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Virtual driver by McLaren

Vuoi diventare un pilota di F1 per il  simulatore della McLaren? A breve potrai farlo.

Già, la casa di Woking ha avviato un progetto di ricerca di driver online, andando a chiedere aiuto a colui che fece nascere la GT Academy, alias  Darren Cox. Per i meno avvezzi, è il personaggio che ha ideato la GT Academy , in collaborazione con Nissan e Play Station, per dimostrare che si potesse portare in gara e con buoni risultati, dei piloti virtuali fortissimi sulla piattaforma del gioco Gran Turismo. (progetto nato nel 2008)

Per quel che riguarda il tentativo fatto con la GT Academy, i risultati sono stati più che rosei, con piloti che spesso hanno ben figurato poi nelle competizioni. C’è da dire però, che le selezioni non si limitavano a una attitudine limitata al game, ma dopo una selezione di un gruppo di possibili futuri piloti reali, c’erano da superare difficili sessioni di allenamento, verifiche delle doti di guida nella realtà, la capacità di apprendimento, il lavoro di squadra, l’analisi dei dati, il saper sopportare lo stress e fatica. Insomma, non illudetevi che basti essere forti a Gran Turismo, per poter far belle cose a Le Mans.

Nel caso di Mclaren, a oggi non sono ancora ben chiare le regole del concorso, ma si sa già da ora, che non ci sarà una sola piattaforma di “gioco” (ormai più simulazione vera e propria), su cui verranno trovati i 10 virtual driver, che andranno poi alla seconda fase. E’ facile aspettarsi che si andranno a utilizzare i vari simulatori di guida un pò meno realistici, come probabilmente i vari Gran Turismo e Forza Motorsport, andando poi a salire, fino a quelli per palati sopraffini, come Assetto Corsa, una delle eccellenze nella simulazione per pc e non.

Dei 10 piloti virtuali, 6 verranno scelti da un gruppo di esperti di F1 e videogame, mentre altri 4 usciranno dalle varie sfide che si effettueranno nei mesi estivi. Passata la prima fase, ci sarà una ulteriore sfida direttamente in sede a Woking, dove i 10 dovranno dimostrare di avere anche altre doti, oltre che la pura capacità velocistica nel virtuale, andando a mostrare anche le loro capacità di lavoro di squadra, analisi dei dati, capacità di fornire informazioni e quanto altro serva, per essere un ottimo pilota da simulatore.

Il compenso per il vincitore, sarà quello di vedersi sottoscrivere un contratto di un anno, come virtual tester con McLaren, prospettiva che può essere da sogno per molti appassionati di corse.

Resto in dubbio, su quanto questa, sia più una trovata per avvicinare i giovani alla F1 o invece mero marketing, oppure una visione a lungo termine, su un ipotetica futura competizione di F1 virtuali.

Ma ora scusate, vi lascio perchè devo allenarmi al pc 😉

Saluti Davide_In-Driving -Simulation_QV

La Beffa di Adelaide

La Formula 1 “che fu” deve la propria fama a gare spettacolari, gesti eroici, fallimenti clamorosi, grandi uomini, circuiti affascinanti, innovazioni tecniche e tanto altro, oltre indubbiamente a rivalità e dualismi dai risvolti sportivi e umani molto intensi; storie che attirano il pubblico, coinvolto a sua volta in diatribe infinite che spesso superano la carriera e a volte l’esistenza stessa dei protagonisti delle vicende narrate. Su una di queste storie Ron Howard ha prodotto un film che ha riscosso un grande successo al botteghino, incontrando i favori del grande pubblico e dividendo gli appassionati di Formula 1, visto che alcuni si aspettavano forse una riproduzione più tecnica e fedele delle avventure di Lauda e Hunt, ma non possiamo dimenticare che quella pellicola è prima di tutto intrattenimento e in un’era dove la Formula 1 è distante come non mai dalla gente vedere le file al cinema per ammirare le gesta di due eroi dei gran premi dovrebbe bastarci.

