BASTIAN CONTRARIO: IL GP DEI 18 GIRI

La storia è piena di episodi di guerra dove un conflitto viene ricordato per la durata dello stesso. Il primo che mi viene in mente, fosse solo perché sono campano, è “le quattro giornate di Napoli” per quanto se ne possano citare altri… sia chiaro. Questa di certo non è una rubrica di storia, anche se la F1 sta facendo di tutto per passarci (in negativo) con il suo reiterato e scriteriato comportamento. Ed ecco che il GP del Qatar è passato alla storia appunto, come “il GP dei diciotto giri”. Ormai criticare l’operato della Federazione e di tutto il carrozzone della F1 sta divenendo un esercizio che rientra nella normalità. Che tristezza infinita dover parlare di questo, invece di concentrarsi esclusivamente sulle gesta degli eroi che girano in tondo per trecento chilometri. Che poi, quelli in pista domenica scorsa, eroi lo sono stati per davvero date le condizioni (disumane) in cui hanno dovuto cimentarsi. Sia chiaro a tutti  che del buonismo da social il sottoscritto non sa che farsene e, di certo, non mi metterò a compatire i driver di ogni singola squadra dicendo “oh poverini”, perché quei “poverini” sono consumati professionisti che guadagnano milioni di dollari l’anno, girando il mondo, con tutti i benefici del caso. Sappiamo bene che c’è gente al mondo che a parità di condizioni, se non peggio, lavorano per molto (decisamente!) meno. Detto questo, si dia a Cesare ciò che è di Cesare, perché anche se l’attuale F1 sta facendo di tutto per farci allontanare (almeno i boomer come me… le classificazioni dei giovani leoni da tastiera, dietro le quali si nascondono per evitare ogni tipo di confronto, mi fanno sorridere) dal nostro amato sport, è anche vero che ne riusciamo ad apprezzare ancora le doti sportive dei nostri cavalieri del rischio. Così  il GP dei diciotto giri si è tramutato in una gara ad eliminazione, una sorta di selezione naturale del più forte: così che abbiamo visto improbabili gesti come quello di Russell, che per raffreddare le mani (sigh) le alzava dal volante in pieno rettilineo (e il safety first che se ne va a meretrici!), piloti che vomitavano nel casco ed altri che a stento riuscivano a stare in piedi a fine gara, fino ad arrivare alla vittima Sergeant, il quale per manifesta mancanza di preparazione (unico a ritirarsi), ha dovuto alzare bandiera bianca, dimostrando così (oltre ad un coscienzioso buon senso)non solo di non essere all’altezza della F1 come talento, addirittura non lo è nemmeno come preparazione.

Ci sarebbe da chiedersi chi è il genio che ha deciso di mettere in calendario il Qatar proprio agli inizi di ottobre, quando poi a novembre avremmo sicuramente trovato ben altre percentuali di umidità. Domanda retorica la mia, perché di geni, che nella F1 organizza il circo, ce ne sono pochi e allora, giusto per non farci mancare nulla, lo stesso organizzatore fa sapere che ogni pilota non potrà compiere più di diciotto giri con lo stesso set di gomme… da qui il triste nome del GP qatariota. Evidentemente al peggio non c’è mai fine e devo dire che la Federazione ha del metodo nell’affinare questa metodologia comportamentale. In una F1 scontata, dove già a fine tre giorni di test (ri sigh!) sai chi vincerà il mondiale e che l’unica suspense, o comunque incognita, è data proprio dal tipo di strategia che ogni squadra si inventerà (Ferrari nella Sprint Race del sabato è andata alla grande… meno male che con Vasseur le cose dovevano cambiare), si giunge all’assurdo che ti viene tolto anche quel minimo dubbio, perché tutti vengono obbligati per motivi di sicurezza a cambiare set di pneumatici, appunto entro le diciotto tornate. Che spettacolo osceno che siamo stati costretti ad assistere, che farsa degna solo di un organizzatore da paesello di campagna alle prime armi. L’organizzatore non può che spargersi il capo di cenere e, magari, mettersi un sacchetto della spesa in testa per la vergogna, proprio come faceva il figlio di gatto Silvestro. Asfalto mangia gomme, cordoli alti e taglienti come rasoi e tutto questo emerge solo quando si atterra in quel del Qatar. Fino a qualche tempo fa, i protagonisti erano i piloti che avevano il compito di portare al limite le loro vetture e le loro capacità, oggigiorno lo sono i cosiddetti “track limit”, i quali non possono essere violati, pena la reprimenda da cinque secondi che comminata in quel marasma, chiamato GP del Qatar, dove bisognava ricordarsi quanti giri mancavano al fatidico “diciottesimo”, non hanno fatto altro che aggiungere ancora più confusione. Ovvio che in pista ci vogliono delle regole, così come è giusto che si seguano determinate direttive, vero è che se un pilota esce fuori pista (inteso con quattro ruote sul cordolo) sa bene che può anche scivolare e quindi girarsi… allora che vengano lasciati liberi questi eroi, che assomigliano sempre di più a dei burattini teleguidati e non ai gladiatori ai quali siamo stati abituati a vedere e coi quali siamo cresciuti e che hanno contribuito a rendere la F1 lo sport più popolare del sistema solare; dopo il calcio si capisce. I piloti dicevo, quasi li dimenticavo.

