce nelle reti alla Crowthorne. Il pilota è illeso ma un paletto di sostegno delle reti sfonda un serbatoio e la 312T3 ha un principio d’incendio, prontamente domato dai commissari di percorso.

Al giro successivo anche Tambay è vittima dell’olio ed esce di pista alla Crowthorne. Il francese riesce a ripartire ma la sua McLaren è danneggiata e non può fare altro che tornare ai box e ritirarsi dopo una splendida rimonta.

Tre giri più tardi l’olio miete un’altra vittima illustre quando Scheckter non riesce a controllare la sua Wolf e finisce la sua gara nella via di fuga.

Patrese ha 14 secondi di vantaggio su Depailler ed è in totale controllo ma a 14 giri dal termine il suo DFV si rompe (una bronzina grippata) all’uscita della curva Clubhouse mettendo fine a una favola meravigliosa. Il padovano attraversa la pista e torna ai box in lacrime.

Patrick Depailler diventa così il quarto diverso leader della corsa con 10 secondi di vantaggio su Mario Andretti.

Ronnie Peterson ha raggiunto il suo caposquadra ma gli rimane diligentemente alle spalle, come da contratto.

A 10 giri dalla fine Rolf Stommelen supera Laffite ed entra in zona punti. Il tedesco era partito 22° e ora è sesto, confermando la bontà del progetto di Southgate.

Durante il 75° dei 78 giri previsti Andretti rallenta improvvisamente all’uscita della Clubhouse perché il suo motore ha un improvviso vuoto di potenza. Peterson lo supera e si mette all’inseguimento di Depailler che sta gestendo il vantaggio assottigliatosi a soli 4 secondi.

Il motore di Andretti riprende a funzionare correttamente ma il problema si ripete subito dopo aver superato il traguardo. Watson lo raggiunge e lo supera nella discesa verso la Crowthorne.

Piedone procede lentamente, viene superato anche da Jones e Laffite e rientra ai box a motore spento per aggiungere benzina, imitato da Stommelen anch’egli rimasto a secco. Il tedesco lo supera all’ingresso della corsia di rallentamento. Laffite e Pironi (che aveva appena doppiato) gli subentrano al quinto e sesto posto.

La Tyrrell di Depailler emette degli sbuffi di fumo azzurro dal posteriore a causa di un trafilaggio d’olio dal cambio e anch’egli sta finendo la benzina. Il francese ha rallentato al punto che non riesce a superare Rebaque, staccato di quasi 2 giri. All’inizio dell’ultimo giro Rebaque gli fa segno di passare all’interno alla Crowthorne. Peterson è vicinissimo.

Depailler passa ma subito dopo ha un buco di potenza, Rebaque si sdoppia e ora Peterson è attaccato al cambio della 008.

Dopo la Juskei Sweep Peterson affianca e sopravanza di poco Depailler.

Il francese ha però il favore della traiettoria interna alla successiva Sunset Bend e mantiene la prima posizione mentre Rebaque continua a precedere la testa della corsa.

Peterson non demorde e affianca ancora Depailler che però tiene l’interno alla Clubhouse.

La situazione si ribalta subito dopo perché lo svedese della Lotus ha un’accelerazione migliore e passa al comando all’ingresso della Esses in salita a soli 1300 metri dal traguardo.

I giochi ora sono veramente chiusi e Ronnie Peterson conquista la sua nona vittoria, a 18 mesi di distanza dal trionfo di Monza ’76, mentre lo sfortunato Depailler chiude a meno di mezzo secondo. Hector Rebaque è ancora davanti.

Watson completa il podio staccato di 4 secondi e conquista i suoi primi punti dell’anno. Forse, senza quel testacoda sull’olio di Keegan, la vittoria sarebbe stata sua.

Alan Jones è quarto e conquista i primi punti iridati per la Williams Grand Prix Engineering di Frank Williams e Patrick Head.

Primi 2 punti stagionali per Laffite e la Ligier-Matra.

Didier Pironi ripete il sesto posto di Jacarepaguà dimostrando la sua maturità.

Podio inedito con i due ex compagni di squadra sorridenti tanto quanto il terzo classificato.

Andretti, settimo al traguardo, è furioso con Chapman perché prima della partenza ha fatto togliere 3 galloni di benzina (poco più di 11 litri) per essere più leggero e non sovraccaricare le gomme, facendogli così perdere punti preziosissimi che si sommano a quelli già persi in Brasile per il cambio bloccato. Ciononostante Piedone resta al comando della classifica con 12 punti, uno in più del compagno di squadra. Lauda e Depailler sono appaiati al terzo posto con 10 punti davanti a Reutemann che resta fermo a 9 punti.

La Lotus domina la Coppa Costruttori con 21 punti davanti a Brabham-Alfa Romeo con 14, Tyrrell con 11 e Ferrari con 9.

Il GP del Sudafrica 1978 rimarrà nella storia della F1 come uno dei più combattuti e spettacolari di sempre, con cinque diversi piloti al comando a turno e il vincitore in testa per meno dell’ultimo mezzo giro dopo essere partito dalla sesta fila con l’undicesimo tempo.

Il debutto della 312T3 ha lasciato l’amaro in bocca a Maranello. L’uscita di pista dell’incolpevole Reutemann e la rottura inaspettata di una biella sul 12 cilindri di Villeneuve non cancellano la delusione per le prestazioni non all’altezza, sia in prova che in gara. Forghieri si attiva subito per modificare le sospensioni dopodiché la squadra parte per Le Castellet dove la Michelin ha organizzato tre giornate di prove sul circuito corto alle quali partecipa anche la Renault. I risultati sono positivi con il canadese che batte il vecchio record di Hunt (1’08”2) girando in 1’07”6.

Negli stessi giorni Arturo Merzario torna a Fiorano dopo 5 anni avendo avuto il permesso di provare la sua macchina per verificare le ulteriori modifiche agli attacchi delle sospensioni che si sono rotti anche a Kyalami.

Per il secondo anno consecutivo il capo della FOCA Bernie Ecclestone concede una sola gara fuori campionato. L’anno scorso era stata la Race of Champions di Brands Hatch, vinta da James Hunt. Quest’anno si corre il BRDC International Trophy a Silverstone per continuare l’alternanza tra i due principali circuiti inglesi. La manifestazione è sponsorizzata dal tabloid britannico Daily Express e si disputa due settimane dopo al GP del Sudafrica.

Si passa così dal clima caldo del Transvaal al gelo del Northamptonshire con tanto di nevicata il venerdì prima della gara.

La data, tanto vicina al rientro delle squadre da Kyalami quanto alla trasferta per Long Beach, implica un elenco iscritti molto rimaneggiato. Ferrari, Renault, Wolf, Ligier, Arrows, Williams, ATS e Merzario disertano la corsa perché impegnati nella preparazione alla gara californiana.

In ogni caso la prima gara europea ha alcuni risvolti tecnici molto interessanti. Questi non riguardano la Brabham che iscrive solo Lauda con la vecchia BT45C (alla sua ultima apparizione) sulla quale sono montati i freni in carbonio della BT46.

Stesso discorso per la Tyrrell che porta a Silverstone il muletto per Depailler con l’insolito numero 3 sulla carrozzeria.

La Lotus schiera entrambi i suoi piloti ed è la più attesa in quanto fa debuttare la nuova Lotus 79/2, pilotata ovviamente da Mario Andretti. Si tratta di una nuova monoscocca, rinforzata e irrigidita rispetto alla 79/1 per neutralizzare i problemi di torsione evidenziatisi nelle prove a Le Castellet.

 

Ora sono presenti anche le minigonne scorrevoli, la cui efficacia è garantita da molle che le mantengono aderenti al suolo.

La vittoria di Kyalami ha restituito a Ronnie Peterson l’entusiasmo dei giorni migliori. Per lui c’è la stessa vettura con la quale ha trionfato in Sudafrica.

Non può mancare James Hunt, vincitore dell’ultima edizione dell’International Trophy disputata due anni fa.

Piccole novità aerodinamiche apportate da Caliri e Marmiroli sulla Copersucar di Fittipaldi.

Debutta finalmente la nuova Shadow DN9 che, a parte alcuni dettagli, è una copia conforme della Arrows FA1. Lo sviluppo del progetto del transfuga Southgate è affidato a John Baldwin, Jim Eccles e al capo meccanico Barry Evans, rimasti fedeli a Don Nichols. Stuck ha la DN9/1A mentre la DN9/2A di Regazzoni è dipinta di nero perché è già stata prenotata da Danny Ongais il quale la userà a Long Beach con i colori del suo sponsor Interscope. Questa gara servirà per metterla a punto

La sola Surtees presente è la TS19 di Rupert Keegan.

