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AL CUOR NON SI COMANDA, MA LA RAGION S’ADEGUI

Ci stiamo ricascando! Dopo aver salutato la stagione 2020 come una liberazione, pieni di buoni propositi ci siamo riproposti di sederci sulla riva del Gange per aspettare pazientemente, senza rosicare (e senza chiedere la solita lista di epurazioni) il cadavere dei nostri nemici dicendo a noi stessi: “tranquilli e sereni aspettiamo che tanto è grassa se rivediamo il podio nel 2022”!

Con queste frasi piene di buon senso siamo stati ad aspettare prima la presentazione della rossa, e poi i test. Logica voleva che, qualunque cosa avessimo visto, a Maranello e a Sakhir, l’avremmo presa con filosofia. Con la dignità che spesso ci accompagna nella nostra passione. Ahò!!

Alla presentazione, dopo che ci era stato abbondantemente spiegato nelle settimane prima che gli sviluppi possibili erano con gettoni per il retrotreno, che sul motore era stata spesa gran parte dell’energia e della capacità dei tecnici e fino a metà novembre non ci si era dedicati ad altro, questo è stato (ed è) il refrain su molti siti: ehh ma che lavoro insufficiente! Ma il muso non potevano cambiarlo come tutti gli altri? Ma quel colore cos’è? E il verde? Verde speranza, quindi ce n’è poca!?…

E fin qui siamo sul soft, ma altri commenti sono ormai stucchevoli, nonché più ripetitivi del Nam Myoho Renge Kyo buddista. Quando si tratta di emulare le gesta di Tafazzi, lo dico, i peggiori sono i ferraristi. Si, anche io!

Se parti da meno 10 e arrivi a meno 3 sei stato più bravo di chi partiva da meno 5 ed è arrivato a meno 1, nonché di chi partiva da più 1 ed è arrivato a 0. Io ci vedo un trend positivo e confortante. Il miglioramento delle prestazioni della SF21 rispetto alla SF1000 in Bahrain rispetto al 2020 è stato per la Ferrari il più marcato tra tutti i team. Certo, come pensano in tanti, sarebbe stato bene cambiare muso e dunque filosofia. Questo però l’ha potuto fare una squadra come AlphaTauri, la quale al retrotreno non aveva nel 2020 i problemi della Ferrari. Nessuno li aveva! Dunque gli sforzi andavano indirizzati in quella direzione. E magari vedremo chi sarà avanti tra qualche gara!?

Il motore era deficitario (per inciso io non sono del partito del motore depotenziato da FIA, se era avanti col trucco non era avanti), e le regole più stringenti varate nel 2020 lo hanno penalizzato più di altri. Aggiungiamo che avevamo una montagna di drag e lo staff è comunque riuscito nell’equilibrio generale a diminuirlo di tantissimo. Per finire, notizia recente, pare che i parametri misurati sull’ultimo stint di Sainz in Bahrain inducano ad essere più ottimisti rispetto ai test. Si parla di potenziale inespresso ma evidente, il che spiegherebbe anche le facce ben più rilassate ai box rispetto ad un anno fa.

Può questo placare l’ansia rabbiosa di quelli che “siamo la Ferrari, non ci basta arrivare secondi, terzi….”? Ovviamente no! Mi chiedo, da semplice appassionato di motorsport e di F1 in particolare: #essereRedBull, #essereMcLaren, #essereAlphaTauri ecc conta davvero meno che #essereFerrari? Il dono, il piacere e il diritto alla vittoria sono di uno solo?

Dunque, cari fratelli ferraristi, lo so che al cuor non si comanda, ma ragioniamo…siamo sicuri che coloro che hanno sbagliato con la SF1000, (e osservando i progressi sulla SF21), non siano in grado di tirarsi fuori dai guai come sono stati in grado di infilarcisi? Se è vero come è vero che dal 2014 i risultati di un team come la Red Bull che a libro paga ha quel Newey che corteggiamo da un decennio (e che partiva da quattro anni di dominio) sono stati seppur di poco inferiori a quelli della Ferrari, tutto questo sconquasso rispetto agli altri dove è? Forse che negli anni di dominio Ferrari qualcuno in Inghilterra ha additato la McLaren come una squadra di, cito: incompetenti, pellegrini, incapaci, limitati, pusillanimi, politici, e via discorrendo?

Al termine della stagione 2021 dovremmo fare la hola per un terzo posto nel costruttori. Brindare per un quarto. Restare impassibili e rassegnati per un quinto. Al limite ci riserviamo di incazzarci per un sesto.

Ma andiamo ad analizzare “l’insufficiente” lavoro della GES Ferrari:

-A fine novembre, a stagione non ancora conclusa. La Ferrari decide di rivoluzionare la PU, intervenendo su diverse aree, tra cui la turbina e il gruppo candela/iniettore. In pratica Zimmermann con Mahle studia un sistema di combustione in precamera in cui sono inseriti sia l’iniettore che la candela. Il nome di questo motore è superfast.

immagine da: formulapassion.it

Vantaggi riassunti in una migliore miscela di combustione e tempi di accensione legati alla fase di scoppio nettamente più rapidi. Una chiara volontà di fare uno step evolutivo significativo. La squadra capeggiata da Zimmermann però riscontra dati non omogenei anche se promettenti, inducendo il responsabile motori Gualtieri a optare per una soluzione simile a quella adottata da Mercedes da sempre, con separazione di turbo e compressore, ma estremizzando ulteriormente e spostando il compressore nel cassoncino di aspirazione come intervento principale. Naturalmente commentato con: adesso siamo ridotti a copiare la Mercedes (copiare noi è buono e lecito invece…).

immagine da: f1.sport.it

In aggiunta sembra che il disegno delle ali sia non troppo dissimile da quello del 2019. In pratica non si alleggerisce più nel cercare disperatamente velocità perchè il motore è in grado di fornire abbastanza potenza. Orientativamente circa 40 CV in più rispetto al 2020. La nota dolente, ma in una certa misura dispensatrice di speranza poichè risolvibile, è che ancora non si è spinta la PU per rischio affidabilità.