“Due sono i mondi in cui gli uomini si ritrovano messi a nudo, tutte le facciate spariscono, in modo che è possibile vedere il loro nocciolo duro. Il primo è il campo di battaglia.” Edward Bunker 

Senza scomodare i pionieri della Formula 1 e restando nell’era moderna, c’è sicuramente un incontro/scontro che se trasferito a Hollywoord meriterebbe una trilogia in stile “Lord of the Rings”: stiamo parlando ovviamente di Senna e Prost, il duello dei duelli, in pista e fuori, tra dichiarazioni al vetriolo, colpi proibiti e un finale romantico reso amaro dalla tragedia. La Mclaren in quel periodo non aveva rivali all’altezza e riuscì a controllare la situazione incamerando titoli mondiali a ripetizione, ma in casa Williams una situazione analoga portò risultati nefasti in ben due occasioni. Nel 1981, con Reutemann e Jones a condividere il box, il team non riuscì a gestire il conflitto con logica “aziendale”, vanificando le prestazioni dell’auto favorita e lasciando strada ad un terzo incomodo teoricamente svantaggiato, ma abile a raccogliere i risultati necessari per tenersi in gioco fino all’ultimo incredibile round. Il terzo incomodo rispondeva al nome di Nelson Piquet, che cinque anni più tardi si trovò a sua volta al centro di un aspro conflitto con il compagno di squadra Nigel Mansell alla corte di Sir Frank.

Dopo due titoli mondiali in sette stagioni alla Brabham, team di nobile origine destinato ad un rapidissimo declino, Piquet aveva trovato nuovi stimoli nell’offerta della Williams, pronta a tornare ai vertici grazie ad uno staff di prim’ordine e una FW11 di nuova concezione, più convenzionale e affidabile, dotata di un propulsore Honda che si dimostrò non solo potente ma più equilibrato nel rapporto tra durata e prestazioni, limando anche i cronici problemi di turbo-lag che lo avevano afflitto nelle prime stagioni in F1. Il campione carioca trovò ai box Nigel Mansell, pilota aggressivo e istintivo che dopo le iniziali difficoltà convinse gli addetti ai lavori in merito alla proprie qualità, entusiasmando il pubblico per l’attitudine da guerriero senza paura, come quando a Dallas partì dalla pole e dopo alcuni problemi tecnici svenne al traguardo dopo aver spinto la vettura rimasta senza benzina. Il leone inglese era arrivato in Williams l’anno precedente, accolto con poca simpatia da Rosberg, anche se lavorando insieme i due riuscirono ad instaurare un rapporto di reciproca stima e collaborazione importante per i risultati in pista e lo sviluppo della vettura; sarebbero riusciti i due nuovi compagni di squadra a creare lo stesso clima?

A proposito: Senna, Prost, Mansell, Piquet. Incredibile pensare che per un decennio quei quattro nomi fossero presenti in un’unica griglia di partenza! C’è una bella foto che li ritrae insieme, sorridenti e rilassati (evento raro), quattro tra i piloti più forti di tutti i tempi protagonisti di un’era che, purtroppo, non potrà ripetersi, ma questa è un’altra storia.

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“Resistere significa semplicemente tirare fuori gli attributi, e meno sono le chance più dolce è la vittoria.” Charles Bukowski

Arrivò finalmente l’atteso “Via” e i test invernali indicarono la Williams Honda come la compagine favorita per il titolo, anche se il team prima dell’inizio del campionato venne sconvolto da un drammatico incidente stradale di cui fu vittima il Patron Frank, da quel giorno costretto a vivere su una sedia a rotelle. Tra gli altri team il rivale più accreditato era sicuramente la Mclaren dominatrice delle ultime due stagioni, con il campione in carica Alain Prost, finalmente smarcatosi da quell’etichetta di eterno secondo che lo aveva perseguitato nei primi anni di carriera. A far compagnia al professore francese arrivò Keke Rosberg, mentre la Lotus confermò l’astro nascente Ayrton Senna, pilota micidiale sul giro secco, implacabile in condizioni di pista avverse e sempre più maturo, tanto aggressivo in pista quanto influente all’interno del proprio team, da anni lontana dai fasti degli anni d’oro ma ancora in grado di mettere in pista una vettura competitiva, con uno staff molto attento alle indicazioni di un pilota sicuramente in grado di fare la differenza.

Nel tradizionale appuntamento di apertura a Jacarepagua Ayrton Senna confermò le proprie doti in prova rifilando sette decimi a Piquet e oltre un secondo a Mansell, mentre in piena era del turbo la differenza tra colossi dell’auto e piccoli team divenne sempre più evidente, tanto che a metà schieramento si riscontravano distacchi pesanti e nelle ultime file le “sorelle minori” giravano oltre dieci secondi al giro più lente. In gara Mansell fu vittima di un eccesso di agonismo ed uscì subito di scena nel tentativo di passare Senna, che chiuse secondo alle spalle di Piquet; deluse invece le aspettative la rivoluzionaria Brabham BT55 denominata “sogliola” , con Patrese costretto presto al ritiro e De Angelis fuori dalla zona punti a tre giri dal vincitore, un fallimento probabilmente decisivo per le sorti del team fondato da Black Jack.

