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MIT’S CORNER: KEVIN E LA NEUTRALITA’

Ho letto di recente un breve articolo su Kevin Magnussen e la sua perplessità di fronte alla norma che vieta ai piloti di esprimersi su temi politici, sociali o religiosi senza il preventivo assenso della FIA. Il buon Kevin la tocca molto piano limitandosi ad alzare un sopracciglio e a sottolineare che viene da un paese in cui tali regole non esistono e quindi lui si trova in difficoltà ma non si esprime più di tanto perché prima “vuole capire meglio” la norma e non vuole prendere penalità.

Bene, bravo Kevin.

Ora, la questione in effetti lascia un senso di perplessità non tanto e non soltanto sull’opportunità strettamente politica di inserire una tale norma nel codice sportivo FIA quanto sulla sua forma e sulle considerazioni che si possono trarre dal suo inserimento nel Codice.

La norma in questione così recita:

la premessa è Any of the following offences shall be deemed to be a breach of these rules:

[qualsiasi delle seguenti trasgressioni (offences è difficile da tradurre: offese, infrazioni, reati) sarà considerata essere un’infrazione alle seguenti regole]

(si lo so: è un truismo di bassa lega – quindi cominciamo già male)

12.2.1.n

The general making and display of political, religious and personal statements or comments notably in violation of the general principle of neutrality promoted by the FIA under its Statutes, unless previously approved in writing by the FIA for International Competitions, or by the relevant ASN for National Competitions within their jurisdiction.

Innanzitutto vi prego di notare: “the general principle of neutrality promoted by the FIA

Questa locuzione in linea di principio è pienamente condivisibile. La FIA, infatti, si autoregola e va a disciplinare le competizioni sportive che rientrano nei suoi parametri organizzativi sicché, non essendo, di per sé, un’autorità politica in senso stretto non c’è nulla di male se statuisce neutralità su dei temi non attinenti al proprio oggetto quali sono, per l’appunto, temi politici, religiosi e sociali. Ma subito casca l’asino. Se è così neutrale, la FIA, perché non ha perso nemmeno 15 millesimi di secondo per bannare Russia e russi (e pure Bielorussia e bielorussi) da tutte le competizioni internazionali che rientrano nelle organizzazioni FIA? La recente circolare del 10 Febbraio l’ha pure ribadito per l’anno in corso o comunque until further notice.

A prescindere da come la si pensi sui tragici eventi che stanno avendo luogo in Ucraina, va da sé che se si riesce ad avere uno sguardo astratto quanto più possibile dai fatti contingenti non si può altro che convenire che una tale presa di posizione della FIA tutto sia tranne che neutrale.

Quindi ipocrita, aggiungo.

Ma sin qui si tratta del noto “predicare bene poi razzolare male” poiché l’articolo del Codice in questione serve solo da termine di paragone per giudicare prese di posizione che lo contraddicono vistosamente. Ma in questo si è trovata in buona compagnia: che io sappia tutte le federazioni sportive internazionali hanno adottato misure se non uguali certamente simili. Ha avuto qualche difficoltà in più la federazione scacchistica internazionale (FIDE), per l’ovvia ragione legata all’alto numero di top player russi nei suoi ranghi, che dopo ampio dibattito alla fine si è decisa a sostituire la bandiera russa con una generica della FIDE stessa e a cancellare un paio di tornei che dovevano svolgersi in Russia. Hanno bannato da tutte le competizioni solo Sergej Karjakin (ex sfidante per il titolo mondiale nel 2016) che ha stupidamente sproloquiato sui social inneggiando a Putin e alla morte degli ucraini come se non ci fosse un domani: la dimostrazione che essere tecnicamente molto intelligenti non esime affatto dal commettere stupidaggini colossali.

Qui vediamo il campione russo (ma nato ucraino…) che dal suo buen retiro di Dubai cerca di fare ammenda dicendo che è contro la guerra…

C’è anche qualcos’altro, ancora più ipocrita e che sta probabilmente alla base delle perplessità di Kevin Magnussen (e, per quel che ne sappiamo, di tutto il popolo danese)

 

E non mi riferisco al fatto giuridicamente rilevante in sé, cioè ai divieti che perplimono il nostro buon Kevin, quanto a quel

“unless previously approved in writing by the FIA”

Cioè: salvo che non sia stato preventivamente approvato per iscritto dalla FIA.

Quindi, riassumendo, è considerato un breach of these rules il manifestare posizioni o commenti di tipo politico, religioso e sociale allorché queste violino il generale principio di neutralità promosso dalla FIA a meno che tali posizioni non siano state preventivamente approvate dalla FIA.

Cari piloti, sembra dire la FIA, voi non potete manifestare alcunché delle vostre personali posizioni ma se prima ce lo chiedete inoltrando apposita pratica e questa viene approvata per iscritto allora potete farlo.

scusa Fia, domani se vado sul podio mi metto una dentiera sporgente e mi vesto da Topo Gigio per combattere l’odio verso tutti i topi del mondo. Posso?”

Ma seriamente?

Ci sono due possibili traduzioni in pratica di tale regola. La prima è palesemente contraddittoria: non si può manifestare posizioni politiche ma se tali posizioni sono “giuste”, cioè approvate da noi, allora lo puoi fare. La ratio di una tale norma, che in linea di principio sarebbe pure condivisibile, si rintraccia nel fatto che i piloti non possono, per così dire, sfruttare il palco privilegiato della posizione e del ruolo che ricoprono nella manifestazione sportiva per veicolare messaggi e posizioni che con la manifestazione sportiva non c’entrano nulla. Sin qui ci può anche stare. In fondo è libera scelta di libero organismo. Tuttavia, aggiunge la FIA, se tali manifestazioni vengono approvate per iscritto allora lo possono fare.

No.

Non si fa così.

