UN CAMPIONE 15 ANNI DOPO E IL GATTO CHE GIOCA CON IL TOPO.

  • LORENZO DALLA PORTA è CAMPIONE DEL MONDO MOTO 3!!!

Doveroso il tributo immediato al portacolori Italiano, che riesce a portare a casa il titolo iridato 2019. Una stagione che non lo vedeva favorito dal pronostico, seppur in sella alla moto e team fra i migliori assoluti della categoria. Una stagione che lo ha visto perdere più volte i duelli per la vittoria nell’ultimo giro, con le prime gare un pò opache, per la prestazione che poteva avere, mentre Canet otteneva risultati più costanti nelle prime posizioni.

Dalla Francia, però è uscito il Dalla Porta davvero tosto, con un filotto di secondi posti e la vittoria in Germania, che lo ha posto definitivamente al comando della classe. Canet ha cercato di fare il massimizzatore di risultati, ma dopo la vittoria a Brno, è iniziato il declino, con 4 ritiri e due volte oltre la decima posizione, interrotto solo dal dominio di Aragon.

Sarebbe stato più bello che il duello fra i due si fosse corso fino a Valencia, entrambi meritavano di giocarsela a pieno, ma nel finale di stagione, la Honda di Leopard ne aveva di più della KTM del team di Biaggi, portando lo Spagnolo a dover osare di più, spingendolo ad errori come quello di oggi.

Applaudiamo quindi ancora una volta il nostro Lorenzo Dalla Porta, per aver saputo portare a casa il titolo, in una delle stagioni più incerte ed equilibrate, che per ora ha visto vincere ben 10 piloti diversi in 17 gare.

L’ultimo Italiano ad aver vinto nella serie più piccola, al tempo 125, fu Andrea Dovizioso, esattamente 15 anni fa.

  • IL GATTO CHE GIOCA CON IL TOPO

Marquez ancora una volta ha giocato in suo stile con uno Yamahista, caduto nel suo tranello. Il solito binomio Honda/Marquez ne aveva nettamente di più, tanto da mettersi per l’ennesima volta dietro a una Yamaha, chiudendo il gas quando poteva comodamente balzargli davanti in un qualsiasi momento.

Come Quartararo, pure Vinales si è fatto fregare, solo che di peggio, ci ha messo un tentativo di rispondere a Marquez con un tentativo disperato, finendo per lanciare la moto in ghiaia.

A Maverik e Fabio, bisogna sperare che Marquez non lo batti sfiancandolo sulla prestazione, ma giocando sulla pressione psicologica, come ha fatto Dovizioso a Zeltweg o ancora meglio Rins a Silverstone, che ha servito al 93 lo stesso gioche che fa lui con gli altri.

Detto questo, continuo a battere sul fatto che ormai sto binomio ha dimostrato tutto, un livello di poter giocare con i rivali, pari a quel che faceva Rossi nel 2002/2003, portandolo a non divertirsi più e con la stampa e il paddock che chiedeva un cambio di moto.

Premetto che non sminuisco minimamente il valore del pilota, non stai li solo per la moto, devi essere pure tu di talento, però sarebbe bello vederlo lanciarsi in una nuova scommessa, che renda più imprevedibile l’esito finale della stagione, perchè per il 2020 è difficile non pronosticare il suo NONO titolo mondiale, stante questi i livelli delle forze in campo.

  • TRIPLE CROWN

In QATAR Domenicali disse; “Bene, ora che ci battano in pista”

Mondiale piloti – Mondiale Marche – Mondiale Team per il team HRC, mi sa che se la sono legata al dito, sia loro che Marquez, compiendo qualcosa d’incredibile con praticamente un solo pilota.

  • IL RESTO DEL GRUPPO

Tolti i due che si lottavano la vittoria, abbiamo un Crutchlow che ha fatto davvero una buonissima gara a tratti li con i due, finendo per ottenere un buonissimo secondo posto.

Dietro di lui, una gara alla moto3 style, con i piloti a passarsi e ripassarsi, non capendo che potesse spuntarla fra Miller, Bagnaia, Mir, Rins, Iannone, Espargarò e Rossi.

Rossi incredibile, parte a razzo, quasi incredibile e fa subito due giri alla ricerca dela fuga, ma dal terzo giro inizia a subire un sorpasso dopo l’altro, arriva decimo e poi inizia a rimontare. Si porta quarto e poi risprofonda, indecifrabile ed escono sempre più i dubbi se sia il caso di continuare a correre in MotoGP…

Miller tostissimo fa terzo a casa sua, ma è bellissimo vedere finalmente Bagnaia la davanti, come se avesse finalmente risolto i suoi problemi con la D16, speriamo sia l’inizio di un buon filotto di bei risultati. Dovi dietro i due clienti, come solita dimostrazione che l’Australia non ha un bel rapporto con lui.

