IL PUNTO DELLA REDAZIONE

Sembra che in seno alla FIA ci sia un “allarme democratico”, il che è un ossimoro bello e buono considerando che la stessa Federazione si spende a trecento sessanta gradi e, in tutti e cinque i continenti, per pubblicizzare un’immagine di inclusività e di equità. Alla fine di quest’anno, com’è noto, ci saranno le elezioni per nominare il nuovo Presidente e, l’attuale capo in carica non solo si è ricandidato come ovvio che fosse, addirittura pare che abbia blindato non tanto la sua candidatura quanto la sua rielezione certa. Durante l’anno come potenziali candidati, nel soppiantare il “democratico” Ben, si sono succeduti nomi importanti e, alcuni veramente improbabili. Tra i nomi più importanti e, diciamocela tutta che ha solleticato non poco la fantasia degli appassionati, c’è stato anche quella di Sainz sr. Il campione iberico è uno che tutt’ora ne mastica di competizioni sul campo e, dal punto di vista delle azioni sportive, sarebbe stato sicuramente più vicino alle esigenze dei piloti e del motor sport tutto. Purtroppo la velocità del ritiro della candidatura del padre dell’attuale pilota Williams, è stata pari solo all’annuncio dello stesso di voler competere con l’attuale Presidente, ed il sogno è finito ancora prima di iniziare. Ecco che al nome più quotato dello spagnolo, ne sono subentrati altri più sconosciuti ai più sebbene più inclusivi, visto che almeno due candidati appartengono al gentil sesso. Lungi da me voler azzardare battute equivoche o commenti sessisti, perché coi tempi che corrono l’accusa di misoginia è un attimo, eppure se si vuole competere contro un rivale già affermato, un minimo di curriculum valido bisogna averlo altrimenti il tutto finisce in una farsa.

Indipendentemente dalla caratura dei candidati e delle candidate, il problema in questa competizione è proprio nel merito, come dicevo prima: infatti pare che durante la sua reggenza il buon Sulayem abbia imposto delle regole che praticamente tendono a tagliare fuori qualunque potenziale avversario. Gli amici di Formula Passion ci fanno sapere che ogni potenziale candidato deve presentare in anticipo una sua squadra di governo, composta da dieci persone le quali devono a loro volta rispettare dei “vincoli geografici”. Nello specifico ogni vice Presidente, di questa potenziale squadra di governo, può essere scelto solo tra ventinove candidati, a loro volta scelti dalla FIA che provengono da ciascuna delle sei zone del mondo ove la FIA stessa opera (Europa, Nord e Sud America, Asia, Pacifico, Medio Oriente, Africa). A questa lista di candidati appartiene già Fabiana Eccleston, la quale è una fedelissima dell’attuale Presidente e, ciò automaticamente va a far cadere tutte le altre candidature. Sulayem a tal proposito credeva di avere già la vittoria in tasca, solo che evidentemente ha sottovalutato la caparbietà delle donne,  soprattutto quando si mettono in testa un obiettivo, ed infatti Laura Villars, pilota e potenziale candidata alla presidenza della stessa FIA, ha fatto ricorso al tribunale di Parigi (sede della FIA) chiedendo la sospensione delle elezioni presidenziali, fino a quando non verrà sciolto questo nodo imposto da Sulayem, che di fatto fa fuori ogni candidato in automatico. Il dieci novembre ci sarà l’udienza del suddetto ricorso e quindi solo allora potremo sapere se ci saranno le elezioni come previsto da programma. Indipendentemente da come finirà questa storia (e sospetto che l’esito sia già scritto… a favore di chi già comanda!), l’azione intrapresa dalla coraggiosa Laura porta alla ribalta un aspetto che ha sempre contraddistinto la Federazione e cioè, la poca trasparenza della stessa in quanto organo regolamentatore e quindi super partes. Purtroppo la storia della Federazione non è nuova ai giochi di potere da parte di chi comanda e, naturalmente chi ha fatto la storia in tal senso, fu Jean Marie Balestre il quale divenne famoso soprattutto per far valere il suo potere politico per colpire Senna. Balestre a sua volta fu seguito da Max Mosley il quale in seguito venne sbugiardato per i festini a sfondo nazista (questo fu il pretesto per farlo cadere definitivamente), ed ecco che si arriva al regno di Todt, in luogo del quale forte del potere che acquistò grazie alle vittorie in Ferrari, plasmò la FIA moderna che è quella che è stata appunto ereditata da Sulayem e, che non ci pensa proprio a lasciarla. A dirla tutta  si potrebbe scrivere un libro di storia riguardo alla Federazione ed alla fine si giungerebbe sempre alla stessa conclusione, che è quella che tutte le guerre, tutti i sotterfugi, sono volti solamente ad un’unica cosa che è il potere. Sebbene la Federazione dovrebbe supervisionare dall’alto è altrettanto vero che questa, a sua volta, potrebbe e dovrebbe essere controllata dai team della F1 perché loro rappresentano il vero motore di tutto e, Ferrari manco a dirlo, è la benzina di questo motore. Solo che gli attuali Team e, soprattutto questa Ferrari, sono decisamente un’altra cosa rispetto a come siamo stati abituati a conoscerli in passato, quindi dubito che i team si metteranno di traverso… finché ognuno avrà il suo pezzo di torta assicurato si capisce.

Questo argomento si va a sovrapporre al weekend di gara che si svolgerà questa settimana e, che sarà cruciale per la lotta al titolo. Giunti a questo punto, ogni GP sarà un “match ball”, perché basterà un errore, come una uscita di pista, un pit stop sbagliato o un problema meccanico e, quasi sicuramente farà fuori uno dei tre contendenti. Ormai siamo giunti in un terreno che è molto congeniale all’attuale campione del mondo, ed è quello della pressione e della caccia grossa. Norris è vero che è in un ottimo stato di forma ed ha riconquistato la vetta della classifica, solo che il lavoro più importante e, aggiungerei sporco, arriva ora perché non solo dovrà confermare l’attuale leadership, addirittura dovrà vedersela direttamente con la sua nemesi che è appunto Verstappen. L’anno scorso l’olandese gli fece vedere i sorci verdi proprio in Brasile, dove condusse una delle sue gare più belle di sempre e, se c’è un posto dove potenzialmente Max può definitivamente chiudere il gap con i primi due, quello è proprio il Brasile. Inutile dire che Piastri tutto è tranne che spacciato, visto che è perfettamente in corsa solo, come scrivo ormai da tempo, è necessaria una reazione immediata da parte sua e anche forte, altrimenti il compagno lo saluterà dall’alto del primo posto in classifica. La variabile meteo farà da sfondo ad un GP di per se già imprevedibile, il che non guasta, peccato solo che tutto ciò verrà rovinato da una inutile Sprint Race, che altro non farà che spoilerarci qualifiche e partenza che vedremo rispettivamente sabato e domenica. Ferrari in tutto questo come si comporterà? La Rossa sembra si sia ringalluzzita dopo i due (inaspettati) podi consecutivi, là dove proprio non credeva sarebbe riuscita a fare il colpaccio. Eppure si ricordi che l’attuale Ferrari, restando in tema di presidenti, è la stessa che ha rifiutato Todt come super consulente (una figura che avrebbe avuto il ruolo di Niki Lauda visto in Mercedes, giusto per intenderci), il quale con il suo peso politico, avrebbe potuto cambiare non poco le sorti della squadra stessa. Quindi non meravigliamoci se il GP dovesse finire male per i nostri eroi, perchè indipendentemente dagli ultimi risultati, questa Ferrari è sempre la stessa che abbiamo visto in Australia.

Buon GP del Brasile a tutti.

Vito Quaranta

WINNING THE WILD WEST EP.02 – C’ERA DUE VOLTE NIGEL MANSELL

Nella storiografia classica della F1 a fine 1992, si racconta che Nigel Mansell, dopo aver stravinto con la Williams, entra in un tira e molla con il patron Frank per il rinnovo contrattuale e alla fine decide di lasciare la F1 con un biglietto di solo andata per l’America, dove vince il campionato al primo tentativo. Nel racconto del 1993, qualcuno si ricorda di aggiungere che per una fortunata finestra temporale l’inglese si trovò ad essere in contemporanea campione in carica sia della F1 che della Indy Car. Quello che nessuno dice invece è che la lotta per il titolo Indy fu di altissimo livello e che in generale che la PPG Indy Car (e iterazioni successive) degli anni Novanta fu delle competizioni più entusiasmanti da guardare, anche, e per certi versi soprattutto a distanza di trent’anni. Il mio obiettivo di oggi come delle puntate future è di raccontare tutti questi aspetti attraverso il punto di vista dei piloti che in quegli anni hanno costruito una mitologia su entrambe le sponde dell’Atlantico.

In sintesi…

La stagione 1993 apre quella da molti vista come la “golden era” della IndyCar. Mansell non è l’ennesimo pilota di F1 che cerca successo oltreoceano, ma ci arriva da campione del mondo in carica, all’apice della popolarità se non della carriera. Il suo arrivo assicura un’esposizione mediatica senza precedenti e il riconoscimento di serie di livello mondiale. Va specificato però che non è la presenza di Mansell a nobilitare una serie altrimenti trascurabile, bensì fu il suo arrivo a costituire una testimonianza tanto del valore quanto della rilevanza che la serie stava assumendo nel panorama internazionale.

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Sportivamente il campionato verte sul duello tra l’inglese, accasatosi presso Newman-Haas, e i piloti Penske, Emerson Fittipaldi [ma guarda chi si rivede!] e il quasi rookie Paul Tracy, che in alcune occasioni raggiunge vette straordinarie di competizione e spettacolo. Merito anche dell’equilibrio tra i rispettivi pacchetti tecnici, Penske-Chevrolet e Lola-Ford. Se la Ilmor appare ancora in leggero ritardo rispetto a un Cosworth XB ora affidabile, la nuova PC22 è invece superiore alla Lola su stradali e cittadini, grazie a un grip meccanico e una motricità inarrivabili per il telaio inglese. Sugli ovali invece lo scontro si dimostra equilibrato ed è la potenza del Ford ad alti regimi che spesso garantì uno spunto in più a favore della squadra Newman-Haas. Ne scaturisce un campionato avvincente, in cui la maestria di Mansell, soprattutto in qualifica, e una maggiore affidabilità del pacchetto compensarono spesso le pecche della Lola su stradali e cittadini. Il campione del mondo porterà a casa 5 successi, ma solo uno di questi arriva nei circuiti misti. La facilità con cui Mansell si adatta agli ovali e l’opera di contenimento nelle altre corse gli consegnano a Nazareth un titolo strameritato, soprattutto considerando le difficili condizioni fisiche con cui ha affrontato le corse all’indomani dell’infortunio patito nelle prove libere del secondo GP a Phoenix.

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Il brasiliano, forte di un’esperienza decennale nella serie impreziosita dalla vittoria nel campionato 1989, è sempre consistente e contende il titolo all’inglese fino alla penultima gara del campionato, ma in pista il vero avversario di Mansell è il giovane Tracy, che pur portando a casa cinque successi getta al vento almeno due vittorie certe nel traffico, con altre due affermazioni perse per banali problemi tecnici. In classifica il canadese tuttavia rimarrà sempre ben distanziato da Mansell, colpa di un primo terzo di campionato in cui faticò a raggiungere la bandiera a scacchi. Per rendere l’idea, malgrado sia stato un contendente per la vittoria in due terzi delle gare, il canadese conquistò la terza posizione in campionato solo all’ultima gara.

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Emerson Fittipaldi invece corre bene e l’unico vero errore, peraltro condiviso con la squadra, lo compie a Phoenix dove non si fermò malgrado un sospetto di foratura. Se lo zelo e la gestione gara sono quelli del consumato campione qual era, come la vittoria a Indianapolis dimostra, a livello di velocità il più delle volte ha sofferto il confronto col più arrembante e giovane compagno di squadra. Del resto non dobbiamo dimenticarci che Tracy, 23enne all’epoca, aveva letteralmente metà degli anni di Fittipaldi, 46.

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Ma se c’è un pilota capace di far sembrare dei ragazzini tutti i suoi avversari, egli è Mario Andretti, 53 anni ma ancora tanta voglia di correre come dimostra la pole ai 377 di media (!!) ottenuta a Michigan o la gara tenace di Indianapolis, condotta in testa fino all’inizio dell’ultimo stint. Non è stato in grado di tener testa con costanza ai diretti rivali, ma la vittoria a Phoenix, l’ultima in carriera, dimostra comunque che come velocità e visione di gara può ancora dire la sua.

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In questo scontro fra titani agli altri rimangono le briciole. Raul Boesel e il suo team Dick Simon Racing si propongono come alternativa al trio di stelle, soprattutto a inizio stagione e sugli ovali corti, ma ancora una volta il brasiliano non riesce a portare a casa il tanto agognato primo successo (la vittoria di Boesel fu negli anni Novanta un meme come il podio di Hulkenberg). Una stagione sempre nei punti con l’unica eccezione dell’incidente in New Hampshire gli garantisce comunque il quinto posto nella classifica finale, il terzo perso solo all’ultima gara, comunque il miglior risultato in carriera.

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Gli altri big sono della partita solo saltuariamente. Il campione in carica Bobby Rahal perde la prima parte di stagione nel tentativo di rendere competitivo il telaio Hogan/ex Truesports per poi tornare al Lola dopo aver fallito la qualificazione per Indy. Gli ex campioni Al Unser jr e Danny Sullivan, entrambi accasati alla Galles Racing (Lola-Chevrolet), colgono un successo a testa, gli unici lasciati per strada da Penske e Newman-Haas, ma risultano del tutto inconsistenti nell’arco dell’intera stagione.

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Disputa la prima stagione completa un pilota dal talento cristallino ma che si dimostrò incapace di raffinarlo, Robby Gordon. Malgrado abbia iniziato il 1993 con appena sette gare in monoposto (!!!) si dimostra subito capace di battagliare con i migliori della serie. Spiego un attimo il suo background: Gordon fu uno degli ultimissimi piloti che arrivarono in Indy seguendo il vecchio cursus honorem, cioé sullo sterrato con le midget prima e le sprint car poi. Dopo diverse buone prestazioni e tanti incidenti evitabili, sembra raggiungere la maturità a fine anno per poi invischiarsi con i team sbagliati dal 1996 in poi, dopo un 1995 in cui aveva lottato per il campionato. Avrà una carriera di maggior successo nella Nascar, del resto più indicata data la sua formazione.

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Menzioni d’onore per un altro paio di volti della F1 passata e futura. Stefan Johansson, rookie of the year del 1992, è veloce ma spesso vittima di un team con troppe poche risorse per gestire un telaio impegnativo come il PC22 – unici oltre alla casa madre a gestire un telaio Penske. Andrea Montermini corse solo per 4 gare in  un team di Serie C (sponsorizzata Andrea Moda!!!) ma si distinse sia per le ottime qualifiche che il quarto posto a Detroit, la sua seconda gara PPG Indy Car in assoluto. L’ultimo nome è quello di Jimmy Vasser, ora al suo primo anno completo nella serie, che otterrà la gloria con Chip Ganassi negli anni di Zanardi.

Nel 1993 inoltre si assiste al ritiro di due leggende dello sport americano, Rick Mears e AJ Foyt (forse il più grande di tutti): 96 vittorie in due tra cui 8 Indy 500, e una carriera iniziata nel lontano 1958. Il primo annunciò il ritiro a fine 1992, liberando in Penske il posto per Paul Tracy, mentre Foyt si ritirerà alla vigilia di quella che avrebbe dovuta essere l’ultima 500 Miglia di Indianapolis.

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In una specie di scambio culturale, Michael Andretti, campione Indy nel 1991 e uno dei migliori piloti dell’epoca (42 vittorie nella serie!), fece il duale di Mansell e attraversò l’Atlantico in direzione della F1, dove venne accolto in McLaren come compagno di squadra di Senna ma con risultati al più mediocri. Il momento più noto della sua avventura fu l’incidente spettacolare in Brasile, e ottenne solo un podio prima di essere scaricato per Mika Hakkinen.

La serie è organizzata su 16 gare, si aprì il 20 Marzo col gran prix di Surfers Paradise in Australia (era tradizione anche oltreoceano) e si chiuse il 2 Ottobre sul noto tracciato di Laguna Seca.

 

 

1. Surfers Paradise, Australia – cittadino

L’avventura di Mansell in IndyCar inizia col botto a Surfers Paradise.

L’inglese mette subito le cose in chiaro piazzando la sua Lola in pole position con 3 decimi di vantaggio su Fittipaldi. Al via il campione del mondo è però subito sorpreso dalle Penske, lasciando campo libero anche al sorprendente Gordon. Se la corsa di Tracy è presto compromessa da un problema alle sospensioni, una volta prese le misure Mansell si lancia all’attacco di Fittipaldi, riprendendo in breve il comando. La manovra tuttavia avviene in una zona presidiata da bandiere gialle e Mansell viene punito da uno stop&go, che però riesce a scontare in occasione della sua prima sosta senza quindi esserne danneggiato più di tanto.

Sarà più problematico un contatto con le barriere che obbliga l’inglese ad anticipare la seconda e ultima sosta e quindi a procedere a passo ridotto per risparmiare benzina. L’inglese riesce comunque a chiudere vittorioso davanti a Fittipaldi, che recupera uno svantaggio di mezzo minuto non chiudendolo per cinque secondi. Anche il brasiliano a fine gara era a risparmio ma nel suo caso si scoprirà essere per un errore della strumentazione. Una prova volitiva vede Robby Gordon concludere  in scia al brasiliano e conquistare il primo podio in carriera, dopo una gara condotta tutta nelle prime posizioni malgrado la pochissima esperienza e la vettura dell’anno prima – Lola T92/00 anziché T93/00.

Angolo mazzoniano delle statistiche: primo pilota in assoluto a fare pole e vittoria al debutto, e primo pilota a vincere all’esordio dopo Graham Hill (!) nel 1966.

2. Valvoline 200, Phoenix – short oval

Stavolta il botto non è metaforico.

Nella conferenza stampa Mansell racconta che ha molto da imparare sugli ovali, ma la prima sessione di libere sembra raccontare un’altra storia: a fine sessione è primo con 20.760s, già due decimi sotto il record della pista (!). FP2, primo giro: 20.804s, siamo ripartiti laddove ci eravamo lasciati – e ancora sotto il record malgrado le gomme fredde. FP2, secondo giro: DNF.

In tutta onestà non ricordo molto del peggiore incidente della mia carriera. […] Ho approcciato curva 1 ai 300 all’ora, più veloce in maniera marginale del giro prima, e in un istante la macchina si è girata in testacoda, che è la cosa peggiore che può capitarti in un ovale. […] L’incidente è stato causato da una combinazione di fattori. Quel che so è che ho pagato il prezzo più alto possibile quando la macchina ha colpito il muro a quella velocità. Non c’era alcuna possibilità di evitarlo. Ero solo un passeggero – mi sono accucciato e ho cercato di non pensarci“.

La scatola del cambio ai tempi non era ancora deformabile e ha trasmesso sulla già martoriata schiena di Mansell tutta la forza di un impatto già di per sé notevole (tanto che lasciò un buco sul muro in cemento). I medici trovano l’inglese svenuto e soprattutto con una ferita impressionante sulla schiena, “una cosa che non avevano mai visto su persone vive, solamente sulle vittime di incidenti aerei“. Il weekend di Phoenix per Mansell finisce qui, anche se nessuno avvicinerà il suo tempo delle prove.

Il breve fine settimana di Mansell aveva comunque mostrato la competitività della Newman-Haas, confermata in qualifica da Mario Andretti che si piazza alle spalle di Scott Goodyear (prima pole sia per il canadese che per Derrick Walker Racing). Per meno di un decimo il vecchio campione manca quella che sarebbe stata la nona (!!) pole position a Phoenix. Le Penske sono subito dietro, Fittipaldi terzo e Tracy quinto

In gara le Penske si liberano rapidamente dei piloti che li precedono. In particolare è Tracy a mettersi in luce con un doppio sorpasso con cui si libera di Andretti e un doppiato. Il canadese va come un treno e quando a metà gara Goodyear si ritira con la trasmissione in panne, può contare su due giri di vantaggio (!!) sul compagno di squadra, a sua volta con un giro in meno dell’inseguitore più vicino.

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Roger Penske era in procinto di festeggiare un trionfo ma bastano cinque minuti per rovesciarlo. Dopo una gara trascorsa nel dominio totale, Tracy va a muro in un maldestro doppiaggio di Jimmy Vasser. Fittipaldi passa sui detriti del compagno di squadra e lamenta una foratura ma per non perdere il vantaggio su Andretti gli strateghi Penske preferiscono non fermare il loro pilota.

Come dovevasi dimostrare, al primo giro di bandiera verde Fittipaldi finisce a muro proprio per la gomma forata. Via l’altra Penske, nel frattempo erano stati eliminati da incidenti anche Robby Gordon (altrimenti una grandissima rimonta) e Roberto Guerrero e di conseguenza Mario Andretti si ritrova in testa senza minacce.

Non succede altro e a 53 anni Piedone va a conquistare la 100a vittoria della sua carriera, 52a e ultima in IndyCar, quella precedente datata addirittura 1988. Everyone liked that. Raul Boesel e il già citato Jimmy Vasser completano il podio.

 

 

3. Toyota Grand Prix of Long Beach –  cittadino

Nelle condizioni in cui la maggior parte di noi passerebbe la giornata a letto a lamentarsi, Mansell prima la mette in pole e poi conclude a podio, ma la prima vittoria di Tracy gli ruba la scena.

A dispetto di una schiena resa praticamente insensibile dagli antidolorifici (e che ha richiesto il drenaggio dei liquidi poco prima di schierarsi in griglia), il rientrante Mansell piazza la sua Lola in pole davanti a Tracy, anch’egli malconcio per un incidente in go-kart.

La leadership per Mansell anche stavolta dura lo spazio di un secondo, tutto il tempo necessario per Tracy per soffiargli la testa della corsa dopo l’esposizione della bandiera verde. Dopo una bandiera gialla per un contatto in partenza in cui Andretti spedisce Johansson contro il muro, Tracy domina le prime fasi, fino a quando una foratura per detriti non lo costringe ad anticipare la prima sosta.

Un po’ come Mansell a Surfers Paradise, non è la prima sosta a causare molti problemi, da cui riemerge ancora in testa, ma la seconda, che deve anticipare di una dozzina di giri a causa di una seconda foratura rimediata doppiando Sullivan.

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Per sua fortuna i rivali sono stati eliminati uno a uno. Goodyear è rallentato da due stop&go per speeding e da due (!) contatti con Gordon, Mansell sopravvive a un ottimistico attacco di Al Unser jr., che si sbrega la sospensione anteriore nel processo, ma nel finale deve rallentare per problemi al cambio e alla schiena. Andretti vede sfumare il secondo posto per problemi al motore, Boesel è eliminato da problemi elettrici, Goodyear finisce definitivamente contro il muro, sorte condivisa con Gordon che a fine gara verrà squalificato per guida pericolosa.

Indisturbato nel finale, dopo tante occasioni sfumate Tracy conquista la prima vittoria in carriera davanti a un redivivo Rahal (primo e unico podio per il telaio Rahal/Hogan-001) e Mansell, che beneficia dei problemi di Guerrero, in zona podio fino agli ultimi giri.

Anche l’altro contendente al titolo, Fittipaldi, ha una gara movimentata. Gravato da problemi con la pressione di sovralimentazione nella prima fase di gara viene doppiato dopo appena 17 giri (!) prima di fermarsi ai box a riparare il guasto. La sosta risolve i problemi, ma a quel punto era già sprofondato in fondo all’oceano e malgrado tutti i ritiri la sua rimonta si conclude in 13a posizione, appena fuori dai punti.

In campionato Mansell (36) consolida la leadership su Mario Andretti (32). Terzo è Teo Fabi a 26 punti (non chiedete), mentre Tracy è quinto con 22 e Fittipaldi ottavo a 17.

 

4. Indy 500 (Indianapolis) – Superspeedway

La 500 Miglia di Indianapolis è una gara che costituisce un universo a sé stante. Coprirla con un decente grado di dettaglio richiederebbe da sola un articolo intero, per cui ne racconterò una sintesi molto sintetica, a partire dalle qualifiche.

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Mansell si presenta in circuito con più punti sulla schiena di quelli che un pilota di metà classifica raccoglie in una stagione (per coloro che si collocano all’intersezione tra gli amanti dell’horror e gli appassionati di statistiche, erano 148). “La mia schiena mi stava uccidendo; i punti, i fluidi e il dolore alle volte erano insostenibili, ma non avevo scelta. Sentivo di avere la possibilità di vincere il titolo e stare a casa a rimettermi non mi avrebbe dato i punti di cui avevo bisogno“.

La brutta esperienza di Phoenix ha reso Mansell più consapevole dei pericoli degli ovali, ma non per questo più lento. Tuttavia, dopo delle libere promettenti, una ventata di sottosterzo nel giro chiave in qualifica lo conduce solo in ottava posizione, in terza fila a metà tra le due Penske, anch’esse attardate. Fittipaldi all’ultimo dovette salire a bordo della macchina di riserva, assettata per Tracy, ed è solo nono. Il migliore dei contendenti per il titolo è un po’ a sorpresa Raul Boesel, terzo e in prima fila accanto a due eccellenze di Indy.

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La prima è Mario Andretti, alle prese con l’ennesimo tentativo di spezzare la maledizione. Per la prima volta in dieci anni è in una buona posizione per ottenere la vittoria che gli manca dal 1969 ma almeno in qualifica si deve inchinare all'”Olandese Volante” Arie Luyendyk, specialista dei super speedway, che conquista la prima pole a Indy alla velocità media di 226.182 mph (364 km/h).

You have to be patient… 500 miles is a long race” – Emerson Fittipaldi

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La 500 Miglia è una gara di durata fatta ai 350 all’ora. I primi tre quarti di gara servono a selezionare il gruppo di testa ed è allora, negli ultimi 50 giri, che inizia la vera lotta per la vittoria.

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Al giro 152 il gruppo di testa si è ristretto a Mario Andretti, che ha condotto con autorevolezza dopo le prime soste, Luyendyk, Fittipaldi e Mansell, che senza fretta hanno rimontato dalla terza fila. Raul Boesel è stato messo fuori dai giochi da una penalità piuttosto questionabile ed ha un giro di distacco (l’ennesimo what if della sua carriera) mentre Tracy è andato a muro dopo essere stato chiuso da Scott Brayton mentre era in lotta per la quinta posizione.

Al giro 174, in una ripartenza in mezzo al traffico, Mansell compie la manovra della gara e sorpassa all’esterno di curva 1 sia Andretti che Fittipaldi. Il giro di Mario è infelice e in curva 3 viene passato anche da Luyendyk e perde il contatto con i primi. Mansell è al debutto sugli ovali ma ha già la possibilità di vincere la Indy 500!

