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Ferrari 2018: attacco ad una punta o attacco a due punte?

Com’è noto chi scrive approcciò la F1 nell’anno in cui Sua Santità perse il titolo al Fuji per 1 punto in pista, infinite liti nelle sedi legali fuori dalla stessa (i risultati di Jarama prima e Brands Hatch poi entrambi finiti a favore di Hunt the Shunt) e bizzarre decisioni a Maranello (col senno di poi tener Clay a casa per protesta il weekend di Zeltweg fu un harakiri che magari lo facesse la Honda attuale).

Sei anni dopo un Gilles furente per non esser stato ripagato con la stessa moneta da lui usata nel 1979 con Jody a Monza (ed a Monaco) si sentì dire dal Drake in camera caritatis ‘basta che a vincere sia una Ferrari’. Volò nella leggenda al Terlamen Bocht 10 giorni dopo.

Nel 1990 in una Ferrari gestita da Fiorio come un retrobottega del Suk di Istanbul (perla assoluta il preaccordo con Senna per il 1991 scritto su carta da formaggio col quale il Paulista diede il vero colpo letale alle speranze mondiali di Prost durante l’estate levandogli ogni fiducia nel Team Principal) si son viste varie ‘perle’ degne di esser menzionate tra cui Prost e Mansell che corrono ad Imola con due vetture diverse tra loro e l’ilare partenza dell’Estoril dove i Tifosi raggiunsero un picco di bestemmie talmente alto che  in confronto Spa 1998 è stata una passeggiata di salute.

Nel mezzo ai tre episodi una carrellata di coppie alcune eccelse (Lauda/Reutemann, Villeneuve/Scheckter), altre molto buone (Reutemann/Villeneuve) diverse mediocri (Arnoux/Tambay) tutte con una caratteristica comune: nessuna prima guida designata da contratto o da accordi verbali. Ovvero come voleva il Drake i cui Piloti dovevano sempre stare in campana e scendere in pista innanzitutto per mettersi dietro il compagno di squadra, con tanti cari saluti a chi apprezza l’ipocrisia dei “micio micio bau bau” odierni tra team-mates. Falsi come Giuda peraltro.

Poi arrivò lo spartiacque: Schumacher ed il suo contratto col famigerato “ius primae noctis” ovvero lo status di prima guida designata messo nero su bianco. La Ferrari arrivava da un quinquennio disastroso con 2 vittorie in 5 anni e di fronte a suddetta richiesta non battè ciglio ma anzi modellò il Team secondo la volontà del Kaiser. Il quale ad onore del vero in pista dovette far valere la clausola poche volte (a memoria: Suzuka 1997, Zeltweg 1998 e 2002) mentre curiosamente sotto Safety Car ad Istanbul nel 2006 lo fecero accodare a Massa al pit infliggendo col senno di poi un colpo durissimo alle sue speranze mondiali (quel giorno chiuse terzo una gara che, rientrando al pit davanti a Massa, avrebbe vinto in carrozza).

Esaurita l’era Schumacher assistemmo ad un’altra curiosità: nel primo anno in cui si tornò ad avere due piloti di pari status in Ferrari la Scuderia di Maranello vinse sia il Piloti che il Costruttori. L’anno successivo andò vicinissima al bis ma purtroppo al muretto non c’era più un Leader ma un passacarte e la cosa fu palese per chiunque avesse gli occhi aperti e volesse vedere.

Arrivò poi l’era Alonso, 0 titoli in 4 anni con Massa come secondo designato (il ‘faster than you’ di Hockenheim 2010 fa abbastanza il paio col ‘let Michael pass for the Championship’ di Zeltweg 2002) e quel tremendo 2014 con Raikkonen buttato là in mezzo alla buona, teoricamente con pari status ma a conti fatti (vedasi Barcellona in gara con l’undercut subìto) anche no (anche qui faccio notare che licenziamento e riassunzione del finnico furono un altro paio di perle del passacarte ‘fraterno’ eh. Ma chissenefrega, volemose bene che ci sono i tortelloni in cottura).

Ora che a Maranello il Re è Sebastian Vettel per quanto ne sappia io non ci sono clausole espresse nero su bianco circa il fatto che lo status di prima guida è suo ma 1 il finnico si è infilato mani e piedi in quello di seconda (unico WDC ad averlo fatto nella storia della F1, contento lui contenti tutti (o quasi)) e 2 se si dicesse che suddetto finnico vien ‘seguito’ dal box come Vettel forse si direbbe un’inesattezza. Di sicuro non viene boicottato e di sicuro Vettel per come è fatto genera una costante interazione col team ma che Ferrari si dimentichi un pò di Raikkonen in pista (e che anche non se ne dimenticasse con ogni probabilità non cambierebbe nulla come risultati NDR) è una sensazione abbastanza comune a prescindere che si tifi per lui oppure no.

