Jean Alesi, ovvero un pilota dal grande futuro dietro alle spalle

1990, Gran Premio di Monaco a Montecarlo.

Ayrton Senna, come di consueto, è in pole position. Seguito dall’idolo dei ferraristi – e mio, all’epoca – Alain Prost. Subito dietro ad occupare la terza posizione c’è un giovanissimo pilota francese, campione di F3000 dell’anno precedente con il team di Eddie Jordan, un certo Jean Alesi. Guida una modesta, ma bellissima, Tyrrell caratterizzata da un’ala a forma di gabbiano all’anteriore. Precede monoposto ben più quotate, come l’altra McLaren-Honda di Gerhard Berger, la Ferrari dell’altro idolo Nigel Mansell e le due Williams-Renault di Riccardo Patrese e di Thierry Boutsen.

In gara, al semaforo rosso, pronti via, Jean ha uno scatto fulmineo.  Al Mirabeau affianca e sorpassa senza alcun complimento il professor Prost, che allarga e viene tamponato da Berger. Bandiera rossa. Tutto da rifare.

Quello è stato il momento in cui ho scoperto Jean Alesi. E, come spesso accade nelle storie d’amore, è stato odio a prima vista.

L’ho odiato ritenendolo colpevole – il tifo annebbia, soprattutto quando si hanno solo 12 anni – dell’incidente che poteva far uscire di scena Alain, se non avessero deciso di ripetere lo start.

Si riparte. Al pronti via numero 2, Jean ci riprova. Nello stesso identico punto. Ma stavolta Prost tiene duro, e vira al secondo posto. Posizione che occuperà, sempre insidiato da vicino da Jean, fino a quando non è costretto a ritirarsi, per problemi alla sua Ferrari.

La gara termina con la telefonatissima vittoria di Ayrton.

Ma la vera notizia è che alle sue spalle c’è la Tyrrell ad ala di gabbiano del semi-esordiente Jean Alesi.

Passo indietro.

1989. Gran Premio di Francia. Giovanni Roberto Alesi, un francese di Avignone con sangue siciliano nelle vene, debutta per il team del compianto Ken Tyrrell, noto come “il boscaiolo”, che gli affida il volante che fino a quel momento era stato dell’indimenticato Michele Alboreto.

Nella gara di esoridio, il francese occupa il secondo posto per alcuni tratti di gara. Termina quarto, per un debutto che lascia il segno. Prestazioni confermata da altri posizionamenti a punti, in Italia ed in Spagna.

Il vecchio Ken si sfrega le mani, sicuro di aver messo su una sua monoposto un potenziale, futuro campione, e pregusta già prestazioni da urlo del suo picciotto di Avignone. Insomma, Jean Alesi ha un grande futuro davanti a se.

Torniamo di nuovo un anno avanti. Gran Premio degli Stati Uniti a Phoenix, Arizona. Prima gara della stagione 1990. Alesi scatta dalla quarta casella, ma alla prima curva è già in testa grazie ad uno scatto fenomenale. Jean conduce la gara per una trenitna di giri, prima di iniziare un duello senza esclusione di colpi con Ayrton Senna. Duello culminato in spettacolari manovre di sorpassi e contro sorpassi. Alesi non ha alcun timore reverenziale nei confronti del campionissimo brasiliano, e cede la posizione solo dopo una durissima battaglia. E’ secondo al traguardo. Dietro Senna. Come a Monaco, due mesi piu tardi.

Fast forward, ed arriviamo a settembre 1990, Monza. Si svolge la sessantunesima edizione del Gran Premio di Italia. Come d’abitudine, Ayrton Senna è in pole position, e precede il suo acerrimo nemico Alain Prost. Poi Berger, Mansell e Jean Alesi al quinto posto. Al pronti via, ancora ottimo scatto del francesino, che salta davanti a Mansell. E poi supera Prost, con una fantastica finta destra-sinistra alla Roggia (https://youtu.be/NnJZpBG3VeY?t=5m51s). Oggi chiameremmo quella manovra una “Ricciardo-move”. Jean è terzo, incollato a Berger e pronto a sferrare l’attacco per la seconda posizione. Intenzioni belliche stoppate dall’incidente di Warwick alla parabolica. Bandiera rossa. Tutto da rifare. Il restart sembra una fotocopia: Jean salta Mansell, e di nuovo alla variante della Roggia supera Prost. I telecronisti di diversi paesi si lasciano andare tutti ad affermazioni simili: Jean Alesi è un sicuro, futuro campione del mondo.