Il piano B però  non può essere un ripiego dell’ultimo istante, bensì una sperimentazione parallela per avere un’opzione nel caso in cui, come successo, il sistema studiato per il superfast fosse ancora da perfezionare all’avvio della stagione. Ci sarebbe tempo fino a giugno per introdurre o meno le soluzioni del superfast prima che tutto venga definitivamente freezato fino al 2024. E’ possibile che alcune soluzioni del superfast siano già inserite nella PU attuale? Può darsi! Quello che resta è tuttavia un gran lavoro che ha dato dei buoni risultati, i cui effetti si sono visti anche nella motorizzata Alfa Romeo. Haas, causa blocco dello sviluppo in ambito aero/telaio non ci da dati utili. Tanto lavoro anche sull’alimentazione con interventi al turbo compressore, per aumentare l’efficienza e il recupero dei gas di scarico. Rivisto il sistema elettronico per ottimizzare il funzionamento della parte ibrida.

immagini da: it.motorsport.com e funoanalisitecnica

Per recuperare il carico perso col taglio diagonale del fondo, hanno dovuto alzare il differenziale di centimetri per creare un diffusore che funziona. Capisco che agli ingegneri del lunedì sembri come alzare un muro di mattoni di un ulteriore mattone (dunque che problema c’è?), ma tant’è. . I due gettoni spesi al retrotreno hanno consentito di modificare la scatola del cambio che, a sua volta, ha permesso di ridisegnare la sospensione posteriore. La scatola del cambio nel 2020, causa alleggerimento e ridimensionamento, soffriva di flessioni che si ripercuotevano sul gruppo semiassi e sospensioni posteriori.

immagine da: funoanalisitecnica.com

L’instabilità del retrotreno è stata spesso citata come il fattore di maggior disturbo per Vettel. Molto meno per Charles. La scatola è stata così irrigidita. Un lavoro previsto nel 2020 e spostato poi in avanti.

-Per quanto riguarda la parte anteriore (telaio e sospensioni) non potendo rifare il telaio e un crash test per il muso, pur essendo largo praticamente come prima, con le stesse sospensioni e senza cambio di filosofia (dunque sempre outwash) l’hanno comunque rivoluzionato stravolgendo i flussi che da lì vanno verso il corpo vettura. Anche qua orde di novelli Newey avevano mille soluzioni inedite, per le quali, sono sicuro, a Maranello la porta è sempre aperta eh! Considerato il fardello della SF1000 per quanto riguarda carico eccessivo e drag notevole, osservando il comportamento della SF21 sia nei test che in gara in Bahrain, è stato un lavoro centrato.

Certo coi poteri dati a certi ingegneri dalla Marvel si poteva fare il motorone supermegafast, il telaio in adamantio e uno chassis su cui il peggior sponsor adesivo faceva guadagnare un decimo al giro (a qualsiasi giro), e rompere il culo alla Mercedes, mentre a Max non gli facevamo toccare il podio neppure a circuito sbaraccato. Oh, io la notte me lo sogno! Poi però mi sveglio.

Ciao!

Seldon

Immagine in evidenza da:f1ingenerale.com

HAMILTON SENZA LIMITI IN BAHRAIN. E VERSTAPPEN PRENDE UNA LEZIONE.

Test dominati. Prove libere dominate. Qualifica dominata. GP dominato.
Così il pilota più pronosticato come futuro campione del mondo che la Formula 1 abbia mai conosciuto si è presentato alla stagione 2021. La sua settima. Quella che lo deve consacrare, altrimenti rischia di passare alla storia come una delle tante promesse non mantenute. E questo non è possibile se il tuo nome è Max Verstappen.

Il taglio dei costi ha portato a mantenere i telai del 2020, ma c’è stato anche un taglio del fondo. Che ha costretto le squadre a presentare macchine di fatto nuove, con buona pace del sistema a gettoni e del budget cap. E così, come sempre succede quando si cambia qualcosa nelle regole che disciplinano l’aerodinamica, qualcuno capisce meglio degli altri. E qualcun altro si perde. O, almeno, così sembra.

Dai test era parso evidente che fra quelli che avevano capito qualcosa di più c’erano Red Bull e, udite udite, Ferrari, mentre la Mercedes era parsa in difficoltà, con Hamilton stranamente autore di un numero elevato di testacoda.

E le qualifiche hanno confermato che le ex frecce d’argento non sono più su un altro pianeta, venendo staccate di quasi mezzo secondo dall’olandese volante. Ma sono sempre 2 contro 1, perchè al quarto posto anzichè Perez si presenta Leclerc, autore della solita qualifica monstre  a pochi centesimi dalla seconda Mercedes.

E la gara di Perez si complica ancora prima di cominciare, con l’auto che si spegne durante il giro di ricognizione. La partenza viene fermata, e il messicano riesce a ripartire ma si piazza per prendere lo start dai box, mentre i colleghi fanno un altro giro di formazione.

Quando finalmente si parte, Verstappen tiene la posizione su Hamilton, mentre Leclerc supera Bottas. Nel frattempo in curva 3 c’è la ormai rituale demolizione di una Haas, questa volta ad opera di Mazepin e, per fortuna, con esiti molto meno nefasti per auto e pilota. Inevitabile l’uscita della Safety Car.

Si riparte con i primi tre ingaggiati in lotta fra loro. Dietro Gasly rompe l’ala, ed esce la VSC per pulire la pista. Si riparte dopo un altro giro lento, con Bottas che approfitta del DRS per superare Leclerc, il quale riesce a tenere il passo del finandese per qualche curva, ma poi deve arrendersi alla superiorità della Mercedes.

Qualche giro dopo è il turno di Norris superare Charles, che è già in evidente difficoltà con le gomme.

Alonso è il primo a fermarsi al giro 12 per montare le medie. Al giro successivo è la volta di Norris e Leclerc, che rientrano poco davanti a Nando.