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L’evento chiave della gara arriva al giro 184: Lyn St. James si ferma a bordo pista ed entra la safety car (Mansell obietterà sempre che non volevano che un rookie inglese vincesse la gara). Alla ripartenza Mansell ha un’esitazione, forse l’unico errore da principiante di tutta la stagione, e permette sia a Fittipaldi che a Luyendyk di passarlo. L’inesperienza sugli ovali si è fatta sentire nel momento peggiore. L’inglese cerca di rimediare, tira come un forsennato fino al punto di firmare con la gomma uno dei muri, ma nessuno dei due battistrada che lo precedono cede, e dopo duecento giri Fittipaldi conquista la sua seconda vittoria a Indianapolis.

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Nei festeggiamenti Emerson rifiuta il latte che da tradizione disseta i vincitori di Indy in favore del succo di arance delle sue piantagioni, e questa cosa gli americani se la segneranno al dito. Quando l’anno dopo -spoiler!- andrà a sbattere a meno di venti giri dalla fine con un giro di vantaggio sul secondo, tutto il catino festeggerà.

[COURTESY OF INDYCAR.COM]

Con la vittoria Fittipaldi si rimette in carreggiata per il titolo. I primi sono ancoa Mansell e Andretti rispettivamente a 50 e 43 punti, ma terzo ora è il brasiliano a 37 punti.

 

5. Miller Genuine Draft 200 (Milwaukee) – short oval

Mansell è un bravo studente e memore delle esperienze recenti sugli ovali ottiene una vittoria da manuale sul ‘Milwaukee Mile’

[Scusate ma non sono riuscito a trovare nessuna immagine decente]

In pole c’è Raul Boesel, che conferma l’ottimo momento di Dick Simon, seguito da Fittipaldi, Scott Goodyear e Tracy. Mansell è solo settimo e sarà costretto a una corsa all’inseguimento.

La gara è articolata e vede ben cinque piloti protagonisti della lotta per la vittoria. La prima fase vede una corsa di gruppo per i primi sette, che viaggiano compatti senza che però nessuno riesca a scalzare Boesel. Almeno fino alla seconda caution della gara, alla cui ripartenza Goodyear finalmente sorpassa il brasiliano, che scenderà in classifica. La situazione si ribalta alla sosta successiva, dopo che al canadese viene montato un treno di gomme poco performanti; viene passato da Tracy ed è il suo turno di uscire dalla lotta per la vittoria.

Anche la leadership del secondo canadese è messa alla prova dagli eventi. Prima subisce una caution dal timing sfortunato che lo manda dietro a Gordon e Mansell, salvo poi riprendersela di forza al primo giro di bandiere verdi. Ma poi, come a Phoenix e a Indianapolis, anche qui finisce bruscamente, sebbene stavolta sia stato del tutto incolpevole: Adrian Fernandez va a muro, Luyendyk si butta a sinistra per evitarlo ma incoccia Tracy, che passava di lì. Ritiro per tutti e tre e pace car in pista. Gordon era in lotta per la vittoria ma rovina tutto andando in testacoda in ingresso box.

Dopo tutto questo attrito, del gruppo iniziale restano solo Mansell, Fittipaldi e Boesel. Quest’ultimo rientra in lizza per la vittoria giocando la carta della sosta in meno. Mansell lo raggiunge e per un po’ attende alle sue spalle, ma dopo che capiscono che l’alfiere della Dick Simon andrà fino in fondo sfrutta il vantaggio di gomme e di benzina e lo sorpassa quando di giri ne mancavano una decina.

Una ultima caution blocca la fuga di Mansell e consente a Boesel la possibilità di replica, ma alla fine l’inglese scappa senza problemi. Dopo 200 giri Mansell vince davanti a Boesel e Fittipaldi, anonimo in gara dopo l’ottima qualifica, comunque a podio a differenza del suo più arrembante compagno di squadra.

6. ITV Automotive Detroit Grand Prix – cittadino

Il gran premio più caotico dell’anno lascia la lotta per la vittoria nelle mani del duo Gallers, Danny Sullivan vs Al Unser jr. Chi la spunterà?

La IndyCar fa tappa a Detroit, non più sul cittadino usato dalla F1 ma sul nuovo tracciato di Belle Isle, ricavato nel parco dell’omonima isola. La cornice ricorda il Gilles villeneuve, un circuito che si articola tra muretti, alberi e il fiume, mentre il layout è più tecnico e fluido del tipico cittadino. Questi elementi generarono una certa popolarità presso il pubblico, malgrado alla Domenica il numero di sorpassi si potesse paragonare a quelli di Montecarlo per via della sede stradale stretta e dell’assenza di staccate ben definite.

In qualifica Mansell si conferma essere l’unico capace di opporsi allo strapotere delle PC22/Chevrolet e conquista la sua terza pole (su tre circuiti cittadini). Fittipaldi e Tracy inseguono, con quest’ultimo che rompe la sospensione posteriore nell’ultimo tentativo. Mario Andretti ebbe problemi con la pompa della benzina e fu solo nono, davanti a Danny Sullivan (segnatevi questo nome).

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L’inizio sembra convenzionale: Mansell perde l’attimo e la posizione a favore del duo Penske, Fittipaldi davanti a Tracy. Ma dai replay si vede una storia diversa: Fittipaldi ha sorpassato Mansell prima della bandiera verde e al momento dell’inizio ufficiale (dato peraltro prima che i piloti attraversassero la linea del traguardo) lo precedeva di una macchina e mezza. Mansell aveva notato l’irregolarità e segnalò a gesti al direttore di far ripetere la procedura di partenza, ma questi lo ignorò e per la distrazione l’inglese perse la posizione anche su Tracy. Il direttore di gara tuttavia gli diede ragione e impartì uno stop&go per il brasiliano. Seguiranno polemiche a non finire, tanto che il direttore di gara all’uscita dell’autodromo dovette essere scortato. Personalmente mi schiero con Mansell a favore della penalità perché mi sembra assurdo che il poleman possa perdere la posizione prima ancora che la gara inizi nella sua valenza agonistica.

Bizantinismi a parte, le due Penske scappano e Mansell è più impegnato a controllare Johansson che a inseguire chi lo precede. Fittipaldi dopo lo stop&go ritorna in gara sesto; in testa ora c’è  Paul Tracy, mentre la pressione di Johansson su Mansell diventa feroce, cui l’inglese risponde con manovre di difesa altrettanto aggressive – che innescheranno altre polemiche.

Non è il giorno di Fittipaldi: prima ai box passa sopra una ruota e perde altro tempo, poi in un attacco improbabile su Arie Luyendyk per la decima posizione finisce contro le barriere di protezione e si deve ritirare. Full Course Yellow e il disastro Penske continua: Tracy eccede il limite di velocità in corsia box e anche a lui verrà impartito uno stop&go, che dovrà scontare dopo la safety car.

Alla ripartenza arriva l’ennesimo colpo di scena tra i primi: Johansson cerca l’affondo su Mansell in una curva in cui è esposta bandiera gialla per la presenza della vettura incidentata di Teo Fabi (!), pizzica la posteriore sx dell’inglese e scivola a bordo pista, dove colpisce la monoposto incidentata (!!) che a sua volta travolge due commissari al lavoro (!!!). Nessuno si fa male, ma è follia pura. Oltre a Johansson, la macchina di Teo Fabi e i due commissari, l’altra vittima dell’azione è Mansell, che ha forato e deve fermarsi per le riparazioni.

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Dopo i suicidi sportivi di Fittipaldi, Tracy, Mansell e Johansson, ed escludendo Rahal che si deve ancora fermare, in testa ora ci sono le due Gallers di Sullivan e Unser! Seguono Gordon, Boesel e Andretti. Tracy sconta la penalità ed è nono con scarse prospettive data la natura del tracciato. La gara tuttavia non è finita: il motore di Sullivan perde potenza e “Little al” negli specchietti si fa sempre più minaccioso, mentre dai box danno istruzione di combattere liberamente (“Gli unici ordini che darò sarà domani quando dovremo partire per Albuquerque” – il loro TP non chiedetemi come si chiama).

Il duello si consumerà per tutto l’ultimo terzo di gara e si svolgerà in condizioni surreali per la nostra sensibilità: all’esterno della traiettoria si accumulano marbles che annullano il grip e detriti che rischiano di forare le gomme. Poco oltre si trovano macchine ritirate lasciate a bordo pista, che all’occorrenza Sullivan utilizza per difendersi. Nemmeno fossimo su MarioKart, spesso i camioncini dei commissari entrano in pista (!!) sia nei tratti sotto bandiere gialle ma talvolta anche sotto bandiera verde. Sullivan utilizzerà anche questi allo scopo, andando vicino a scontrarvici in un paio di occasioni (!!!). A tal proposito, proprio per evitare uno di questi Mansell si allarga, finisce sullo sporco e scivola contro il muro, ritirandosi a cinque giri dalla fine.

Back in the lead, la sfida si risolve quando “little Al” pizzica un cono dopo essere stato spinto da Sullivan in una sezione proibita del tracciato. La norma è chiara: per evitare che un pilota tragga vantaggio uscendo dai limiti di pista, chi tocca un cono subisce uno stop&go (in F1 c’erano regole simili all’epoca, vedi Hockenheim 1990). Meno condivisibile è l’applicazione: Al Unser jr non lo ha fatto per guadagnare tempo ma perché stretto dal suo avversario dopo che era riuscito ad affiancarlo.

Sia come sia, Unser viene punito con un DT e diventa l’ennesimo pilota del gruppo di testa che viene ricacciato nella pancia del gruppo. La maledizione non finisce qui: ora è Robby Gordon a mettere Sullivan nel mirino, ma all’alfiere Foyt esplode una gomma proprio all’ultimo giro. Una gara stregata come ne ho viste poche.

Alla fine vince Danny Sullivan davanti a Raul Boesel e Mario Andretti, che hanno entrambi badato a portare la macchina a casa e poco più. Festeggia anche il nostro Andrea Montermini: alla seconda gara e per un team di serie C (Euromotorsport racing), fa sesto in qualifica e quarto in gara nonostante in una sosta si fosse fermato alla piazzola sbagliata (!!). Per gli amanti delle statistiche, ultima vittoria in carriera per Danny Sullivan.

Per la lotta iridata Detroit si risolve in un pareggio, solo Tracy mette a segno i pochi punti della nona posizione, insufficienti per schiodarlo dalla decima posizione.

7. Budweiser/G.I. Joes’ 200 (Portland) – stradale

La sfida tra Newman-Haas e Penske si rinnova al Portland International Raceway, e solo lo sforzo titanico dell’inglese in qualifica e uno scroscio di pioggia in gara complicano i piani della compagine bianco-rossa.

Quarta pole in quattro circuiti stradali per Mansell, ma già dal Sabato si vede che le Penske vanno sui binari e che sarà difficile resistergli. Fittipaldi forse non sfrutta al meglio le gomme fresche nell’ultimo run ma è comunque secondo a un decimo dall’inglese, mentre Tracy non riesce a scendere sotto il mezzo secondo di distacco. Si qualificherà quarto, battuto anche dalla Bettenhausen di Johnasson, alla guida di un omologo telaio PC22.

Dopo le polemiche di Detroit, stavolta la partenza è regolare. Mansell fa numeri da qualifica per mantenersi in testa ma non riesce a scrollarsi di dosso Fittipaldi, Johansson e Tracy. Il quartetto procede compatto fino al 25° giro, quando prima Tracy supera Johansson nel traffico e poi, al 27°, Mansell va al bloccaggio e finisce nella via di fuga nella prima variante. L’inglese ritorna in pista quarto ma ha toccato un cono e deve scontare uno stop&go. Ora bisogna rimontare – impresa subito facilitata  dal ritiro di Johansson per guasto alla trasmissione.

A questo punto il meteo inizia a dettare legge. Poco dopo la conclusione delle prime soste compaiono le prime gocce di pioggia: Tracy rientra subito a montare le intermedie, Fittipaldi lo imita un paio di giri dopo, Mansell invece aspetta. La scelta dell’inglese sembra pagare nei primi giri ma quando inizia a diluviare imbocca come gli altri la via dei box senza essere riuscito a guadagnare nulla.

La pioggia si interrompe intorno al 73° giro, poco prima dell’ultimo round di soste. Anche stavolta Tracy è il primo a fermarsi ma monta ancora intermedie perché ritiene la pista troppo scivolosa per le slick. Mansell è di parere diverso e due giri dopo sceglie le coperture da asciutto. Questa è la scelta corretta: l’inglese prima sorpassa Tracy, poi si sdoppia da Fittipaldi e quando il giro dopo esce una FCY può sognare il sorpasso alla ripartenza. Questo in teoria; in pratica ci sono nove doppiati (!) tra di loro. Tracy finalmente si ferma per le slick ed è quinto, mentre Andretti tenta l’azzardo di restare con le rain.

Nello sprint finale Mansell dà il cento per cento, infilando ben quattro macchine (!) nella prima variante, ma alla fine non riesce a liberarsi dei doppiati in tempo per organizzare un attacco su Fittipaldi. Ricordo che non esistono le bandiere blu in america e quindi si perde molto più tempo. Anche Tracy completa la sua mini-rimonta e conclude terzo.

8. Budweiser Grand Prix of Cleveland – stradale

Il duello tra Mansell e le Penske continua in uno dei circuiti più iconici del periodo, il tracciato del Burke Lakefront Airport a Cleveland, Ohio.

Il circuito collega diverse piste di decollo e atterraggio del locale aeroporto; come conseguenza la sede stradale è larghissima, le curve sono dolci e non spezzano mai il flusso se non per un tornante largo comunque come un’autostrada a otto corsie. Lo assocerei al Silverstone dei primi anni per caratteristiche e concezione. Data la amplissima scelta di traiettorie, i duelli spesso vedono le macchine lontane per poi incrociarsi nei punti in cui le diverse traiettorie si intersecano, più simile a un dogfight tra aerei da caccia (per restare in tema…) che non alla usuale lotta in pista. Aggiungiamoci l’assenza di punti di riferimento facilmente visibili dalla pista, le alte velocità medie e una sovrabbondanza di buche e dossi che aggiunge incertezza a ogni staccata e si ottiene una combinazione unica nel suo genere. Mi piace raccontarlo come l’equivalente di un ovale per i circuiti stradali.

Le Penske si presentano più dominanti del solito e per la prima volta al Sabato su un circuito cittadino Mansell deve abdicare. La pole va a Tracy, ma l’inglese riesce comunque a inserirsi tra le due Penske. Johansson, quarto, conferma il buon momento delle PC22 sugli stradali.

[Non è del 1993 la foto; dovrebbe essere del 1995]

Al via Tracy perde la tanto sudata pole per l’attivazione della valvola pop off in partenza. Mansell ringrazia e dopo curva uno si ripropone la stessa situazione di Portland, con l’inglese davanti alle due Penske ufficiali e Johansson sempre su telaio Penske. Alle loro spalle l’imbuto di curva 1 produce un ingorgo, una tradizione di Cleveland, che stavolta ha come vittime diversi comprimari di lusso come Boesel e Unser jr.

Tracy studia Mansell per i primi 15 giri, poi infila l’inglese con una manova perfetta in uscita da curva 1. Fittipaldi non appare da subito come una minaccia ma emerge dopo l’ultima sosta quando si incolla al posteriore di Mansell. Lo stint finale della gara vivrà tutto sul duello tra i due, che si scambiano le posizioni per otto giri finché Fittipaldi non consolida il sorpasso al giro 73. La gara si conclude con la prima doppietta stagionale per la Penske davanti a Mansell. Alle loro spalle Johansson batte Andretti malgrado uno stop&go per speeding.

Grazie alle ultime prestazioni il duo Penske si è rilanciato in classifica. Mansell guida ancora con 102 punti ma Fittipaldi ora è secondo con 88; Tracy è quinto con 62, ora ha nel mirino Andretti a 75.

9. Molson Indy Toronto – cittadino

More of the same in quel di Toronto: terza vittoria e seconda doppietta consecutiva per Penske, stavolta senza il contraddittorio di Mansell. La combinazione PC22/V8 Chevrolet-C sembra inarrestabile.

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Fittipaldi conquista la sua prima pole dell’anno e nega al pubblico la gioia di celebrare la pole di Tracy, che, prima di Villeneuve jr e Greg Moore, ne è l’idolo locale.

In gara i rapporti di forza si invertono. Tracy infila Fittipaldi al termine del Lakeshore Boulevard al terzo giro ma il brasiliano si riporta in testa dopo un pasticcio della crew di Tracy alla prima sosta. Il ritmo di Fittipaldi è meno elevato degli inseguitori e alle sue spalle si raccolgono sia Tracy che le due Gallers di Sullivan e Unser. L’esperto brasiliano è in controllo ma al 73° giro pizzica il muro in curva 3 per doppiare Matsushita; nel dubbio anticipa il cambio gomme e lascia aria libera a Tracy.

Il canadese spinge al massimo per tre giri e dopo il pit ritorna in pista con 3 secondi di vantaggio su Fittipaldi, che sconta anche problemi nella selezione delle marce. Il brasiliano penserà per il resto della gara più a difendersi da Sullivan, Rahal e Gordon e a fine corsa Tracy può festeggiare la prima vittoria davanti al pubblico di casa.

Tanto trionfale il weekend per le Penske quanto misero per le Newman-Haas: Mansell sbatte due volte nelle libere, si qualifica nono, in gara non rimonta e dopo 55 giri si deve ritirare per un guasto alla valvola wastegate. “L’unica buona notizia è che il primo ritiro per guasto della stagione è coinciso con un weekend pessimo (…) Così vanno le corse“. Andretti ha più fortuna ma non maggiore velocità e conclude ottavo. Questo fu il punto più basso della compagine Newman-Haas. Fittipaldi ora guida con 105 punti su Mansell, 102. Boesel resiste a 85 ma Tracy è a 83.

 

10. Marlboro 500 (Michigan) – Speedway

Redemption!

Mario Andretti ha sempre avuto un’affinità innata col Michigan International Speedway e con la zampata da leone conquista la pole alla velocità media di 377 km/h (!). Mansell, che al contrario non si era preso bene con le velocità folli e le buche dello speedway, è secondo a un decimo di distacco. Arie Luyendyk si conferma l’uomo giusto da chiamare per gli speedway ed è terzo.

La supremazia dei motori Ford, di cui le Newman-Haas beneficiano di un ulteriore upgrade di 40 cavalli, è palese; per trovare il primo Chevrolet, quello di Tracy, bisogna scendere in quinta posizione a quasi un secondo di distanza. Fittipaldi è in una malinconica 15a posizione.

Lo strapotere delle Newman-Haas in qualifica si riflette anche in gara. Mansell tanto per cambiare viene passato da Luyendyk in curva 1 ma si riprende la piazza d’onore al terzo giro; nel frattempo Andretti si era costruito un vantaggio di cinque secondi. Il distacco resta costante finché non iniziano i doppiaggi, e qui Mansell recupera. Dopo un 28° giro percorso ruota a ruota l’inglese prende il comando delle operazioni e non lo mollerà più, malgrado una caution a nove giri dalla fine che sembra rimettere in gioco Mario Andretti.

Vittoria facile? Mica tanto: “Questo tracciato è massacrante per la macchina e per il pilota ed è stata un’esperienza nuova  in ogni suo aspetto. […] E’ stata una delle vittorie più grandi della mia carriera!”. Per far capire meglio le condizioni dentro l’abitacolo, per contrastare i dolori alla testa e al polso Mansell si fa sciogliere un’aspirina nella borraccia (!).

Se Carl Haas festeggia la prima doppietta dell’anno, Roger Penske e i suoi si devono leccare le ferite. Tracy si ritira a metà gara col motore rotto, Fittipaldi è protagonista di un buon recupero ma poi si presentano problemi di guidabilità e piomba in 13a posizione a ben 13 (!!!) giri di svantaggio.

La risposta di Mansell e della Newman-Haas in questa e nelle gare successive chiuderà il discorso mondiale.

 

11. New England 200 (New Hampshire) – short oval

Mi hanno raccontato che la mia vittoria in New Hampshire – in occasione del mio 40° compleanno – è considerata una delle più belle gare IndyCar di tutti i tempi

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Mansell aggiunge anche gli ovali alla sua collezione di pole, stavolta per appena 6 millesimi su un sorprendente Raul Boesel. La seconda fila è tutta canadese, Scott Goodyear davanti a Paul Tracy. La fatica delle Penske sugli ovali è di nuovo testimoniata da Fittipaldi, 13°, stavolta danneggiato anche dalla perdita di pressione del turbo.

La prima fase di gara segue il copione opposto delle altre gare su ovali: Mansell è davanti mentre i suoi rivali prima si disfano dei piloti più lenti e poi si lanciano al suo inseguimento. Al 18° giro per la prima volta sia Mansell che Tracy sono a pista libera; tutti e due incrementano il ritmo ma Tracy poco a poco, metro dopo metro, erode la leadership. Al 40° giro è in scia a Mansell, il giro dopo sfrutta il traffico e passa in testa.

Ma alle loro spalle l’ordine cambia in fretta: se fino al trentesimo giro Fittipaldi aveva gravitato fuori dalla top ten, al punto tale che il doppiaggio sembrava imminente, di colpo la sua gara prende vita. Sesto al 43° giro, quarto al 57° e alla fine dopo 64 giri supera Roberto Guerrero; solo Tracy e Mansell gli sono davanti. Il resto della gara sarà affare del terzetto.

Il brasiliano ha subito occasione di agganciare i rivali: al 66° c’è la prima FCY della gara. Mansell rientra subito ai box, mentre la crew di Tracy non è ancora pronta. Il canadese rientra il giro dopo e ciò gli fa perdere la posizione sull’inglese.

In questa fase di gara è Fittipaldi il pilota più veloce in pista. All’85° giro con una manovra da manuale -scia e sorpasso in curva 1- si mette alle spalle il compagno di squadra e punta Mansell, anche se non riesce a togliersi Tracy dalla scia. Anche stavolta il traffico è l’occasione per compattare il gruppo di testa, e il giro 94 si rivela cruciale: Fittipaldi attacca Mansell, che lo respinge sfruttando dei doppiati. Entrambi perdono slancio, Tracy no e nell’arco di una curva e un rettilineo li sorpassa entrambi e passa a condurre.

I tre viaggiano separati da meno di un secondo per i restanti trenta giri. Malgrado continui ruota a ruota e uno slalom infernale tra i doppiati, l’equilibrio regge fino al giro 120, quando Boesel va a muro proprio mentre stava venendo doppiato da Tracy (primo e unico ritiro in stagione per il brasiliano). Di nuovo FCY e i tre leader vanno ai box; stavolta è Mansell a subire una sosta lenta e perde la seconda posizione su Fittipaldi. Ma l’inglese non è fatto per accontentarsi.

Si arriva all’ultima fase di bandiera verde della gara. Mansell con una combinazione da veterano degli ovali supera Fittipaldi e inquadra Tracy. In generale il vantaggio di Mansell sugli ovali è l’aggressività con cui si libera dei doppiati, che in questa fase di gara paga particolarmente. D dieci giri dalla fine è in scia a Tracy; Mansell fa la sua mossa in curva 1 ma Tracy lo anticipa e gliela restituisce all’esterno di curva 3.

Adesso mancano tre giri alla fine. Tracy ha un’esitazione per una frazione di secondo e Mansell con una manovra di pura spavalderia lo passa all’esterno di curva 1, sfiorandone le gomme. Mai nessuno aveva sorpassato in quel punto in quel modo. Tracy cerca di nuovo il controsorpasso in curva 3, ma ha meno slancio di prima e giunge solo a sfiorargli le gomme: Mansell resta in testa e quaranta secondi dopo vince la New England 200. Fittipaldi nel finale aveva una monoposto sbilanciata e non poteva permettersi una guida aggressiva come i due davanti quindi si accontenta della terza posizione davanti a Roberto Guerrero, Robby Gordone Scott Brayton.

Una gara assolutamente spettacolare che tutti e tre i protagonisti hanno corso col coltello tra i denti. Ognuno ha avuto la sua possibilità di vincere la gara, alla fine ha vinto quello che ha giocato al meglio le sue chances. La New England 200 fu il culmine del duello tra Mansell e Penske; il resto del campionato purtroppo sarà meno spettacolare.

Con queste due vittorie Mansell si è riportato in testa con 25 punti di vantaggio su Fittipaldi, 144 a 119. Tracy resta indietro a 100 punti.

 

12. Texaco/Havoline 200 (Road America) – stradale

La Spa-Francorchamps degli Stati Uniti.

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Il circuito è splendido e la cornice di boschi ancor di più ma la gara in sé riserva poche emozioni. Paul la mette in pole al Sabato e in gara domina al ritmo di un secondo al giro sugli avversari. Mansell alle sue spalle è nella terra di nessuno mente il terzo gradino del podio è occupato da Mario Andretti finché il motore, per l’ennesima volta, non pone fine alla sua gara. Questo permette a Rahal, autore di una gara intelligente, di ritornare sul podio per la prima volta dopo il secondo posto di Long Beach, stavolta su un più tradizionale telaio Lola. Fittipaldi quinto era e quinto arriva, colpa anche di un motore spompato che ne frustra la rimonta.

 

13. Molson Indy Vancouver – cittadino

Un pareggio che vale quanto una vittoria.

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Il weekend è all’insegna degli outsider. In una sessione di qualifica caratterizzata dall’equivalenza tra i vari pacchetti tecnici Scott Goodyear, forte di alcuni aggiustamenti meccanici e aerodinamici, si prende la pole davanti a Bobby Rahal. I duellanti mondiali Nigel Mansell e Paul Tracy sono in seconda fila, Fittipaldi è più attardato.

In gara, dopo le immancabili bandiere gialle a causa di un insieme di incidenti tra loro slegati (ne fa le spese anche Montermini, che aveva portato di nuovo l'”Andrea Moda” tra i primi), Tracy inizia la rimonta. Prima approfitta di un errore di Rahal, che va al bloccaggio al tornantino, e poi sempre nello stesso punto si butta dentro a Goodyear, che a sua volta va lungo e perde la posizione anche su Rahal. Altri due giri e Goodyear incassa il sorpasso anche di Al Unser jr.

La leadership di Tracy è di breve durata, perché pure lui finisce lungo all’hairpin. Rahal ringrazia e in accelerazione si riprende la testa della corsa. Le residuali speranze di vittoria per Tracy evaporano al giro 23 quando, sempre in uscita dal solito tornante, il motore gli si spegne all’improvviso. Alternatore andato; l’ennesima vittoria buttata per una sciocchezza.

Unser pressa Rahal, ma nessuno dei due cede. C’è da aspettare le soste; Rahal entra al giro 65, Unser aspetta due giri e, grazie anche a un lavoro eccellente della crew, quando rientra in pista ha il margine per mantenere la testa della corsa. Alle loro spalle Goodyear ha noie al cambio e si allontana, per poi perdere il podio all’ultimo giro a favore di Stefan Johansson.

Mansell e Fittipaldi partono indietro ma non rimontano. Un buon lavoro di stategia da parte della Newman-Haas permette a Andretti e Mansell di uscire quinto e sesto dopo l’ultima sosta, davanti a Fittipaldi e Teo Fabi.

 

14. Pioneer Electronics 200 (Mid Ohio) – stradale

Fittipaldi dimostra che la pazienza è una delle virtù del campione.