Auto vecchie e piloti nuovi per la Ensign. Jacky Ickx fa il suo rientro in F1 salendo sulla MN06 usata da Leoni a Kyalami. La seconda vettura sarebbe per il 26enne inglese Geoff Lees (vincitore del campionato inglese F.Ford 1600 nel 1975 e terzo classificato in entrambi i campionati britannici di F3 1976 dietro a Keegan e Giacomelli) ma una grave perdita dal serbatoio della benzina scoperta nel garage di Silverstone costringe la squadra a ritirare la vettura.

La Hesketh schiera due macchine con il ritorno di Divina Galica e il debutto del 25enne irlandese Derek Daly, vincitore del BP Super Visco British F3 Championship 1977 che al debutto in F2 a Estoril nel 1977 si è messo in luce facendo segnare il giro più veloce in gara. Questo gli ha garantito la partecipazione all’Euro F2 1978 con la Chevron sponsorizzata ICI Chemicals.

Daly aveva anche collaudato la nuova Theodore TR1 ma la collaborazione non era stata confermata perché il dublinese non aveva ottenuto la licenza per la F1 che invece ora è arrivata e può finalmente realizzare il suo sogno.

Si rivede Emilio de Villota, vincitore del ShellSport International Championship con la sua M23/6 ex Hulme (1974), ex Mass (1975, 1976 e 1977) ed ex Hunt (1976) giunta alla sua quinta stagione di corse. Questo telaio ha disputato 37 gare nei 4 anni precedenti. Non c’è più la sponsorizzazione Iberia Airlines.

La BS Fabrications ha sede a una quarantina di km dal circuito per cui sfrutta il buon momento di forma di Lunger in vista del prossimo GP.

Tico Martini invece usa questa gara per accumulare esperienza e verificare se l’impianto di alimentazione è stato sistemato.

La prestazione di Rosberg a Kyalami è stata entusiasmante per Teddy Yip che ha fatto firmare il finlandese per tutta la stagione e gli ha promesso notevoli modifiche migliorative della TR1 che per questa occasione è parzialmente verniciata di rosso.

L’ultimo dei 17 partecipanti è Tony Trimmer al volante della M23/14 appena usata a Kyalami da Brett Lunger e ora acquistata dal team Melchester Racing di Brian Morris per fargli disputare il neonato Aurora AFX British F1 Championship.

In teoria avrebbe dovuto partecipare anche Guy Edwards con la nuovissima March 781S, una monoposto progettata dall’appena rientrato Robin Herd unendo la nuova scocca e la carrozziera della 782 da F2 con il retrotreno della vecchia 771. La macchina è stata ideata per il campionato Aurora ma non è ancora pronta per scendere in pista.

Le prove si disputano in due sessioni nella giornata di sabato e Peterson conquista la pole in 1’16”07, un tempo che, nonostante la temperatura decisamente rigida, è decisamente più basso del 1’18”49 della pole di Hunt della scorsa estate. Gran parte del merito del progresso è attribuita al nuovo asfalto drenante di Silverstone, il Delugrip RSM sviluppato dalla Dunlop che assicura una maggiore aderenza e quindi velocità in curva, oltre alla permeabilità che consente di disperdere facilmente l’acqua.

Lauda ottiene il secondo tempo davanti ad Andretti la cui nuova Lotus 79 rimane bloccata a causa dell’ennesimo problema al cambio Getrag, realizzato appositamente per la nuova macchina.

Divina Galica risulta non qualificata avendo girato in 1’23”07, un tempo pari al 109,20% della pole.

Il giorno seguente il cielo è plumbeo e promette pioggia. Prima dell’International Trophy si disputa la seconda prova del campionato Vandervell di F3 sulla distanza di 20 giri. Dopo 8 giri la pioggia si abbatte violentemente su Silverstone e la gara viene interrotta per permettere a tutti di montare le gomme da bagnato e completare la corsa. Sotto un vero e proprio diluvio vince il 25enne brasiliano Nelson Piquet, terzo classificato nell’Euro F3 1977 con la scuderia italiana di Ferdinando Ravarotto. Alle sue spalle si classificano l’inglese Nigel Mansell (che aveva fatto la pole), l’altro brasiliano Chico Serra e lo svedese Stefan Johansson. Solo 7 piloti riescono a salvarsi da uscite di pista e a tagliare il traguardo.

La pioggia continua a cadere copiosamente e la direzione di corsa decide di far effettuare una sessione straordinaria di prove di 15 minuti per adattare le vetture alle nuove condizioni dell’asfalto che però sono così disastrose da falcidiare vittime eccellenti. La prima vittima è il Campione del Mondo Niki Lauda che si gira all’uscita della curva Becketts e finisce all’esterno di Chapel, superando l’erba e finendo nel fango talmente alto da intrappolare persino i piedi di una fotografa. Sia lei che la BT45C devono essere recuperate con l’aiuto di una fune.

Poco dopo è l’autore della pole position Ronnie Peterson a perdere il controllo alla Woodcote finendo nelle reti di contenimento.

Il programma, già notevolmente ritardato, subisce un ulteriore rinvio per recuperare le macchine e risistemare le reti abbattute da Peterson. Lauda sale sul muletto che però ha dei problemi con l’acceleratore che rimane bloccato per cui rinuncia alla gara. Alla Lotus invece si cerca di riparare la macchina di Peterson durante le operazioni di ripristino delle protezioni del circuito. In realtà c’è un’altra 78 nel box Lotus ma è sempre riservata ad Andretti.

Quando la direzione di gara inizia la procedura di partenza, un’ora e mezza dopo l’orario previsto, i meccanici stanno ancora lavorando sulla macchina di Peterson così lo schieramento di partenza si compone senza la prima fila stabilita dalle prove di qualificazione. Anche Arnoux non prende parte alla gara a causa di un guasto alla pompa dell’olio della sua Martini. La rinuncia di Lauda consente a Divina Galica di prendere il via dal fondo dello schieramento per quella che sarà la sua ultima esperienza in F1.

Anche il giro di ricognizione si rivela problematico. Hunt va in testacoda alla Abbey e Stuck esce di pista per evitarlo. Entrambi riescono a continuare e ad allinearsi per la partenza. Intanto i meccanici hanno sistemato la macchina di Peterson che partirà dai box dopo che i 14 superstiti avranno lasciato il rettilineo di partenza.

All’accendersi del verde Hunt ha lo stacco migliore e si dirige verso Copse ma viene affiancato da Daly che ha “rubato” la partenza dalla quarta fila con la Hesketh. Hunt tiene duro alla prima staccata, Daly alza il piede e gli si accoda seguito da Andretti e Depailler.

L’irlandese non molla, affianca Hunt a Maggotts e lo supera in staccata alla Becketts portandosi al comando dopo aver percorso 1300 metri della sua prima gara di F1.

Daly ha un passo irresistibile per chiunque, alla Club ha già 3 secondi di vantaggio sul terzetto formato da Hunt, Andretti e Stuck ma subito dopo, entrando alla Abbey (dove evidentemente si è formata una pozzanghera molto alta), perde il controllo della Hesketh, parte in testacoda ed esce sull’erba, imitato subito dopo da Hunt e poi da Regazzoni. L’irlandese riesce a ripartire mentre Hunt e Regazzoni si devono ritirare. Mario Andretti transita così in testa alla fine del primo giro davanti a Stuck e Ickx.

Al secondo giro il belga della Ensign esce di pista a Chapel mentre Peterson rientra ai box e si ritira perché la macchina è inguidabile nonostante le riparazioni.

Ancora un giro e Andretti parte in testacoda nello stesso identico punto e modo in cui sono usciti Daly, Hunt e Regazzoni, andando a schiantarsi contro la Shadow.

All’inizio del quarto giro, con ancora 10 macchine in gara, passa al comando Stuck con la nuova DN9 davanti agli arrembanti Daly e Rosberg.

Le uscite di pista continuano con Depailler che finisce nelle reti a Woodcote al termine del quinto dei 40 giri previsti.

Il motore della Shadow di Stuck comincia a borbottare e al decimo giro il tedesco si ferma ai box per tentare di risolvere il problema, così Daly torna in testa alla gara ma tre giri più tardi esce di pista e conclude la sua prima esperienza in F1 nelle reti a Woodcote.

Pochi secondi più tardi anche la vettura gemella di Divina Galica abbatte altre file di reti una cinquantina di metri più avanti. Con il ritiro di De Villota per un problema elettrico, rimangono in pista solo cinque monoposto che diventano sei considerando la Shadow di Stuck che è ancora ferma ai box quando mancano 27 giri al termine.

A metà gara Rosberg è in testa con la Theodore davanti a Fittipaldi, Trimmer, Keegan e Lunger.

Anche Fittipaldi ha fatto il suo bravo testacoda nel quale ha rotto parzialmente il musetto della F5A ma a due terzi di gara ha 10 secondi di distacco da Rosberg e sta recuperando al ritmo di quasi 2 secondi al giro.

Il ricongiungimento arriva quando mancano otto giri alla bandiera a scacchi e ci si aspetta il sorpasso da un momento all’altro.

