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LE INTERVISTE DEL FROLDI: A TU PER TU CON MARIO ISOLA

Mario Isola non è un’isola. E scusatemi per il gioco di parole poco originale.

Intendo dire che non è enigmatico, “compresso” e “imbrigliato” nel mondo dorato, attraente e respingente, del Circus, preso in toto dalle sue tante responsabilità di capo della Pirelli per la Formula Uno. Ti basta una chiacchierata con lui per capire che è cristallino. Onesto.

Aggiungo che sa quanto, per usare le sue parole, il vero mondo, la vera vita non sono la Formula Uno. Che forse, alla fine, è solo un grande e divertente gioco per grandi (e questo lo aggiungo io). Certo, senza lo sport, la vita sarebbe molto, molto più grama. E anche questo è un fatto.

Appassionato di Formula Uno, go-kart, poi rally, collaudatore, istruttore di guida sicura, da molti anni nel mondo Pirelli sino a diventarne il boss nel mondo delle corse. Alla boa dei 50 anni, appunto: come si diventa Mario Isola?

(Il diretto interessato sorride di gusto): «La prima parola che mi viene in mente è passione. Ho cominciato ad appassionarmi alla Formula Uno con Gilles Villenueve, il mito dell’epoca. A 12 anni ho cominciato a mettere in croce mio padre per comprarmi un cart, però all’epoca non si poteva correre sotto i 12 anni, quindi lui aveva la buona scusa di dirmi “Sei troppo piccolo”. Poi i 12 anni sono arrivati e allora ha dovuto cedere. Correre col cart è diventata una passione: la mattina a scuola, il pomeriggio a pulirlo, a smontarlo, a mettere il motore nello zaino per portarlo dal preparatore. Ricordi “agghiaccianti” e belli. Nel 1996, dopo il Liceo, stavo finendo il servizio militare, ho avuto l’occasione di fare un colloquio in Pirelli. Chiedono un po’ di cose e viene fuori che avevo corso col cart. Il consueto “Le faremo sapere”. Dopo un po’ mi chiamano: una prova di guida a Vizzola. Ho capito che si era licenziato un collaudatore, quindi ho pensato: un po’ di fortuna. Prendo un giorno di licenza dal militare, vado a fare la prova di guida, non mi dicono niente. Tanta tensione. Mi riportano a Milano e: “Ciao, è stato un piacere”. Mi dico: “E’ andata male”. In realtà, poco dopo, comincia la mia avventura in Pirelli dove piano piano mi riavvicino al motorsport. Nel 2005 il mio capo dice: “Vai a fare il responsabile attività rally”. Comincio, ma non avevo mai avuto l’occasione di fare un rally, e ho pensato che dovevo provare, dovevo capire, non bastava parlare con i piloti, sentire i loro racconti. E sono riuscito, anche grazie all’aiuto di amici, mettendo insieme soldi qua e là, a fare un po’ di gare. Rally in Messico, nel 2009, esperienza incredibile, uno in Cina, due in Croazia, uno in Italia. Tre asfalto, due terra. Ho scoperto un mondo veramente affascinate. Oggi ti dico onestamente che l’attività in Formula Uno è così impegnativa che di tempo per pilotare ne ho veramente poco. L’unica cosa che continuo a fare è occuparmi della formazione degli autisti di ambulanze per l’Associazione nazionale Pubblica Assistenza in Lombardia. Io sono referente regionale per cui, con altri ragazzi di altre associazioni, abbiamo creato un corso nel 2004, che continuiamo a erogare».

Anche tu, come altri coetanei, sei stato “folgorato” dalla “febbre Villenueve”…

«Si. Poi sono poi diventato tifoso di Senna, come mezzo mondo. Erano gli anni Novanta, ed a Monza sono riuscito a vedere da vicino i miei “idoli”. Allora la Formula Uno era meno chiusa.  Villeneuve e Senna sono stati due colpi al cuore. Quando è successo l’incidente a Villeneuve ero un bambino,  con Senna ero un po’ più grandicello».

Ora hai la possibilità di stare a stretto contatto con tutti i piloti di Formula Uno…

«Quando cominci a lavorarci insieme è diverso, perché non c’è il pilota “più bravo”. Li conosci e hai un rapporto che diventa più personale con ognuno di loro, chi più, chi meno.  Alla fine diventano più “persone” e non puoi più averne uno preferito. Aggiungo poi che la passione è una cosa, la professionalità è un’altra. E’ chiaro che come fornitore unico, ed è quello che spesso cerco di spiegare alla gente, noi dobbiamo fare gomme uguali per tutti. Poi, se il cuore batte per Ferrari o per un altro team è un altro paio di maniche. Da italiano la passione per la Ferrari c’è sempre stata, non lo posso negare. Questo non vuol dire che si possa favorire la Ferrari (addirittura c’è chi ci accusa di fare il contrario); ne va della serietà del nome dell’azienda e del mio. Se poi uno è un po’ più contento o meno contento è un’altra cosa».