Il fatto che a fine 2017 Vettel e Raikkonen vadano a scadenza di contratto ripropone la questione della quale al titolo di questo articolo: attacco ad una punta oppure a due? Chi scrive è convinto delle seguenti cose ossia 1 Vettel vincerà il Mondiale 2017 2 Vettel rinnoverà con Ferrari per almeno tre anni con opzione a suo favore per almeno altri due. Stessero così le cose con buona pace del trittico Sainz/Grosjean/Perez se Raikkonen volesse continuare (e magari accettasse un’altra sforbiciata allo stipendio NDR) nel probabile caso che in Ferrari si voglia varare ufficialmente l’attacco ad una sola punta (con probabile ricomparsa dell’infame clausola nero su bianco come con Schumacher……..) non avrebbe senso alcuno cambiarlo. Conosce il team, conosce le metodologie di lavoro, s’è calato perfettamente (sic) nel ruolo di seconda guida: perchè fare altrimenti? In caso si ritirasse invece uno di quei tre va più che bene, forse ad eccezione di Perez il quale è sì buono ma nonostante sia meno veloce di Vettel son certo che sia convinto del contrario il che sarebbe foriero di guai.

E nel caso si varasse l’attacco a due punte? Chi scrive pensa che non succederà, in Ferrari non son (più) capaci di gestire due prime punte assieme come fanno invece in Redbull da quasi un decennio ormai. Contratti alla mano l’unico big che va a liberarsi a fine anno è Alonso che non verrebbe richiamato all’ovile per nessun motivo al mondo. Ricciardo (il sogno nemmeno troppo segreto di chi scrive NDR) va a scadenza a fine 2018 quindi il suo arrivo ad inizio del prossimo anno è estremamente improbabile per questo motivo e per molti altri, incluso il fatto che per un neo-iridato Vettel sarebbe un pacco regalo abbastanza ‘surreale’. I due di sicuro si rispettano e di sicuro san lavorare bene assieme ma nonostante chi scrive pensi che Vettel sia più forte (ma non di uno sproposito, anzi) pensa altresì che regalare un giro di giostra nel tunnel dei ricordi del 2014 a chi ha appena fatto qualcosa di impossibile se solo ipotizzata nel 2016 sarebbe davvero troppo fuori dagli schemi per un ambiente rigido come la Ferrari.

E quindi? Semplice, prepariamoci ad un lustro di ‘attacco ad una punta’ messo nero su bianco in Ferrari. Tutto lascia pensare che finisca proprio così, nella ripetizione di quello che si vide ad inizio millennio allori iridati inclusi.

La Redazione

L’intervista del Bring a Mario Donnini sul Mondiale F1 2016

A volte è difficile comunicare quello che si prova senza rischiare di cadere in quella che potrebbe essere scambiata per della vuota retorica ma ci proverò lo stesso. Non so chi mi disse anni fa che le persone più straordinarie son quelle che più contano/sono conosciute/importanti meno “se la tirano”. Parole Sante, specie in un’era eufemisticamente vuota come la nostra dove meno la gente conta più si da un tono.

Conobbi Mario Donnini sulle pagine dello splendido Forum Gpx.it, lo leggevo sulle testate per le quali lavorava ma ovviamente non avevo modo di interagire fino all’avvento dell’era internet e dei Socials. Non parlo a caso dei Socials perchè ivi rintracciato il Maestro su Facebook e subitaneamente chiestagli la connessione le sue argutamente ironiche riflessioni sulla vita son diventate subito un “must” della mia giornata. Un personalissimo vademecum della cosiddetta “resistenza umana” in mezzo (repetita iuvant) ad un vuoto che ormai pervade buona parte di quello che ci circonda.

Facendola breve (sed in scribendo saepe longius sum) Mario Donnini ha acconsentito a rilasciarci un’intervista sull’appena concluso Mondiale di F1 del 2016 al che noi della Redazione abbiamo fatto un brainstorming su quali potessero essere le domande da sottoporgli e lui, previa comunicazione da parte sua che non c’erano argomenti tabù (CHAPEAU!), ha risposto ad ognuna di esse.