All’interno del paddock tutti ne sono convinti. Frank Williams lo mette sotto contratto per la stagione 1991, promettendogli una macchina molta competitiva. Ma le cose vanno diversamente. Complice l’incidente in elicottero di Alessandro Nannini, a Maranello decidono che il pilota a cui affidare il volante vacante accanto ad Alain Prost è Jean Alesi. Comincia un breve braccio di ferro con la Willians: Jean, che da adolescente aveva la gigantografia di Gilles Villeneuve in camereretta, vuole assolutamente approdare a Maranello per coronare un sogno, il suo sogno. Dall’altra parte Frank Williams è inizialmente intenzionato a far valere il contratto firmato. Alla fine Jean si accorda con Cesare Fiorio e nel 1991 guiderà per la Ferrati al fianco di Prost.

La telenovela sulla firma del contratto. (Matitaccia Giorgio Serra, estate 1990)

Il braccio di ferro è il segno che il pilota è conteso dai top team. D’altra parte addetti ai lavori e tifosi sembrano non avere dubbi: il giovane, arrembante lupacchiotto francese, è pronto a fare lo sgambetto ai mostri sacri della categoria.

Nastro in avanti, 1991.

Incredibilmente, la Ferrari inizia il periodo di digiuno dalle vittorie piu lungo della sua storia. Digiuno che si protarrà fino al 1994, quando Jean è ancora alla guida della Rossa. Ma altrettanto incredibilmente, non è Alesi a sancire la fine del digiuno, bensì il suo compagno di squadra Gerhard Berger, vittorioso in Germania nella sua amatissima Hockenaim.

Quattro lunghe stagioni, 1991-1994, con Alesi ancora a secco di vittorie. Una situazione che sembra essere fantascienza, se vista con gli occhi del 1990. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che quel pilota, autore di prestazioni e gare superlative al volante di una modesta Tyrrell, dopo quattro anni alla corte di Maranello potesse avere un palmares a quota zero alla voce vittorie.

Anche in questi anni, gare superlative, tante. Sfortuna, ancor di piu. Su due livelli. Il primo: essersi unito alla Ferrari nel periodo di peggiore crisi tecnica della scuderia. Il secondo: essere numerose volte vittima dei ritiri più improponibili, i famosi guasti da 50 lire.

L’aurea da predestinato di Jean Alesi sembra rapidamente trasformarsi in aurea da pilota sfortunato. Lo chiamano il nuovo Chris Amon. E non è un caso.

Nel 1991, Alesi disputa una stagione dignitosa accanto ad Alain Prost. Ma la 642 sfornata a Maranello è solo la lontana parente della splendida monoposto a muso di papera che l’anno prima consentì a Prost di contendere il titolo a Senna fino a fine campionato. Soffre in particolare di problemi alla cinematica delle sospensioni e di una certa instabilità aerodinamica, che le conferiscono un particolare andamento “a saltelli” come magistralmente catturato dalla vignetta di Matitaccia Giorgio Serra su un Autosprint dell’epoca. Caratteristica che non cambia nemmeno con l’introduzione della 643 a partire dal Gran Premio di Francia disputatosi in estate.

Il punto tecnico sulla Ferrari 1991 (Matitaccia, estate 1991).

La situazione è molto frustrante per Jean. Ancor di più considerando che con la Williams che avrebbe potuto essere sua, Nigel Mansell si gioca il titolo con Senna fino alla fine del campionato.