Le Aprilia belle convincenti per una volta, anche loro stan mostrando chiari segni di miglioramento, che in ottica di una rivoluzione della moto per il 2020, può solo che far ben sperare.

Suzuki, una gara onesta con entrambi i piloti.

Fortuna che nel botto del pronti via, non ci sono state conseguenze fisiche ne per Quartararo che per Petrucci.

  • Lorenzo e Zarco?

Lungi da me dal smettere di credere in JL99 e le ammissioni dei vertici di Honda di aver sbagliato tecnicamente con lui, son segno che ci credano ancora nello Spagnolo, tuttavia, mi sa che gli stan dando una Honda Moto3, se la colpa non è anche nel pilota. Ormai il tempo del recupero fisico c’è stato, mi sa che manca uno sblocco mentale per Lorenzo.

Zarco, al debutto su Honda fa una gara molto incolore nelle retrovie, ed è troppo poco rispondere dicendo; “beh, almeno ha fatto meglio di Lorenzo…” attendiamo la prossima corsa.

  • Moto2

Riuscirà Marquez Jr. a buttare via il titolo iridato? Pareva solo una formalità, ma gara dopo gara, pare che qualche spettro stia affollando la sua mente e non gli permetta di essere il pilota di stare la davanti, dove dovrebbe.

A Sepang avrà il primo vero match point, visto il vantaggio su Luthi di 28 punti.

Marini e Bezzecchi ringraziano Lecuona , autore di una staccata folle, e gli attribusicono il titolo della minchiata del gp. Un vero peccato veder fuori da subito due che potevano giocarsela.

Vince la corsa Binder, davanti a un Martin che sta iniziando a essere uno tosto per la categoria Moto2, mi sa che il prossimo anno sarà quello maggiormente favorito nella corsa al titolo.

Chiude il podio Luthi, con Marquez solamente ottavo.

  • Moto3 

La solita collezione di mille sorpassi, e mille cadute, che però vedono trionfare Dalla Porta davanti al compagno Ramirez e un sempre a podio Arenas.

Mi par d’aver detto quasi tutto, ma ora…

Saluti

DAVIDE_QV

 

2019 WSBK – ROUND DEL QATAR

Titoli di coda per il mondiale 2019 della superbike, giunto sulla pista di Losail per le gare in notturna che si svolgeranno in maniera inconsueta nella giornata di venerdì e sabato.

Ultimi incroci di traiettorie per l’assegnazione del titolo costruttori ancora in ballo tra Kawasaki e Ducati. Il vantaggio per i giapponesi è di 37 punti, in pratica una gara e mezzo e quindi piuttosto rassicurante anche a fronte di una parziale controprestazione.

Il tracciato del Qatar non è il più congeniale per la verdona ma abbiamo visto che ormai il team ufficiale è pronto a porre rimedio anche alle situazioni tecniche più difficoltose.

Ottima occasione quindi per Ducati, sia per Bautista di chiudere l’anno vincendo che è sempre un bel bonus (e per intascarsi quello più tangibile dei premi in caso di vittoria), sia per Davies che sulla V4 correrà anche l’anno prossimo e qui ha già vinto in passato.

Per il resto ormai la stagione ha già detto praticamente tutto e anche gli ultimi tasselli dei piloti ancora non “accasati” stanno andando a posto. Ultimo in ordine temporale l’arrivo di Leon Camier sulla V4 Panigale del team Barni al posto di Rinaldi. Il passaggio da Honda a Ducati sarà impegnativo per l’inglese ma fare peggio della stagione appena corsa in sella alla Honda è difficile.

Anche In GRT Yamaha facce nuove con la line-up del 2020 composta da Federico Caricasulo e Garrett Gerloff. Il primo si sta ancora giocando il titolo nelle supersport 600 mentre il secondo è un 24enne texano che si è fatto valere nel MotoAmerica Superbike, dove ha dominato l’ultima parte di stagione con quattro successi e che ha avuto il traino di Ben Spies.

Ormai, in attesa delle ultime tre gare di stagione, lo sguardo è già ricolto al futuro con due team che stanno già mettendo carne al fuoco in ottica 2020.

