F1 2021 – GP DEL BAHRAIN

La stagione 2021, ultimo giro di giostra per la F1 così come l’abbiamo conosciuta dal 2017. Ultimo anno prima della rivoluzione tecnica che vedrà il ritorno delle monoposto a effetto suolo, ennesimo tentativo di ritrovare una parvenza di incertezza e di spettacolarità in uno sport dove da tempo se ne vede poca, pochissima.

Una stagione che in molti pensavano dovesse essere  la “fotocopia” del 2020, in quanto poco si può modificare sulle monoposto che hanno terminato la stagione 2020. In tanti avevano già annunciato come certo l’ottavo titolo di Lewis Hamilton, al volante dell’imbattibile missile nero/argento Mercedes.

In effetti potrebbe ancora andare in questo modo ma diversi fattori fanno pensare che potremmo assistere ad una delle stagioni più interessanti e incerte degli ultimi anni.

Partendo dalle incertezze, cominciamo con il calendario dei GP. Annunciato in pompa magna come il più lungo di sempre, 23 gran premi, roba da far accapponare la pelle agli addetti ai lavori, quelli che spesso non sono a favore di telecamera a cui sembrerà di essere come quei marinai che stanno via da casa mesi prima di rivedere la terra ferma.

La persistente pandemia di Covid-19 ha già fatto slittare a novembre il GP di Australia, tradizionale tappa d’apertura del mondiale. Al momento resta questa l’unica variazione ma in questo senso di naviga a vista, quindi non è detto che non possano esserci ulteriori modifiche.

La bella notizia è che, con il forfait della Cina e del Vietnam, rientrano dalla finestra due circuiti riscoperti nel 2020 e che dovrebbero essere tappa fissa in un mondiale di F1 che si rispetti: l’Enzo e Dino Ferrari di Imola  e Portimao, previsti come seconda e terza tappa stagionale. Sarebbe stato bello riavere anche il Mugello, ma evidentemente è più funzionale andare a Jeddah per “l’esotico” GP dell’Arabia Saudita…

Come detto si parte dal circuito del Sakhir in Bahrain, già sede dei test prestagionali. Test della durata di ben tre giorni, di cui almeno uno poco indicativo per la presenza di vento e sabbia in pista. Facile immaginarsi la soddisfazione dei team che si ritroveranno nelle prime prove libere del venerdì al buio o quasi.

Tra questi, i più felici saranno certamente quelli della Red Bull, che ha terminato alla grande il 2020 e che si è rivelata di gran lunga la migliore dei test pre-stagionali. Al netto di tutti i sandbagging possibili e immaginabili, hanno dato l’impressione di avere una macchina veloce, stabile ed efficace anche nei long run, pronti a fare da lepre almeno nelle prime gare del campionato.

immagine da bandierascacchi.com

L’arrivo di Perez ha dato ulteriore consistenza ad un team che non dovrà preoccuparsi come nel recente passato degli errori di gioventù e di adattamento di giovani piloti.

Le dolenti note arrivano dalla scuderia dalla quale meno te le aspetti. La Mercedes sembra essere in seria difficoltà con la nuova W12, bellissima ma alquanto ingestibile e che ha mandato per le terre diverse volte i suoi piloti. Pur palesando una buona efficienza globale e facendo intravedere un potenziale da prima della classe per distacco, preoccupano non poco i problemi di affidabilità al cambio e l’instabilità del retrotreno che rende la macchina poco prevedibile. Una situazione che i piloti non amano particolarmente, citofonare al Vettel del 2020 per avere un’idea.

immagine da automotorinews.it

Wolff e soci hanno già messo le mani avanti per le prime gare della stagione. Difficile che a Brackley non riescano a trovare la quadra in tempi relativamente brevi ma una Red Bull che parte a razzo potrebbe rappresentare un problema. Certo potrebbe trattarsi dell’ennesimo trappolone che gli anglo-tedeschi giocano agli avversari, ma questa volta potrebbe essere vera emergenza in casa Mercedes.