L’inverno del 1992 passa all’insegna dell’ottimismo e della speranza. Jean-Claude Migeot e Harvey Postlethwaite, gli stessi che avevano disegnato la bellissima Tyrrell ad ala di gabbiano guidata da Alesi nel 1900, approdati a Maranello sfornano una vettura rivoluzionaria, la F92A. La monoposto è caratterizzata da soluzioni innovative, come il doppio fondo piatto e le fiancate da jet. I risultati in galleria del vento sembrano essere assolutamente sorprendenti.

Jean Alesi, come poi diventerà d’abitudine nei successivi inverni pre-season, si lascia andare a proclami entusiastici: è convinto di poter finalmente ambire a qualcosa di grande.

La realtà della pista però è ben distante dai dati visti in galleria del vento. La monoposto soffre di un consistente blocco aerodinamico, che la rende di gran lunga la vettura più lenta in rettilineo, con un deficit in velocità di punta di circa 20 kmh. Mentre la Williams, con una aerodinamica perfetta e con l’introduzione delle sospensioni attive, è assolutamente su altri livelli di competitività. In alcuni gran premi, il ritardo rispetto al tempo della pole position arriva ad essere di tre secondi, cosa che fa della F92A quasi sicuramente la peggior monoposto che la Scuderia abbia mai messo in pista.

Alesi, e l’italiano Capelli suo compagno di squadra, se la devono vedere spesso con la decaduta Lotus (lontanissime parenti delle Lotus vincenti di anni addietro). Nonostante ciò, Jean mostra sprazzi di quella classe che aveva fatto costantemente vedere nel 1990. E ci mette sempre tutto se stesso.

In Spagna è protagonista di una gara epica. Il suo scatto in partenza, su pista bagnata, è fenomenale, tanto da far pensare ad un jump-start. Sospetto che viene poi confutato visionando le immagini. La gara si disputa sotto un forte diluvio e Jean è coinvolto, suo malgrado, in due contatti (uno con Berger e l’altro con Hakkinen) che in totale gli costano quasi un minuto. Ma lui non molla, azzecca la scelta delle gomme, e vola. Letteralmente vola. In alcune tornate arriva a guadagnare fino a sei (!) secondi nei confronti di chi gli sta davanti. E stiamo parlando, fra gli altri, di Senna, di Mansell e di Schumacher. Conclude la gara sul gradino piu basso del podio, ed in tanti (compreso lui stesso) si chiedono dove sarebbe potuto arrivare senza quei due contatti.

L’impresa impressiona. Ed infiamma, soprattutto tifosi e giornalisti. Tanto che il paragone con Gilles Villeneuve diventa sempre più ricorrente, anche negli anni a venire.

Jean alla Gilles: un paragone sicuramente azzardato, che da la misura di quanto i tifosi amino il francesino di Avignone.

Concluso l’annus horriblis, si arriva al 1993 che si preannuncia essere una stagione interlocutoria per la Ferrari. Jean è come sempre ottimista e carico a mille, ma la Ferrari è chiamata a risollevarsi da una situazione tecnica a dir poco imbarazzante. Allo scopo viene richiamato “il mago”, John Barnard, a cui viene data carta bianca dal punto di vista tecnico, tanto che la Ferrari accetta che lui lavori da Guilford, dove ha creato la cosiddetta “antenna tecnologica”. Anche sul fronte piloti c’è un ritorno: viene ingaggiato Gerhard Berger, col duplice scopo di portare importanti contenuti tecnici dalla McLaren, e di guidare lo sviluppo della monoposto. Non un buon segno per Jean, visto che sembra che Barnard non si fidi delle sue capacità tecniche.

Jean come sempre guida col cuore, ed è autore di gare che infiammano i tifosi. Che sempre più lo amano e lo osannano. I risultati scarseggiano, ma lui emoziona.