Dopo 5 anni la Formula 1 tornò in Spagna nel nuovo impianto di Jerez, aspramente criticato per la conformazione poco adatta alla categoria e le misure di sicurezza giudicate insufficienti, ne uscì comunque una bellissima gara, destinata ad entrare nella storia: Senna, ancora in pole con quasi un secondo sulla diretta concorrenza, tentò di prendere il largo, mentre alle sue spalle non mancarono i duelli; a metà gara Mansell passò in testa ma iniziò a patire un eccessivo degrado degli pneumatici, prendendo poi troppo tardi la decisione di sostituirli: rientrato in pista dopo il pit-stop iniziò a macinare giri record e in poco tempo si riportò alle spalle di Senna e i due arrivarono al fotofinish con il brasiliano primo con 14 millesimi di vantaggio!

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“Fortis cadere, cedere non potest.” Proverbio latino

Prost, fino a quel momento defilato, calò un bis di vittorie a Imola e Montecarlo, portandosi in testa al mondiale, mentre le Williams sorprendentemente stentavano a decollare. Quella del principato fu purtroppo l’ultima presenza di Elio De Angelis: i suoi sogni di gloria, già ridimensionati da un team tanto ambizioso quanto deludente, si infransero infatti definitivamente il 15 maggio 1986 in un ospedale di Marsiglia, a causa delle ferite riportate in un gravissimo incidente avvenuto il giorno precedente al Paul Ricard durante una sessione di test privati dove le misure di sicurezza si rivelarono fatalmente inadeguate. La Brabham decollò per il distacco di un alettone e prese fuoco in seguito all’impatto, De Angelis restò nella macchina in fiamme per sette minuti e i primi a soccorrerlo furono i piloti (Alain Prost tentò di estrarlo dall’auto) mentre meccanici e commissari giunsero tardivamente. Cediamo per un attimo la parola a Ezio Zermiani: “Basta con questi laceranti rumori, ora potrai rilassarti come piaceva a te. Ricordi? Ssshht, non disturbiamolo, Elio sta sognando”

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“Ama i tuoi nemici perché essi tirano fuori il meglio di te.” Friedrich Nietzsche

Ancora commosso per l’assurda perdita di Elio, l’ambiente della Formula 1 ripartì nel segno di un duello tra quattro piloti consapevoli l’un l’altro di avere di fronte tre nemici di altissimo livello, vietato abbassare la guardia dunque, con ovvia soddisfazione per gli spettatori di un’opera di prim’ordine, probabilmente uno dei campionati più entusiasmanti della storia.

A Spa Berger si mise in evidenza in prova ma al via costrinse al contatto Senna (comunque secondo) e Prost, ottimo sesto al termine di una gara di rimonta dopo essere finito in fondo al gruppo; Mansell approfittò del ritiro di Piquet per vincere la gara e recuperare terreno, concedendo un gradito bis a Montreal, insidiato realmente dal solo Rosberg, tanto aggressivo quanto eccessivo nei consumi. A quel punto il leone aveva affiancato Senna a due sole lunghezze dal leader Prost, come sempre costante e attento nella visione strategica in ottica campionato, mentre Piquet, visto da molti come il grande favorito a inizio stagione, sembrava non essere in grado di incidere.  Dopo un quinto posto a Detroit, dove vinse Senna, Mansell riprese la fuga vincendo sia al Paul Ricard (drasticamente rivisto dopo l’incidente mortale di De Angelis) che a Brands Hatch, di fronte a Frank Williams, che tornò per la prima volta ai box dopo l’incidente, assistendo ad una gara dove le sue vetture terrorizzarono la concorrenza doppiando tutti. Quella di Brands Hatch fu anche l’ultima gara per Jacques Laffite, che proprio in quell’occasione eguagliò il record di presenze di Graham Hill, ma fu coinvolto  in una carambola innescata da Boutsen che gli procurò gravi ferite alle gambe. Protagonista con la Ligier a cavallo tra gli anni settanta e ottanta, l’umile Jacquot non ha mai attirato l’attenzione dei riflettori come altri suoi colleghi, ma è sicuramente stato tra i piloti più veloci in una generazione di fenomeni e salutò tutti con 176 presenze, 6 vittorie, 7 pole e 32 podi.