Ferrari…l’elogio del basso profilo, bassissimo fin quasi a sfiorare la sfiducia nei propri mezzi. Luci ed ombre hanno evidenziato i test, con la nuova PU e una ritrovata efficienza aerodinamica tra le luci, difficoltà nelle curve medio-lente e un usura gomme eccessiva tra le ombre. Insomma, non è il disastro del 2020 ma sembra che la SF21H non possa lottare stabilmente per il podio. L’arrivo di Sainz ha portato una ventata di aria fresca e qualche novità dal punto di vista dei feedback tecnici, in virtù della sua esperienza in McLaren.

immagine da circusf1.com

Binotto si aspetta una stagione più serena rispetto al 2020 ma niente di clamoroso. Il rischio è di vivere una stagione senza i bassi del 2020 ma sostanzialmente mediocre, senza grossi spunti. La Scuderia ha preso così tante bastonate nel 2020 che preferisce atteggiarsi a team di centro classifica, sperando che le prestazioni in pista la possano issare ben più in alto.

Chi può ambire ad essere la terza forza del campionato è la McLaren. Ha perso la PU Renault e ha guadagnato quella Mercedes, perso Sainz e guadagnato Ricciardo, bilancio nettamente positivo. In più hanno trovato una soluzione tecnica al diffusore posteriore a cui nessuno ha pensato e che potrebbe essere un bel jolly. I test hanno confermato la bontà della vettura che deve essere ancora capita a fondo per sfruttarne appieno il potenziale.

immagine da mclaren.com

Aston Martin, o meglio la W11 ridipinta di verde, ha accusato gli stessi problemi della sua sorella maggiore, soprattutto al cambio e nella ridotta operatività della PU Mercedes. L’arrivo di Vettel porterà esperienza e un pilota che può puntare sempre al podio ma attualmente la vettura è un bel punto interrogativo in quanto a performance in pista.

immagine da alvolante.it

Alpha Tauri invece esce benissimo dai test, con una vettura che sembra veloce, prevedibile nel comportamento e affidabile. Tutti entusiasti della nuova PU Honda e del nuovo arrivo Tsunoda, un giapponese che ha già fatto vedere una buona velocità e una certa aggressività a parole.

immagine da scuderiaalphatauri.com

La neonata Alpine, ex Renault, ha cambiato tantissimo e di solito quando è così ci vuole un pò prima di trovare la quadra. Via Abiteboul dentro Brivio, via Ricciardo dentro Alonso e una vettura che ha fatto storcere il naso per gli ingombri notevoli nella zona del cofano motore. Alonso è carico come una molla dispetto delle sue 39 primavere, ma probabile che il 2021 sia un anno di attesa aspettando il 2022.

immagine da formulaspy.com

Le cenerentole del 2020 sembrano destinate ad esserlo anche nel 2021, con qualche cambio di posizione. Ultima, ultimissima la Haas che ha candidamente dichiarato di non sviluppare la macchina nel 2021 e che concentrerà le risorse sulla monoposto 2022, arrivando a dichiarare che uno/due punti conquistati in qualche gara sarebbero un miracolo.Non fosse per la nuova e giovanissima line-up di piloti passerebbe inosservata. Invece nel 2021 rivedremo uno Schumacher in griglia, cosa piuttosto emozionante e Mazepin che al momento ha fatto correre molto più la lingua e le mani piuttosto che la sua monoposto. A mio parere è il candidato numero uno al nuovo ruolo di “carbonman” lasciato da Grosjean.

immagine da automotorinews.it

Alfa Romeo ha goduto in primis di una PU Ferrari 2021 ben più competitiva. Il passo in avanti rispetto alla monoposto 2020 è palese ma non sembra sufficiente da promettere di essere stabilmente tra le monoposto in grado di giocarsi i punti. Il team è molto contento dei risultati dei test così come i piloti, resta l’incognita sulle effettive prestazioni che potranno mettere in pista già da venerdì.

immagine da autoweek.com

Per la Williams il primo anno con la nuova proprietà dovrebbe portare all’abbandono del ruolo di fanalino di coda, gentilmente ceduto alla Haas. La vettura 2021 sembra avere il grosso difetto di soffrire molto la presenza del vento in pista, per cui potrà avere weekend buoni e altri praticamente disastrosi. Per Russell un’altra stagione di purgatorio in attesa che si aprano definitivamente le porte del paradiso Mercedes.

immagine da williamsf1.com

A tutto questo aggiungiamo che verranno utilizzate delle nuove gomme Pirelli in grado di fornire maggiore durabilità e che saranno utilizzate a pressioni minori rispetto al 2020, per avere un quadro ancora più incerto delle forze in campo rispetto alla passata stagione.

Il tracciato del Sakhir ha spesso visto una Mercedes forte ma non dominante, come ad esempio nel 2020. Alla luce delle recenti difficoltà non è azzardato dire che la Red Bull si presenti con i favori del pronostico.

