MIT’S CORNER: KEVIN E LA NEUTRALITA’

Ho letto di recente un breve articolo su Kevin Magnussen e la sua perplessità di fronte alla norma che vieta ai piloti di esprimersi su temi politici, sociali o religiosi senza il preventivo assenso della FIA. Il buon Kevin la tocca molto piano limitandosi ad alzare un sopracciglio e a sottolineare che viene da un paese in cui tali regole non esistono e quindi lui si trova in difficoltà ma non si esprime più di tanto perché prima “vuole capire meglio” la norma e non vuole prendere penalità.

Bene, bravo Kevin.

Ora, la questione in effetti lascia un senso di perplessità non tanto e non soltanto sull’opportunità strettamente politica di inserire una tale norma nel codice sportivo FIA quanto sulla sua forma e sulle considerazioni che si possono trarre dal suo inserimento nel Codice.

La norma in questione così recita:

la premessa è Any of the following offences shall be deemed to be a breach of these rules:

[qualsiasi delle seguenti trasgressioni (offences è difficile da tradurre: offese, infrazioni, reati) sarà considerata essere un’infrazione alle seguenti regole]

(si lo so: è un truismo di bassa lega – quindi cominciamo già male)

12.2.1.n

The general making and display of political, religious and personal statements or comments notably in violation of the general principle of neutrality promoted by the FIA under its Statutes, unless previously approved in writing by the FIA for International Competitions, or by the relevant ASN for National Competitions within their jurisdiction.

Innanzitutto vi prego di notare: “the general principle of neutrality promoted by the FIA

Questa locuzione in linea di principio è pienamente condivisibile. La FIA, infatti, si autoregola e va a disciplinare le competizioni sportive che rientrano nei suoi parametri organizzativi sicché, non essendo, di per sé, un’autorità politica in senso stretto non c’è nulla di male se statuisce neutralità su dei temi non attinenti al proprio oggetto quali sono, per l’appunto, temi politici, religiosi e sociali. Ma subito casca l’asino. Se è così neutrale, la FIA, perché non ha perso nemmeno 15 millesimi di secondo per bannare Russia e russi (e pure Bielorussia e bielorussi) da tutte le competizioni internazionali che rientrano nelle organizzazioni FIA? La recente circolare del 10 Febbraio l’ha pure ribadito per l’anno in corso o comunque until further notice.

A prescindere da come la si pensi sui tragici eventi che stanno avendo luogo in Ucraina, va da sé che se si riesce ad avere uno sguardo astratto quanto più possibile dai fatti contingenti non si può altro che convenire che una tale presa di posizione della FIA tutto sia tranne che neutrale.

Quindi ipocrita, aggiungo.

Ma sin qui si tratta del noto “predicare bene poi razzolare male” poiché l’articolo del Codice in questione serve solo da termine di paragone per giudicare prese di posizione che lo contraddicono vistosamente. Ma in questo si è trovata in buona compagnia: che io sappia tutte le federazioni sportive internazionali hanno adottato misure se non uguali certamente simili. Ha avuto qualche difficoltà in più la federazione scacchistica internazionale (FIDE), per l’ovvia ragione legata all’alto numero di top player russi nei suoi ranghi, che dopo ampio dibattito alla fine si è decisa a sostituire la bandiera russa con una generica della FIDE stessa e a cancellare un paio di tornei che dovevano svolgersi in Russia. Hanno bannato da tutte le competizioni solo Sergej Karjakin (ex sfidante per il titolo mondiale nel 2016) che ha stupidamente sproloquiato sui social inneggiando a Putin e alla morte degli ucraini come se non ci fosse un domani: la dimostrazione che essere tecnicamente molto intelligenti non esime affatto dal commettere stupidaggini colossali.

