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LA STORIA DEL DRAKE PARTE 12 – FERRARI E FIAT

1969 Anno veramente intenso per la storia dell’umanità: l’uomo sbarca sulla Luna, il 15 agosto comincia a Woodstock una tre giorni di musica rock, cultura hippie ed eccessi, il 29 ottobre, alle 22:30, lo studente Charley Kline effettuò il primo collegamento remoto tra due computer, in funzione rispettivamente presso l’università della California e lo Stanford Research. Il mondo è completamente in fermento.

Per la nostra nazione invece il 1969 sarà un anno durissimo, anno della Strage di Piazza Fontana, anno in cui comincia ufficialmente  l’era degli anni di piombo.

Per quanto riguarda la Formula 1 il 1969 sarà l’anno di nascita di un certo Michael Schumacher. Esattamente il 3 gennaio nascerà a Hürth, in Germania, uno dei piloti più grandi di questo sport (ma questa è un’altra storia).

E la Ferrari?

Avevamo lasciato il racconto della storia del Drake nella mitica cornice del circuito di Daytona. La Ferrari aveva conquistato una bellissima vittoria e lasciava presagire che sarebbe stata allo stesso livello in altri ambiti sportivi.

Purtroppo come ben sappiamo il mondiale a Maranello tornerà solo nel 1975 con il grande Niki Lauda.

L’ultimo titolo mondiale piloti vinto, quello del 1964, vinto da John Surtees lasciava ben sperare ma una crisi tecnica e, ancora prima, finanziaria stava vessando il Cavallino Rampante.

Da questo limbo Il Cavallino Rampante doveva uscire e anche in fretta. Ferrari ha appena rifiutato di collaborare con la Ford e la situazione sembra catastrofica ma c’è, fortunatamente, la soluzione a portata di mano. Il bandolo della matassa può essere sciolto semplicemente giocando in casa.

A spartirsi il bottino dei titoli costruttori saranno: Lotus (1965, 1968, 1970, 1972 e 1973), Brabham (1966, 1967), Matra ( 1969), Tyrell (1971) e McLaren (1974).

 

Era il 18 giugno 1969, una di quelle date che deve rimanere impressa nel cuore e nella testa di ogni ferrarista che si rispetti a questo mondo.

Sono passati cinquantadue anni da quella fatidica data. Il Drake si trovata a Torino, precisamente in Corso Marconi e non era solo, infatti, al suo fianco c’era il fedele amico Franco Gozzi. E proprio insieme a Franco che Enzo salì sino all’ottavo piano della Sede della Fiat.

Di lì a poco si sarebbe tenuto il colloquio con il presidente dell’azienda torinese Gianni Agnelli, all’anagrafe Giovanni Agnelli. Gianni era stato nominato presidente della Fiat il 30 settembre del 1966, non era da molto al timone dell’impresa ma subito mostrò di avere le idee abbastanza chiare.

L’incontro fra i due fu molto proficuo e fu spontanea la nascita dello storico accordo. In base a tale nuova alleanza la Fiat era a tutti gli effetti azionista al 50% dell’intera Ferrari. Ma come facilmente intuibile alla famiglia Ferrari rimaneva una completa e totale indipendenza sulla Gestione Sportiva.

Enzo voleva proprio quello, rimanere autonomo nelle scelte sportive assicurando alla sua azienda comunque un futuro in questo momento di crisi.

La Formula 1, inoltre a livello tecnico, stava diventando uno sport sempre più competitivo e a Maranello serviva stabilità e concretezza, serviva davvero una base sicura su cui appoggiare qualsiasi strategia di sviluppo.

Da una parte la garanzia di fondi per avere un sostegno per migliorare le vetture in questo periodo così complicato, dall’altra la libertà decisionale. Enzo voleva proprio questo per la Ferrari e anche per se stesso. Ferrari finalmente aveva trovato una persona che rispettava la sua figura di costruttore e di appassionato del mondo delle corse.

Dall’altra parte Gianni era una persona altamente lungimirante e sapeva che sicuramente quell’accordo nel futuro gli avrebbe fruttato qualcosa di buono.

