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La F1 2018 vista dai parametri Pirelli

Ciao Ringers! Siamo quasi giunti alla fine della pausa estiva, con l’imminente accensione dei motori sul mitico circuito di Spa-Francorchamps ed è alta l’attesa per la ripresa del duello Hamilton-Vettel e Mercedes-Ferrari. Durante l’ultimo mese la discussione si è concentrata sui rapporti di forza fra le squadre in lizza per il campionato, sugli errori di piloti e muretto, sugli sviluppi portati in pista da Melbourne a Budapest; si è potuto leggere l’opinione di giornalisti, esperti, addetti ai lavori, appassionati su qualsiasi argomento riguardante la F1, tranne forse alcuni dettagli probabilmente non da poco, sempre trascurati nelle analisi dei GP, ma dei quali Pirelli fornisce un preciso e dettagliato rendiconto gara dopo gara.

Si tende sempre a dimenticare che qualsiasi sforzo profuso dai progettisti in fabbrica e dagli ingegneri di pista con i piloti nel fine settimana, verte fondamentalmente su un singolo obiettivo: riuscire a far lavorare nel modo più corretto, così da sfruttarne il massimo potenziale e garantirne una durata tale da adottare la strategia più rapida e vincere la corsa.

Per riuscire in questo intento, oltre ai parametri meccanici, aerodinamici e motoristici, è di fondamentale importanza l’assetto della vettura. Spesso si parla di bilanciamento fra carico anteriore e posteriore ma si trascura la parte meccanica che fornisce il bilanciamento delle rigidezze, data dal sistema sospensivo e dalle caratteristiche meccaniche del gruppo ruota.

In questo articolo si parlerà proprio di questo aspetto della vettura, spesso troppo trascurato nelle varie analisi tecniche di giornali e web.

La rigidezza dell’assale anteriore e di quello posteriore può essere, per semplicità, ridotta ad una serie di due sistemi massa-molla-smorzatore; di questi uno è dato dal sistema sospensivo, l’altro dallo pneumatico.

Il comportamento di quest’ultimo non è però costante;  non solo le caratteristiche del veicolo e la costruzione dello pneumatico, ma anche gli angoli caratteristici della ruota e la pressione di gonfiaggio influenzano i valori k2 e b2.

In particolare, sono fondamentali la pressione e l’angolo di camber, ovvero l’angolo di inclinazione dell’asse verticale della ruota rispetto alla perpendicolare al terreno. Tale angolo, per convenzione, è negativo se la ruota è inclinata verso l’interno, come mostrato nella figura seguente.

Questi due parametri influiscono principalmente sull’impronta a terra dello pneumatico in condizioni statiche e dinamiche, inoltre determinano la rigidezza e lo smorzamento caratteristici del sistema massa-molla-smorzatore relativo al gruppo ruota.

All’aumentare (in valore assoluto) del camber e/o della pressione di gonfiaggio si ottiene un’impronta a terra ridotta, utile per scaldare rapidamente lo pneumatico in condizioni climatiche difficili ma allo stesso tempo fortemente stressante per la gomma, la quale si scalda sempre in una zona molto ridotta della sua larghezza e tende ad usurarsi più rapidamente in tale fascia, mentre il resto della superficie rimane praticamente inutilizzato. Da considerare, per quanto riguarda il camber, che questo viene misurato in condizioni statiche, cioè quando la macchina è ai box; in marcia, grazie agli impegni laterali ed al rollio che ne consegue, le sospensioni permettono di aumentare l’impronta a terra riallineando la ruota alla verticale (tale fenomeno è detto “recupero del camber”). Tanto più morbida sarà la vettura da un punto di vista sospensivo, tanto maggiore sarà la capacità di recuperare camber e quindi di partire con camber statico elevato. Una vettura settata per essere estremamente rigida non troverà alcun beneficio prestazionale dall’aumento del camber statico oltre certi valori, perché in curva non avrà sufficiente rollio da permetterne il recupero con conseguente aumento dell’impronta a terra. La scelta del camber è quindi influenzata anche dalle caratteristiche sospensive del veicolo.

Per quanto riguarda la pressione di gonfiaggio in F1 si cerca sempre di rimanere su valori estremamente bassi. Tenendo presente che 1 bar corrisponde a circa 14.5 psi, si ha che una pressione di 20 psi corrisponde a poco meno di 1.4 bar, contro i circa 2.5 ai quali vengono gonfiate le gomme di una vettura stradale. Il valore minimo di pressione viene cercato in modo che garantisca allo pneumatico di “funzionare”, cioè entrare nell’ormai famoso working range di lavoro.

A tal proposito è utile ricordare le finestre di funzionamento delle Pirelli di questa stagione:

Si può notare che da quest’anno tutte le gomme morbide hanno una finestra di utilizzo alle basse temperature, mentre dalla S fino alla SH si hanno valori elevati; nelle scorse stagioni invece la M era una mescola “low working range” e la S una “high working range”.