Il DFV del brasiliano comincia a dare accensioni irregolari proprio sul più bello, così Rosberg riesce a mantenere il vantaggio necessario per tagliare il traguardo in testa e vincere la prima gara di F1 per lui e per la Theodore.

L’incredulo finlandese viene accolto dal sorriso a 32 denti di Teddy Yip prima di salire sul podio per ricevere il meritato trofeo.

Una volta ripulite le macchine dal fango e riparati i danni causati dalle numerose uscite di pista, il Circus vola in California dove il 2 aprile è in programma il terzo GP degli USA Ovest. La pubblicità della corsa è un mix di spettacolarizzazione degli incidenti e doppi sensi.

Mercoledì 29 marzo, nel corso della presentazione dell’evento alla stampa, si svolge la cerimonia della “fontana” di champagne organizzata da Jean-Marie Dubois, il direttore delle relazioni esterne della Moët & Chandon che fin dagli anni ’60 ha reso l’azienda di Épernay famosa in tutto il mondo attraverso la sponsorizzazione delle corse.

Dubois ha predisposto un’altissima piramide di bicchieri di cristallo cominciando a far cadere lo champagne dal primo bicchiere in alto verso gli altri. La “fontana” è stata alimentata poi anche da Andretti, Peterson ed altri fino a che lo stesso Dubois ha ricominciato per completare l’opera ma un piccolo movimento falso ha fatto cadere il primo bicchiere, travolgendo tutta un’ala della piramide, col risultato che un settantina di bicchieri sono andati a finire per terra con un allegro rumore di cristallo infranto.

Gli iscritti sono 30 come in Sudafrica ma la brevità e le caratteristiche del circuito cittadino (3251 metri, più corto persino di Montecarlo) fanno sì che il numero di partenti sia di sole 22 monoposto. Di conseguenza Ecclestone impone l’ammissione diretta alle prove ufficiali per 22 iscritti privilegiati (Ferrari, Renault e gli associati FOCA) mentre gli altri 8 dovranno guadagnarsi la promozione in una sessione di pre-qualificazione di un’ora da disputarsi il venerdì mattina alle 9 in punto.

Non potendo disputare prove libere prima del weekend Patrese, Rosberg e Ongais vanno sul circuito di Willow Springs, situato 180 km a nord di Long Beach, per verificare che le macchine siano a posto ed evitare sorprese all’ultimo momento.

Tra i partecipanti alla “roulette russa” delle pre-qualifiche c’è il fresco vincitore dell’International Trophy Keijo “Keke” Rosberg, ansioso di dimostrare il suo valore anche in condizioni normali. Sulla Theodore compaiono alcuni sponsor aggiuntivi, “figli” della vittoria di due settimane prima.

Non sono da meno le due Arrows del “quasi vincitore” di Kyalami Riccardo Patrese e di Rolf Stommelen, ora completamente dorate. La squadra di Milton Keynes ha completato la terza monoposto per dare un po’ più di serenità ai suoi piloti in caso di eventuali danni in prova.

Eddie Cheever è tornato in F2, sempre con il Project Four Racing di Ron Dennis, per cui la Hesketh conferma Derek Daly dopo il debutto impressionante di Silverstone. Il suo casco è dichiaratamente ispirato a quello di Carlos Pace.

Rientrano, dopo un GP di assenza, Danny Ongais e la Interscope Racing di Ted Field ma non più con la Ensign. Il discografico di Santa Monica ha acquistato una nuova Shadow, per la precisione quella pilotata da Regazzoni all’International Trophy e uscita di pista dopo solo mezzo giro causa aquaplaning. La vettura, rimasta abbandonata nel prato, è stata poi centrata dalla Lotus 79 di Andretti e l’urto ha piegato la scocca della DN9/2A che è quindi stata rottamata in quanto non riparabile. A questo punto Don Nichols ha dovuto consegnare a Ongais la DN9/3A che era destinata a Regazzoni, così il ticinese dovrà correre ancora con la vecchia DN8/3A usata da Stuck a Kyalami.

Anche Hector Rebaque deve passare per le pre-qualifiche in quanto, non avendo mai conquistato punti, la sua squadra non è iscritta alla FOCA.

Brett Lunger rimette la sponsorizzazione L&M per il mercato statunitense sulla M23/11 (l’unica disponibile dopo aver venduto la M23/14 a Trimmer) ed è in attesa che gli venga consegnata una M26 nuova di fabbrica.

L’ultimo dei contendenti ai 4 posti disponibili è Arturo Merzario che ha ulteriormente modificato la A1 dopo le prove a Fiorano.

Passa il turno Patrese (1’23”84) insieme a Merzario, Lunger e Stommelen.

Le squadre di Rosberg, Rebaque, Ongais e Daly possono imballare il materiale e tornare alle rispettive sedi mentre Patrese chiacchiera amabilmente con Vittorio Brambilla e Nestore Morosini.

Un quarto d’ora dopo la fine di questa sessione, comincia la prima qualifica del weekend.

Le squadre hanno modificato ulteriormente le vetture rispetto alla gara di Kyalami.

Radiatori maggiorati e musetto modificato sulle Brabham Alfa Romeo per consentire una miglior evacuazione dell’aria calda.

Modificata anche la poco attraente livrea biancorossa in favore di bande blu a righe azzurre che ricordano quelle del vecchio sponsor Martini (manca solo la linea rossa centrale). Nel paddock girano voci di una macchina nuova segretissima che si chiamerà BT46B, la quale dovrebbe effettuare una prova sulla pista di Balocco. A quanto si dice, la caratteristica principale di questa macchina sono i radiatori interni e non più posti sul musetto.

Niki Lauda ha in uso il primo esemplare dell’Alfa Romeo Niki Lauda Spider. In realtà è sempre la Alfa Romeo Spider Veloce col 4 cilindri da 2000 cc. alla quale sono stati applicati il suo nome sul cofano, una colorazione ispirata a quella della macchina da F1 e uno spoiler posteriore. Il Campione del Mondo la pubblicizza per le strade di Long Beach.

John Watson indossa un nuovo casco, il Bell Star XF-GP Twin Window, caratterizzato da un montante centrale che divide in due parti la feritoia per una maggiore sicurezza.

Macchina nuova per Pironi (008/4) in sostituzione della 008/2 con la quale ha comunque conquistato due punti posti nonostante la scocca piegata a Buenos Aires che ora è sulle dime nel capannone di Ripley.

Sulle fiancate la scritta “elf elf elf” viene sostituita da “elf oil elf” perché negli USA nessuno sa cosa produce la Essence Lubrifiant Français. Durante le prove non cronometrate del sabato mattina viene montata una cinepresa sulla macchina di Depailler per registrare un filmato che a distanza di 35 anni rende ancora l’idea di cosa significasse guidare una monoposto di F1 da “soli” 490 cavalli con cambio manuale, senza effetto suolo e senza aiuti elettronici.

Per la prima volta la Lotus rinuncia al cambio Getrag in favore del collaudatissimo Hewland. Per quanto riguarda il motore, la scuderia di Chapman può scegliere tra un DFV “normale”, uno elaborato dalla Cosworth e uno preparato dalla Nicholson-McLaren. Ovviamente la 79 è rimasta a Hethel per le opportune riparazioni.

Nessuna novità sulle McLaren con Hunt che chiacchiera con George Harrison e Tambay che si confronta con Gordon Coppuck.

L’unica novità sulle ATS di Mass e Jarier è il musetto con un radiatore più piccolo e una linea un po’ più filante rispetto a quello usato fino adesso.

La Ferrari porta la nuova 312T3/034 per Villeneuve, terza monoposto della serie. Il canadese continua a usare la versione aerodinamica vista a Kyalami e Reutemann ha sempre le prese d’aria sopra alle fiancate.

Nell’abitacolo della macchina di Villeneuve c’è una levetta che serve per regolare la barra di torsione posteriore ma il canadese la trova abbastanza inutile in un tracciato così lento.

Villeneuve si sta riprendendo da una parotite endemica (i comuni orecchioni) che ne ha messo in dubbio la partecipazione al punto che era stato allertato Elio de Angelis per l’eventuale sostituzione.

Macchina nuova per Fittipaldi, la F5A/3, la prima costruita ex novo e dotata di profili alari all’interno delle fiancate.

Telai RS02 e RS03 per la Renault. Jabouille comincia le prove con il primo che ha la stessa conformazione aerodinamica usata a Kyalami e nei test al Paul Ricard.

Come già spiegato, la Shadow ha una sola macchina nuova per Stuck (quella usata a Silverstone) mentre Regazzoni deve accontentarsi della DN8/3A in attesa che venga costruita la DN9/4A per lui.

Nessun cambiamento alla Surtees in attesa che venga completata la nuova TS20.

Anche Postlethwaite e Walter Wolf hanno capito che la vecchia monoposto non è più competitiva e a Reading si sta lavorando al nuovo progetto. Nel frattempo Scheckter continua con la WR3, con la gloriosa WR1 come muletto.