Cosa ti aspetti per la stagione 2019?

«Intanto le problematiche: abbiamo cercato di limitare l’overheating e il blistering (che in alcune gare del 2018 è stato presente) con mescole di nuova concezione.

Ci sono due novità: bisogna capire come funziona il nuovo pacchetto aerodinamico deciso dalla Federazioni e l’impatto dei 5 litri in più di carburante.

Credo che non avremo, almeno per le prime gare, lo stesso carico aerodinamico dell’anno scorso; per capire i valori in campo aspetterei il primo Gran Premio. Gli pneumatici mantengono stessa misura e profilo,  ma abbiamo 5 mescole totali rispetto alle 7 dello scorso anno. Bisogna vedere se il nuovo pacchetto aerodinamico limiterà le turbolenze che investono una monoposto in scia ad un’altra (mediamente quella dietro perde 200 chilogrammi di carico) e anche come questo interagirà con gli pneumatici. Cinque litri in più potrebbero, soprattutto in alcuni circuiti, garantire ai piloti la possibilità di essere più veloci».

La filosofia di fondo delle nuove mescole?

«L’anno scorso in certe gare siamo andati più “morbidi”, pensando che in questo modo i piloti potessero e volessero andare più forte. Però abbiamo visto quasi sempre strategie ad una sola sosta perché erano più sicure e redditizie per i Team. Le squadre hanno verificato che ciò che guadagni con lo pneumatico nuovo non compensa ciò che perdi nella sosta e quindi per questo abbiamo visto i piloti, in alcuni momenti della gara, rallentare il ritmo. Tra l’altro questo, nell’economia generale, riserva il  motore e le altre componenti ibride.

Se la situazione è questa, inutile andare ancora più morbidi: per questo abbiamo pensato ad una scelta più conservativa con il nuovo prodotto; i piloti potranno attaccare maggiormente perché la gomma si rovina meno facilmente con una prestazione più costante. Perché ovviamente tutti vogliamo vedere macchine che si superano in pista e non ai box.

Tante volte si parla giustamente di gomme (e le si criticano) che hanno una grossa influenza su tutto il pacchetto della vettura, ma non dimentichiamoci che questa è una Formula Uno in cui le Power Unit devono essere salvaguardate per più gare e non possono essere spinte sempre al limite; confrontare il 2005 con il 2018 o anche solo il 2011 significa parlare di gomme e di monoposto completamente diverse. Nel 2011 avevamo pneumatici ad alto degrado, ma l’approccio dei team era quello di attaccare. Con questo regolamento le scuderie fanno altri ragionamenti».

La Pirelli, nel frattempo, ha visto il rinnovo del suo ruolo di fornitore unico sino al 2023…

«Siamo ovviamente felici di questa fiducia che ci è stata confermata e che, io credo, ci siamo guadagnati sul campo.

La vera scommessa è nel 2021 con i cerchi da 18 pollici e l’eliminazione delle termocoperte.

Abbiamo belle sfide tecnologiche davanti a noi e in totale saranno 13 anni consecutivi; non ci dobbiamo mai fermare cercando di migliorare sempre di più il nostro prodotto.

Vedere le nostre gomme protagoniste è importante, ma è più importante che i piloti siano messi in condizione di poter lottare in pista».

Qual è il tuo auspicio per il futuro della Formula Uno, in particolare per il 2019?

«Belle gare, ma soprattutto più squadre che possano lottare per il campionato e magari che più piloti si giocano il Mondiale sino all’ultima gara.

Quando hai una sola squadra che domina non hai mai un campionato entusiasmante. L’anno scorso abbiamo avuto delle gare combattute e dobbiamo stare attenti a fare delle modifiche regolamentari perché non devono stravolgere ciò che c’è ma devono andare nella direzione giusta».

Per Mario Isola quali sono i valori più importanti della vita?

«Sono l’amicizia e la trasparenza. Penso di essere una persona abbastanza diretta nel modo di approcciarmi. Questo a volte non è molto gradito. Ci sono ambienti dove dovresti essere molto più politico, diplomatico. Però preferisco che tu mi dica “non mi sei simpatico, hai sbagliato”. Io ho un ottimo rapporto con Robert Kubica, ad esempio, che è una delle persone più dirette che ho incontrato. Non è che sia sempre stato “amore”, ci sono stati dei momenti in cui lui ha fatto delle critiche molto pesanti alle gomme, però motivate. Allora preferisco saperlo e lavorarci per sistemare le cose, piuttosto che avere uno che ti dice “no, va tutto bene” e poi magari esce e va dai giornalisti e critica il prodotto. Non mi sento un carrierista, sto bene con me stesso, non vado a cercare soldi, non mi lamento. Non è la mia priorità, quella. Penso che in questo il volontariato mi abbia insegnato un po’ di cose».

Puoi spiegarmi meglio questo aspetto “privato”?

