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Hamilton vince da campione del mondo a Città del Messico

Meglio vincere una gara e non laurearsi campione del mondo che arrivare ottavi e laurearsi campione del mondo. Questo è ciò che ha detto Hamilton a Jenson Button nella rituale intervista a motori appena spenti a fine gara. Ci ha poi pensato Vettel, subito dopo, a sottolineare che la vittoria di oggi di Lewis è una di quelle che solo i campioni del mondo possono ottenere.

Sì, perchè fin dalle prove sembrava che per la Mercedes oggi sarebbe stata molto dura. Poca velocità sui rettilinei, un passo gara che non sembrava niente di speciale. E una macchina distrutta, quella di Bottas, in un incidente che è di fatto costato ad un arrogante Verstappen una pole che aveva già messo in cassaforte. Su questo episodio torneremo alla fine.

E così la Ferrari ottiene la sesta pole di fila con Leclerc, e Vettel a completare un’altra prima fila tutta rossa. Visto il poco brillante esito di un’analoga situazione in Russia e Giappone, la curiosità era tanta per vedere in che modo i rossi avrebbero gestito la partenza. Allo spegnersi dei semafori, le due Ferrari partono bene, ma Hamilton ancora meglio, e affianca Vettel, il quale lo manda con due ruote sull’erba e lo fa desistere. Verstappen ne approfitta per affiancarlo e i due si prendono a ruotate finendo entrambi fuori pista in curva due, perdendo così diverse posizioni.

I ferraristi tentano di scappare seguiti da vicino da Albon, mentre le due Mercedes iniziano a recuperare posizioni. Anche Verstappen è costretto alla rimonta, ma un eccesso di fiducia lo porta ad infilare Bottas a sorpresa nello stadio. Il finlandese non gli concede tutto lo spazio e gli buca la gomma posteriore destra, costringendolo ad un giro intero su tre ruote che gli farà perdere più di un minuto.

Il tentativo di fuga di Leclerc e Vettel non riesce, e sia Albon che Hamilton restano a pochi secondi da loro. Il thailandese è il primo a fermarsi, al 15° giro, e viene subito imitato da Charles al giro successivo. Entrambi montano nuovamente gomme medie, e dovranno quindi fermarsi nuovamente.

Al 24° giro si ferma anche Hamilton per montare gomme dure, rivelando così la strategia ad una sola sosta. Questo lo costringerà a fare quasi 50 giri con le stesse gomme. In Ferrari decidono di non ripetere la stessa scelta, e Vettel resta in pista, così come Bottas.

Nel frattempo Leclerc non riesce a girare su tempi incisivi, e vanifica così il potenziale vantaggio di una strategia a 2 soste. I suoi tempi sono simili a quelli dei primi due, che però girano con le gomme montate alla partenza.

Al 37° giro si ferma Bottas per montare gomme dure, e al giro successivo tocca a Vettel fare la sua unica sosta. Purtroppo per lui, ciò avviene subito dopo avere perso 4 secondi nel doppiaggio di Sainz e Kvyat in lotta fra loro, e questo lo porta a perdere la posizione su Albon, dietro al quale rientra in quarta posizione. Ma quel che è peggio è che il distacco da Hamilton è diventato piuttosto consistente. Ma rispetto all’inglese potrà contare, nel finale di gara, su gomme di 13 giri più nuove.

Al 43° giro si ferma Leclerc, le cui gomme, oltre che poco efficaci, sono state rovinate da un bloccaggio. Ma il pit-stop si rivela disastroso facendogli perdere 4 secondi, e rientra così in quinta posizione dietro ad Albon, che però si fermerà al giro successivo.

La parte finale della gara non riserva sorprese: Hamilton ha amministrato benissimo le proprie gomme e non consente a Vettel di avvicinarsi a sufficienza. Allo stesso modo Bottas non può attaccare Vettel per via della grande superiorità della Ferrari sui rettilinei, che rende vano pure l’uso del RDS. Leclerc riesce a recuperare ben 7 secondi sui primi, ma una volta arrivato a 3 secondi da Bottas non riesce ad avvicinarlo ulteriormente a causa delle alte temperature.

