LECLERC E LA FERRARI DOMINANO IN BAHRAIN. RED BULL E MERCEDES NEI GUAI.

Per la Formula 1 della nuova era ad effetto suolo è arrivata, finalmente, l’ora della verità. Dopo mesi di progettazione e sviluppo virtuale, e soli 6 giorni di test, è venuto il momento di verificare chi ha fatto bene i compiti, chi li ha fatti così così, e chi li ha completamente sbagliati. Sapendo che, per questi ultimi, si prospetterà un anno difficile.

Con macchine completamente diverse fra loro, pochi giorni di test e la possibilità per i team di nascondere le loro prestazioni, c’erano poche certezze e tanti dubbi. Una certezza era che la Red Bull é sempre davanti, e che la Ferrari, a dispetto delle fiancate massicce che hanno destato più di qualche perplessità, avesse una macchina quantomeno buona.
Il dubbio poteva essere quanto buona, e l’altro dubbio era quanto in difficoltà fosse la saltellante W13, oggetto di cure non proprio ortodosse a suon di smeriglio.

E le qualifiche hanno fatto chiarezza. La massiccia SF-75 é un’ottima macchina, e Leclerc l’ha piazzata in pole davanti a Verstappen e a Sainz, terzo per pochi centesimi.
La W13 é invece nata male, e Hamilton ha faticato a metterla in quinta posizione davanti al suo ex-maggiordomo Bottas, il cui sorriso, dopo le qualifiche, era significativo. Anche perché chi l’ha sostituito, il giovane Russell, si é beccato un secondo da Lewis.

Si spengono i semafori e i primi tre scattano in fotocopia, mentre Perez perde subito la quarta posizione che gli viene sottratta da Hamilton. Bottas spreca l’ottima qualifica e sprofonda in quattordicesima posizione.
Il recuperato Magnussen, con la rediviva Haas made in Maranello, si ritrova in quinta posizione, che però dura poco perché Perez e Russell lo passano facilmente grazie anche a due lunghi di troppo.

Al decimo giro, con Leclerc comodamente davanti a Verstappen, Perez supera Hamilton che già faticava a tenere il passo di Sainz, terzo.

Proprio Lewis é il primo a fermarsi, per montare gomma bianca.
E all’uscita dai box si trova ingrossa difficoltà senza grip. Con le gomme da 18 pollici e le termocoperte limitate a 70 gradi di temperatura, il primo giro è difficoltoso.

Verstappen si ferma al giro 15, seguito da Sainz. Entrambi montano gomma nuova rossa. Al giro successivo si fermano anche Leclerc, Perez e Russell.

Leclerc esce poco davanti a Verstappen e i due ingaggiano uno strepitoso duello che dura due giri fatti di sorpassi e controsorpassi. Per tre volte Max supera Charles sul rettilineo principale e per altrettante il ferrarista risponde subito. La terza, il campione del mondo esagera e blocca l’anteriore, consentendo all’ avversario di prendere rapidamente le distanze.

Hamilton si ferma per la seconda volta al giro 28. Al giro 31 si ferma nuovamente anche Max per montare gomma gialla e al giro successivo è il turno anche di Leclerc. Stavolta però il margine è maggiore e Verstappen non può provare l’attacco. Sainz e Perez si fermano qualche giro dopo.

Verstappen si mette in caccia di Leclerc a suon di giri veloci. Ma il tentativo dura poco perché Leclerc é un martello e progressivamente porta il vantaggio sopra i 4 sec. Intanto, le due Mercedes viaggiano anonimamente in quinta e sesta posizione, lontanissimi dai primi.

Impossibilitato a raggiungere l’avversario, la Red Bull decide di tentare la carta della terza sosta per entrambe le vetture, sorprendendo Verstappen che non si aspettava questa mossa stratecica. La Ferrari risponde fermando solo Sainz, per difendere il terzo posto.

Ma al giro 46 l’Alpha Tauri di Gasly va a fuoco ed esce la Safety Car. 
Leclerc non può fare altro che fermarsi per montare gomma rossa e portarsi al pari dell’avversario.