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Mansell strappa la pole all’ultimo con un giro pazzesco davanti al solito duo Tracy-Fittipaldi. In gara l’inglese è aggressivo in partenza ma Tracy lo è di più in frenata. I due si sfiorano in uscita; Tracy ne esce indenne, Mansell no. Still, could be worse.

Mentre cerca di domare l’auto danneggiata, due curve dopo Mansell si scontra di nuovo, stavolta con Luyendyk, che stavolta gli sradica l’ala. Sosta ai box obbligata ma c’è di peggio: al rientro in pista, per evitare il doppiaggio, l’inglese sorpassa la pace car assicurandosi uno stop&go da parte della direzione gara.

Con la gara di Mansell disintegrata dalla catena degli eventi del primo giro si prospetta un facile 1-2 per la Penske. Tracy al 20° giro ha 15 secondi su Fittipaldi; due giri dopo è parcheggiato nella sabbia di curva 11 accanto a una barriera di gomme. Aveva frenato troppo in profondità e per evitare delle macchine si è buttato fuori pista. Per la seconda gara di fila perde una vittoria “facile” ma stavolta può incolpare solo l’inesperienza e la propria impazienza. A Fittipaldi basta tenere a bada Goodyear e Unser alla ripartenza per vincere.

Alle sue spalle, Robby Gordon disputa la gara più matura della sua carriera e conclude secondo, dopo aver passato uno Scott Goodyear in crisi con la trazione ma comunque in grado di respingere gli attacchi di Raul Boesel. Il 21 a 0 di Fittipaldi su Mansell sembra riaprire i giochi iridati, visto che i due ora sono separati da solo 14 punti a due gare dalla fine. Boesel invece si è ripreso la terza posizione su Tracy.

 

15. Bosch Spark Plug Grand Prix (Nazareth) – short oval

Un sontuoso Mansell vince il mondiale.

E sì che all’inizio la corsa era si era messa male. “I primi 10 o 20 giri sono stati un incubo, [gli avversari] scomparivano all’orizzonte. Mi chiedevo cosa stesse accadendo”.  Tra partenza e primi giri infatti Mansell aveva ceduto la posizione sia alle Penske che a Raul Boesel, sempre forte sugli short oval. Ma una volta capito come gestire i problemi di guidabilità della sua Lola, Mansell ritorna ad essere l’uomo più veloce in pista e nell’arco di venti giri riconquista tutte le posizioni perse.

A questo punto è il turno delle Penske di soffrire di problemi di sovrasterzo. Tracy e Fittipaldi scelgono due tattiche opposte: il primo si ferma subito ai box per cambiare le gomme e aggiustare il setup mentre il brasiliano continua con il set problematico fino alla sosta programmata per evitare di farne una in più.

La debacle delle due Penske lascia a Scott Goodyear l’onore di essere il primo sfidante di Mansell. Il canadese di riserva recupera fino ad arrivare a distanza di tiro dopodiché anche lui inizia a soffrire degli stessi problemi che avevano plagato le gare dei colleghi.

Per le due Penske, la scelta di Tracy si rivela essere quella migliore e si palesa nel finale, dove recupera prima su Luyendyk (l’ennesimo pilota a soffrire di sovrasterzo patologico) e poi a tre giri dalla fine infila Robby Gordon in curva 3. O meglio, tre giri dalla fine per loro, in realtà l’ultimo giro della corsa perché nel frattempo Mansell e Goodyear hanno scavato un distacco di due giri (!!) nei confronti del terzo.

Fittipaldi invece non riesce a rimontare e conclude quinto; in combinazione con la vittoria di Mansell, significa solo una cosa: Nigel Mansell conquista il titolo PPG Indy Car World Series!

Alla fine non mi sono serviti tre anni per imparare come si corre sugli ovali – ne ho vinti quattro al primo anno […]. Nessuno si era mai adattato bene quanto me: non avevo mai corso su un tracciato ovale in vita mia e al primo tentativo ho vinto uno dei trofei più impegnativi e pericolosi. […] Il reverendo Jim McGee [che stava nella IndyCar dagli anni Sessanta] era il mio team manager e disse che si è trattato di “un’impresa che non verrà mai più ripetuta“. La vittoria del titolo “Pilota dell’anno“, votato come tale dal pubblico americano, coronò un anno incredibile

 

16. Makita 300/Toyota Monterey Grand Prix (Laguna Seca) –  stradale

Paul Tracy e Penske concludono trionfalmente la stagione.

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Mansell, forse con la testa già in vacanza, si autoelimina dopo ben due scontri con i doppiati, prima Scott Sharp e poi quello definitivo con Mark Smith. Non sarà l’unica storia di questo tipo.

Fittipaldi insegue Tracy per due terzi di gara, si avvicina grazie al traffico e a un suo problema con le cinture di sicurezza ma per evitare di scontrarsi con “King Hiro” Matsushita al suo doppiaggio si gira e finisce nella ghiaia. Sopravvive all’escursione nella via di fuga ma nel frattempo Tracy si è involato verso la vittoria. Il brasiliano  a questo punto si accontenta della seconda posizione e completa la terza doppietta per Penske – dopodiché regalerà uno specchietto retrovisore a Matsushita.

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E per stavolta è tutto. Ci rivediamo con il 1994 e il racconto della “Belva”

Tutte le immagini sono tratte dall’archivio di Getty Images per scopi non commerciali, salvo dove diversamente indicato. L’immagine di copertina è tratta da Autosport.com

Lorenzo Giammarini, a.k.a. LG Montoya

 

 

LA STORIA DELLA FERRARI 312T: 1979 (6/6)

Nello stesso weekend in cui si corre il GP d’Olanda si disputa l‘undicesima gara del campionato Aurora AFX alla quale partecipa David Purley, il pilota uscito miracolosamente vivo dall’incidente avvenuto a Silverstone durante le pre-qualifiche del GP di Gran Bretagna 1977. L’incidente fu causato dal bloccaggio delle ghigliottine dei carburatori e la sua Lec passò da 174 kmh a zero nello spazio di soli 66 centimetri dopo essersi schiantata contro il terrapieno della curva Becketts, per una decelerazione stimata in circa 180 G. Purley riportò 17 fratture alla gamba sinistra e 13 alla destra, il bacino rotto, diverse costole fracassate e un trauma cranico.

Dopo 6 mesi di ospedale Purley ha cominciato una lunga riabilitazione, con la gamba sinistra più corta di 5 cm rispetto all’altra, ma non si è dato per vinto. Si è rivolto a un chirurgo belga esperto in traumatologia infantile e gli ha chiesto di riallungargli la gamba per poter tornare a pilotare una monoposto.

Dopo una lunga serie di interventi in anestesia generale il miracolo è cosa fatta: le gambe sono ora uguali, grazie alle giunzioni applicate dal chirurgo belga. L’obiettivo è stato raggiunto e Purley si presenta a Brands Hatch al volante della seconda Lec CRP1 costruita per ricominciare a correre con una F1.

Purley si qualifica quattordicesimo (su 20) ma la sua gara si conclude dopo 9 giri per la rottura della frizione. Il pilota zoppica vistosamente ma tornerà in macchina alla gara successiva.

Appena terminato il GP d’Olanda, i componenti della squadra Ferrari corrono in aeroporto perché il giorno seguente cominciano tre giorni di prove organizzate a Monza dalla Michelin. L’Autodromo Nazionale ha subìto importanti modifiche in materia di sicurezza per cercare di riprendersi il GP d’Italia che per l’anno prossimo è già stato assegnato a Imola. A Lesmo il tracciato è stato spostato di una decina di metri verso l’interno, tagliando 500 piante e guadagnando lo spazio per uno spazio di fuga esterno riempito con la sabbia, mentre prima la pista era delimitata dal guardrail.

Anche l’uscita della seconda curva di Lesmo consente ora ai piloti un piccolo margine di sicurezza in caso di errore, proprio nel punto in cui è uscito di pista Scheckter l’anno scorso prima della seconda partenza.

Alla Variante Ascari sono state abbattuti i sei alberi che si trovavano all’apice della curva centrale, consentendo ora un’ampia visibilità ai piloti che sopraggiungono. Certo che se questi lavori fossero stati fatti qualche anno fa, considerando che i piloti li avevano più volte richiesti…

La Ferrari ha dislocato diverse postazioni di rilevamento della velocità lungo il tracciato, in particolare alla seconda curva di Lesmo, in modo da ricreare in parte il sistema adottato a Fiorano. Alle 12 del lunedì Scheckter scende in pista con la 312T4/038 usata da Villeneuve a Silverstone, appena arrivata da Maranello. La novità più evidente è lo spostamento dei freni posteriori sulle ruote, secondo lo schema introdotto da Williams e Renault, con l’aggiunta di due prese di raffreddamento più alte rispetto a quelle per i freni interni. Una soluzione che consente di guadagnare una decina di centimetri di spazio per il flusso d’aria in uscita. La monoposto è rinominata 312T4B.

Il giorno seguente arriva anche Villeneuve mentre Scheckter si concede un po’ di tempo con la moglie Pam e il figlio Toby.

Arriva anche il camion della Renault, direttamente da Zandvoort, ma quando viene aperto il portellone posteriore c’è una brutta sorpresa. Le vetture si sono mosse durante il viaggio e si sono danneggiate per cui si procede a ripristinare il fissaggio per tornare alla base e riparare il tutto. Poco dopo arriva anche il camion Ferrari con le tre macchine di ritorno dall’Olanda. La 312T4/041 di Villeneuve è stata riparata ma si può notare che il supporto dell’ammortizzatore sinistro e il fondo della scatola del cambio sono stati grattugiati sull’asfalto di Zandvoort durante il giro su 3 ruote.

Villeneuve scende in pista con la 312T4/039, il muletto portato a Zandvoort con l’aerodinamica modificata, ed è molto veloce, tanto che nella terza ed ultima giornata di prove riesce a scendere a 1’36”1, sette decimi più veloce del tempo ottenuto da Jones subito dopo Ferragosto. Tra le novità Ferrari ci sono anche le doppie pinze freno della Lockheed, sia all’anteriore che al posteriore. I dischi invece sono dell’italiana Brembo.

A Silverstone invece Nelson Piquet porta avanti lo sviluppo della Brabham BT49 motorizzata Cosworth, girando su tempi non esaltanti (1’15”7, contro l’1’12”6 ottenuto in gara con la BT48 con motore Alfa Romeo). Nella stessa sessione scende in pista l’argentino Ricardo Zunino che, al primo contatto assoluto con la BT48, ottiene un mediocre 1’16”2.

Mentre la Brabham è impegnata a Silverstone, Bernie Ecclestone vola a Bologna per un doppio impegno. Il primo è a Collecchio per un incontro con Calisto Tanzi nel quale Ecclestone gli annuncia che Lauda ha chiesto 2 milioni di dollari per rimanere alla Brabham nel 1980 e, dal momento che Bernie non ne vuole sapere di tirare fuori tutti quei soldi, toccherà alla stessa Parmalat pagarne l’ingaggio. Terminato l’incontro, Ecclestone si reca a Imola per la presentazione ufficiale del GP Dino Ferrari che si correrà il 16 settembre.

Le prove della Ferrari continuano a Fiorano il martedì e mercoledì della settimana successiva, prima di partire per il GP d’Italia, con Scheckter che porta avanti lo sviluppo della 312T4B/039 modificata. I piloti ferraristi viaggiano spesso insieme da Monte Carlo a Maranello per i collaudi e qualche volta incappano nelle palette delle Forze dell’Ordine. Qualche settimana fa proprio Scheckter si è preso una grossa multa nei pressi di Albenga per eccesso di velocità.

Il recupero fisico di Patrick Depailler ha subìto un altro rallentamento. Il pilota francese, immobilizzato da quasi tre mesi, avrebbe dovuto cominciare la riabilitazione all’inizio di agosto ma si è reso necessario un ulteriore intervento chirurgico per estrarre un frammento osseo che si era conficcato nel muscolo di una gamba. Questo lo ha costretto a un altro ricovero a Parigi, nel centro traumatologico Porte de Choisy del prof. Émile Letournel, e solo ora riesce a muoversi autonomamente con l’aiuto delle stampelle. Tra un mese dovrà rientrare in ospedale per rimuovere le fasciature e solo allora potrà riprendere la riabilitazione ma i tempi di recupero si allungano, facendo saltare qualsiasi ipotesi di rientro per le ultime gare del Mondiale. Lo stesso Depailler, intervistato a proposito del suo futuro, ha affermato di non avere ancora parlato con Guy Ligier per valutare le possibilità di rimanere nella squadra francese nel 1980.

Si giunge così a Monza per l’edizione numero 50 del GP d’Italia, il secondo più longevo dopo il GP di Francia (65 edizioni disputate).

La Lotus arriva dall’ennesimo smacco del doppio ritiro di Zandvoort. Andretti è rientrato ai box dopo nove giri con l’olio dappertutto sul retro della macchina dopo che un elemento della sospensione si era rotto e aveva forato il serbatoio dell’olio. Piedone guida la 79/5 che era la vettura di scorta in Olanda ma ha le stesse modifiche della 79/2 (freni posteriori fuoribordo e alettone con supporto centrale).

Reutemann ha sempre la 79/4 con le stesse specifiche. Il clima settembrino della Brianza consiglia a qualche meccanico di indossare le infradito per tenere il piede ben aerato. La 79/3 è stata spedita a Watkins Glen dove si terranno delle prove Goodyear subito dopo il GP d’Italia.

L’ennesima sospensione rotta a Zandvoort ha rovinato la bella gara di Pironi, il quale è molto deluso dalla Tyrrell e si sta guardando intorno per cambiare squadra. Il suo primo obiettivo sarebbe la Renault che però ha appena confermato i suoi attuali piloti. Nessuna modifica sulla 009/6.

La 009/3 di Jarier è stata modificata come quella di Pironi con i freni fuoribordo e l’alettone a pilone centrale privo delle paratie laterali lunghe.

Nessuna novità sulle Brabham BT48 dal momento che il “matrimonio” con l’Alfa Romeo è sciolto e Murray è troppo occupato nello sviluppo della BT49.

L’austriaco ha la BT48/4 con cui si è ritirato negli ultimi quattro GP.

Piquet invece è già sicuro di rimanere l’anno prossimo ed è all’ultima gara con la BT48/3 motorizzata Alfa Romeo.

Alla McLaren si continua a lavorare sulla sospensione anteriore per ovviare al sovrasterzo cronico che rende la vettura inguidabile. Watson ha sempre la M29/3 ma non sa come indirizzare lo sviluppo della monoposto, così i meccanici della squadra di Colnbrook, sempre in pole position per quanto riguarda l’ironia, hanno applicato un eloquente adesivo ai lati dell’abitacolo.

Wattie ovviamente non se la prende e ci scherza su al padiglione della Guinness che lo sponsorizza ed è presente anche quest’anno al parco di Monza.

Gli fa compagnia l’altro irlandese (ma dell’Eire) Derek Daly, che ha firmato un’opzione per il 1980 con Ken Tyrrell.

Patrick Tambay ha la M29/2 mentre il muletto è la vecchia M28/2C perché la M29/1 è stata spedita negli USA per le prove Goodyear.

La ATS D3/01 è invariata rispetto alle precedenti uscite.

Vic Elford cerca di stimolare Stuck a estrarre il massimo dalla monoposto ideata da Nigel Stroud.

La Ferrari si presenta in forze per questa gara che potrebbe già consegnare il titolo iridato a Scheckter nel caso che dovesse vincere il GP e al tempo stesso Laffite non dovesse salire sul podio. La Scuderia ha portato quattro monoposto, due per ogni pilota. Scheckter ha a disposizione la 312T4/040 che gli ha permesso la fantastica rimonta di Zandvoort e la 312T4B/037 che è stata modificata con i freni fuoribordo.

Allo stesso modo, Villeneuve può scegliere tra la 312T4/041 riparata dopo Zandvoort e la 312T4B/038 con cui ha stabilito il record ufficioso di Monza la settimana scorsa.

A proposito del canadese, il giro su tre ruote ha diviso l’opinione pubblica (non solo in Italia) e gli addetti ai lavori tra chi ritiene che sia stato un gesto da grande pilota e chi invece dice che sia stato stupido e pericoloso. Tornano alla mente le parole di Enzo Ferrari il quale solo pochi mesi fa ha affermato: “Villeneuve è un uomo che non resta intimorito da nessun rischio. In questo dovrei dire che assomiglia a Nuvolari”. E in questa occasione capita a fagiolo un episodio simile di cui fu protagonista il Mantovano Volante a Brno nel 1937 quando, in occasione del GP di Cecoslovacchia, giunse quinto dopo aver forato la posteriore sinistra ed essere tornato ai box sul cerchione della sua Alfa Romeo 12C-36 della Scuderia Ferrari, perdendo tre minuti per la sostituzione.

Dopo il lavoro effettuato in galleria del vento, la Fittipaldi porta la seconda monoposto rivista da Caliri e Marmiroli, la F6A/1-2, che viene assemblata per la prima volta nei box di Monza.

La squadra è però concentrata sulla vettura da gara di Emerson per cui la seconda vettura non scende in pista.

I guasti verificatisi in Austria e Olanda hanno fatto a correre ai ripari la Renault che ha rinforzato la frizione delle sue macchine, messa a dura prova soprattutto nello sforzo della partenza.

Jabouille ha sempre la RS11 e la RS10 come muletto.

Arnoux non ha perso il buonumore dopo il tamponamento che lo ha messo fuori gara a Zandvoort. Per lui c’è sempre la RS12.

Nessuna novità alla Shadow. Nel paddock si parla della pressoché certa chiusura della squadra a fine anno ma Don Nichols ostenta sicurezza. Intanto la Samson annuncia che non sponsorizzerà più Lammers al termine del campionato.

Anche De Angelis è deluso: “Gli altri migliorano, noi andiamo indietro”.

La Wolf porta la WR8 e la WR9 pressoché invariate dopo la bellissima ma sfortunata gara olandese nella quale Rosberg avrebbe meritato il podio dopo una gara all’attacco senza errori, la seconda dopo quella altrettanto sfortunata di Silverstone.

Conclusa la non esaltante esperienza con Patrick Gaillard, Mo Nunn mette in macchina il fresco vincitore dell’Euro F2, il 28enne svizzero Marc Surer. La macchina è sempre la N179.

Arturo Merzario vuole fare bene sul circuito di casa ma sa che sarà durissima, anche per la presenza delle Alfa Romeo che sembrano molto più competitive della A4.

Per l’occasione, il comasco ha trovato una nuova sponsorizzazione decisamente singolare da parte di un’agenzia funebre milanese che appare sulle paratie laterali dell’alettone. Lo sponsor principale Flor Bath non è affatto contento.

La Ligier ha limitato i danni a Zandvoort, andando a punti con entrambe le macchine grazie alla serie di ritiri della concorrenza (ben 17). Ickx corre con la JS11/1 che ha portato al quinto posto nell’ultimo GP.

Il terzo posto agguantato in Olanda tiene accese le speranze iridate di Laffite, unico pilota ancora in grado di contendere il titolo ai ferraristi, ma deve avere una macchina al vertice per mettere in difficoltà gli avversari. Per lui ci sono la JS11/02 e JS11/03 mentre la JS11/04 è stata spedita in America per i test Goodyear.

Le Williams che hanno vinto gli ultimi quattro GP sono invariate. C’è un po’ di preoccupazione per quanto riguarda l’affidabilità perché anche a Zandvoort c’è stato un problema meccanico al cambio che ha tenuto in ansia Jones fino alla bandiera a scacchi e che senza la foratura di Villeneuve non gli avrebbe consentito di vincere.

Clay Regazzoni è sempre amatissimo dal pubblico di Monza, anche se non corre più per la Ferrari. Gli splendidi risultati ottenuti nelle ultime gare lo hanno ringiovanito anche se ha appena compiuto 40 anni.

I meccanici della Williams gli fanno trovare una sedia a ruote da F1 per scherzare sulla sua età. Un regalo che purtroppo si rivelerà tristemente profetico.

La Arrows A2/1 che è rimasta senza freni alla Tarzanbocht ha subìto pochi danni ed è pronta per essere riportata in pista da Patrese che ha firmato per rimanere con  la squadra di Jackie Oliver anche per il 1980.

Mass ha conquistato a Zandvoort un onorevolissimo sesto posto, pur avendo finito la gara praticamente senza freni, ma è chiaro che non possa sempre sperare nei ritiri altrui.

Scende finalmente in pista la nuova Rebaque HR100.

La mossa di Rebaque di diventare costruttore è finalizzata a poter entrare nella FOCA e godere dei benefici pratici ed economici garantiti agli iscritti. Il messicano ha fatto costruire a Geoff Ferris della Penske una nuova monoscocca con una veste aerodinamica molto pulita e, avendo a disposizione molti ricambi della Lotus, ha potuto terminare la vettura in tempi relativamente brevi. Questa è infatti una vettura intermedia che serve a far fare esperienza alla squadra, in attesa di una vettura completamente nuova per il 1980. La linea è chiaramente molto simile a quella della Lotus 79, le uniche differenze sono le fiancate, il relativo fondo estrattore e il sistema delle minigonne.

L’altra novità è il debutto della nuova Alfa Romeo 179, la wing car progettata da Carlo Chiti e Robert Choulet che monta lo stesso V12 dell’Autodelta che equipaggia le Brabham. Il presidente Massacesi ha preso la decisione all’ultimo momento, il giovedì sera alle 20, quando la macchina è partita da Balocco per raggiungere Settimo Milanese ed essere approntata per le prove dell’indomani.

Lauda e Piquet vanno a vedere da vicino quella che secondo Ecclestone è la causa del deterioramento dei rapporti con l’azienda di Settimo Milanese.

Il pilota designato è ovviamente Bruno Giacomelli.

La mole della 179/1 è decisamente massiccia rispetto a quella della Williams ma Giacomelli ritiene che sia dotata di un grandissimo potenziale.

Il ventottesimo e ultimo degli iscritti è Vittorio Brambilla che fa il suo rientro in F1 esattamente un anno dopo l’incidente che avrebbe potuto costargli la vita. Il quasi quarantaduenne ha portato avanti lo sviluppo dell’Alfa Romeo F1 fin dal 1978 e l’aveva giudicata pronta per l’esordio monzese già un anno fa. Le polemiche alimentate da Lauda ed Ecclestone avevano poi convinto la dirigenza a rinviare il tutto, quando Brambilla era già pronto a lasciare la Surtees, e forse sarebbe uscito indenne dalla catastrofe della Variante Goodyear.

La 179/2 non è ancora stata completata per cui Brambilla correrà con la 177 aggiornata usata da Giacomelli a Digione. La livrea è arricchita da ampie zone bianche e strisce tricolori e porta il numero 36.

La ristrutturazione dell’autodromo non si è fermata al solo miglioramento delle condizioni di sicurezza del tracciato ma ha interessato anche i box e il paddock. Il muretto dei segnalatori è stato spostato per allargare la corsia box e ora i cronometristi trovano posto in una specie di bunker tra due muri che li proteggono da un eventuale investimento.

I muretti perimetrali di alcuni garage sono stati abbattuti per permettere alle squadre di tenere le vetture di scorta a portata di mano in caso di necessità.

Dietro ai box sono state demolite alcune vecchie strutture allo scopo di creare lo spazio necessario per parcheggiare i camion delle squadre alle spalle del proprio garage. Si ottiene così un rettangolo asfaltato che risulta essere molto comodo per gli addetti ai lavori. Tutti questi lavori si sono resi necessari per cercare di riconquistare il GP d’Italia che l’anno prossimo si correrà a Imola. I lavori sono stati ostacolati dall’associazione Italia Nostra che salvaguarda i beni culturali, artistici e naturali ma gli organizzatori sono riusciti a raggiungere l’obiettivo.

Venerdì alle 10 cominciano le prove libere e lungo il circuito ci sono già 30mila persone.

Gli organizzatori fanno scendere in pista per primo Vittorio Brambilla. Un omaggio al pilota monzese dopo le vicissitudini del 1978.

Al pomeriggio si comincia a fare sul serio ed è chiaro fin da subito che la pole position si deciderà ancora una volta tra Williams e Renault. Jones e Arnoux si migliorano a vicenda fino a quando l’australiano viene spinto fuori pista a Lesmo da Tambay che si sposta per superare Fittipaldi e non si accorge che Jones lo sta affiancando. La ruota posteriore destra della McLaren urta la fiancata sinistra della Williams che si ferma nella sabbia mentre Tambay rientra ai box senza problemi.

Pole provvisoria per Arnoux che stacca un fantastico 1’34”704 e migliora la pole di Andretti del 1978 (1’37”520) di quasi 3 secondi. Lo stesso pilota afferma che ha fatto il tempo “impiccato” e che difficilmente potrà migliorarlo.

Jones mantiene la seconda posizione a meno di tre decimi e precede Villeneuve di soli 7 millesimi di secondo. Il canadese ha scelto di correre con la 312T4B “perché non ho nulla da perdere”, facendo capire che per lui il discorso Mondiale è chiuso.

Quarto tempo per Regazzoni davanti a Scheckter che decide giustamente di non rischiare e corre con la solita macchina.

Jabouille è solo quinto con una RS11 incomprensibilmente sottosterzante e precede le Brabham Alfa Romeo di Lauda e Piquet. Andretti è ottavo davanti a Laffite la cui Ligier (a cui sono stati tolti gli spoiler anteriori) lamenta ancora un forte porpoising alle alte velocità e accusa un distacco di quasi un secondo e mezzo da Scheckter.

Patrese è il migliore degli italiani col quattordicesimo tempo (+3,4”) e Giacomelli porta la debuttante 179 al sedicesimo (+3,9”).

Brambilla ottiene il massimo dalla 177 ed è diciannovesimo (+4,7”) mentre De Angelis riesce a qualificarsi con l’ultimo tempo.

I quattro esclusi della prima giornata sono Lammers, Merzario, Surer (che ha rotto il motore dopo pochi giri e non ha una macchina di scorta) e Rebaque che non ha girato per un guasto al cambio.

Il sabato mattina le impalcature rigorosamente abusive sono gremite di tifosi fin dalle prime ore del mattino.

Jabouille decide di lasciare la RS11 in favore della RS10 muletto adeguatamente preparata e nelle libere della mattina ottiene il miglior tempo in 1’35”10. Stessa cosa per Jones che passa al muletto FW07/3 perché nella FW70/4, riparata dopo la collisione con Tambay, si evidenzia una perdita di benzina per cui necessita della sostituzione del serbatoio e quindi si passa direttamente ad installare un motore nuovo in vista della gara.

Laffite sembra aver trovato un assetto accettabile per la sua Ligier mentre i ferraristi lavorano sul ritmo gara per trovare il miglior compromesso col pieno di benzina. Scheckter continua con la 312T4/040.

Dopo pochi giri della qualifica decisiva il motore della RS12 di Arnoux perde colpi e il piccolo francese rientra ai box prima di romperlo, concludendo anticipatamente le sue prove perché non ha una macchina di riserva.