Curiosità nel vedere come si comporteranno al debutto nelle nuove squadre i vari Perez, Sainz, Vettel, Ricciardo, anche se la vera star è Fernando Alonso, da cui ci si aspetta sempre meraviglie.

Occhi puntati anche sui tre debuttanti, Mick Schumacher, Mazepin e Tsunoda. Per ovvie ragioni l’aspettativa maggiore è sul primogenito del grande Michael ma l’imperativo per lui, così come per Mazepin è portare a casa la macchina e non fare errori grossolani, l’apprendistato sarà lungo e con una monoposto che non è sicuramente lo stato dell’arte. Tsunoda invece ha per le mani una monoposto sicuramente migliore e potrebbe già togliersi qualche soddisfazione, se evita la tentazione di voler strafare.

immagine da football24.news

Sarà un primo weekend di gare che non definirà totalmente i valori in campo ma farà capire chi è in vantaggio e chi dovrà rimettersi al lavoro per recuperare. Certo un Verstappen così calmo e “low profile” come quello visto nei test non lo si è mai visto. Ragione in più per averne paura e indicarlo come il favorito numero uno.

*immagine in evidenza da thelastcorner.it

Rocco Alessandro

 

MOTOGP 2021 – BARWA GRAND PRIX OF QATAR

Ci siamo…anche il 2021 sta per cominciare.

Sarà un’altra stagione strana, dove probabilmente la situazione pandemica farà ancora la sua parte e quasi sicuramente rivivremo gp che saltano o piloti che non possono correre causa Covid.

Diramato il calendario MotoGP 2021, 19 GP in programma - Motociclismo

Come sempre i test han fatto sembrare che tutti possano giocarsela, visto che in ogni sessione ha dominato qualcuno di diverso, quindi fare un pronostico è cosa quanto mai azzardata.

Tranquilli, le gomme ci metteranno il loro zampino anche sto anno, come lo è stato in quello passato. Io spero di no, perché è insopportabile vedere un pilota a pari pista, passare dalla vittoria il weekend precedente, a correre nelle retrovie in quello successivo.

Ammettiamo che non ci sia questa variabile, beh ce ne sarà un’altra ben più tosta. Il 93 tornerà? Ma quando tornerà? Quanto tempo impiegherà per essere il campione di prima?

MotoGP, Marc Marquez: test a Portimao con Honda RC213V-S. VIDEO | Sky Sport

A mio avviso, il giorno che torna questo stupisce tutti e la vince al primo colpo, tanto d’averci fatto su una scommessa, con cena da pagare. (Io non scommetto mai)

Nei suo profili social ha l’occhio vivo del campione e negli allenamenti fatti con le pitbike o con la motogp, ha dimostrato che di ruggine ce n’è poca, prepariamoci!!!

Parlando della situazione piloti/moto, beh tutto abbastanza indecifrabile, con le Yamaha ancora una volta deficitarie clamorosamente sulla velocità di punta, dove invece Ducati, ancora una volta fa da padrona.

Viñales e Quartararo tolgono i veli alla Yamaha M1 2021 - Motociclismo

Le Yamaha comunque paiono ben impostate per il passo gara, ma il Qatar è sempre pista dal basso degrado, quindi viene in aiuto alla M1.

Strano il comportamento di Vinales che ha preferito passare i test a sviluppare il suo assetto, lasciando a Vale e Quartararo il lavoro di sviluppo. Per uno che vuole puntare al titolo ed è nella squadra ufficiale, è un modo di fare alquanto bizzarro. Se la stagione inizierà come il finale del 2020, sta a vedere che la M1 ufficiale potrebbe finire in mano a Morbidelli.

MotoGP 2021: Honda toglie i veli alla RC213V di Marc Marquez e Pol Espargaro - Motociclismo

Honda sembra finalmente una moto più adatta a tutti, con Espargarò che ha trovato subito feeling e Alex Marquez che sta mostrando un passo decisamente buono, rispetto alle difficoltà del 2020. In attesa del ritorno di Marc, pare in una buona situazione.

MotoGP: presentato il Team Ducati 2021 - Motosprint

Ducati par la moto favorita, ma tuttavia paga una situazione dei piloti strana, dove manca totalmente quel pilota d’esperienza, costante e metodico, che sappia aiutare ad evolverla durante la stagione. Miller avrà la sua grande occasione, Bagnaia non avrà più giustificazioni e dovrà mostrare il suo valore. Zarco in Pramac ci stupirà? Io scommetto su Bastianini come sorpresa.