Qui vediamo il campione russo (ma nato ucraino…) che dal suo buen retiro di Dubai cerca di fare ammenda dicendo che è contro la guerra…

C’è anche qualcos’altro, ancora più ipocrita e che sta probabilmente alla base delle perplessità di Kevin Magnussen (e, per quel che ne sappiamo, di tutto il popolo danese)

 

E non mi riferisco al fatto giuridicamente rilevante in sé, cioè ai divieti che perplimono il nostro buon Kevin, quanto a quel

“unless previously approved in writing by the FIA”

Cioè: salvo che non sia stato preventivamente approvato per iscritto dalla FIA.

Quindi, riassumendo, è considerato un breach of these rules il manifestare posizioni o commenti di tipo politico, religioso e sociale allorché queste violino il generale principio di neutralità promosso dalla FIA a meno che tali posizioni non siano state preventivamente approvate dalla FIA.

Cari piloti, sembra dire la FIA, voi non potete manifestare alcunché delle vostre personali posizioni ma se prima ce lo chiedete inoltrando apposita pratica e questa viene approvata per iscritto allora potete farlo.

scusa Fia, domani se vado sul podio mi metto una dentiera sporgente e mi vesto da Topo Gigio per combattere l’odio verso tutti i topi del mondo. Posso?”

Ma seriamente?

Ci sono due possibili traduzioni in pratica di tale regola. La prima è palesemente contraddittoria: non si può manifestare posizioni politiche ma se tali posizioni sono “giuste”, cioè approvate da noi, allora lo puoi fare. La ratio di una tale norma, che in linea di principio sarebbe pure condivisibile, si rintraccia nel fatto che i piloti non possono, per così dire, sfruttare il palco privilegiato della posizione e del ruolo che ricoprono nella manifestazione sportiva per veicolare messaggi e posizioni che con la manifestazione sportiva non c’entrano nulla. Sin qui ci può anche stare. In fondo è libera scelta di libero organismo. Tuttavia, aggiunge la FIA, se tali manifestazioni vengono approvate per iscritto allora lo possono fare.

No.

Non si fa così.

O tali manifestazioni sono vietate per le ragioni sopra indicate oppure non lo sono perché l’approvazione per iscritto invia logicamente al fatto che la pretesa neutralità della FIA non è altro che una posizione del tutto pretestuosa, finta e, in definitiva, ipocrita. Se dunque è la stessa FIA, con quel suo unless previously approved, a non dimostrarsi neutrale non si vede perché lo si pretenda dai piloti (che in teoria si applica a qualsiasi persona che opera nei confini FIA ma è chiaro che i piloti, che hanno di gran lunga la più alta visibilità per il ruolo che ricoprono, sono l’oggetto vero e proprio della norma).

Ma, dicevo poc’anzi, c’è anche una seconda traduzione in termini pratici di questa stupidaggine giuridica. A tener conto alla lettera di quanto c’è scritto in quell’articolo si dovrebbe concludere che un pilota potrà manifestare solo un qualche principio genericamente “neutrale”. Già, perché non c’è altra deduzione possibile che unisca il violation of the general principle of neutrality da un lato e il unless previously approved dall’altro che non sia, com’è ovvio che quest’approvazione per iscritto avverrà solo se il pilota propone di manifestare per un qualcosa, non si sa bene cosa, di neutrale.

Fa ridere, no?

Negli ultimi anni solo due piloti si sono spesi (a loro rischio e pericolo, si dovrebbe aggiungere, ma è molto relativo) in questo tipo di atteggiamenti: Vettel e Hamilton. Ora, ve l’immaginate Lewis sul podio del Mugello con una maglietta grigia che inneggia alla giustizia per la neutralità? O il buon Sebastian che invece di mettere la bandiera multicolor della pace sul suo casco ne mette una con strisce in toni di grigio? O entrambi che si inginocchiano a sostegno del claim “grey lives matter”?! Sarebbero stati approvate per iscritto dalla FIA tali “manifestazioni”?

C’è un senso di profonda ipocrisia in tutto questo che fatico a comprendere.

O, meglio, la comprendo benissimo – solo che non la approvo.