Uno è Ducati con Scott Redding, fresco campione del British superbike, che è già in pista a Valencia per il primo approccio alla V$ in versione WSBK. Redding dovrà soprattutto abituarsi ad un ruolo dell’elettronica molto più marcato rispetto alla moto guidata quest’anno e inoltre dovrà iniziare fin da subito a capire cosa non va e che indicazioni dare ai tecnici per migliorare la moto in staccata e percorrenza di curva.

immagine da tuttomotoriweb.com

Avendo un trascorso da pilota MotoGP dovrebbe incontrare più o meno le stesse difficoltà di Bautista, al netto del diverso stile di guida. Di sicuro la scelta Ducati è stata molto coraggiosa, cambiare un pilota vincente con uno di talento ma che è un pò un salto nel buio e considerando che l’obbiettivo è affondare la corazzata Kawasaki-Rea. In bocca al lupo!

Anche Honda sta tenendo fede ai propositi di rivincita testando la nuova CBR a Suzuka. Moto con livrea camouflage e pilota “anonimo” rappresentano il primo vero debutto della nuova Fireblade, in attesa della presentazione ufficiale all’EICMA di Milano i primi di Novembre.

immagine da moto.it

Si può già dire che la nuova moto avrà il 4 cilindri in linea a fasatura variabile. Molte le “chicche” prese dall’esperienza moto GP come le alette, un telaio a doppio trave di alluminio e nuovo forcellone. Insomma, l’arma totale per riportare il mondiale ad Hamamatsu è pronta per dare grattacapi ai suoi avversari.

In tutto ciò, la Kawasaki cosa fa? Indiscrezioni sembrano suggerire che anche la casa di Minato stia pensando ad un profondo aggiornamento della ZX-10R, in primis dal punto di vista motoristico cercando di incrementare i poco più 200CV al momento a disposizione e mettersi in pari con la potenza del V4 Ducati.

Intanto godiamoci le ultime gare della stagione 2019 e speriamo di avere un campionato ben più combattuto nel 2020.

*immagine in evidenza da pirelli.com

Rocco Alessandro

F1 2019 MEXICAN GP: AN INTRODUCTION

Il GP del Messico e Lewis Hamilton, non c’è due senza tre?

Come già nel 2017 e nel 2018, Hamilton potrebbe diventare campione del mondo per la sesta volta in totale e per la terza di volta di fila nel tracciato di Città del Messico. In un Gp che non lo ha mai visto vittorioso quando ha vinto il mondiale e con l’unica vittoria del 2016 quando il mondiale lo ha vinto il compagno di squadra.

Quest’anno però il lieto evento (per lui) è un po’ più complicato del previsto dati diversi fattori. In primis, e come già abbondantemente dichiarato da Hamilton medesimo, la Ferrari è la grande favorita del GP, con Hamilton che si è detto “senza speranze di vittoria”.

Considerando il pezzo di leghe speciali e carbonio che ha sotto le terga, questa dichiarazione suona molto scaramantica ma in effetti è vero che, nell’aria rarefatta di Città del Messico e i lunghi rettilinei del Hermanos Rodríguez, la rossa ha un bel jolly da giocare.

immagine da genovawhatson.it

Così grande che anche il solitamente pacato e attendista Binotto si è sentito in dovere di dire che puntano alla pole e vittoria. Gli fa il paio Vettel che vede molto bene la SF90H nell’aria rarefatta, mentre Leclerc fa lo gnorri affermando che è uno dei circuiti che conosce meno…

Al gioco dello “scansati tu che mi scanso anche io” ha partecipato anche Verstappen, uno che in Messico ci ha vinto e bene nel 2018 e 2017, che si è detto pessimista sulle possibilità di tornare a vincere negli ultimi appuntamenti del mondiale 2019.

Insomma sembra tutto apparecchiato per una bella festa in salsa emiliana, il che è in pratica una ricetta per il disastro visto le gare come quella di Sochi perse dalla Scuderia quando sembrava in pratica un rigore a porta vuota.

Tutto ciò premesso, a Lewis mancano 11 punti per diventare campione e considerando che sarà dura per lui vincere in Messico, dovrà sperare in una gara disastrosa da parte di Bottas. Chissà, in Mercedes magari prevedono un pit stop “di sicurezza” come fatto per Hamilton in Giappone e tutti felici e contenti.