«E’ che bisogna stare con i piedi per terra. Tu lavori in questo mondo dorato, fatto di belle cose, ma non è il mondo vero. Quando esco di notte con l’ambulanza a soccorrere chi più ne ha bisogno (ad esempio gli homeless), mi rendo conto che c’è anche un’altra realtà, concreta, che non è questa. E allora pensi “forse sei fortunato ad aver avuto certe cose nella vita”, per cui non dimenticarselo aiuta a stare coi piedi per terra, a dare il giusto peso a tutto quello che ti circonda».

 

Mariano Froldi

L’ANGOLO DEL FROLDI: A CHE PUNTO E’ LA NOTTE?

A che punto è la notte?

Forse è troppo scomodare metafore poetiche per elettricità, spruzzi di olio, motori a combustione (dicono ancora per poco, non ci credo), piloti umani, troppo umani (spesso figli di buona donna), un mondo piccolo dove i coltelli nella schiena hanno i manici pieni di gioielli, che ti attira e respinge. Tuttavia poche cose, come lo sport, possono tirar fuori l’epica degli esseri umani. Questo siamo. Uno strano miscuglio di bene e male, un legno storto che aspira comunque al cielo, pur avendo le radici nel putridume.

Ma non potrebbe essere diversamente vero?

E, dunque, a che punto è la notte?

Dovremo ancora subire a lungo i numeri impietosi di un dominio asfissiante, quello degli anglo-tedeschi, che assieme alla morte sembra una delle poche certezze della vita di questo ultimo quinquennio? Forse.

I numeri della corazzata AMG sono impietosi, brutali, svilenti, asfissianti, monolitici, roba da seduta psicanalitica di massa.

Certe cose non le sapremo mai. La Formula Uno vive di cicli. Lunghi e brevi.

Mai avrei pensato che il ciclo d’oro della rossa avrebbe potuto essere scalfito.

Invece siamo lì, ad un tiro di schioppo.

Gli anglo-tedeschi sono fatti così: dai loro un dito e ti divorano.

Non saremo mai nelle segrete stanze, dove tutto si decide facendo finta di non decidere.

L’architrave di questo dominio è il 2014. Un regolamento che, tutti , ammettono, cucito su misura per Brackley e dintorni, con i motori addirittura “sigillati” con la ceralacca FIA. Una cosa demenziale e folle per la quale, dopo la prima gara, avresti potuto chiudere baracca e burattini. In effetti, quello, non è stato certo un mondiale esaltante. E lo sanno anche i super tifosi della stella a tre punte. Il resto in parte è conseguenza, in parte il merito comunque di un dream team che dobbiamo applaudire perché se lo merita.

Ma io trovo che il dominio grigio sia un po’ diverso da quello rosso.

Allora, quando il ciclo Ferrari si aprì, la Federazione cercò quasi subito, quasi ogni anno, di equilibrare le cose. A favore dello spettacolo. Ora: ho sempre pensato che se uno vince, date le regole, se lo merita. Punto. Ma capisco anche la Federazione che, negli anni, quando qualche Team diventava troppo dominante cercava di sparigliare le carte.

Questo modus operandi resta sino al 2013. Lì accade qualcosa.

Seguitemi.

La neonata Mercedes, sorta dalle ceneri della Brawn-Gp, cresce lentamente. Ma ha un grande problema. Mangia le gomme che è un piacere. Comincia a fare qualche pole position. Vince qualche gara, ma poca roba rispetto agli investimenti. Ricordo bene i diktat di Wolff: “Se continua così ci ritiriamo”. Un piagnisteo continuo. Poi arrivarono quei famigerati 1000 chilometri di test illegali. Con una sanzione da burletta. I problemi non furono risolti del tutto, ma la Mercedes cominciò ad andare forte. Era la spia, con il senno di poi, di un forte cambiamento della politica all’interno della FIA. E di un forte cambiamento che è diventato evidente con il nuovo regolamento del 2014. Era come se si fosse deciso, con il grave errore della Ferrari che avallò anni prima il tutto (e che d’altronde autorizzò la propria castrazione, prima, con l’eliminazione dei test liberi), che ora doveva vincere la Mercedes. 
Il fatto è che se poi apri il vaso di Pandora, ne esce fuori di tutto.

E i teutonici non sono tipi da accontentarsi. Famelici come lupi mai sazi. La mia “impressione” è che in Federazione si siano accorti che dare un “gentile cadeau” ad uno sponsor munifico e ad una casa di prestigio mondiale è diventato un clamoroso boomerang. Poi sono intervenuti, in maniera molto tardiva, nel 2017, per rimescolare il cotktail. Forse troppo tardi, aggiungo io. Vediamo.

E dunque, a che punto è la notte? Non lo sappiamo.

Viene facile dire che la notte precede sempre l’alba. Il problema è che prima, la notte, deve passare. La sfida titanica della Ferrari, che di errori suoi dentro e fuori è maestra, è questa.

E qui si “parrà la nobilitate” degli uomini in rosso.

