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LA STORIA DEL DRAKE PARTE 2-LE PRIME ESPERIENZE LAVORATIVE

Una volta ripresosi dalla brutta malattia ai polmoni ed esser uscito dall’ospedale militare di Bologna, Enzo Ferrari si recò a Torino e fece richiesta presso la Fiat di essere assunto ma, ahimè per lui, non ottenne il posto. Non superò il colloquio e a comunicare lui l’esito fu Diego Soria, capo del personale, che gli preferì Carlo Salamano. Sicuramente Ferrari non dimenticò mai le stanze della Fiat tanto che le descrive perfettamente in una sua dichiarazione.

“Ero pieno di speranze quando entrai nello studio di corso Dante, arredato con mobili di mogano e tendaggi di velluto verde, dell’ingegner Diego Soria, una solida figura dai capelli rossi brizzolati, tagliati a spazzola.
Fu un fiasco: la Fiat, mi disse cortesemente Soria, non era ancora abbastanza grande per ospitare tutti i reduci di guerra. Era l’inverno 1918 – 19, rigidissimo, lo ricordo con grande pena. Mi ritrovai per strada, i vestiti mi si gelavano addosso. Attraversando il parco del Valentino, dopo aver spazzato la neve con la mano, mi lasciai cadere su una panchina. Ero solo, mio padre e mio fratello non c’erano più. Lo sconforto mi vinse, e piansi.”

Fu proprio in questo contesto, non propriamente felice, che Enzo conobbe Laura Garello, originaria di Racconigi, comune italiano vicino a Cuneo. Ferrari in quel momento della vita si sentiva” paurosamente solo“, le morti del padre e del fratello avevano minato la sua psiche serena e salda e il fallimento a livello lavorativo aveva intaccato la sua forza d’animo. Fu proprio Laura, che di lavoro faceva la sarta, a dargli nuova linfa vitale.

 

A Torino, dove ero arrivato con un vecchio baule e molte maniere approssimative, conobbi all’inizio del 1921 una bella ragazza bionda, elegante, vivace, minuta. Si chiamava Laura Garello e i genitori, modesti provinciali di Racconigi  si erano dapprima opposti e poi diedero il sì”.”

I genitori di Laura, come descritto dallo stesso Enzo, erano persone molto semplici, il padre, Andrea, era uno straccivendolo mentre la mamma Delfina Porchietto un’umile casalinga. I due come detto poc’anzi non vedevano di buon occhio questa unione ma cedettero all’amore fra i due giovani ragazzi.

In verità, anche la mamma di Enzo, Adalgisa, non era poi così tanto favorevole a questo fidanzamento, ma poi assecondò la volontà del figlio.

Da un punto di vista lavorativo, Enzo faceva una vita da pellegrino, ma, dopo molte peregrinazioni fra aziende metalmeccaniche torinesi, trovò finalmente un posto stabile nella Carrozzeria Giovannoni, che si occupava di recupero di autocarri leggeri di uso bellico come la Lancia Zeta-12/15HP o Fiat Brevetti. L’iter di lavoro seguiva questa scaletta: venivano prima demolite le carrozzerie, poi ricondizionati gli autotelai e successivamente consegnati alla Carrozzeria Italo-Argentina di Milano, che li ritrasformava in torpedo, tipo di carrozzeria automobilistica usata sino gli anni ’30, o coupé de ville di lusso. Ma quale era il compito di Enzo Ferrari? Aveva essenzialmente due incarichi da portare a termine: il lavoro d’officina e doveva collaudare gli autotelai ricondizionati e consegnarli alla committente nel capoluogo lombardo.

“Il ruolo del dipendente per me non era faticoso, anche se il freddo, le poche conoscenze, la modesta retribuzione mi procurarono disagi fisici e morali perchè sentivo che facevo il lavoro che avevo sempre desiderato” 

E’ così che Enzo descrive la sua vita all’interno della Carrozzeria Giovannoni.

Grazie al lavoro di collaudatore Enzo divenne un guidatore provetto e più collaudava e più cresceva in lui la voglia di essere un pilota. O forse in lui il desiderio di scontrarsi con la velocità non era mai passato visto quale era il suo attaccamento verso le corse.