In pratica i team utilizzerebbero in gara le pressioni minime che consentono di far entrare la gomma nella temperatura di funzionamento, senza arrivare a scaldarla troppo ed uscire al di sopra del valore massimo nel corso dello stint. Pirelli, per questioni di sicurezza (a mio parere più di immagine aziendale), fornisce dei valori minimi per la pressione di gonfiaggio in griglia, che devono essere rispettati da regolamento; così è assicurato che la gomma funzioni in condizioni di sicurezza al fine di evitare forature e cedimenti strutturali nel passaggio sui cordoli. Per salvaguardare l’integrità dello pneumatico vengono inoltre forniti dei valori massimi di camber anteriore e posteriore, così da non sollecitare in modo eccessivo una zona ristretta della gomma, specialmente nei rettilinei, ed evitare problemi in gara.

Nella tabella successiva si possono vedere le scelte Pirelli per i GP di questa stagione, per quanto riguarda camber, pressioni e mescole adottate. Sono riportati anche i parametri determinati dal gommista per quanto riguarda la caratterizzazione del circuito.

 

Per il Canada e l’Austria rispettivamente Pirelli ha fornito un parametro diverso a gara; nel primo caso si ha l’impegno di trazione al posto dell’abrasività dell’asfalto, comunque bassa in quanto si tratta di un cittadino; nel secondo è indicato, al posto dello stress sulle gomme, l’impegno in frenata.

Rimane da considerare, come parametro non certo trascurabile, l’adozione in tre GP (Spagna, Francia e Gran Bretagna) degli pneumatici con battistrada ribassato di 0.4 mm.

Qui di seguito sono riportate alcune considerazioni che possono essere fatte con l’osservazione dei soli dati relativi agli pneumatici ed ai parametri imposti da Pirelli. Nessuna considerazione ha la presunzione di essere “vera”, anzi questo pezzo ha l’intento principale di concentrare per una volta la discussione su grandezze solitamente trascurate nelle analisi precedenti e successive ai GP.

  1. Nei fine settimana in cui Pirelli ha imposto una bassa differenza nelle pressioni di gonfiaggio fra anteriore e posteriore Ferrari è sembrata, quantomeno in gara, più a suo agio con gli pneumatici. In particolare, si può notare che se a questa bassa differenza è associata la scelta di gomme molto morbide (US in Ungheria, Germania ed Azerbaijan, HS a Monaco), il divario sul passo gara fra i due top team si amplifica ulteriormente.
  2. Nei circuiti con forte impegno laterale ed elevato stress sulla gomma la Mercedes è sembrata estremamente competitiva (Spagna, Francia, Gran Bretagna), anche se a viziare tale considerazione c’è la questione gomme ribassate, che sicuramente ha avuto una sua influenza sulle prestazioni delle vetture.
  3. Ad esclusione dell’Australia, GP in cui ancora la Ferrari non era in grado di mostrare il suo effettivo potenziale, e della Francia (gomme dure e ribassate), Mercedes sembra meno a suo agio quando Pirelli permette elevati valori di camber all’anteriore in combinazione con compound morbidi (esempio eclatante Monaco, GP in cui, nonostante l’impegno sulla gomma sia estremamente basso, Mercedes soffriva più di tutti di blistering nei long run).

Da queste considerazioni si possono provare ad azzardare alcune ipotesi sulle caratteristiche delle due vetture di vertice, almeno per quanto riguarda le criticità nelle scelte di assetto.

Sembrerebbe che il progetto Ferrari garantisca in generale una maggiore uniformità di comportamento dei due assi e quindi sia minore la necessità di differenziare le scelte di setup fra anteriore e posteriore. Questo comporterebbe un maggior equilibrio che si esalta quando i parametri di assetto sugli pneumatici imposti da Pirelli impediscono grosse variazioni fra anteriore e posteriore; in particolare il maggior equilibrio permette di stressare meno lo pneumatico e dà quindi la possibilità di adottare un camber più accentuato sull’anteriore senza minare la durata della gomma nei long run, specialmente con composti morbidi.

Al contrario pare che in casa Mercedes ci sia la necessità di equilibrare la vettura con variazioni di assetto un po’ più spinte fra anteriore e posteriore, con la conseguenza di avere una monoposto ben più performante quando Pirelli permette tali scelte. Tale fenomeno potrebbe amplificarsi con gli pneumatici più duri perché soffrono evidentemente meno dello stress provocato da una vettura più “estrema” che stressa maggiormente le gomme.

Nelle prossime ore dovrebbero essere resi noti i valori scelti da Pirelli per pressioni e camber in vista di Spa che potrebbero essere determinanti per il risultato della gara fra le Ardenne.

Ciao!