Hamilton spiazza la Red Bull anticipando il pit-stop per montare gomme dure. Verstappen decide di non imitarlo, perchè diversamente avrebbe perso la posizione sull’inglese, che con gomma nuova vola. Si fermerà al giro 18, e rientrerà ben dietro a Lewis, e, montando nuovamente gomma media, dovrà rientrare ai box un’altra volta. 

A metà gara, l’olandese si riporta sotto ad Hamilton, con quest’ultimo che si lamenta via radio di non riuscire ad andare più veloce. Per questo, decide di fermarsi per prevenire un possibile undercut, e montare ancora gomme dure. Si ferma anche Bottas, che perde 8 secondi per una gomma rimasta. incastrata.

Verstappen non segue la strategia di Hamilton, il quale, nel frattempo, sceglie traiettorie tutte sue in curva 4, esibendosi in tagli magistrali, che sollevano le ovvie proteste di Max. La direzione gara prima fa sapere che i “track limits” non valgono per la domenica, poi si ricrede e richiama l’inglese, il quale ovviamente protesta a sua volta.

L’olandese si ferma poi al giro 40 per montare, con un pit-stop velocissimo, gomme dure nuove. Con 16 giri da fare, inizia la caccia, che si concluderà a 5 giri dalla fine quando Lewis va largo in una curva e si troverà Max a meno di 1 sec. Il quale, con una manovra aggressiva, lo supera in curva 4, ma esce largo, e il box gli chiede di restituire la posizione per prevenire un’eventuale (possibile, non certa) penalità. Ma non ci sarà un’altra occasione, e Hamilton si porta a casa la prima vittoria dell’anno.

Il podio è ovviamente completato dal solito Bottas, mai in gara, seguito a distanza da Norris, con una Mc Laren che si conferma terza forza del mondiale. Al quinto posto Perez, rimontato dall’ultima posizione, cosa ormai abituale per lui in Bahrain. Sesto Leclerc, il massimo possibile con questa Ferrari, ma comunque sempre meglio dello scorso anno. Seguono Ricciardo e Sainz, entrambi interessati a conoscere le loro nuove auto, più che al risultato finale. Nono il debuttante Tsunoda, che conferma così tutto il buono che si dice di lui. Decimo Stroll con un’Aston Martin che è l’ombra della Racing Point della fine della scorsa stagione.

Risultato sotto le aspettative per l’Alfa Romeo, fuori dai punti dopo che Raikkonen aveva navigato nei primi 10 per buona parte della gara. 

Notte fonda per Alpine, dopo un buon inizio di Alonso, ritiratosi a metà gara quando era già precipitato in classifica, e, come ampiamente previsto, per Williams e Haas.

Infine, un pensiero per Sebastian Vettel. Peggio di così la sua avventura post-Ferrari non poteva cominciare. Fuori in Q1, penalizzato per mancato rispetto delle bandiere gialle, sempre nelle retrovie in gara e, dulcis in fundo, una tamponata da principiante ad Ocon per la quale ha chiamato in causa un inesistente cambio di linea da parte del francese. L’idea di rimanere a casa con la famiglia, se mai l’avesse avuta, non sarebbe stata sbagliata.

La prima gara è solo la prima gara. Ma se tanto ci dà tanto, a giudicare dal recupero fatto dalla Mercedes fra i test e la gara vera, c’è da credere che assisteremo ad una ripetizione delle stagioni 2017 e 2018 con una macchina blu al posto di quella rossa. Ma con una importante differenza, che potrebbe farci divertire un po’ di più: il pilota che la guida.

Appuntamento nella nostra Imola fra 3 settimane.

P.S. abbiamo visto Hamilton tagliare molto di più di quanto abbia fatto Max in occasione del sorpasso. La scelta di Red Bull di non rischiare una penalità, per poi avere una seconda occasione, è stata molto intelligente, così come la scelta di Max di ubbidire. Resta il fatto che l’interpretazione dei track limits per come è stata fatta oggi equivale più o meno a posizionare, in una gara di sci, i pali in modo diverso a seconda di chi scende, o, meglio, del momento in cui scende. E’, ovviamente, inaccettabile.

P.S. 2. Vorrei che fosse chiaro che quella del P.S. precedente non è un’adombrare un qualche favoritismo nei confronti di Lewis, ma semplicemente il rimarcare il fatto che i limiti della pista sono limiti della pista e vanno rispettati sempre, non a seconda del giorno o, ancora peggio, del momento della gara. Poi ognuno la legga come vuole e si faccia la propria idea.

* Immagine in evidenza da Twitter

F1 2021 – GP DEL BAHRAIN

La stagione 2021, ultimo giro di giostra per la F1 così come l’abbiamo conosciuta dal 2017. Ultimo anno prima della rivoluzione tecnica che vedrà il ritorno delle monoposto a effetto suolo, ennesimo tentativo di ritrovare una parvenza di incertezza e di spettacolarità in uno sport dove da tempo se ne vede poca, pochissima.

Una stagione che in molti pensavano dovesse essere  la “fotocopia” del 2020, in quanto poco si può modificare sulle monoposto che hanno terminato la stagione 2020. In tanti avevano già annunciato come certo l’ottavo titolo di Lewis Hamilton, al volante dell’imbattibile missile nero/argento Mercedes.

In effetti potrebbe ancora andare in questo modo ma diversi fattori fanno pensare che potremmo assistere ad una delle stagioni più interessanti e incerte degli ultimi anni.

Partendo dalle incertezze, cominciamo con il calendario dei GP. Annunciato in pompa magna come il più lungo di sempre, 23 gran premi, roba da far accapponare la pelle agli addetti ai lavori, quelli che spesso non sono a favore di telecamera a cui sembrerà di essere come quei marinai che stanno via da casa mesi prima di rivedere la terra ferma.

La persistente pandemia di Covid-19 ha già fatto slittare a novembre il GP di Australia, tradizionale tappa d’apertura del mondiale. Al momento resta questa l’unica variazione ma in questo senso di naviga a vista, quindi non è detto che non possano esserci ulteriori modifiche.