Curiosamente, la viglia di questo Gp è stata allietata da una serie di dichiarazioni quanto meno curiose che non possono non meritare un commento:

  • Button ha affermato che Verstappen è “il pilota più veloce ad aver mai guidato una monoposto di F1”. Ora, traduzione dall’inglese errata a parte, mi sembra una dichiarazione davvero poco lucida da parte dell’inglese. Che magari punti al sedile di Albon con Verstappen che mette una buona parola con Herr Marko?! In compenso per lui non ha senso “confrontare Hamilton con i grandi piloti del passato, sono epoche diverse e sport diversi”. Mah…
  • AutoBild, che molti malignamente pensano sia l’ufficio stampa di Toto Wolff quando gli girano le balle, ha lanciato accuse molto pesanti, uno “scandalo” su  una “presunta” irregolarità della PU Ferrari. Un dirigente di un team concorrente che vuole rimanere anonimo (sic…) avrebbe dichiarato che in un campo come quello delle PU in cui la tecnologia è molto sviluppata e livellata, le prestazioni della PU di Maranello sarebbero per forza ottenute con metodi non legali, che la FIA sa tutto e non dice nulla per timore di uno scandalo enorme. Ora, è vero che i team concorrenti della Ferrari hanno chiesto un chiarimento alla FIA in merito alla PU Ferrari e all’utilizzo di olio in maniera illegale, ma un articolo del genere, fondato su una dichiarazione di una “fonte anonima” sembra essere fatto apposta solo per fare “ammuina”, come si dice a Napoli. Anche nel 2018 con le batterie della PU Ferrari sembrava dovesse scoppiare uno scandalo e invece…
  • Magnussen dichiara di meritare un posto in una squadra di vertice. Beh, deve aver fatto festa con Button in settimana.
  • Hamilton ha lanciato sui social l’appello ad abbracciare il veganismo, “per salvare il pianeta”. Alonso ha ribattuto dicendo che è fondamentalmente incoerente detto da una persona che prende 200 aerei all’anno, è ricco e fa di lavoro il pilota di automobili. Probabile che questo resti il confronto più difficile per Hamilton nella stagione 2019…
  • Per non farsi mancare nulla il praticamente esa-campeon ha anche dichiarato che “avrebbe voluto Senna come compagno di squadra”. Sono ragionevolmente sicuro che, considerando come il paulista trattava i suoi compagni di team, non lo avrebbe eletto a suo pilota preferito, proprio no.
  • Leclerc apprezza le doti di leadership di Binotto e in particolare al sua “serenità”. Probabilmente si riferiva alla serenità di avere Nicolas Todt che veglia su di lui…

Dal punto di vista tecnico il tracciato è critico per quanto riguarda il carico aerodinamico carente, da ricercare attraverso configurazioni tipo Montecarlo, il rischio di avere una vettura piuttosto imprevedibile, raffreddamento dei freni e della PU problematiche e la componente elettrica della PU che assume maggiore importanza di quella termica.

Pirelli ha scelto di portare le mescole C2 hard , C3 medium e C4 soft. uno step più duro rispetto al 2018 per evitare graining e consentire ai piloti di spingere maggiormente durante la gara.

immagine da press.pirelli.com

Red Bull punta molto sulle C4 a differenze degli altri due top team, con Bottas unico a scegliere 2 set di C2 tra i piloti “top”. I team di seconda fascia invece maggiormente sbilanciati sulle mescole C4.

Al di là delle dichiarazioni di facciata, non darei per spacciata la Red Bull nella lotta per la vittoria. E’ vero che arrivano da due GP piuttosto deludenti ma la PU Honda potrebbe rivelarsi più competitiva del previsto, contando su una parte ibrida che gli addetti ai lavori dicono sia a livello delle concorrenti.

Per il resto molto, se non tutto, sembra essere nelle mani della Ferrari, che dovrà dimostrare di avere la freddezza e bravura necessaria di vincere quando tutti se lo aspettano.

Non sarei sereno al 100% nei panni di Vettel, che a Città del Messico potrebbe avere a che fare con una monoposto “imprevedibile”, dato il carico aerodinamico carente dovuto all’aria rarefatta. Per un pilota che quest’anno fatica a digerire al SF90H e il suo retrotreno “ballerino” potrebbe essere un ulteriore problema.

Per contro vedo un Leclerc molto favorito. Il conoscere “poco” la pista è una scusa risibile, ha una grande occasione di portare a casa la terza vittoria stagionale, considerando che ha marcato 4 delle ultime 6 pole consecutive Ferrari.

Hamilton ci proverà, con un occhio al campionato che comunque difficilemente chiuderà matematicamente, considerati gli 11 punti in più che dovrebbe accumulare rispetto a Bottas.

immagine da racefans.net

Tra gli altri occasione ghiotta per l’Alfa-Sauber, che potrà avvalersi della potenza della PU Ferrari. Renault potrebbe sfruttare lo scarso drag della sua vettura ma la PU Renault è un’incognita, e lo stesso  discorso vale per McLaren.