O tali manifestazioni sono vietate per le ragioni sopra indicate oppure non lo sono perché l’approvazione per iscritto invia logicamente al fatto che la pretesa neutralità della FIA non è altro che una posizione del tutto pretestuosa, finta e, in definitiva, ipocrita. Se dunque è la stessa FIA, con quel suo unless previously approved, a non dimostrarsi neutrale non si vede perché lo si pretenda dai piloti (che in teoria si applica a qualsiasi persona che opera nei confini FIA ma è chiaro che i piloti, che hanno di gran lunga la più alta visibilità per il ruolo che ricoprono, sono l’oggetto vero e proprio della norma).

Ma, dicevo poc’anzi, c’è anche una seconda traduzione in termini pratici di questa stupidaggine giuridica. A tener conto alla lettera di quanto c’è scritto in quell’articolo si dovrebbe concludere che un pilota potrà manifestare solo un qualche principio genericamente “neutrale”. Già, perché non c’è altra deduzione possibile che unisca il violation of the general principle of neutrality da un lato e il unless previously approved dall’altro che non sia, com’è ovvio che quest’approvazione per iscritto avverrà solo se il pilota propone di manifestare per un qualcosa, non si sa bene cosa, di neutrale.

Fa ridere, no?

Negli ultimi anni solo due piloti si sono spesi (a loro rischio e pericolo, si dovrebbe aggiungere, ma è molto relativo) in questo tipo di atteggiamenti: Vettel e Hamilton. Ora, ve l’immaginate Lewis sul podio del Mugello con una maglietta grigia che inneggia alla giustizia per la neutralità? O il buon Sebastian che invece di mettere la bandiera multicolor della pace sul suo casco ne mette una con strisce in toni di grigio? O entrambi che si inginocchiano a sostegno del claim “grey lives matter”?! Sarebbero stati approvate per iscritto dalla FIA tali “manifestazioni”?

C’è un senso di profonda ipocrisia in tutto questo che fatico a comprendere.

O, meglio, la comprendo benissimo – solo che non la approvo.

La comprendo nel senso che una organizzazione sportiva, o una organizzazione qualsiasi se è per questo, nel momento in cui si mette in relazione con ciò che sta al di fuori di essa inevitabilmente diventa anche “politica”. Diventa politica in senso lato per cui la relazione deve trovare un modo per esprimersi attraverso metodi e regole, scritte o non scritte, affinché non diventi conflittuale e dannosa per se stessa. Deve cioè trovare un modo per convivere con quanto la circonda. Diventa poi politica in senso stretto perché per poter operare, ossia organizzare GP (e più in generale organizzare eventi) internazionali con successo deve riuscire a farlo entrando in relazione con le autorità di tutti i paesi in cui tali eventi si svolgono. E diventa poi politica in senso strettissimo quando si rende conto che per poter realizzare il proprio oggetto deve necessariamente scendere a compromessi, com’è recentemente accaduto per la guerra in Ucraina in cui ha dovuto giocoforza estromettere Russia e russi altrimenti, facile supporlo, non le sarebbe stato consentito di organizzare e realizzare il campionato del mondo – il tutto in barba al proprio preteso principio generale di neutralità.

Non è neutrale, la FIA, come non è neutrale nulla allorché sia in relazione multilaterale con altre entità. Neutrale sarebbe solo il campionato marziano di Formula 1, non il campionato del mondo. Mondo che, al momento, mi risulta ancora essere riferito al pianeta Terra.

Non voglio arrivare agli eccessi ideologici degli anni 70 ove si pretendeva che tutto fosse politica dalla ovvia manifestazione partitica fino al modo di arrotolare gli spaghetti sulla forchetta. No, non voglio arrivare a tanto anche perché, perdonerete l’autoreferenzialità che dà origine allo pseudonimo con cui scrivo, è filosoficamente errato.

Tuttavia, non si può nemmeno negare che la convivenza richieda il compromesso e che tale compromesso sia necessario perché nella convivenza tra soggetti questi ricoprono, ça va sans dire, una posizione. E questa posizione, se di organismi che convivono in uno spazio politico stiamo parlando, è inesorabilmente politica.

Dunque la pretesa di neutralità è una chimera. E pretendere che si operi all’interno di questa neutralità è ipocrita. E pretendere, infine, che si possa manifestare qualcosa solo se ispirato a tale principio di neutralità è massimamente ipocrita.

Quindi?

 

Quindi il discorso è complesso e non è facile, anzi non è possibile, ridurlo a principi espressi aforisticamente, come quelli che vanno di moda sui social.

Nella convivenza, in qualsiasi convivenza, un certo grado di ipocrisia è richiesto. È richiesta un po’ di ipocrisia nei rapporti personali: pensate a quel collega di lavoro che vi sta antipatico o di cui pensate tutto il male possibile ma che, siccome vi è necessario averci a che fare per poter svolgere le vostre mansioni, quando gli telefonate esordite con un ipocritissimo “ciao carissimo!! Come stai? Non mi pare di aver visto la mail con la quotazione del progetto X, forse mi sono dimenticato io di inviarti alcuni dati che ti servono?” anche se sapete benissimo che non vi sta mandando la quotazione perché [perdo aplomb] è uno stronzo patentato [recupero aplomb].

C’è ipocrisia anche con il vostro amato coniuge e persino con gli amici più stretti. A pensarci bene, è piuttosto facile suppore che in questi rapporti ci siano molte, piccole, cose che non sopportate ma non le tirate fuori perché sapete bene che il farlo non aggiungerebbe nulla al rapporto ed, anzi, rischierebbe di comprometterlo. E, occhio, questo vale anche per voi stessi: dall’altra parte ci saranno cose che il vostro coniuge/amico non sopporta di voi ma non le tira fuori per le stesse ragioni. Si decide, più o meno consapevolmente, un limite da non oltrepassare e si scende a compromesso su tutto ciò che sta al di qua di quel limite.