Finisce così con Hamilton che coglie la sua 83a vittoria e rimanda ad Austin la festa per il sesto titolo. La cosa farà di sicuro felici gli organizzatori di Austin e i padroni americani del circus. Al secondo posto Vettel, che conferma di essere ritornato quello di una volta, con una impeccabile gestione della gara e delle gomme. Terzo Bottas che è sembrato avere anche più passo del compagno di squadra, ma ha dovuto pagare la brutta posizione di partenza seguita all’incidente nelle prove.

Quarto Leclerc, che, come ha ammesso lui stesso, ha ancora molto da imparare dal compagno per quanto riguarda la gestione delle strategie. Ma il tempo ce l’ha, e di sicuro non ci metterà tanto. Quinto Albon autore della miglior gara dell’anno per la seconda Red Bull. Il suo distacco da Leclerc dimostra che gli austriaci hanno operato la scelta giusta sostituendolo a Gasly, perchè il thailandese  non soffre la pressione e svolge il suo lavoro con calma e pazienza. Il primo podio non è lontano.

Al sesto posto Verstappen autore di una buona rimonta, ma responsabile di avere buttato una potenziale vittoria a causa del suo atteggiamento arrogante, in prova e in gara. Settimo e primo della F1/2 l’idolo di casa Perez, autore, come al solito, di una prestazione consistente. Ottavo Ricciardo che conferma il buono stato di forma della Renault che si era visto in Giappone. Nono Gasly, entrato nei punti grazie all’incidente fra Kvyat e Hulkenberg, con il primo penalizzato e classificato 11° e il secondo promosso al 10° posto.

Fuori dai punti Stroll, sempre inferiore al compagno, Sainz, con una McLaren letteralmente sparita in gara dopo l’ottima quarta fila ottenuta nelle qualifiche, e Giovinazzi, vittima di un pit-stop degno di uno sketch di Benny Hill, con un team Alfa Romeo che sembra allo sbando dopo il ritorno di Resta alla Ferrari.

Ancora una volta non pervenute le Haas, con Magnussen e Grosjean relegat al ruolo di ostacoli mobili facendo compagnia, in questo alle Williams.

Prossima tappa ad Austin fra una sola settimana. Le magliette commemorative per il sesto titolo di Lewis erano già pronte nei bagagli del team Mercedes, ora verranno spedite in Texas dove di sicuro verranno indossate a fine gara.

E, dopo la cronaca, qualche altro spunto di discussione interessante:

  1. Ormai è certo che la SF90 possa combattere ad armi pari con la W10 su qualsiasi circuito. Ma anche oggi il team Ferrari si è dimostrato leggermente inferiore a quello Mercedes. Non ci sono stati errori dei piloti, come nelle gare scorse, ma qualche piccola sbavatura nella gestione dei pit-stop e delle strategie sì, e ha fatto la differenza. Per potere combattere per il mondiale c’è ancora molto da lavorare su quel  fronte.
  2. Ancora una volta abbiamo visto piloti più veloci arrivare dietro ad avversari più lenti ma essere costretti a mantenere una distanza di almeno 2 sec. Leclerc stesso ha dichiarato che quando arrivava a 2-3 secondi dalla macchina davanti, le temperature salivano e le gomme si surriscaldavano. Visto che, a quanto pare, le macchine del 2021 non saranno tanto diverse da quelle del 2020 (così vogliono i team), evidentemente questo problema resterà ancora a lungo.
  3. Il teatrino delle qualifiche è stato squallido. Tre ore per stabilire che Verstappen se ne era fregato della bandiera gialla fanno pensare che non ci fosse alcuna intenzione di penalizzarlo, nonostante l’evidenza. Non è un esempio di coerenza da parte di chi governa la F1, ma, l’abbiamo detto più volte, la coerenza non è un requisito necessario in quel mondo.
  4. Fortunatamente i padroni del vapore sono rinsaviti, e quindi niente qualification race nel 2020.
  5. La storia del ripartitore di frenata illegale della Renault è passata un po’ sotto silenzio, ma avrebbe meritato maggiore attenzione perchè, se è vero che l’avevano montato fin dall’inizio dell’anno, ed è vera anche la descrizione che ne è stata fatta, si trattava di una violazione del regolamento non molto diversa, come gravità, a quella che costò l’esclusione dal campionato alla Tyrrell nel 1984. Guarda caso, la sanzione molto leggera è arrivata nella stessa settimana in cui la nuova dirigenza del gruppo francese ha fatto sapere che rivedrà tutti gli impegni sportivi. A pensar male, in F1, ci si prende sempre.
  6. Oggi Kubica si è tolto la soddisfazione di lottare col compagno e di superarlo inquadrato dalle telecamere. E’ un episodio allo stesso tempo insignificante e straordinario, perchè bisogna sempre tenere conto del percorso che ha fatto Robert per arrivare fino a lì. Peccato non poterlo vedere su una macchina competitiva a combattere anche con altre avversari ad armi pari.