La bella notizia è che, con il forfait della Cina e del Vietnam, rientrano dalla finestra due circuiti riscoperti nel 2020 e che dovrebbero essere tappa fissa in un mondiale di F1 che si rispetti: l’Enzo e Dino Ferrari di Imola  e Portimao, previsti come seconda e terza tappa stagionale. Sarebbe stato bello riavere anche il Mugello, ma evidentemente è più funzionale andare a Jeddah per “l’esotico” GP dell’Arabia Saudita…

Come detto si parte dal circuito del Sakhir in Bahrain, già sede dei test prestagionali. Test della durata di ben tre giorni, di cui almeno uno poco indicativo per la presenza di vento e sabbia in pista. Facile immaginarsi la soddisfazione dei team che si ritroveranno nelle prime prove libere del venerdì al buio o quasi.

Tra questi, i più felici saranno certamente quelli della Red Bull, che ha terminato alla grande il 2020 e che si è rivelata di gran lunga la migliore dei test pre-stagionali. Al netto di tutti i sandbagging possibili e immaginabili, hanno dato l’impressione di avere una macchina veloce, stabile ed efficace anche nei long run, pronti a fare da lepre almeno nelle prime gare del campionato.

immagine da bandierascacchi.com

L’arrivo di Perez ha dato ulteriore consistenza ad un team che non dovrà preoccuparsi come nel recente passato degli errori di gioventù e di adattamento di giovani piloti.

Le dolenti note arrivano dalla scuderia dalla quale meno te le aspetti. La Mercedes sembra essere in seria difficoltà con la nuova W12, bellissima ma alquanto ingestibile e che ha mandato per le terre diverse volte i suoi piloti. Pur palesando una buona efficienza globale e facendo intravedere un potenziale da prima della classe per distacco, preoccupano non poco i problemi di affidabilità al cambio e l’instabilità del retrotreno che rende la macchina poco prevedibile. Una situazione che i piloti non amano particolarmente, citofonare al Vettel del 2020 per avere un’idea.

immagine da automotorinews.it

Wolff e soci hanno già messo le mani avanti per le prime gare della stagione. Difficile che a Brackley non riescano a trovare la quadra in tempi relativamente brevi ma una Red Bull che parte a razzo potrebbe rappresentare un problema. Certo potrebbe trattarsi dell’ennesimo trappolone che gli anglo-tedeschi giocano agli avversari, ma questa volta potrebbe essere vera emergenza in casa Mercedes.

Ferrari…l’elogio del basso profilo, bassissimo fin quasi a sfiorare la sfiducia nei propri mezzi. Luci ed ombre hanno evidenziato i test, con la nuova PU e una ritrovata efficienza aerodinamica tra le luci, difficoltà nelle curve medio-lente e un usura gomme eccessiva tra le ombre. Insomma, non è il disastro del 2020 ma sembra che la SF21H non possa lottare stabilmente per il podio. L’arrivo di Sainz ha portato una ventata di aria fresca e qualche novità dal punto di vista dei feedback tecnici, in virtù della sua esperienza in McLaren.

immagine da circusf1.com

Binotto si aspetta una stagione più serena rispetto al 2020 ma niente di clamoroso. Il rischio è di vivere una stagione senza i bassi del 2020 ma sostanzialmente mediocre, senza grossi spunti. La Scuderia ha preso così tante bastonate nel 2020 che preferisce atteggiarsi a team di centro classifica, sperando che le prestazioni in pista la possano issare ben più in alto.

Chi può ambire ad essere la terza forza del campionato è la McLaren. Ha perso la PU Renault e ha guadagnato quella Mercedes, perso Sainz e guadagnato Ricciardo, bilancio nettamente positivo. In più hanno trovato una soluzione tecnica al diffusore posteriore a cui nessuno ha pensato e che potrebbe essere un bel jolly. I test hanno confermato la bontà della vettura che deve essere ancora capita a fondo per sfruttarne appieno il potenziale.

immagine da mclaren.com

Aston Martin, o meglio la W11 ridipinta di verde, ha accusato gli stessi problemi della sua sorella maggiore, soprattutto al cambio e nella ridotta operatività della PU Mercedes. L’arrivo di Vettel porterà esperienza e un pilota che può puntare sempre al podio ma attualmente la vettura è un bel punto interrogativo in quanto a performance in pista.

immagine da alvolante.it

Alpha Tauri invece esce benissimo dai test, con una vettura che sembra veloce, prevedibile nel comportamento e affidabile. Tutti entusiasti della nuova PU Honda e del nuovo arrivo Tsunoda, un giapponese che ha già fatto vedere una buona velocità e una certa aggressività a parole.

immagine da scuderiaalphatauri.com

La neonata Alpine, ex Renault, ha cambiato tantissimo e di solito quando è così ci vuole un pò prima di trovare la quadra. Via Abiteboul dentro Brivio, via Ricciardo dentro Alonso e una vettura che ha fatto storcere il naso per gli ingombri notevoli nella zona del cofano motore. Alonso è carico come una molla dispetto delle sue 39 primavere, ma probabile che il 2021 sia un anno di attesa aspettando il 2022.

immagine da formulaspy.com

Le cenerentole del 2020 sembrano destinate ad esserlo anche nel 2021, con qualche cambio di posizione. Ultima, ultimissima la Haas che ha candidamente dichiarato di non sviluppare la macchina nel 2021 e che concentrerà le risorse sulla monoposto 2022, arrivando a dichiarare che uno/due punti conquistati in qualche gara sarebbero un miracolo.Non fosse per la nuova e giovanissima line-up di piloti passerebbe inosservata. Invece nel 2021 rivedremo uno Schumacher in griglia, cosa piuttosto emozionante e Mazepin che al momento ha fatto correre molto più la lingua e le mani piuttosto che la sua monoposto. A mio parere è il candidato numero uno al nuovo ruolo di “carbonman” lasciato da Grosjean.