La comprendo nel senso che una organizzazione sportiva, o una organizzazione qualsiasi se è per questo, nel momento in cui si mette in relazione con ciò che sta al di fuori di essa inevitabilmente diventa anche “politica”. Diventa politica in senso lato per cui la relazione deve trovare un modo per esprimersi attraverso metodi e regole, scritte o non scritte, affinché non diventi conflittuale e dannosa per se stessa. Deve cioè trovare un modo per convivere con quanto la circonda. Diventa poi politica in senso stretto perché per poter operare, ossia organizzare GP (e più in generale organizzare eventi) internazionali con successo deve riuscire a farlo entrando in relazione con le autorità di tutti i paesi in cui tali eventi si svolgono. E diventa poi politica in senso strettissimo quando si rende conto che per poter realizzare il proprio oggetto deve necessariamente scendere a compromessi, com’è recentemente accaduto per la guerra in Ucraina in cui ha dovuto giocoforza estromettere Russia e russi altrimenti, facile supporlo, non le sarebbe stato consentito di organizzare e realizzare il campionato del mondo – il tutto in barba al proprio preteso principio generale di neutralità.

Non è neutrale, la FIA, come non è neutrale nulla allorché sia in relazione multilaterale con altre entità. Neutrale sarebbe solo il campionato marziano di Formula 1, non il campionato del mondo. Mondo che, al momento, mi risulta ancora essere riferito al pianeta Terra.

Non voglio arrivare agli eccessi ideologici degli anni 70 ove si pretendeva che tutto fosse politica dalla ovvia manifestazione partitica fino al modo di arrotolare gli spaghetti sulla forchetta. No, non voglio arrivare a tanto anche perché, perdonerete l’autoreferenzialità che dà origine allo pseudonimo con cui scrivo, è filosoficamente errato.

Tuttavia, non si può nemmeno negare che la convivenza richieda il compromesso e che tale compromesso sia necessario perché nella convivenza tra soggetti questi ricoprono, ça va sans dire, una posizione. E questa posizione, se di organismi che convivono in uno spazio politico stiamo parlando, è inesorabilmente politica.

Dunque la pretesa di neutralità è una chimera. E pretendere che si operi all’interno di questa neutralità è ipocrita. E pretendere, infine, che si possa manifestare qualcosa solo se ispirato a tale principio di neutralità è massimamente ipocrita.

Quindi?

 

Quindi il discorso è complesso e non è facile, anzi non è possibile, ridurlo a principi espressi aforisticamente, come quelli che vanno di moda sui social.

Nella convivenza, in qualsiasi convivenza, un certo grado di ipocrisia è richiesto. È richiesta un po’ di ipocrisia nei rapporti personali: pensate a quel collega di lavoro che vi sta antipatico o di cui pensate tutto il male possibile ma che, siccome vi è necessario averci a che fare per poter svolgere le vostre mansioni, quando gli telefonate esordite con un ipocritissimo “ciao carissimo!! Come stai? Non mi pare di aver visto la mail con la quotazione del progetto X, forse mi sono dimenticato io di inviarti alcuni dati che ti servono?” anche se sapete benissimo che non vi sta mandando la quotazione perché [perdo aplomb] è uno stronzo patentato [recupero aplomb].

C’è ipocrisia anche con il vostro amato coniuge e persino con gli amici più stretti. A pensarci bene, è piuttosto facile suppore che in questi rapporti ci siano molte, piccole, cose che non sopportate ma non le tirate fuori perché sapete bene che il farlo non aggiungerebbe nulla al rapporto ed, anzi, rischierebbe di comprometterlo. E, occhio, questo vale anche per voi stessi: dall’altra parte ci saranno cose che il vostro coniuge/amico non sopporta di voi ma non le tira fuori per le stesse ragioni. Si decide, più o meno consapevolmente, un limite da non oltrepassare e si scende a compromesso su tutto ciò che sta al di qua di quel limite.