A Monaco porta a casa un prezioso terzo posto, alle spalle di Senna e di Hill alla guida di monposto ben piu performanti. A Monza, come sempre, è protagonista di una super prestazione considerando il valore della macchina: terzo in prova, dietro alle inarrivabili Williams, e secondo in gara dietro a Damon Hill. In Portogallo, all’Estoril, in un week-end pieno di avvenimenti storici e simbolici, è di nuovo protagonista di una partenza fenomenale: scatta dalla quinta casella, davanti a Michael Schumacher, e chiude la prima curva al primo posto scavalcando in un colpo solo, rispettivamente, Damon Hill, Alain Prost, Mika Hakkinen ed Ayrton Senna. A proposito di Hakkinen, è al debutto assoluto su una McLaren, subentrando ad un deludente e mai competitivo Mike Andretti. Ed è subito più veloce in qualifica di Sua Maestà Ayrton Senna. La leggenda racconta che Ayrton non la prese per nulla bene, commentando a denti stretti “come diavolo ha fatto a migliorare il mio giro? Non può essere!”.

La prima parte della gara scorre con Jean a difendere la prima posizione, soprattutto grazie al dodici cilindri Ferrari che ha cominciato a crescere vistosamente in potenza e prestazioni. Dopo la girandola dei cambi gomme, Schumacher si trova in testa e va a vincere la seconda gara della  sua carriera, dopo quella ottenuta in Belgio un anno prima. Prost conclude al secondo post, assicurandosi cosi il quarto titolo da campione del mondo, ed annuncia il suo definitivo ritiro. Alesi invece conclude ai piedi del podio, dopo un duello ferocissimo con Mika Hakkinen che, nel disperato tentativo di superarlo, finisce fuori pista. La potenza del motore Ferrari costringe Mika ad restare attaccato a Jean, nel tentativo di provare una manovra di sorpasso. Ma in questo modo perde carico aerodinamico e si stampa  a muro. A fine gara Hakkinen dichiara – testuale – “Jean è riuscito a mantenera la posizione, grazie alla…capacità del motore Ferrari di tenere dietro gli altri”. Un buon segno per Maranello, dove finalmente vedono uno spiraglio di luce illuminare l’oscurità tecnica degli anni precedenti.

Il 1994 è l’anno della rivoluzione. Via le sospensioni attive e l’elettronica tutta dalle monoposto. Alain Prost ha abbandonato il circus. Ayrton Senna si è accaparrato l’agognato sedile in Williams. E la Ferrari presenta una monoposto bellissima, la 412T1. La prima interamente frutto di John Barnard, da quando è tornato a lavorare per Maranello. La macchina presenta soluzione inedite, come le piastrine di ancoraggio dei bracci della sospensione, e come la forma delle pance che ricorda lontanamente quelle della F92A (non un buon presagio, in realtà). Si vocifera che il telaio sia caratterizzato da valori di rigidità strutturale assolutamente incredibili. E soprattutto è equipaggiata dal V12 che ormai è diventato il più potente del mondiale (alcune fonti parlando di più di 900 CV raggiunti a fine campionato).

Alesi, come di consueto, passa l’inverno inviando dichiarazioni belliche. Afferma di essersi allenato come non mai, di essere più in forma che sempre, e di voler vincere il titolo mondiale.

Ancora una volta, la realtà è ben diversa. Nella gara di esordio in Brasile, anche se Alesi sale sul podio dietro a Michael Schumacher e Damon Hill, non è mai della partita. La vittoria è un affare privato fra Schumacher e Senna, con quest’ultimo fuori scena nel disperato tentativo di inseguire il tedesco. Inoltre Jean è costretto a saltare le successive due gare a causa di un brutto incidente durante dei test privati, quasi come buio presagio di quel che sta tragicamente per accadere in Formula 1, risvegliatasi improvvisamente pericolosa.

La stagione va avanti, ed è chiaro che la nuova stella è Michael Schumacher. Così come sembra evidente che il tedesco non lascerà che le briciole agli avversari negli anni successivi. Ancora una volta Jean è protagonista di diverse gare da protagonista assoluto. Ma la beffa è, come scritto in precedenza, che a concludere il digiuno di vittorie della Ferrari non è lui, bensì il suo compagno di squadra Gerhard Berger al Gran Premio di Germania, dove Jean è costratto a ritirarsi al primo giro per problemi di natura elettrica.