La Ensign porta una sola monoposto per Lamberto Leoni. Per l’occasione compare lo sponsor petrolifero statunitense ARCO (Atlantic Richfield COmpany) con il suo marchio Graphite, un olio speciale per motori. Questo contrasta un po’ con la FINA che fornisce carburante e lubrificanti alla squadra ma Nunn non va troppo per il sottile. Questa sarà l’ultima esperienza in F1 per Leoni.

Laffite continua lo sviluppo della JS7/JS9 con le minigonne flessibili rivettate sotto le fiancate, macchina finalizzata ad acquisire esperienze da applicare alla vettura in preparazione per la stagione europea.

Williams e Head mettono in pista le stesse macchine viste a Kyalami per Alan Jones. Il logo degli alberghi Albilad compare ora anche sulla parte anteriore dell’abitacolo.

L’irruenza porta Keegan a “baciare” più volte i muretti di cemento, costringendo i meccanici al solito lavoro extra.

I 10 cronometristi ufficiali, appartenenti alla sezione californiana della SCCA (Sports Car Club of America), chiamati al posto di quelli di Watkins Glen usati di solito, sono in pieno caos. Un problema al sistema di cronometraggio fa sì che i tempi rilevati non corrispondano a quelli presi dalle squadre che ovviamente protestano con la direzione gara. Per determinare la classifica dopo le prime due sessioni di prove cronometrate i membri della FOCA si riuniscono e stabiliscono i tempi da attribuire ad ogni pilota prendendo come base quelli presi dalla cronometrista del team Ligier, Michèle Dubosc, considerata la migliore e quindi la più attendibile. Una situazione così imbarazzante non ha precedenti nella storia della F1.

Carlos Reutemann è nettamente il più veloce al termine della prima giornata di prove in 1’20”636, tempo ottenuto col muletto che non ha le prese d’aria sopra le fiancate.

Alle sue spalle il sorprendente Villeneuve, alla sua prima esperienza a Long Beach, staccato di quasi un secondo e mezzo. Alle spalle delle Ferrari gommate Michelin ci sono Andretti (a 3 centesimi da Villenueve), Lauda, Hunt e Scheckter.

Seguono l’ottimo Jones con la Williams e Depailler con la Tyrrell che si sono messi alle spalle i più quotati Watson e Peterson mentre Patrese, anch’egli alla prima presenza sulle strade della località costiera, è dodicesimo.

Al momento i non qualificati sono Merzario, Lunger, Jabouille e Leoni. Sorprende in negativo la prestazione della Renault che dispone delle stesse gomme della Ferrari.

Il sabato i tempi vengono raccolti dai cronometristi ufficiali che però forniscono soltanto una classifica che contiene solo i tempi dei piloti che hanno migliorato il loro tempo del venerdì. Reutemann mantiene la pole (la terza in carriera) nonostante non sia riuscito a scendere sotto al tempo fatto segnare il giorno prima.

Villeneuve riduce il distacco a soli 2 decimi dal ben più esperto compagno di squadra e mantiene il secondo posto, confermando una prima fila tutta rossa che mancava da Monaco ’76 (altro circuito cittadino) con Lauda e Regazzoni.

Lauda e Andretti partiranno dalla seconda fila seguiti da Watson, Peterson, Hunt, Jones, Patrese e Scheckter.

Alla Renault hanno identificato la causa della pessima prestazione della prima giornata nella presa di alimentazione del turbo tipo NACA che non è efficace come a Kyalami per via della lentezza di Long Beach. Con la presa d’aria a cassonetto laterale Jabouille ottiene un onorevole 13° posto, considerando l’influenza negativa del turbo-lag su un circuito cittadino.

Oltre a Reutemann, altri tre piloti non si migliorano perché non sono potuti scendere in pista nell’ultima sessione di qualifica a causa dei danni alla vettura provocati dagli incidenti avuti nella sessione del mattino. Keegan si è schiantato contro il muro coinvolgendo anche Stuck che è andato a sbattere proprio per evitare l’inglese. Stessa sorte per Pironi che ha picchiato all’uscita della curva che immette sul rettilineo dei box.

Arturo Merzario approfitta al meglio della situazione superando i tre incidentati e qualificandosi col penultimo tempo utile, proprio davanti a Keegan. Stuck e Pironi invece rimangono esclusi insieme a Lunger e Leoni. Lo statunitense trova comunque il modo di consolarsi.

Il sole primaverile della California accoglie 75mila spettatori che riempiono le tribune, oltre ai tetti delle case e i cavalcavia che si affacciano sul tracciato.

La mezz’ora di warm-up conferma l’ottima forma di Villeneuve il quale ottiene il miglior tempo in 1’22”53 davanti a Lauda, Reutemann, Watson, Peterson, Depailler, Hunt, Jones, Andretti e Patrese. Con dieci piloti contenuti in un secondo, la gara si annuncia molto combattuta.

Keegan non può partecipare al GP perché sia lui che Brambilla hanno danneggiato le rispettive monoposto contro i muri e il muletto a disposizione del monzese è stato allestito con i pezzi ancora buoni presi dalle vetture sbattute. La FOCA ha fatto reinserire la regola del pilota di riserva ma la Shadow di Stuck non è riparabile in pista per cui l’ultimo posto sullo schieramento viene preso da Didier Pironi.

Gli incidenti alla prima curva avvenuti nelle due edizioni precedenti hanno convinto Chris Pook a spostare la partenza da Ocean Boulevard all’inizio della Shoreline Drive, in modo che il gruppo arrivi un po’ più sgranato alla prima curva. Lo schieramento viene quindi composto davanti ai box per poi fare mezzo giro di ricognizione fino alla linea di partenza con le Ferrari davanti a tutti. La linea del traguardo rimane però sul rettilineo dei box per cui la gara si disputa sulla distanza di 80 giri e 1625 metri.

Alle ore 13, all’accendersi del semaforo verde, le Ferrari fanno pattinare molto le gomme e Lauda si infila tra loro, attaccando Reutemann per la prima posizione.

Il lungo rettilineo della Shoreline Drive esalta la potenza dei 12 cilindri italiani che arrivano praticamente appaiati alla frenata del tornantino, con Watson che infila tutti con una staccata pazzesca.

Inevitabilmente l’irlandese arriva lungo ed essendo all’interno costringe Reutemann (e di conseguenza anche Lauda) ad allargare la traiettoria per non rischiare l’incidente.

Questo consente a Villeneuve, rimasto appena dietro, di girare alla corda, accelerare prima di tutti e prendere il comando di un GP per la prima volta in carriera.

Gilles passa davanti ai box seguito da Watson, Reutemann e Lauda. La muta dei DFV è guidata da Andretti seguito da Jones, Hunt, Peterson, Depailler e Tambay.

Quando le vetture tornano sulla Shoreline Drive, Lauda prende la scia a Reutemann e lo supera in staccata al tornantino.

Il primo ritiro è quello di Hunt che chiude troppo la curva che immette sul rettilineo dei box, urta i bidoni riempiti di sabbia, rompe la sospensione anteriore destra e finisce contro il muro. Questo è il secondo errore in 4 gare per l’inglese. La M26 viene immediatamente rimossa col carro attrezzi mentre la gara continua regolarmente.

Al decimo giro si ritira Watson per la rottura del cambio.

Jones è molto veloce e raggiunge Andretti mentre Peterson e Depailler perdono terreno.

Al 19° giro l’australiano della Williams sferra l’attacco sulla Shoreline Drive e al tornantino ha la meglio su Piedone.

Alle loro spalle Depailler pressa Peterson che soffre una foratura lenta e ha uno spoiler storto in seguito a un contatto nelle prime battute. Il francese della Tyrrell lo supera nel corso del 24° giro, imitato due giri più tardi da Scheckter.

Quando il pubblico pregusta il duello tra il campione del Mondo e il pilota che lo ha sostituito alla Ferrari, il motore Alfa Romeo di Lauda si spegne sul rettilineo dei box per un guasto elettrico. All’austriaco non rimane che fermarsi in fondo alla via di fuga e tornare ai box a piedi.

Dopo 28 giri la Ferrari di Villeneuve è al comando con 3 secondi su Reutemann ma l’argentino deve guardarsi le spalle dalla Williams di Jones che ha appena fatto segnare il giro più veloce.

Più staccati seguono Andretti (che sta facendo gestendo le gomme come a Kyalami), Depailler, Scheckter, Tambay e Laffite mentre Peterson si ferma a sostituire la gomma anteriore sinistra che si sta sgonfiando.