Viceversa, l’evitare ad ogni costo l’ipocrisia e comportarsi di conseguenza pone chi lo fa al di fuori del contesto della convivenza. Ne fa un reietto. La totale assenza di ipocrisia, a maggior ragione se platealmente esibita, è da considerarsi un atteggiamento anti-sociale che nel migliore dei casi sfocia in un patologico solipsismo e nel peggiore dei casi sfocia nel conflitto. Ogni tanto incontro persone che si riempiono la bocca di “io sono e sarò sempre me stesso”, “io non guardo in faccia a nessuno” e non posso fare a meno di pensare quanto stupidi siano questi proclami: e chi devi essere se non te stesso? Un altro?! E se non guardi in faccia a nessuno allora sei [perdo di nuovo l’aplomb] solo un bello stronzo e non credere che avrai la mia ammirazione [recupero aplomb].

(a meno di non parlare di qualcuno affetto da forte strabismo nel qual caso, uso quel giusto minimo di ipocrisia per fare finta di non accorgermene e gli fisso il naso)

Proclami di questo tipo, molto semplicemente, non sono veri: sono frasi fatte senza alcun senso concreto. Non per nulla il (sopravvalutato) filosofo che più si è spinto in questa direzione, proclamando un anti-moralismo assolutista basato sulla cosiddetta volontà di potenza, ha perso in poco tempo tutti gli amici, mecenati, donne, lavoro ed è morto pazzo a soli 45 anni.

E non si scambino certe bizzarrie caratteriali per qualcosa che sta a fondamento di questi proclami: i tratti della personalità sono cosa ben diversa da questo discorso.

Ad ogni modo, se tutto questo vale per i rapporti interpersonali figuriamoci se non vale anche nei rapporti politici. Dunque la politica, aiutata dal giusto pizzico di ipocrisia, non può che essere l’arte del compromesso (avevo esordito dicendo che non avrei messo aforismi ma alla fine uno mi è scappato).

Che dunque sia necessaria una certa ipocrisia, per così dire, benefica a questo punto pare evidente.

E ancora una volta: quindi?

Quindi la FIA ha fatto bene quando ha Bannato Mazepin dalle corse. Cosa che, peraltro, è stata facilitata dal fatto che Mazepin è uno scarsone e il circus non avrebbe subito alcun danno dal suo allontanamento. Sarebbe stato molto più difficile se ci fosse stato un pilota russo ai vertici della Formula 1 ma in tal caso la FIA si sarebbe “limitata” a togliere la bandiera a fianco del suo cognome e a suonare l’inno alla gioia di beethoven (be’, no, perché è l’inno della UE allora che ne so? Imagine di John Lennon! Ah no, è un inno all’anarchismo. Allora We are the champions dei Queen, ah no perché Freddy Mercury era gay e siamo neutrali e poi al massimo te lo suono alla fine del campionato se lo vinci, no? Vabbè andiamo su Fra Martino Campanaro e non se ne parli più!) per celebrare le sue vittorie nella cerimonia del podio.

Ha fatto bene perché le circostanze che si erano create in quel momento, il clamore e lo sgomento seguito a quanto accaduto il 24 febbraio 2022, di fatto, imponevano quel gesto, per quanto paradossale fosse visto che c’è il famigerato general principle of neutrality. Non farlo avrebbe messo a repentaglio lo svolgimento stesso del campionato. Forse la FIA è stata più “realista del re” e non ha subito alcuna pressione per fare quel gesto. L’ha fatto spontaneamente, con ogni probabilità, proprio per evitare di subire quelle pressioni che sapeva benissimo sarebbero arrivate. Ha tagliato la testa al toro: facciamo sta mossa, sgombriamo subito il campo da potenziali criticità, chissenefrega dell’ipocrisia di fondo e lasciamo che i giornalisti parlino dei team radio Ferrari e degli scorni tra Hamilton e Verstappen. Se poi Toto sbatte i pugni sul tavolo nessuno ci pensa più.