Due mesi dopo sembra finalmente essere il suo momento. A Monza per il Gran Premio di Italia (e dove sennò?), il francese è finalmente in pole position, seguito dal suo compagno per una prima fila tutta Rossa. La strategia di gara è semplice: Jean parte con poca benzina e va all’attacco. In 13 giri guadagna circa 10 secondi. Tutto sembra filare liscio quando entra al box, per cambio gomme e rifornimento. Operazioni perfettamente riuscite. Alla ripartenza la monoposto del francese ha un sussulto. Un primo tentativo. Un secondo. Niente. La Ferrari è bloccata in piazzola per un guasto alla trasmissione. Jean schizza fuori dall’abitacolo. E’ furioso, lancia via il volante ed i guanti. E’, ancora una volta, la fine del sogno.

Smaltita la delusione, c’è ancora spazio per altre gare al cardiopalma. In particolare a Suzuka, dove sotto l’acqua, si rende protagonista di un duello rusticano con il rientrante Nigel Mansell. La sfida è di quella senza esclusione di colpi, con i due protagonisti di manovre assolutamente incredibili. Jean chiude al terzo posto, confermando ancora una volta che il suo cuore è di dimensioni bibliche. I tifosi sono innamorati di lui, e lui è innamorato di loro e della Ferrari.

Nel 1995 la Ferrari sembra aver finalmente sfornato una vettura capace di competere per il primo posto. La monoposto, denominata 412T2, è semplice e sincera. Il propulsore garantisce potenza a gogo. Jean si trova a meraviglia al volante di quella macchina, che sembra essere fatta su misura per supportare la sua guida funambolica. In Argentina, seconda gara del mondiale, Alesi conclude secondo alle spalle di Schumacher, distanziato di circa 6 secondi. L’impressione è che Alesi possa concretamente dire la sua e lottare. Impressione confermata nei Gran Premi successivi. Ad Imola, dove va in scena il Gran Premio di San Marino, Jean ottiene un altro secondo posto, questa volta alle spalle della Williams di Damon Hill. In Spagna parte dietro il poleman Schumacher, ma in gara è costretto al ritiro quando occupava comodamente il secondo posto, mostrando un passo di assoluto rilievo. Si arriva a Monaco. E’ di nuovo secondo in gara, dietro Schumacher, quando fa segnare il giro più veloce. E’ in rimonta nei confronti del tedesco quando, sul più bello, incontra un doppiato. La sua bestia nera: Martin Brundle. Nel tentativo di doppiaggio, Jean finisce a muro.

La sensazione è che, con un po’ di fortuna in più, Alesi poteva essere in piena lotta per il mondiale (Schumacher è a quota 34, lui a quota 14. Ma contando i due sicuri secondi posti di Barcellona e Monaco, poteva essere comodamente a 26 punti).

Arriviamo a giugno, in Canada. Sul circuito di Montreal intitolato al compianto Gilles Villeneuve, l’idolo di Alesi e dei ferraristi, che rivedono proprio in Jean lo spirito combattivo ed indomito del canadese. Su pista bagnata, Jean scatta dalla quinda piazzola, e si ritrova al terzo posto quando approfitta di una leggere indecisione di Berger, dovuta ad una uscita fuori pista di David Coulthard.  Jean si trova alle spalle di Hill, e spinge. Recupera terreno, e lo attacca al tornante: è secondo. Non si aveva memoria di un sorpasso in pista ad una Williams da tanto. Ottimo segnale di crescita per la Ferrari. Jean è ancora una volta alle spalle di Michael Schumacher, quando all’improvviso si vede il tedesco andare piano in pista. E’ l’occasione che tutti aspettavano da tempo: Alesi passa in testa, Schumacher è costretto ad una sosta extra, dove gli sostituiscono il volante e può ritornare in pista. Ma è ormai lontano dalla vetta. Per Jean si tratta solo di portate la macchina al traguardo. I tifosi incrociano le dita, e tremano. Ma questa volta la sorte non gli volta le spalle. Alesi finalmente taglia il traguardo al primo posto. Sembra che la favola che tutti pensavano sarebbe iniziata nel 1991, sia finalmente partita. Seppur con 4 anni di ritardo. Autosprint titola: “Giustizia è fatta”.