Sei anni prima Enzo si era scontrato con la Ford e li aveva bellamente cacciati dalla sua sfera di azione. In questo caso invece Fiat e Ferrari suggellarono alla perfezione i due intenti ed entrarono in simbiosi.

 

Facendo un passo indietro. Ma chi era Franco Gozzi?

 

Franco fu il braccio destro di Enzo.

Direttore sportivo, addetto stampa, direttore della comunicazione, confidente del Drake, insomma un factotum.

Nato a Modena, il 29 novembre 1932, Gozzi, laureato in giurisprudenza, divenne un testimone oculare di parte della storia del Cavallino e del mondo delle corse in generale. Passò la sua vita a stretto contatto con Enzo Ferrari ed è vissuto in un’era storica satolla di personaggi e stelle del firmamento del motosport. Da Ascari a Schumacher, passando per Gilles Villeneuve e Lorenzo Bandini.

Franco entrò nell’ambiente di Maranello alla fine degli anni 50 per aiutare Enzo, impegnato nella scrittura della tesi honoris causa che ricevette nel 1960.

Franco fu ufficialmente assunto il 20 agosto dello stesso anno ed ebbe inizialmente il ruolo di assistente di Gerolamo Gardini,  direttore commerciale.

L’anno successivo, dopo la morte di Von Trips, Gozzi fu nominato responsabile dell’ufficio stampa, ruolo mantenuto con grande senso di serietà a cui successivamente ha associato altre mansioni. Infatti Franco fu anche Direttore Sportivo nel 1968 e per metà del 1970 e con il passare del tempo il suo rapporto con il Drake divenne sempre più stretto.

Personaggio rispettoso, fedele, simpatico era una botte sicura per Enzo Ferrari  talmente tanto che dalla sua bocca non uscì nemmeno un segreto, nemmeno dopo la morte del Drake nel 1988.

Ecco cosa pensava Franco Gozzi di Enzo Ferrari:

(Articolo: “Enzo Ferrari. La vita, il mito, le manie, le curiosità” Di Franco Gozzi, Autosprint n 32/33 del 5 agosto 2008)

“Ferrari era un organizzatore impareggiabile. Il suo capolavoro di conduzione organizzata sono i 10 anni della Scuderia Ferrari negli anni Trenta, durante i quali fece funzionare l’ingranaggio in modo che la Casa madre, l’Alfa Romeo, lo trattasse con favore, i clienti-soci della Scuderia pagassero la macchina con la quale gareggiavano e si assumessero un po’ di spese, e per coprire tutto il resto inventò gli sponsor! Altrettanto talento di organizzatore e amministratore lo sfoderò quando diventò imprenditore, realizzando finalmente il sogno di costruire macchine col suo nome. A questo punto perfezionò le strategie collaudate negli anni della Scuderia e diventò, come lui schiettamente si definiva, un “agitatore di uomini”. Che vuol dire “agitare” gli uomini? Significava mettere a frutto il patrimonio psicologico maturato in lui dopo tante esperienze da pilota, direttore sportivo, uomo d’officina, dirigente, affarista, e se si mette insieme tutto questo ne risulta, per forza di cose un abile, machiavellico gigante in una folla di nani. Ragionava e agiva a un livello superiore, puntava dritto ai suoi disegni rimuovendo, anche spietatamente, qualsiasi contrarietà potesse costituire un ostacolo.”

Gozzi era a tutti gli effetti un eletto alla corte di Ferrari, presente quasi sempre ai pranzi che il Drake organizzava al sabato e passò tutta la sua vita a Modena.

Franco amava talmente tanto il Cavallino Rampante che rimase, anche dopo la sua pensione, attivo all’interno in qualità di assistente e consulente per Montezemolo.

Una vita dedicata per Ferrari e per la Ferrari. Una vita davvero unica. Enzo non poteva scegliere persona migliore con cui condividere questa tappa fondamentale della storia dell’impresa modenese.

Gozzi morì il 23 aprile del 2013.