Il muletto di Jabouille invece va benissimo, tanto che il parigino supera il compagno di squadra staccando il miglior tempo in 1’34”580.

Il pilota della Renault rientra ai box per montare gomme fresche ma poi esce di pista alla Variante Goodyear e piega una sospensione, mettendo fine anche alla sua qualifica. La concorrenza cerca di approfittare dell’assenza forzata delle due Renault ma nessuno riesce a migliorare i tempi ottenuti dai due piloti francesi che così si godono la conquista della prima fila tranquillamente seduti ai box. Si tratta della quarta pole position per Jabouille, la quinta negli ultimi sei GP per la Renault turbo.

Jody Scheckter è sorprendentemente terzo (+0,250”) davanti a Jones e a Villeneuve che non è riuscito a migliorare il tempo del venerdì.

Sesto tempo per Regazzoni, arrabbiatissimo per la poca potenza espressa dal suo DFV, seguito da Laffite con il muletto JS11/3. I primi sette dello schieramento sono contenuti in meno di nove decimi di secondo.

Piquet è ottavo e precede di sei decimi il compagno di squadra mentre gli altri due senatori Andretti e Ickx sono ancora più staccati.

Per quanto riguarda gli italiani, Patrese si migliora ma retrocede dal quattordicesimo al diciassettesimo posto, a tre secondi dalla pole.

Giacomelli affianca il padovano in nona fila con un tempo più lento di quattro decimi ma incoraggiante, considerando che la 179 ha solo cinque settimane di vita e che il bresciano non ha l’attitudine necessaria a prendere il ritmo per sfruttare le Goodyear da qualifica durante i tre giri che precedono il loro decadimento

Brambilla è ventiduesimo con la vecchia 177 ed è arcicontento di poter tornare a disputare un GP di F1.

Qualifica complicata per De Angelis che rompe il cuscinetto della ruota posteriore sinistra e prende la macchina di scorta. La DN9/1B non ha ancora girato nel weekend e il romano non riesce a migliorarsi, così Nichols ferma Lammers e fa adattare l’abitacolo al più robusto De Angelis, facendo arrabbiare l’olandese che è comunque qualificato con l’ultimo tempo. Alla fine della sessione i cronometristi modificano il tempo di Lammers, confessando di essersi sbagliati, e gli assegnano un tempo più alto di quello del compagno di squadra che così accede all’ultimo posto disponibile sullo schieramento ai danni del piccolo olandese.

I quattro non qualificati sono gli stessi di ieri: Lammers, Surer (che ha avuto di nuovo guai meccanici), Merzario che gira 1,3” più lento dell’anno scorso e Rebaque la cui nuova macchina non riesce a fare più di due giri consecutivi.

Dopo le qualifiche si disputa l’ottava ed ultima gara del campionato BMW Procar. La matematica consente a soli tre piloti la possibilità di aggiudicarsi il titolo. Il favorito è ovviamente Lauda che è primo con 63 punti davanti a Regazzoni con 61 e Stuck con 53.

Jones parte dalla pole affiancato da Regazzoni ma dopo tre giri vengono entrambi superati da Stuck che si porta in testa alla gara.

Al sesto giro si rompe il motore della macchina di Regazzoni e a Lauda non rimane che gestire il secondo posto alle spalle di Stuck per conquistare il campionato. L’austriaco e Stuck si portano a casa una BMW M1 mentre Regazzoni si deve accontentare di una 528i.

Nel frattempo Jody Scheckter, da buon uomo-immagine FIAT, si presta insieme a Cesare Fiorio per il lancio della Formula FIAT Abarth, la nuova monoposto addestrativa che dall’anno prossimo manderà in pensione la Formula Italia dopo otto stagioni.

La macchina monta il motore della Lancia Beta 2000 portato a 130 CV di potenza e costa circa 10 milioni di lire (35mila euro).

Enzo Osella approfitta della presenza della stampa internazionale per annunciare che la sua squadra parteciperà al Mondiale 1980 di F1 con una monoposto che è in fase di realizzazione nel capannone di Volpiano (TO). Osella ha già una notevole esperienza come costruttore, avendo rilevato il reparto corse dell’Abarth nel 1971 dove ha realizzato la Abarth-Osella SE021 con cui Arturo Merzario ha vinto il Campionato Europeo 2 Litri 1972.

In seguito ha cominciato a produrre altre vetture Gr.6 col proprio nome conquistando il posto d’onore nel Mondiale Sport Prototipi 1977 con la PA5, alle spalle delle imbattibili Alfa Romeo.

Passato alle monoposto di F2 con poco successo, proprio quest’anno ha realizzato la miglior stagione con la FA2/79 motorizzata BMW, progettata da Giorgio Stirano e Nicola Materazzi e sponsorizzata dalla Beta Utensili. Con questa monoposto ha vinto tre delle dodici gare dell’Euro F2 e ha chiuso al quarto posto della classifica con Eddie Cheever al volante.

La F1 è stata progettata da Stirano e Materazzi con la supervisione di Giorgio Valentini. Il pilota e gli sponsor non sono ancora noti.

Domenica mattina il Parco di Monza è preso d’assalto dai tifosi. Si parla di 130mila spettatori paganti (poi ci sono gli altri), tutti speranzosi di assistere al trionfo rosso. Il prezzo dei biglietti di ingresso varia da un minimo di 7000 lire (24 euro) per il prato alle 50mila lire (172 euro) per le tribune migliori (Centrale, Variante Goodyear, Lesmo, Variante Ascari e Parabolica).

Alle 10 comincia il warm up. Il rombo dei motori sveglia a stento i “sopravvissuti” alle (almeno) tre notti di bagordi da campeggio.

Alla Renault hanno riassemblato la RS11 durante la notte per metterla a disposizione di Jabouille al posto del muletto danneggiato sul finale della qualifica. Jones ritrova la FW07/4 col serbatoio della benzina e il motore nuovi e anche Laffite decide di correre con la JS11/02. I piloti della Ferrari invece mantengono le macchine usate in qualifica e sono i più veloci nel warm up, con Scheckter primo in 1’37”14 davanti a Villeneuve in 1’37”81.

Terzo tempo per Jarier (forse per dare un contentino alla famiglia Fumagalli che sponsorizza le Tyrrell) che precede Jones, Jabouille, Arnoux e Regazzoni, staccati di quasi un secondo e mezzo dalle Rosse. Laffite è addirittura dodicesimo a oltre due secondi.

L’Alfa Romeo di Giacomelli ha una nuova veste grafica con inserti bianchi, simile a quella della macchina di Brambilla. Il lavoro è stato eseguito dopo le qualifiche perché la 179 era stata portata a Monza in fretta e furia e non c’era stato tempo per decorarla.

La gara è prevista sulla distanza di 50 giri e prenderà il via alle 15. L’autodromo è pieno come un uovo in una caldissima domenica di fine estate.

I tifosi più intraprendenti si sono attrezzati con le TV portatili per seguire la gara per intero.

Il ricordo di Ronnie Peterson è ancora vivo.

La matematica concede a Villeneuve la possibilità di vincere il Mondiale ma il DS Marco Piccinini lo catechizza prima del via, chiedendogli di non attaccare il compagno di squadra ed eventualmente aiutarlo a vincere il titolo.

Prima della partenza Scheckter e Jones, che partono dalla seconda fila, chiedono a Jabouille e Arnoux di mantenere una traiettoria rettilinea nel caso che anche questa volta dovessero avere una partenza più lenta, per evitare di creare scompiglio nel gruppo, com’è successo a Zandvoort (dove però proprio Scheckter si è tirato tutto sulla destra quando la frizione si è surriscaldata).

Alle 15:32 il nuovo direttore di corsa Ottorino Maffezzoli accende il semaforo verde.

Le Renault non partono benissimo, come previsto. Scheckter ne approfitta immediatamente e prende la testa del gruppo mentre Jones, al contrario, parte lentissimo per un improvviso calo di motore e viene superato da quasi tutti. Lauda cerca di sfilare Andretti all’esterno ma mette le ruote sull’erba e perde posizioni.

Scheckter raggiunge per primo la Variante Goodyear seguito da Arnoux (che ha contenuto i danni della risposta del turbo), Villeneuve e Laffite che è partito a razzo dalla quarta fila. Alle loro spalle Regazzoni, Jabouille, Piquet e Andretti mentre Jones è terz’ultimo.

Il ferrarista tiene comodamente la prima posizione e all’uscita dalla seconda di Lesmo ha un buon vantaggio sul pilota della Renault.

Alla fine del primo giro il gruppo è già molto allungato. Scheckter è sempre in testa ma Arnoux lo attacca subito dopo la linea del traguardo. Alle loro spalle c’è Villeneuve, tallonato da Laffite. Quinto posto per Jabouille che ha scavalcato Regazzoni all’altezza del Serraglio. Il ticinese ha ora Piquet in scia mentre Tambay è più staccato.

Arnoux sembra avere facilmente la meglio sul lungo rettilineo ma Scheckter allunga la frenata della Variante Goodyear dove il francese ha il vantaggio della traiettoria, e lo costringe a scomporsi leggermente in ingresso. Più indietro, Piquet affianca Regazzoni che fa valere la sua esperienza e difende la posizione tenendo la traiettoria interna. Jones è ventesimo.

Il brasiliano della Brabham Alfa Romeo non vuole perdere troppo terreno rispetto ai primi e cerca di sorprendere Regazzoni alla Curva Grande con un coraggioso attacco all’esterno. Anche questa volta il ticinese non si fa trovare impreparato e allarga la traiettoria accompagnando Piquet sull’erba. Il brasiliano perde il controllo e la macchina parte in testacoda, attraversa la pista e si schianta a grande velocità contro il guardrail interno, spezzandosi in due parti. Fortunatamente nessuno dei piloti che seguono colpisce i rottami vaganti per la pista.

La monoscocca rimane sul lato interno mentre il troncone che comprende il motore e il retrotreno attraversa di nuovo la pista e si ferma contro il guardrail esterno.

Piquet scende illeso da ciò che resta della BT48 e rientra ai box a piedi.

Il quartetto di testa procede compatto mentre Jabouille, con la RS11 sempre sottosterzante, non riesce a chiudere il distacco. All’inizio del quinto giro Laffite esce dalla scia della Ferrari di Villeneuve che però allunga la staccata alla Variante Goodyear e mantiene la terza posizione senza problemi.

Jones ha recuperato fino alla quattordicesima posizione ma il suo motore perde potenza come alla partenza. Viene raggiunto e superato da tutti quelli che aveva rimontato e rientra ai box per cercare di capire il problema.

Arnoux mantiene la prima posizione ma non stacca gli inseguitori come si immaginava. Scheckter, Villeneuve e Laffite lo seguono da vicino mentre Jabouille paga un secondo e mezzo al pilota della Ligier. Regazzoni ha problemi di sottosterzo ed è sesto, in solitudine, staccato di 8 secondi. Andretti è più indietro e precede Lauda, che sta recuperando terreno dopo la brutta partenza, le Tyrrell di Jarier e Pironi, poi Watson, Giacomelli e Reutemann.

Nel gruppetto degli inseguitori Watson si sta facendo strada dopo una pessima qualifica (diciannovesimo tempo con la macchina di Tambay che gli andava decisamente stretta) e si trova in undicesima posizione dopo aver superato Giacomelli con l’Alfa Romeo. All’ottavo giro l’irlandese attacca Pironi all’interno della Variante della Roggia ma il suo tentativo è decisamente ottimistico. La McLaren è dietro di mezza macchina e quando Pironi imposta la chicane le ruote si agganciano facendo volare la Tyrrell che finisce in testacoda.

Watson continua senza problemi mentre Pironi deve far sfilare tutto il gruppo prima di rimettersi in pista, poi rientra ai box per far verificare che le minigonne funzionino bene e riparte mentre sopraggiungono Arnoux e gli altri.

Intanto Jones riparte dai box dopo che gli sono state sostituite la centralina dell’iniezione elettronica e la batteria, alla quale si era rotto un elemento proprio sulla linea di partenza. Il vincitore degli ultimi tre GP è ultimo e con un giro e mezzo di distacco dai primi.

Dopo 10 giri Arnoux sembra gestire la gara con relativa tranquillità su Scheckter, Villeneuve e Laffite  mentre Jabouille ha accumulato oltre 5 secondi di distacco.

Regazzoni è sesto e ha una decina di secondi di vantaggio su Lauda che ha superato Andretti.

Al tredicesimo giro Scheckter si avvicina molto ad Arnoux nel tratto che va dalla Curva Grande alla Variante della Roggia, dove sono sempre presenti i rottami della Brabham Alfa Romeo di Piquet. Ancora due curve e improvvisamente il motore della RS12 perde potenza, consentendo a Scheckter, Villeneuve e Laffite di superare Arnoux. Nella discesa del Serraglio il motore sembra riprendere ma evidentemente c’è un problema più importante e il piccolo francese conclude il giro solo per ritirarsi ai box. Le due Ferrari sono ora al comando nel tripudio del pubblico monzese.

Dopo quasi un terzo di gara i tre pretendenti al titolo sono in lotta ravvicinata per la vittoria, dopo 5 gare di dominio incontrastato di Williams e Renault. Jabouille è lontano e continua a perdere terreno nei loro confronti.

Watson continua a risalire posizioni e alla fine del dodicesimo giro supera Jarier alla Parabolica. Sul rettilineo dei box il francese gli prende la scia e tenta di riprendere la nona posizione alla staccata della Variante Goodyear. Le vetture vengono a contatto e questa volta è l’irlandese della McLaren ad avere la peggio. Il suo GP finisce qui.

Due giri più tardi Giacomelli supera proprio Jarier e sale in ottava posizione.

Dopo 16 giri Scheckter conduce davanti a Villeneuve che si tiene a distanza di sicurezza dal compagno di squadra e controlla Laffite senza problemi. La sfida per la vittoria è ristretta a questi tre piloti, salvo imprevisti.

Jabouille ha 10 secondi di distacco e ne conserva 3 su Regazzoni che lo sta raggiungendo. Lauda è sesto a 29 secondi seguito da Andretti a 33 e Giacomelli a 36.

Al ventesimo giro Giacomelli supera Andretti e sale al settimo posto, mettendo nel mirino la Brabham di Lauda che monta lo stesso motore.

Jones migliora ripetutamente il giro più veloce, viaggiando un secondo più veloce di Scheckter e sdoppiandosi dai colleghi.

Regazzoni raggiunge Jabouille e al ventiquattresimo giro lo supera in staccata all’ingresso della Variante Ascari.

Intanto Laffite comincia ad avere problemi ai freni posteriori e cerca di porvi rimedio spostando la ripartizione della frenata sull’anteriore. Jacquot cerca di compensare con il freno motore ma non riesce più a tenere il passo delle Ferrari, tanto che al termine del ventottesimo giro il suo distacco da Scheckter è di 4 secondi.

Il pubblico monzese, già entusiasta per le due Rosse al comando, incita Giacomelli che ha ridotto il distacco da Lauda a meno di 2 secondi. Quando tutti pregustano il sorpasso che sarebbe una piccola vendetta nei confronti dell’austriaco e di Ecclestone, il piccolo bresciano arriva lungo alla Variante Ascari e perde il controllo della 179 che si insabbia nella nuova via di fuga.

Un vero peccato ma la 179, alla sua prima gara, sembra promettere bene.

A 10 giri dal termine la gara non ha più storia. Jody Scheckter, scortato dal fedele Gilles Villeneuve, ha 9 secondi di vantaggio su Laffite che può solo sperare nell’improbabile inaffidabilità delle 312T4 che nei dieci GP finora disputati ha avuto solo due ritiri per problemi tecnici, entrambi subìti da Villeneuve (trasmissione rotta a Monte Carlo e vapor lock a Silverstone). Il francese deve anzi guardarsi le spalle da Regazzoni che con la macchina che si alleggerisce sta girando molto veloce ed è a soli 4 secondi da lui. Jabouille è alla deriva a 21 secondi e Lauda a 51.

Al quarantunesimo giro si rompe il DFV della Ligier di Ickx che si ferma alla Variante della Roggia quando viaggiava in decima posizione.

Ancora un giro e Laffite rientra ai box e si ritira. Una sfollata alla staccata della Variante Goodyear ha fatto saltare un molla valvola del suo DFV, mettendo fine alla gara e alle residue speranze iridate per Jacquot e la Ligier.

Si rompe anche il DFV della Wolf di Rosberg che dopo la strepitosa gara di Zandvoort è tornata nell’anonimato dell’ultimo posto. Il finlandese si ferma alla Variante Goodyear e la macchina viene spostata a spinta dai commissari che vengono letteralmente sfiorati dalle auto sopraggiungenti.

Svanito il “pericolo Laffite”, i ferraristi rallentano notevolmente per preservare la meccanica (esitano a staccare il due volte doppiato Fittipaldi) anche perché i freni cominciano a creare qualche preoccupazione a Scheckter. Cerca di approfittarne Regazzoni che a quattro giri dalla fine fa segnare il giro più veloce in 1’35”60 e riduce il suo distacco a soli 6 secondi. Nello stesso giro si rompe il motore della Renault di Jabouille, costretto all’ennesimo ritiro quando si trova in quarta posizione.

Regazzoni continua a spingere e a recuperare per cui Scheckter riaccelera per gestire il vantaggio che si sta assottigliando, sempre con le spalle coperte dal fido Villeneuve.

Manca un giro al trionfo. Regazzoni è a distanza di sicurezza.

Ottorino Maffezzoli sventola la bandiera a scacchi per ufficializzare la doppietta Ferrari e la conquista di entrambi i titoli iridati per Scheckter e la Scuderia.

I due piloti della Rossa percorrono il giro d’onore in parata mentre i tifosi invadono la pista per cominciare i festeggiamenti.

Regazzoni è terzo a quasi 5 secondi. Nell’ultimo giro il suo motore si è spento e riacceso perché la FW07 sta finendo la benzina. Infatti la Williams ammutolisce nel giro di rientro e Clay chiede un passaggio ad Alan Jones che ha chiuso al nono posto.

Giunto alla Variante Ascari, anche Jones rimane a secco ed entrambi i piloti dovranno tornare ai box con un’automobile di servizio.

Quarto posto e miglior risultato dell’anno per Niki Lauda che, staccato di 55 secondi, torna in zona punti 6 mesi dopo al sesto posto di Kyalami.

Anche Andretti, quinto davanti a Jarier, va a punti per la prima volta nella seconda parte del campionato, così come la Lotus che è sempre quarta nella Coppa Costruttori.

La folla festante accorre verso il podio e le forze dell’ordine cercano di contenerla ma senza risultati apprezzabili.

Scheckter e Villeneuve devono essere scortati dalla polizia per accedere al podio che è già sovraffollato da autorità, giornalisti, imbucati e fauna varia.

Decima e ultima vittoria per il nuovo Campione del Mondo di F1 Jody Scheckter, al suo primo anno in Ferrari.

Il 29enne di East London sventola la bandiera del Cavallino sorridendo insieme a Gilles Villeneuve che ha eseguito alla lettera l’ordine di squadra anche se probabilmente avrebbe potuto vincere la gara. Il canadese è ora secondo nel Mondiale con 2 punti più di Laffite e tre risultati utili, come il francese della Ligier.

L’inviato della RAI Lino Ceccarelli intervista Scheckter mentre un “responsabile della sicurezza” osserva la scena dal fondo del podio.

I ferraristi vengono raggiunti dal felicissimo Clay Regazzoni che raccoglie la sua meritata dose di applausi. I 4 punti conquistati consentono alla Williams di superare la Ligier di un punto nella Coppa Costruttori.

Il Clay concluderà poi i festeggiamenti in serata, alla sua maniera.

Sesta Coppa Costruttori per la Ferrari, la quarta in cinque anni per la 312T e le successive evoluzioni. Il punto di forza della 312T4, vincente al debutto in Sud Africa, è sicuramente da individuare nell’affidabilità meccanica grazie alla quale Scheckter ha portato a termine tutti gli 11 GP disputati finora, fallendo la zona punti solo in occasione del settimo posto di Digione.

Bisogna sottolineare anche l’enorme contributo dato dalla Michelin che, grazie alla collaborazione tra la Scuderia e Pierre Dupasqier, in soli due anni ha sovvertito la gerarchia imposta dalla Goodyear sviluppando le gomme radiali che sono state determinanti soprattutto nei circuiti più tortuosi. Tra l’altro, nel contratto tra la Scuderia e la Casa di Clermont-Ferrand c’è una clausola secondo la quale, in caso di vittoria nel Mondiale, la Ferrari può imporre il veto alla fornitura di gomme a nuove squadre per il prossimo campionato e probabilmente sarà fatta valere.

Non è stata meno determinante l’intesa e lo spirito di squadra tra i piloti della Ferrari che hanno sempre gareggiato rispettandosi a vicenda, nel solo interesse della squadra. Una coppia praticamente perfetta.

Niki Lauda, con grande stile e umiltà, manda un telegramma di congratulazioni a Enzo Ferrari. Nel 1977, proprio a Monza, l’austriaco aveva commentato la fine del rapporto con la Scuderia lanciando una sfida: “Vedremo dove sarà la Ferrari fra 2 anni e dove sarò io”. Il Drake ringrazia Lauda con una lettera.

Il Mondiale non è finito ma, prima di attraversare l’Atlantico per gli ultimi due appuntamenti iridati, alcune squadre si spostano da Monza a Imola per il GP Dino Ferrari, seconda e ultima gara non titolata dell’anno che serve come prova generale per il GP d’Italia che l’anno prossimo si correrà proprio in riva al fiume Santerno.

La gara è stata fortemente voluta da Enzo Ferrari il cui primo contatto con Imola risale al 1948, come descriverà nel suo libro Ferrari 80 in uscita a Natale 1979: “Valutai fin dal primo momento che quell’ambiente collinoso poteva diventare un piccolo Nürburgring per le difficoltà naturali che il costruendo nastro stradale avrebbe compendiato, offrendo così un percorso veramente selettivo per uomini e macchine”. In tutto questo, l’intitolazione dell’autodromo all’adorato figlio Alfredo (detto Dino) avvenuta l’8 settembre 1970, è un valore aggiunto nel rapporto tra Ferrari e il tracciato imolese.

La costruzione del tracciato imolese si deve a Francesco “Checco” Costa, dottore in agraria e grandissimo appassionato di motociclette nonché presidente del Motoclub Santerno di Imola, attraverso il quale partecipa all’organizzazione di gare motociclistiche che fin dal 1935 si disputavano per le strade della cittadina romagnola.

Intuendo che prima o poi questo tipo di corse sarebbe stato vietato, nell’ottobre del 1947 Costa e alcuni amici appassionati si riuniscono nel municipio imolese e propongono lo studio per la realizzazione di un vero e proprio circuito. Questo permetterebbe di dare lavoro a tanta gente che vuole ripartire dopo la tragedia della guerra (Imola era sulla Linea Gotica e fu liberata il 14 aprile 1945) e attirare pubblico che porti vantaggi al paese. Per raggiungere la somma necessaria alla realizzazione, stimata in 30 milioni di lire (620mila euro), si pensa di formare una cooperativa alla quale aderiscono subito la Cooperativa Trasporti, la Cooperativa Braccianti, la Cooperativa Muratori e la Cooperativa Ceramica, che riceveranno in cambio azioni della nuova entità. Il mese successivo si costituisce la Società Cooperativa a Responsabilità Limitata ESTI (Ente Sport e Turismo Imolese) che si prefigge di sistemare l’anello stradale costituito da Via Nuova Destra Santerno, dalla Via Rivazza, dal Viale dei Colli, dai Viali Interni delle Acque Minerali e dalla Via di Codrignano. I sopralluoghi cominciano subito. Nella foto si vede Checco Costa (sulla sinistra, col capo chino) insieme al segretario generale dell’ACI Giovanni Canestrini, al sindaco Tabanelli ed altri mentre si confrontano su Via Nuova Destra Santerno (l’attuale zona di partenza) nel febbraio del 1948. Sullo sfondo la collina della Rivazza.

Il progetto viene presentato al CONI che si ritiene soddisfatto e appoggia l’iniziativa, così i lavori possono cominciare.

Il sogno di Checco Costa si realizza il 25 aprile 1953 quando si svolge il GP del CONI, prima gara motociclistica disputata sul nuovo circuito.

Costa e Ferrari si sono conosciuti dalla fine degli anni ’30 in occasione di una gara del Circuito del Savio. La costruzione del nuovo impianto fa aumentare la stima reciproca tra i due, entrambi personaggi chiusi e dai modi bruschi, fino a diventare una sincera amicizia tanto che il Drake sarà spesso ospite alla presentazione delle 200 Miglia, la manifestazione che ha consacrato Checco Costa come organizzatore di corse motociclistiche a livello internazionale.

Il Drake ha coinvolto nella decisione Bernie Ecclestone, anch’egli già presente in Romagna in passato in veste di pilota motociclistico: “Se la memoria non mi tradisce, nel 1956 ho corso sul circuito di Imola con una Norton Manx ed ebbi a conoscere il circuito del Santerno che era molto lontano da come si presenta oggi”. Il consenso di Ecclestone è imprescindibile per avere la presenza delle scuderie inglesi, alla luce del fallimento della gara analoga che si sarebbe dovuta svolgere nel 1977. Questa non è la prima volta che le F1 corrono a Imola, infatti il 21 aprile 1963 si è disputato il Gran Premio Shell, una corsa non valida per il Mondiale inserita nel calendario tra il GP di Pau e quello di Siracusa.

Per la Ferrari è presente solo Mauro Forghieri che va a salutare Jim Clark e Denis Jenkinson.

La gara è vinta proprio Clark con la Lotus 25 ufficiale davanti a quella privata di Jo Siffert.

La planimetria odierna del tracciato è cambiata rispetto al 1963 con l’inserimento di due varianti (Alta e Bassa) per limitare la velocità di auto e moto anche in seguito all’incidente nel quale ha perso la vita l’austriaco Klaus Reisch, schiantatosi contro il muretto dei box in seguito a un aquaplaning. Inoltre la doppia curva delle Acque Minerali è stata anticipata di una decina di metri per avere una via di fuga invece del muro di contenimento del parco protetto da balle di paglia.

L’autodromo è ora gestito dalla SAGIS (Società Allestimento Gestione Impianti Sportivi, diretta emanazione dell’Automobil Club di Bologna) ed è ancora privo di tribune fisse, a parte quella coperta davanti ai box costruita nel 1969 e un’altra (scoperta) parallela alla Variante Bassa. Gli spettatori possono però godere dell’ampia visuale offerta dalle tribune naturali costituite dalle colline che caratterizzano il tracciato, specialmente alla Tosa e alla Rivazza. La struttura dei box è ancora incompleta, essendo stato realizzato solo il piano terra con 24 garage. Il piano superiore è in fase di costruzione.

Mercoledì 12 settembre il camion della Ferrari varca il cancello dell’autodromo preceduto da una Lancia Beta con a bordo Mauro Forghieri e Gilles Villeneuve che non ha mai visto prima il circuito. L’ingegnere modenese compie un paio di giri con la berlina torinese per farglielo vedere in anteprima. Non trattandosi di una gara iridata non ci sono divieti per quanto riguarda le prove e Villeneuve scende in pista nel pomeriggio con la 312T4/037 muletto di Scheckter a Monza. Il tracciato imolese chiede molto ai freni per cui vengono montate doppie pinze a doppio pistone su entrambi gli assi.