Immagine in evidenza dal profilo Twitter @MercedesAMGF1

Hamilton raggiunge Fangio, Verstappen come Speedy Gonzales

Era già tutto previsto. Forse da molto tempo. Ma vedere il nome di Lewis di fianco a quello di Fangio fa comunque un certo effetto. Perchè ora davanti ne è rimasto soltanto uno.  E, come spesso è successo nella storia della Formula 1, il futuro predestinato alla rincorsa del record è già presente.

In Messico abbiamo visto il presente e il futuro della Formula 1, in un quasi-remake del gran premio dello scorso anno. Nello stesso luogo, Verstappen vince la corsa dominando, e Hamilton vince il campionato del mondo, il suo quinto, uguagliando, come detto, Juan Manuel Fangio. E portandosi a due lunghezze da Michael Schumacher.

Le qualifiche avevano confermato che quella di Città del Messico è una pista Red Bull. Ricciardo soffia la pole a Verstappen, che aveva dominato tutte le sessioni di prova fino a quel momento, lasciando interdetto Marko. Dietro di loro Hamilton e Vettel, con i primi 4 comunque molto vicini.

Si prospetta una partenza da brividi, ma Ricciardo sbaglia completamente lo start, e sia Hamilton che Vettel hanno le loro buone ragioni per cercare di stare fuori dai guai. E così Verstappen può passare tranquillamente in testa, davanti ad Hamilton, Ricciardo e Vettel che vince una breve lotta con Bottas.

Ma le Pirelli durano solo una decina di giri, poi il graining ha la meglio sulle strategie pianificate costringendo Red Bull e Mercedes ad un cambio un po’ anticipato per montare la gomma super soft. Le Ferrari riescono a ritardare il pit-stop di qualche giro, quanto basta per consentire a Raikkonen di far perdere un po’ di tempo ad Hamilton il quale, una volta liberatosi del finlandese, si ritrova a 9 secondi da Verstappen, un distacco quasi doppio rispetto a quello che aveva prima della sosta.

Ma anche con la gomma un po’ più dura, il graining non sparisce, e l’unico che non sembra soffrirne troppo è Verstappen, che mantiene la sua leadership con tranquillità aumentando il suo vantaggio su Hamilton che tiene tranquillamente a bada Ricciardo il quale a sua volta è incalzato da Vettel, che riesce a superarlo a circa metà gara, complice la presenza di alcuni doppiati.

E qualche giro dopo il tedesco ha la meglio anche su Hamilton, il quale molto intelligentemente non prova nemmeno a reagire. Non gli serve, gli basta arrivare settimo per vincere matematicamente il titolo.

Con la pista libera davanti, e gomme di qualche giro più fresche, Vettel inizia a volare inanellando giri più veloci. Ma Verstappen è distante ben 13 secondi. Hamilton, sempre più in difficoltà con le gomme, inizia a lamentarsi per radio, e Ricciardo, che nel frattempo sembra essersi liberato del graining, lo raggiunge e lo supera grazie ad un errore di Lewis. Che si ferma immediatamente per montare gomme ultrasoft. E lo stesso fa Vettel, che tenta quindi la carta della sorpresa. La Red Bull copre subito questa strategia facendo fermare Verstappen.

Ma il tedesco della Ferrari si ritrova nuovamente dietro a Ricciardo, il quale con gomme più vecchie gira su ottimi tempi, e superarlo non sembra cosa facile. Gli viene in aiuto la proverbiale obsolescenza programmata Red Bull, che fa fermare l’australiano a pochi giri dalla fine, quando sembrava avviato verso un comunque ottimo secondo posto.