Secondo Wolff la PU Mercedes soffrirà molto a causa delle difficoltà di raffreddamento che incontreranno. Il “mani-avantismo” del manager austriaco è ormai proverbiale ma forse questa volta c’è più verità e meno prudenza.

Alla fin fine, quello che conterà di più saranno al solito la gestione delle gomme, in un tracciato in cui è facile non avere grip e scivolare andando a comprometterne efficienza e durata.

P.S: notizia dell’ultim’ora la squalifica di entrambe le Renault nel GP del Giappone a causa dell’utilizzo del ripartitore automatico di frenata che regolava in maniera autonoma il corretto settaggio per ogni punto della pista grazie al GPS, senza che i piloti dovessero manualmente intervenire sul manettino posto sul volante. E’ stato ritenuto un “ausilio alla guida illegale”, la “. La stagione della Renault assomiglia sempre più alla farsa, ormai staccatissimi dal quarto posto del mondiale costruttori della McLaren e insidiata dalla Racing Point.

*immagine in evidenza da sportfair.it

Rocco Alessandro

 

 

MotoGp 2019- Australian Grand Prix Philip Island

Weekend australiano secondo appuntamento del trittico all’altro capo del mondo con tutti i titoli della classe regina già assegnati.
Philip Island è il bel circuito del globo terracqueo per tracciato, atmosfera, scenografia. Si corre in faccia al mare tra prati scogli e gabbiani…
Da motociclista praticante (a livello amatoriale) ho avuto la fortuna di mettere le ruote su tante piste togliendomi lo sfizio di vedere fior fior di circuiti da dentro il mio casco e non quello di un on board camera. Philip Island resterà per sempre un rimpianto.
Un tracciato dove la moto sta dritta solo sul rettilineo di partenza che si percorre guardando l’asfalto che si congiunge con il mare regalandoti la sensazione di potertici tuffare dentro con tutta la tuta. La pista riappare all’improvviso sotto forma di un discesone per la prima piega verso destra (Curva Doohan)… poi una eterna sinistra dalla quale vieni sparato fuori in un finto rettilineo con un’altra piega a sinistra da piloti veri (guarda caso intitolata a Stoner..). Ma mi fermo qui dopo 3 curve, perchè l’estasi sarebbe talmente grande da farmi arrivare lungo alla staccata della curva Honda.

Con gerarchie ampiamente consolidate i favoriti restano sempre gli stessi. Immaginare un Marquez che voglia far polpette di tutti gli altri è quanto di più normale si possa fare. Le Yamaha saranno nuovamente molto competitive seppur la vittoria di Quartararo resta difficile. Dibattendo con un utente di Twitter ho avuto lo spunto di riflettere su quanti piloti abbiano vinto una gara su Yamaha in epoca MotoGp: Biaggi, Rossi, Lorenzo, Spies e Vinales. Tutti con il comun denominatore di avere guidato per il team Factory e non clienti (grazie Frankie29): una vittoria del francese che parla spagnolo con il cognome italiano sarebbe davvero un impresa ma resta storicamente difficile.

Ducati è stata dominante sull’isola di Filippo per tanti anni, esattamente fino a quando ha potuto contare sulla centralina #27 di produzione australiana che controllava la manopola del gas. Una volta perso l’uso di tale centralina è stato il deserto con soltanto due terzi posti all’attivo nell’ultimo decennio, quindi consiglierei ai ducatisti di non farsi troppe illusioni.
E parlando di Ducati mi sovviene l’unico tema tecnico sul quale vale la pena fare una riflessione in ottica gara. Quest’anno le Michelin sono cambiate e consentono di forzare molto di più il ritmo rispetto agli anni scorsi in cui Dovizioso era bravo ad eccellere nella gestione della gara conservando una riserva per il finale rispetto agli altri. Da quest’anno non è più esattamente così ed i nodi sono arrivati al pettine: bisogna tirare a bestia sin da subito come Marc sa fare divinamente, mettendosi nelle condizioni di non essere più raggiunti anche se vittime di un lieve calo nel finale esattamente come accaduto a Motegi. Con il senno di poi Dovizioso avrebbe dovuto osare molto prima per poter stare vicino ai due fuggitivi e tentare il colpo nel finale. Ma non riesce più a farlo, forse perché gli mancano quei due decimi di velocità pura che appartengono ad altri. Gli stessi decimi che Vinales perde regolarmente nei primi giri di gara e che poi non riesce più a recuperare. Jorge è sempre stato un maestro delle partenze a bomba…chissà cosa avrebbe fatto fosse rimasto dove era giusto restasse…

Finale di stagione in calando per le Suzuki e per Rins, binomio al quale questa pista dovrebbe essere più adatta rispetto ad Austin e Silverstone dove invece hanno vinto.
Ma il leit motive delle ultime tre gare sarà il ritorno di Zarco. Rientrando si è posto un obiettivo più raggiungibile: adesso non dovrà essere il primo delle Ktm ma gli basterà essere il penultimo delle Honda davanti a Lorenzo!! Dovrà però essere in grado di mettersi dietro tutte le moto austriache per giustificare l’abbandono del tanto auspicato team ufficiale che ruotava intorno a lui…. non la vedo facile.