Innanzitutto congratulazioni a Verstappen per il suo terzo titolo consecutivo, vinto al sabato (per gentile concessione di un “cotto a puntino” Perez, che a sua volta è stato richiamato pubblicamente da Horner, il quale è notorio che difende sempre allo stremo i piloti… giusto per far capire come sta messo male il messicano) come suo suocero (“la coincidenza non ha madre” cit. “V per vendetta”), quindi senza nemmeno aspettare diciotto giri. Del resto Max lo conosciamo, non è ragioniere, non è “professore” come Prost e tuttavia, per quale motivo dovrebbe esserlo visto che corre solo. Come ho già detto in passato, il buon Max è uno che nasce ogni generazione e che, purtroppo, a causa di queste regole, si è “hamiltonizzato”, perché non fa altro che correre da solo ed è uno spreco schifoso, soprattutto dopo quanto visto nel 2021. Singolare che proprio Hamilton, domenica scorsa, abbia dimostrato gli effetti di cosa significa correre in solitaria e soprattutto con un compagno incline a fargli da scudiero: per l’ansia di dimostrare alla squadra e al compagno chi comanda, ha mandato a quel paese un potenziale doppio podio per Mercedes, scornandosi con il coriaceo Russell, il quale ha raccontato la favoletta che non lo aveva visto negli specchietti: George ha fatto bene a non mollare, perché se avesse dimostrato sudditanza si sarebbe condannato per sempre. Chi altro non ha mostrato sudditanza è Piastri, che con bravura va a vincere la mini gara (tristezza!) e arrivare dietro al campione del mondo e comunque davanti all’insofferente compagno di squadra: fino a quando saranno “amici” i due? In Mercedes il bubbone è ormai scoppiato. Ritengo che manchi poco anche in questa sbalorditiva McLaren.

Nel delirio qatariota, anche Ferrari a modo suo è stata protagonista: il buon Sainz nemmeno si è disturbato ad entrare in macchina la domenica, dato che poco prima dell’inizio del GP, la squadra si accorge di un problema al suo impianto di alimentazione della benzina. Sapete cosa non mi sorprende di quanto accorso alla Rossa? Il silenzio assordante in merito. Vi posso garantire che se, quanto visto domenica scorsa, fosse successo con Binotto al comando, staremmo ancora a servire messa per quante bestemmie sarebbero state dette sui social. Invece nulla, un silenzio assordante: prima era un solo uomo a sbagliare per tutti, ora è la squadra. Ripeto, certi problemi non dovevano sparire con la dipartita dell’ex Team Principal? Del resto, per il rubicondo e paffuto Vasseur questo è il suo primo anno e, si sa, sta ricostruendo “dalle macerie” che il predecessore gli ha lasciato e un GP da diciotto giri non basta a sistemare le cose

 

Vito Quaranta