Mentre Villeneuve comincia a fare conoscenza con la pista arriva una FIAT 131 metallizzata dalla quale scende Enzo Ferrari che va a sedersi davanti al box della sua Scuderia per la gioia di bambini e fotografi e degli increduli meccanici che si sentono lusingati dalla sua presenza.

Il Drake non ama viaggiare e non mette piede in un circuito in occasione di prove dall’agosto del 1971, quando venne sonoramente fischiato dal pubblico di Monza e giurò di non tornare mai più in Brianza. La sua presenza a Imola che dall’anno prossimo ospiterà il GP d’Italia, tre giorni dopo aver conquistato entrambi i titoli iridati (proprio a Monza) ha il sapore della vendetta consumata fredda.

Villeneuve effettua 32 giri prima di fermarsi per un calo di pressione dell’olio. Il miglior tempo è di 1’35”1, due secondi più veloce di quello ottenuto da Reutemann a novembre 1976 con la 312T2. Il canadese esprime un giudizio positivo sul tracciato e al termine delle prove conduce gli organizzatori per un giro di pista sulla Mercedes del direttore di corsa Paolo Moruzzi, soffermandosi dei punti che ritiene critici per suggerire ulteriori migliorie, dopodiché la squadra rientra a Maranello.

Gli iscritti sono solo 16 perché le squadre si stanno preparando per la trasferta nordamericana che comincia a fine settembre. Non sono presenti Williams, Ligier, Renault, ATS, Ensign e Rebaque. I prezzi dei biglietti sono decisamente alti (più di Monza) col Circolare Tosa Rivazza a 10mila lire (35 euro) e la tribuna centrale a 80mila (277 euro) per fare fronte alle richieste economiche di Ecclestone e all’esiguo numero di posti delle tribune provvisorie.

La Lotus manda lo scoraggiato Reutemann con la 79/2 muletto.

Jean-Pierre Jarier sembra essere tornato in forma dopo l’epatite che gli ha fatto saltare due GP.

Anche per lui c’è il muletto, la 009/1

Ultima gara per la Brabham con la motorizzazione Alfa Romeo dopo quattro campionati con pochissimi risultati e molti scontri tecnici tra Murray e Chiti. A Montreal correrà la BT49 Cosworth. Lauda sembra in buona forma dopo aver ottenuto il quarto posto di Monza, suo miglior risultato stagionale. Muletto BT48/2 anche per lui.

Ecclestone ha portato in Romagna anche Ricardo Zunino per qualsiasi evenienza.

Alla Brabham c’è un clima di grande relax. Herbie Blash, la fotografa Pam Rowe e gli altri si divertono a gozzovigliare in albergo.

Nella lavagna del proprio garage, oltre a un gioco di parole riguardante uno dei classici scherzi tra meccanici (Ermanno Cuoghi era un maestro dei botti fatti con i sacchi dell’immondizia riempiti di acetilene), qualche meccanico Brabham ha disegnato un’Alfa Romeo con sopra un deltaplano a cui è aggrappato un pilota col casco di Depailler. Un evidente riferimento al possibile ingaggio dell’ancora convalescente francese da parte della Casa di Settimo Milanese. Il paddock di Imola è piccolo e la gente mormora…

La McLaren prende parte a questa gara solo per fare presenza, schierando Tambay con la vecchia M28/2C.

La Ferrari, Jody Scheckter e Gilles Villeneuve sono ovviamente le grandi star del fine settimana.

Il nuovo Campione del Mondo porta in pista la 312T4/037 con i freni sulle ruote usata da Villeneuve il mercoledì.

Gilles ha la 312T4/038 del secondo posto di Monza. Come si può notare dal battistrada delle gomme appena smontate, la corsia dei box è piena della polvere di cemento causata dai lavori dei box.

Rientra in F1 Alex Dias Ribeiro. Dopo la disastrosa esperienza del 1977 con la March ufficiale, il 30enne brasiliano ha creato una propria squadra, la Jesus Saves Racing, e ha disputato una buona stagione di F2 nel 1978 con una March 782 motorizzata Hart, riuscendo a vincere la gara del Nüburgring in volata su Keke Rosberg ed Eddie Cheever.

Quest’anno non è riuscito a raccogliere il denaro necessario per correre ma ora gli si è presentata una nuova opportunità e ha accettato la proposta di Fittipaldi per correre questa gara e gli ultimi due GP dell’anno. A Imola usa la vecchia F5A/1.

Fino a pochi giorni prima della gara sembrava che la F5A/1 dovesse essere noleggiata all’argentino Miguel Angel Guerra, buon pilota di F2 e amico di Reutemann che quest’anno è salito sul podio a Hockenheim con la March 792 del Team Everest diretto da Giancarlo Minardi. Lo sponsor Copersucar si è però opposto, facendo notare ai fratelli Fittipaldi che il contratto di sponsorizzazione prevede che le monoposto gialle possano essere pilotate solo da piloti brasiliani.

La Shadow è l’unica squadra non italiana a schierare due monoposto. La prima è ovviamente la DN9B/3 di De Angelis che deve onorare gli sponsor personali.

La seconda è stata noleggiata per l’occasione a Giuseppe “Beppe” Gabbiani per la modica cifra di 25 milioni di lire (poco meno di 87mila euro). Il 22enne piacentino, settimo nell’Euro F2 1979 con la seconda March BMW ufficiale, aveva già tentato inutilmente di qualificarsi l’anno scorso a Montreal e a Watkins Glen con la “moribonda” Surtees e ora vuole mettersi in mostra con il muletto di Lammers ma anche la squadra di Don Nichols e Jo Ramirez sembra ormai essere destinata alla chiusura.

Il numero 19 della DN9B/1 è scritto con un carattere decisamente strano.

Keke Rosberg è deluso per il crollo delle prestazioni della WR8 verificatosi a Monza e cerca di capire come ritrovare la competitività dimostrata a Zandvoort mentre Gabbiani gli dà alcune dritte su come affrontare il circuito romagnolo.

Non può mancare Arturo Merzario, nonostante la catastrofica stagione nella quale ha avuto più rotture meccaniche che giri effettuati in pista. Lo sponsor Flor Bath, che a Monza aveva già espresso la sua contrarietà ad apparire vicino al marchio di un’agenzia di pompe funebri, ha fatto rimuovere il suo logo dalle fiancate della A4/1 ma ha garantito al comasco il sostegno finanziario fino alla fine del campionato.

La Arrows porta a Imola il muletto A1/5 per Patrese.

Due macchine anche per l’Alfa Romeo, arrivate su forte pressione degli organizzatori (Chiti avrebbe preferito lavorare sulle macchine per il Canada). Le vetture di Settimo Milanese erano già in pista il venerdì per delle prove libere in cui Giacomelli si è fermato quasi subito per la rottura del comando del distributore d’iniezione e non è andato oltre l’1’38”8.

È andato meglio Brambilla con la vecchia 177 che è riuscito a girare in 1’37”4. Entrambe le monoposto hanno il piccolo adesivo delle Frecce Tricolori alla base del numero di gara.

L’ultima squadra giunta a Imola è la David Price Racing che gestisce le Williams FW06 acquistate da Giacomo Agostini per correre il campionato AFX Aurora e sponsorizzate dalla Marlboro.

Il popolarissimo Mino, plurivittorioso a Imola su due ruote, fa conoscenza con quello che sta diventando il nuovo idolo delle folle: Gilles Villeneuve.

Ago usa la FW06/001 mentre la FW06/002 è noleggiata a “Gimax”, al secolo Carlo Franchi, che come Gabbiani aveva tentato inutilmente di qualificarsi con la Surtees lo scorso anno. Il milanese è sponsorizzato dalla banca Cariplo e dalla Fassi, grande azienda di autogru di cui lui è concessionario. Questa macchina è già stata noleggiata tre volte a “Gimax” e poi anche dal romano Maurizio Micangeli e dal lucchese Guido Pardini, sempre nella serie AFX Aurora.

Sono presenti ben otto piloti italiani (nella foto manca Merzario).

Le prove si svolgono nella sola giornata di sabato, come voluto da Ecclestone, per risparmiare macchine e motori. Le libere dovrebbero cominciare alle 10 ma vengono rinviate di un’ora e mezza perché in alcuni punti del tracciato il guardrail non è fissato a dovere, come fatto notare da Lauda e Scheckter dopo un’ispezione. Alle 11:25 si parte e Tambay rompe il motore dopo pochi minuti.

Stessa sorte per Merzario e anche per Gabbiani che resta senz’olio perché il raccordo del radiatore anteriore striscia accidentalmente per terra. Certe squadre inglesi, specialmente se in difficoltà economiche, illudono i piloti paganti (in anticipo) mettendogli a disposizione macchine preparate male e con motori a fine chilometraggio in modo da realizzare il massimo guadagno possibile. Don Nichols chiede altri 10 milioni (35mila euro) al piacentino per montare un nuovo motore ma a quel punto il padre di Gabbiani manda pacatamente a pescare l’ex militare e porta a casa il suo ragazzo.

Giacomelli gira pochissimo per problemi al cambio e infine rientra ai box con la 179 che perde copiosamente olio e allaga uno dei nuovi garage.

Le Ferrari sono le più veloci con Villeneuve che gira in 1’34”008 e Scheckter in 1’34”302.

La sessione di qualifica parte alle 14:15 con sole 14 macchine in pista dal momento che Gabbiani è andato a casa e i meccanici della McLaren stanno sostituendo il motore di Tambay. Quelli dell’Alfa Romeo stanno cercando di individuare la perdita della 179 e a Giacomelli non resta che qualificarsi con la macchina di Brambilla che nel frattempo ha ottenuto un sorprendente 1’35”385 con la vecchia 177. Giacomelli è più basso del monzese e per adattare la posizione di guida gli viene infilato del cartone pressato tra la schiena il sedile ma nel poco tempo a disposizione il piccolo bresciano non riesce a fare meglio di 1’39”082.

I due ferraristi si strappano vicendevolmente la pole più volte e alla fine è di nuovo Villeneuve a ottenere il miglior tempo in 1’32”910, staccando il nuovo Campione del Mondo di tre decimi.

Sulle 312T4 viene sperimentata una centralina elettronica per la gestione della carburazione, ma solo in prova.

Terzo tempo per Reutemann, staccato di un secondo davanti a Lauda (+1,9”), Patrese (+2,3”) e lo splendido Brambilla (+2,5”)

Il sabato notte diluvia e la pioggia si esaurisce solo di prima mattina per cui il warm-up si svolge con la pista ancora umida. Villeneuve è comunque il più veloce in pista in 1’45”793 davanti al funambolico Rosberg, a suo agio sulla pista scivolosa, a Brambilla e a Scheckter.

La gara si disputerà sulla distanza di 201 km, pari a 40 giri. Gli spettatori sono circa 40mila e dopo la pioggia della mattina si godono il caldo sole di fine estate.

Io, alla mia prima esperienza con la F1, ero su una delle tantissime impalcature erette nel cortile del contadino all’esterno della Piratella ed era una vera e propria festa. L’impalcatura era di proprietà dei Kaimani, un gruppo di cinque ragazzi (tra i quali c’era mio zio che mi iniziò alle corse) che seguivano il loro concittadino e amico d’infanzia Mario Lega sui circuiti europei, riuscendo anche a festeggiare insieme a lui il titolo iridato della 250 a Brno nel 1977.

Come da tradizione romagnola, il cibo era fondamentale per la riuscita della festa per cui le madri/mogli/fidanzate dei Kaimani preparavano centinaia di cappelletti e il ragù necessari per sfamare un reggimento (anche perché era inevitabile che qualche “esterno” si infiltrasse) che venivano cotti in un pentolone sopra a un bollitore di dimensioni adeguate, con tanto di bombola di gas. Uno dei Kaimani faceva il fornaio e preparava l’impasto per il pane che veniva cotto nel forno in pietra che era (e c’è ancora) nel cortile del contadino, diffondendo un profumo meraviglioso.

Ovviamente il pane veniva imbottito con salumi vari e distribuito a chi ne voleva, il tutto accompagnato da damigiane di vino portate da casa per agevolare la masticazione. Tra i partecipanti c’era spesso anche Giorgio “Matitaccia” Serra, grande amico nonché vittima degli scherzi dei Kaimani, e non gli sfuggiva la quantità di vino che scorreva in quell’impalcatura anche tra gli addetti ai lavori. L’inglese Mick Grant, amico di Lega, era uno di questi e le sue ciucche serali diventarono anche una vignetta di “Matitaccia”. Il bello è che quando correva a Imola, alle 3 di notte era uno straccio (tanto che lo dovevano riportare nel suo camper a braccia) e alle 9 di mattina era in pista, fresco come una rosa.

Tra le gare di contorno c’è la sempre spettacolare Coppa Italia Renault 5 che costringe i commissari di percorso a ripulire la pista e a ripristinarne la sicurezza per le F1.

Prima della partenza Ecclestone e Mosley effettuano un giro di pista con una nuova Lancia Delta.

Alle 15:15 parte il GP Dino Ferrari e Gilles Villeneuve scatta perfettamente dalla pole prendendo subito il comando della corsa.

Il canadese giunge primo alla frenata della Tosa davanti a Scheckter, Reutemann, Lauda, Brambilla, Patrese, Jarier e Rosberg che supera il francese in accelerazione nella salita verso la Piratella.

La corsa è trasmessa in diretta dalla RAI ma il circuito è coperto da sole 6 telecamere fisse più una mobile ai box per cui la curva del Tamburello e la staccata della Rivazza non sono visibili.

Villeneuve, Scheckter, Reutemann e Lauda sono nettamente più veloci e si avvantaggiano subito su Patrese che a sua volta stacca il terzetto formato da Brambilla, Rosberg e Jarier.

Un sasso ha bucato il radiatore dell’acqua dell’Alfa Romeo 179 di Giacomelli che fin dal primo giro precipita in terz’ultima posizione, davanti ai soli Gimax e Merzario, per poi ritirarsi dopo aver completato solo quattro giri. Un weekend decisamente deludente dopo la buona prova di Monza, tenendo conto anche che l’Alfa Romeo è stata praticamente obbligata a partecipare a questa gara che non era prevista nel programma di lavoro.

Anche Brambilla ha il suo da fare per tenere alle spalle lo scatenato Rosberg.

Le due Ferrari staccano Reutemann, in evidente difficoltà, che all’inizio dell’undicesimo giro viene superato da Lauda il quale si porta in terza posizione, a 4 secondi dal duo di testa.

Patrese è solitario al quinto posto, staccato di 18 secondi.

Intanto Scheckter è in difficoltà con le gomme, si scompone in uscita dalle curve e perde terreno dal compagno di squadra. Lauda lo raggiunge e lo supera all’inizio del sedicesimo giro.

Brambilla si è dovuto arrendere ai più veloci Jarier e Rosberg ed è ottavo. La sua Alfa Romeo 177 non è competitiva nei confronti delle vetture a effetto suolo e il monzese viene raggiunto anche da De Angelis. Il romano tenta un sorpasso decisamente azzardato alla Variante Bassa, le vetture si agganciano e finiscono in testacoda. Brambilla, decisamente infuriato, riesce a tenere il motore acceso e riparte, al contrario di De Angelis che invece accusa ingiustamente il monzese: “Brambilla mi ha buttato fuori, io lo avevo affiancato e gli ero già davanti quando lui mi ha chiuso mandandomi nella sabbia. Non si fa così, anche perché io ero più veloce; non so perché faccia queste cose”.

Lauda è velocissimo e fa segnare il giro più veloce in 1’34”18 (sette decimi più veloce del tempo ottenuto ieri in qualifica) e a metà gara è vicinissimo a Villeneuve, anch’egli in difficoltà con le gomme.

All’inizio del ventunesimo giro Lauda esce dalla scia della Ferrari dopo al Tamburello e passa in testa ma Villeneuve gli risponde immediatamente alla staccata della Tosa, riprendendosi la prima posizione. I due procedono affiancati verso la Piratella dove Gilles allunga la frenata e rimane davanti nonostante la traiettoria esterna.

Al giro seguente la situazione si ripete ma questa volta Lauda, dopo aver superato Villeneuve, si tiene al centro della pista nella frenata della Tosa. Il canadese tenta di ripetere il controsorpasso ma si trova davanti il posteriore della Brabham Alfa Romeo e lo tocca da dietro quel tanto che basta per rompere l’ala anteriore e compromettere l’equilibrio della Ferrari.

Villeneuve è costretto a rallentare per poi rientrare ai box dove gli vengono sostituiti sia l’ala anteriore che le gomme in un tempo totale di un minuto e 15 secondi.

Il canadese rientra in pista decimo, doppiato da Lauda e anche da Reutemann che nel frattempo ha superato Scheckter in accelerazione all’uscita dalla Variante Alta.

Le gomme nuove consentono a Villeneuve di essere nettamente il più veloce in pista e di recuperare posizioni, salendo dal decimo al settimo posto. A nove giri dalla fine si sdoppia anche da Lauda e al trentacinquesimo passaggio ottiene il giro più veloce in 1’33”61.

Il finale di gara non riserva sorprese e così Niki Lauda taglia vittorioso il traguardo del GP Dino Ferrari, salutato dal direttore di gara Paolo Moruzzi.

Il due volte iridato rientra ai box dopo aver raccolto il fido Sante Ghedini che lo aspetta all’inizio della corsia di rallentamento per festeggiarlo.

Si conclude con una vittoria, la prima e unica del motore V12 a 60°, la collaborazione tra l’Alfa Romeo e la Brabham cominciata nel 1975. Il bilancio di questi quattro anni è abbastanza deludente per entrambi i partecipanti: 62 GP disputati, 2 vittorie, 14 podi, 3 pole position e terzo posto nella Coppa Costruttori 1978 come miglior risultato.

La cerimonia del podio (monopolizzato dalla Brooklyn) va per le lunghe. Scheckter e Reutemann sono già in zona ma manca il vincitore.

Lauda si è fatto attendere per un quarto d’ora abbondante, dopo essersi fatto una doccia ed essersi cambiato per salire fresco e pulito sul podio.

Vengono premiati anche Riccardo Patrese (primo degli italiani) e Gilles Villeneuve (autore del giro più veloce).

Nella stessa giornata si corre a Oulton Park la quart’ultima prova del campionato inglese di F3. L’italiano Andrea De Cesaris deve vincere per mantenere vive le speranze di contendere il titolo al brasiliano Chico Serra. Dopo una brutta partenza, il romano cerca di recuperare posizioni ma al terzo giro, quando si trova alle spalle di Eddie Jordan e Nigel Mansell, si infila in un varco troppo stretto, le ruote si toccano e la March di Mansell si capovolge. De Cesaris è costretto al ritiro e Chico Serra vince il campionato.

Mansell viene ricoverato in ospedale con una vertebra rotta che fa temere la paralisi, anche perché ha già subìto una frattura simile nel 1977. Se la caverà con un busto e un periodo di immobilità ma questo incidente gli comporterà dolori e problemi per tutta la sua carriera di pilota.

Intanto in Gran Bretagna c’è un’interessante novità per quanto riguarda la F2. Il 41enne Norman Edward “Ted” Toleman è l’amministratore delegato del Toleman Group, la più grande azienda di trasporto di auto su bisarche dell’Inghilterra (consegna le vetture Ford in ogni concessionaria del Regno Unito) insieme al fratello minore Bob e al socio Alex Hawkridge. Grandi appassionati di corse, i tre hanno frequentato la scuola di pilotaggio di Jim Russell e nel 1976 hanno fondato una scuderia di F.Ford 2000 insieme al pilota sudafricano Robert Anthony “Rad” Dougall dopo aver acquistato quattro monoposto Royale che sono progettate dall’altro sudafricano Rory Byrne. Nell’ottobre dello stesso anno Bob muore in un incidente a Snetterton ma Ted e Hawkridge continuano a far correre Dougall e nel 1978 passano direttamente alla F2 ottenendo il podio al debutto sul circuito di Thruxton. Nel 1979 il Toleman Group Motorsport affianca a Dougall l’esperto Brian Henton e acquista due Ralt che vengono gestite da Byrne perché il progettista Ron Tauranac è impegnato nella produzione e commercializzazione delle più remunerative monoposto di F3.

La stagione è più che positiva, con quattro primi posti (tre di Henton) e numerosi piazzamenti che permettono all’inglese di contendere il titolo a Surer con la March BMW ufficiale ma la vittoria di Pergusa viene cancellata dopo che Henton ha tagliato la chicane alla partenza ed è rientrato in pista senza rispettare lo stop imposto dei commissari di percorso. Questa leggerezza costa il titolo a Henton che perde il campionato per soli due punti.

Nonostante la delusione Ted Toleman decide di fare un grande salto di qualità, investendo 600mila sterline (oltre 3 milioni e mezzo di euro) per diventare costruttore di F2. Rory Byrne progetterà quattro monoposto Toleman, due ufficiali e due gestite dal team Alan Docking Racing. La squadra disporrà delle gomme radiali Pirelli che quest’anno forniva Osella, il quale passerà in F1.

Il 23 settembre si disputa a Estoril il Mondiale di karting. Il 19enne brasiliano Ayrton Da Silva taglia vittorioso il traguardo della terza e ultima finale convinto di aver vinto il titolo. Tuttavia, Da Silva ha lo stesso numero di punti accumulati del suo compagno di squadra. Il pareggio è risolto da un articolo del regolamento che il brasiliano ignora ed è favorevole a Peter Koene, suo compagno di squadra nel Team DAP.

Le squadre volano a Montreal per il primo degli ultimi due GP dell’anno che decideranno il posto d’onore in entrambe le classifiche. Il Québécois Gilles Villeneuve, vincitore l’anno scorso, è su tutte le pubblicità ed è il favorito per la vittoria gara.

Anche quest’anno la corsa si disputa sul Circuit Île Notre-Dame inaugurato lo scorso anno in sostituzione di quello bellissimo ma fatiscente di Mosport Park. La prima edizione è stata molto positiva per quanto riguarda l’organizzazione ma il tracciato è stato leggermente modificato in due punti critici. Il primo è la chicane posta poco dopo la partenza dove è avvenuta la collisione che ha messo fuori gara Fittipaldi, Stuck e Laffite l’anno scorso al primo giro. La chicane è stata praticamente sostituita da un più lieve cambio di direzione che porta verso la parte veloce del tracciato, con l’obiettivo di allungare il gruppo ed evitare incidenti.

La seconda modifica riguarda la prima variante dalla parte opposta del circuito che viene resa un po’ più veloce.

La Lotus sembra aver ripreso vita dopo le prove dignitose di Monza e Imola. Per questo Andretti è iscritto con la 79/5 che gli ha consentito di conquistare il quinto posto in Brianza. Piedone ha ricevuto un’offerta dall’ing. Gianni Marelli dell’Alfa Romeo ma ha già rinnovato con la Lotus per il 1980.

Reutemann, reduce dal podio imolese, ha la 79/4. L’argentino ha ancora un anno di contratto con la Lotus ma se Chapman lo lasciasse libero potrebbe andare alla Williams con la quale ha firmato un’opzione. Lole è disgustato dalla Lotus (sette sospensioni e tre mozzi rotti in un anno) e potrebbe anche decidere di dedicarsi alla USAC per un anno per poi tornare in F1.

Intanto David Thieme, proprietario della Essex e soprannominato Zorrex, annuncia che per il 1980 riscatterà il contratto della Martini & Rossi per cui le vetture di Chapman saranno sponsorizzate in esclusiva dalla sua azienda, livrea compresa.

Anche Pironi è sul piede di partenza, ormai stanco dell’andazzo della squadra soprattutto dal punto di vista della sicurezza della monoposto. Il parigino si fa vedere al box della Ligier ma David Thieme lo vorrebbe alla Lotus.

Sulle 009 si rivedono le paratie laterali alte sopra le fiancate.

Jarier si è divertito molto sui saliscendi di Imola e sta recuperando la forma fisica migliore. L’anno scorso è partito dalla pole con la Lotus 79 ma questa volta dovrà accontentarsi di qualcosa di meno, nonostante l’incitamento di Ken Tyrrell.

La squadra ha portato in Nord America una terza monoposto per Derek Daly, l’irlandese che in Austria aveva sostituito il convalescente Jarier e ha firmato un’opzione per il 1980. Daly disputerà gli ultimi due GP della stagione come “prova generale” in vista della probabile sostituzione di Pironi. La sua 009/5 porta il numero 33.

Come annunciato da tempo, la Brabham ha abbandonato i V12 Alfa Romeo e si presenta con tre esemplari della nuova BT49 motorizzata Cosworth. La vettura è più corta, leggera e ha una linea più tondeggiante rispetto della BT48, oltre ad avere gli spoiler anteriori che erano stati eliminati sulla vecchia monoposto.

I freni sono fuoribordo sia all’anteriore che al posteriore e il cambio è sempre Hewland perché il Weismann non ha ancora raggiunto l’affidabilità necessaria.

Fa il suo debutto in pista Alastair Caldwell, ex direttore tecnico della McLaren che ora lavora a fianco di Gordon Murray.

Niki Lauda sale per la prima volta sulla nuova BT49/3 che vede per la prima volta nella corsia box di Montreal, essendosene disinteressato al punto di non andarla a vedere nemmeno in fabbrica a Chessington.

Al contrario, Piquet ha svolto tutti i test effettuati finora e non vede l’ora di scendere in pista con la BT49/2. Il brasiliano indossa un nuovo casco Simpson M41 completamente bianco, acquistato proprio a Montreal, perché il suo è stato dimenticato sul camion che da Monza è andato a Imola e quindi non è stato spedito in Canada insieme al materiale della Brabham.

La McLaren prova nuove soluzioni sulla M29, provando a eliminare gli spoiler anteriori e montando delle grandi prese d’aria per i freni posteriori entrobordo che vanno a copiare la carenatura del motore.

Patrick Tambay ritrova la M29/2 dopo la parentesi imolese con la M28C/2.

Alla ATS hanno portato solo una macchina, la D3/01, per risparmiare sulle spese di trasporto, per cui Stuck non ha il muletto a disposizione.

Per quanto riguarda la Scuderia Ferrari, con entrambi i titoli mondiali in tasca, Forghieri è rimasto a Maranello per lavorare sulla futura monoposto a motore turbo.

Il neo Campione del Mondo ritrova la 312T4/040 con la quale ha vinto a Monza.

Ora il sudafricano può mettersi a disposizione del compagno di squadra per completare il trionfo della Scuderia Ferrari con la conquista dei primi due posti nella classifica piloti.

Villeneuve riprende la 312T4/041 con i freni posteriori entrobordo mentre la 312T4/038 usata a Monza e Imola è il muletto della squadra.

Il piccolo canadese è coccolatissimo dal suo pubblico.

Emerson Fittipaldi è finalmente riuscito a concludere un GP dopo sei ritiri consecutivi. L’ottavo posto di Monza (doppiato) ha ridato un po’ di fiducia al brasiliano che sta cercando di organizzarsi per la prossima stagione.