 

Mariano Froldi

Il Pagellone semiserio del Froldi – COTA

La vittoria di Kimi è un curioso e formidabile incrocio di sentimenti contrastanti. Il passato che non può tornare. Un pilota da ritrovare che, per la terza volta di fila, si gira manco fosse un debuttante. Un malcelato senso di malinconia per le tante occasioni sprecate in questo 2018 si confonde e mescola intimamente con la festa per la sesta bandiera che sventola a Maranello. Meglio vincere che perdere. Lapalissiano. Eppure; eppure certe vittorie pesano più di tante sconfitte. Per il retrogusto amaro che lasciano nel nostro intimo quando, da tifosi Ferrari si va a letto e si spegne la luce, nella tarda domenica, pensando a ciò che poteva essere e non è stato. Al secondo anno di fila non dico buttato ma che avrebbe potuto descrivere scenari ben diversi e non immeritati. Vince meritatamente il Mondiale Lewis Hamilton e vince meritatamente la Mercedes. Un Team a cui la Ferrari dovrebbe guardare con umiltà: vivisezionarla, studiarne tutte le mosse (dall’organizzazione interna, alla catena di comando, alla forza politica). Lo ripeto: con umiltà. Lottando con forza per le cose che contano e lasciando perdere velleitari cinguettii su twitter che ti fanno pensare a troppa arroganza e, ancora una volta, ad una mancata e seria disamina delle proprie mancanze. E’ sempre così in Ferrari. Sempre colpa degli altri. Nel frattempo il Team cerchi almeno di recuperare Sebastian Vettel. Lui “serve” al meglio. Per se stesso, per la Ferrari, per la Formula Uno.

Raikkonen. Voto: 10 e lode.  Vedere Kimi rivincere in Ferrari è stato romantico, a dir poco. Penso che nel passato “recente” ci sia riuscito solo Berger. Kimi è tutto fuorché Ice-Man. Parla poco perché è semplicemente un carattere introverso. Ma si capiva quanto fosse contento per questa vittoria tanto attesa e, alla fine, arrivata.

 

 

 SF71H. Voto: Che disdetta. Resterà una delle monoposto di Formula Uno più veloci e consistenti degli ultimi anni. Le è mancato l’alloro.

Vettel. Voto. crisi nera. Anche qui. Sentimenti contrastanti. Mi convincosempre di più che sia simile a Mansell, e io adoravo Mansell. Ma mi ha fatto, anche domenica, andare fuori di testa. Tra l’altro già s’era messa male per un suo errore sabato. Penalità stupida ovviamente, ma se il regolamento è così, te la devi beccare. Gli errori di quest’anno e la sua fragilità forse potrebbero trovare spiegazione in problemi di cui si è accennato timidamente (se la sua intervista con Mara Sangiorgio è stata tradotta correttamente) anche fra i commentatori di Sky. Sinceramente non so cosa dire, non riesco a trovare una posizione fra coloro che dicono che un pilota di Formula Uno deve pensare alla gara quando chiude la visiera o fra coloro che pensano che anche questi cavalieri del rischio siano esseri umani; e anche loro possano essere influenzati nelle loro prestazioni da sentimenti ed emozioni. E’ successo qualche anno fa a Lewis con l’ex fidanzata. Non tutti fanno come Niki Lauda. Che comunque non fu solo quello che si mise il casco con le carni sanguinanti, ma anche colui che fece il “gran rifiuto”. Per sdrammatizzare…ma le gomme di Vettel hanno il sapone sopra?

Maurizio Arrivabene. Voto: 3. Probabilmente, anzi quasi certamente, resterà un altro anno. A mio parere, ma io non sono nessuno anche se Mark Webber la pensa come me, non è il Team Principal di cui ha bisogno la Ferrari. Mattia Binotto a questo punto è il grande sconfitto. La mia speranza è che non ci sia un’ennesima “notte dei lunghi coltelli” in salsa modenese e che tutti lavorino ancora di più per portare l’iride a casa nel 2019.

Maurizio Arrivabene e la dedica a Daniele Casanova (ingegnere GeS scomparso prematuramente). Voto: bellissime parole. E commozione vera.

La Scuderia Ferrari e la comunicazione sui social. Voto: non trovo le parole. Appena finita la gara è uscito questo Tweet che riportiamo con il sacrosanto commento di Formula Humor. Che dire? Quanta arroganza!

Hamilton. Voto.: 8. Se la monoposto non è al top, non rischia oltre modo. Anche per questo eguaglierà il record di Fangio.