A quel punto però Verstappen è troppo lontano per Seb, e va a vincere indisturbato il suo secondo GP del Messico di fila, davanti alle due Ferrari (terzo un Raikkonen invisibile e sornione per tutto il GP) e ad Hamilton, ad un passo dall’essere doppiato. Il quarto posto gli vale però il titolo mondiale. Quinto, doppiato, arriva un inesistente Bottas, lo seguono a 2 giri Hulkenberg, Leclerc, Vandoorne con una stranamente “competitiva” McLaren, Ericsson e Gasly, che prende l’ultimo punto disponibile grazie soprattutto ai problemi altrui. Poca gloria, stranamente, per Force India e Haas, e molto meno stranamente, per la Williams.

E’ il momento di celebrare il quinto titolo di Hamilton. Ma qualsiasi parola sarebbe superflua, è sufficiente ripensare a come ha corso tutto il campionato, due spanne sopra il diretto rivale, non quando la sua Mercedes è stata molto più forte della Ferrari (e ci sono state alcune occasioni in cui lo è stata), ma, soprattutto, quando non lo era, perchè ha sempre portato a casa la vittoria. Ed è questo che distingue quelli che di mondiali ne vincono più di uno da quelli che ne vincono uno solo. Verrebbe da dire che quest’anno abbiamo visto, dall’altra parte, l’eccezione a questa regola, ma c’è, forse, qualcosa che sfugge. E che magari capiremo fra qualche tempo.

A questo punto mancano solo due gare, e la Ferrari è teoricamente ancora in corsa per il mondiale costruttori. E, visto lo stato di forma della Mercedes nelle ultime due gare, non è vietato sperare. Due vittorie non sarebbero magari sufficienti, ma di sicuro risolleverebbero il morale, e ora a Maranello ne hanno parecchio bisogno.

P.S. da quando la Mercedes ha chiuso i fori nei cerchi e nei mozzi, non è stata più in grado di vincere, patendo grosse difficoltà con le gomme. E’ di sicuro un caso, così come lo fu il fatto che la Ferrari smise di volare quando la FIA montò il secondo sensore. Lo stesso tipo di caso che porta Ricciardo a ritirarsi 8-9 volte più del compagno. La storia della F1 è piena di questo tipo di “casi”, quindi niente di nuovo, basta godersi lo spettacolo, sempre e comunque.

Hamilton eguaglia Prost e Vettel, Verstappen domina in Messico

Un quinto posto. Questo bastava a Lewis per vincere matematicamente il mondiale. Nessuno, ovviamente, credeva ad un ribaltamento della situazione. Nemmeno di fronte alla strepitosa pole di Vettel ieri. Un Vettel sereno come non mai, forse grazie proprio al fatto di essersi tolto di dosso il peso della corsa mondiale. Anche perchè Lewis sembrava decisamente essere entrato nel mood di chi vuole archiviare la pratica prima possibile.

Ma la gara è un’altra cosa,  e quando si spalanca una porta, e ci si chiama Lewis Hamilton, bisogna entrarci. E quando ci si chiama Sebastian Vettel, e si vede un missile blu col numero 33 stampato sopra arrivare dallo specchietto sinistro, si perde la testa.

Si spengono i semafori e come a Singapore Verstappen parte col coltello fra i denti, così come Hamilton dietro. Il povero Seb ancora una volta si trova il suo incubo di fianco, il quale ovviamente non toglie il piede dal gas, ma nella seconda curva a sinistra gli rallenta pure davanti, permettendo ad Hamilton di passarlo sulla sinistra. Il buon Seb a quel punto prima tocca Max e poi Lewis bucandogli una gomma e danneggiando l’ala anteriore nella parte sinistra. Tutto regolare per il race control, e i primi due del mondiale sono così relegati in fondo, con Hamilton costretto ad un lunghissimo giro di rientro su 3 ruote.

In quel momento la gara è praticamente finita. Max se ne è andato indisturbato, con il solo Bottas in grado di stargli abbastanza vicino, e tutti gli altri, a partire da un dormiente Raikkonen, a beccarsi mediamente un secondo al giro.