Nella delicata congiuntura di politica internazionale che si era creata in quel frangente e tenendo conto che l’obiettivo era mettere al riparo l’evento (suvvia mettiamo da parte gli interessi economici che, indubbiamente, erano l’oggetto principale da salvaguardare ma quanto avreste odiato un anno senza Formula 1?) è difficile pensare ad una mossa diversa da quella fatta. Quindi, bene, bravi, bis

Se quel pizzico di ipocrisia benefica aiuta a rimanere indenni da pressioni politiche difficili da gestire si è poi passati, facendosi prendere un po’ la mano, all’ipocrisia patologica allorché si è andati oltre imponendo dei divieti ai piloti (ripeto: in teoria il divieto vale per tutti i protagonisti del circus ma è ovvio che la visibilità di cui godono i piloti rende il divieto loro rivolto più rilevante) che non hanno alcuna ragione d’essere.

Quel che poteva fare la FIA, per evitare l’ipocrisia patologica che ho mostrato più sopra, erano diverse cose.

Da un lato avrebbe potuto dare delle linee guida, magari dai contorni sfumati, soggetti ad interpretazione, e mettere in guardia i piloti sul fatto che se decidono di manifestare loro personali convinzioni che vanno molto al di là di quelle linee guida allora avrebbero preso in considerazione delle conseguenze. Tutto fumoso, certo, ma meno patologicamente ipocrita.

I divieti, impliciti o espliciti, hanno senso solo in relazione a qualcosa di riconosciuto come valido. Ad esempio, se il codice della strada impone la guida a destra è divieto implicito marciare sulla corsia opposta – a meno di non essere in UK ma lì il codice della strada, com’è noto, su questo tema è sbagliato! 😊. Oppure, se una strada è a senso unico troverai il segnale di divieto (esplicito) di accesso se provi ad immetterti in senso contrario. E così via.

Ove è chiara la regola saranno chiari anche i divieti che ne derivano. Dunque una FIA che avesse esplicitato in modo più appropriato un Codice di condotta per i suoi iscritti sui temi qui discussi avrebbe meno difficoltà, e sarebbe conseguentemente meno ipocrita, se su quella base esplicitasse anche dei divieti. Del resto, come abbiamo visto, non basta asserire il general principle of neutrality e pretenderne chiarezza: il contesto in cui FIA intesse i propri rapporti rifugge, per sua stessa natura, da una vaga neutralità sicché bisogna, come minimo, spiegare in cosa consiste.

Oppure avrebbe potuto, e forse dovuto, astenersi, conscia del fatto che eventuali manifestazioni di quel tipo da parte dei piloti ricadranno solo ed esclusivamente nella loro personale sfera di responsabilità. Quella maglietta indossata da Hamilton sul podio del Mugello, per quanto il gesto sia stato animato da nobilissimi intenti, non è (purtroppo?) riuscita ad avere l’effetto che lui cercava: troppo estemporaneo, un po’ sconclusionato, menchemeno capace di smuovere le coscienze. Insomma, è apparso un po’ ridicolo e, in definitiva, ha persino rischiato di ottenere l’effetto contrario a quello desiderato.

Siamo ben lontani dai gesti epocali, per fare qualche parallelismo, di un Cassius Clay/Mohammad Alì o di Tommie Smith John Carlos sul podio delle Olimpiadi di Città del Messico 1968. E le conseguenze di ciò sono ricadute solo su di lui: nessuno si è premurato di far polemiche con la FIA che non siano state qualche tiepido e insignificante chiacchiericcio sui social.

Che poi alle volte sarebbe sufficiente comportarsi da gentlemen per far passare surrettiziamente messaggi positivi.