 La Fia e il suo regolamento tecnico. Voto: Mah! Può un componente essere un pò illegale ma non troppo? E’ un mistero buffo quello relativo ai cerchioni posteriori microforati della freccia d’argento utili, pare, per risolvere i noti problemi di surriscaldamento delle gomme posteriori. Se una cosa è legale dici che è legale, se è illegale dici che è illegale e la bandisci. Tertium non datur. Su alcuni siti motoristici, si legge che la Federazione avrebbe chiesto alla Mercedes di tappare questi microfori, cosa che avrebbe fatto prima della gara. E all’improvviso ecco il blistering sulle monoposto anglo-tedesche

Non sono Sherlock Holmes, sono moderatamente in malafede verso i grigi, ma non ho le competenze necessarie e lascio la parola per questa querelle a Cristiano e PG, che ne sanno più di me. Ma il punto è che una Federazione che agisce in questo modo (vedi anche sensori batterie Ferrari). non fa il bene di questo bellissimo sport.

Verstappen. Voto: un bullo (questa volta) da applausi. Nulla da dire. Gara splendida, duelli mai fuori dal limite, e una volta tanto che fa il gioco della Ferrari (anche se in realtà sta prolungando l’agonia per noi Ferraristi…)

 Ricciardo. Voto: Mobbing che ti toglie le ali. Che in Rb gli diano gli scarti (da quando ha annunciato il passaggio in Renault) mi pare evidente. Nulla di nuovo sotto il sole.

Tute Red Bull. Voto: sublime obbrobrio. Gli austriaci non sono il top in quanto a stile ed eleganza. Però…una tuta brutta come quelle che i poveri Max e Daniel hanno dovuto indossare nel fine settimana a Dallas…non l’avevo mai vista.

Pirelli. Voto: ogni tanto ci ricascano. Copio e incollo da PG: «Credo sia vergognoso che Pirelli poche ore prima della gara vada a modificare le pressioni degli pneumatici (+1.5 psi). E gli assetti? Siamo a fine stagione e ancora si parla di “valori diversi di carico e velocità” rispetto a quelli uscenti dalle simulazioni». Aggiungo: e la sicurezza?

Fra qualche giorno la Formula Uno torna. In Messico. Dove Hamilton potrà con tranquillità diventare pentacampione. Non mi spiacerebbe una doppietta Ferrari.

Mariano Froldi – Direttore responsabile di FUnoAT

2018 F1 ITALIAN GP: AN INTRODUCTION

Il tempio della velocità. La gara più veloce del mondiale F1.

E’ questa la definizione che accompagna da decenni il circuito di Monza, teatro da sempre del GP d’Italia tranne che per l’edizione del 1980, disputata sul circuito Enzo e Dino Ferrari e vinta da Nelson Piquet.

Costruito nel 1922, è stato uno dei punti di riferimento dell’automobilismo a livello mondiale. Veloce, tecnico, rischioso, mortale, ha acceso la passione, l’immaginazione dei tifosi e l’agonismo dei piloti che hanno sempre visto in Monza la sublimazione delle loro spirito sportivo.

Curve come la variante della Roggia, le due Lesmo, la Ascari e la Parabolica sono ormai scolpite nell’immaginario collettivo di ogni appassionato di motorsport, con rettilinei velocissimi a sfidare i piloti a chi avesse il coraggio di staccare il più tardi possibile.

Tutto vero, tutto giusto…peccato che purtroppo gran parte di quell’antico fascino si sia perso e oggi il circuito brianzolo è ospite di una delle gare più noiose dell’intero circus, complice anche il carattere sempre più votato all’endurance della F1 attuale e alcune modifiche al tracciato che perdonano eventuali errori, come ad esempio l’esterno delle Parabolica in asfalto e non più in ghiaia.

Non un gran biglietto da visita in effetti, in particolare se pensiamo a quello che Monza ha saputo offrire nel passato e a quello che ha saputo regalare al popolo ferrarista: la doppietta in gara e iridata del ’79 e l’altrettanto rocambolesca e quasi “divina” dell’88, pochi giorni dopo la morte di Enzo Ferrari. Il duello Schumacher-Montoya del 2003 sembra lontano anni luce e anche le battaglie Ferrari-RBR-McLaren-Williams degli anni 2000-2013 vengono ricordate con rimpianto alla luce del dominio della Mercedes dal 2014 ad oggi. Quattro vittorie, 3 doppiette e una dimostrazione pressoche continua di onnipotenza sportiva che ha annicchilito la concorrenza. Ovviamente non gliene si può fare una colpa al team anglo-tedesco, troppo forti e bravi rispetto a tutti ma di sicuro per lo spettacolo e la suspence non sono state edizioni da ricordare vividamente.

Quest’anno però ci si approssima con tutt’altre aspettative all’appuntamento italiano della F1. Basti pensare ad una Ferrari reduce dal convincente successo a SPA e vittoriosa anche a Silverstone e Montreal, negli ultimi anni feudo Mercedes e circuiti ostici per le caratteristiche della rossa, per aumentare l’aspettativa di una battaglia vera in pista. Mercedes, forse per la prima volta in 5 anni, non gode dei favori del pronostico e anche questa è una notizia impensabile fino a poco tempo fa.