Intanto il conflitto mondiale ultimava la sua presa con il mondo e questo, come previsto da tutti, provocò degli effetti un po’ negativi sulla domanda di autotelai recuperati, tanto che in pochi mesi si fece sempre meno forte. Infatti le case automobilistiche decisero di riconvertire la loro produzione in produzione civile.  Enzo rischiava di nuovo la disoccupazione e, desideroso di un lavoro più duraturo nel tempo, giunse a Milano nel 1919 e venne assunto dalle Costruzioni Meccaniche Nazionali, della quale era socio un suo amico Ugo Sivocci, che aveva conosciuto  nel Bar Vittorio Emanuele di Via Orefici. Ugo prese Ferrari sotto la sua ala protettiva e lo ingaggiò come assistente al collaudo.

Enzo descrisse così la CMN e i rapporti che ebbe all’interno dell’azienda:

La CMN era un’azienda in fondo a Corso Buenos Aires: aveva costruito trattori per traini d’artiglieria e in quel momento cominciò a montare automobili con materiale Isotta-Fraschini. Fu in quell’epoca che conobbi l’ingegner Marelli che divenne famoso con la motocicletta bicilindri a 2 tempi che vinse il raid Nord-Sud, Milano-Napoli con Giraudi, e io e Sivocci seguimmo la cavalcata da Rogoredo al Vesuvio” 

E nello stesso anno, arrivò per Ferrari, anche il battesimo del fuoco in una vera e propria gara, quando fece parte alla  Parma-Poccio di Berceto dove si classificò quarto. La prima competizione importante cui Ferrari partecipò fu la decima edizione della Targa Florio. Ma fu successo? Assolutamente no, fu un disastro su tutti i fronti! La sua CMN 15/20HP, infatti, venne circondata da alcuni manifestanti, il pilota giunse a Palermo solo quando i cronometristi avevano abbandonato il loro posto.

“Nel 1920 cominciavo soprattutto a far sentire con istintiva prepotenza la mia vocazione di agitatore di uomini e di problemi tecnici. Tengo a dire che, quale fui allora, sono adesso: mai mi sono considerato un progettista, un inventore, bensì soltanto un agitatore”

 

 

 

Nel 1920 entrò nella squadra dell’Alfa Romeo, acronimo di “Anonima Lombarda Fabbrica Automobili”, e venne costituita la prima squadra corse composta da Ascari, Ferrari, Sivocci e Campari. Fu Enzo a volere Ugo Sivocci, anche perchè era molto grato a Ugo per esserci stato quando aveva avuto bisogno. I quattro alfieri, sopracitati, vennero successivamente denominati ” I 4 moschettieri”.  E’ dello stesso anno  il secondo posto ottenuto da Enzo nell’undicesima Targa Florio. Grazie a questa posizione conquistata, Ferrari guadagnò dodicimila lire.

 

“Indubbiamente in quel momento la soddisfazione della classifica superò qualsiasi altra valutazione e ricordo che con quel denaro si potevano fare molte cose. Se penso che un biglietto in prima classe Modena-Milano andata e ritorno costava quattro lire e cinquanta centesimi”

 

 

Nel 1923, precisamente il 28 aprile, Enzo si sposò con Laura a Torino e nello stesso anno vinse la prima edizione del Gran premio del Circuito del Savio. frazione di Ravenna. Fu in quel momento che Ferrari conobbe la contessa Paolina Biancoli, madre di Francesco Baracca e qui avvenne la famosa consegna a Enzo del simbolo, il famoso Cavallino Rampante che l’aviatore presentava sulla carlinga del suo velivolo. La contessa disse lui: «Ferrari, metta sulle sue macchine il cavallino rampante del mio figliolo. Le porterà fortuna».

 

 

L’anno dopo Enzo partecipò alla fondazione del giornale sportivo bolognese «Corriere dello Sport», di cui rimase come  consigliere delegato fino al 1926, anno in cui abbandonò il mondo dell’editoria. La sua carriera come pilota continuò, in parallelo all’impegno giornalistico, con l’adesione alla Coppa Acerbo a Pescara, competizione tenutasi dal 1924 al 1961. Fu Ferrari che si impose proprio nella prima edizione di questa storica gara.

“Tra tutte le gare alle quali ho partecipato, ricordo con particolare soddisfazione la mia vittoria a Pescara nel 1924 con una Alfa Romeo RL. Con questa vettura avevo già vinto a Ravenna sulla pista di Savio e a Rovigo sulla pista del Polesine, ma è stato alla Coppa Acerbo che è iniziata la mia fama come pilota. Fui infatti in grado di battere le Mercedes che arrivavano dal successo alla Targa Florio”

Alla fine del 1924 il pilota dovette interrompere, a causa di un forte esaurimento nervoso, la sua attività agonistica. Per rimettersi in sesto tornò a Modena dove si sottopose a lunghe cure

Il nostro Enzo, come pilota automobilistico ufficiale, prese parte a 41 gare dove mostrò un andamento di prestazioni molto altalenante. Lo stesso Ferrari in una bellissima intervista ad Enzo Biagi descrisse se stesso non come il migliore dei piloti:

Volevo essere un grande pilota, e non lo sono stato”

Nel 1929, anno della grande recessione americana, completamente guarito, venne richiamato a Milano per fondare una squadra corse, connessa all’Alfa, che diventerà la celebre  Scuderia Ferrari. 