immagine da automotorinews.it

Alfa Romeo ha goduto in primis di una PU Ferrari 2021 ben più competitiva. Il passo in avanti rispetto alla monoposto 2020 è palese ma non sembra sufficiente da promettere di essere stabilmente tra le monoposto in grado di giocarsi i punti. Il team è molto contento dei risultati dei test così come i piloti, resta l’incognita sulle effettive prestazioni che potranno mettere in pista già da venerdì.

immagine da autoweek.com

Per la Williams il primo anno con la nuova proprietà dovrebbe portare all’abbandono del ruolo di fanalino di coda, gentilmente ceduto alla Haas. La vettura 2021 sembra avere il grosso difetto di soffrire molto la presenza del vento in pista, per cui potrà avere weekend buoni e altri praticamente disastrosi. Per Russell un’altra stagione di purgatorio in attesa che si aprano definitivamente le porte del paradiso Mercedes.

immagine da williamsf1.com

A tutto questo aggiungiamo che verranno utilizzate delle nuove gomme Pirelli in grado di fornire maggiore durabilità e che saranno utilizzate a pressioni minori rispetto al 2020, per avere un quadro ancora più incerto delle forze in campo rispetto alla passata stagione.

Il tracciato del Sakhir ha spesso visto una Mercedes forte ma non dominante, come ad esempio nel 2020. Alla luce delle recenti difficoltà non è azzardato dire che la Red Bull si presenti con i favori del pronostico.

Curiosità nel vedere come si comporteranno al debutto nelle nuove squadre i vari Perez, Sainz, Vettel, Ricciardo, anche se la vera star è Fernando Alonso, da cui ci si aspetta sempre meraviglie.

Occhi puntati anche sui tre debuttanti, Mick Schumacher, Mazepin e Tsunoda. Per ovvie ragioni l’aspettativa maggiore è sul primogenito del grande Michael ma l’imperativo per lui, così come per Mazepin è portare a casa la macchina e non fare errori grossolani, l’apprendistato sarà lungo e con una monoposto che non è sicuramente lo stato dell’arte. Tsunoda invece ha per le mani una monoposto sicuramente migliore e potrebbe già togliersi qualche soddisfazione, se evita la tentazione di voler strafare.

immagine da football24.news

Sarà un primo weekend di gare che non definirà totalmente i valori in campo ma farà capire chi è in vantaggio e chi dovrà rimettersi al lavoro per recuperare. Certo un Verstappen così calmo e “low profile” come quello visto nei test non lo si è mai visto. Ragione in più per averne paura e indicarlo come il favorito numero uno.

*immagine in evidenza da thelastcorner.it

Rocco Alessandro

 

LA STORIA DEL DRAKE PARTE 9 – JOHN SURTEES E IL MONDIALE IN FERRARI

Per Enzo Ferrari inizia un periodo molto parco di soddisfazioni in Formula 1. Ci saranno davvero pochi acuti sino al 1975 fra cui il mondiale vinto, nel 1964, dalla leggenda John Surtees, ex campione mondiale di motociclismo.

John Surtess nato a Tatsfiel l’11 febbraio del 1934, è stato un pilota davvero incredibile, fortissimo sia sulle due ruote che sulle monoposto.  Surtees non era semplicemente un buon pilota, era senza dubbio un grande pilota, con una sensibilità incredibile e una conoscenza della meccanica fuori dal comune.

A detta di chi l’ha conosciuto John risultava un personaggio un po’ criptico ed enigmatico, per il semplice fatto che spesso e volentieri non era facile capire cosa stesse pensando. Durante l’attività agonistica preferiva lasciar parlare i suoi risultati, risultati a dir poco fantastici, soprattutto quelli legati alle due ruote.

John crebbe in una famiglia profondamente coinvolta nel business delle motociclette. Suo padre, Jack Surtees, come lavoro faceva proprio il rivenditore di motociclette di successo, ed è stato proprio lui a incoraggiare John ad interessarsi a questo sport. Surtess si allenò con una Vincent Gray Flash con cui oltretutto ottenne la sua prima vittoria sul circuito di Brands Hatch nel 1951 quando aveva appena 18 anni.

 

 

John decise di comprare una Manx Norton e, successivamente, raccolse l’invito del team ufficiale di unirsi a loro nel 1955. La squadra non voleva farselo sfuggire, era troppo forte, un astro nascente assolutamente talentuoso. Del 1955 è da ricordare la magnifica vittoria conquistata contro la Gilera di Geoff Duke a Silverstone, proprio sul finale della stagione. Nel 1956 passò alla squadra italiana MV Agusta, con cui ha sbaragliato la concorrenza e dove presto si guadagnò il soprannome di “Figlio del Vento”.

 

Sono molti i record che John Surtees ha accumulato sulle due ruote: partiamo da quello ottenuto per aver vinto tutti i gran premi delle 350 e delle 500 del motomondiale 1959, davvero incredibile, per poi arrivare a quello di aver fatto suoi tre titoli consecutivi della 500, dal 1958 al 1960, a questi vanno sommati anche quelli della 350 nel 1958 e nel 1959.  Questi due vennero conquistati anche con  il massimo punteggio teorico possibile: durante questi anni venivano considerati per la classifica finale i migliori 4 risultati ottenuti durante la stagione e Surtees aveva riportato almeno 4 successi.

Il suo palmarès nel motociclismo conta sette titoli mondiali: dal 1958 al 1960 vinse nella classe 350 mentre nella classe 500 si impose nel 1956 e in seguito dal1958 al 1960.

 

 

Mentre continuava la carriera motociclista, nel 1960, fece il suo debutto anche nel mondo delle quattro ruote.

Già l’anno prima, precisamente alla fine del 1959, Surtees fu invitato a provare un’Aston Martin DBR1 a Goodwood da Reg Parnell, antecedentemente aveva anche ricevuto molte spinte sia da Mike Hawthorn che dal capo di Vanwall Tony Vandervell.

 

Nel 1960, all’età di 26 anni, Surtees approdò nel mondo a quattro ruote che lo assorbì totalmente e fece il suo debutto in Formula 1 nello stesso anno in occasione del dodicesimo BRDC International Trophy a Silverstone per il Team Lotus. Ha subito collezionato ottimi piazzamenti, arrivando secondo nella sua seconda gara del Campionato del Mondo di Formula Uno, al Gran Premio di Gran Bretagna del 1960, e ottenendo una pole position al suo terzo, il Gran Premio del Portogallo del 1960.

