BASTIAN CONTRARIO: LA CADUTA DEGLI DEI

Un curioso, quanto inutile sondaggio sul social twitter, di un bidonista inglese (per chi non è avvezzo alla storia della F1, sappia che apostrofo in codesto modo “le persone più competenti della F1”, come le definisce un noto telecronista urlatore seriale, perché, in antico tempo, gli inglesi per rientrare nel limite del peso zavorravano le monoposto letteralmente con bidoni pieni d’acqua!), mi ha dato uno spunto di riflessione su quello che sia la F1 attualmente e, soprattutto, su cosa siano divenuti ora i campioni della “vecchia guardia”. Il sondaggio chiedeva semplicemente se Verstappen fosse riuscito a vincere lo stesso il mondiale qualora sulla sua monoposto ci fosse stato LeClerc e naturalmente lui fosse stato in Ferrari. Al di là del risultato (ha vinto la logica: Charles su Red Bull campione naturalmente), era palese il tentativo del suddetto bidonista di esaltare il nuovo deus ex machina del momento e cioè il futuro bicampione Max Verstappen. Già perché dovete sapere che l’anglo austro (tra Toto e proprietà Red Bull gliela dobbiamo la citazione agli austriaci) tedesca F1 è sempre alla ricerca dell’idolo da adorare e con la caduta degli dei, a cui nemmeno l’epta campione Hamilton si può sottrarre, ha trovato immediatamente il suo rimpiazzo, proprio come il campione inglese ha rimpiazzato il suo omologo tedesco che ora è in Aston Martin.

Prima in F1 la caduta degli dei era un fatto inevitabile, fisiologico… naturale. Oggi giorno è una situazione quasi programmata. Verstappen (lui si che è il vero predestinato), sin da quando ha fatto ingresso nel circus (o circo?), è stato pubblicizzato senza mai nascondere la propensione del sistema F1 verso l’olandese. Pilota di indubbio talento e valore, determinato come pochi ed allevato a pane e motori sin dalla tenera età, irrompe nei circuiti di F1 già a diciassette anni. Ciò che ha sempre cozzato con il suo arrivo è stata l’ossessiva magnificazione del ragazzo, qualunque cosa facesse… errori compresi. Era chiaro sin da subito che il minorenne Max, in un modo o nell’altro sarebbe dovuto divenire campione e con una squadra come Red Bull questo non era che questione di tempo. Esagero? Avete mai visto lo stesso battage pubblicitario con Charles LeClerc? Il monegasco quest’anno non diverrà campione, eppure lui è il “titolare del palo” come si suol dire e questo è stato il suo primo anno in cui si è giocato il mondiale o, almeno marginalmente, ci ha provato. Qual è la differenza tra lui e l’olandese? Davvero LeClerc non è all’altezza di Verstappen? A giudicare dai primi due GP dell’anno, dove abbiamo assistito al loro testa a testa non mi sembra. Ovvio che Verstappen, avendo più esperienza (hanno la stessa età, eppure uno è entrato in F1 nel 2015 e l’altro nel 2018… scusate se è poco se in F1 tre anni possono fare la differenza!) ha avuto la possibilità di maturare determinati aspetti che oggi si ritrova, come la visione e la gestione della gara. Ovvio che ora abbia un comportamento meno irruento e più saggio, in quanto il suo (primo) mondiale l’ha vinto e quindi il sogno è stato esaudito e realizzato e, naturalmente, con la RB18 che non si rompe mai e che non conosce il significato di limite di spesa allo sviluppo fissato dal budget cap, se la può prendere comoda.