Autosprint n. 24 – 1995, all’indomani della vittoria di Alesi al Gran Premio del Canada.

Ancora una volta però, la realtà è diversa.

Ricordo Alesi estasiato affermare, in una diretta TV con Montezemolo al telefono, “questa vittoria per me significa la firma sul rinnovo del contratto con la Ferrari”. L’avvocato ascolta e gela tutti: “un momento, non corriamo”.  Capirono tutti, Alesi compreso. Per lui non c’era più spazio in Ferrari, che aveva puntato su colui che a fine anno si sarebbe laureato per la seconda volta consecutiva Campione del Mondo: Michael Schumacher. Una doccia fredda, freddissima. Indimenticabile. La stragrande maggioranza dei tifosi si sentiva tradita. Tanto amavano il francese quanto odiavano il tedesco (me compreso, in quegl’anni). Pensavano che Jean valeva almeno quanto Michael, e che la colpa dei mancati risultati fosse da attribuire esclusivamente alla scarsa competitività delle monoposto di Maranello. Impressione che l’andamento della stagione sembrava confermare: fino a quel momento Jean era stato costante e consistente, sempre competitivo durante ogni weekend.

Subito dopo il vittorioso Gran Premio del Canada, però, la musica cambia decisamente. Jean ormai vive da separato in casa, arrabbiatissimo con il team ed in particolare con Jean Todt. La squadra decide di sospendere lo sviluppo della 412T2 per concentrare i proprio sforzi sulla vettura prossima ventura, nel tentativo di garantire al futuro pilota Ferrari una macchina all’altezza di un due volte Campione del Mondo. Decisione quantomeno controversa: come già evidenziato, la 412T2 è una monoposto che sembra funzionare su ogni circuito, facile da mettere a punto e da guidare. In tanti restano convinti che, continuandone lo sviluppo, e contemporaneamente supportando il pilota fino a fine stagione, Jean Alesi avrebbe potuto facilmente concludere il campionato 1995 al secondo posto alle spalle di Michael. Invece il proseguio della stagione è un continuo di alti e bassi, laddove gli alti sono dei picchi in cui Alesi, ancora una volta, mostra tutto il suo miglior repertorio. In particolare, Monza, Spa e Suzuka. In Italia, solo i famigerati incidenti e guasti impossibili privano Jean di una sicura vittoria. A Spa vola sull’acqua, come sempre. In piena rimonta nei confronti del solito leader Schumacher. Ma un guasto alle sospensioni mette prematuramente fine alla sua cavalcata. Con tanto di polemica finale: Jean accusa la squadra di avergli fatto correre un grosso rischio, visto che aveva notato il guasto ma aveva deciso di non avvisarlo. Non è l’unica polemica pubblica con la squadra: in Ungheria, dal muretto, gli ordinano di cedere la posizione a favore di Berger, che girava più rapido con gomme più fresce. Jean obbedisce. Ma a fine gara si rende protagonista del famosissimo “Todt, mi hai rotto le palle”, sparato in mondovisione. La misura è ormai colma. Ma Jean in pista continua a dare il massimo. Si arriva allora a Suzuka, di nuovo sul bagnato. Di nuovo all’inseguimento di Schumacher: gira anche 4 secondi piu veloce degli altri ma la sua monoposto, manco a dirlo, lo abbandona prima che potesse completare il ricongiungimento col leader della gara. La stagione finisce cosi mestamente in Australia, dove il francese e Schumacher si toccano e sono costretti al ritiro, come ad anticipare lo scambio di monoposto che avverrà l’anno successivo.