A quel punto Piquet era a 18 punti dal compagno di squadra, ma Nelson non era certo tipo da abbattersi, come dimostrano le incredibili rimonte che lo portarono al titolo nel 1981 e 1983, quando a metà campionato nessuno, come in questo caso, avrebbe scommesso sulla sua vittoria. Non a caso il brasiliano calò un tris di successi tra Hockenheim e Monza, confezionando tra l’altro all’Hungaroring un sorpasso su Senna destinato ad entrare nella leggenda: un primo tentativo avvenne forzando la staccata in fondo al rettilineo, ma la Williams finì larga, Piquet rimase incollato agli scarichi di Senna per sfruttare al massimo la scia della Lotus e all’esterno della solita staccata dopo il rettilineo di partenza percorse tutto il curvone di traverso, riuscendo a controllare con un controsterzo incredibile la sua Williams, un sorpasso leggendario che portò il brasiliano di Rio a vincere il primo GP d’Ungheria della storia.

1986 Hungarian GP - Piquet Senna

In mezzo ai tre successi di Piquet vinse un Gran Premio anche Prost, sempre incollato alle Williams, mentre Senna fu vittima di due ritiri consecutivi che lo allontanarono dal vertice; nel frattempo si mise in luce il nostro Teo Fabi, protagonista a Monza e sull’Osterreichring con due pole position che, causa guasti meccanici, non portarono punti, mentre all’Estoril Mansell colse la quinta vittoria stagionale, rifilando una vera e propria mazzata alla concorrenza: con due sole gare da disputare il Leone poteva ora contare su ben 70 punti, con un margine di 10 lunghezze su Piquet e 11 su Prost. A Città del Messico il mondiale poteva chiudersi anticipatamente ma le condizioni del tracciato favorirono il compagno di squadra di Fabi, Gerhard Berger (già pronto per il passaggio in Ferrari) che regalò la prima vittoria alla Benetton con la complicità degli pneumatici Pirelli, grazie ai quali riuscì a non fermarsi ai box al contrario degli avversari gommati Goodyear, tra questi Mansell, che chiuse la gara al quinto posto ad un giro del vincitore, mentre Prost, secondo, riuscì a riaprire il mondiale, anche se la conferma del titolo sembrava comunque un’ipotesi poco probabile.

“Veni, vidi, vici” Giulio Cesare

Ad Adelaide, prova conclusiva del mondiale, in quello che poteva essere un trionfo annunciato la Williams, arrivò addirittura Sōichirō Honda, padre fondatore dell’azienda che portava il suo nome; le prove confermarono le sensazioni della vigilia con le Williams in prima fila, grazie a Mansell primo e Piquet secondo, con Senna (ormai fuori dai giochi) al terzo posto e Prost quarto ad oltre un secondo di distacco.

Davanti ad un foltissimo pubblico Ayrton Senna fu velocissimo allo start, mentre dopo pochi giri fu sorprendentemente Rosberg a prendere il comando, deciso a dare l’addio alla Formula 1 nel migliore dei modi al termine di una stagione tribolata. Mansell continuava a controllare la corsa in quanto sia Piquet che Prost avrebbero potuto sopravanzarlo in classifica solo vincendo il Gran Premio, situazione che nella prima fase di gara appariva ancora improbabile tenendo in considerazione che Piquet fu protagonista di un testacoda senza conseguenze che lo aveva ulteriormente allontanato dal leader, mentre Prost rientrò ai box causa una foratura perdendo alcune posizioni. Questo cambio gomme imprevisto si rivelò quanto mai decisivo, ma in quel momento nessuno avrebbe potuto immaginarlo.

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La Goodyear aveva rassicurato i propri clienti sul fatto che le proprie gomme sarebbero durate per l’intero Gran Premio, ma al sessantatreesimo passaggio la gomma di Rosberg cedette e Keke fu costretto mestamente ad accostare; la Williams forse sottovalutò l’episodio, oppure le comunicazioni non furono sufficientemente tempestive, ad ogni modo ai box del team inglese non suonò il campanello d’allarme e Mansell rimase in pista, ma nel giro successivo sul velocissimo Brabham Straight la sua gomma posteriore sinistra esplose alla velocità di 290 Km/h: l’inglese diede prova di grande temperamento controllando la vettura fino alla via di fuga, ma a quel punto poteva solo assistere al finale di gara sperando in un miracolo.

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La Williams tentò di correre ai ripari e Piquet venne richiamato frettolosamente ai box mentre Prost, che aveva già sostituito gli pneumatici dopo la foratura, prese il comando e non lo lasciò più, gestendo nel finale la rincorsa di uno scatenato Piquet, che inanellò una serie di giri veloci insufficienti per recuperare lo svantaggio. Si era ormai consumata quella che nella storia della Formula 1 è ricordata come la beffa di Adelaide. Alain Prost vinse il suo secondo titolo mondiale, per la Mclaren fu invece il terzo consecutivo, la compagine capitanata da Ron Dennis aveva già in programma un anno di transizione in vista del passaggio ai motori Honda, che arrivarono nel 1988 insieme ad Ayrton Senna, con l’intento di continuare il proprio ciclo vincente in Formula 1.