Dopo aver trascorso la stagione 1961 con lo Yeoman Credit Racing Team alla guida di una Cooper T53 “Lowline” gestita da Reg Parnell e la stagione 1962 con il Bowmaker Racing Team, sempre gestito da Reg Parnell ma ora su V8 ​​Lola Mk4, arrivò in Ferrari nel 1963 con cui vinse il Campionato del Mondo nel 1964.

Come sempre ad accorgersi del suo immenso talento fu Enzo Ferrari che lo notò da subito tanto che propose a John di far parte della squadra sin dal 1962 ma Surtees allora non accettò la proposta del Drake in quanto non si riteneva ancora all’altezza del nome del Cavallino Rampante.

 

Ecco come Surtees racconta il primo incontro con Enzo Ferrari

Avvenne alla fine del 1960. Avevo appena iniziato a correre in auto, ma allo stesso tempo continuavo a correre in moto. Alternavo i miei impegni: un domenica con la Formula 1e la successiva con le moto. Alla fine del 1961, che era stata la mia prima stagione con le quattro ruote, andai a Moderna. Parlai con il Commendatore, come veniva chiamato all’epoca. Lui non era a Maranello ma al “centro assistenza clienti” di Modena. Ricordo che nel suo ufficio c’era la foto di suo figlio Dino. Durante l’incontro mi parlò del suo programma e mi invitò a prendere contatti con l’ingegnere Carlo Chiti. In quell’occasione c’erano pure Valerio Stradi e Franco Gozzi e insieme a loro andammo a Maranello dove incontrai Chiti che mi parlò dei suoi progetti mentre visitavamo la fabbrica. Riflettendo sulla loro proposta , pensai che era troppo articolata poiché comprendeva molte gare in campionati diversi con l’utilizzo di troppi piloti. Così rifiutai.(John Surtess) 

Molti dicono che il rapporto fra Surtees e Ferrari fu difficile ma John che cosa ne pensava a riguardo?

“A quell’epoca direi proprio di no. Lavorare con Ferrari non era molto diverso dal lavorare con il Conte Agusta, quando correvo in moto. Erano uomini molto simili. Entrambi ti coinvolgevano costantemente. Ti dicevano che c’erano molti soldi, ti parlavano di tutto quello che volevano realizzare, anche se poi non tutto andava a buon fine. Ma non importa. Quando decisi, fui molto felice di tornare in Italia. Era la nascita di una squadra e per fortuna c’erano ancora dei vecchi ingegneri e alcuni meccanici esperti.” (John Surtess)

 

 

“Sono note le mie simpatie per gli ex motociclisti, che hanno esperienza, conoscenza meccanica, pratica di velocità, senso agonistico e, non ultima, operosità di umile lavoro. John Surtees era uno di questi e compendiava tutte le caratteristiche che ho elencato”.(Enzo Ferrari)

 

Ma quale è la cosa particolare del 1964? Nello specifico la cosa più incredibile è che Surtees non non occupò mai la posizione più alta in classifica sino all’ultimo Gran Premio che si rivelò decisivo per decretare il vincitore, Gran Premio che si disputò a Città del Messico. La Ferrari si presentò a questa gara con tre vetture: oltre a Surtees con la 158 a 8 cilindri nella griglia di partenza c’era anche Lorenzo Bandini con la 12 cilindri e il pilota messicano Pedro Rodriguez con la 6 cilindri.

Un’ulteriore curiosità è che le tre Ferrari non erano Rosse ma rivestivano una livrea bianca e blu, colori della Nart di Luigi Chinetti.

Ma perchè questo colore?

La Ferrari non era impegnata solo in Formula 1 ma gareggiava anche nel Mondiale Marche e nel campionato marche Gran Turismo.

Nel campionato marche Gran Turismo le Ferrari dominavano con la 250 LM, macchina non prodotta nei cento esemplari che erano necessari per l’omologazione in quella precisa categoria, allora avvenne la squalifica della Rossa di Maranello. A vincere fu la Porsche.

Enzo ovviamente andò su tutte le furie e come segno di protesta ritirò la licenza di competitore italiano. Gesto che avvenne poco prima dei due Gran Premi conclusivi che vedeva Surtees in lotta per il titolo con la 158.

Enzo aveva pensato comunque ad una soluzione: dopo aver contattato l’amico Chinetti, l’importatore negli Usa delle Rosse, chiese lui di  poter disporre della  sua licenza di concorrente americano!E fu proprio questo il motivo per cui le 158 vestirono la livrea bianca e blu della Nart, North America Racing Team. 

 

Il Gran Premio del Messico 1964 fu l’ultima gara della stagione 1964 del Campionato mondiale di Formula 1, e vide come palcoscenico il circuito Autodromo Hermanos Rodríguez.

Vinse la corsa Dan Gurney a bordo della sua Brabham-Climax, imponendosi davanti a  John Surtees e Lorenzo Bandini, entrambi su Ferrari.

Surtess, piazzandosi secondo, si laureò Campione del Mondo, strappando il titoli ai due connazionali Hill e Clark. Anche la Ferrari si aggiudicò il titolo costruttori primeggiando su BRM e Lotus-Climax.

La gara in Messico fu l’ultimo gran premio in carriera per Phil Hill, Campione del Mondo del 1961.