Trazione in uscita dalle varianti, stabilità nelle curve ad alta velocità di percorrenza e potenza della PU sui lunghi rettifili saranno le variabili tecniche su cui si svilupperà la tenzone sportiva tra Ferrari e Mercedes, tra Vettel e Hamilton. Vettel raggiungerà Hamilton a quota 4 successi o Hamilton affiancherà Schumacher a 5? Impossibile dirlo, tante variabili, una tra le quali il meteo che sposteranno più volte l’ago della bilancia garantendo un esito incertissimo. Di sicuro rappresenta un crocevia per l’ultima parte del campionato: un successo Ferrari certificherebbe sul campo una superiorità difficilmente arginabile dagli anglo-tedeschi mentre un successo Mercedes ricompatterebbe il team delle frecce d’argento e ricaccerebbe nella frustrazione e nei dubbi i rosso vestiti. Fondamentale anche l’apporto delle seconde guide ormai tagliate fuori dalla lotta al titolo, ma che non sembrano destinati a recitare un ruolo da protagonista assoluto. Il palcoscenico è allestito solo per Hamilton e Vettel, o almeno, così sperano tutti, ansiosi di vedere un altro duello ravvicinato (scusate ma non ce la faccio a scrivere “RUOTA A RUOTA!!!!”, quello ormai è appannaggio di altri…)

Qualche nota tecnica:

-Pirelli ha deciso per le gomme supersoft, soft e medium. Niente salto di mescola quindi ma gomme più morbide rispetto allo scorso anno. Per quanto riguarda la scelta dei singoli piloti vediamo dall’immagine che ci sono diverse sorprese, con i top team che hanno fatto scelte diverse tra loro.

Probabile che possa essere possibile una strategia a una sosta supersoft+soft, con eventuali problemi di blistering per Mercedes. In caso di degrado eccessivo allora preferibile la scelta supersoft+medium, con un presumibile vantaggio per le frecce d’argento che utilizza molto bene le medium. Dato il relativo poco tempo con cui è necessario percorre un giro, non è escluso che si possa pensare di passare la Q2 con soft e pensare ad una strategia in gara aggressiva Soft+Supersoft.

Interessante la scelta di Vettel, unico pilota insieme a Ericsson ad avere scelto un solo treno di soft. E’ presumibile pensare che punti a qualificarsi in Q2 con supersoft, affrontare il primo stint con quella mescola per poi puntare su una medium. Oppure “sfruttare” il lavoro del compagno di squadra che ha scelto due treni di soft ed utilizzarla senza averla provata nelle prove libere. Sarà interessante capire anche se le frecce d’argento avranno problemi di blistering con le mescole più morbide, i lunghi rettilinei potrebbero aiutare a non surriscaldare la gomma ma molto dipenderà da assetti e temperature dell’asfalto.

Qualche sorpresa potrebbe presentarsi anche sul fronte dei consumi delle PU, dato che Monza è il circuito con la media sul giro più alta del mondiale. Chinchero ha parlato, in occasione del GP del Belgio, di qualche problema di consumo della nuova PU Mercedes (seppur in maniera molto velata e non circonstanziata). La gara delle frecce d’argento non ha evidenziato problemi sotto questo punto di vista per cui questa speculazione può essere messa in secondo piano. Vedremo se a Monza cambierà qualcosa sotto questo aspetto.

Sul fronte PU e relative unità utilizzate già certa la penalizzazione di Ricciardo che usufruirà della terza evoluzione della PU Renault e partirà in fondo alla griglia, mentre per Raikkonen, in attesa di utilizzare l’ultima versione di turbocompressore che lo costringerebbe, essendo la quarta unità,ad una penalità di 10 posti in griglia, rumors indicano che potrebbe scontarla in uno dei successivi GP. Nessun problema per gli altri piloti dei top team.

Arriviamo alle dolenti note: gli altri team è presumibile che non saranno della partita a meno di eventi eccezionali.

Red Bull soffrirà molto la mancanza di potenza della sua PU Renault e probabilmente non servirà viaggiare con ali molto scariche per recuperare il gap. Haas e Racing Point Force India (un nome un po’ più complicato no?) si candidano ad una gara dignitosa, considerato le prestazioni offerte a SPA,ma lontana dal vertice. Toro Rosso, Alfa-Sauber e Renault potrebbero giocarsela per gli ultimi piazzamenti a punti, ma per Honda il circuito brianzolo potrebbe rappresentare un calvario dal punto di vista dell’affidabilità. Ultime senza speranza alcuna se non quella di fare numero sono McLaren e Williams, le due nobili decadute che stanno mestamente chiudendo un annata davvero complicata, senza apparente possibilità di ripresa.

Bene, vi ho annoiato abbastanza con le mie facezie, non resta che augurarvi mazzonianamente buon GP a tutti e in particolare ai temerari che affronteranno le tangenziali di Milano per raggiungere il circuito e l’impeccabile organizzazione e strutture che troveranno in loco. Sarà interessante sentire la loro di opinione, a bocce ferme.

