MIT’S CORNER: GIUSTO O SBAGLIATO

Questo articolo nasce come commento al resoconto di Pier Alberto sul gp di Suzuka. Preso dal furor dello scribacchino di provincia non mi sono reso conto che, come mi spesso mi accade, aveva raggiunto una lunghezza che non meritava la vostra attenzione. Almeno non tanto quanto lo meriterebbe nella forma di un articolo che, spero, possa dare qualche spunto di riflessione.

 

Io non sono molto intelligente quindi ammetto che potrei non aver capito nulla di quanto accaduto con la distribuzione in stile “elicopter money” (cit.) di punti mondiali fatta a Suzuka quest’oggi, quindi quanto segue andrà preso con beneficio d’inventario.

Tuttavia i miei hanno speso un sacco di soldi per farmi studiare e tra questi studi c’è stato pure qualcosa che ha a che fare col diritto.

Quindi, per quanto infimo sia il mio livello di conoscenza di queste cose non è tuttavia pari a zero, provo volonterosamente ad applicarmi e muovermi in direzione uguale contraria a quanto le accondiscendenti maestre elementari del tempo che fu raccontavano alle nostre madri: se tutti eravate del tipo “è intelligente ma si applica poco” io provo a fare quello che “è stupido ma si impegna tanto”.

Orbene, procedamus.

Se leggo nel regolamento F1 all’art 5.3 che la <i>distanza </i>di gara dev’essere pari ad un numero di giri che superi i 305Km capisco che quest’articolo stabilisce <i>tassativamente </i>la <i>distanza </i>di gara di un evento di F1 il che per logica cosiddetta controfattuale fa dedurre che se un evento non raggiunge tale distanza allora non è una gara di F1.

Dopodiché, naturalmente, ci si è posti il problema di come gestire delle condizioni particolari che, come le condizioni meteo avverse viste oggi, o il sopraggiungere della notte, o incidenti che richiedono la sospensione, ecc. ecc., impediscono all’evento di raggiungere il kilometraggio che la gara dovrebbe avere. Fino all’anno scorso c’era la regola del 75%: se si raggiunge il 75% entro il numero di ore previsto per far correre tutti in sicurezza allora si assegna punteggio pieno, sennò è dimezzato.

Poi i fatti di Spa hanno fatto gridare allo scandalo e hanno fatto sì che si specificassero meglio le situazioni. Da qui il nuovo articolo 6.5 con le tabelle che assegnano punteggi via via decrescenti in funzione di quanto ci si allontana dal 75% di cui sopra (che rimane)

Visto che durante il GP tali tabelle erano continuamente esposte dalla stessa F1 in mondovisione ciò dà la misura di quanto “ovvio” fosse per chiunque che se la gara avesse raggiunto la sua scadenza temporale naturale (3 ore nel nostro caso) senza raggiungere il 75% della distanza, allora il punteggio si sarebbe dovuto assegnare secondo le dette tabelle.

E sapete perché era così ovvio?

Per la cosiddetta <i>analogia giuridica</i>.

Cioè, se c’è una situazione non direttamente ed espressamente normata dalla legislazione vigente il giudice può ciononostante esprimersi laddove intraveda una connessione, per l’appunto, <i>analogica </i>ad altre norme della stessa legislazione.

Ciò significa che, per fare un esempio un po’ ridicolo ma che rende l’idea, che se un abile furbacchione delle quattro ruote parcheggia la sua vettura in divieto di sosta ma “a testa in giù” (leggi: cappottata) e contesta la conseguente multa dicendo che il codice della strada non parla espressamente dei parcheggi di vetture cappottate allora il giudice può valutare comunque la vettura in divieto di sosta perché, per quanto parcheggiata in modo inusuale, essa era <i>comunque parcheggiata</i> dove non avrebbe dovuto essere. Egli ha cioè ragionato per <i>analogia </i>rispetto alla norma del codice della strada che regola i divieti di sosta individuando in uno stato di fatto non espressamente normato dal codice (che effettivamente non parla di vetture cappottate) ciò che invece è normato espressamente in una situazione che può legittimamente dirsi <i>analoga</i>.

(tranne ovviamente che si trovasse lì e in quella inusuale postura a causa di un incidente – questo esempio fu discusso in una divertente lezione svoltasi ahimè troppo tempo fa nelle aule di giurisprudenza dell’Università di Modena che ho avuto la sventura di frequentare)

Va specificato che arrivare ad un’interpretazione analogica non è procedimento arbitrario né completamente discrezionale ma è a sua volta regolato per via diretta da articoli specifici nello stesso codice (ad esempio nel codice civile italiano è l’art. 12) e, soprattutto, dalle tonnellate tonnellate di dottrina giuridica e commentari vari che si sono sciorinate nel corso dei secoli. Quindi non è che uno decida a cavolaccio suo se un fatto non espressamente normato è analogicamente sussumibile sotto altre norme oppure no.

Nel caso che ci occupa la <i>ratio legis</i> e l'<i>analogia iuris</i> (così si definiscono queste cose) devono tenere conto di quanto segue:

  1. che la distanza minima di 305 km è ciò che caratterizza un evento di Formula 1 per essere considerato tale e affinché vengano assegnati pieni punti per la classifica del campionato del mondo – art. 5.3
  2. che se l’evento NON viene annullato ma si svolge, per quanto con sospensioni dovute a cause di forza maggiore, può comunque assegnare punti mondiali quandanche la distanza prevista dall’art. 5.3 non si sia raggiunta – art 6.5

La <i>ratio legis</i> dell’art 6.5 rintraccia nel fatto che i partecipanti all’evento abbiano corso per una certa <i>distanza</i>, competendo regolarmente tra loro come si addice alla natura dell’evento stesso ossia cercando di percorrere quella distanza nel minor tempo possibile. Laddove le circostanze avverse non abbiano consentito di raggiungere la distanza minima determinata dal regolamento si vuol ugualmente premiare i piloti e le scuderie per l’impegno sportivo profuso. E tuttavia a tale impegno corrisponde, nelle circostanze verificatesi e normate dal 6.5, un punteggio che non è pieno almeno sino a che non sia stato percorso il 75% della distanza di gara e con assegnazione di punteggi via via inferiori quanto più è inferiore la distanza di gara percorsa.