Viceversa, l’evitare ad ogni costo l’ipocrisia e comportarsi di conseguenza pone chi lo fa al di fuori del contesto della convivenza. Ne fa un reietto. La totale assenza di ipocrisia, a maggior ragione se platealmente esibita, è da considerarsi un atteggiamento anti-sociale che nel migliore dei casi sfocia in un patologico solipsismo e nel peggiore dei casi sfocia nel conflitto. Ogni tanto incontro persone che si riempiono la bocca di “io sono e sarò sempre me stesso”, “io non guardo in faccia a nessuno” e non posso fare a meno di pensare quanto stupidi siano questi proclami: e chi devi essere se non te stesso? Un altro?! E se non guardi in faccia a nessuno allora sei [perdo di nuovo l’aplomb] solo un bello stronzo e non credere che avrai la mia ammirazione [recupero aplomb].

(a meno di non parlare di qualcuno affetto da forte strabismo nel qual caso, uso quel giusto minimo di ipocrisia per fare finta di non accorgermene e gli fisso il naso)

Proclami di questo tipo, molto semplicemente, non sono veri: sono frasi fatte senza alcun senso concreto. Non per nulla il (sopravvalutato) filosofo che più si è spinto in questa direzione, proclamando un anti-moralismo assolutista basato sulla cosiddetta volontà di potenza, ha perso in poco tempo tutti gli amici, mecenati, donne, lavoro ed è morto pazzo a soli 45 anni.

E non si scambino certe bizzarrie caratteriali per qualcosa che sta a fondamento di questi proclami: i tratti della personalità sono cosa ben diversa da questo discorso.

Ad ogni modo, se tutto questo vale per i rapporti interpersonali figuriamoci se non vale anche nei rapporti politici. Dunque la politica, aiutata dal giusto pizzico di ipocrisia, non può che essere l’arte del compromesso (avevo esordito dicendo che non avrei messo aforismi ma alla fine uno mi è scappato).

Che dunque sia necessaria una certa ipocrisia, per così dire, benefica a questo punto pare evidente.

E ancora una volta: quindi?

Quindi la FIA ha fatto bene quando ha Bannato Mazepin dalle corse. Cosa che, peraltro, è stata facilitata dal fatto che Mazepin è uno scarsone e il circus non avrebbe subito alcun danno dal suo allontanamento. Sarebbe stato molto più difficile se ci fosse stato un pilota russo ai vertici della Formula 1 ma in tal caso la FIA si sarebbe “limitata” a togliere la bandiera a fianco del suo cognome e a suonare l’inno alla gioia di beethoven (be’, no, perché è l’inno della UE allora che ne so? Imagine di John Lennon! Ah no, è un inno all’anarchismo. Allora We are the champions dei Queen, ah no perché Freddy Mercury era gay e siamo neutrali e poi al massimo te lo suono alla fine del campionato se lo vinci, no? Vabbè andiamo su Fra Martino Campanaro e non se ne parli più!) per celebrare le sue vittorie nella cerimonia del podio.

Ha fatto bene perché le circostanze che si erano create in quel momento, il clamore e lo sgomento seguito a quanto accaduto il 24 febbraio 2022, di fatto, imponevano quel gesto, per quanto paradossale fosse visto che c’è il famigerato general principle of neutrality. Non farlo avrebbe messo a repentaglio lo svolgimento stesso del campionato. Forse la FIA è stata più “realista del re” e non ha subito alcuna pressione per fare quel gesto. L’ha fatto spontaneamente, con ogni probabilità, proprio per evitare di subire quelle pressioni che sapeva benissimo sarebbero arrivate. Ha tagliato la testa al toro: facciamo sta mossa, sgombriamo subito il campo da potenziali criticità, chissenefrega dell’ipocrisia di fondo e lasciamo che i giornalisti parlino dei team radio Ferrari e degli scorni tra Hamilton e Verstappen. Se poi Toto sbatte i pugni sul tavolo nessuno ci pensa più.

Nella delicata congiuntura di politica internazionale che si era creata in quel frangente e tenendo conto che l’obiettivo era mettere al riparo l’evento (suvvia mettiamo da parte gli interessi economici che, indubbiamente, erano l’oggetto principale da salvaguardare ma quanto avreste odiato un anno senza Formula 1?) è difficile pensare ad una mossa diversa da quella fatta. Quindi, bene, bravi, bis

Se quel pizzico di ipocrisia benefica aiuta a rimanere indenni da pressioni politiche difficili da gestire si è poi passati, facendosi prendere un po’ la mano, all’ipocrisia patologica allorché si è andati oltre imponendo dei divieti ai piloti (ripeto: in teoria il divieto vale per tutti i protagonisti del circus ma è ovvio che la visibilità di cui godono i piloti rende il divieto loro rivolto più rilevante) che non hanno alcuna ragione d’essere.

Quel che poteva fare la FIA, per evitare l’ipocrisia patologica che ho mostrato più sopra, erano diverse cose.

Da un lato avrebbe potuto dare delle linee guida, magari dai contorni sfumati, soggetti ad interpretazione, e mettere in guardia i piloti sul fatto che se decidono di manifestare loro personali convinzioni che vanno molto al di là di quelle linee guida allora avrebbero preso in considerazione delle conseguenze. Tutto fumoso, certo, ma meno patologicamente ipocrita.

I divieti, impliciti o espliciti, hanno senso solo in relazione a qualcosa di riconosciuto come valido. Ad esempio, se il codice della strada impone la guida a destra è divieto implicito marciare sulla corsia opposta – a meno di non essere in UK ma lì il codice della strada, com’è noto, su questo tema è sbagliato! 😊. Oppure, se una strada è a senso unico troverai il segnale di divieto (esplicito) di accesso se provi ad immetterti in senso contrario. E così via.

Ove è chiara la regola saranno chiari anche i divieti che ne derivano. Dunque una FIA che avesse esplicitato in modo più appropriato un Codice di condotta per i suoi iscritti sui temi qui discussi avrebbe meno difficoltà, e sarebbe conseguentemente meno ipocrita, se su quella base esplicitasse anche dei divieti. Del resto, come abbiamo visto, non basta asserire il general principle of neutrality e pretenderne chiarezza: il contesto in cui FIA intesse i propri rapporti rifugge, per sua stessa natura, da una vaga neutralità sicché bisogna, come minimo, spiegare in cosa consiste.