A metà gara il vantaggio di Villeneuve su Reutemann e Jones si è ridotto a poco più di un secondo quando il canadese raggiunge Jabouille e Regazzoni che stanno battagliando per l’undicesima posizione. Jabouille sfrutta il turbo e supera Clay in fondo alla Shoreline Drive e il pilota della Shadow viene così raggiunto da Villeneuve nel tratto successivo. Gilles sente la pressione di Reutemann alle sue spalle e affretta il doppiaggio con una manovra molto ottimistica. Regazzoni imposta la curva verso sinistra e Villeneuve si butta all’interno all’ultimo momento, capisce che Regazzoni non l’ha visto e taglia sul cordolo ma la 312T3 vi salta sopra e finisce addosso alla Shadow. Le ruote della DN8 fanno da trampolino alla Ferrari che vola e si schianta posteriormente contro le gomme messe a protezione del muro.

La Ferrari viene subito rimossa e riportata ai box col carro attrezzi mentre Gilles si ferma a meditare sul suo errore.

Al 39° giro Reutemann passa così in testa tallonato da Jones. Andretti è staccato di una trentina di secondi e precede Depailler, Scheckter, Tambay, Laffite e Patrese, ultimo a pieni giri, che corre con lo spoiler sinistro piegato dopo un contatto nelle prime fasi di gara.

All’improvviso l’ala anteriore della Williams di Jones si piega in due, facendo strisciare le estremità sull’asfalto. L’australiano non può vedere quello che è successo e continua perdendo comunque poco terreno da Reutemann.

Al 44° giro si rompe il turbo Renault quando Jabouille si trova in decima posizione.

Tre giri più tardi Patrese rientra ai box per cambiare le gomme e cede l’ottava posizione a Peterson che gira molto veloce dopo la sostituzione della gomma sgonfia e nonostante abbia anch’egli uno spoiler storto.

Tambay raggiunge Scheckter e al 60° giro lo attacca all’interno nella curva a sinistra successiva al tornantino ma Jody chiude la porta e il contatto è inevitabile. Il motore della Wolf si spegne e il sudafricano conclude così la sua gara. Ancora nessun punto per il vice-campione dopo quattro corse. Tambay prosegue ma ha la sospensione anteriore sinistra leggermente piegata.

Ora Jones comincia a perdere sensibilmente da Reutemann a causa di un problema all’alimentazione che fa funzionare il suo DFV a singhiozzo, tagliando l’accensione agli alti regimi. Andretti lo raggiunge e al 63° giro per poi superarlo sul rettilineo portandosi in seconda posizione a 18 secondi da Reutemann.

Ancora tre giri e l’australiano deve lasciar passare anche il sempre regolare Depailler e subito dopo anche Tambay, Laffite e Peterson, uscendo dalla zona punti e subendo anche l’onta del doppiaggio.

L’assetto della M26, compromesso nel contatto con Scheckter, non consente a Tambay di continuare con lo stesso ritmo che aveva prima e deve difendersi dal ritorno di Laffite che lo attacca al tornantino. Tambay cerca di ostacolare il connazionale che a 6 giri dalla fine allunga la frenata, si scompone e il contatto è inevitabile. Questa volta è il pilota della McLaren a doversi ritirare mentre Laffite, dopo essersi slacciato le cinture, viene fatto ripartire dai commissari con l’ala anteriore accartocciata dopo essere stato superato da Peterson.

Carlos Reutemann vince il suo settimo GP di F1, il secondo dell’anno, ottenuto con la nuova 312T3 alla sua seconda gara (due primi e un secondo posto in tre edizioni per la Ferrari a Long Beach). Una vittoria molto importante anche per la Michelin, negli Stati Uniti contro la Goodyear.

Mario Andretti ottiene un secondo posto che lo rasserena dopo la sfortuna di Jacarepaguà e Kyalami, così come Depailler che porta a casa un altro podio, il terzo in quattro GP. Quarto posto per Peterson davanti a Laffite e a Patrese che conquista il primo punto mondiale per la Arrows alla sua terza corsa.

Lo sfortunato Jones chiude al settimo posto, fuori dai punti, ma ha dimostrato che la FW06 è un’ottima vettura e lui un valido pilota.

Lole raggiunge Andretti in testa al Mondiale con 18 punti davanti a Peterson e Depailler (14) e Lauda (10). La Lotus è sempre più in testa alla Coppa Costruttori con 27 punti davanti alla Ferrari (18), Tyrrell (15) e Brabham Alfa Romeo (14).

Villeneuve, protagonista per metà gara, ammette l’errore senza recriminare contro Regazzoni o bandiere blu. Ora però dovrà renderne conto a Maranello. Nei sei GP disputati con la Ferrari ha visto la bandiera a scacchi solo una volta e ha avuto tre incidenti. Anche la stampa italiana comincia a perdere la pazienza e dimentica quanto di buono ha dimostrato nei primi 38 giri di gara

 Giovanni Talli

 

A DOG WITH FLEES

As the 1979 F1 season was at the halfway point in Monaco, Ferrari had the right to look smug. Schechter, the solid South African, was leading the driver’s championship and the wild but unbelievably quick Canadian, Gilles Villeneuve, was third. The Ligier of Laffite which had won the first two races could only score a single second by Monaco. For Allen Jones the situation was even worse, he had only scored a single third.

 

The last eight races confirmed the strength of the Ferrari with Schechter scoring in every race except two, and Villeneuve scoring in every race except three.

Schechter’s 3124

 

F1 then had a slightly different point system. You only scored points from your test four results in the first seven races, and then your four best results in the final eight races.

 

As the season ended, Jones made a valiant comeback, but it was too little too late. Schechter would be the 1979 F1 champion. Villeneuve was second and Jones third.

Ferrari had won their third championship in five years. It was a remarkable achievement when you consider that Ferrari from 1960 to 1974 had only once won that driver’s championship, and that was in 1961.

Villeneuve and Schecter

 

As 1979 clicked into 1980, Ferrari faced a dilemma. The 312 series was a dead end, as in 1981 the new turbo car, the 126, would be unveiled.  Not only did Ferrari have a car development problem to resolve, they also had a driver issue.

 

In 1979, Villeneuve had accepted the role of number two, to the much more experienced Schecter. That was something Villeneuve was no longer willing to do in 1980.  The Ferrari team principal Mauro Forghieri knew that managing the team in this transition would be a challenge.

Forghieri, Villeneuve, Piccinini, Ferrari and Schecter

 

As the 1980 season was about to start, F1 had another greater issue to contend with, the beginning of the FISA – FOCA war that was just beginning to start.

 

The 1980 season had originally eighteen races scheduled. That would be trimmed down to fifteen as Sweden, Mexico and Las Vegas were cancelled. The FISA – FOCA war would remove the Spanish race, leaving a total of fourteen.

 

Round Grand Prix Circuit Date
1 Argentine Grand Prix Autódromo de Buenos Aires, Buenos Aires 13 January
2 Brazilian Grand Prix Autodromo de Interlagos, São Paulo 27 January
3 South African Grand Prix Kyalami Grand Prix Circuit, Midrand 1 March
4 United States Grand Prix West Long Beach Street Circuit, California 30 March
5 Belgian Grand Prix Zolder, Heusden-Zolder 4 May
6 Monaco Grand Prix Circuit de Monaco, Monte Carlo 18 May
7 French Grand Prix Paul Ricard Circuit, Le Castellet 29 June
8 British Grand Prix Brands Hatch, Kent 13 July
9 German Grand Prix Hockenheimring, Hockenheim 10 August
10 Austrian Grand Prix Österreichring, Spielberg 17 August
11 Dutch Grand Prix Circuit Zandvoort, Zandvoort 31 August
12 Italian Grand Prix Autodromo Dino Ferrari, Imola 14 September
13 Canadian Grand Prix Île Notre-Dame Circuit, Montréal 28 September
14 United States Grand Prix Watkins Glen Grand Prix Course, New York State 5 October

 

 

Ferrari went into the 1980 season with two dilemmas. The first was the 312 series was at the end of its development cycle, and the 126 car wouldn’t be available until 1981. The second was the impending war between FISA and FOCA as to who would control F1.

 

The season opened in Argentina and was an easy win for Alan Jones in the Williams.  Both Ferraris would fail to finish.

1   Alan Jones WilliamsFord        
2 Nelson Piquet BrabhamFord    
3   Keke Rosberg FittipaldiFord      

 

The race was to echo the way the first half of the season would go. Williams and Brabham were almost always in the top three, with the others having some success, but being plagued with unreliability. Schecter was to score one fifth and Villeneuve one fifth and one sixth. It was looking dismal for Ferrari.

 

Arnoux RE20

Races two and three, Brazil and South Africa, would be wins for Arnoux in the Renault, but the unreliable Renault would only score one more podium for him with a second in the Netherlands.

 

The fourth race in Long Beach would be an easy win for Piquet, taking first place by almost 50 seconds. Schecter would place fifth in Long Beach. It was his swan-song, as they were the last points he would score for Ferrari.

 

Piquet in his 1980 Brabham

With the Mexican GP being cancelled the next race was in Spa. It would turn out to be an easy win for Peroni in the Ligiet, but the rumour after the race was that he had signed by Ferrari to replace Schecter, and the bulk of Peroni’s salary was being paid by Michelin.

