MIT’S CORNER: LE NON PAGELLE DI SUZUKA

Ed ecco altre non-pagelle.

Questo sito mi sta prendendo la mano: spero di non annoiarvi.

E comincio subito nell’inseguire l’auspicio della frase precedente: che non-pagelle si possono scrivere dopo il gp del giappone 2022?

Già, perché onestamente non è che si possa dire granché al proposito salvo esporsi al pubblico ludibrio che additerà qualunque mio personalissimo giudizio come banalità di bassa lega. E sarà gioco facile darmi addosso con questo scopo giacché i nostri eroi hanno corso una gara così poco interessante che tentare di narrare le loro gesta richiamandosi ad archetipi letterari di omerica memoria scadrà inesorabilmente nel ridicolo.

Quindi qualche considerazione preliminare è assolutamente d’obbligo.

La prima, “velatamente” abbozzata in quasi tutti i commenti all’ottimo articolo di Pier Alberto, riguarda il sempiterno tema della corsa sul bagnato.

Il tema è trito e ritrito: si corre o non si corre quando piove?

Le Intermedie e Full Wet vengono portate dalla Pirelli ad ogni Gp, facendo salire la temperatura del pianeta di 15 gradi centigradi ogni volta che i cargo pieni di gomme fanno la spola tra un capo e l’altro del mondo. Le gomme Intermedie ormai l’abbiamo capito: sono gomme eccezionali. Lo dico senza la minima ombra d’ironia e con un sincero complimento al costruttore perché in tante occasioni abbiamo visto quanto riescano ad assicurare performance straordinarie anche in condizioni di pista che, alla vista anche del più allocco tra gli appassionati (che sarei io), sembrerebbero proibitive per gomme che si definiscono, per l’appunto, Intermedie. Ed è ciò che è accaduto ieri. Con una pista che aveva una portata d’acqua che era una combinazione letale tra Rio delle Amazzoni, Yang-Tze-Kiang e lo Jenisei d’estate i nostri eroi con le Intermedie giravano solo un 10/12 secondi più lenti dei tempi che presumibilmente avrebbero ottenuto in condizioni di perfetto asciutto. Chi mastica di F1 sa che questi tempi erano e sono irreali. Dunque “kudos” a Pirelli e ai suoi ingegneri che hanno tirato fuori delle gomme Intermedie da premio Nobel per la chimica (ripeto: il tono è scherzoso ma il complimento è serio).

Mi rimane pesantemente il dubbio, at-this-point, sul senso dell’avere a disposizione gomme Full Wet se, in concreto, queste non possono essere utilizzate in gara. Infatti ieri, come tante altre volte, si è visto che se le condizioni meteo/pista sono tali da consigliare (o in taluni casi obbligare) l’uso delle Full Wet siamo anche nelle condizioni di dover sospendere la gara perché si considera troppo pericoloso correre.

In altre parole: se le condizioni sono da Full Wet anziché correre si sta fermi ai box. È un bel cane che si morde la coda, non credete?

Questo paradosso delle Full Wet mi dà molto da pensare. In passato si correva e basta, pioggia o non pioggia. I piloti si adattavano (o cercavano di farlo) alle condizioni e guidavano di conseguenza sapendo che se facevano troppo gli “spanizzi” andavano a insabbiarsi e addio punti mondiali. Poi c’era chi era troppo “cauteloso” e chi si allenava facendo inondare apposta la pista di Kart sottocasa per allenarsi, chi navigava a vista e se pioveva troppo per i suoi gusti si ritirava al secondo giro (oppure parcheggiava la vettura vicino al suo hotel che raggiungeva poi a piedi) e persino chi, avendo corso con motoslitte su piste di ghiaccio, un circuito di F1 con un po’ di pioggia gli faceva il solletico. Lo sappiamo. Ma il senso era che il pilota si adattava alle condizioni proprio perché tanto meglio lo faceva tante più probabilità aveva di ottenere un buon risultato.

Ho usato il verbo al passato ma in realtà è così tutt’oggi e su ogni pista. I piloti fanno la passeggiata o la sbiciclettata sul circuito ogni volta che possono non perché vogliano sgranchirsi le gambe ma per cercare di carpirne ogni segreto. Prima della 8 c’è un piccolissimo dosso: devo tenerne conto per la frenata altrimenti spiattello di brutto. Il vento tira da nord-est: sto più vicino al muretto in rettilineo così mi disturba meno. I cordoli della 5 e la 6 mi sembrano un po’ più bassi degli altri: magari posso raddrizzare un pelo di più e guadagno 2 centesimi. E così via.

Non si vede perché non debbano fare altrettanto sul bagnato come hanno fatto i loro colleghi nel passato. Sul bagnato si va più piano sennò si vola fuori pista? Andranno più piano! Peraltro, chi va piano va sano e va lontano, dice il proverbio. E in Formula 1, per quanto paradossale possa sembrare, alle volte funziona in modo eclatante. Gli esempi si sprecano e così al volo mi vengono in mente un paio di Montecarlo con vincitori a sorpresa che hanno avuto il merito di tenersi lontano dai guai (a Montecarlo Patrese 82 e Panis 96) e senza andare così indietro nel tempo ricordiamoci di Ocon Ungheria 21.