Moto2.
Marquez appare in difficoltà dopo aver dominato per una lunga fase centrale di questo campionato. I suoi avversari sono riusciti a trovare quella messa a punto ideale con il gommone posteriore che lui aveva centrato prima di tutti: adesso le gare sono diventate più complicate. Quel cagnaccio di Luthi è distante ma non abbastanza da fargli dormire sonni tranquilli: basta un passo falso, una scivolata causata da un altro pilota che lo coinvolge, un piccolo dettaglio per rimettere in gioco lo svizzero che non sarà un fenomeno ma è sempre regolare e puntuale come le tasse. Ottimo Luca Marini negli ultimi due appuntamenti. Se continuasse su questa strada ripercorrerebbe le orme dei suoi connazionali Morbidelli e Bagnaia che gettarono le basi dei loro titoli mondiali nelle ultime gare dell’anno precedente.
Sarebbe curioso se il fratello di Vale riuscisse a diventar campione battendo nel 2020 il fratello di Marc campione in carica…. Vorrebbe dire che la parte di DNA veloce dei due è quello di Stefania e non quello di Graziano….

Moto3
Dalla Porta è in testa con 47 punti di vantaggio su Canet. Sono quasi due gare di distacco, quindi gli basterà amministrare visto che lo spagnolo e Tony Arbolino si sono autoesclusi dalla lotta per il mondiale. Il campionato più combattuto di tutti ha ormai un padrone che potrebbe prendere la laurea già in Australia facendo solo 4 punti in più del portacolori del team di Max Biaggi. Sulla caduta di quest’ultimo a Motegi ci sarebbe da aprire un discorso tutto a se.
Il maestro delle telecronache concitate è stato il grande Di Pillo, ma non l’ho mai percepito schierato una volta che fosse una: l’ho sempre sentito dispiaciuto di fronte alla scivolata di un pilota, l’ho sempre sentito tifoso di tutti e non di alcuni. Apprezzavo Zoran Filicic e adesso comincio a comprendere perché non faccia più parte di quel gruppo di lavoro.
Speriamo di poter celebrare una vittoria di Lorenzo Dalla Porta in volata su Canet secondo…questo è il modo di festeggiare un mondiale…solo questo.

Buona levataccia a tutti perchè credo che sia proprio la gara dei ragazzini quella più interessante da seguire.
Ricordatevi l’ora legale…o solare…tutti gli anni la stessa storia.

Salvatore Valerioti

Immagine in evidenza tratta dal sito visitvictoria.com

La versione di Seldon: dalla passione, ai fasti, alla crisi. La parabola di un signor inglese (parte I°).

Nell’anno 1969 ci furono alcuni tra i più significativi accadimenti della storia. Alcuni epici ed emozionanti, come lo sbarco dell’uomo sulla Luna, alcuni tristi come la trasmissione dell’ultima puntata di Star Trek negli Stati Uniti….beh, per me sarà triste scoprire anni dopo che era l’ultima….
Sempre nel 1969 però, per parlare di ciò che più ci piace in questo luogo, un pilota di poco talento ma molto intuito fonda una scuderia, la Frank Williams Racinc Cars. Pilota bravo ma non troppo, coraggioso quanto basta, che fonda una scuderia con macchine di altri e che infine comincia a costruire le sue. A parte il socio, un Ferrari d’oltremare qualche decennio dopo. Con diverse e decisamente inferiori fortune fuori dalle piste, ma che in F1…!

L’infanzia.

La scuderia, utilizzando diverse vetture acquistate (dalla Brabham BT26A del ‘69 per finire alla Hesketh 308C del ‘76), non ebbe particolare fortuna o risalto, ed era perennemente in crisi e in cerca di liquidità. Nel 1972, grazie allo sponsor italiano Politoys e alla Motul riuscì a realizzare il sogno di costruire una vettura, la Politoys FX3.