Box Mclaren, Senna e Prost, ma questa è un’altra storia…

TO BE CONTINUED

Mister Brown

Barbecue di merluzzo per la Pasqua rossa in Bahrain

La F1 è tornata a correre il giorno di Pasqua e la Ferrari ha organizzato una bellissima festa culminata con inni goliardici a gina da parte di tutta la squadra e con Sebastian Vettel indiscusso primattore. Credo che Hamilton sia costretto a passare le due settimane che mancano al prossimo gp (e ci sono forti segnali che potrebbe dover continuare più a lungo) a riflettere sui complimenti a Seb fatti nel dopo gran premio di Cina e a mordersi la lingua ripensando ai bei tempi in cui tirava i guanti a Rosberg.

Una festa bellissima dicevamo, e strameritata per la Ferrari, nonostante la viglia avesse messo in evidenza i primi problemi di affidabilità della PU rossa con la rottura(?) di alcuni componenti. Probabilmente il conseguente (presunto?) depotenziamento precauzionale in prova (mancato utilizzo del bottone magico?) ha permesso alla Mercedes di fare ancora la gradassa in qualifica monopolizzando la prima fila con (udite! udite!) Bottas a conquistare la prima pole di carriera.

Hamilton di fronte alla pole persa (addio al primato delle otto pole consecutive di Senna) ha fatto buon viso anche perché aveva la responsabilità di un errore nell’ultima curva del giro “buono”.

La gara ha fugato però ogni dubbio sin dalla partenza e gli ha presentato un conto pesante. Alla prima curva Vettel gli ha messo le ruote davanti con una staccata di prim’ordine e non gli ha più concesso certezze per tutta la gara.

La sintesi della gara in effetti è tutta qui, anche se i due attori protagonisti si sono rincorsi a distanza, causa diverse strategie: Vettel implacabile a dimostrare assieme alla squadra solo certezze sia sul comportamento della macchina che delle gomme. Hamilton e la Mercedes ad inseguire. Nel finale è vero che abbiamo assistito ad un tentativo di rimonta di Lewis che lo ha portato ad arrivare molto vicino a Seb sul traguardo, ma ho la certezza che Vettel più che dalla rimonta di Lewis fosse distratto dalla manicure del ditino da mostrare al mondo intero sul podio.

Sul fronte squadre Mercedes ha dimostrato di giocare sul solo Hamilton in ottica riconferma mondiale, relegando Bottas ad un ruolo di comprimario da sacrificare alla bisogna alle strategie di squadra. Sono infatti almeno un paio i team radio che lo hanno “invitato” a dare strada al compagno. E questo proprio nel momento in cui lo stesso Bottas sta dimostrando di poter avere qualche cartuccia da sparare a livello di prestazioni. A questo punto è lui che deve giocare le sue carte e scegliere se recitare per tutta l’anno il ruolo di cavalier servente per cercare un rinnovo oppure se provare a “ribellarsi” e mostrare di avere anche gli attributi del campione (certe opportunità non si presentano facilmente e le strade dei gp sono lastricate di anonimi “campioni”). Oppure come nella metafora del titolo, accettare di essere offerto come sacrificio alla festa della Pasqua rossa.

Il ruolo di Nico Rosberg e il suo contributo alla squadra risaltano probabilmente più adesso che è assente.

Anche Raikkonen ha corso una gara incolore, l’ennesima. In questo caso non sono stati nemmeno necessari i team radio per raffreddare le velleità nei confronti del compagno. Le prestazioni di Kimi sono state incolori sempre nel weekend e, incapsulato in un’abulia ormai cronica, è riuscito a qualificarsi dietro anche alle RedBull e a battagliare con la Williams di Massa (!) in più riprese durante la gara. La SF70H non è la F14T una macchina dietro cui nascondersi per giustificare qualsiasi prestazione insufficiente, ma sembra che Kimi ci stia provando. Il rischio, ormai il verdetto direi, è di terminare la carriera come pietanza bollita di un barbecue che si annuncia frequente in questa stagione.

Dal punto di vista delle squadre, il campionato costruttori rischia di essere una battaglia di merluzzi, con Arrivabene e Wolff finalisti di masterchef.

Che dire degli altri? Mi piace la Renault che silenziosamente sta facendo piccoli ma positivi passi con una politica speculare a quella di Honda per esempio. Anche qui abbiamo una sola vettura in campo, quella di Hulk. Palmer rimane infatti un mistero (mica tanto).