 

“Ci ha lasciato una figura fondamentale nella storia della Ferrari” – ha detto il Presidente Luca di Montezemolo dopo la sua morte – “Di lui ricordo soprattutto le tante ore trascorse insieme a parlare di piloti ed automobili e gli sono grato per essermi stato vicino quando ero un giovane direttore sportivo della Scuderia. Difficile condensare in una sola parola cosa sia stato Franco per l’azienda: direttore sportivo, addetto stampa, direttore della comunicazione, soprattutto uno dei più stretti collaboratori e confidenti di Enzo Ferrari. Quanto sia stato parte attiva, e non soltanto un suo testimone, della vita della casa di Maranello lo si comprende guardando l’album delle fotografie storiche in cui spesso, lungo un arco di trent’anni, compare accanto al Fondatore: ne era il portavoce o, talvolta, il latore dei suoi silenzi. Chi lo ha conosciuto da vicino e ha condiviso con lui momenti salienti e vita quotidiana dell’azienda ne ricorda l’umanità e l’ironia, chi lo ha incontrato nell’ultima fase del suo capitolo di vita a Maranello ne rammenta la grande capacità di trasmettere attraverso aneddoti in apparenza marginali quei valori che hanno reso la Ferrari un mito in tutto il mondo”

Ecco come lo ricorda Piero Ferrari, figlio del Drake: “Ho passato con Franco tanti anni insieme. Dal 1965, anno in cui entrai a lavorare in azienda, fino a quando lui non ne è uscito. Un periodo lungo quasi una vita, che mi ha permesso di conoscerlo ed apprezzarlo in profondità, sotto ogni punto di vista, umano e professionale. La sua dote più grande era quella di riuscire a non arrabbiarsi mai: aveva sempre la battuta pronta, anche dopo qualche proverbiale strigliata di mio padre”.

Dopo questa piccola digressione ma dovuta su un personaggio così importante per la storia del Drake ritorniamo all’accordo stipulato fra lui e Gianni Agnelli.

Cosa propose la Fiat? Gianni offrì alla controparte lo studio di un nuovo propulsore sportivo, il futuro 6 cilindri Dino, motore che doveva essere utilizzato per i nuovi modelli di Fiat Dino, spider e coupè.

Grazie a questa intesa sarebbe nata anche la Dino che venne realizzata a Maranello. Inoltre Enzo aveva assolutamente la necessità di omologare le vetture di F2 (Dino  166) e, per raggiungere tale scopo, si dovevano costruire 500 vetture di serie motorizzate con il propulsore che aveva ideato Dino stesso.

Enzo e Gianni comunque già si conoscevano, e il rapporto, sebbene non profondo, era stato creato almeno 20 anni prima.  Durante tutto questo tempo si erano incontrati almeno quattro volte. A questi incontri si associa un breve ritrovo per il ritiro di un prototipo dotato di carrozzeria Pininfarina.

C’era stima reciproca fra i due e l’accordo avvenne dopo un parto molto semplice, fu quasi naturale per i due trovare un punto d’accordo. La collaborazione ebbe inizio.

Agnelli oltretutto apprezzava già tantissimo le Ferrari, talmente tanto che ne divenne cliente. La prima che comprò fu la 166 MM Touring Superleggera del 48, successivamente la collezione dell’avvocato torinese divenne più numerosa, fra gli esemplari da lui comprati sono annoverate anche la Testarossa Spider e una 365 P.

 

Ferrari 166 MM Touring Barchetta 1948

(1948 Ferrari 166 MM Touring Barchetta)

Ferrari aveva provato già nel 1937 a chiudere un contratto con la Fiat il cui presidente era allora il professor Valletta ma l’accordo sfumò: l’intento per Ferrari era quello di creare un reparto corse italiano forte per contrastare il dominio tedesco.

Ma questa è storia del passato.

Il tanto sospirato accordo fu raggiunto e iniziò così un sodalizio importantissimo fra due realtà che possono essere definite come le colonne portanti dell’automobilismo italiano.

A Maranello – scrisse Ferrari – io ho dato il nome di una fabbrica di automobili. La Fiat ha realizzato una vera fabbrica di automobili”.