Vettel è riuscito a rimontare fino alla quarta posizione, con sorpassi decisi e dimostrando che ne avrebbe avuto abbastanza per giocarsi la vittoria con Verstappen, se solo avesse imparato a sopravvivere alla prima curva. Un risultato comunque insufficiente per mantenere il campionato aperto pur essendo Hamilton arrivato al nono posto, doppiato. E c’è da credere che questo gli abbia un po’ rovinato la festa, perchè un titolo mondiale vinto senza arrivare a podio lascia ad uno come lui un po’ di amaro in bocca. Ma per gli albi d’oro questo non conta, e il numeratore è arrivato a quattro, come Prost e Vettel, e ora davanti ci sono solo Fangio e Schumacher.

Il dominio di oggi di Verstappen apre molti interrogativi per il futuro. Da Monza in poi la Red Bull sembrava già avere colmato il gap con la Ferrari, ma oggi era decisamente più competitiva anche della Mercedes. Nel week-end ha cominciato a girare nel paddock, sempre più insistente, la voce che avessero rimontato le sospensioni idrauliche vietate ad inizio anno dopo la protesta Ferrari. A volere pensare male si può dire che, migrato alla Renault il capo dei tecnici FIA, Marcin Budkowsky, la Red Bull si sia sentita libera (o sia stata lasciata libera), di rimontare il sistema. Vedremo come reagiranno gli avversari, certo è che se questo stato di forma Verstappen e la sua auto l’avessero avuta dall’inizio dell’anno, avremmo visto tutto un altro campionato.

Come anticipato, dietro a Verstappen sono arrivati i due scudieri finlandesi. Un podio insipido per entrambi, giunto alla fine di una gara incolore, considerato le macchine che guidano. Peggio Kimi di Bottas, per la verità. Dopo una partenza bruttissima ha sempre veleggiato ad una trentina di secondi da Max. Ci si può continuare tranquillamente a chiedere che tipo di contributo possa dare un pilota con questo rendimento ad una eventuale vittoria del campionato mondiale costruttori nel 2018, per non parlare di quello piloti. Ma sappiamo che basterà un buon risultato, una pole o una vittoria, maturata su uno dei suoi circuiti preferiti, per rialzare le sue quotazioni e sentir parlare di un rinnovo anche per gli anni successivi. In barba alla regola, logica, secondo la quale un competitor forte alza l’asticella anche per la prima guida.

Ricciardo docet, ma questo week-end per l’australiano è stato oltremodo amaro, con una qualifica incolore, una penalità presa per un cambio di motore e un ritiro dopo soli 3 giri per rottura del turbo. Grosse nubi si addensano sul suo futuro in Red Bull, e a questo punto si apre una grossa opportunità per Mercedes e Ferrari per averlo in squadra, sempre che le attuali prime guide siano d’accordo, e su questo ci sono ovviamente molti dubbi.

Dietro ai primi quattro troviamo il solito grande Ocon, quinto, un ottimo Stroll e il campione di casa Perez. Poi Magnussen con una Haas che ha saputo ribaltare un week-end che pareva stregato, il già citato Lewis e uno scatenato Alonso, con un motore Honda che in altura pare avere trovato un ambiente favorevole. Ritirate le due Renault, che ad inizio gara erano quarta e quinta. Da notare che su 6 motori Renault, solo 2 hanno tenuto fino alla fine, quello di Max e quello di Gasly arrivato doppiato. Nando può già cominciare a preoccuparsi.

Con i due titoli già assegnati, le ultime due prove del mondiale serviranno soprattutto alla Ferrari per cercare di tornare a sorridere e cambiare un po’ le sorti di una seconda parte della stagione disastrosa fra problemi tecnici e scontri con Verstappen. Una vittoria farebbe sicuramente molto bene al morale, in vista di un 2018 che si preannuncia realmente una lotta a 3, con una Red Bull tornata in grande spolvero da un punto di vista tecnico e tutte le forze concentrate su un pilota fortissimo che ha già fatto capire agli avversari che lui non si sposta in nessuna situazione. Ma è presto per parlarne, ora aspettiamo Interlagos che ci riserva sempre gare divertenti.