Questo è il punto fondamentale: in circostanze avverse di un evento NON annullato si vuole comunque <i>premiare </i>l’esito della competizione tra piloti e scuderie sia pur in modo proporzionale alla distanza percorsa di gara.

A questo punto poco importa se tale distanza, inferiore a quella normata dell’art. 5.3, sia stata percorsa con ennemila sospensioni, con una sola, con una sospensione all’inizio, con una alla fine. Il senso è che è la distanza di gara a determinare il punteggio e non la durata.

Giusto per non lasciare spazi di ambiguità: normare la durata complessiva dell’evento (2 ore più le eventuali sospensioni fino ad un massimo di 3 ore) è dettata dal preservare le possibilità di svolgerlo in condizioni opportune di sicurezza dei piloti (se viene buio? mica accendono gli abbaglianti). La durata, cioè, non è ciò che ne determina lo svolgimento essendo prevista solo per consentire di correre in sicurezza. Non lo è tanto quanto lo è, invece, la distanza percorsa.

In altre parole: si corre per almeno 305 km e chi ha impiegato meno tempo vince.

(diverso è il caso degli eventi tipo 24ore di LeMans ove invece avviene l’esatto contrario: si corre per 24 ore a prescindere da tutto e chi ha percorso più km vince)

Quindi in F1 vince sempre, giuridicamente parlando, la distanza percorsa.

Se tutto quanto sopra è chiaro il fatto che 6.5 ci sia scritto “Se una gara è sospesa ai sensi dell’articolo 57, <i>e non può essere ripresa</i>” non cambia di un epsilon la <i>ratio legis</i> che ne ha ispirato la stesura.

D’altra parte, per dar maggior peso a tali argomentazioni, ripensiamo alla gara di oggi in questo modo. Partono.

Sospensione immediata che dira 2 ore e 55 minuti.

Ripartono dietro SC ma dopo un solo giro vengono dichiarate le 3 ore

Che fanno? visto che la gara formalmente è durata 3 ore danno 25 punti a quello che stava davanti e così via, con punteggio pieno fino al decimo?

Scherziamo?

Dunque, giuridicamente parlando, soprattutto tenendo in mente l’esempio fatto poco fa, l’interpretazione che ha portato all’assegnazione di punteggio pieno per la gara è tutt’altro che ovvia perché la <i>ratio </i>che ha portato alla stesura del 6.5 nel modo in cui è stato fatto dice tutt’altro rispetto a quanto sostiene la FIA per la gara odierna.

Certamente se si vuol essere legulei o azzeccagarbugli manzoniani si potrebbe anche ammettere che l’applicazione sia stata in via del tutto teorica ammissibile ma non esiste un giudice serio al mondo (e già qui mi mangio le mani) che l’avrebbe applicata in questo modo.

Quindi quando sentirete frotte di commentatori dire “la regola va cambiata” sappiate che sono tutti o ignoranti o ipocriti.

 

Che poi è ovvio che la regola andrà cambiata specificando anche il caso che si è verificato oggi affinché non si verifichi nuovamente la stortura ma ciò non cambia di un epsilon la mia argomentazione. Anche perché il diritto e la sua codifica non sono pensati per normare espressamente ogni possibile caso che la realtà presenta al suo giudizio.

Immaginare che il diritto sia così significa immergersi in un mare di complicazioni filosofiche  che non portano a nulla e, peggio, si rischia di legittimare una (inaccettabile) eristica del diritto a causa del vortice di totale perdizione giuridica che una tale concezione determinerebbe (e se lo dico io, con il reboante nickname che espongo al vostro ludibrio…).

A questo destino non sfuggirebbe la nostra beneamata Formula 1 laddove pretendesse di normare ogni singola eventualità possibile, immaginabile e persino non immaginabile. Non si può normare tutto: dalla pioggia incessante di un monsone, all’incidente che impone l’ingresso della safety car che magari va troppo piano o troppo veloce, agli spettatori che gettano troppi fumogeni arancioni in pista fino al bullone che si svita inopportunamente in seguito ad una potente flatulenza di un cosmonauta russo che passava di lì per caso. Non si può.

Quel che si può fare, invece, è capire che il regolamento della F1 deve riuscire a creare l’ambito entro il quale poter giudicare correttamente e nello spirito della competizione sportiva anche le situazioni che non norma in modo esplicito. E, vivaddio, per una volta l’aveva fatto con questo benedetto art. 6.5 ma, a quanto pare, non sono solo in Italia gli azzeccagarbugli di cui sopra.

Quindi lo ripeto. Non si può normare tutto e pretendere ciò, appellandosi poi furbescamente alla lettera della legge/regolamento se qualcosa NON c’è scritto, finirebbe per farci trovare persi dentro la versione giuridica della Biblioteca di Babele di Borges (se non l’avete già fatto: leggetelo! è un racconto pure corto).

Magari così facendo qualcuno guadagnerà qualche soldo, nell’immediatezza delle sue forzatamente accolte pretese ma, credetemi, non se ne farà nulla.

Perché, in quella fantasmagorica Biblioteca, impazziremmo tutti

 

Metrodoro il Teorematico