 

Laura Luthien Piras

LA STORIA DEL DRAKE PARTE 9 – JOHN SURTEES E IL MONDIALE IN FERRARI

Per Enzo Ferrari inizia un periodo molto parco di soddisfazioni in Formula 1. Ci saranno davvero pochi acuti sino al 1975 fra cui il mondiale vinto, nel 1964, dalla leggenda John Surtees, ex campione mondiale di motociclismo.

John Surtess nato a Tatsfiel l’11 febbraio del 1934, è stato un pilota davvero incredibile, fortissimo sia sulle due ruote che sulle monoposto.  Surtees non era semplicemente un buon pilota, era senza dubbio un grande pilota, con una sensibilità incredibile e una conoscenza della meccanica fuori dal comune.

A detta di chi l’ha conosciuto John risultava un personaggio un po’ criptico ed enigmatico, per il semplice fatto che spesso e volentieri non era facile capire cosa stesse pensando. Durante l’attività agonistica preferiva lasciar parlare i suoi risultati, risultati a dir poco fantastici, soprattutto quelli legati alle due ruote.

John crebbe in una famiglia profondamente coinvolta nel business delle motociclette. Suo padre, Jack Surtees, come lavoro faceva proprio il rivenditore di motociclette di successo, ed è stato proprio lui a incoraggiare John ad interessarsi a questo sport. Surtess si allenò con una Vincent Gray Flash con cui oltretutto ottenne la sua prima vittoria sul circuito di Brands Hatch nel 1951 quando aveva appena 18 anni.

 

 

John decise di comprare una Manx Norton e, successivamente, raccolse l’invito del team ufficiale di unirsi a loro nel 1955. La squadra non voleva farselo sfuggire, era troppo forte, un astro nascente assolutamente talentuoso. Del 1955 è da ricordare la magnifica vittoria conquistata contro la Gilera di Geoff Duke a Silverstone, proprio sul finale della stagione. Nel 1956 passò alla squadra italiana MV Agusta, con cui ha sbaragliato la concorrenza e dove presto si guadagnò il soprannome di “Figlio del Vento”.

 

Sono molti i record che John Surtees ha accumulato sulle due ruote: partiamo da quello ottenuto per aver vinto tutti i gran premi delle 350 e delle 500 del motomondiale 1959, davvero incredibile, per poi arrivare a quello di aver fatto suoi tre titoli consecutivi della 500, dal 1958 al 1960, a questi vanno sommati anche quelli della 350 nel 1958 e nel 1959.  Questi due vennero conquistati anche con  il massimo punteggio teorico possibile: durante questi anni venivano considerati per la classifica finale i migliori 4 risultati ottenuti durante la stagione e Surtees aveva riportato almeno 4 successi.

Il suo palmarès nel motociclismo conta sette titoli mondiali: dal 1958 al 1960 vinse nella classe 350 mentre nella classe 500 si impose nel 1956 e in seguito dal1958 al 1960.

 

 

Mentre continuava la carriera motociclista, nel 1960, fece il suo debutto anche nel mondo delle quattro ruote.

Già l’anno prima, precisamente alla fine del 1959, Surtees fu invitato a provare un’Aston Martin DBR1 a Goodwood da Reg Parnell, antecedentemente aveva anche ricevuto molte spinte sia da Mike Hawthorn che dal capo di Vanwall Tony Vandervell.

 

Nel 1960, all’età di 26 anni, Surtees approdò nel mondo a quattro ruote che lo assorbì totalmente e fece il suo debutto in Formula 1 nello stesso anno in occasione del dodicesimo BRDC International Trophy a Silverstone per il Team Lotus. Ha subito collezionato ottimi piazzamenti, arrivando secondo nella sua seconda gara del Campionato del Mondo di Formula Uno, al Gran Premio di Gran Bretagna del 1960, e ottenendo una pole position al suo terzo, il Gran Premio del Portogallo del 1960.

Dopo aver trascorso la stagione 1961 con lo Yeoman Credit Racing Team alla guida di una Cooper T53 “Lowline” gestita da Reg Parnell e la stagione 1962 con il Bowmaker Racing Team, sempre gestito da Reg Parnell ma ora su V8 ​​Lola Mk4, arrivò in Ferrari nel 1963 con cui vinse il Campionato del Mondo nel 1964.