Piccoli passi in avanti (ma proprio piccoli) almeno in gara per la Force India e un brutto passo indietro per la Toro Rosso. Sul fronte piloti Sainz ha vinto ieri il “tiro a Stroll”, il nuovo gioco introdotto per coinvolgere nell’interesse del Gran Premio anche le seconde linee.

Massa cerca una improbabile seconda giovinezza con una Williams che non riesce a supportarlo in alcun modo.

Sul fronte McLaren si segnala che dietro la cortina di fumo alzata con la partecipazione di Alonso a Indianapolis ci sono due cose:

il niente della Honda (cha anche ieri ha lasciato a fare il turista Stoffel) e il crollo di Fernando.

Le prestazioni della Ferrari e quindi la caduta di una delle sue più forti motivazioni al progetto Mclaren e la cronica inconsistenza dei giapponesi hanno avuto la meglio sul suo morale.

In pista, Fernando, vistosi sverniciato da chiunque in rettilineo, ha pensato bene di aprire un’autoscuola di pilotaggio per i piloti delle retrovie. Divertente, allegorico. Ma non può bastare. Probabilmente ne ha approfittato per dare un’occhiata da vicino alla Renault di Palmer sua probabile macchina del futuro.

Quando è sceso dalla macchina (senza benzina?) il dubbio più grande era se salirà ancora sulla macchina a pedali arancione.

Non credo abbia partecipato al barbecue Ferrari.

Aviator

Una favola cinese di Formula 1

Il ruota a ruota alla fine non c’è stato. Il muretto Ferrari non si è fidato del novello Nostradamus, in arte Lewis Hamilton, che in cuor suo ringrazia e vince senza vedere mai nessuno davanti a lui nei 56 giri di Shanghai. In realtà qualcuno davanti se lo troverà, una sagoma amica, una mercedes guidata anziché da Bottas, da Bernd Mayländer su Safety Car; per pochi giri, ma i giri che cambieranno la storia del GP. Una storia fatta di tanti personaggi, che comincia con un elicottero, un tizio che lancia cappellini, un ragazzo che litiga con una piastrella di erba sintetica, un bambino prodigio che cerca di ritrovare i due cilindri che ha perso, un ditino, un millesimo di secondo e noi tutti che ci togliamo il cappello davanti al giro che vale la pole dell’uomo che lanciava i cappellini. Poi ci sono un tipo bolzo col cardigan, i ragazzi del muretto, lo shanghai, un ferro da stiro, Il più bravo pilota del mondo nella gara più bella della sua vita sulla macchina dei suoi sogni, qualcuno parla anche di due finlandesi ma non ci sono conferme.

Spoiler: La storia finisce con il ditino e l’uomo dei cappellini che si abbracciano forte lasciando che siano i caschi ad impedire alle loro lingue di aggrovigliarsi. Un trionfo.

Ma cominciamo dall’inizio.

La Domenica di gara è assicurata da una trovata di Charlie che si guadagna la pagnotta. L’elicottero non serviva mica, bastava portare neurologia nell’ospedale qui dietro. Se Maometto non ci vuole proprio andare alla montagna…

Ma Piove. no, aspetta, è piovuto. Comunque la pista è bagnata. ma anche no. C’è caos per i giri di formazione, mancano ancora 25 minuti alla partenza e qualcuno pensa di mettere le slick perché han visto che le intermedie saranno 7 secondi più veloci di prima, ma durano 7 giri. Anche l’uomo dei cappellini ci pensa, però, al contrario di Sainz, si pente causa prima curva con escursione. O perché semplicemente si ricorda che parte primo ed è una cazzata. Ditino intanto pensa bene di rovinare il meraviglioso allineamento di una griglia di partenza; mai da un tedesco precisino ci si poteva aspettare che preferisse partire sull’asciutto che rovinare una simmetria. Tant’è che si pianta di traverso come non si era mai visto e mentre partono le quotazioni inglesi sui secondi di penalità, qualcuno dagli spalti ricorda agli altri che è cambiata musica e ora suona l’inno americano e agli americani queste cose fanno colore.

I giri dei motori si alzano (siamo mica in formula E!); i semafori si accendono, si parte. Una partenza vera, all’americana. Le Mercedes partono bene sulla sinistra più pulita e asciutta, Vettel pattina come Will Coyote rovinando anche la partenza del finlandese anonimo dietro di lui, ma mentre il primo tiene botta con Bottas, il miracolato di rosso vestito non da noia a un Ricciardo in cerca di riscatto. Il bimbo a 4 cilindri intanto schizza dalle retrovie trovando davanti un’autostrada; lui del resto può infilarsi dove vuole, se gli altri si accalcano all’interno, lui passa all’esterno e viceversa, un diavolo col cameracar. Ancor più bravo forse il pilota migliore del mondo che tutte quelle possibilità non ce le ha, ma si guadagna 5 posizioni in poche curve. Tutto molto bello, se non fosse per Perez che ha poca voglia di frenare dietro a quel raccomandato di Stroll, lo prende pieno e lo butta nella ghiaia, ignaro di star scatenando un vero e proprio effetto farfalla.