P.S: incredibile a dirsi ma i record sul giro in gara di 1.21.046 e in qualifica di 1.20.089 sono ancora datati 2004 e appartengono a Rubens Barrichello. Il giro più veloce di sempre è invece di Juan Pablo Montoya in 1.19.525 nelle prove libere del Gp del 2004, record ufficioso perché non effettuato in una sessione di qualifica valida per lo schieramento.

Rocco Alessandro

La F1 2018 vista dai parametri Pirelli

Ciao Ringers! Siamo quasi giunti alla fine della pausa estiva, con l’imminente accensione dei motori sul mitico circuito di Spa-Francorchamps ed è alta l’attesa per la ripresa del duello Hamilton-Vettel e Mercedes-Ferrari. Durante l’ultimo mese la discussione si è concentrata sui rapporti di forza fra le squadre in lizza per il campionato, sugli errori di piloti e muretto, sugli sviluppi portati in pista da Melbourne a Budapest; si è potuto leggere l’opinione di giornalisti, esperti, addetti ai lavori, appassionati su qualsiasi argomento riguardante la F1, tranne forse alcuni dettagli probabilmente non da poco, sempre trascurati nelle analisi dei GP, ma dei quali Pirelli fornisce un preciso e dettagliato rendiconto gara dopo gara.

Si tende sempre a dimenticare che qualsiasi sforzo profuso dai progettisti in fabbrica e dagli ingegneri di pista con i piloti nel fine settimana, verte fondamentalmente su un singolo obiettivo: riuscire a far lavorare nel modo più corretto, così da sfruttarne il massimo potenziale e garantirne una durata tale da adottare la strategia più rapida e vincere la corsa.

Per riuscire in questo intento, oltre ai parametri meccanici, aerodinamici e motoristici, è di fondamentale importanza l’assetto della vettura. Spesso si parla di bilanciamento fra carico anteriore e posteriore ma si trascura la parte meccanica che fornisce il bilanciamento delle rigidezze, data dal sistema sospensivo e dalle caratteristiche meccaniche del gruppo ruota.

In questo articolo si parlerà proprio di questo aspetto della vettura, spesso troppo trascurato nelle varie analisi tecniche di giornali e web.

La rigidezza dell’assale anteriore e di quello posteriore può essere, per semplicità, ridotta ad una serie di due sistemi massa-molla-smorzatore; di questi uno è dato dal sistema sospensivo, l’altro dallo pneumatico.

Il comportamento di quest’ultimo non è però costante;  non solo le caratteristiche del veicolo e la costruzione dello pneumatico, ma anche gli angoli caratteristici della ruota e la pressione di gonfiaggio influenzano i valori k2 e b2.

In particolare, sono fondamentali la pressione e l’angolo di camber, ovvero l’angolo di inclinazione dell’asse verticale della ruota rispetto alla perpendicolare al terreno. Tale angolo, per convenzione, è negativo se la ruota è inclinata verso l’interno, come mostrato nella figura seguente.

Questi due parametri influiscono principalmente sull’impronta a terra dello pneumatico in condizioni statiche e dinamiche, inoltre determinano la rigidezza e lo smorzamento caratteristici del sistema massa-molla-smorzatore relativo al gruppo ruota.

All’aumentare (in valore assoluto) del camber e/o della pressione di gonfiaggio si ottiene un’impronta a terra ridotta, utile per scaldare rapidamente lo pneumatico in condizioni climatiche difficili ma allo stesso tempo fortemente stressante per la gomma, la quale si scalda sempre in una zona molto ridotta della sua larghezza e tende ad usurarsi più rapidamente in tale fascia, mentre il resto della superficie rimane praticamente inutilizzato. Da considerare, per quanto riguarda il camber, che questo viene misurato in condizioni statiche, cioè quando la macchina è ai box; in marcia, grazie agli impegni laterali ed al rollio che ne consegue, le sospensioni permettono di aumentare l’impronta a terra riallineando la ruota alla verticale (tale fenomeno è detto “recupero del camber”). Tanto più morbida sarà la vettura da un punto di vista sospensivo, tanto maggiore sarà la capacità di recuperare camber e quindi di partire con camber statico elevato. Una vettura settata per essere estremamente rigida non troverà alcun beneficio prestazionale dall’aumento del camber statico oltre certi valori, perché in curva non avrà sufficiente rollio da permetterne il recupero con conseguente aumento dell’impronta a terra. La scelta del camber è quindi influenzata anche dalle caratteristiche sospensive del veicolo.

Per quanto riguarda la pressione di gonfiaggio in F1 si cerca sempre di rimanere su valori estremamente bassi. Tenendo presente che 1 bar corrisponde a circa 14.5 psi, si ha che una pressione di 20 psi corrisponde a poco meno di 1.4 bar, contro i circa 2.5 ai quali vengono gonfiate le gomme di una vettura stradale. Il valore minimo di pressione viene cercato in modo che garantisca allo pneumatico di “funzionare”, cioè entrare nell’ormai famoso working range di lavoro.