A quasi due anni di distanza dal GP del Brasile 1977, quando Ingo Hoffmann concluse la gara di casa al settimo posto, la squadra brasiliana schiera una seconda monoposto, questa volta per Alex Ribeiro che ha già guidato la F5A a Imola.

Questa volta il pilota di Brasilia dispone della F6A/1-2 che era stata portata a Monza come muletto. L’avversione della cultura anglosassone verso il numero 13 fa sì che a Ribeiro venga assegnato il 19.

Il circuito canadese non è certamente favorevole alle caratteristiche del turbo Renault a causa dei due tornanti lenti e delle numerose frenate e ripartenze che ne penalizzano lo sfruttamento della potenza.

La Renault ha preparato una nuova vettura per Jabouille, la RS14, saltando scaramanticamente il 13 nella sequenza dei telai.

Arnoux continua con la RS12.

Dopo la mancata qualifica di Monza, Jan Lammers vuole tornare in pista con la DN9/4B per sfruttare gli ultimi dollari della Samson.

De Angelis ha la vecchia DN9/1B che era destinata a Gabbiani a Imola.

Alla Shadow si continua a modificare le sospensioni per migliorare le prestazioni, con soluzioni diverse per ognuno dei due piloti.

Anche la Wolf, come la ATS, porta una sola monoposto in America. Rosberg dovrà quindi fare attenzione con la WR9 che porta la sua sigla sulla punta del musetto, sotto al logo del nuovo sponsor Michelob (marca di birra prodotta negli USA e molto popolare in Nord America) che appare anche sulle fiancate in questo finale di stagione.

Nuova livrea per la Ensign che ottiene la sponsorizzazione della Rainbow, una nuova azienda di Toronto a conduzione familiare che produce abbigliamento in denim.

Al volante c’è ancora Marc Surer che spera di poter disputare prove regolari, senza i problemi tecnici che gli hanno precluso la qualificazione a Monza.

La situazione alla Merzario è sempre complicata ma almeno a Imola è riuscito a rivedere la bandiera a scacchi, anche se in ultima posizione e alle spalle di Agostini che guidava una vettura senza effetto suolo.

Sulla A4 ritorna il logo dello sponsor Flor Bath in seguito alla scomparsa di quello dell’agenzia funebre dalle paratie dell’alettone posteriore.

Persi entrambi i titoli, la Ligier vuole almeno conquistare il secondo posto tra i costruttori ma ha il difficile compito di superare la Williams che sembra essere di gran lunga più competitiva. La squadra ha annunciato che Patrick Depailler non fa più parte dei loro piani futuri. La decisione è stata presa dalla Gitanes che accusa esplicitamente il pilota di aver causato la perdita di competitività della JS11, venendo meno al ruolo di sviluppatore per il quale era espressamente stato ingaggiato. Le preferenze della Ligier per il 1980 sono, nell’ordine, Jarier (che però ha ancora un anno di contratto con Tyrrell), Pironi e Tambay.

Jacky Ickx, il cui contributo alla squadra non è stato certamente pari alle aspettative, è ulteriormente demotivato.

Al contrario, Laffite e Ducarouge vogliono chiudere la stagione nel modo migliore per ritentare la scalata al titolo nel 1980.

Guy Ligier si consulta col pilota parigino per la scelta del secondo pilota della prossima stagione.

Il clima alla Williams è diametralmente opposto. Il tracciato di Monza non aveva le caratteristiche che esaltano la FW07 ma la creatura di Head è comunque salita sul podio. Il progettista inglese è rimasto a Didcot per lavorare sulla nuova vettura, lasciando piena autonomia ai suoi due ingegneri di pista Frank Dernie (per Jones) e Neil Oatley (per Regazzoni), sotto la supervisione di Frank Williams.

Alan Jones è pronto a sfruttare al massimo la sua vettura ma sa che a partire da questa gara dovrà cominciare a scartare il risultato peggiore della seconda parte di campionato (il quarto posto di Digione) per cui, se anche dovesse vincere entrambi i GP rimasti, potrà sommare al massimo 40 punti.

Il terzo podio ottenuto a Monza da Regazzoni in rimonta è un ulteriore punto a suo favore per la riconferma in Williams ma il ticinese sta alzando la posta con Frank, che è sempre estremamente sensibile alle questioni economiche. Williams gli ha offerto il rinnovo per lo stesso compenso di quest’anno ma Clay chiede più soldi dal momento che, per contratto, dovrebbe svolgere il ruolo di “scudiero” di Jones, anche perché ha ricevuto una buona offerta da un’altra squadra. Sulle fiancate, sopra alo logo TAG, appare il nome Challenger in segno di cortesia nei confronti di Canadair, che ha appena concluso un contratto con la TAG per la fornitura di un lotto di jet executive chiamati Canadair Challenger all’azienda saudita.

Ennesima nuova sospensione posteriore alla Arrows per tentare di risolvere il problema del porpoising sulla “doodlebug”. Lo scivolo posteriore si estende fino al limite dell’ala posteriore, ma a Bletchley si sta già lavorando a una macchina completamente nuova.

Patrese fa un ulteriore tentativo nella speranza di finire dignitosamente il Mondiale.

Stessa situazione per Mass che a Monza ha mancato la qualificazione per la prima volta nell’anno.

Anche Rebaque non si è qualificato per il GP d’Italia perché la HR100 ha avuto continui guasti riconducibili alla relativa “gioventù” della nuova monoposto. L’ingegnere di pista Peter Reinhart e il capomeccanico Ian Dawson hanno lavorato molto per far funzionare la macchina in questa gara.

L’Alfa Romeo ha assemblato anche la seconda 179 e porta quindi due macchine a Montreal per Giacomelli e Brambilla.

Questo porta il totale degli iscritti a 30 monoposto e viene così organizzata una mezz’ora di pre-qualifiche per Daly (Tyrrell), Ribeiro (Fittipaldi) e, appunto, Giacomelli e Brambilla, per scremare a 28 i partecipanti alle prove ufficiali, come da regolamento. L’Alfa Romeo (non iscritta alla FOCA) non ci sta e chiede di avere almeno una macchina ammessa d’ufficio, così come successo con la Renault nel 1977. La richiesta di Chiti e Corbari è appoggiata da Ferrari e Renault ma l’assemblea della FOCA la respinge.

La pre-qualifica è prevista per venerdì mattina alle 8 ma nella corsia dei box ci sono solo la Tyrrell di Daly e la Copersucar di Ribeiro mentre le Alfa Romeo rimangono nel loro garage. In realtà la pista non è agibile e la pre-qualifica è sospesa per cui nessuna vettura scende in pista.

La pista viene aperta alle 9 per le prove della F.Atlantic a cui seguirà la mezz’ora di pre-qualifica e questa volta le due Alfa Romeo si presentano regolarmente in corsia box ma i commissari non gli permettono di partire adducendo che, non essendosi presentate alle 8, hanno implicitamente rinunciato a partecipare. Il DS Pier Luigi Corbari inoltra un altro reclamo che però sarà esaminato solo in serata per cui le 179 rimangono ferme per tutto il giorno mentre Daly e Ribeiro si aggiudicano i due posti disponibili per partecipare alle prove ufficiali.

Le 28 monoposto ammesse alle prove ufficiali scendono in pista per la sessione di prove libere del venerdì con un leggero ritardo. La novità principale è rappresentata dalla grossa telecamera montata sulla Tyrrell di Daly che, tramite una triangolazione del segnale con un elicottero che staziona sopra al tracciato, permette di trasmettere in diretta TV le immagini con la visuale del pilota.

Si tratta di una innovazione fortemente voluta da Ecclestone che ha incaricato un’azienda di produzione televisiva californiana, la Racevision di Tom Spalding, di studiare una telecamera che possa essere piazzata su ogni vettura di F1 per dare ai telespettatori la possibilità di seguire da vicino le fasi salienti della gara. Ecclestone ha avuto l’idea dopo aver saputo che Spalding ha già installato una telecamera sulla Oldsmobile di Benny Parsons in occasione della Daytona 500 NASCAR disputata a metà febbraio. Le immagini, gestite dalla regia della CBS, sono state trasmesse in diretta durante la gara permettendo ai telespettatori di “sedere” a fianco del pilota.

L’investimento è coperto dalla FOCA ma in questo primo tentativo si verificano alcuni problemi tecnici che costringono i tecnici a riconsiderare il progetto. In fondo una monoposto di F1 non è una berlina, per quanto elaborata.

Sulla 312T4 di Villeneuve ricompare l’alettone avanzato a tutta larghezza usato in occasione del GP di Monte Carlo ma poi preferisce tornare alla tradizionale ala a sbalzo.

Patrese comincia la sessione con la A2/1 ma poi sceglie di continuare con la A1/5 con la quale si è trovato bene nelle curve lente di Imola.

Niki Lauda torna a guidare una monoposto spinta dal motore V8 Cosworth dopo aver utilizzato per sette anni dei propulsori a 12 cilindri (BRM, Ferrari e Alfa Romeo).

L’austriaco effettua una decina di giri, intervallati da una sosta per effettuare delle regolazioni. Alle 11:43 scende dalla BT49 e chiama Ecclestone: “Ti devo parlare”.

Ghedini si unisce alla conversazione ma Niki è estremamente diretto ed esplicito: “Non lo sopporto più, non voglio più, non potrò mai più. Io smetto”. Ecclestone gli chiede se correrà per qualcun altro: “No”. Il contratto da 2 milioni di dollari per il 1980  sarà annullato. Ghedini è incredulo ma Ecclestone comprende e gli dice che se non se la sente è giusto che smetta subito. Lauda viene accompagnato da Ghedini all’hotel Bonaventure dove è alloggiato e prenota un volo per Los Angeles mentre Ecclestone annuncia che Niki non sta bene per proteggerlo dai media.

Il piccolo manager londinese non si perde d’animo. Anche a Montreal, come a Imola, ha portato con sé Ricardo Zunino e prende la palla al volo, annunciando che nella sessione del pomeriggio sarà proprio l’argentino a salire sulla BT49 numero 5, pur non avendola mai guidata e senza aver mai visto il tracciato prima di oggi.

Zunino è presente solo come spettatore, non ha con sè l’abbigliamento ignifugo necessario ma Lauda ha lasciato casco e tuta nel box ed Ecclestone glieli fa indossare. Il casco viene “personalizzato” mettendo del nastro adesivo rosso sul nome di Lauda mentre Laffite e Villeneuve gli prestano rispettivamente le scarpe e i guanti. Intanto Ecclestone ha già telefonato a Chessington per far spedire in Canada il materiale dell’argentino (e il casco di Piquet) col primo aereo.

Ricardo Hector Zunino da San Juan fa il suo debutto il F1 in un venerdì pomeriggio memorabile.

La sessione di qualifica è dominata dalle Williams con Jones che gira in 1’30”625, più veloce di oltre 7 secondi rispetto alla pole di Jarier dell’anno scorso ma bisogna tenere conto del fatto che la pista è stata accorciata e velocizzata.

Secondo tempo per Regazzoni, staccato di quasi un secondo, che precede Laffite, Villeneuve, Scheckter e Piquet con la nuova BT49 che sembra essere già molto veloce.

Reutemann è settimo a 2 secondi davanti ad Arnoux, Laffite e Jabouille. Le Renault sono in difficoltà in uscita dalle curve lente ma anche in frenata, per via del maggior peso delle monoposto. I tecnici della AP-Lockheed lavorano a stretto contatto con il team francese per superare il problema, concentrandosi sull’eliminazione dell’accumulo di calore in frenata per mezzo di iniettori di acqua nebulizzata.

Zunino è comprensibilmente in difficoltà, non conoscendo né la macchina né il circuito ma è comunque al centro dell’attenzione, se non altro per il fatto che indossa il casco di Lauda.

Al termine della sessione è ventisettesimo (penultimo e non qualificato) dopo aver fatto solo 10 giri con un’uscita di pista.

In serata i commissari sportivi si riuniscono per discutere l’appello presentato da Pier Luigi Corbari e si giunge a un compromesso per il quale una sola delle due Alfa Romeo viene ammessa alla seconda giornata di prove ufficiali, in deroga al regolamento che prevede solo 28 macchine in pista. Giacomelli dice a Chiti che non se la sente di mettere a punto la vettura in una sola ora di prove libere su una pista che non conosce e lascia di buon grado il posto a Vittorio Brambilla che ha quindi a disposizione entrambe le 179. Sulla monoposto compare uno strano sponsor: Avila. È una palestra di Montreal di proprietà di amici di Vic Provenzano, pilota statunitense di chiarissima origine italiana che dopo aver smesso di correre è diventato un dirigente dell’Alfa Romeo.

La notizia non piace a Scheckter che nella prima mezz’ora delle prove libere del sabato si rifiuta di scendere in pista, invocando la sicurezza messa a rischio dalla presenza di una monoposto in più. Il nuovo Campione del Mondo ne discute con Ecclestone che però non si lascia intimorire, così Scheckter infila il casco e comincia a girare insieme agli altri.

In realtà le macchine in pista sono solo 28 perché la Wolf di Rosberg sta subendo numerose modifiche e la squadra non ha portato la vettura di scorta.

La qualifica del pomeriggio comincia sotto a un cielo grigio. Alan Jones si conferma nettamente il più veloce anche nella sessione decisiva, migliorando il tempo del venerdì fino a 1’29”892 e conquistando facilmente la seconda pole, sua e della Williams.

La lotta per la prima fila è molto più competitiva e alla fine la spunta Villeneuve in 1’30”554 (+0,662”) su Regazzoni (+0,876”).

La grande sorpresa arriva da Nelson Piquet che porta la debuttante BT49 al quarto posto dello schieramento, una prestazione straordinaria se si considera che è un progetto totalmente nuovo e che il brasiliano (che ha finalmente ricevuto il suo casco originale, arrivato in aereo dall’Inghilterra) ha dovuto adattare la sua guida al V8, dopo aver pilotato un V12 per tutta la stagione.

Quinto tempo per Laffite, ultimo a contenere il distacco da Jones sotto al secondo.

Segue l’ottimo Pironi con la Tyrrell che si mette alle spalle le due Renault di Jabouille e Arnoux.

Nono tempo per lo svogliato Scheckter, a 2,388” dalla pole.

Buone le prestazioni di Stuck, dodicesimo con l’ATS, Patrese quattordicesimo con la vecchia A1 davanti a Fittipaldi che porta la FA6 alla sua miglior prestazione.

Ottima la qualifica di Brambilla, diciottesimo nonostante abbia potuto girare solo oggi su un tracciato mai visto prima.

Alle spalle del monzese c’è Zunino che può finalmente indossare il suo casco spedito “par avion” e riesce a qualificarsi al debutto, anche se comprensibilmente più lento del suo compagno di squadra (+2,736”).

Il gallo che compare sulla sua tuta è il marchio di un’azienda argentina (la Frugone&Preve, fondata nel 1856 da emigrati italiani) che produce riso in scatola e che successivamente sarà dislocata anche in Piemonte e Lombardia e infine cambierà nome in Riso Gallo. In realtà l’immagine del gallo è stata adottata per venire incontro al grandissimo problema dell’analfabetismo e consentire alle persone di acquistare quello di prima scelta, identificato appunto dal gallo (c’erano anche il cigno, l’elefante, il cervo e l’aquila).

Zunino aveva il logo del Gallo anche sulle macchine con cui ha corso in F.Aurora.

Riesce a debuttare anche la nuova Rebaque HR100 che il pilota messicano ha qualificato in penultima fila, col ventiduesimo tempo.

L’ultimo posto disponibile per la gara lo conquista Derek Daly (senza telecamera) grazie a cui la Tyrrell torna a schierare tre monoposto ufficiali, quattro anni dopo a Watkins Glen 1975 con Scheckter, Depailler e Michel Leclère.

Gli esclusi sono Mass (sulla cui macchina è stata rimossa l’ala posteriore nel tentativo di eliminare il cronico sottosterzo della A2), Surer, Ribeiro e Merzario la cui macchina continua a rompersi per la fragilità dei componenti. Rosberg è andato a sbattere a inizio sessione danneggiando pesantemente la scocca della WR9 per la delusione di Walter Wolf che avrebbe voluto fare bella figura nel suo paese d’adozione.

Cielo plumbeo anche la domenica mattina per la mezz’ora di warm up nella quale svetta Scheckter, desideroso di riscattare la brutta qualifica, che precede Jones di 6 centesimi di secondo.

Al contrario, Villeneuve è insolitamente lento rispetto alle sue solite prestazioni nelle prove libere col pieno di benzina (dodicesimo a oltre 2 secondi), ma a mezzogiorno spunta il sole e il canadese ritrova la serenità.

La partenza è prevista per lo strano orario delle 14:20 e la gara svolgerà sulla distanza di 72 giri.

Nonostante la griglia sfalsata e la lunga sgommata sull’asfalto, Villeneuve prende subito il comando su Jones, Regazzoni, Piquet, Pironi e Laffite. Scheckter tenta la solita manovra per sfruttare l’avvio lento delle due Renault ma l’erba umida sortisce l’effetto contrario, costringendo Jody ad alzare il piede e a farsi superare da Reutemann, Andretti, Jarier e Patrese.

Al termine del primo giro Villeneuve e Jones hanno un leggero margine nei confronti di Regazzoni e Piquet che a loro volta hanno già staccato Pironi, Laffite e Andretti. De Angelis chiude il gruppo.

Il ritmo di Villeneuve e Jones è insostenibile per chiunque e i due aumentano subito il loro vantaggio su Regazzoni e Piquet. Dopo una buona partenza Pironi, che non ha il passo per restare con i primi, viene superato da Laffite e Andretti e ora deve guardarsi le spalle dalle due Renault e da Scheckter.

All’ottavo giro Villeneuve comincia a staccare Jones. Alle loro spalle Regazzoni ha un’incertezza e Piquet ne approfitta per portarsi in terza posizione, con Laffite che raggiunge la Williams.

Ancora tre giri e Laffite rientra lentamente ai box per ritirarsi col motore rotto. Il francese della Ligier vede così sfumare la possibilità di concludere il Mondiale al posto d’onore.

La quinta posizione viene rilevata da Scheckter che ha montato gomme di mescola ultra-morbida per recuperare dopo la qualifica mediocre e si è liberato con relativa facilità di Arnoux, Jabouille, Pironi e Andretti.

Al quindicesimo giro Stuck attacca Arnoux per il nono posto. Il francese è in difficoltà con i freni e deve anticipare la staccata. Le vetture entrano in collisione ed entrambi sono costretti al ritiro con le sospensioni posteriori rotte.

Le gomme morbide di Scheckter si sono usurate in fretta e dopo 16 giri il sudafricano si ferma per sostituirle. La sosta si protrae più del previsto per un problema alla posteriore destra e il sudafricano riparte in diciassettesima posizione, dietro a De Angelis e davanti a Fittipaldi.

Dopo 20 giri Villeneuve conduce la gara tallonato da Jones che sembra gestire la situazione. Piquet ha 8 secondi di distacco, Regazzoni ne ha 12 e le Lotus di Reutemann e Andretti seguono a oltre 25 secondi.

Ancora 3 giri e Reutemann passa davanti ai box avvolto in una nuvola di fumo d’olio a causa della rottura del serbatoio dell’olio e del distanziale tra motore e cambio. Lole lascia una scia d’olio lungo tutto il circuito mentre torna ai box per ritirarsi.

Al ventinovesimo giro esplode il DFV della Tyrrell di Daly che si ferma all’uscita del tornantino finale.

Dopo 30 giri Villeneuve è sempre in testa insieme a Jones ma Piquet ha ridotto il distacco a circa 4 secondi, a dimostrazione del fatto che il ferrarista non è velocissimo.

Regazzoni è a 18 secondi, Andretti ancora più indietro davanti a Pironi e al sorprendente Brambilla che è risalito al settimo posto con la nuova Alfa Romeo.

Ricardo Zunino sta conducendo una buona gara di debutto, tenendosi alle spalle i più esperti e blasonati Patrese, Watson e Tambay, ma al trentaduesimo giro si rompe l’asta di comando del cambio della sua BT49 ed è costretto a una lunga sosta ai box per cercare di ripararlo.

Intanto Scheckter sta recuperando posizioni dopo la sostituzione delle gomme e a metà gara subentra a Brambilla al settimo posto, dopo essersi liberato di Ickx.

Al quarantesimo giro Villeneuve e Jones doppiano Brambilla che nel frattempo ha perso l’ottava posizione in favore di Ickx.

Qualche giro più tardi la coppia di testa raggiunge Scheckter per doppiarlo e il sudafricano, molto sportivamente, alza il piede e si fa da parte per non disturbare il duello e onorando la sua reputazione di pilota corretto, come spiega James Hunt nella telecronaca della BBC. Una volta doppiato, Scheckter continua a tenere il passo di Villeneuve e Jones, pur senza disturbarli, recuperando così terreno su Pironi che lo precede al sesto posto.

Jones sta aspettando il momento più opportuno per sferrare l’attacco a Villeneuve e a metà del cinquantunesimo giro approfitta di una lievissima sbavatura del canadese che pizzica l’erba con la ruota posteriore destra all’uscita dell’ultima variante e lo attacca all’interno del tornantino finale.

Gilles si fa sorprendere, tenta di resistere all’esterno, le ruote vengono a contatto ma la traiettoria favorisce Jones che passa al comando quando mancano ancora 21 giri alla bandiera a scacchi.

Mentre Ickx (cambio) e Brambilla (accensione) sono costretti al ritiro, Jones rompe gli indugi e guadagna subito terreno su Villeneuve.

Piquet ha perso decisamente terreno sul duo di testa ed è staccato di ben 33 secondi, conservandone solo due su Regazzoni. Andretti è a oltre 90 secondi e precede Pironi che ora deve guardarsi dalla rimonta di Scheckter.

Il Campione del Mondo fa infatti segnare il giro più veloce in 1’31”617 con le gomme più fresche, si libera prima del francese della Tyrrell e poi anche dello stesso Andretti, approfittando anche del traino fornito dalla coppia di testa che lo ha doppiato.

Il motivo dell’improvviso rallentamento che ha costretto Piquet a far passare Regazzoni è l’indurimento del cambio che provoca la rottura della stessa scatola e il conseguente ritiro. La prima gara della nuova BT49 è comunque molto incoraggiante.

Villeneuve non si dà per vinto e riesce ad avvicinarsi a Jones. L’australiano è costretto a spingere di nuovo e al 65° passaggio migliora a sua volta il giro più veloce in 1’31”272.

Col ritiro di Piquet, Scheckter sale al quarto posto davanti a Pironi e Andretti ma Piedone rimane senza benzina e permette a Watson di entrare in zona punti. L’irlandese rimane però a secco a sua volta ma riesce ad arrivare ai box dove viene fatto un rifornimento velocissimo che gli permette di mantenere la sesta posizione per via dell’enorme vantaggio nei confronti del debuttante Zunino.

Dopo 72 giri combattutissimi Alan Jones taglia vittorioso il traguardo per la quarta volta in stagione con un solo secondo di vantaggio su Villeneuve.

Clay Regazzoni chiude al terzo posto, staccato di oltre un minuto. È il ventottesimo e ultimo podio per il ticinese.

Quarto posto per il nuovo Campione del Mondo Scheckter davanti a Pironi, Watson, Zunino, Fittipaldi e Lammers, quest’ultimo arrivato senza freni. Il circuito canadese ha massacrato la meccanica delle auto, facendone arrivare solo nove al traguardo.

Alan Jones riconosce a Gilles la tenacia e la combattività dimostrate in tutta la gara: “Preferisco averlo davanti a me durante la gara piuttosto che dietro. In questo modo posso vedere cosa sta combinando”.

In realtà l’australiano ha giocato come il gatto con il topo: “Con Frank, prima della corsa, abbiamo deciso che se Gilles fosse partito in testa mi sarei messo dietro per almeno 30 giri per risparmiare la macchina e le gomme”.

Lo sponsor Labatt fornisce la bevanda per la festa del podio ma ovviamente Jones e Clay possono solo guardare il canadese che tenta di spruzzare la birra dal bottiglione ma con risultati deludenti.

Una volta espletati i doveri pubblicitari, Villeneuve passa al più consono Moët & Chandon.

Con la quarta vittoria, Jones raggiunge il punteggio massimo cumulabile nella seconda parte del Mondiale e deve quindi scartare il quarto posto di Digione, totalizzando il punteggio finale di 40 punti a prescindere da come finirà l’ultimo GP.

Questo significa che Villeneuve è matematicamente vice campione con 44 punti per una doppietta iridata che mancava dal 1961, quando Phil Hill e il compianto Wolfgang von Trips chiusero il Mondiale Piloti ai primi due posti.

La Williams allunga a +14 sulla Ligier nella Coppa Costruttori. Solo un’ecatombe e una molto improbabile doppietta francese a Watkins Glen possono toglierle il secondo posto finale.

Finita la gara, le squadre impacchettano tutto il materiale sugli autotreni dell’organizzazione che li trasporta a Watkins Glen per l’ultimo GP della stagione.

Foto di gruppo di fine campionato per la Lotus. La squadra che un anno fa aveva dominato entrambi i campionati ha sprecato tempo ed energie per mettere a punto la 80 (vettura invincibile sulla carta ma troppo estrema per funzionare su pista) e non può andare oltre il sesto posto finale con Reutemann e il quarto tra i costruttori, surclassata da Ferrari, Williams e Ligier.

Il risultato deludente ha convinto Gregorio Rossi di Montelera, nonostante avesse ancora un anno di contratto (riscattato da Thieme) a chiudere dopo 8 anni l’esperienza con la F1 e spostare le risorse alla Lancia, con cui il marchio Martini & Rossi arriverà a dominare ovunque nel Mondiale Marche e nel Mondiale Rally.

Dall’anno prossimo infatti la Essex di David Thieme, coadiuvato dall’ex pilota François Mazet, sarà lo sponsor principale della squadra che ha vinto 7 Coppe Costruttori, una più della Ferrari.

La Tyrrell è tranquilla per quanto riguarda lo sponsor e Jarier che è legato da un altro anno di contratto. Pironi sarà quasi sicuramente sostituito da Daly che è presente anche al Glen.

Il francese è conteso da Ligier e Lotus e giustamente David Thieme usa tutti gli argomenti per convincerlo.

Il ritiro di Lauda ha provocato più di un grattacapo a Ecclestone, soprattutto per quanto riguarda i soldi. La Parmalat è legata all’austriaco e non c’è nessuna certezza che continui a sponsorizzare la Brabham. L’incertezza condiziona inevitabilmente la sostituzione del due volte iridato con un pilota di livello per cui il Padrino, con Piquet che ha ancora due anni di contratto da pilota pagante, potrebbe confermare Zunino che porta in dote un milione di dollari in mancanza d’altro.