La gara ricomincia quando mancano 7 giri alla fine. Leclerc gestisce la partenza magistralmente, mettendo subito 2 secondi fra se e Max e involandosi verso la vittoria. Ma i colpi di scena non sono finiti. In regime di Safety Car, Verstappen aveva cominciato a lamentare un indurimento del volante, segno di un problema incombente. La squadra l’aveva rassicurato, ma alla ripartenza era evidente che qualcosa non funzionasse a dovere. Con Sainz alle calcagna, le prestazioni della sua Red Bull hanno cominciato progressivamente a calare, fino a portarlo al ritiro. Ma i problemi per la squadra inglese, da quest’anno senza più l’appoggio ufficiale della Honda, non sono finiti. All’ultimo giro, un guasto fa compiere a Perez un testacoda in curva 1, mentre stava cercando di difendere il terzo posto dall’attacco di Hamilton. L’inglese guadagna così un insperato podio, seguito dal suo compagno di squadra al quarto posto. 

Sotto la bandiera a scacchi transitano così le due Ferrari e le due Mercedes ai primi 4 posti. Al quinto un bravissimo Magnussen con una Haas semplice ma evidentemente efficace, grazie anche alla superlativa power unit Ferrari cosiddetta “superfast”. Che troviamo anche al sesto posto, con Bottas e la Sauber ritornata anch’essa nelle prime posizioni. Al settimo posto Ocon, con un’Alpine sotto le aspettative, all’ottavo Tsunoda con l’unico motore Red Bull arrivato alla fine, al nono Alonso e al decimo il debuttante Zhou Guanyu, che rimarrà nei libri di storia come il primo cinese a prendere punti in una gara di Formula 1.

Fra i disastri di giornata, oltre a Red Bull, possiamo includere Aston Martin e, soprattutto, McLaren, con Ricciardo e Norris sempre tristemente fra gli ultimi. Anche la Williams non ha brillato, ma questa non è una novità.

Come ci era stato promesso, oggi abbiamo visto le macchine viaggiare vicine senza grossi problemi, ma dobbiamo tenere presente che il circuito di Sakhir è sempre stato teatro di grandi duelli, e che, comunque, i sorpassi sono stati tutti agevolati dal DRS, che, a quanto pare, ha ancora un grande effetto, anche se ci avevano assicurato il contrario. Per dare un giudizio definitivo sulle nuove regole dovremo aspettare circuiti come quello di Melbourne o di Imola.

Fra una sola settimana si torna a Jeddah, dove pochi mesi fa assistemmo ad una divertente dimostrazione delle capacità di Red Bull e Mercedes di fare il proprio interesse mettendo sotto pressione il licenziato Masi. Questa volta avranno altro a cui pensare, perchè ora davanti ci sono due macchine rosse. Che non nascondono più le proprie ambizioni da titolo.

P.S.
Fin dalla sua nomina a team principal, Binotto è stato molto criticato. Abbiamo (mi ci metto anche io) detto che non era in grado di gestire due ruoli, che aveva accettato supinamente la punizione FIA, che la squadra tecnica non era in grado di reggere il confronto con Red Bull e Mercedes. Crozza ne ha fatto pure la caricatura, perchè il personaggio ben si presta. Ma lui, imperterrito, ostentando la sua solita calma olimpica, continuava a ripetere che aveva grande fiducia nel suo team e che l’obiettivo era il cambio di regolamento del 2022. Alla fin fine, contano solo i risultati. E Mattia, ora, può mettere sul piatto una doppietta, mentre gli avversari devono pensare più a leccarsi le ferite che a quanto va forte la Ferrari.
Onore al merito.

P.S. 2
Il suo (di Binotto) ex collega Stefano Domenicali, otto anni si dimetteva da team principal dopo che la prima Ferrari dell’era ibrida, proprio in Bahrain, si faceva sverniciare da chiunque. Oggi si gode, da CEO, una nuova Formula 1 in grande crescita, soprattutto fra i giovani. E una Ferrari vincente, che gli darà una grande mano nel raggiungere l’obiettivo del business che dirige, che è ovviamente, fare grandi utili.

Immagine in evidenza dal profilo Twitter @ScuderiaFerrari