Pironi’s JS11

The next three races would all be won by Williams. Monaco by Reutemann and France and Britain by Jones. At what was supposed to be the half-way mark the championship looked like this.

   
1 Alan Jones 37
2 Nelson Piquet 31
3 René Arnoux 23

 

The next two races, Germany and Austria, would be won by Laffite and Jabouille. While both races added some excitement to the championship neither had any impact on the final results. With four races to go the championship looked like this.

 

 
1 Alan Jones 47
2 Nelson Piquet 36
3 Carlos Reutemann 30
   
 

 

The next two races were in the Netherlands and Italy. Piquet would win both and go into the last two races in Montreal, with a one-point lead.   One British correspondent called the Ferrari — “A Dog with Flees”.

1 Nelson Piquet 54
2 Alan Jones 53
3 Carlos Reutemann 37
 
 

There was great anticipation for the last two races of the season, Montreal and Watkins Glen.

 

As it turned out the final two races would be anti-climactic. Jones would win both and Piquet would DNF both. Alan Jones was the 1980 F1 champion.

For Ferrari the season was a disaster. Schecter would finish the season in nineteenth, even Villeneuve could do no better than fourteenth.  It was Ferrari’s worst season in F1. The changes were fast, Pironi replaced Schecter and Villeneuve became the effective number one, and that would create more issues for Ferrari.

 

The age of the turbos had arrived.

 

X    @CavallinoRampa2

Ian

BASTIAN CONTRARIO: IL BRUTTO ANATROCCOLO

Il GP del Brasile, conclusosi domenica scorsa, difficilmente sarà dimenticato da alcuni dei protagonisti che lo hanno vissuto. Un GP dove abbiamo avuti diversi brutti anatroccoli e, purtroppo, non tutti sono divenuti cigni. Di sicuro chi è riuscito a superare la metamorfosi è stato il redivivo Fernando Alonso. L’asturiano di quarantadue anni suonati (molti della nuova generazione che seguono la F1 nemmeno erano nati quando lui correva già nella massima serie) ha portato a scuola il brutto anatroccolo Perez, i detrattori e, più o meno, tutto il mondo che ha seguito le ultime concitate fasi del GP carioca. Quando si crede di capire che lo spagnolo è ormai andato, sepolto, bollito, ecco che lui è lì pronto a smentire tutti, cabala e sorte compresa. Emozione allo stato puro e non posso che tesserne le lodi dello splendido cigno che abbiamo visto volare sopra Sao Paolo, solo che, in quel del Brasile, il campione spagnolo c’è arrivato più che da brutto anatroccolo come antipatico sobillatore. Alla luce di quanto visto domenica scorsa, mi chiedo se la coppia (scoppiata?) HornerMarko, non l’abbia fatto veramente un pensierinonell’ingaggiare il vetusto campione spagnolo, proprio ai danni del “cotto a puntino” Perez, il quale, dopo l’onta ricevuta a cinquanta millesimi sulla linea del traguardo, brutto anatroccolo lo rimarrà per un bel pezzo.

Sappiamo tutti le polemiche che si sono susseguite tra il Messico ed il Brasile, dove si dava per certo l’addio di Fernando alla sciagurata Aston Martin (la quale ha subito una vera involuzione… da cigno a bruttissimo anatroccolo) per approdare nell’imbattibile Red Bull di Verstappen. Sebbene questo sarebbe stato il sognobagnato di molti appassionati, di certo non è stato il mio: sono del parere che con uno come Verstappen in squadrasia impossibile convivere, pena l’ammazzatora” domenicale che ne sarebbe seguita ad ogni GP. Questo lo dico non perché Max è antipatico o cattivoso, semplicemente perché vuole sempre vincere (come giusto che sia) e con un altro pretendente, come Alonso, può solo finire male e, gioco forza, la squadra dovrebbe prendere una decisione su chi puntare. Sono sicuro che il livello raggiungerebbe e supererebbe quello che abbiamo visto tra Senna e Prost, senza esagerare. Inoltre, dove sta scritto che Alonso, una volta arrivato in Red Bull, necessariamente farebbe bene? Quella è casa dell’olandese, arredata secondo i suoi gusti. Meglio allora essere in una squadra diversa a parità di potenziale (tipo 2021 ) dico io, perché in quel caso sapremo che non c’è scelta da fare che non puntare sul proprio campione senza riserve. Mi rendo conto che questo è il discorso dell’assurdo, eppure con queste assurdità nella testa il brutto anatroccolo Alonso si è presentato in Brasile, deciso evidentemente a mettere le cose in chiaro. Domenica scorsa l’enigmatica AMR23 ha dato segnali (tardivi) di positività, tanto che persino Stroll jr (il che è tutto dire!) ha azzeccato le qualifiche del venerdì (sigh!). Di sicuro, la RB19 di Perez era decisamente superiore, eppure, se la vettura del messicano era palesemente migliore, quest’ultimo ha dovuto saggiare tutto il talento dello spagnolo: gestione delle gomme e della posizione prima, con il messicano alle calcagna e poi all in nel prendere la scia giusta per il controsorpasso negli ultimi chilometri. Sportivamente parlando al brutto anatroccolo Perez non ne va bene una e, sinceramente, dopo quanto accaduto domenica scorsa farebbe bene a porsi due domande, perché il modo su come è arrivato a fine mondiale è impietoso e quanto fatto contro Alonso è l’ennesima legnata presa in piena faccia in questo scioccante 2023.

AMG di brutti anatroccoli in casa ne ha due e per salvare la posizione (e la faccia) ad uno (Hamilton “la reincarnazione di Senna”… Vanzini docet), hanno inguaiato l’altro (Russell), il quale (palesemente più veloce del compagno) è stato prima fagocitato da un arrembante Sainz e poi si è persino dovuto ritirare. Ad essere sinceri mi aspettavo molto di più da parte dei crucchi, specialmente dopo quanto fatto vedere sia in Texas che in Messico. La W14 è troppo meteoropatica ed in Brasile ha mostrato tutti i suoi limiti di performance ed il duo AMG ha sofferto non poco, con la faccia di Toto che era la maschera di se stesso e sicuramente avrebbe preferito farsi un’altra settimana di degenza post operatoria (alla gamba) che essere lì. Belli i tempi in cui si dominava in lungo e largo senza concorrenza. Ora è il turno di Red Bull e Verstappen (Ferrari dal 2026… obiettivo fissato dal Presidente) el’unica cosa da fare è quella di pensare già all’anno prossimo. Con Allison (uno dei tanti “scarti” Ferrari regalati alla concorrenza) già a lavoro a tempo pieno sulla W15, dovremmo, in teoria, rivedere una caratteristica che accomuna tutte le vetture di James e cioè trattare con gentilezza le gomme. Vedremo se la futura monoposto crucca sarà un cigno, per il momento a Toto&Co. tocca arrivare ad Abu Dhabi, via Las Vegas, con il brutto anatroccolo W14, il quale sta rischiando di fargli perdere anche il secondo posto nei costruttori in favore di Ferrari.

Già…Ferrari: Se Sparta piange Atene non ride, dice il vecchio detto. Prima di passare al brutto anatroccolo LeClerc (che più che brutto anatroccolo, dopo quanto detto via radio, mi sembra più Calimero… anche per tutto quello che gli accade sia chiaro), ho riflettuto proprio sulla classifica costruttori. Nonostante tutte le vicissitudini che la Beneamata sta attraversando, è comunque lì a contendersi per il secondo anno consecutivo il secondo posto nella classifica marche. Poca roba, direte voi, eppure significativo alquanto,aggiungo io, perché con il progetto del bistrattato Binotto, Ferrari è sempre lì. Se si tirano le somme, questo è possibile anche e soprattutto grazie proprio alla coppia di piloti che la Rossa ha a disposizione, la quale, per il sottoscritto, è una delle migliori del lotto. Per questo stringe il cuore vedere un mortificato Sainzavversato, nel modo più becero possibile, da parte dellatifoseria del monegasco, arrivare a cinquanta secondi dal primo classificato, che ormai non fa nemmeno più notizia quando vince. Fa ancora più male vedere che Calimero LeClerc prima esce fuori pista nel giro di formazione e poi si sente il suo sfogo con quel “perché sono cosi sfortunato?”. A mio giudizio, quando un pilota del calibro del monegasco si lascia andare in esternazioni del genere, siamo di fronte ad un pilota saturo, stanco ed avvilito, che ha perso fiducia innanzitutto verso la sua squadra prima che verso se stesso. Eppure proprio su queste righe avevo scritto,poco tempo fa, che un campione è tale in pista ed anche fuori: Verstappen ha fatto muro, quando ha sentito che c’era la possibilità che Marko potesse essere allontanato, allo stesso modo il monegasco non si è mai emozionato più di tanto, quando hanno iniziato a smantellare la squadra. Il campione in pectore Rosso si è fidato del suo istinto, di chi gli sta attorno e di quello che gli hanno detto, quindi è inutile vedere fantasmi attraverso la sfortuna o scomodare i santi con quel “viaggio a Lourdes”, perché in quello che è successo, in quel giro di formazione carioca, non c’è nulla di trascendentale o mistico, c’è solo un errore umano. Il fuori pista di LeClerc (con quello sfogo via radio di Sainz, il quale ha rincarato la dose dicendo di buttare nel cestino la frizione che gli hanno montato) è l’emblema rappresentativo di cosa sia la Ferrari oggi.