Anche la McLaren è stata spiazzata dall’uscita di scena di Lauda. La Marlboro aveva infatti promesso a Teddy Mayer un cospicuo aumento dell’investimento se si fosse assicurato il suo ingaggio. Per la multinazionale di Losanna sarebbe stato un grandissimo affare pubblicitario, ma senza Lauda cambia tutto. L’ultima vittoria della McLaren risale al GP del Giappone vinto da Hunt quasi due anni fa e i disastri tecnici di Coppuck hanno fatto diventare le vetture di Colnbrook delle comprimarie. Questo non piace affatto allo sponsor tabaccaio che è quindi intenzionato a ridimensionare l’esborso. Caldwell, che ha già annusato l’aria, è passato alla Brabham e anche Watson vorrebbe andarsene ma deve rispettare il contratto per il 1980. Tambay è stato lasciato libero dopo una stagione fallimentare nella quale non è mai andato a punti.

La ATS sarà al via del Mondiale 1980 e, se arriverà uno sponsor o un pilota che porta soldi, potrebbe schierare due macchine. Stuck si è proposto alla Brabham ma ha ricevuto un rifiuto da Ecclestone per cui non si sa ancora chi sarà al volante l’anno prossimo.

Nessuna novità alla Ferrari dove i piloti sono confermati e in cerca di ulteriori successi. Jody e Gilles continuano la splendida collaborazione che ha portato a un successo straordinario per la Scuderia.

Situazione delicatissima per i fratelli Fittipaldi che, dopo l’ottimo 1978 in cui la squadra si era piazzata al settimo posto della Coppa Costruttori davanti a McLaren e Williams, ha vissuto la sua stagione peggiore da quando c’è Emerson al volante e ha sprecato tantissimo denaro nel fallimentare progetto F6 di Ralph Bellamy. La Copersucar ha deciso di non rinnovare il contratto di sponsorizzazione (Fitti gli ha chiesto 4 milioni di dollari, pari a 11 milioni di euro) per l’evidente incapacità dei due paulisti come costruttori.

A questo punto i Fittipaldi devono decidere se proseguire o meno l’attività. Emerson, dopo essere stato respinto da Ferrari, potrebbe tornare in McLaren dove la Marlboro lo accoglierebbe a portafogli aperto, dopo il ritiro di Lauda. Dopotutto, la classe di pilota non è certamente svanita.

Clima molto più sereno alla Renault. La vittoria di Digione e la presenza pressoché fissa nelle posizioni di testa dello schieramento dimostrano che il progetto del turbo sta funzionando, nonostante lo svantaggio dovuto alla cilindrata dimezzata rispetto ai motori ad alimentazione atmosferica. Ci sono grandi margini di miglioramento.

La Shadow è in una sorta di limbo. Al momento non c’è nessuno sponsor in vista, Lammers andrà via così come De Angelis il cui padre è in trattativa con l’Alfa Romeo.

Lavoro straordinario per i meccanici della Wolf che hanno dovuto ricostruire la macchina danneggiata da Rosberg nelle prove di Montreal. La scocca della WR9 non poteva essere riparata in pista (gli attacchi delle sospensioni anteriori erano stati strappati nell’incidente) per cui è stata fatta arrivare la scocca della WR8 da Reading che  stata poi completata con i pezzi di ricambio e con quello che è ancora utilizzabile dell’altra macchina.

Mo Nunn intanto afferma di aver trovato un grosso sponsor per il 1980 che gli permetterebbe di costruire finalmente una vettura competitiva. Su questa base ha preso contatti con Reutemann e con Regazzoni nel caso che non dovesse rimanere alla Williams (Nunn ha una grandissima stima del ticinese). Per quest’ultimo GP stagionale ci sarà sempre Surer con l’unica 179 costruita.

La disastrosa prestazione di Montreal non fa desistere Merzario che si presenta anche al Glen per tentare la qualificazione che manca da Long Beach.

Finale di stagione decisamente mesto per la Ligier dove si preferisce guardare al 1980.

Jacky Ickx annuncia il ritiro “selettivo” dalle corse. Dopo questa gara rimarrà negli Stati Uniti per correre le ultime due gare del campionato Can-Am (è in testa alla classifica) con la Lola-Chevrolet del team di Carl Haas e per il futuro dice di voler partecipare solo alla 24 Ore di Le Mans con la Porsche ufficiale o con un’altra macchina competitiva.

Il 34enne belga si aggiudicherà il campionato.

Alla Williams c’è grande euforia dopo l’ennesima vittoria che ha permesso a Jones di conquistare il massimo punteggio raggiungibile nella seconda metà del Mondiale. C’è rammarico per la vittoria sfumata a Zolder a causa di un banale connettore staccatosi per le vibrazioni. Forse quei 9 punti avrebbero messo più pressione alla Ferrari ma se Frank Williams si gira indietro e guarda dov’era la sua squadra solo due anni fa non può che essere felice. Per l’ultima gara si rivede ai box Patrick Head, socio di Williams e artefice dei successi della FW07, l’auto che è sicuramente la favorita per il prossimo campionato.

Con Jones ovviamente confermato, rimane in dubbio il secondo pilota. Regazzoni tentenna, è indeciso se restare per fare la seconda guida a prezzo stracciato o accettare l’offerta della Ensign. Se dovesse decidere di andare via, Williams ha un’opzione con Reutemann anche se Jones gli preferirebbe Clay.

Niente da segnalare alla Arrows dove ormai si aspetta la prossima vettura per ricominciare da zero, dopo l’esperienza fallimentare della A2.

La novità alla Rebaque è che per il 1980 è in progetto una monoposto completamente nuova, progettata da John Barnard, grazie all’arrivo di un grosso sponsor. Nel frattempo il messicano cerca di qualificarsi con la HR100 che non è altro che una Lotus 79 aggiornata.

Per quanto riguarda l’Alfa Romeo, Depailler sarà il pilota di riferimento della squadra a conferma delle voci che circolavano nel paddock di Imola. Il francese, che in questi giorni è in ospedale per far rimuovere i chiodi che ha nelle gambe, avrà un ingaggio relativamente basso, dal momento che dovrà dimostrare di essere ancora lo stesso pilota che ha vinto a Jarama. Il primo test con la 179 è in programma a Le Castellet il 15 novembre.

Il secondo sedile non è stato ancora deciso. A Chiti piace il talento di De Angelis ma l’Alfa Romeo sembra intenzionata a confermare Giacomelli che invece ha deluso il tecnico pistoiese per via della sua “lentezza” a raggiungere il limite della macchina soprattutto in qualifica, quando si hanno a disposizione pochissimi giri per sfruttare le gomme morbide.

Brambilla invece avrà il ruolo di collaudatore e proprio al Glen prova il musetto con gli spoiler rivolti in avanti, in stile Tyrrell 008, già visto a Digione.

L’attività in pista comincia il giovedì con due ore supplementari di prove libere, dalle 11 alle 13, perché i rigidi inverni del Nord America creano importanti buche e crepe nel manto stradale. Inoltre, l’aumento del carico aerodinamico ottenuto da alcune vetture, con la conseguente adozione di sospensioni molto rigide, accentuano le irregolarità dell’asfalto, tanto che alcuni piloti se ne lamentano e minacciano di boicottare il circuito l’anno prossimo.

Alan Jones mette subito in chiaro le sue intenzioni facendo segnare il miglior tempo in 1’36”61 con gomme da gara, più veloce di un secondo e mezzo rispetto alla pole di Andretti dell’anno scorso (1’38”114).

Le prove libere del venerdì mattina si disputano sotto una pioggia molto intensa. Scendono in pista solo 16 dei 30 piloti iscritti e le Ferrari di Villeneuve e Scheckter stabiliscono i due migliori tempi in 2’00”06 e 2’00”54. Jones e Laffite preferiscono restare al coperto nei box.

La pista è estremamente viscida e ne fa le spese Giacomelli che perde il controllo dell’Alfa alla chicane in salita e sbatte col posteriore rompendo la scatola del cambio e la sospensione posteriore.

L’ora e mezza di qualifica comincia alle 12:30 quando la pioggia si è trasformata in diluvio. Brambilla, specialista sul bagnato, è il primo ad avventurarsi sul tracciato girando in 2’25”, praticamente un minuto più lento di quanto fatto da Jones il giorno prima, e poi finisce fuori pista rompendo l’ala posteriore.

Reutemann effettua un giro lentissimo e poi rientra ai box valutando la pista come impraticabile. Trattandosi pur sempre di una sessione valida per lo schieramento e con il meteo che potrebbe essere così fino a domenica mattina, entrano in pista altri piloti a cominciare da Scheckter, seguito da Jones (col muletto) e Arnoux che ne ha abbastanza dopo due giri molto lenti.

Scheckter chiede agli organizzatori di annullare la sessione per l’impraticabilità della pista mentre anche Stuck e Lammers fanno un tentativo ma tornano ben presto ai box.

In questa situazione c’è un pilota che invece continua a girare quasi come se fosse sull’asciutto. Il suo nome è Gilles Villeneuve.

La pole provvisoria è del canadese col tempo di 2’01”437, davanti a Scheckter (+9,652”), Brambilla (+23,520”), Jones (+36,310), Lammers e Arnoux. Tutti gli altri non hanno fatto registrare nessun tempo. Il commento di Denis Jenkinson, notoriamente sempre molto critico verso i piloti moderni, spiega bene lo spirito di Gilles e come esso viene recepito da chi lo osserva da bordo pista.

Dopo le prove i piloti si riuniscono per ufficializzare la rinascita della GPDA. Viene diffuso un documento in cui si comunicano l’organigramma e i propositi del sindacato dei piloti: “I piloti hanno ricostituito la Grand Prix Drivers Association. È stato eletto un comitato di sei piloti: il presidente è Jody Scheckter. Gli altri componenti sono Emerson Fittipaldi, Jean-Pierre Jarier, Alan Jones, Jean-Pierre Jabouille e Nelson Piquet. Questo comitato cercherà di discutere e risolvere tutti gli aspetti connessi con la sicurezza dei GP di F1”.

Il primo atto ufficiale, firmato da tutti i piloti, scagiona Riccardo Patrese dalle accuse rivoltegli un anno fa in merito al tragico incidente in cui è morto Ronnie Peterson. Il padovano e il direttore di corsa Gianni Restelli hanno infatti ricevuto un mandato di comparizione per omicidio colposo da parte del giudice Ferdinando Pomarici del Tribunale di Milano. La decisione della nuova GPDA stride parecchio con l’esclusione imposta da molti dei colleghi di Patrese esattamente un anno fa e proprio su questo circuito, anche se i principali accusatori Lauda e Hunt ora non fanno più parte del Circus.

Contrariamente a quanto previsto dai meteorologi, sabato mattina non piove e anzi spunta un timido sole. Il vento gelido asciuga velocemente la pista ma non il fango ai lati del tracciato.

Tutti i 30 partecipanti si precipitano in pista per recuperare il tempo perso per il maltempo. Laffite e la Ligier sono in ottima forma e il parigino ottiene il miglior tempo nelle libere in 1’36”26, un secondo esatto più veloce delle Williams di Jones e Regazzoni.

Male le Ferrari con Scheckter diciottesimo davanti a Villeneuve. Il canadese ha interrotto la sessione anzitempo perché scontento del motore della sua 312T4. I meccanici della Scuderia lo hanno sostituito in un’ora e 7 minuti.

La sessione di qualifica decisiva comincia con Jones che abbassa di un secondo il tempo della sessione aggiuntiva del giovedì e conquista la terza pole in 1’35”615 alla media di 204,633 kmh.

Villeneuve fa quello che può contro lo strapotere della FW07 ma quando mancano 5 minuti alla bandiera a scacchi viene battuto per soli 3 centesimi da Piquet che piazza la BT49 in prima fila col tempo di 1’36”914, a un secondo e 3 decimi da Jones.

Gordon Murray non è sorpreso dal risultato ottenuto dal brasiliano: “Abbiamo copiato la Williams, abbiamo un mezzo secondo in meno da loro perché abbiamo sospensioni diverse ma presto saremo più competitivi di loro”.

Quarto tempo per Laffite che affianca Villeneuve in seconda fila ma non è riuscito a ripetere la prestazione del mattino a causa di un principio di incendio che lo ha costretto a fermarsi in pista sul finire della sessione.

Terza fila per Regazzoni e Reutemann davanti alle Renault di Arnoux e Jabouille e a Zunino che col nono tempo dimostra la bontà della BT49. L’argentino, che disponeva di gomme speciali ultra morbide, è finito nelle reti di contenimento quando era addirittura settimo.

Scheckter delude ed è solo sedicesimo. Il fresco Campione del Mondo appare svogliato e poco concentrato, come a Montreal.

Bruno Giacomelli è il migliore degli italiani con il diciottesimo tempo, subito davanti a Patrese e De Angelis.

Vittorio Brambilla è il primo dei non qualificati per soli 44 millesimi. Nel finale della qualifica si sarebbe potuto migliorare ma ha trovato prima la Ligier di Laffite in fiamme e poi olio in pista. Il tempo fatto segnare nelle libere del mattino gli avrebbero permesso di partire proprio davanti a Giacomelli.

Gli altri esclusi sono Mass (che ha ancora provato inutilmente senza l’ala posteriore), Lammers, Rebaque, Ribeiro e Merzario, desolatamente ultimo con il distacco abissale di 8 secondi e mezzo dal fanalino di coda Jacky Ickx.

Il comasco, che non aveva girato nelle libere del mattino, ha rotto il motore appena entrato in pista per la qualifica. Esasperato, è rientrato in Italia col primo volo da New York.

Al termine delle qualifiche si disputa la Toyota Pro/Celebrity Race, una gara organizzata dallo sponsor della manifestazione nella quale equipaggi formati da un pilota professionista e una personalità del mondo dello spettacolo si sfidano al volante di Toyota Celica Liftback. La corsa viene vinta dal grande Rufus “Parnelli” Jones e da Gene Hackman. L’attore è stato contagiato dal virus della velocità sul set de “Il braccio violento della legge” e si è iscritto alla scuola di pilotaggio di Bob Bondurant che lo ha promosso a pieni voti.

Tra i partecipanti c’è anche James Hunt, in coppia con Paul Newman (“Un po’ di figa, qua?” cit. Gianni Giudici), che commenta il ritiro dell’amico Lauda: “Niki ha fatto bene. Oggi in F1 è inutile correre quando non si hanno un team e una macchina competitiva; si rischia per nulla, lo capisco. Oggi si può correre solo per Ferrari, Renault, Ligier e Williams; oggi vanno bene, ma domani? Sono comete. Mi trovo molto bene ora a giocare a squash, auguro a Niki di trovarsi altrettanto bene sui suoi aerei”.

La domenica fa molto freddo e il cielo è decisamente minaccioso. Il warm up è previsto per le 9:30 ma gli incidenti occorsi nelle gare di contorno obbligano gli organizzatori a risistemare le protezioni e a ripulire il tracciato dall’olio. Come al solito, tra il numeroso pubblico di Watkins Glen (90mila spettatori) c’è una nutrita schiera di delinquenti che approfittano dell’evento per rubare auto (una quarantina), rovesciarle e incendiarle per vedere l’effetto che fa. Nella notte tra sabato e domenica viene anche denunciato l’omicidio di una ragazza.

Alle 11:30 le 25 monoposto (compreso Brambilla che è il pilota di riserva) scendono in pista per verificare il comportamento della macchina col pieno di benzina. Laffite è il più veloce in 1’39”01, con un secondo di vantaggio su Jones e Villeneuve. Quando il canadese rientra ai box i meccanici notano che il motore perde olio e si decide di cambiarlo di nuovo. Questa volta impiegano 58 minuti, migliorando il già ottimo tempo ottenuto il giorno prima.

Mezz’ora prima della partenza comincia a piovere forte e le squadre montano le gomme scanalate ai loro piloti, tranne Piquet e Andretti perché Ecclestone e Chapman scommettono sulla brevità dello scroscio e sull’asciugamento veloce della pista. Effettivamente quando le monoposto prendono posto sullo schieramento non piove più.

Jacky Ickx ha montato sul suo casco una visiera di forma semisferica per facilitare l’evacuazione dell’acqua.

Le vetture si avviano per il giro di ricognizione ma sulla pista c’è ancora tantissima acqua.

C’è preoccupazione per Piquet che sicuramente non potrà avere una buona accelerazione per via delle gomme slick e potrebbe creare problemi a chi lo segue, dal momento che parte dalla prima fila.

Come ampiamente previsto, quando il semaforo passa dal rosso al verde, Piquet parte lentissimo e Jones mantiene la pole ma dopo un centinaio di metri viene superato da Villeneuve che parte a razzo dalla seconda fila e imposta la prima curva davanti a Jones, Laffite, Reutemann e Regazzoni.

Scheckter arriva lungo alla prima curva, finisce sull’erba della via di fuga ma riesce a controllare la sua Ferrari e rientra in pista in ultima posizione.

Le Michelin da bagnato garantiscono una trazione e un’aderenza nettamente migliori rispetto alle Goodyear e Villeneuve prende subito un buon vantaggio sugli inseguitori.

Reutemann supera Laffite per il terzo posto mentre Rosberg finisce in testacoda alla curva in salita che ricongiunge la nuova parte denominata “The Boot” col tracciato originale. Il finlandese riparte immediatamente ma alle sue spalle arriva Giacomelli che per evitarlo si ferma sul bordo della pista facendo spegnere il motore. Trasferta nordamericana da dimenticare per il bresciano.

Alla fine del primo giro Villeneuve ha 2 secondi di vantaggio su Jones, 4 su Reutemann, Laffite, Jabouille e Regazzoni, 12 su Arnoux, Pironi, Watson e Jarier. Piquet è quindicesimo, Scheckter è diciassettesimo dopo aver superato Andretti mentre il sole si fa largo tra le nuvole.

Al termine del quarto giro Laffite finisce in testacoda proprio all’uscita della curva che immette sul traguardo, il motore si spegne e il francese deve abbandonare la sua JS11. Ironia della sorte, al giro precedente il suo compagno di squadra Jacky Ickx ha concluso la gara e la sua carriera in F1 contro il guardrail nello stesso punto.

Villeneuve porta il suo vantaggio su Jones a 5 secondi. Reutemann è a 12 secondi, tallonato da Regazzoni, Jabouille, Arnoux e Pironi che sta per essere superato da Scheckter.

Il sudafricano della Ferrari è scatenato, al sesto giro si libera di Arnoux e si mette all’inseguimento di Jabouille.

Al settimo giro la batteria che alimenta l’estintore di bordo della Lotus di Reutemann si stacca e finisce sotto ai piedi dell’argentino, facendogli perdere il controllo della vettura che finisce fuori pista. Gara finita per lui, l’ultima con la Lotus.

Il sole viene di nuovo oscurato dalle nuvole che ricominciano a scaricare pioggia sul tracciato. All’ottavo giro Andretti si rende conto che la scelta di partire con le gomme slick è stato un errore e decide di rientrare ai box per montare quelle da bagnato dopo essere precipitato in diciottesima posizione, superato anche da Fittipaldi e da Surer che alla terza partecipazione è finalmente riuscito a debuttare nei GP.

Ovviamente anche Piquet è in enorme difficoltà per la scelta di gomme imposta da Ecclestone. Il brasiliano è già stato doppiato da Villeneuve ed è sedicesimo, dopo la splendida prestazione in qualifica.

Alla fine del decimo giro il pilota della Brabham rientra per montare le gomme intagliate e riparte ventesimo (ultimo) alle spalle di Andretti.

Continua la splendida rimonta di Scheckter che, dopo essersi liberato di entrambe le Renault, raggiunge anche Regazzoni e lo supera al tredicesimo giro, portandosi in terza posizione.

Bellissima gara anche quella di Derek Daly, perfettamente a suo agio sull’asfalto bagnato, che supera entrambi i compagni di squadra e sale al sesto posto, in zona punti.

Dopo un quarto di gara Villeneuve è primo con 15 secondi su Jones, una ventina su Scheckter e Regazzoni mentre le Renault di Jabouille e Arnoux sono molto più indietro.

Al diciassettesimo giro Andretti rientra ai box con il cambio bloccato per la rottura di un dente di un ingranaggio. Si conclude così la disastrosa stagione della squadra che solo un anno fa aveva dominato entrambe le classifiche.

Come sempre, gli Inglesi prendono tutto con grande autoironia.

Jarier si riprende la settima posizione su Daly che però lo tocca da dietro e lo manda fuori pista. Il francese scende dalla Tyrrell mentre passa Piquet che si è appena sdoppiato da De Angelis, il quale si trova in tredicesima posizione.

Il vento sta asciugando la pista e al ventesimo giro Scheckter e Regazzoni sono i primi a fermarsi ai box per montare le slick. Il ferrarista riparte quinto, dietro alle Renault, mentre Regazzoni è settimo, dietro a Daly.

Rientra anche Rosberg ma i meccanici constatano una perdita d’olio dalla scatola del cambio conseguente alla collisione avuta con Pironi al giro precedente, quando il finlandese aveva appena conquistato l’ottava posizione. Gara finita per lui.

Il passaggio alle slick sembra ancora prematuro. Al ventiquattresimo giro Scheckter viene superato da Daly mentre Regazzoni cede il settimo posto a Stuck.

Jabouille rallenta improvvisamente e si ritira per la rottura della cinghia di distribuzione. Arnoux sale così al terzo posto, ultimo pilota a pieni giri in pista dopo appena 25 dei 59 giri previsti.

Ormai non piove più da parecchio tempo e le Michelin si degradano velocemente, nonostante Villeneuve vada a cercare le zone di asfalto bagnate appena possibile. Il suo vantaggio su Jones, che era arrivato a oltre 27 secondi, si riduce drasticamente.

A metà gara Villeneuve doppia anche Arnoux mentre Regazzoni, che sta cominciando a prendere confidenza con le slick, ha recuperato la posizione su Pironi e sta raggiungendo Stuck. Alle loro spalle arriva Piquet che con le gomme da bagnato relativamente fresche è velocissimo e supera entrambi.

In fondo al rettilineo del traguardo Regazzoni allunga la frenata e supera Stuck ma arriva lungo e urta l’incolpevole Piquet.

Il brasiliano riesce a proseguire mentre Regazzoni è costretto al ritiro per la rottura del tirante dello sterzo dell’anteriore sinistra.

Sono ancora 13 le monoposto in gara. Villeneuve mantiene 2 soli secondi di vantaggio su Jones. Arnoux è terzo, doppiato, davanti a Scheckter che ha superato Daly. Seguono Stuck, Pironi e De Angelis che dopo un’ottima partenza sta mantenendo un ottimo ritmo con una Shadow tutt’altro che competitiva.

Al trentaduesimo giro Villeneuve, le cui gomme sono ormai esaurite, vede Jones vicinissimo negli specchietti all’uscita della chicane.

L’australiano esce più veloce e sul lungo rettilineo opposto prende la scia della Ferrari che resta all’interno, lasciando a disposizione solo la traiettoria esterna. Jones non si fa intimorire e al The Loop restituisce a Villeneuve il magistrale sorpasso subìto alla Tarzanbocht. In tutto questo, i commissari caricano la Brabham di Zunino su un carro attrezzi in mezzo alla pista.

Jones è decisamente più veloce e si avvantaggia subito su Villeneuve. Al trentaquattresimo giro il canadese decide di rientrare per montare le gomme da asciutto. I meccanici della Ferrari si fanno trovare pronti e fanno ripartire Gilles dopo 20 secondi, mantenendo così il secondo posto.

La pista è ormai asciutta e due giri più tardi rientra anche Jones per mettersi nelle stesse condizioni del ferrarista e gestire il vantaggio acquisito. Alla Williams si sono attrezzati per evitare disastri come quello di cui è stato vittima Jabouille a Silverstone, quando il tubo dell’aria compressa che alimenta la pistola pneumatica della ruota anteriore sinistra rimase impigliato nell’ala anteriore che venne strappata, costringendo i meccanici alla sostituzione del musetto. Per questo motivo Patrick Head ha fatto costruire una struttura tubolare che sostiene il tubo, scavalcando la monoposto e scongiurando un problema simile.

Il cambio gomme all’anteriore procede alla perfezione ma c’è un problema alla posteriore destra e la sosta si allunga. Il dado di serraggio si è incastrato e il meccanico riesce a svitarlo qualche secondo più tardi rispetto agli altri, mentre Jones scalpita per ripartire.

Questo permette a Villeneuve di transitare sul traguardo quando l’australiano è ancora fermo nella corsia dei box. Il meccanico monta la posteriore destra e avvita il dado a mano, poi si gira indietro per prendere la pistola pneumatica. L’addetto al sollevatore interpreta il movimento del meccanico come se l’operazione fosse stata completata, abbassa la macchina e Jones riparte. In realtà il dado non è stato serrato e il meccanico lo sa ma ormai la frittata è fatta.

Barrie Gill, inviato ai box per la BBC, prende la linea per riferire quanto è accaduto e proprio in quel momento la ruota si stacca e Jones è costretto al ritiro, fortunatamente senza andare a sbattere. È il primo dei tanti pasticci ai box che negli anni a venire costeranno ben più di una vittoria alla Williams Grand Prix Engineering.

Al trentanovesimo giro rientra ai box anche Arnoux per montare le gomme da asciutto e perde la seconda posizione in favore di Scheckter.

A due terzi di gara Villeneuve ha oltre un minuto e mezzo di vantaggio sul compagno di squadra. Tomaini gli fa segno di rallentare per evitare rischi inutili. Daly si trova al terzo posto ma è in crisi con le gomme e viene superato sia da Pironi che da Arnoux. Alle loro spalle ci sono Stuck, De Angelis, Watson, Piquet, Fittipaldi e Patrese.

Arnoux con le gomme nuove è il più veloce in pista e al quarantaquattresimo giro supera Pironi per il terzo posto.

Al giro successivo De Angelis supera Stuck ed entra in zona punti con la Shadow.

Al quarantanovesimo giro esplode la gomma posteriore sinistra della Ferrari di Scheckter sul rettilineo opposto. Il sudafricano non ha problemi a controllare la vettura e si ferma sull’erba a lato della pista, senza rischiare un rientro avventuroso come quello di Villeneuve a Zandvoort. È il secondo ritiro dell’anno per il neo iridato, dopo quello per l’infortunio al polso conseguente all’incidente alla prima partenza di Buenos Aires.

Villeneuve rallenta ulteriormente il ritmo e si lascia sdoppiare dagli inseguitori, avendo un minuto e 20 secondi di vantaggio su Arnoux. A 7 giri dal termine Daly perde il controllo della sua Tyrrell all’uscita della chicane in salita e finisce contro il guardrail, lasciando la quarta posizione a De Angelis.

Al giro seguente si ritira anche Piquet per la rottura di un semiasse. Il brasiliano aveva appena fatto segnare il giro più veloce della corsa in 1’40”054. Restano in gara solo 7 monoposto.

Gilles Villeneuve taglia il traguardo dopo 59 giri e conquista la sua quarta vittoria, la terza stagionale al pari di Scheckter.

Dopo la gara il canadese spiega che il suo rallentamento è stato dovuto al calo della pressione dell’olio e ha quindi cercato di portare la vettura al traguardo gestendo l’enorme vantaggio sugli avversari. Arnoux è secondo a 48 secondi davanti a Pironi a 53.