Oppure avrebbe potuto, e forse dovuto, astenersi, conscia del fatto che eventuali manifestazioni di quel tipo da parte dei piloti ricadranno solo ed esclusivamente nella loro personale sfera di responsabilità. Quella maglietta indossata da Hamilton sul podio del Mugello, per quanto il gesto sia stato animato da nobilissimi intenti, non è (purtroppo?) riuscita ad avere l’effetto che lui cercava: troppo estemporaneo, un po’ sconclusionato, menchemeno capace di smuovere le coscienze. Insomma, è apparso un po’ ridicolo e, in definitiva, ha persino rischiato di ottenere l’effetto contrario a quello desiderato.

Siamo ben lontani dai gesti epocali, per fare qualche parallelismo, di un Cassius Clay/Mohammad Alì o di Tommie Smith John Carlos sul podio delle Olimpiadi di Città del Messico 1968. E le conseguenze di ciò sono ricadute solo su di lui: nessuno si è premurato di far polemiche con la FIA che non siano state qualche tiepido e insignificante chiacchiericcio sui social.

Che poi alle volte sarebbe sufficiente comportarsi da gentlemen per far passare surrettiziamente messaggi positivi.

Come hanno fatto questi signori qui:

Oppure come questi altri due:

Piccola digressione e consiglio a Lewis: c’è stato un altro tizio in formula 1, qualche anno fa e del quale Lewis possiede un casco ma non certo il carisma, che al di là di qualche sporadico claim a sfondo religioso, si spendeva per le sue idee sociali molto sotto traccia. Dopo la sua morte si è scoperto quanto già da anni stesse facendo per i derelitti del suo paese senza che quasi nessuno lo sapesse.

Ecco, caro Lewis, avrai sempre il mio appoggio quando ti batterai contro l’ingiustizia e i soprusi del razzismo ma preferirei più fatti e meno proclami.

Il ben più sagace e intelligente Sebastian Vettel ha fatto azioni meno clamorose ma più efficaci, costringendo quasi tutti i commentatori a riconoscergli una statura intellettuale che sino a pochi anni fa, nessuno gli sospettava. E non parlo solo di coloro che approvano le sue mosse di “impegno” ma anche di coloro che non le approvano perché il modo in cui non sono approvate, a differenza di quanto accaduto con Lewis, mostra la serietà con cui vengono considerate.

In entrambi i casi, la responsabilità di quelle mosse, politica e mediatica, è ricaduta sui loro attori. Se fossero state poco accettabili, le scuderie di cui facevano parte avrebbero avuto le loro difficoltà a gestirle. E le cose si sarebbero, in un modo o nell’altro, aggiustate da sole.

Che c’entra la FIA in tutto ciò?

A onor del vero, una cosa giuridicamente giusta la FIA l’ha fatta in quell’articolo.

Il punto che ho discusso sino ad ora è l’n ma il punto f (12.2.1.f), in particolare e per quanto qui interessa, è del tutto accettabile:

[sempre con la premessa che verrà considerata breach of rules]

Any words, deeds or writings that have caused moral injury or loss to the FIA, its bodies, its members or its executive officers, and more generally on the interest of motor sport and on the values defended by the FIA.

Il dettato del punto f è già sufficiente a proteggere la FIA (che questo dovrebbe essere il vero scopo di questo Codice di condotta sportiva) e i suoi iscritti da comportamenti la possano oggettivamente danneggiare sotto il profilo morale (in senso giuridico) o che possano danneggiare il motorsport.

A essere capziosi, quel values defended by the FIA, riaprirebbe l’analisi ma è sufficientemente fumoso da schivare i proiettili critici che sto lanciando.

In pratica, c’è già quel paletto che vincola del tutto legittimamente gli iscritti alla FIA, e conseguentemente anche i piloti a maggiore visibilità, a non avere comportamenti oggettivamente dannosi, quali che essi siano, ivi comprese, dunque, anche manifestazioni di posizioni personali sul piano politico, sociale o religioso. E, conseguentemente, non c’era alcun bisogno del punto n.

Ciò non farà altro che addirittura stimolare alcuni piloti a spendere se stessi, magari per cercare di gonfiare artificiosamente la propria popolarità, proprio a esprimere posizioni politiche, religiose, sociali e conseguentemente ad aumentare il numero delle polemiche che, nel mondo della Formula 1 della FIA, ce n’è già abbastanza (e non c’è bisogno che ne faccia l’elenco perché sarebbe troppo lungo – TD39 docet, tanto per limitarmi a quello più recente): che bisogno c’era di aprirlo ad altre potenziali?

E qui torniamo al buon Kevin Magnussen.

La sua perplessità, che ho fatto mia con la dovizia di particolari, è dunque perfettamente legittima. Che l’articolo 12.2.1.n sia uno specchietto per le allodole, un’arma di distrAzione di massa, un’inutile e forse persino dannosa fuoriuscita dai binari lo scopriremo solo vivendo.

Per quanto mi riguarda, si sarà capito, sono contrario a quel punto n ma non ci posso fare niente.

Quindi non mi resta che consigliare al buon Kevin, quando a Barcellona o a Silverstone farà un bel ciocco con il suo team-mate, di pensarci un po’ prima di guardarlo di sottecchi e proferire in mondovisione ancora una volta:

Suck my balls, mate!

Metrodoro il Teorematico

HAMILTON DOMINA IN QATAR. ALONSO TORNA SUL PODIO.

La F1 arriva sul nuovo (per lei) circuito di Losail, in Qatar mentre infuriano le polemiche. La Red Bull accusa la Mercedes di usare un’ala irregolare, le Mercedes chiede alla FIA di indagare sulla difesa di Verstappen in Brasile, ottenendone uno scontato rifiuto.

E così Max e la Red Bull si autoinfliggono una penalità. Fine del Q3, Hamilton saldamente in pole, l’olandese non si sta migliorando. 30 secondi prima che lui passi sul traguardo, Gasly buca una gomma e si ferma in pieno rettilineo. Sventola la doppia bandiera gialla, ma il sistema di avviso sul volante chissà perchè non è attivo. Dal box RB non parte alcuna segnalazione al pilota, e Verstappen non pensa nemmeno per un attimo alla possibiltà di rallentare, nonostante le bandiere sventolate siano ben visibili.