Chi di dovere ha deciso di ricominciare d’accapo e Charles, nel bene e nel male, ha accettato tutto questo edogni volta che si ricomincia daccapo bisogna lentamente ricostruire e, per fare ciò, c’è bisogno di tempo. Quindi inutile recriminare, inutile disperarsi, bisogna accettare le cose come stanno, rimboccarsi le maniche e lavorare sodo in chiave futura, sperando (“obiettivo 2026” come ha detto il Presidente? Intanto il “nuovo ventennio” di digiuno è prossimo) che questa Ferrari da brutto anatroccolo diventi presto un cigno degno della sua storia gloriosa, augurandoci che Calimero LeClercprenda il posto che gli spetti nell’Olimpo dei campioni di F1.

Vito Quaranta

(immagine di copertina tratta da internet)

WEC 6 ORE DI MONZA 2023

Anche quest’anno sono riuscito ad andare a Monza a vedere la 6 ore. Di seguito un piccolo resoconto della gara da bordo pista.

La prima impresione è stata il pubblico, decisamente aumentato (a occhio c’era il doppio della gente), effetto Ferrari – Le Mans, cavallini rampanti ovunque.

Se l’anno scorso si presentò Peugeot, quest’anno è la volta di Isotta Fraschini. Sì avete letto bene, marchio rinato negli ultimi anni e che entrerà nel WEC dal prossimo anno; era in pista solo per dimostrazione.

Sabato mattina puntata veloce alla prima variante per vedere le prove libere, nel mentre scambio opinioni con una coppia di ristoratori del bolognese mi accorgo che le Toyota rispetto allo scorso anno escono molto meglio dalla prima variante, molto probabilmente saranno loro quelli da battere.

Tempo della fine delle FP3 e parte la gara del campionato F1 Academy (campionato femminile corso con Formula 4). Subito alla partenza si vogliono infilare alla prima variante in sei o sette in un posto dove al massimo c’è spazio per 2 auto, brutto incidente. L’auto di una pilota si ribalta sopra le altre e c’è un principio di incendio, questo dopo il ricordo alla partenza per Dilano Van’t Hoff. Per me, fresco delle immagini di un paio di settimane fa, vedere un’auto ribaltata con il pilota dentro e le fiamme che stanno per partire, è stata non proprio una passeggiata. Non riesco a descrivere cosa stavo provando in quel momento, pensavo solo “Muovi qualcosa!!! Muovi qualcosa!!!”. Bhé, quando ho visto muovere un piede mi ha pervaso un senso di “leggerezza”.

Dopo questa altalena di emozioni direzione paddock e poi pit walk.

Quì, grazie alla mia grande “timidezza”, mi fiondo subito alla Corvette. Primo punto mi complimento perchè hanno il più bel sound di tutte le auto in pista. E poi non potevo non stringere la mano a Nicky Catsburg, capace di vincere tre 24 ore ( una assoluta Ring, Le Mans e Spa di categoria) nel giro di un paio di mesi. Questo fa scatenare l’ilarità dei compagni, per primo Ben Keating “Yeah, sure, you are a Legend”. Di quella via mi incontro con un signore che avevo conosciuto l’anno scorso e che è riuscito ad andare a Le Mans. Oltre al suo entusiasmo per la vittoria Ferrari mi riporta la grande impressione proprio del rumore della Corvette a Mulsanne (e quello della Nascar su tutto il circuito, entrambi unici).

Mi muovo all’Ascari per le qualifiche, hanno tolto i salsicciotti interno curva in entrata. Le Gt partiranno con davanti le Dames, Kubica porta la sua auto in pole in LMP2, ma la cosa più sorprendente è vedere Fuoco a soli 0,017 sec da Kamui. Io non me lo aspettavo, un po’ per il BoP, un po’ perché effettivamente Toyota sembrava meglio di Ferrari.

Ah, Peugeot dopo le fritture dello scorso anno sono riusciti a fare quarti

Altro giro per il paddock dove incontro Jim Glickenhaus, che gentilmente si ferma a fare due parole e anche un selfie (l’unico che mi sono permesso in questo fine settimana), e Laurens Vanthoor con cui scambio un paio di battute sulla condizione della pista (scambio = io chiedo e lui risponde).

Direzione verifiche per fare un paio di foto ed incontro un signore (anche lui aspettava di fare la foto alla Ferrari) con cui parte una conversazione sulla F1 da fine anni ’80 a inizio ’90; questo è il bello delle corse.

Domenica mattina subito Pit walk e a Monza si comincia a sentire il caldo.

Ferrari inarrivabile, ci saranno state duecento persone davanti al box, io mi fermo dalle Porsche (che come l’anno scorso riempe di gadget i tifosi) e becco Gimmi Bruni e a uno come me non poteva altro che scappare una domanda.

“Quando hai cominciato a crederci a Daytona”

“A un’ora dalla fine, avevamo il passo giusto”

“Sopratutto negli ultimi metri” replico io “avete vinto di un paio di decimi; ma che n’hai regalato all’australiano?”

“Io ?!?!”

” No, io! T’ha fatto vince’ la 24 hr sulla riga, mica il circuito sotto casa mia! Saltavi alto un metro”

Persona stupenda. Menzione d’onore a Frijns che prende un ragazzino che guardava e lo porta davanti la macchina dentro i box per fargli fare la foto, ho strinto la mano anche a lui. Ha tutto il mio rispetto.

er la partenza volevo andare alla roggia, era strapiena, ripiego sulla prima variante e fortunatamente trovo 2 tipi di Milano che al mio cenno che chiede se c’è posto per uno mi fanno il cenno di salire, grazie.

Parte la gara, la fila dei numeri pari è più veloce e la Ferrari 51 si trova affianco alla Toyota 8 (lotterebbero per il campionato), Ferrari toccata e si gira. Impressionante la Peugeot sul rettilineo, svernicia la Toyota.

Dopo una ventina di minuti la Toyota 8, che era rimasta indietro dopo la collisione con Ferrari, in una manovra in cui sembra voler prendere la scia all’auto davanti prima dell’Ascari, stringe l’Aston GT all’esterno facendola ritirare. Risultato SC e 1 minuto di penalità. Alla ripartenza solita bagarre per le LMP2.
Dopo un’ora e mezzo di corsa si cominciano a delineare certe situazioni, le Dames han preso il largo in GT e Toyota è stabile prima in Hyper con Ferrari e Peugeot a inseguire. Però lo spettacolo è ancora sentire la Corvette GT, quel V8 ha un rumore davvero tutto suo.

Provo ad andare all’Ascari ma è piena allora opto per la merenda e cerco panino e birra che posso trovare alla prima variante.

Dopo mangiato decido, mio malgrado, di muovermi verso la roggia, e quì faccio la più grande scoperta del fine settimana, han tagliato quasi tutti l’alberi lungo il circuito dal lì fino a Lesmo 2 inoltrato. Quì comincia il calvario.

Faccio tutta curva grande sotto il sole e proseguo per la roggia, sempre sotto il sole (sono le 2.30-3.00). Provo a mettermi sulle tribune e non reggo. Ero al punto di vedere San Pietro sulla traversa come Fantozzi. Piano vado verso Lesmo e fortunatamente c’è ancora qualche albero. Lì mi fermo per un’oretta, ormai non più conscio di cosa sta accadendo in pista, se non ci fossero le lucine per vedere i primi 3 di classe, bona ugo!

Dopo una Safety car, a circa un paio di ore dalla fine, riesco a fare mente locale sulla classifica (con l’aiuto del cellulare e dei passanti). Siamo a Toyota-Ferrari-Ferrari-Peugeot in Hyper con strategie pit che ancora non ho capito come erano messe; LMP2 ormai sembra delineata con Jota davanti e dietro Alpine, WRT e United Autosport a darsi lotta; Gt che si è trovata con le Dames indietro, molto probabilmente causa pit sotto SC, ha 3 Porsche davanti (Dempsey-Iron Lynx- GR seguite da Corvette che punta a vincere già il mondiale). Da quì camminata per fare le foto dal ponte del Serraglio.

Il finale visto all’Ascari, In Hyper car dopo gli ultimi pit la situazione è Toyota-Ferrari-Peugeot e così finirà, con la Ferrari che pur sembrando per un paio di giri di poter recuperare si arrende a Toyota. In Gt non si muove nulla e finisce tutto come descritto sopra, con Corvette campione del mondo. Il bello all’ultim’ora sono le LMP2 con le auto dalla seconda alla quarta in pochi secondi, Alpine allunga ma WRT e United Autosport danno battaglia fino all’ultimo giro arrivando a meno di un secondo l’una dall’altra.