Ecco quindi l’intervista del Blog del Ring a Mario Donnini:

1) MB ha fatto apposta a non far più “incontrare” Rosberg ed Hamilton in pista dopo l’ennesimo contatto avvenuto a Zeltweg?
«Di certo, dopo aver dettato severe regole d’ingaggio e messo bene in chiaro che il team non voleva vedere altri casini in pista, tutto è diventato apparentemente più soft e easy. Ma, ovvio, da lì in poi è valsa per ciascun dei due contendenti la teoria dell’anatra: apparentemente ferma e buona sopra il pelo dell’acqua, ma sotto sotto, dove nessun la vede, nuota e si sbatte come una dannata per filar veloce…».
2) È possibile che Hamilton ci abbia messo 9 mesi a risolvere i problemi con la frizione? 
«Atteniamoci ai fatti. Lewis ha sbagliato la partenza in Australia, in Bahrain, si è impappinato a Monza e si è avviato malino a Suzuka. Diciamo che per quanto riguarda gli attimi immediati dopo i semafori spenti, questo non è stato il suo anno. Ci sono stati problemi alla frizione, ma il pilota non può non essere co-responsabile tutte le volte in cui il suo compagno di squadra e rivale lo batte al primo scatto». 
3) Quanto dell’ingresso di Liberty Media al vertice della F.1 si ripercuoterà sulle politiche commerciali concernenti i diritti televisivi nella trasmissione delle gare di F.1 in Tv?
«Liberty Media è lì a scopo di lucro e farà di tutto per aumentare e moltiplicare le entrate, peraltro già piuttosto entusiasmanti».
4) Quanto di tutto questo (domanda 3) giova (o meno) alla diffusione della F.1?
«Rispondo in due tempi. Secondo me trenta o quaranta anni fa la F.1 aveva bisogno di aumentare la diffusione. Ora è un universo fin troppo espanso e a tratti sfilacciato. Credo ci sia bisogno di un riposizionamento e di una riscoperta di location più classiche e storiche, per avviare un recupero dell’identità. Francia e Germania su tutte. Quanto a Liberty Media, si batterà per far restare o approdare la F.1 esclusivamente dove c’è maggior convenienza economica».
5) Si può tracciare una riga tra il talento di Verstappen e la voglia da parte di Liberty/F1 di avere un prodotto commercialmente spendibile presso i giovani?
«Sul Pianeta Terra avere nel proprio show uno come Verstappen fa comodo a tutti, a parte colui che se lo ritrova da rivale in frenata».
6) È un caso che il Mondiale si sia chiuso all’ultima gara proprio l’anno in cui FOM ha venduto i diritti a Liberty Media?
«Certo che è un caso. Se Lewis partiva in testacoda sotto l’acqua in Brasile, il giochino era finito in anticipo. L’epilogo non dipende da chi comanda, ma come. Quando si è voluto imporre il finale all’ultimo atto, è bastato raddoppiare il punteggio dell’epilogo, vedi Abu Dhabi 2014».
7) Lo sviluppo verticale di prestazioni delle Power Unit da fine 2014 a fine 2016, specie in qualifica, è ascrivibile al mero progresso tecnologico o anche a deroghe nascoste?
«Al progresso tecnologico».
8) Qual è il tuo parere sul livello medio dei piloti attualmente in attività in F.1?
«Altissimo livello. Col senno di poi, contando Rosberg, cinque iridati in lizza dei quali tre pluriridati, con otto piloti che hanno vinto almeno un Gp in carriera. Un plateau da parterre de roi». 
9) Quali probabilità ci sono che un gruppo importante di investimento rilevi l’agonizzante Sauber?
«Lo scorso luglio la società Longbow Finance SA ha acquisito il 100% della scuderia, che fino a poco prima faceva fatica persino a pagarsi le trasferte. Se ci sarà relativa tranquillità economica, le cose si stabilizzeranno, sennò si farà sotto il prossimo. Di certo gli oltre 40 milioni di euro in premi Fom derivanti dal 9° posto di Nasr in Brasile vogliono dire che quasi metà quasi budget è completata».
10) Dopo il secondo anno negativo di fila per Honda c’è ancora interesse ad entrare in F.1 da parte di altri Grandi Costruttori?
«A oggi quello dei motoristi in F.1 è un circolo teoricamente aperto ma di fatto chiuso, perché non mi sembra proprio che fuori ci sia la fila per entrare. È un aspetto molto triste, questo. Sembra quasi di vedere che la F.1 è diventata una specie di ingessatissimo Dtm su base planetaria». 
11) Oltre la libertà di sviluppo sulle PU da fine 2016 è plausibile ipotizzare opzioni di sviluppo open con regole simili alla MOTOGP per le Factory e le Factory 2?