La penalità sembra scontata, e in effetti lo è, ma la FIA ci mette quasi 24 ore a deciderla. E così meno di due ore prima della partenza si viene a sapere che Max dovrà partire dalla settima posizione. Con Perez nemmeno entrato in Q3, e relegato oltre la decima posizione, e Bottas pure lui penalizzato ma di sole 3 posizioni, e, quindi, davanti a Verstappen (per quanto abbiamo visto non essere un gran problema), si preannuncia una domenica difficile per la Red Bull. Ma al fianco di Lewis c’è uno dei loro, Gasly, con il quale Marko dialoga lungamente prima della partenza.

Si spengono i semafori e l’inglese parte benissimo. Il francese non può fare nulla per contendergli la prima posizione, e deve invece difendersi da un arrembante Alonso, che lo supera all’esterno e si prende la seconda posizione. Anche Verstappen parte molto bene e si porta rapidamente in quarta posizione. Mentre, come previsto, Bottas non ha creato alcun problema, avviandosi in modo orribile e ritrovandosi in undicesima posizione.

Al quarto giro Max supera Gasly, e al successivo anche Alonso. Il distacco da Hamilton è di poco più di 4 secondi. I primi due girano oltre due secondi più veloci degli altri, e si contendono il giro più veloce. 

Al giro 12 Norris supera Gasly e si mette alla caccia di Alonso. Al giro successivo è il turno di Perez superare il francese, che si ferma per montare gomme medie. Al giro 16 il messicano supera Lando. Nel frattempo anche Bottas si è svegliato, ed ha rimontato fino alla sesta posizione.

Al giro 18 Verstappen, ormai ad 8 secondi da Hamilton, si ferma per montare gomma dura, mantenendo la seconda posizione. A scanso di equivoci, in Mercedes copiano la strategia Red Bull, e il giro successivo Lewis si ferma e monta anch’egli la gomma dura. 

Alonso, ottimo terzo con gomma soft, fa la sua sosta al giro 25, e riesce a stare davanti a Perez, che si era fermato diversi giri prima. La terza posizione viene ereditata da Bottas, che però non ha ancora fatto la sua sosta.

Il sogno di Nando di tornare sul podio dopo oltre 100 gare sembra finire al giro 30 quando Perez lo supera, non senza difficoltà, e lo stacca facilmente. D’altra parte, vista la differenza di mezzo meccanico, è fin troppo significativo che il quarantenne spagnolo dopo quasi metà gara sia ancora davanti ad una Red Bull. Ma ci sono ancora molti giri da percorrere.

Al giro 33 a Bottas, che non si era ancora fermato, cede la gomma anteriore sinistra. Il finlandese finisce nella ghiaia, ma riesce a rientrare e ad arrivare al box a velocità sostenuta. La sua gara è però compromessa.

Fra i primi due la situazione è relativamente tranquilla. Il distacco oscilla fra i 6 e gli 8 secondi, e la battaglia, ora, è per il punto del giro veloce. E al giro 42 la Red Bull, non avendo più nulla da perdere nè da guadagnare, fa fermare Verstappen per montare la gomma media, subito imitato dal compagno di squadra Perez e, al giro successivo, anche da Hamilton.

Alonso si ritrova così nuovamente al terzo posto, con 13 giri da percorrere e Perez a 20 secondi. Il messicano dovrà superare ben tre avversari prima di arrivare a lui, e fra questi c’è Ocon, al quale Nando chiede di difendersi come un leone per aiutarlo a mantenere un incredibile posto sul podio. Il francese ci prova in tutti i modi a mettere in difficolta Checo, ma la Red Bull è troppo superiore e deve lasciarlo andare.

Al giro 51 prima Norris, poi entrambe le Williams, bucano la gomma anteriore sinistra. Lands e Russell riescono a rientrare ai box, mentre Latifi è costretto a fermarsi lungo la pista. Non vi è però nessuna neutralizzazione, e la gara prosegue per gli ultimi giri, con Alonso che teme il ritorno di Perez, oltre ad una possibile foratura visto che le sue gomme hanno già coperto oltre 25 giri.  Dietro di loro c’è una bella lotta per la quinta posizione con quattro macchine racchiuse in pochi secondi: Ocon, Stroll e le due Ferrari, con Sainz davanti a Leclerc.

Ma al giro 55 viene attivata la Virtual Safety Car per consentire il recupero della macchina di Latifi che non era in una posizione sicura. Verstappen ne approfitta per fermarsi ai box e montare gomma soft per tentare l’attacco al giro veloce, che peraltro è già suo. 

Quando la VSC viene disattivata, manca solo un giro, utile solo a Max per migliorare il giro più veloce.

Finisce così con Hamilton che completa un week-end di dominio e accorcia ulteriormente, portandolo ad 8 punti, il distacco da Verstappen, il quale non ha potuto fare altro che limitare i danni. Al terzo posto un grandissimo Alonso, che si è guadagnato il podio senza l’aiuto di ritiri o situazioni particolari, ma unicamente con il suo talento, che è ancora immenso nonostante i quarant’anni di età. Al quarto posto Perez, che porta a casa punti buoni per la Red Bull, ma che resta inspiegabilmente sempre molto lontano dal compagno di squadra. Al quinto posto Ocon con l’altra Alpine, seguito da Stroll e dalle due Ferrari di Sainz e Leclerc, oggi decisamente sotto tono ma comunque, alla fine, ancora davanti alle Mc Laren. Chiudono la zona punti Norris e Vettel.

Fra due settimane si andrà in Arabia Saudita, sempre che riescano a completare la costruzione della pista. Nel caso vincesse nuovamente Hamilton, e segnasse anche il giro più veloce, i due contendenti si presenterebbero all’ultima gara ad Abu Dhabi a pari punti. Un’eventualità straordinariamente affascinante. Sarebbe bello che si materializzasse senza polemiche o dubbi di regolarità vari ed assortiti, ma c’è da scommettere che non succederà.