Il mezzo è tutto e sir Hamilton ne sa qualcosa e nessuno mi venga a dire che il re nero avrebbe raggiunto lo stesso risultato se si fosse scambiato il sedile con Vettel, perché “baffetto” su quella Mercedes gli avrebbe fatto un mazzo cosi! Infatti si veda la caduta rovinosa del campione inglese nei riguardi del suo connazionale e compagno di box. Di fatto Hamilton sta facendo esattamente la stessa fine che ha fatto Vettel con LeClerc… con la differenza che Russell non ha ancora vinto nessuna gara e, quindi, può ancora salvare la faccia. La classifica è impietosa: Russell, con una Mercedes zoppa (anche se dal Belgio è stata rivitalizzata dalla DT039) è a soli sette punti da Perez e a sedici da LeClerc (pazzesco) e, soprattutto, è avanti di trentacinque comodi punti all’ingombrante compagno. L’anno scorso gli “esperti”, tifosissimi proprio di sir Lewis tra l’altro, parlarono di “tonfo” di Charles, visto che la classifica finale diceva che Carlos gli era finito davanti. A parte cha la “fine analisi” non teneva in considerazione una serie di fattori (incluso quello che il monegasco ha rischiato di vincere l’anno scorso proprio a Montecarlo con la macchina che si ritrovava), ebbene ora cosa dovremmo dire di Hamilton? Il campione inglese ha spadroneggiato in lungo ed in largo ed ora che ha una macchina “più umana”, precipita tra i comuni mortali ed arranca a tal punto che dobbiamo sorbirci scenette al limite del patetico, dove a stento esce dalla macchina per poi zoppicare vistosamente. Il bumping dovuto al porpoising è per tutti i piloti in pista, nessuno escluso, evidentemente non per il campione inglese, tanto che il buon Toto ha dovuto invocare il sempre verde “motivi di sicurezza” come argomentazione valida per frenare la caduta del campione e di tutta la squadra che stava sprofondando lentamente nel mid field a causa di un progetto totalmente cannato.

La caduta degli dei è lenta e rovinosa ed a volte il botto che si produce, una volta raggiunti il suolo, può essere rovinoso. Questo è quello che è successo a Vettel, il quale non fa nulla per frenare questa caduta; anzi se mai l’accelera. Vettel è stato il pilota che ha inaugurato la dinastia dei domini nella F1 moderna: voglio dire, dopo l’era Schumacher abbiamo avuto una sana alternanza di campioni. A partire dal tedesco e cioè dal 2010, fino ad ora, salvo la parentesi “regolamenti di conti in casa” chiamata Nico Rosberg, abbiamo avuto solo due campioni ed ora pare la volta (dio ci scampi!) di Verstappen. La parabola di Vettel, quella della salita all’Olimpo, è stata a dir poco prodigiosa: tra talento (non si vince a Monza con una Toro Rosso sotto la pioggia per caso… diamo a Cesare quel che è di Cesare) e, soprattutto, l’onnipresente e imbattibile mezzo, supportato dal giusto peso politico della sua squadra, ne hanno fatto un dio da idolatrare e la beatificazione è stata raggiunta solo quando è arrivato in Ferrari… naturalmente. Il fatto è che proprio la Rossa è stata la sua rovina (di certo non dal punto di vista economico), in quanto il buon Vettel non ha saputo sfruttare l’occasione appieno (anche a causa della regressione della squadra e della reazione di AMG si capisce) e poi… e poi è arrivato LeClerc ed è dovuto scappare a gambe levate. La differenza tra lui e Alonso, perché entrambi sono in squadre disastrate ed appartenenti alla vecchia guardia, è che l’asturiano fa parlare i fatti e, quindi, la pista per lui, mentre il tedesco fa parlare la bocca e a sproposito anche. Un pilota ormai senza mercato, dove il rapporto prezzo qualità è totalmente sfavorevole, sapendo bene che è a fine carriera (credete sia un caso che si ritiri?), cerca di mungere la vacca facendo parlare di sé più per quello che dice, e le sue gesta di presunto impegno civile, che per i fatti in pista. Ancora riecheggiano nell’aria, in questa lunga pausa aspettando il GP di Singapore, le sue parole di scherno nei riguardi del nostro Presidente della Repubblica il quale, piaccia o meno, è pur sempre il nostro Presidente. Del resto Vettel non è la prima volta che scade nel volgare visto che mandò a quel paese il compianto Whiting in mondo visione. Arrancare, soprattutto, contro un compagno che è un vero mediocre e si ritrova in F1 solo perché il padre gli ha comprato una intera scuderia, non deve essere semplice soprattutto quando era abituato ad avere il mondo a i suoi piedi. Il declino di Seb non è iniziato ora certo, la sua avventura in Aston Martin evidentemente ne segna solo la coerente fine.

Mi auguro che Verstappen abbia degni avversari nell’avvenire e che Charles sia uno di questi, sia per lo spettacolo sia perché il suo talento, non venga mortificato dalla solitudine della concorrenza, proprio come accaduto con il suo acerrimo avversario in questi sette lunghi anni. L’ascesa all’Olimpo è dura, eppure i campioni della vecchia guardia insegnano che la caduta degli dei è un attimo.

 

Vito Quaranta