Nota di merito:  Primo podio WEC per Peugeot

Come sempre l’esperienza vale, anche se devo dire, ci fossero stati un paio di gradi meno sarebbe stato meglio (a un certo punto ho sentito Temperatura dell’asfalto 51°).

Organizzazione Monza meglio dello scorso anno.

Oh, ci si vede alla 6hr di Imola 2024. Già, il prossimo anno, avendo dovuto anticipare la gara italiana a prima di Le Mans, si son trovati con Monza chiusa causa restauro.

 

Landerio

BASTIAN CONTRARIO: ATTO DI FORZA

Il cinema, nello scrivere i miei articoli, mi condiziona tantissimo. Sarà che questa F1, a cominciare proprio da Ferrari, è un film già visto, ecco che le vicissitudini che accadono durante il week end di gara non fanno che riportarmi alla mente titoli di film che ho avuto modo di vedere. All’indomani del GP spagnolo, ciò che la Mercedes ha mostrato e fatto vedere al mondo è proprio un atto di forza bello e buono. Premetto immediatamente, caso mai ci fossero dubbi, che ho sempre affermato che i teutonici sarebbero tornati prepotenti, vero è (qui confesso il mio peccato) che non mi sarei aspettato un loro ritorno così presto nella stagione sportiva che stiamo vivendo. Ad essere sinceri, non avrei mai immaginato una Aston Martin così deludente, tanto da far arrancare Alonso nelle retrovie (colpa anche sua per aver rovinato il fondo in qualifica). Mi ero illuso che, attualmente, AMG fosse ancora indietro a Ferrari e che, quindi, almeno Carlos sarebbe riuscito a salire sul gradino più basso del podio almeno davanti al suo pubblico. Ben mi sta!

Atto di forza, dicevo, e non lo si può definire diversamente il colpo di reni della squadra anglo – tedesca. I crucchi, con la loro perseveranza, hanno impartito una lezione di umiltà e di come veramente si lavora in F1 a tutto il mondo del motor sport della massima serie, soprattutto a Ferrari e ad i suoi forcaioli tifosi. Sì perché la Mercedes, domenica scorsa, su una delle piste più rappresentative dal punto di vista tecnico, sulla pista dove si dice “se vai veloce al Montmelò, vai veloce ovunque”, era dichiaratamente seconda forza, mettendosi dietro la sciagurata Ferrari e, appunto, la deludente Aston, la quale è chiamata alla reazione già dal Canada per capire se quella in Spagna è stata una distrazione oppure un sorpasso tecnico a tutti gli effetti. Qual è il segreto del successo dei teutonici? Che magia hanno usato? A molti piace pensare che in F1 esista la bacchetta magica, quando invece in una squadra di F1 vale solo una legge immutabile nel tempo: la stabilità. Vedete, Toto Wolff è un tipo simpatico e affabile, oltre che gran paraculo, solo che non gli dovete mai far venire i cinque minuti, come si suol dire, altrimenti sono volatili per diabetici! Il team principal della casa con la stella a tre punte ha dato fiducia ai suoi ingegneri, continuando a puntare sul concetto “zero side pod”, fino a che il tempo non è scaduto ed allora ha preso in mano le redini della situazione, semplicemente dicendo “ora si fa come dico io!”. Il cambiamento della W14 è stato radicale, considerando le limitazioni regolamentari alle quali tutti si devono attenere, eppure sapete cosa non è cambiato in questa rivoluzione? La squadra!

Nelle mille discussioni nelle quali mi sono imbattuto nel cercare di evidenziare questo piccolo, e nel contempo, fondamentale passaggio, mi sono ritrovato più o meno la stessa risposta e cioè “grazie… quella è la squadra che ha vinto otto titoli”. Domando scusa, stiamo sempre parlando della stessa squadra pluri – vincitrice che ha cannato il progetto per due anni di fila? Allora mi chiedo come mai il ragionamento è vero solo a senso unico? Ciò che non si vuole accettare, a mio giudizio, è che uno come Toto Wolff stia facendo risorgere la sua squadra senza licenziare nessuno e senza nemmeno sognarsi di smembrarla, non tanto perché quelli sono i tecnici che gli hanno portato otto titoli costruttori, quanto al fatto che egli sa che, se vuole vincere, ha bisogno di una squadra stabile e, soprattutto, serena, cosa che non è nemmeno nei sogni più remoti di chi lavora in Ferrari evidentemente. Stiamo parlando della stessa squadra, che quando è ritornata in F1 come costruttore unico, faceva pole a nastro per poi mangiare le gomme in gara solo dopo quattro giri. Quella squadra è cresciuta (a dismisura), mantenendo i suoi uomini e nel contempo aggiungendone di nuovi (Costa ed Allison, gentilmente offerti dalla Scuderia, sono solo i nomi più famosi che posso citare), di modo che la scuderia anglo tedesca cresceva e si rafforzava contemporaneamente. Wolff, dopo le magra figure del 2022 e inizio 2023, non ha licenziato nessuno, non perché, ripeto, quelli sono i tecnici che gli hanno permesso di stravincere, quanto perché sapeva che se avesse smembrato la squadra, se gli andava bene finiva dietro la Rossa! Ad essere sinceri non capisco cosa ci sia di così difficile da comprendere in un concetto così semplice, o forse ciò che risulta esercizio alquanto arduo da affrontare sia quello di ammettere che in Ferrari come minimo hanno commesso una boiata e, forse, era meglio che rimaneva quello che c’era prima, accontentando le sue richieste (di crescita della squadra), facendo venire gli uomini che aveva chiesto.

Vasseur avrà bisogno di almeno un lustro per vincere, questo ho dovuto leggere nella selva di commenti dettati dalla frustrazione dei tanti tifosi che, un giorno si e l’altro pure, chiedono la testa di questo e di quell’altro. Se è vero che il buon Vasseur avrà bisogno di almeno dieci anni per riportare la Rossa alla vittoria, allora tanto valeva mettere da parte tutti i pregiudizi del caso e far rimanere l’altro, il quale avrà anche mille difetti, vero è che non è uno stupido e sapeva dove mettere mano, senza contare che, come il suo collega Wolff, sa benissimo che, nel momento in cui i vertici cambiano, si deve ricominciare tutto d’accapo. Che lezione, o meglio, che legnata che tutti noi abbiamo preso sulle gengive da parte di Mercedes con il suo perentorio atto di forza. Quante volte su questa rubrica mi sono sgolato nel dire che la stabilità è tutto, perché questa è garanzia di serietà e se in un’azienda c’è serietà i tecnici di un certo spessore sono più invogliati nel fare le valigie e trasferirsi nella sempre più isolata Maranello. Perché il problema è tutto qui e, soprattutto, sempre lo stesso e cioè che la Ferrari è tecnicamente isolata ed i migliori ingegneri non ne vogliono sapere di venirci. Si invoca a gran voce Adrian Newey, il quale, nell’intervista su Sky con Ivan Capelli, ha chiaramente fatto capire con quel “se fossi vent’anni più giovane…”, che non si muove da dov’è ed a mio avviso, le sue sono state parole di circostanze, perché dire “chi me lo fa fare di andare in quella gabbia di matti?!”, pareva brutto. Oltretutto i tanti tifosi che vogliono il superman degli ingegneri, mentre ne invocano contemporaneamente il licenziamento di altri cinque, non vogliono capire che chi è a capo della Rossa di vincere veramente non ne ha proprio voglia. Non si può spiegare altrimenti un atteggiamento del genere a partire dalla sua eterna assenza sul campo… penso che tutti ricordano quando a comandare c’era il nonno che era a sua volta alle spalle di Montezemolo, come la presenza di comandava era tangibile e non eterea. La Ferrari di Todt e Schumacher (che tanto viene richiamata alla memoria… Todt voluto da Binotto e negatogli dall’attuale Presidente tra l’altro) su quali basi si fondava se non sulla stabilità che a sua volta attirava ingegneri come mosche sul miele?

La faccia di Charles a fine GP, con le sue tristi dichiarazioni, è stato  l’emblema dell’attuale situazione della Rossa, la quale a mio modesto giudizio, considerando la realtà che stiamo vivendo, non caverà un ragno dal buco nemmeno l’anno prossimo. Faccia che è stata esattamente l’opposto quella di Hamilton, il quale, dall’alto della sua esperienza, se la ride e non poco, perché a fine GP ha avuto la certezza che la sua squadra abbia imboccato la strada giusta. Per carità, nessuno si illude in casa Mercedes, che quest’anno si possa vincere qualcosa contro i bibitari che volano, di sicuro si sono gettate le basi per tentare il colpaccio nei prossimi due anni a venire. Non c’è che dire, un vero e proprio atto di forza

 

Vito Quaranta