* immagine in evidenza dal profilo Twitter @AlpineF1Team

F1 2021 – GRAN PREMIO DEL QATAR

Il ventesimo Gp stagionale coincide con una prima assoluta per il circus della F1 in Qatar.

Il circuito è quello di Losail, ben conosciuto dagli appassionati di motociclismo poichè spesso è stata la tappa inaugurale di ogni mondiale degli ultimi anni.

Ed è stato anche terra di conquista per la sorella gemella della Ferrari in MotoGP, la Ducati, che spesso e volentieri si è portata a casa la vittoria.

immagine da pirelli.com

Ecco, ci sentiamo tranquillamente di affermare che, a meno di cataclismi biblici, la Ferrari non ha praticamente speranze di emulare la sua “compagna” emiliana di Borgo Panigale.

Anzi, per i rossi arrivano con tutta probabilità una serie di tre GP in cui dovrà difendersi piuttosto che attaccare. Con un “ma” molto grande, ovvero quello che sul circuito di Losail la F1 non ha mai messo piede e tutti i team dovranno lavorare sodo per trovare i giusti riferimenti.

Ovviamente gli occhi saranno puntati sullo scontro tra Hamilton e Verstappen. Scontro che si sta trasformando sempre più in una rissa, un pò come succede in quelle partite di calcio di giovanissimi in cui i genitori si menano sulle tribune.

Questa è ormai l’immagine che danno i rispettivi team principal delle due scuderie, Wolff e il duo Horner/Marko. La tensione dopo il GP del Brasile è altissima con il solito scambio di accuse, ipotesi di irregolarità più o meno verificabili, gesti inconsulti a favore di telecamera, azioni dissuasive in pista oltre il limite della penalità.

In Brasile doveva essere Verstappen ed invece è stato Hamilton, con una superiorità della W12 che è apparsa lampante, mi sento di dire superiore a quello che il pilota inglese, fenomenale, ha saputo mettere in pista.

immagine da livegp.it

Sotto accusa stavolta una sorta di sistema “DAS” ma al posteriore, in grado di abbassare la W12 in rettilineo e riportandola al giusto assetto prima delle curve quando si aziona il freno.

Ovviamente al momento sono tutte illazioni, a maggior ragione se vengono dalla Red Bull, annicchilita nell’ultimo GP da una Mercedes che sembrava solo aspettare il colpo del KO dopo le sconfitte ad Austin e Messico.

Quello che sembra invece palese è una certa “stanchezza” delle PU Honda su entrambe le vetture austriache. E’ risaputo che in Red Bull stanno cercando di finire la stagione senza ulteriori penalità dovute al cambio di PU ma il recente GP ha fatto scattare un bel campanello d’allarme.

Verstappen non ha avuto praticamente alcuna chance in gara contro un Hamilton che sembrava guidare come un adulto in mezzo ad un branco di ragazzini. Difficile che una simile disparità di prestazioni possa essere replicata negli ultimi tre GP stagionali ma un pò di panico in Red Bull serpeggia e una delle soluzioni potrebbe essere introdurre un nuovo ICE per avere una PU con più cavalli da sfruttare in un momento decisivo della stagione.

Si correrà di giorno, contrariamente alle moto che corrono sempre in notturna, e il caldo potrebbe essere un fattore decisivo. Pirelli porterà le gomme più dure a disposizione, un aspetto che potrebbe andare a favore della Mercedes da sempre a suo agio con le coperture più dure.

Per la lotta Ferrari/McLaren diciamo che sta suonando l’ultima campana per il team di Woking, scivolato fino a 31.5 punti di distanza in classifica costruttori. Gli ultimi tre gp stagionali dovrebbero vedere una McLaren più in palla rispetto a Ferrari ma è pur vero che quest’ultima negli ultimi due mesi non ha magari fatto vedere chissà quali “alti” ma ha praticamente azzerato le pessime prestazioni viste prima dell’estate.

Sarà dura per Norris e Ricciardo ma una prima “sveglia” sta per arrivare, vedremo con quali effetti.

Anche tra Alpine e Alpha Tauri vale un pò lo stesso detto in precedenza, con i francesi rimontati e superati contro ogni aspettativa.

immagine da f1world.it

Questo complice una Alpha Tauri che ha saputo trarre il meglio dagli ultimi GP e un Gasly in forma smagliante, tale da renderlo presenza stabile nella top 8 nelle ultime qualifiche. Peggio Tsunoda ma anche lui ha dato qualche segnale di risveglio.

Per contro ad Alpine sembrano preclusi piazzamenti al di là del settimo/ottavo posto, un pò poco per mettere in sicurezza la quinta piazza del mondiale costruttori.

Per i restanti team spiace vedere che ormai la Aston Martin fa più parte del gruppo di coda che del due Alpine/Alpha Tauri. Vettel fa quel che può ma con risultati scarsi. Ormai attendono solo il 2022.

La notizia del weekend in ambito piloti è l’approdo per il 2022 del primo pilota cinese nella storia della F1. Conquista che considerando il bacino di utenza ci si aspettava già qualche anno fa ma meglio tardi che mai.

Di sicuro non la pensa così Giovinazzi, che cederà il suo sedile a Guanyu Zhou in Alfa Romeo. Il cinese porterà come dote una trentina di milioni di euro nelle casse del team, e contro questo dato di fatto non c’è prestazione che tenga.

immagine da sport.tiscali.it

Piuttosto spiace pensare che il pugliese, che in qualifica spesso è stato davanti al ben più titolato collega Raikkonen, abbia spesso offerto prestazioni insufficienti in gara, a volte buttando via ottimi risultati con errori banali a fine gara.

Con una maggiore consistenza sarebbe stato ancora in griglia nel 2022, peccato. Questo certifica la non presenza di piloti italiani per l’anno venturo, una brutta notizia per il movimento nostrano che da tempo non riesce a far emergere talenti degni di questo nome e con un supporto economico adeguato.