Dopodiché, per carità, la sicurezza prima di tutto. Ma andrebbero stabiliti dei criteri che lascino meno dubbi sia in chi è direttamente coinvolto sia in chi assiste. Nel calcio c’è un metodo empirico: l’arbitro va in giro per il campo a far rimbalzare il pallone e se questo non rimbalza sospende la partita. In Formula 1 qualcosa di più oggettivo potrebbe essere tirato in ballo ma mi rendo conto di quanto sia difficile perché si deve tenere conto di molti fattori (drenaggio della pista, tipo di asfalto, “rivers” estemporanei, ecc.). E tuttavia serve qualcosa di questo tipo per evitare lo stillicidio di attese visti a Singapore e Suzuka (e innumerevoli altri in questi anni) e di polemiche twitteristiche in diretta su chi vuole partire e chi no.

Una seconda considerazione sulle gomme intermedie va pure fatta. Che le performance che offrono siano eccezionali l’ho già detto. Che la loro finestra di efficienza sia assai disuguale a seconda della vettura su cui sono montato invece no. E qui ancora una volta non si può far altro che complimentarsi con RBR che con entrambi i piloti, ma soprattutto con il fantastico Max, le ha gestite alla grandissima.

L’ultima considerazione la riservo alla stucchevole interpretazione del regolamento in merito all’assegnazione del pieno punteggio. Mi sono già dilungato sugli aspetti giuridici in altro articolo. Qui mi limito a dire che una tale mossa ha più l’aspetto di un regalo anticipato al pur meritevole Verstappen. Regalo di cui non aveva alcun bisogno visto che è da qualche GP che si discute solo sul “quando” e non sul “se” sarebbe diventato matematicamente campione del mondo. Ad ogni modo, quel che rimane è l’amaro in bocca di una gara che non ha avuto molto da dire agli appassionati. La brevità in cui si è svolta ha impedito ai protagonisti di giocare con le strategie, con sezioni di gara più veloci o più lente, di gestire e persino di inventarsi qualcosa: Alonso pitta dietro a Vettel e finisce dietro a Vettel – niente cambia. Peccato. E comunque il punteggio pieno, a mio modestissimo parere, non ci stava – mondiale o meno per Verstappen che tanto l’avrebbe preso comodamente a Austin.

Ma veniamo alle non-pagelle.

Verstappen – che dire? Eccellente ancora una volta. La gara è stata anomala, vista la corta distanza sulla quale si è svolta e darne un giudizio rigoroso sarebbe, da parte mia, assai presuntuoso. Quel che però è sotto gli occhi di tutti è che ad un certo punto si è messo sul 1.47 e non si è più schiodato da quei tempi, cosa che non è riuscita a nessun altro e che quindi rappresenta il suo maggior merito per la gara in questione (oltre ad una intelligente gestione della prima curva nella prima partenza). La certezza matematica del titolo arriva ex post il che gli toglie forse la soddisfazione di poterselo godere appieno in un lento e solitario giro di rientro (per quanto non mi sembri il tipo). Come detto poco fa non era questione di “se” ma di “quando” e non posso esimermi dal complimentarmi con lui per una stagione assolutamente straordinaria che ha dominato non solo grazie al mezzo, certamente superiore alla concorrenza, ma anche grazie ad un sangue freddo a livelli artici e al letale mix di spietatezza, capacità di gestione e maturità in episodi chiave che non poteva sortire altro che il risultato che oggi sta festeggiando. Chapeau!

LeClerc – ci ha provato anche in Giappone a fare il suo. Però, a differenza di Singapore ho avuto la netta sensazione che non abbia saputo esprimersi con la stessa brillantezza – in particolare non ha saputo (o potuto) gestire le gomme nel modo corretto ma va detto che non è stato il solo. Mancando Sainz non sappiamo se tale difetto è da ricondursi alla vettura o alla sua guida. Ma tant’è. Dopo la seconda partenza sta attaccato a Max, fa persino un fastest lap che verrà battuto solo da uno Zhou con gomme fresche ma poi i suoi tempi scendono improvvisamente di un secondo al giro nell’arco di tre tornate lasciandolo a bagnomaria (è proprio il caso di dirlo) tra il sempre più lontano Verstappen e il diligente Perez. C’è un momento in cui Leclerc chiede di pittare ma la sensazione è che non sarebbe cambiato nulla per due motivi. Il primo è che Verstappen avrebbe a sua volta pittato, rimanendo probabilmente primo o alla peggio dietro Perez e il secondo è che anche se VES non avesse pittato il massimo che avrebbe potuto ottenere Leclerc era recuperare la posizione (vedasi Alonso). Ecco, forse l’unica cosa che sarebbe cambiata sarebbe stato il finire secondo senza soffrire il problema Perez. Ma sorpassare quest’ultimo in pista, sia pur con gomme più fresche, era cosa tutt’altro che facile. Sicché, at-the-end-of-the-day, ha fatto bene a restare in pista e il lungo all’ultima chicane va semplicemente visto come un errore del nostro e penalità o non penalità, data alla velocità della luce o dopo ore e ore di discussioni, rimane un errore che si poteva risparmiare.