L’uscita di Stroll infatti fa scattare la Virtual SC, bisogna togliere la macchina di torno; qui entra in scena muretto, un muretto Ferrari ancora in evidente sudditanza psicologica che richiama Vettel per cambiargli le intermedie con le Soft e fregare tutti con un azzardo che avrebbe potuto pagare davvero tanto. Ma un azzardo si chiama così per un motivo. E’ rischioso. Il gioco infatti avrebbe funzionato solo se… il terzo pilota di casa non avesse rovinato tutto. Giovinazzi che ha già le slick montate e fredde si emoziona prima vedendo Ericsson sbucare da un fuoripista, poi si scorda che sotto le enormi passerelle di Shanghai c’è sempre ombra e si rischia quell’acquaplaning che lo manda a muro per la seconda volta in pochi giri. I pezzi della Sauber sono ovunque in pista, entra la Safety Car, quella vera. Siamo solo al quarto giro. Tutti i primi 5 piloti rimasti con le intermedie ne approfittano per cambiare gomma, Mercedes monta le Soft, RedBull le SuperSoft. Fin qui nulla di tragico per Vettel, solo un danno in termini cronometrici, il suo guadagno sarà minore. Ma Giovinazzi ha sbattuto nel punto più sbagliato, benché il suo preferito, quindi le macchine per evitare i detriti dovranno passare in pit lane con il limitatore. Un Vettel virtualmente primo di una decina di secondi grazie alla sosta sotto VSC, in un attimo diventa realmente sesto dietro Hamilton, Bottas, Ricciardo, Raikkonen e Verstappen. (già, perché Verstappen intanto era arrivato ad accodarsi al gruppo che gli compete senza chiedere permesso). Come inizio non è male.

Ma ora siamo in regime di Safety Car cosa vuoi che succeda? Succede, succede. Qualcuno lassù sta giocando a Shanghai oggi e ha lanciato le bacchettine rimescolando certezze e gerarchie. Ed è così che potremo dire di aver visto un finlandese andare in testacoda scaldando le gomme; e finendo dodicesimo. Intanto su un altro canale c’è un Sainz settimo, miracolato da questo casino, che ha cominciato a far funzionare le slick con cui quasi non era riuscito a partire, un Perez ottavo che è alla caccia di Alonso settimo a cui un podio rovinerebbe tutta la strategia di queste settimane, comunque tutti che si fanno beffe di Massa e del suo ferro da stiro così scarico che non riesce a lottare con nessuno.

Ma torniamo sul GP, quello vero. Verstappen è su SuperSoft e sa guidare. Vuole guidare. Prima fa fuori Raikkonen che non pare accorgersene, poi fa uno sgarbo al compagno di squadra che lamenta sovrasterzo. E’ secondo dopo 11 giri di cui non più di 6 di vera Formula1. Spaziale.

Raikkonen ora è attaccato a Ricciardo e seguito da un Vettel scalpitante che deve ricostruire tutta la sua gara. Si lamenta con i box. Usa anche una parolaccia per far capire che non è estremamente felice e simulare che gliene importi qualcosa: ha un problema di potenza in uscita di curva 12, quindi è un’ottima scusa per non attaccare Ricciardo. Del resto tutti noi quando siamo stanchi di guidare ci accodiamo a una macchina davanti. Ormai a nessuno importerebbe più di tanto, il finlandese lo conosciamo bene, se non fosse che fa da tappo al tedesco che in ogni modo cerca di farsi vedere negli specchietti. Qui il muretto Ferrari non si vede, non si sente, non parla come la scimmia cinese; eppure se hai una macchina su due con un problema tecnico, puoi anche far passare quello dietro che non ce l’ha e che nel frattempo sta sbraciolando le sue gomme. Invece niente. Passano i giri. Hamilton va via, non tanto, ma con calma. Verstappen comincia a degradare la sua gomma rossa, Ricciardo fa quel che può. Alla fine Vettel si stanca, approfitta di un colpo di sonno del finlandese e lo passa; in un attimo è su Ricciardo, lo studia (poco) lo attacca (molto) organizzando un sorpasso all’esterno con ruotata che dura un’eternità ma che fa sognare tutti quelli a cui piacciono le corse in macchina. Grazie anche all’australiano che si difende con ciò che ha (e grazie ancora a chi l’anno scorso sanzionava ogni duello decente).