“Il Messico aveva sempre rappresentato un problema per noi. Sapevamo benissimo che avremmo avuto delle difficoltà ad ottenere la giusta miscela di carburante. A quelle altitudini e con quelle curve che creavano un sacco di forze G, i motori erano soggetti a dei problemi di circolazione dell’olio e ad un’impennata nei consumi di carburante. Così, cercammo di rendere la miscela più magra e in pratica questo fece saltare in aria il motore. Discutemmo della possibilità di passare al 12 cilindri (che in quel momento veniva utilizzato da Bandini), ma eravamo preoccupati per l’affidabilità. Montammo un propulsore nuovo per la gara, ma all’inizio non andavo da nessuna parte perché il motore non girava a otto cilindri. Ho finito il primo giro in tredicesima posizione (era quarto sulla griglia) e stavo scivolando sempre più indietro mentre il propulsore diventava bollente. Ma, quando divenne caldo e puzzolente, iniziò a funzionare a otto cilindri. Era così magro che ha cominciato a lavorare solo a quella temperatura”.(John Surtees)

Ma vediamo insieme lo svolgimento della gara.

Clark, che si era aggiudicato la pole position il giorno prima, era scattato davvero bene alla partenza e aveva cominciato nelle prime fasi di gara una cavalcata in solitaria. Bandini, ottimo uomo squadra, tentava di frenare Graham Hill, considerando che Surtees era parecchio distaccato. Graham tentò un sorpasso all’esterno del tornatino, iniziativa che risultò azzardata, infatti la ruota posteriore della BRM urtò l’anteriore sinistra delle Ferrari. Hill sbandò e urtò il rail con il retrotreno, incrinando gli scarichi.

Graham fu costretto ad una sosta ai box, ma anche se riprese la gara, oramai era fuori dalla lotta al titolo. Bandini cercò di favorire la rimonta di Surtees. A due giri oramai la vittoria di Clark era quasi sicura ma il motore della sua Climax  ebbe un calo di pressione e fu costretto a rallentare. 

Il Gran Premio del Messico venne vinto da Dan Gurney, pilota Brabham, al secondo posto ci sarà Surtees, posizione regalata dal compagno Bandini. Con questi due piazzamenti la Ferrari acquisiva entrambe le corone mondiali.

Enzo Ferrari aveva brillato contro gli inglesi che avevano presentato una monoposto davvero innovativa come la Lotus 25.

Surtees con grandissima lucidità sapeva che doveva ringraziare Bandini per aver ottenuto la massima consacrazione. John aveva saputo concretizzare e massimizzare qualsiasi risultato durante il mondiale ed era stato capace di far uscire fuori il potenziale della sua Ferrari 158 che si era mostrata davvero forte durante la seconda parte della stagione.

“Prendere le corse nel modo giusto e il resto viene da sé. Questo è sempre stato il mio atteggiamento anche nella vita. In Messico o durante la gara non me ne resi conto. Furono altri che sottolinearono il fatto che sarei potuto diventare il primo uomo a vincere la doppia corona ed è stato solo dopo la corsa, quando vidi i volti raggianti degli uomini della mia squadra, che capii il senso di ciò che avevo fatto.  Sì, guardandomi indietro è soddisfacente, ma la cosa più importante – quella fondamentale –  era che stavo facendo ciò che amavo fare”. (John Surtees)

 

 

Laura Luthien Piras

L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL’#ESSEREFERRARI

Come sa chi mi ha già letto sono appassionato di cinema impegnato, per questo introduco con un dialogo importante tratto dal film “when Harry met Sally”, tra Harry e Jess.

– stai dicendo che non è attraente?

– no, te l’ho detto che è attraente!

– sì, ma hai anche detto che ha molta personalità

– sì, ha molta personalità

– quando una donna è poco attraente la prima cosa che si dice è che ha molta personalità

– senti, se mi avessi chiesto come è fisicamente e avessi detto: “ha molta personalità”, allora non sarebbe attraente. Ma visto che ti dico solo che ha molta personalità può essere due cose: o attraente con molta personalità o NON attraente con molta personalità

– e quale delle due è?

– attraente!

– ma non è BELLA, giusto?

 

La SF21 l’abbiamo aspettata, l’abbiamo auspicata interessante e vincente, l’abbiamo vista! No, non è attraente. Ma ha molta personalità. Allora è brutta? Non l’abbiamo detto! Ma non è Bella!

La discussione in merito ha una certa rilevanza poiché nel mare della poca comprensione, della molta confusione, dell’empirismo tecnico e dell’ostentazione delle poche conoscenze in materia (chi le ha…), la discussione sulla bellezza delle monoposto è la più rassicurante, la più gratificante, e i più riescono a trarne un contenuto tecnico notevole, completo di previsione dell’efficacia fisico-meccanica del mezzo. Non vi sarà passato inosservato che in molti siti i commentatori legano la finezza dei particolari, il colore della livrea, il numero di soluzioni originali, alla forza del mezzo.

“Ma hai visto come hanno lavorato di fino in Red Bull e Mercedes? Non abbiamo speranza. Si vede a occhio nudo. Anche a naso”.

Insomma le vincenti sono belle e profumate, le perdenti sono, nella migliore delle ipotesi, attraenti. Con molta personalità. Ma non belle. Mettersi dietro prego!

Prendere parte a queste discussioni, o anche solo leggerle è divertente diciamocelo. Più che studiare le equazioni dei flussi al diffusore. E noi pronti, parleremo di tutto con particolare attenzione ai particolari importanti, alla bellezza di chi vince.

Noi (nel senso noi ferraristi) presumibilmente non ci saremo, anche se nel cuore nutriamo l’inossidabile speranza che l’acqua possa davvero diventare vino, che uno schifo di uccelletto spennacchiato possa diventare un cigno. No, il pulcino del cigno è bello, non raccontiamoci storielle. Un primo sguardo tenderebbe ad escludere che la SF21 sia un piccolo di cigno.

Ora sta per partire la nuova stagione. Si vede dal fermento, la gente si interessa, partecipa….cit. La stagione tutto sommato appena conclusa è stata degna accompagnatrice di un anno surreale. Entrambi disastrosi, indimenticabili, auspicabilmente irripetibili. Per i tifosi Ferrari si è trattato del proseguimento del precipitare cominciato da Brasile 2008, escludendo i rallentamenti dovuti ad una sporgenza nel 2018, dove peraltro il corpo ha solo rimbalzato facendosi anche male e proseguendo verso il basso fino a quello che tutti reputiamo il fondo. Ma si sa che non c’è limite al peggio, quindi NON illudiamoci con ottimismo ancora non abbastanza giustificato. Volgerei l’attenzione non tanto agli alti e bassi della squadra, quanto ai contraccolpi che riceve il tifoso medio e/o il pilota dalle vicende che interessano l’oggetto del suo tifo. Nel caso del pilota lo strumento con cui si esprime.