Ma questa fase della vita del Drake, così speciale ed unica, verrà analizzata nella prossima puntata.

Laura Luthien Piras

 

 

 

 

LA STORIA DEL DRAKE PARTE 1 – INFANZIA ED ADOLESCENZA

Molti lo definiscono “il Mago”, altri “il Fenomeno”, per alcuni è “il Commendatore” ma anche “l’Ingegnere”: stiamo parlando di Enzo Ferrari, un emiliano doc che fondò un marchio italiano, divenuto leggenda e conosciuto in tutto il mondo.

Ferrari nasce nella campagna emiliana, precisamente a Modena, il 18 febbraio 1898, ma la sua nascita venne denunciata dal padre, Alfredo, due giorni dopo il lieto evento a causa di una tempesta di neve che bloccò le strade.

Su questo evento in realtà circolano voci un po’ contrastanti. Stando a quello che racconta Enzo Ferrari fu il padre ad iscriverlo all’anagrafe ma in realtà, in base a quanto scritto sull’atto di nascita n.287/1898 del Comune di Modena, a farlo fu la sua levatrice, inoltre non ci fu nessuna nevicata in quel periodo.

Enzo venne alla luce in un contesto borghese, fatto di piccole gioie, dove la famiglia incarna alla perfezione cosa significa avere un stile di vita pacato, modesto ma autentico.

Papà Alfredo, uomo di buona cultura e amante della musica, originario di Carpi, è proprietario di una piccola azienda dove lavorano circa venti operai. La piccola officina collabora con le Ferrovie dello Stato per la quale costruisce tettoie e pensiline.

La madre, Adalgisa Bisbini, descritta da Enzo come una bella donna, nata a Marano sul Panaro, in provincia di Modena, invece proviene da una famiglia facente parte della piccola nobiltà di Forlì.

Dei Ferrari conosciamo pure la via di domicilio, Via Paolo Ferrari 85, dove attualmente è situato il Museo Casa Enzo Ferrari, e sappiamo anche che la casa dove abitano è contigua all’officina di papà Alfredo.

La famiglia Ferrari non è certamente ricca ma abbastanza benestante, infatti ad Enzo e a suo fratello, Alfredo junior, detto Dino, non manca assolutamente niente: addirittura in casa c’è anche un’automobile, il cui proprietario è un orgoglioso papà Alfredo, orgoglioso perché nel modenese non tutti possono permettersi una vettura, in realtà all’epoca se ne contava circa una ventina. Enzo, sin da piccolissimo, ha potuto gioire dei piaceri del possedere una macchina, dove spesso si è seduto al posto di guida del papà, sognando forse di poterla guidare lui un giorno. La prima macchina di famiglia fu una Dion Bouton, sostituita in un secondo momento da una Marchand a due cilindri: entrambe macchine francesi costruite da aziende che si interessavano soprattutto di motori a vapore.

Sarà anche grazie alla macchina che papà Alfredo può portare il sabato sera tutta la famiglia alla classica e rituale cena nel retro bottega di un salumiere e poi a teatro. Tappa fissa per loro è anche la gita domenicale in campagna, piacere che possono soddisfare sempre per merito dell’auto.

Papà Alfredo lavora tanto, è davvero un uomo instancabile, dalle 7 della mattina sino a notte inoltrata è in officina e, come una formichina operosa, da tutto sé stesso e solo il fine settimana si concede una pausa

E la settimana di Enzo come è strutturata?

Enzo va a scuola ma la ama davvero poco, va meglio in italiano rispetto alla matematica, gli interessa la storia e trova noiosa la geografia mentre suo fratello Dino è il primo della classe, Enzo ai libri preferisce lo sport che pratica anche con fare eterogeneo, si dà alle gare podistiche e alla bicicletta, risulta bravo nel tiro al bersaglio e frequenta anche assiduamente la palestra della società Panaro. Nel tempo libero vaga per le campagne emiliane e, armato di fucile, si da alla caccia di topi e risulta avere una mira davvero precisa. Da una parte è un cacciatore, dall’altra invece alleva colombi!