In merito alle polemiche sul “pilota che compra il sedile”,  cosa di cui è stato accusato il cinese basterebbe dire che di piloti del genere la F1 è sempre stata piena e lo sarà sempre.

Qualche esempio? Perez, che ha sempre corso con sponsor piuttosto forti, Latifi che ha alle spalle un papà piuttosto generoso nei suoi confronti, Stroll, il cui padre ha addirittura comprato una scuderia, Mazepin e ce se sarebbero altri ma chiudiamo con un nome che dovrebbe mettere a tacere ogni polemica: Niki Lauda.

Il Campionissimo austriaco iniziò a correre grazie ai soldi di una banca, un prestito, poichè pur nato in una famiglia molto ricca i suoi genitori non approvavano la sua passione per i motori.

Ora, non crediamo che Zhou possa copiare l’eccezionale parabola di Lauda ma speriamo almeno che possa dimostrarsi quanto meno un onesto pilota e che magari faccia meno danni possibili…

*immagini in evidenza da f1grandprix.motorionline.com

Rocco Alessandro

 

HAMILTON VINCE LA BATTAGLIA DI INTERLAGOS

In F1, si sa, la guerra non si fa solo in pista. E pur di vincere un mondiale si è disposti a tutto. Perfino a chiedere al pilota di prendere le misure della monoposto avversaria con le dita.

La simpatica scenetta va in onda il venerdì, dopo le “qualifiche” che determinano l’ordine di partenza della gara sprint del sabato. Hamilton, con il motore nuovo che gli costerà 5 posizioni sulla griglia di partenza la domenica, si prende la “pole”. Nel parco chiuso, Verstappen tocca prima la sua ala, poi quella dell’auto dell’avversario, nell’apparente intento di misurare qualcosa sul flap mobile del DRS.

Fatto sta che i due rivali per il mondiale si ritrovano entrambi indagati. L’olandese per avere violato la regola del parco chiuso, mentre all’inglese viene addebitata un’ampiezza eccessiva dell’apertura del DRS. Finisce col primo multato di 50.000 euro, e con il secondo relegato in fondo alla griglia per la gara sprint, per un’infrazione di 0.2 mm su 85.

Nella garetta del sabato, Bottas brucia Verstappen e si guadagna la pole position (quella vera), con Sainz fantastico terzo, mentre Hamilton rimonta dalla ventesima alla quinta posizione, che diventerà la decima il giorno dopo.

E la domenica sul circuito di Interlagos la temperatura è aumentata di 20 gradi, mentre i delegati tecnici della federazione continuano a stazionare nei pressi della Mercedes, forse in cerca di qualcosa che non è dato a sapere.

Si spengono i semafori e Bottas ancora una volta rende la vita facile alle due Red Bull. Una timida resistenza a Verstappen in curva 1 e tempo qualche curva il finlandese è dietro pure a Perez. Le due Ferrari ingaggiano un duello all’arma bianca e Leclerc passa Sainz, partito male e vittima di un contatto con Norris.

Bastano 4 giri ed Hamilton è già dietro a Bottas, che gli lascia la terza posizione. 

Al giro 7 la direzione gara si accorge dei detriti lasciati in curva 1 da Tsunoda qualche giro prima, ed esce una provvidenziale (per Hamilton) Safety Car.

Quando rientra la SC, Verstappen gestisce la perfettamente la ripartenza, e per Hamilton non c’è alcuna possibilità di tentare un attacco a Perez. Ma qualche giro dopo, proprio mentre l’inglese attacca il messicano, la direzione gara attiva la Virtual Safety Car per far ripulire la pista dai detriti lasciati da Mick Schumacher dopo un contatto con Raikkonen.

Al giro 18 Lewis attacca Perez, questa volta per davvero, in curva 1 e lo supera magistralmente all’esterno. Ma il messicano non è Bottas, e lo supera di nuovo nel rettilineo successivo. Al giro dopo l’inglese ripete la manovra, ma questa volta Checo non riesce a stare sufficientemente vicino per restituire il sorpasso, e non potrà più essere d’aiuto al compagno di squadra.

Hamilton non riesce però a chiudere il gap con Verstappen. e al giro 27 anticipa il rivale nella sosta ai box, che lo imita il giro dopo, ritrovandosi però con un vantaggio dimezzato.

Una nuova Virtual SC al giro 31 permette a Bottas di fare la sua sosta guadagnando la posizione su Perez. Nel frattempo Lewis è arrivato a tiro di DRS ma Max non consente mai al distacco di scendere sotto al secondo. Stando così vicino all’avversario, l’inglese scalda troppo le gomme.

Il box Mercedes chiede a Lewis che mescola vuole per il successivo pit-stop, e in Red Bull capiscono che Hamilton si fermerà un’altra volta. Decidono così di coprirsi dall’undercut, e fanno rientrare Verstappen. Ma l’inglese non rientra, mentre è Bottas a fare il suo pit-stop, seguito al giro successivo da Perez. 

Hamilton fa il suo pit-stop al giro 44, ma il distacco è aumentato rispetto a prima. E, inoltre, lui voleva gomma media, e pure Bottas si lamenta col box per una strategia eccessivamente conservativa che, a suo dire, ha fatto perdere una possibile doppietta.

Ma Lewis non si perde d’animo, e si rimbocca le maniche, chiudendo il gap con Verstappen. Al giro 48 attacca una prima volta Max, il quale lo porta fuori pista. L’episodio viene notato ma la direzione gara, dopo una chiamata da parte della RB, decide che non è il caso di investigare. Il che fa ovviamente andare su tutte le furie gli avversari, che contattano a loro volta il direttore di gara per esprimere il proprio disappunto. 

Hamilton ci riprova al giro 58, e questa volta Verstappen gli zig-zaga davanti e si becca una bandiera bianco-nera. Ma al giro successivo Lewis non gli lascia scampo, e Max, molto intelligentemente, non reagisce e lo lascia andare.