E siamo al 1996. Jean Alesi sale sulla monoposto campione del mondo, la Benetton motorizzata Renault che l’anno precedente ha vinto il mondiale piloti con Michael Schumacher. Come d’abitudine, il francese è protagonista di dichiarazioni bellicose durante l’inverno: è sicuro di avere finalmente in mano l’auto per vincere. Ne sono convinti tutti. Ma la stagione sembra ricalcare terribilmente il pattern delle stagioni alla Alesi: alcune prestazioni che incantano, molta costanza di rendimento. Ma per un motivo o per un altro, l’appuntamento con la vittoria sembra essere costantemente rimandato. Al Gran Premio di Spagna piove come Dio comanda. E come Jean spera, considerando le sue prestazioni sull’acqua. Al pronti via, Villenueve, Alesi e Schumacher sono evidentemente piu veloci di tutto il resto del gruppo. Ma ad incantare è Michael, che con la monoposto di Maranello, visibilmente più goffa delle altre vetture top, danza sulla pioggia. Fa un sol boccono del francese e del canadese, involandosi ad un ritmo di 4 secondi al giro piu rapido degli avversari. E’ la prima vittoria di Michael in Rosso. Ed è la prima volta che i tifosi di Jean, e forse lo stesso pilota, cominciano ad avere il dubbio che quel tedesco lì abbia qualcosa di speciale, qualcosa in piu rispetto a tutti quanti gli altri, compreso il francese.

Archiviata la mezza delusione spagnola, eccoci a Montecarlo. Gara di nuovo bagnata e caratterizzata da tanti ritiri. Jean si trova in testa alla corsa, ma ancora una volta a pochi giri dalla fine, la sua monoposto smette di assisterlo. E’ l’ennesimo ritiro quando era in testa alla gara. L’ennesima beffa.

La stagione prosegue senza particolari acuti, con un Alesi molto costante. Costanza che comunque non gli consente di mantenere la terza posizione in classifica generale, che gli viene soffiata da Schumacher al volante delle sua tanto amata Rossa. Altro segno della forza di Schumacher, ed altra crepa nelle convinzioni di Jean Alesi.

Nei test invernali del 1997, inutile dirlo, la Benetton sembra essere l’auto piu competitiva, con Jean Alesi protagonista di dichiarazioni battagliere. Il campionato è invece caratterizzato dal più classico andamento delle “stagioni alla Alesi”: alcuni acuti, e tanta sfortuna. Una gara persa per un soffio a Monza. E di nuovo la beffa della unica vittoria per la Benetton nell’ultimo biennio, firmata non da lui bensì dal compagno di squadra. Ancora una volta quel Gerhard Berger, costantemente meno competitivo del francese. Ma che però a differenza di Alesi, quando l’opportunità si presenta, riesce a coglierla senza particolari complimenti.

Sembra ormai chiaro a tutti, a fine 1997, che per Jean Alesi non ci sia più spazio nei top team. E’ ormai evidente che Schumacher è di un altro pianeta. Ma anche Villeneuve ed Hakkinen sembrano far parte di quell’esclusivo club dei top, che a lui è ormai precluso.

La sua carriera prosegue con team di secondo piano. Sauber, Prost ed ultime gare in Jordan. Come sempre Jean si rende protagonista di alcune gare preziose, portando monoposto di secondo piano in posizioni molto migliori rispetto al loro potenziale. Come sempre da il meglio di se nelle gare caratterizzata da condizioni di pioggia o di scarsa aderenza.

L’ultima gara si conclude con un contatto con la nuova, giovanissima, stella che risponde al nome di Kimi Raikkonen. Incidente che sembra essere un simbolico doppio passaggio di consegne. In primis, Kimi in futuro riuscirà a realizzare il vecchio sogno di Jean, e diventare campione del mondo al volante dell’amatissima Rossa di Maranello. Ed in seconda battuta, prenderà il posto di Jean nel mio cuore.

La carriera di Alesi termina qui. Un pilota le cui ambiziosissime promesse sono state quasi tutte disattese. Tranne la capacità di emozionare e di emozionarsi, di regalarci momenti preziosi ed indimenticabili. Da un punto di vista dei risultati, possiamo decisamente affermare che Jean Alesi è stato un pilota dal grandissimo futuro…dietro alle spalle.

Jean, 110%.

ReMinosse.