Enzo adora la sua terra: “Io sono attaccato alla mia terra. Oserei dire in modo feroce” ecco cosa confesserà più in là nel tempo, è talmente tanto affezionato a dove vive che, sicuramente, parte del suo carattere deriva da questo background. Enzo Ferrari infatti, come la campagna emiliana, si rivelerà da subito concreto, curioso e resistente, tuttavia è anche un po’ accentratore e diffidente. Ferrari sa di essere un tipo abbastanza difficile, ne è consapevole e lo ammetterà senza nessun problema durante l’età adulta: “Sono giudicato un tipo difficile e penso di esserlo”.

Enzo Ferrari da adolescente serba nel cuore dei sogni particolari per il suo futuro. Vuole diventare cantante di operetta, forse perché affascinato o dagli spettacoli del sabato sera visti a teatro o dalle belle attrici viste sulle scene, poi cambia idea e desidera intraprendere la carriera da giornalista sportivo e, ha talmente tanto il focus su questa mansione, che a diciassette anni, nel 1914, riesce a farsi pubblicare, sulla Gazzetta, un resoconto della partita Modena-Inter, finita 7 a 1 per l’Inter.

Se da una parte ama mettersi in gioco con lavori creativi ed artistici, dall’altra mostra passione anche per i lavori manuali, spesso e volentieri, sporcandosi le mani, aiuta il padre, che lo vorrebbe ingegnere, nell’officina di famiglia.

In tutto questo però continua a rimanere affascinato dal mondo dei motori e conserva la volontà di conoscerlo sempre di più, ne è veramente attratto. O forse sono proprio le macchine che lo stanno chiamando a sé?

Facendo un passo indietro, cronologicamente parlando, torniamo, per un secondo, all’Enzo bambino e andiamo al 6 settembre 1908.

Ha dieci anni quando, emozionato e felice, in compagnia dei genitori, assiste, dal vivo, alla sua prima corsa: la Coppa Florio. Il palcoscenico di questa competizione è la Via Emilia ed è proprio qui che vedrà vincere, a bordo di una Fiat, Felice Nazzaro (a fare il giro veloce sarà invece Vincenzo Lancia). Dopo aver visto la corsa, il piccolo Enzo ha deciso: vuole fare il pilota e seguire le orme del suo idolo e mito, Raffaele de Palma, detto Ralph. Raffaele, per gli italiani, è un eroe del tempo in quanto vincitore, nel 1915, su Mercedes, della celeberrima 500 Miglia di Indianapolis, unico pilota italiano ad essere riuscito nell’impresa.

Non mancano ovviamente nell’infanzia e, successivamente, nell’adolescenza di Enzo gli amici fra cui spiccano due nomi: Peppino, figlio di un grande esportatore di derrate alimentari e suo quasi vicino di casa, e Giuseppe Ghisetti diventato ufficiale della Julia e interprete di guerra. Pochi amici ma buoni anche perché per Enzo “L’amicizia si spreca con una facilità incredibile”.

Tutto sommato l’infanzia e l’adolescenza del nostro protagonista sono felici ma il destino si accanisce su di lui, infatti saranno la morte del padre e del fratello in guerra a stravolgere tutto.

Papà Alfredo lascerà questa terra per una banale polmonite e sempre per problemi ai polmoni morirà il tanto amato fratello Dino, arruolatosi volontariamente per la Grande Guerra.

Enzo, nel mentre, grazie alle competenze che ha acquisito nell’officina del padre, a diciotto anni trova un lavoro come istruttore presso l’Officina Pompieri di Modena dove venivano organizzati corsi per preparare gli operai che confluivano nelle industrie ausiliarie.

La guerra continua e non accenna a fermarsi e bussa alle porte di Enzo che viene chiamato alle armi dall’Esercito del Re, occupando un posto nel 3° Reggimento Artiglieria Alpina. Fu congedato, in un secondo momento, ironia della sorte, per una grave pleurite, insorta mentre era in servizio sulle montagne vicino Bergamo. Lo salvò la madre che, con grande decisione, lo fece trasferire nell’ospedale militare di Bologna e, grazie alle sue amorevoli cure, Enzo, dopo giornate terribili, uscì vittorioso da quella prova. Non era ancora destino per lui finire la sua corsa in quell’ospedale, lo attendevano la gloria e la storia.

Laura Luthien Piras