Perez – Fa il suo compitino in modo molto diligente riuscendo a barcamenarsi senza grossi problemi nelle fasi più concitate e gestendo ottimamente le gomme sino ad andare a prendere un arrancante LeClerc inducendolo all’errore all’ultima curva. Più di così non gli si poteva chiedere. Tra l’altro grazie al sorpasso ex post consente al teammate la matematica certezza del titolo.

Ocon – fortunato a trovarsi al 4 posto e bravo a difendersi da Hamilton. Non che ci volesse molto vista la lentezza di MER. Una gara così corta ci impedisce di dire di più: niente strategie niente situazioni particolari da gestire ma era lì: diamogliene il merito.

Hamilton – sfortunato a trovarsi al 5 posto e male a non riuscire a sorpassare Ocon. Non che fosse facile vista la lentezza di MER. Però va detto che là dietro il suo teammate ha fatto faville nei sorpassi quindi ribadisco il pessimo giudizio sulla sua gara anche perché nonostante i commentatori di sky continuassero a sostenerlo ad ogni pie’ sospinto non avevo la sensazione che potesse riuscire a tenere il ritmo di Perez.

Vettel – ottimo. Non avendo nulla da perdere ha giocato immediatamente la carta Inter alla seconda partenza e ne ha saputo approfittare al meglio. Tra i pochi costanti sui time lap in gara (insieme a Max) si stava comodamente portando sul duo Ocon/Hamilton quando anche a lui sono finite le gomme negli ultimi 4/5 giri. Peccato sennò ne avremmo viste delle belle.

Alonso – bella gara, la sua. Più che altro gli va dato atto di averci provato. Il pit per mettere gomme fresche e i successivi sorpassi mi spingono a usare l’aggettivo “gagliardo” ma la sua posizione finale rimane quella che aveva prima del pit. Almeno si è divertito, suppongo.

Russell – Ottimo. Dopo un Singapore incolore (tale anche al netto dei problemi avuti) si presenta a Suzuka con una signora gara in cui trova sorpassi notevoli (a parità di gomme). Bravo. Unico neo: il celebrato teammate con questa gara pareggia il conto per quanto riguarda le qualifiche. E questo non va bene, vista come era partita la stagione. Il vantaggio su Ham in classifica pare rassicurante (207-180) ma il finale di stagione potrebbe essere più importante, in ottica futura, di quanto non si pensi. Sarà meglio che stia sul pezzo.

Latifi – Come Vettel, non avendo nulla da perdere, va subito ai box per mettere le inter alla rolling start e poi si ritrova sorprendentemente nelle parti alte della classifica. Non può resistere al ritorno di Alonso e Russell ma si attacca coi denti all’ultimo giro per non farsi passare da Norris. Per una volta non fa boiate sesquipedali, il che è una notizia, e si ritrova a punti! Quindi, invece di prenderlo in giro, gli facciamo sincerissimi complimenti!

Norris – Mi verrebbe da scrivere le stesse cose scritte per Singapore. Qui non ho visto i camera car ma in una gara così strana un talento come lui te lo aspetti là davanti a battagliare almeno con Ocon/Ham/Alonso/Russell. Invece non ha mai dato l’impressione di poter fare granché.

 

Note di merito:

Zhou – al di là della posizione conclusiva si è portato a casa un fastest lap che vale solo per la gloria ma che nessuno di quelli che hanno pittato (quorum Alonso) è riuscito a battere.

Magnussen – ancora una volta, considerando la scarsezza della macchina, dimostra di sapersela giocare bene in condizioni difficili. Sarebbe stato interessante vedere che gara avrebbe fatto se avesse pittato con Vettel e Latifi

Mick – sia pur per pochi decimi di secondo ha condotto un GP. Potrà raccontarlo ai nipotini…

Note di demerito:

Gasly – bah. Ok che con le macchine in pista forse le gru dovrebbero aspettare un attimo. Ma se poi fai i 250 km/h, per giunta in quelle condizioni, in regime di bandiera rossa l’unica cosa che devi fare è stare zitto zitto, ringraziare tutti gli dei di tutti i pantheon passati, presenti e futuri che sei ancora vivo e sperare che nessuno si accorga della boiata gigantesca che hai fatto. E poi ha fatto pure una gara catabolitica. Peggio di così non si può.

Sainz – ok le condizioni difficili ma si è girato da solo. Non mi pare sia capitato ad altri. E questo non va bene.

Stroll – demerito molto relativo ma siccome queste condizioni sono le uniche in cui va decentemente mi aspettavo di più

 

Non so che dire di Tsunoda perché non l’ho mai visto. Ricciardo si è trovato dietro al teammate per circostanze e non per meriti. Ad Albon si è fritto il motore quasi subito.

 

E Bottas?

C’era anche lui?

 

Metrodoro il Teorematico