Nel 1973, persi Motul e politoys, Frank trovò ISO Rivolta (un costruttore italiano) e Marlboro, che gli permisero di realizzare e mettere in pista a campionato iniziato la ISO Marlboro IR. Nel 1974 lasciarono anche ISO e Marlboro, e la vettura venne ribattezzata Williams FW, con tre telai a disposizione utilizzati durante la stagione: FW01, FW02 e FW03. Nel 1975 Williams realizzò la FW04, che correrà fino all’inizio del 1976, quando la scuderia verrà acquistata dal petroliere Walter Wolf che assumerà un ruolo preponderante in azienda a scapito di Frank e schiererà una Hesketh 308C per il resto della stagione. (troverete quest’ultima vettura spesso denominata FW05). Durante il 1975 tuttavia Williams riuscì a ripetere con Laffite quel podio che mancava dal 1969 con Courage, il pilota amico di Frank che trovò la morte nel ‘70 a Zandvoort.

Courage iniziò con Frank l’avventura in F1. Si dice fosse molto veloce ed era, fatte le dovute differenze, ciò che Gilles era stato per Ferrari.  La sua morte alzò un muro nella mente di Frank. Analizzando anche superficialmente questi anni ’70 non passa inosservato il fatto (non solo per quanto riguarda Williams), che in F1 partecipavano all’epoca una discreta quantità di sponsor e piloti italiani. E, fatto tecnico significativo, la maggior parte delle vetture inglesi erano motorizzate con il Ford Cosworth DFV V8 3.0 e le vetture inglesi rappresentavano, ora come allora, una quota importante delle vetture in pista.

L’adolescenza.

Nel 1977, Frank Williams e Patrick Head fondano la “Williams GP Engineering”.
L’adolescente scuderia, come ad una prima festa tra coetanei liceali, nel 1977 fece scena muta.
Troppo timida e inesperta la scuderia, con la Williams-March 761 (unica macchina schierata) terminò a zero punti con un settimo posto come miglior risultato. L’anno della svolta fu il 1978. Nel frattempo la scuderia si preparava a ricevere parecchi soldi dagli Arabi. Patrick Head disegnò la FW06, macchina che fu messa in mano ad Alan Jones. Dopo alcuni problemi di affidabilità nella prima parte di stagione, nella seconda parte si comportò decisamente meglio. Ottenne un quarto e un secondo posto che valsero i primi punti mondiali.

Nel 1979 Williams riuscì ad iscrivere due vetture, una sempre per Jones e l’altra affidata a Clay Regazzoni. Ma a causa dell’imporsi dell’effetto suolo, carta vincente della Lotus nel ’78, la stagione iniziata con la vecchia e superata FW06 portò pochi frutti. Dalla nuova FW07 arrivarono presto i risultati, vinse praticamente sempre nella seconda parte di stagione, ma nonostante ciò la Ferrari si piazzò prima nel costruttori e prima e seconda coi piloti. Questo in virtù di un regolamento che voleva il campionato diviso in due parti di 8 gare ciascuno, e il punteggio finale come somma dei 4 migliori piazzamenti per ogni metà di campionato. La Williams era pronta a spiccare il volo!

Il 1980 lo ricordiamo come il primo mondiale vinto dalla Williams e da Jones. La vettura era la FW07B. Essendo italiani lo ricordiamo anche per l’esordio di De Angelis sulla Lotus (mentre in F1 aveva esordito l’anno prima con la Shadow), un pilota con un talento raro e una sfortuna frequente, almeno a quei tempi…Ricordiamo quell’anno anche purtroppo per l’incidente a Clay Regazzoni a Long Beach e per la morte di Depailler durante dei test.

L’unico vero avversario di Jones, più del suo nuovo compagno Carlos Reutemann, fu il giovane Piquet, che sulla Brabham aveva sostituito Lauda. Un anno in cui, il 1980, nelle prime 6 gare vinsero 5 piloti diversi. Jones e la Williams fecero l’accoppiata vincente piloti-costruttori. Frank aveva coronato il suo caparbio, visionario, irriducibile sogno in F1. Chapeau imperituro!

Il 1981 fu un altro duello con Piquet, ma questa volta di Reutemann su una ulteriore evoluzione della FW07. La squadra partì con due doppiette ma Jones vinse solo due gare. In particolare nell’ultima, con Reutemann che partiva in pole con un vantaggio risicato su Piquet e Laffite, Jones scavalcò il compagno e andò a vincere impedendo di fatto all’argentino di vincere il mondiale. Pensate cosa succederebbe se analoga cosa coinvolgesse la coppia Mercedes o quella Ferrari. Dovrebbero costruire un capannone–server per immagazzinare il bigbang di commenti…
La cosa comunque non passò liscia neppure in Williams, Reutemann accusò la squadra di non averlo supportato (ah, quei bei TO che aiutano…..!). Così Frank e socio si dovettero accontentare del titolo costruttori.