E’ senz’altro vero che con il diminuire della forza e della potenzialità di vittoria della Rossa molti suoi tifosi sono passati al rivalutare il titolo costruttori. Molti, non tutti! Ci sono tanti che pur sostenendo anche calorosamente un pilota fintanto che siede su una macchina del Cavallino non fanno passare un minuto prima di scaricarlo se questi dovesse infilarsi in altro abitacolo. E ci sono tuttavia tanti che riconoscono nella coppia dei piloti quello con più capacità e dunque propendono nei commenti a riservargli gli aggettivi più positivi, ma al termine della loro avventura in rosso potrebbero al massimo preferirli ad altri nemici, mettendoli comunque dopo la squadra e in una certa qual misura dopo i piloti della squadra. Tra questi il sottoscritto.

Il povero Vettel, al di là delle nostre posizioni e della stima che verso lui nutriamo, ha subito negli ultimi due anni in Ferrari uno stress notevole. Non che io lo giustifichi per Sochi o Brasile 2019, ma vedevo il malessere. Sembra che ora stia meglio e ne siamo contenti. Magari non stia troppo bene eh!? Benino…:-)))

Il fatto è che non è facile sostenere la “leggerezza” del fardello rosso. #essereferrari rende semmai più difficile giustificare le fisiologiche sconfitte, non aggiunge un plus al mito. Il mito basta a se stesso senza discutibili trovate da marketing. Ma poi cosa vuol dire? Sono quelli con la macchina rossa? Sono quelli col cappellino, la maglietta, la tuta rossa? Parlano in un altro modo? Il loro spettro del visibile ha lunghezze d’onda differenti? Il loro cuore ha un ritmo diverso? Batte in testa? Sono quelli che vedono perdere la loro beniamina ma con uno stile particolare?

Ad #essereferrari è la Ferrari, il resto è spettatore compiaciuto, soddisfatto, appagato. Se vogliamo dare una sorta di importanza al Mondo che gira attorno alla Ferrari possiamo dire che è il vento che soffia sulle vele, non è però la barca, non è neppure l’equipaggio di quella barca. Può esserne l’armatore tutt’al più, e come tale è contento se la barca va e chiede conto se la barca non va. Siamo altre cose, altre persone, certamente con quell’unica passione. Ma, come fossimo un popolo battezzato in una parrocchia a parte, è  spesso incomprensibile a quanti non “passionano” (passatemi il termine) quanto possa essere difficile perseverare nella speranza che arrivino trionfi a cancellare periodi amari. Di quei trionfi nutriamo la nostra esistenza povera di successi, in quei trionfi riversiamo un patriottismo che l’italiano non ha mai concesso al Paese. Si da alla bandiera, o nel nostro caso uno stemma con la bandiera. Sotto il cavallo…!

In tutto questo possiamo inserire il povero Vettel. Caricato di anni di “non trionfi” (manco fosse innaturale non vincere sempre), della responsabilità di essere il Salvatore (l’ennesimo), e di #essereferrari. Non tutti hanno la buccia di Alonso, molti hanno la polpa scoperta e vulnerabile. In più #essereferrari per un mercenario come sono tutti i piloti, dandogli una cittadinanza, una appartenenza che possiamo dare al massimo ai meccanici, (forse a Furia), è un peso enorme. E Vettel se l’era caricato. Più che imputargli il presente, se pensiamo che abbia delle responsabilità come pilota, non può essere. Eventualmente solo dal punto di vista della gestione del mezzo. Un mezzo inadeguato spesso, ma come spesso ricordiamo, anche meraviglioso come nel 2018…

Beh, non siamo qui per rivangare il passato, e Vettel è il passato, ma piuttosto, partendo dal presente, cercare di leggere il futuro. Al momento in cui scrivo ho seguito malamente le prove, e come da tradizione non ci ho capito granchè. Tanto per immaginare (e sottolineo immaginare) che i rapporti di forza in alto, al netto dei tempi, non siano cambiati se non nelle proporzioni. A meno che la Regina, intervenendo qua e là non abbia rotto l’equilibrio che l’aveva contraddistinta dal 2014. E nel contempo, i promotori di quell’orrida bevanda non abbiano evoluto tutte (ma proprio tutte) le aree di intervento. Perché no!? I primi sono umani, molto organizzati ma umani. I secondi hanno Newey.

Ora, mettiamoci comodi e godiamoci la nuova stagione senza sperare in null’altro che nello spettacolo. Ci sono ancora due settimane di chiacchere e poi via. Soprattutto ci sono una manciata di giovani promettenti come non si vedeva da decenni. Ragazzi che vanno oltre la loro macchina, spesso insufficiente, a volte indecorosa. Un probabile nuovo record di vittorie e mondiali all’orizzonte. Uno sfidante che sembra degnissimo. Uno d’esperienza che ritorna. Un marchio prestigioso anche se, per adesso, solo come copertina a coprire il rosa che copre il grigio. Una faentina interessante. Una nobile inglese rinata.

La rossa sarebbe la ciliegina sulla torta se riuscisse a risalire di almeno tre posizioni rispetto al 2020. Non ce lo auguriamo solo noi “tifosi”, come ha detto Elkann in un discorso tutto in inglese tranne quella parola e “grazie” a chiudere. Se lo augurano anche gli organizzatori e, diciamocelo, gli avversari.

Ecco, era tutto qua. Il grido stridulo di un appassionato a cui sta passando la afonia da depressione per dire: Forza Ferrari! Ma anche Forza Formula 1! Non deluderci e non abbandonarci in un anno che non sarà facile!

Un caloroso saluto a tutti! Sperando di rileggere gli assenti dell’ultimo periodo. Buona stagione!

Seldon

 

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