Gli ultimi giri sono una passeggiata per Hamilton, e la gara termina così con l’inglese che ritorna prepotentemente alla vittoria, nonostante una doppia penalità, una partenza dall’ultima posizione nella gara sprint e una dalla decima nella gara vera. Il tutto su una pista teoricamente favorevole alla Red Bull. Ma si è visto che, con un motore nuovo, la Mercedes è allo stesso livello, e ora di motori nuovi Lewis ne ha uno in più di Max.

Dietro ai due rivali per il titolo si piazzano i due rispettivi scudieri, Bottas e Perez. Poi, in un’altra categoria, le Ferrari di Leclerc e Sainz che consolidano il terzo posto nella classifica costruttori, grazie alla giornata disastrosa della McLaren. Al settimo posto Gasly, seguito da Ocon, Alonso e Norris.

Già il prossimo week-end il circus sarà in Medio Oriente, per un finale di mondiale che si annuncia molto interessante, con due piste sconosciute su tre e, soprattutto, battaglia sia in pista che fuori. 

P.S. in altri tempi, sia con Max e Lewis che con altri protagonisti, un duello come quello di oggi sarebbe finito a ruotate con entrambi fuori pista. Oggi non è successo. E questa non è una cosa banale. Si può duellare duramente anche senza che intervengano i commissari o senza fare vigliaccate. Resta da vedere cosa succederà se si riproporrà all’ultima gara una situazione simile a quelle nelle quali fu protagonista Schumacher con Hill e Villeneuve.

P.S. 2 vedere Red Bull e Mercedes combattere a suon di reclami merita un cestello di pop-corn. Parliamo di due squadre che, come tutte quelle che hanno dominato per diversi anni consecutivi prima di loro, molto probabilmente hanno corso in diverse occasioni con macchine che non rispettavano il cosiddetto “spirito del regolamento”, che, ovviamente, non esiste. E, forse, qualche volta non hanno rispettato nemmeno il regolamento, quello vero.

* immagine in evidenza dal profilo Twitter @F1

F1 2021 – GRAN PREMIO DEL BRASILE

Neanche il tempo di prendere fiato che è già tempo di un’altra pista, un’altra battaglia, un’altra tappa cruciale per il mondiale F1 2021.

Si va dal Messico al Brasile, sull’ormai iconica pista di Interlagos, per l’ultima gara prima del trittico mediorientale.

Si arriva, secondo pronostico, con un Verstappen che ha allungato in classifica su Hamilton. C’è da dire che per l’inglese sarebbe potuto andare molto peggio in Messico e invece è riuscito a perdere “solo” 7 punti dal rivale olandese, che è ancora a tiro, nonostante tutto.

Diciannove punti a 4 gare dal termine sono uno svantaggio notevole ma non impossibile da recuperare. Il problema è che l’inerzia del campionato è ormai tutta a favore del suo rivale, che arriva da due vittoria di fila e da 9 complessive in stagione.

La vittoria Red Bull in Messico era ampiamente annunciata ma l’impressione è che la Mercedes fatichi sempre di più a tenere il passo dei rivali e che solo il talento dell’inglese riesca a mettere una pezza a una situazione oggettivamente quasi compromessa.

La sofferenza non è ancora finita considerando che si va in una delle piste in cui Red Bull ha sempre fatto bene negli ultimi anni e in cui Verstappen si trova molto a suo agio.

immagine da ansa.it

Probabile quindi che si possa arrivare a Losail con l’olandese in vantaggio di una gara in termini di punti su Hamilton, anche se in Brasile i due team mattatori del campionato si troveranno molto più vicini in termini di performance rispetto al GP messicano. Hamilton è alle corde, serve qualcosa di speciale e un pò di fortuna per ribaltare la situazione.

Sarà quindi un’altra lotta sul filo dei millesimi, soprattutto nella qualifica/non qualifica valida per la griglia di partenza della sprint race del sabato pomeriggio.

Questo vuol dire anche poco tempo per settare adeguatamente le monoposto, ricordiamo che ci sarà solo un turno di libere la mattina di venerdì, e con tutta probabilità il grosso del lavoro sarà dedicato al giro da qualifica, mentre le prove libere del sabato mattina saranno incentrate sugli assetti da gara.

Anche per Ferrari sarà un GP importante perchè è uno di quelli, sulla carta, favorevoli alle caratteristiche della SF21H. Il nuovo motore potrà di sicuro aiutare ma più importante sarà trovare un adeguato carico aerodinamico che faccia lavorare bene le gomme, per evitare la scialba prestazione vista in Messico che ci si aspettava di sicuro migliore.

Importante per gli uomini di Maranello mettere fieno in cascina prima delle gare in Medio Oriente, dove si prevede una McLaren decisamente più sul pezzo e una Ferrari che dovrà giocare più in difesa.

immagine da thelastcorner.it

La squadra di Woking viene da un paio di GP anonimi e deve cercare di rispondere ai ceffoni presi di recente per potersi giocare il terzo posto nella classifica costruttori nelle ultime gare.

Curiosità nel vedere se l’Alpha Tauri sarà competitiva così come visto in Messico. Con tutta probabilità non sarà così ma considerando i distacchi minimi che ci saranno in qualifica e il format della sprint race, potrebbe essere nuovamente la variabile impazzita.

Per contro la Alpine dovrà difendere il suo quinto posto che è sempre più minacciato, cosa impensabile fino a qualche settimana fa. Aston Martin dovrà affidarsi nuovamente a Vettel che la sta tenendo a galla nelle ultime settimane.

immagine da motorbox.com

In casa Alfa Romeo fa più notizia lo scontro di Giovinazzi con il team che i punti che porta a casa Raikkonen. Intanto atteso al martedì successivo al Gp del Brasile il nome del compagno di squadra di Bottas per il 2022. Considerando quello che è successo, scontato che Giovinazzi abbandonerà la F1 alla fine di quest’anno.

Williams punterà tutto su Russell, amante del circuito brasiliano mentre in Haas, come spesso accade fa più notizia Mazepin dentro e fuori dalla monoposto che quello che il team è in grado di ottenere in pista. Coraggio, il 2021 è quasi finito…

*immagine in evidenza da quanteruote.it

Rocco Alessandro