A tal proposito è utile ricordare le finestre di funzionamento delle Pirelli di questa stagione:

Si può notare che da quest’anno tutte le gomme morbide hanno una finestra di utilizzo alle basse temperature, mentre dalla S fino alla SH si hanno valori elevati; nelle scorse stagioni invece la M era una mescola “low working range” e la S una “high working range”.

In pratica i team utilizzerebbero in gara le pressioni minime che consentono di far entrare la gomma nella temperatura di funzionamento, senza arrivare a scaldarla troppo ed uscire al di sopra del valore massimo nel corso dello stint. Pirelli, per questioni di sicurezza (a mio parere più di immagine aziendale), fornisce dei valori minimi per la pressione di gonfiaggio in griglia, che devono essere rispettati da regolamento; così è assicurato che la gomma funzioni in condizioni di sicurezza al fine di evitare forature e cedimenti strutturali nel passaggio sui cordoli. Per salvaguardare l’integrità dello pneumatico vengono inoltre forniti dei valori massimi di camber anteriore e posteriore, così da non sollecitare in modo eccessivo una zona ristretta della gomma, specialmente nei rettilinei, ed evitare problemi in gara.

Nella tabella successiva si possono vedere le scelte Pirelli per i GP di questa stagione, per quanto riguarda camber, pressioni e mescole adottate. Sono riportati anche i parametri determinati dal gommista per quanto riguarda la caratterizzazione del circuito.

 

Per il Canada e l’Austria rispettivamente Pirelli ha fornito un parametro diverso a gara; nel primo caso si ha l’impegno di trazione al posto dell’abrasività dell’asfalto, comunque bassa in quanto si tratta di un cittadino; nel secondo è indicato, al posto dello stress sulle gomme, l’impegno in frenata.

Rimane da considerare, come parametro non certo trascurabile, l’adozione in tre GP (Spagna, Francia e Gran Bretagna) degli pneumatici con battistrada ribassato di 0.4 mm.

Qui di seguito sono riportate alcune considerazioni che possono essere fatte con l’osservazione dei soli dati relativi agli pneumatici ed ai parametri imposti da Pirelli. Nessuna considerazione ha la presunzione di essere “vera”, anzi questo pezzo ha l’intento principale di concentrare per una volta la discussione su grandezze solitamente trascurate nelle analisi precedenti e successive ai GP.

  1. Nei fine settimana in cui Pirelli ha imposto una bassa differenza nelle pressioni di gonfiaggio fra anteriore e posteriore Ferrari è sembrata, quantomeno in gara, più a suo agio con gli pneumatici. In particolare, si può notare che se a questa bassa differenza è associata la scelta di gomme molto morbide (US in Ungheria, Germania ed Azerbaijan, HS a Monaco), il divario sul passo gara fra i due top team si amplifica ulteriormente.
  2. Nei circuiti con forte impegno laterale ed elevato stress sulla gomma la Mercedes è sembrata estremamente competitiva (Spagna, Francia, Gran Bretagna), anche se a viziare tale considerazione c’è la questione gomme ribassate, che sicuramente ha avuto una sua influenza sulle prestazioni delle vetture.
  3. Ad esclusione dell’Australia, GP in cui ancora la Ferrari non era in grado di mostrare il suo effettivo potenziale, e della Francia (gomme dure e ribassate), Mercedes sembra meno a suo agio quando Pirelli permette elevati valori di camber all’anteriore in combinazione con compound morbidi (esempio eclatante Monaco, GP in cui, nonostante l’impegno sulla gomma sia estremamente basso, Mercedes soffriva più di tutti di blistering nei long run).

Da queste considerazioni si possono provare ad azzardare alcune ipotesi sulle caratteristiche delle due vetture di vertice, almeno per quanto riguarda le criticità nelle scelte di assetto.

Sembrerebbe che il progetto Ferrari garantisca in generale una maggiore uniformità di comportamento dei due assi e quindi sia minore la necessità di differenziare le scelte di setup fra anteriore e posteriore. Questo comporterebbe un maggior equilibrio che si esalta quando i parametri di assetto sugli pneumatici imposti da Pirelli impediscono grosse variazioni fra anteriore e posteriore; in particolare il maggior equilibrio permette di stressare meno lo pneumatico e dà quindi la possibilità di adottare un camber più accentuato sull’anteriore senza minare la durata della gomma nei long run, specialmente con composti morbidi.

Al contrario pare che in casa Mercedes ci sia la necessità di equilibrare la vettura con variazioni di assetto un po’ più spinte fra anteriore e posteriore, con la conseguenza di avere una monoposto ben più performante quando Pirelli permette tali scelte. Tale fenomeno potrebbe amplificarsi con gli pneumatici più duri perché soffrono evidentemente meno dello stress provocato da una vettura più “estrema” che stressa maggiormente le gomme.

Nelle prossime ore dovrebbero essere resi noti i valori scelti da Pirelli per pressioni e camber in vista di Spa che potrebbero essere determinanti per il risultato della gara fra le Ardenne.

Ciao!