Come hanno fatto questi signori qui:

Oppure come questi altri due:

Piccola digressione e consiglio a Lewis: c’è stato un altro tizio in formula 1, qualche anno fa e del quale Lewis possiede un casco ma non certo il carisma, che al di là di qualche sporadico claim a sfondo religioso, si spendeva per le sue idee sociali molto sotto traccia. Dopo la sua morte si è scoperto quanto già da anni stesse facendo per i derelitti del suo paese senza che quasi nessuno lo sapesse.

Ecco, caro Lewis, avrai sempre il mio appoggio quando ti batterai contro l’ingiustizia e i soprusi del razzismo ma preferirei più fatti e meno proclami.

Il ben più sagace e intelligente Sebastian Vettel ha fatto azioni meno clamorose ma più efficaci, costringendo quasi tutti i commentatori a riconoscergli una statura intellettuale che sino a pochi anni fa, nessuno gli sospettava. E non parlo solo di coloro che approvano le sue mosse di “impegno” ma anche di coloro che non le approvano perché il modo in cui non sono approvate, a differenza di quanto accaduto con Lewis, mostra la serietà con cui vengono considerate.

In entrambi i casi, la responsabilità di quelle mosse, politica e mediatica, è ricaduta sui loro attori. Se fossero state poco accettabili, le scuderie di cui facevano parte avrebbero avuto le loro difficoltà a gestirle. E le cose si sarebbero, in un modo o nell’altro, aggiustate da sole.

Che c’entra la FIA in tutto ciò?

A onor del vero, una cosa giuridicamente giusta la FIA l’ha fatta in quell’articolo.

Il punto che ho discusso sino ad ora è l’n ma il punto f (12.2.1.f), in particolare e per quanto qui interessa, è del tutto accettabile:

[sempre con la premessa che verrà considerata breach of rules]

Any words, deeds or writings that have caused moral injury or loss to the FIA, its bodies, its members or its executive officers, and more generally on the interest of motor sport and on the values defended by the FIA.

Il dettato del punto f è già sufficiente a proteggere la FIA (che questo dovrebbe essere il vero scopo di questo Codice di condotta sportiva) e i suoi iscritti da comportamenti la possano oggettivamente danneggiare sotto il profilo morale (in senso giuridico) o che possano danneggiare il motorsport.

A essere capziosi, quel values defended by the FIA, riaprirebbe l’analisi ma è sufficientemente fumoso da schivare i proiettili critici che sto lanciando.

In pratica, c’è già quel paletto che vincola del tutto legittimamente gli iscritti alla FIA, e conseguentemente anche i piloti a maggiore visibilità, a non avere comportamenti oggettivamente dannosi, quali che essi siano, ivi comprese, dunque, anche manifestazioni di posizioni personali sul piano politico, sociale o religioso. E, conseguentemente, non c’era alcun bisogno del punto n.

Ciò non farà altro che addirittura stimolare alcuni piloti a spendere se stessi, magari per cercare di gonfiare artificiosamente la propria popolarità, proprio a esprimere posizioni politiche, religiose, sociali e conseguentemente ad aumentare il numero delle polemiche che, nel mondo della Formula 1 della FIA, ce n’è già abbastanza (e non c’è bisogno che ne faccia l’elenco perché sarebbe troppo lungo – TD39 docet, tanto per limitarmi a quello più recente): che bisogno c’era di aprirlo ad altre potenziali?

E qui torniamo al buon Kevin Magnussen.

La sua perplessità, che ho fatto mia con la dovizia di particolari, è dunque perfettamente legittima. Che l’articolo 12.2.1.n sia uno specchietto per le allodole, un’arma di distrAzione di massa, un’inutile e forse persino dannosa fuoriuscita dai binari lo scopriremo solo vivendo.

Per quanto mi riguarda, si sarà capito, sono contrario a quel punto n ma non ci posso fare niente.

Quindi non mi resta che consigliare al buon Kevin, quando a Barcellona o a Silverstone farà un bel ciocco con il suo team-mate, di pensarci un po’ prima di guardarlo di sottecchi e proferire in mondovisione ancora una volta:

Suck my balls, mate!

Metrodoro il Teorematico