Vettel è il più veloce in pista, cerca l’olandese. Hamilton controlla, del resto deve gestire solo le sue gomme e il vantaggio accumulato sul trenino dietro di lui. Bottas cerca di capire come ha fatto Verstappen e raggiunge la settima piazza e passa Alonso sul rettilineo a una velocità doppia rispetto a quella dell’asturiano, Sainz è nel mirino come dicono quelli che ne sanno.

Vettel raggiunge un Verstappen a fine gomma, lo punta e lo fa sbagliare in staccata, l’olandese spiattella sul cordolo, fa passare il tedesco e corre ai box uscendo dietro Bottas e superandolo subito come fosse un Raikkonen qualunque.

A questo punto cominciano i cambi gomma e il Gp finisce al trentesimo giro. Da qui in avanti avremo due sussulti, il bel sorpasso di Grosjean su Massa tutto all’esterno e la lotta finale tra le due RedBull per il podio. Il resto sono distacchi immobili e il solito ritiro di Alonso che fa il parcheggio più bello della sua vita.

Ci sono tante morali in questa favola cinese che abbiamo raccontato, proviamo a tirarne fuori qualcuna che possa stimolare dibattito.

I rookie son sempre dei rookie e devono imparare sbagliando, ma certi rookie lo sono meno e vanno anche a podio o vincono. La storia dei sorpassi veri è vera. E Verstappen è un gran pilota, ottavo podio di carriera. Il DRS è stato pensionato; proveranno dell’accanimento terapeutico, ma è in archivio. I piloti finlandesi sono in F1 per non disturbare quelli bravi, ma dal brutto carattere e dal buon contratto. La coppia RedBull dimostra che è una soluzione idiota. Gli americani amano i contatti di gara. Finalmente. Mercedes e Ferrari non sono proprio alla pari ma se la giocheranno in tutte le gare, peccato che hanno solo due piloti. La RedBull non è così drammatica; è grezza, ma non è da buttare. Oggi Marchionne ha stracciato il rinnovo di Raikkonen anche vincesse il mondiale. I sorpassi all’esterno ora si fanno. Bellissimi.

 

Le insofferenze asturiane portano a mille ipotesi

Partiamo subito con una premessa: tutto ciò che verrà scritto nelle successive righe è puro frutto di ipotesi, mezze frasi, voci di corridoio. Al momento nulla di ciò che viene scritto si associa a realtà o solo in maniera parziale.

Detto questo sappiamo tutti che Alonso sia giunto a una insofferenza totale, per la situazione ancora una volta scandalosa, che si è venuta a creare nel team McLaren a causa della PU Honda.

Ormai si sprecano le parole e le frecciate dello Spagnolo verso i Giapponesi, artefici di un ennesimo motore scarsamente affidabile e dalle prestazioni altamente deludenti. Una situazione che, alla terza stagione di fila, è fin troppo assurda che veda coinvolto un pilota del livello di Fernando.

L’Asturiano non ha mai nascosto l’interesse per il WEC e la sua voglia di poter partecipare alla 24h di Le Mans, ed ha più volte fatto presente che lo vorrebbe fare con Porsche. Ed infatti ecco che dalla voce di Webber esce la frase che Nando sia ormai prossimo a stracciare il contratto con McLaren ed Honda, con buona probabilità già durante la stagione.

L’ipotesi lascia tutti un pò perplessi: punto uno perchè pare che il contratto sia blindatissimo, altrimenti si sarebbe già accasato in Mercedes per sostituire Rosberg (sono di queste ore, le parole pronunciate da Toto Wolff, che confermano la cosa), punto secondo perchè sì c’è il WEC ma le line up dei team son già fatte anche lì e la preparazione per la 24h non è una cosa che si fa in 2 mesi.

In tutto questo scenario c’è poi da pensare a un personaggio di tal valore che andrebbe a levarsi dallo show F1, cosa che non credo possa rendere felici Liberty Media che, allo stesso tempo, non può essere gioiosa manco di vedere una McLaren sorpassata da due auto come fosse un paracarro.

Forse tutto questo parlare serve solo a far muovere le acque, magari per velocizzare un accordo che permetta l’abbandono delle PU Honda alla McLaren e un passaggio ad altro motorista (probabilmente Mercedes), oltre a far fluire in qualche modo i soldi che servono per coprire il contratto di Alonso.

Si, siamo alla FantaFormula1 e c’è caso che, come nell’articolo del pre gp, non imbrocchi una sola di queste previsioni.

…ed ora, a voi la parola 😉

Saluti Davide_QV