«No, perché nel motomondiale le sottocategorie sono arrivate soprattutto per incrementare e salvaguardare il numero dei partecipanti, altrimenti misero assai. Invece in F.1 i motoristi sono in grado di fornire senza problemi tutti i team che ne fanno richiesta, limitandosi a dare step di evoluzione più o meno aggiornati a seconda del prezzo che il cliente stesso è disposto a pagare». 
12) La fuga della F1 da dei GP paganti come Singapore e Malesia, gli spettatori in calo dal vivo ed in TV e la progressiva scomparsa dei GP storici possono portare al collasso?
«La Formula 1 non rischia il collasso economico, ma quello sportivo e morale. Con i gettoni di presenza che chiedono per ospitare un Gp e con i diritti Tv che incassano, i proprietari della F.1 hanno di che acquistare regali carini ai nipoti per i prossimi trecento anni. Il colasso, semmai, rischia d’essere narrativo. Se i Gp continueranno a essere così narcolettici e noiosi e se la Mercedes non incontrerà reali rivali diretti, la F.1 si troverà a essere appetibile quanto le leggendarie lezioni notturne in Tv del Consorzio Nettuno».
13) Cosa farà Honda se i risultati sportivi del 2017 saranno in linea con quelli del 2016?
«Una Casa in F.1 se vince tantissimo per tantissimi anni, prima o poi si ritira. E se, al contrario, fa brutte figure fisse, prima o poi si ritira. È la legge delle Case e della F.1. E la Honda ha un disperato bisogno di segnare risultati che rappresentino una soluzione di continuità rispetto al passato prossimo e al presente appena mandato in archivio».
14) Cosa pensi del fatto che ogni tecnico straniero contattato da Ferrari nel 2016 abbia declinato l’offerta per via di un ambiente notoriamente troppo politicizzato a Maranello?
«Quali sarebbero i nomi e i cognomi di tutti questi geni schifati? Esistono e si muovono in branchi, come i bisonti? Dai, non ci credo e la cosa non regge per il solo fatto che di geni in giro ce ne sono sì e no uno, uno e mezzo. Per il telaio la Ferrari avrebbe bisogno di un solo tecnico: Adrian Newey. Ma il vero problema è che questa è soprattutto una formula di motore e il vantaggio accumulato dalla Mercedes con la sua Power Unit in questi tre anni appare difficilissimo da colmare, perché ormai è strutturale. Comunque, forza Binotto!».
15) Cosa pensi del fatto che Ferrari, come già tentato e fallito con Alonso, abbisogni di un salvatore della Patria (Vettel) come unica opzione per provare a risalire la china?
«A oggi la Ferrari non ha rinnovato il contratto a Vettel né l’ha corteggiato per farlo rifirmare. Logico. La Ferrari ha bisogno di disporre di una power unit capace di cominciare a mangiare i talloni alla PU Mercedes. Se non arriva quella, stiamo a parlar di niente. Puoi correre con Vettel o con mia zia, ma il risultato non cambia: non vinci nulla. L’era ibrida è un’epopea di propulsori, non di piloti». 
16) Un Team Principal che dopo la bandiera a scacchi di Monaco dice “se la Redbull diventa un problema io me ne vado a casa” e poi la Redbull lo sopravanza sia nel Costruttori che nel Piloti, è la persona giusta per il muretto Ferrari o manca eufemisticamente di lucidità?
«Un team principal non si giudica da una frase. La verità è che con il regolamento dei gettoni, dei test calmierati e del freezing, tutti i team hanno fatto una fatica boia a recuperare l’immenso svantaggio iniziale istantaneo che avevano dalla Mercedes, per bontà e bravura sua. La realtà è questa. Per quanto mi riguarda, francamente non sono da annoverare nel circolo di coloro che vorrebbero la testa di Arrivabene».
17) Chi vorresti vedere in Ferrari nel 2018, una volta terminato il contratto di Raikkonen?
«Giovinazzi. I love italian pride».
18) Secondo te chi è attualmente il più forte tra i piloti in attività in F.1? Perché?
«Non impazzisco per il personaggio Hamilton, ma Lewis è in una fase che rappresenta e incarna la congiunzione felice tra l’immenso talento innato, l’esperienza e la capacità di mantenere ogni anno intatte le motivazioni, riprogrammando la sfida. L’inglese non ha vinto il mondiale, anzi, l’ha perso e male, in modo piccato e causato dal motore matto di Sepang, ma non vuol dire nulla. Non tutti gli anni Maryl Streep vince l’Oscar, tuttavia l’attrice più brava resta lei. Lewis a oggi è la Meryl Streep del Circus».
Un grazie dal profondo del cuore a Mario Donnini!
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