Come sempre ad accorgersi del suo immenso talento fu Enzo Ferrari che lo notò da subito tanto che propose a John di far parte della squadra sin dal 1962 ma Surtees allora non accettò la proposta del Drake in quanto non si riteneva ancora all’altezza del nome del Cavallino Rampante.

 

Ecco come Surtees racconta il primo incontro con Enzo Ferrari

Avvenne alla fine del 1960. Avevo appena iniziato a correre in auto, ma allo stesso tempo continuavo a correre in moto. Alternavo i miei impegni: un domenica con la Formula 1e la successiva con le moto. Alla fine del 1961, che era stata la mia prima stagione con le quattro ruote, andai a Moderna. Parlai con il Commendatore, come veniva chiamato all’epoca. Lui non era a Maranello ma al “centro assistenza clienti” di Modena. Ricordo che nel suo ufficio c’era la foto di suo figlio Dino. Durante l’incontro mi parlò del suo programma e mi invitò a prendere contatti con l’ingegnere Carlo Chiti. In quell’occasione c’erano pure Valerio Stradi e Franco Gozzi e insieme a loro andammo a Maranello dove incontrai Chiti che mi parlò dei suoi progetti mentre visitavamo la fabbrica. Riflettendo sulla loro proposta , pensai che era troppo articolata poiché comprendeva molte gare in campionati diversi con l’utilizzo di troppi piloti. Così rifiutai.(John Surtess) 

Molti dicono che il rapporto fra Surtees e Ferrari fu difficile ma John che cosa ne pensava a riguardo?

“A quell’epoca direi proprio di no. Lavorare con Ferrari non era molto diverso dal lavorare con il Conte Agusta, quando correvo in moto. Erano uomini molto simili. Entrambi ti coinvolgevano costantemente. Ti dicevano che c’erano molti soldi, ti parlavano di tutto quello che volevano realizzare, anche se poi non tutto andava a buon fine. Ma non importa. Quando decisi, fui molto felice di tornare in Italia. Era la nascita di una squadra e per fortuna c’erano ancora dei vecchi ingegneri e alcuni meccanici esperti.” (John Surtess)

 

 

“Sono note le mie simpatie per gli ex motociclisti, che hanno esperienza, conoscenza meccanica, pratica di velocità, senso agonistico e, non ultima, operosità di umile lavoro. John Surtees era uno di questi e compendiava tutte le caratteristiche che ho elencato”.(Enzo Ferrari)

 

Ma quale è la cosa particolare del 1964? Nello specifico la cosa più incredibile è che Surtees non non occupò mai la posizione più alta in classifica sino all’ultimo Gran Premio che si rivelò decisivo per decretare il vincitore, Gran Premio che si disputò a Città del Messico. La Ferrari si presentò a questa gara con tre vetture: oltre a Surtees con la 158 a 8 cilindri nella griglia di partenza c’era anche Lorenzo Bandini con la 12 cilindri e il pilota messicano Pedro Rodriguez con la 6 cilindri.

Un’ulteriore curiosità è che le tre Ferrari non erano Rosse ma rivestivano una livrea bianca e blu, colori della Nart di Luigi Chinetti.

Ma perchè questo colore?

La Ferrari non era impegnata solo in Formula 1 ma gareggiava anche nel Mondiale Marche e nel campionato marche Gran Turismo.

Nel campionato marche Gran Turismo le Ferrari dominavano con la 250 LM, macchina non prodotta nei cento esemplari che erano necessari per l’omologazione in quella precisa categoria, allora avvenne la squalifica della Rossa di Maranello. A vincere fu la Porsche.

Enzo ovviamente andò su tutte le furie e come segno di protesta ritirò la licenza di competitore italiano. Gesto che avvenne poco prima dei due Gran Premi conclusivi che vedeva Surtees in lotta per il titolo con la 158.

Enzo aveva pensato comunque ad una soluzione: dopo aver contattato l’amico Chinetti, l’importatore negli Usa delle Rosse, chiese lui di  poter disporre della  sua licenza di concorrente americano!E fu proprio questo il motivo per cui le 158 vestirono la livrea bianca e blu della Nart, North America Racing Team. 