Al muretto della Shadow si attende con ansia l’arrivo di De Angelis. Il padre Giulio fa degli italianissimi scongiuri mentre Jo Ramirez sorride.

Finalmente, dopo un minuto e mezzo, Don Nichols e il resto della squadra possono festeggiare il quarto posto del giovane pilota romano, un risultato che era stato raggiunto l’ultima volta da Jones al Fuji, due anni fa.

Completano la zona punti Stuck, al suo ultimo GP di F1, e Watson che non è riuscito a sdoppiarsi. Fittipaldi è settimo staccato di 5 giri.

Villeneuve porta sotto al podio la 312T4/041, quella del duello di Digione, accolto dai meccanici festanti.

Villeneuve e la Ferrari hanno vinto entrambi i GP disputati negli Stati Uniti, il mercato che ha consentito al Drake di diventare un vero e proprio mito.

Arnoux e Pironi gli fanno compagnia sul podio.

Si conclude il Mondiale 1979 che incorona Jody David Scheckter Campione del Mondo alla sua sesta stagione completa in F1. All’inizio della carriera James Hunt lo aveva soprannominato Fletcher, come l’allievo del gabbiano Jonathan Livingstone dell’omonimo romanzo, il quale tentava acrobazie che le sue ali non erano ancora in grado di effettuare e aveva continui incidenti. Ora ha acquisito la capacità e l’esperienza per insegnare a “volare” a tutti, proprio come Fletcher Lynd.

Enzo Ferrari mette in bacheca altri due trionfi iridati. Ora comincia la sfida del turbo, con le inevitabili difficoltà da affrontare ma, a quasi 82 anni, continua a spronare la sua Scuderia che nel frattempo dovrà vedersela con la Williams e con la ritrovata Brabham, senza dimenticare la Renault che il turbo ce l’ha già e lo sta facendo funzionare bene.

LE NON PAGELLE DI CITTÀ DEL MESSICO 2025

Città del Messico. 2350 (diconsi duemilatrecentocinquanta) metri sopra il livello del mare, dove l’aria si fa rarefatta e il respiro si accorcia, dove il sangue fatica a raggiungere il cervello e forse, proprio per questo, si vedono più cose di quante non ce ne siano nella realtà. È l’altitudine estrema che gioca strani scherzi alla percezione, o è piuttosto la consapevolezza della caducità della vita che qui, in questa metropoli sospesa tra cielo e terra, si fa più acuta? La velocità ci emoziona, ci rapisce, ma al contempo ci ricorda quanto tutto sia effimero, fugace come il rombo di un motore che svanisce nel nulla…

… come il primo posto di Piastri nel mondiale.

Tanto ci lascia, il circuito Hermanos Rodríguez. Il quale circuito, lo confesso, non mi affascina più di tanto. Il mini-snake che prepara all’antica Peraltada promette emozioni che poi vengono immediatamente diluite nello scenografico quanto insignificante, dal punto di vista sportivo, stadio realizzato qualche anno fa nelle curve finali. Un’occasione mancata, una concessione allo spettacolo che sacrifica la sostanza sull’altare dell’apparenza. Ma tant’è, viviamo in un’epoca di compromessi per la quale il colpo d’occhio di vetture di Formula 1 che caracollano inebetite a 60 km/h in mezzo a festanti ali di pubblico vende di più di una tiratissima curva a 250 km/h in cui ogni istante è quel nulla che separa il coraggio e la precisione del pilota da un suo fatale errore di valutazione.

Pazienza.

Quest’anno, diversamente dalle edizioni passate, grazie agli sviluppi sulle monoposto operati da tutte le squadre, la curva 4 non ha offerto possibilità di sorpasso, costringendoci a riporre le nostre speranze di qualche duello all’ultimo sangue nel lungo rettilineo d’arrivo. Ma nemmeno quello ci ha aiutato granché: il DRS, come ben noto, funziona male nell’aria rarefatta dell’altipiano un tempo governato dal vendicativo sovrano azteco Montezuma, e le vetture di testa non riuscivano a creare quella differenza di velocità necessaria per un attacco decisivo. Eppure, nonostante tutto, a parte la volata solitaria di Norris – un monologo con un che di poetico nella sua leopardiana solitudine – abbiamo assistito a un Gran Premio piuttosto emozionante, ricco di sfaccettature interessanti da valutare, di storie minori che si intrecciavano con la narrazione principale.

Ma è tempo di abbandonare le divagazioni filosofiche e di addentrarci nell’analisi dei protagonisti di questa domenica messicana.

NORRIS voto 10 e lode e… era ora!

Landino il Dominatore non suona bene come Conan Il Barbaro ma è certo che il film mandato in onda da teleMontezuma non può trovare altra descrizione. Un dominio forse un po’ inaspettato, considerando l’abbrivio che Max si portava dietro dalle gare precedenti, come un’onda lunga che sembrava destinata a travolgere tutto. Eppure il buon Lando ha saputo trovare un assetto eccellente, ha messo insieme tutto quanto serviva per portare a casa il più perfetto dei weekend. Il suo dominio non è mai stato messo in discussione, dalla pole position magistrale alla gara condotta con una sicurezza che pareva quella di un campione navigato, non certo quella di un pilota più volte criticato proprio per il “braccino” che ha mostrato ogniqualvolta gli si chiedeva di imporsi.

In qualifica ha firmato un giro eccezionale, un capolavoro di precisione e velocità che ha lasciato tutti gli altri a guardare. In gara, la partenza è stata perfetta, il primo stint gestito con sapienza e leggerezza, il secondo con la dovuta costanza di rendimento senza mai strafare, senza rischi e senza errori. Nessun momento di debolezza, nessuna sbavatura, solo una dimostrazione di forza che ha zittito tutti.

La contemporanea (mezza-)defaillance di Piastri lo proietta in testa alla classifica mondiale il che lo pone nuovamente nella posizione che fino a ieri lo ha sempre visto protagonista deludente. Sarà in grado di ripetersi?

LECLERC voto 9 e sospirone finale!

Eccellente! Questo podio nasce dalla radice di una strepitosa qualifica, dove Charles ha estratto dalla sua SF-25 il famoso “potenziale”. Il secondo posto in griglia era un punto di partenza solido, ma non bastava. Serviva qualcosa di più, serviva quella pervicacia, quella determinazione feroce che contraddistingue i grandi piloti nei momenti decisivi.

E Charles non si è tirato indietro. La partenza non è stata delle migliori – lo scatto ha lasciato a desiderare – ma il monegasco ha saputo difendere la posizione con una durezza e sagacia: l’avrà calcolata prima quel taglio in sicurezza della chicane? Non saprei ma nemmeno mi sento di escluderlo del tutto. Nel primo stint, con le gomme rosse, ha mostrato un ritmo ottimo che gli ha permesso di costruire un buon vantaggio sugli inseguitori che ha capitalizzato alla grande fino all’ottimo risultato finale. Il secondo stint, con le gialle, non è stato eccezionale – va detto – ma comunque abbastanza per tenere la posizione, anche grazie alla semi-misteriosa VSC dell’ultimo giro che ha congelato la situazione proprio quando Verstappen stava per sferrare l’attacco finale.

Avrebbe resistito Charles all’assalto di Max? È una domanda che rimarrà sospesa nell’aria rarefatta di Città del Messico, senza risposta. Ma poco importa: il podio è arrivato, meritato, sudato, conquistato con classe e tenacia. C’è da domandarsi da dove derivi questa inaspettata competitività della SF-25 anche se il sospetto che l’assetto particolare dovuto all’altura, per una volta, abbia favorito quel poco di buono che questa vettura possiede. (ma è comunque insufficiente per puntare alla vittoria).

VERSTAPPEN voto 8

L’olandese appare un po’ più in difficoltà rispetto ai Gran Premi precedenti, eppure, anche in una giornata non perfetta, Max riesce a essere straordinario.

La partenza è buona, ma poi accade l’imponderabile: si ritrova sostanzialmente buttato fuori pista e lì, nel verde, come un novello Colin McRae che rema con incredibile sicurezza in un mare d’erba più liscio di un prato di Windsor dal quale qualunque altro pilota in griglia non sarebbe mai uscito, ecco che temiamo che la sua rincorsa mondiale possa subire il più banale degli stop. Ma Max non è un pilota qualunque. Con una calma quasi soprannaturale, riporta la vettura in pista senza perdere posizioni cruciali, dimostrando ancora una volta che con un volante tra le mani costui può fare davvero quel che vuole.

Dopo questa “prova speciale” a dir il vero non è che il buon Max brilli granché. La Red Bull sembra non trovare il giusto bilanciamento, il ritmo non è quello devastante a cui ci ha abituato nelle ultime gare e, soprattutto, scivola da ogni parte come soprattutto con quell’anteriore che pure dovrebbe essere puntatissimo, stando alle sue ormai leggendarie preferenze di assetto. Le gomme rosse del secondo stint probabilmente risolvono il problema dello scivolamento quanto basta perché il nostro eroe metta in atto una delle sue solite magie: trenta giri con un ritmo racchiuso in un delta di appena mezzo secondo, una costanza di guida che ha dello… schumacheristico! E inaspettatamente, giro dopo giro, si ritrova alle spalle di Leclerc proprio in vista dell’ultimo giro, pronto a sferrare l’attacco finale.

La VSC gli spegne gli ardori, congela la gara, nega al pubblico lo spettacolo dell’ultima battaglia. L’avrebbe passato? Oppure il buon Charles avrebbe saputo fare anche lui qualche magia e avrebbe resistito? Sono domande destinate a rimanere senza risposta, sospese in quel limbo delle possibilità non realizzate che tanto affascina gli appassionati di questo sport.

Poco male, comunque: il podio è salvo e, cosa ancora più importante, il distacco dalla testa della classifica mondiale diminuisce ancora. Il mondiale è più vivo che mai, e Max non ha alcuna intenzione di arrendersi.

BEARMAN voto 10 e gran pacche sulle spalle

Wow! Che gara! Il giovane britannico confeziona una prestazione che lascia letteralmente a bocca aperta, una di quelle giornate che segnano la carriera di un pilota. Bearman gestisce alla grandissima il caos della partenza, con quella lucidità che solo i grandi talenti possiedono anche in situazioni di pressione estrema. Ma non si limita a godersi qualche giro di gloria ai piani alti, come avrebbe potuto legittimamente fare un pilota della sua esperienza.

No, Oliver confeziona una gara straordinaria soprattutto per ritmo. Chiedere a Mercedes per conferma: il giovane inglese ha mostrato velocità di punta e costanza di rendimento che hanno messo in seria difficoltà piloti ben più esperti e con vetture teoricamente superiori compreso il buon Max, almeno nella prima parte di gara. Il quarto posto finale è il giusto premio per una prestazione maiuscola, ma la sensazione è che oggi Bearman avrebbe potuto ambire anche a qualcosa di più con un pizzico di fortuna in più.

La crescita esponenziale del britannico è sotto gli occhi di tutti. Gara dopo gara sta dimostrando di avere il talento, la determinazione e la maturità per competere ai massimi livelli. E se non fosse per il contrattone di Hamilton…

PIASTRI voto 5 ½

Delude ancora una volta. L’ex leader del mondiale sembra aver smarrito quella sicurezza, quella capacità di estrarre il massimo dalla vettura che lo aveva contraddistinto nella prima parte della stagione. A parte l’ottimo sorpasso su Russell – un lampo in un weekend altrimenti opaco – non è sufficiente per uscire dall’Hermanos Rodriguez contenti.

A differenza delle ultime gare, però, a me è sembrato che stavolta sia stato più un problema legato al circuito che una questione psicologica. Si vedeva che la sua macchina scivolava da tutte le parti – tipico di questo circuito e di questa altitudine – cosa che, evidentemente, il buon Oscar non è riuscito a gestire in nessuna circostanza. Mi è parso che, soprattutto in qualifica, abbia insistito su traiettorie non ottimali e sicuramente leggermente diverse da quelle di Norris, in particolare nel lungo tratto guidato tra la curva 4 e la 13, all’ingresso dello stadio. Inoltre, ha sempre “sbagliato” l’ingresso in rettilineo, nel senso che non riusciva a far lavorare il posteriore abbastanza, perdendo metri fondamentali per provare sorpassi.

Ha comunque tenuto duro e ha potuto approfittare da par suo dell’errore strategico di Mercedes proprio nei suoi confronti, agguantando un quinto posto che, per come sembravano essersi messe le cose, vale comunque punti preziosi. Ma perde la testa del mondiale, e questa è una notizia che fa rumore. Se c’è un qualche fattore psicologico – leggasi: braccino – che ne sta condizionando il rendimento da qualche Gran Premio a questa parte, sarà meglio che lo metta da parte. E in fretta.

ANTONELLI voto 8

Ottimo weekend per il nostro giovane alfiere, che continua a incrementare il livello della sua performance. Kimi ha mostrato velocità e maturità, rimanendo sempre in lizza per posizioni importanti. Purtroppo è stato azzoppato dall’insulsa mossa dello swap a metà gara – di cui parleremo tra poco – e non è riuscito probabilmente a muoversi nel migliore dei modi.

Difficile dire cosa sarebbe riuscito a fare contro l’eccezionale Bearman di oggi, dopo l’ultimo cambio gomme, ma certamente se la sarebbe giocata meglio di Russell. La sensazione è che Antonelli avesse il passo per almeno tenere testa al britannico della Haas, se non addirittura per batterlo. Ma gli ordini di scuderia hanno spento sul nascere ogni velleità.

Il sesto posto finale è comunque un risultato più che dignitoso, che conferma il trend positivo del giovane italiano che già ad Austin aveva mostrato un rendimento in gara migliore di quello di Russell

RUSSELL voto 5

Dopo che per diversi GP ne avevo cantato le lodi ecco che Giorgino mi delude per la seconda volta consecutiva. Inutile dire che più di tutti rimane impressa nella mente la malposta arroganza nel chiedere lo swap su Antonelli – esitata in una figuraccia in diretta mondiale, prima negata e poi, incredibilmente, accordatagli dal team – e che ha finito per fare il gioco di Piastri più che quello di Mercedes.

Facciamo un passo indietro. A metà gara, Russell si ritrova dietro ad Antonelli e chiede via radio di essere lasciato passare perché “più veloce” e certamente capace di sopravanzare Bearman. Il team inizialmente dice no, giustamente. Ma George insiste, con un tono che rasentava la petulanza, ben lontana dall’aplomb british che gli conosciamo, e alla fine ottiene ciò che vuole. Il problema è che poi non solo non riesce ad attaccare Bearman ma addirittura se ne distacca. Nel dopogara è tutto un lamentarsi che o si fa subito lo swap oppure mai e bla bla bla. Mah!

Ma il vero danno lo fa alla strategia complessiva di Mercedes che pure, negli anni d’oro, sapeva bene come imporsi ai piloti, compreso un certo eptacampeao. Se in quel momento della gara avessero lasciato Antonelli davanti, Piastri non sarebbe mai passato perché in rettilineo entrava male e non ne avrebbe avuto abbastanza per superare, a maggior ragione se si trovava dietro un trenino DRS. Invece, con lo swap, si è aperta una voragine nella quale l’australiano si è infilato, rovinando di fatto la gara di entrambe le Mercedes.

Una mossa dettata dall’ego più che dalla strategia, e che è costata cara alla squadra. Russell deve fare un serio esame di coscienza e capire che in una squadra si vince e si perde insieme, non inseguendo chimere: il nuovo contratto gli avrà dato alla testa? Mezzo punto in più per la curiosa quanto divertente comparsata in tribuna durante le FP1 con tanto di maschera nel riuscito tentativo di non farsi riconoscere dal pubblico.

HAMILTON voto 6 ½ – – e basta lamentarsi!

Lewis è parso assai pimpante sia in qualifica che a inizio gara, mostrando lampi della sua antica classe. Vi dirò di più: in qualifica, per come stava guidando, mi aspettavo che ne avesse persino più di Leclerc, e forse ne aveva davvero, ma non è riuscito ad eseguire quel giro perfetto che avrebbe potuto portarlo in prima fila. E già questo dovrebbe far riflettere.

Anche in gara pare assai ben messo, con l’ottima partenza e un ritmo iniziale che gli avrebbe permesso di lottare per posizioni importanti. Ma la penalità subita evidentemente gli spegne il sentimento, lo demoralizza, e dopo averla scontata bada solo a portare a casa la vettura senza correre rischi inutili. Un atteggiamento pragmatico ma che lascia l’amaro in bocca agli appassionati che speravano di vederlo finalmente lottare per il podio fino alla fine.

Da un lato ci sarebbe di che essere soddisfatti per via della performance mostrata, segno che Lewis potrebbe avere ancora qualcosa da dare. Ma proprio per questo – e per l’ennesima volta in questa stagione – il senso di delusione che accompagna il risultato finale è ancora più forte.

OCON voto 7 sulla fiducia

Onestamente non ho visto granché della sua gara. Prendo nota che finalmente torna nei punti, cosa che non accadeva da diverse gare, e che insieme allo straordinario exploit di Bearman consente ad Haas di guadagnare un importantissima posizione nel costruttori.

Ma prendo nota anche che, per l’ennesima volta, si prende le piste dal giovane compagno di squadra Bearman, confermando un trend negativo che ormai non può più essere ignorato. Il confronto interno è impietoso e Ocon deve trovare una scossa se non vuole vedere la sua reputazione ulteriormente compromessa.

BORTOLETO voto 6 1/2

Un altro ritorno a punti per il giovane brasiliano. Bene così. Dopo alcune gare anonime, vedere Bortoleto di nuovo in zona punti è sicuramente un segnale positivo. La sua gara non è stata particolarmente brillante, ma ha fatto quello che doveva fare: non commettere errori, gestire la situazione e portare a casa un buon risultato che porta fiducia in vista della sua gara di casa.

NOTE DI MERITO

Lawson merita una menzione speciale perché non è morto dallo spavento nel trovarsi commissari in mezzo alla strada. L’episodio è stato a dir poco surreale e potenzialmente pericolosissimo. Si può supporre – con un pizzico di ironia – che il neozelandese si sia ritirato dalla gara più per la necessità di correre urgentemente alla toilette che per un presunto problema tecnico, che ne dite?!

NOTE DI DEMERITO

Sainz pasticcia per il secondo Gran Premio consecutivo, ancora in una gara in cui avrebbe potuto dire la sua. Suvvia Carlos! Proprio quando sembra che stai tornando ai livelli consueti ci molli così? Sul più bello?

I freni di Alonso hanno ceduto: curioso che sia capitato proprio a lui che tradizionalmente porta assetti leggermente più sottosterzanti e che a quest’altitudine avrebbero dovuto stressare un po’ meno l’impianto frenante. Non oso fare riferimento ai suoi 44 anni ma solo perché spero che a Interlagos smentisca ogni possibile insinuazione su quanto l’età lo stia (finalmente?!) influenzando.

Ci vediamo in Brasile!

 

BASTIAN CONTRARIO XX: Men on fire

Lando è caldo, è carico, è l’uomo giusto al momento giusto, Lando è il “man on fire” del momento e, persino il team radio di Verstappen (“your man..”) lo conferma. McLaren quello voleva e quello ha ottenuto e cioè, far recuperare punti su Oscar da parte di Norris appunto… missione compiuta come si suol dire. La domanda che attanaglia tutto il mondo che segue la F1, tranne che per i tifosi del veloce quanto fragile pilota inglese, è tutta farina del suo sacco? Il dubbio è planetario a giudicare dai fischi ricevuti all’interno dello stadio. Come mai quei fischi, come mai questa ostilità nei riguardi di Norris? Ebbene la risposta a questa annosa domanda è da ricercare in seno alla sua stessa squadra e, alla politica (poco trasparente) che persegue ormai da tempo, attraverso le famigerate “papaya rules”. Chi vi scrive, che di dubbi ne ha tanti, è fermamente convinto che la squadra di Brown e Stella non abbia assolutamente boicottato Piastri, eppure di rimando sempre chi vi scrive è altrettanto convinto che la stessa McLaren ha fatto di tutto per far recuperare terreno al proprio pupillo che allevano da ormai sette anni. I segnali, durante la stagione, ci sono stati tutti come in Ungheria, per non parlare del GP di Monza e, se proprio vogliamo dirla tutta, proprio la ripresa dalle vacanze ha coinciso con un calo drastico dell’ormai ex leader del mondiale Piastri. Oscar non vince dall’estate appunto e, indipendentemente dagli errori commessi (in un mondiale cosi lungo bisogna metterli in conto) lungo il percorso, ciò che salta all’occhio è il cambio di direzione preso dall’australiano, il quale francamente non sembra più nemmeno lui. Prendendo ad esempio quanto visto proprio in Messico lo scorso weekend, è quanto meno inspiegabile il distacco abissale rimediato da Piastri nei riguardi del “man on fire” Norris. La giovane promessa della McLaren proprio quest’anno ha dimostrato che la sua forza era nella qualifica, insegnamento preso proprio da Verstappen, il quale l’anno scorso su questo aspetto ci ha vinto il suo quarto titolo. Il miglioramento da parte di Oscar in questo campo, gli ha permesso di surclassare e, in alcuni frangenti, far perdere la testa al suo compagno tanto da condurre il mondiale per più di mezza stagione. Allora mi chiedo cosa sia accaduto, dov’è finito l’Oscar “on fire” che abbiamo visto per tre quarti di stagione? All’improvviso ha disimparato a stare in pista? Non ho alcun problema nell’accettare che Norris sopravanzi il suo compagno, eppure mi pongo più di un dubbio quando vedo che a parità di macchina, l’australiano rimedia un ritardo di più di mezzo secondo… una enormità! In gara Oscar ha dovuto sudare sette camice e ben undici giri, prima di riuscire a superare Tsunoda che, con tutto il rispetto per il pilota nipponico, tutto è tranne che un fulmine di guerra specie sulla RB-21. Nell’attuale F1 sorpassare, quando si è in scia, è un vero dramma ed Oscar dietro il compagno di Max questa tragedia l’ha consumata tutta, salvo venirne fuori per trovarsi dalla padella alla brace finendo dietro Russell. Il sorpasso ai danni dell’inglese della Mercedes è stato fatto di rabbia, d’istinto, lo stesso istinto che gli ha consentito di essere fino a poco tempo fa leader del mondiale. Quella manovra a mio giudizio è stato un segnale, un avviso a tutta la squadra e cioè che dal Brasile in poi, visto che l’australiano non ha più nulla da perdere, attaccherà a testa bassa costi quel che costi. Chi sarà il “man on fire” di questi ultimi quattro appuntamenti? Se ci dovessimo basare sui valori espressi fino ad ora, se anche in terra carioca dovessimo vedere quello che è successo domenica scorsa, allora Piastri sarà tagliato fuori e, Max sarà tenuto in ballo solo dalla matematica. Eppure (c’è sempre il trucco!) i papaya stanno giocando col fuoco come si suol dire, perché nonostante il dominio di Norris e, la gara affannata del campione olandese, proprio quest’ultimo nonostante tutto ha ulteriormente ridotto il gap in classifica. Siamo proprio sicuri, in caso la lotta si facesse serrata, che McLaren abbia puntato sul cavallo giusto? Perché qui si sta profilando uno scenario pazzesco che è quello che McLaren, per far recuperare Norris in classifica, ha dato la possibilità di far guadagnare terreno ad un altro “man on fire” che è Verstappen. Ad essere sinceri credevo (l’ho scritto la settimana scorsa) che in Messico, uno dei tre contendenti si sarebbe fatto fuori, invece è intervenuto un elemento imprevedibile che ha rimandato tutto in Brasile fra quindici giorni, ed è la Ferrari di LeClerc.

Sono senza mezzi termini a riguardo e, dico di proposito “di LeClerc”, perché è lui il “man on Fire” della Rossa, lui e nessun altro. Charles con le sue prestazioni leonine sta tenendo a galla tutta la baracca e, in questa stagione disastrosa paradossalmente, sta disputando il suo mondiale migliore in termini di maturità ed intelligenza tattica. Il perché la Ferrari si sia messa ad andare forte, tanto da guadagnare il secondo podio consecutivo (risultato pressoché impossibile fino a qualche GP fa), lo sanno solamente in Ferrari e, mi auguro che lo sappiano veramente perché hanno iniziato ad essere competitivi (!), fatto sta che il monegasco non si è lasciato pregare e, appena ha fiutato il vento che ha iniziato a girare per il verso giusto, non si è lasciato scappare l’occasione. Che Ferrari abbia iniziato a girare forte lo dimostra persino Hamilton, tanto da conquistare per la Ferrari da quando è nel team, il miglior piazzamento (in qualifica) della stagione in quel del Messico. Purtroppo il buon Lewis si è rovinato in partenza con le sue mani: davvero è importante cercare di capire se avesse ragione o meno? Che motivo c’era di essere cosi arrembante, per una volta che centra un buon risultato al sabato da quando è in Ferrari? I dieci secondi di penalità sono troppi? Purtroppo Hamilton non ha ancora capito, mi sembra, che la squadra per la quale corre politicamente vale poco o nulla, a differenza di quando stava in Mercedes e, certe manovra in Rosso le paghi tutte. Purtroppo per lui tanto “on fire” non mi sembra, perché in un modo o nell’altro il risultato a casa lo porta solo il suo compagno, il quale è a sette podi a zero a suo favore: che Charles sarebbe stato in vantaggio su Lewis ne ero certo, vero è che nemmeno immaginavo un risultato cosi ignominioso per l’inglese, il quale mi pare evidente che è in astinenza da risultati e, quella manovra in partenza (nella quale Charles gli ha fatto vedere chi comanda) dimostra tutto il suo malcontento. Ferrari se continuerà ad essere cosi performante, come mostrato negli ultimi due appuntamenti, ha la possibilità concreta non solo di accontentare il suo Presidente, conquistando il secondo posto nei costruttori (sigh!), addirittura rischia di essere l’ago della bilancia nella lotta mondiale tra Norris, Piastri e Verstappen. Sono certo che Mercedes non starà a guardare solo che proprio quest’ultima, per la prima volta, si è trovata nell’imbarazzo di dover decidere cosa fare proprio con Russell, il quale in questo weekend messicano è stato malmenato malamente dal suo giovane compagno, il nostro connazionale Kimi Antonelli. Kimi a buon diritto è stato il “man on fire” in casa Mercedes e, per la prima volta finisce davanti al suo fortissimo compagno. L’italiano non è un campione ora come non era una pippa prima, semplicemente sta percorrendo la sua strada della maturazione e, lentamente sta emergendo il suo talento sul quale Mercedes ha tanto investito. La lotta per il secondo posto nei costruttori di base interessa poco, dal punto di vista sportivo, ciò che sarà interessante da osservare nella lotta tra Ferrari e Mercedes è, come prime e seconde guide si comporteranno per far primeggiare le loro rispettive squadre. Certo, considerare Hamilton una seconda guida potrebbe sembrare sacrilego, eppure la pista se ne frega dei risultati del passato, l’unica cosa che conta è il presente e, il “man on fire” al quale siamo stati abituati al momento, è solo un lontano ricordo.

Vito Quaranta

Life is racing, all the rest is waiting