Il 1982 vide Patrick Head artefice di una nuova vettura, la FW08. Il tallone d’achille per la Williams come per la Brabham era ormai rappresentato dal DFV Cosworth che non poteva più competere coi motori turbo, specie Renault e Ferrari. Quest’ultima per svilupparlo aveva sacrificato la stagione 1981. Al posto di Alan Jones sedeva sulla Williams Keke Rosberg. Un pilota arcigno e cinico, mai considerato però nel novero dei grandi della F1, almeno non tra i primi. La Ferrari, al contrario della Renault, aveva trovato sia prestazioni che affidabilità, e nel corso di quella stagione si giocava il titolo con una delle coppie più interessanti, Villeneuve e Pironi.

Dopo lo sgarbo di Imola di Didier verso Gilles i due non fecero in tempo a chiarirsi che arrivò la tragedia di Zolder. In seguito anche Pironi, in testa al mondiale con ampio margine, ebbe un incidente che lo fermò in un letto di ospedale per il resto della stagione. Ne approfittò Rosberg che, con una sola vittoria e una serie di piazzamenti, vinse di misura nei confronti di Pironi. Il pilota ad aver vinto un mondiale col minor punteggio di sempre! Il quarto posto nel mondiale costruttori (andato invece alla Ferrari) convinse Frank Williams che l’era degli aspirati era al termine. Si sarebbe rivolto a Honda per la fornitura dei propulsori.

Il 1983 e 1984 furono per la Williams una sorta di limbo. Calo di prestazioni e aumentata competitività degli avversari lasciarono la squadra inglese nel medio regno. 5° nell’83, 6° nell’84. Nell’85 al posto di Laffite arrivò l’inglese Nigel Mansell. Non fu una stagione esaltante, ma finì in crescendo, specie per le prestazioni del motore Honda, arrivando al terzo posto nel costruttori.

La maturità.

Nel 1986 fu ingaggiato al posto di Rosberg il bicampione mondiale Piquet. La FW11 era un’ottima macchina, e sicuramente Frank ne sarebbe stato più contento se nel frattempo non avesse perso l’uso delle gambe in un incidente. Questa cosa lo allontanò dalla pista per tutta la stagione. Mansell si giocò il titolo in Australia quando non rientrò ai box per il cambio e gli esplose la gomma alla fine del GP. Prost vince incredulo il titolo mentre la Williams si accaparra quello costruttori con l’amaro in bocca per una stagione letteralmente dominata ma male amministrata.

Il 1987 si corse sulla falsa riga dell’anno precedente, questa volta Mansell e Piquet si giocarono il titolo con Frank nuovamente presente ai box. La spuntò Piquet anche per un incidente che eliminò Mansell dalle ultime due gare. Un’altra doppietta costruttori-piloti. La storia della scuderia era ormai tracciata…

Nel 1988, l’anno del dominio sconvolgente di McLaren e Senna, della morte di Enzo Ferrari, dell’abbandono dei propulsori sovralimentati…la Williams si trova a sostituire Piquet con Patrese e i motori Honda diventati inaffidabili con gli aspirati Judd V8 (sempre Honda), sempre inaffidabili. Fu un anno di passaggio che vedrà la scuderia cambiare partner motoristico (Renault) e ricominciare la salita…

Quello che più mi fa piacere ricordare di quegli anni, che ho vissuto tutti (a volte intensamente a volte meno) con sereno trasporto verso la mia squadra :-))), è che certe scuderie (come la Williams, e certi piloti (come Mansell e Prost) non erano “nemici”. Erano quei cavalieri del rischio che non trovano eguali nel presente. Troppo più sofferte le imprese di certi costruttori, troppo più faticose le carriere di certi piloti per non essere più amate rispetto a quelle odierne. troppo “uomini” fuori e dentro la pista, troppo sul filo tra vita e morte per non averne quasi sempre rispetto qualunque tuta indossassero. Ragioni queste di dibattito perenne.

Speriamo anche in nuovi più emozionanti duelli tra i protagonisti attuali, che a volte non per loro colpa, subiscono la schiacciante ingombrante forza delle scuderie per le quali corrono, nonchè l’appiattimento di regolamenti e circuiti a favore (e senza risultato alcuno) dello spettacolo.

Si chiude qui la prima parte dell’epopea di un inglese speciale.

Antonio.

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