 

Il Gran Premio del Messico 1964 fu l’ultima gara della stagione 1964 del Campionato mondiale di Formula 1, e vide come palcoscenico il circuito Autodromo Hermanos Rodríguez.

Vinse la corsa Dan Gurney a bordo della sua Brabham-Climax, imponendosi davanti a  John Surtees e Lorenzo Bandini, entrambi su Ferrari.

Surtess, piazzandosi secondo, si laureò Campione del Mondo, strappando il titoli ai due connazionali Hill e Clark. Anche la Ferrari si aggiudicò il titolo costruttori primeggiando su BRM e Lotus-Climax.

La gara in Messico fu l’ultimo gran premio in carriera per Phil Hill, Campione del Mondo del 1961.

“Il Messico aveva sempre rappresentato un problema per noi. Sapevamo benissimo che avremmo avuto delle difficoltà ad ottenere la giusta miscela di carburante. A quelle altitudini e con quelle curve che creavano un sacco di forze G, i motori erano soggetti a dei problemi di circolazione dell’olio e ad un’impennata nei consumi di carburante. Così, cercammo di rendere la miscela più magra e in pratica questo fece saltare in aria il motore. Discutemmo della possibilità di passare al 12 cilindri (che in quel momento veniva utilizzato da Bandini), ma eravamo preoccupati per l’affidabilità. Montammo un propulsore nuovo per la gara, ma all’inizio non andavo da nessuna parte perché il motore non girava a otto cilindri. Ho finito il primo giro in tredicesima posizione (era quarto sulla griglia) e stavo scivolando sempre più indietro mentre il propulsore diventava bollente. Ma, quando divenne caldo e puzzolente, iniziò a funzionare a otto cilindri. Era così magro che ha cominciato a lavorare solo a quella temperatura”.(John Surtees)

Ma vediamo insieme lo svolgimento della gara.

Clark, che si era aggiudicato la pole position il giorno prima, era scattato davvero bene alla partenza e aveva cominciato nelle prime fasi di gara una cavalcata in solitaria. Bandini, ottimo uomo squadra, tentava di frenare Graham Hill, considerando che Surtees era parecchio distaccato. Graham tentò un sorpasso all’esterno del tornatino, iniziativa che risultò azzardata, infatti la ruota posteriore della BRM urtò l’anteriore sinistra delle Ferrari. Hill sbandò e urtò il rail con il retrotreno, incrinando gli scarichi.

Graham fu costretto ad una sosta ai box, ma anche se riprese la gara, oramai era fuori dalla lotta al titolo. Bandini cercò di favorire la rimonta di Surtees. A due giri oramai la vittoria di Clark era quasi sicura ma il motore della sua Climax  ebbe un calo di pressione e fu costretto a rallentare. 

Il Gran Premio del Messico venne vinto da Dan Gurney, pilota Brabham, al secondo posto ci sarà Surtees, posizione regalata dal compagno Bandini. Con questi due piazzamenti la Ferrari acquisiva entrambe le corone mondiali.

Enzo Ferrari aveva brillato contro gli inglesi che avevano presentato una monoposto davvero innovativa come la Lotus 25.

Surtees con grandissima lucidità sapeva che doveva ringraziare Bandini per aver ottenuto la massima consacrazione. John aveva saputo concretizzare e massimizzare qualsiasi risultato durante il mondiale ed era stato capace di far uscire fuori il potenziale della sua Ferrari 158 che si era mostrata davvero forte durante la seconda parte della stagione.

“Prendere le corse nel modo giusto e il resto viene da sé. Questo è sempre stato il mio atteggiamento anche nella vita. In Messico o durante la gara non me ne resi conto. Furono altri che sottolinearono il fatto che sarei potuto diventare il primo uomo a vincere la doppia corona ed è stato solo dopo la corsa, quando vidi i volti raggianti degli uomini della mia squadra, che capii il senso di ciò che avevo fatto.  Sì, guardandomi indietro è soddisfacente, ma la cosa più importante – quella fondamentale –  era che stavo facendo ciò che amavo fare”. (John Surtees)

 

 

Laura Luthien Piras