MotoGP, Suzuki 2021: presentata la nuova livrea della GSX-RR di Joan Mir e Alex Rins | Sky Sport

Suzuki, senza Brivio, probabilmente potrebbe non avere più quella situazione favolosa nella gestione dei piloti. La moto par ancora buona e potrebbe dar loro soddisfazioni, ma riusciranno a stupirci ancora e fare un nuovo colpaccio? Dubbi.

Aprilia, il 2021 inizia con importanti novità | MotoGP™

Aprilia investe su Dovi come tester e ha presentato la moto più rivoluzionaria di tutte sul piano aerodinamico. Gli investimenti crescono sempre e così il lavoro sulla moto e i consigli e l’esperienza del Forlivese potrebbero dare l’ultimo step, per portarla la davanti.

Petrucci: "Con KTM sto ritrovando il gusto per la MotoGP"

Ktm sottotono, con tempi alti, soprattutto per Petrucci che è parso in netta difficoltà rispetto a Binder e Oliveira. Da vedersi nel weekend di gara, però al momento una moto che difficilmente sarà da vertice.

MOTO2 – MOTO3

Dovrei parlare anche di queste due classi, ma come sempre far pronostici è quanto mai azzardato. Nella Moto2 sappiamo bene che la stagione premierà il più costante durante tutti i weekend di gara, rispetto a colui che magari ne vincerà di più, ma sarà meno costante.

Nella Moto3, le gare da kamikaze di molti piloti come sempre produrranno le classiche cadute folli, che spesso finiscono per alterare il risultato finale della stagione. Speriamo che prima o poi si prendano provvedimenti seri a riguardo.

Buon motomondiale 2021

Davide_QV

(immagini del testo tratte dai siti ufficiali dei team del motomondiale)

(immagine in evidenza tratta dal sito Promoracing)

F2 2021: COSA CI ASPETTA

Benritrovati, fan della F2. Il 2020 è stata un’annata memorabile, merito delle condizioni eccezionali in cui si è disputata ma anche dell’elevata combattività della serie, che ha visto cinque piloti ancora matematicamente in lizza per il titolo all’inizio dell’ultimo weekend.

Rispetto all’anno scorso la griglia di partenza è piuttosto cambiata. Mick Schumacher, vincitore del campionato, è emigrato in F1, insieme a Yuki Tsunoda, terzo e rivelazione dell’anno, e Nikita Mazepin, quinto con sorpresa di tutti (me per primo). La F2 ha perso anche Callum Ilott, il secondo classificato, che ha lasciato la serie per ragioni economiche. Malgrado l’abbandono di quattro piloti tra i primi 5 e di numerosi esponenti della “vecchia guardia” (come Deletraz, Markelov, Gelael), il livello della serie resta alto e contiene diversi piloti che potrebbero approdare con merito in F1, e alcuni rookie che potrebbero sorprendere.

Gli ultimi anni sono stati ricchi di novità sotto il profilo tecnico, quest’anno i cambiamenti si concentrano invece sul regolamento sportivo. Cambia radicalmente l’organizzazione del weekend: dalla classica Qualifiche +Feature Race + Sprint Race si passa a un weekend da qualifica + tre gare, due Sprint Race effettuate il Sabato (le cui griglie di partenze sono rispettivamente l’ordine della qualifica con inversione dei primi 10 e ordine di arrivo con inversione dei primi 10 ) e una Feature Race la Domenica (la cui griglia di partenza è di nuovo quella specificata dalla qualifica, stavolta senza inversione). L’incremento di gare per weekend significa anche che F2 e F3 smetteranno di disputarsi insieme, e si alterneranno ad accompagnare la F1.

[COURTESY OF THELASTCORNER.IT]

La trovata è stata escogitata con lo scopo di ridurre i costi. All’aumento del numero di gare per weekend si accompagna infatti una riduzione del numero di weekend in cui bisogna spostare la squadra. Il beneficio vero tuttavia non proviene dalla logistica semplificata, quanto dalla possibilità di risparmiare sulle risorse umane: la maggior parte delle squadre impegnate in F2 corre anche in F3, quindi l’alternanza significa che un’unica crew può seguire ambo i campionati, anziché dover mantenere squadre diverse.

I risvolti negativi di questo cambiamento tuttavia mi fanno augurare che tale soluzione sarà abbandonata una volta assorbiti i danni economici causati dalla pandemia. Se si svolgono i calcoli infatti si scopre che il chilometraggio della serie diminuirà di una percentuale significativa (circa due Feature Race); i piloti inoltre potranno familiarizzare con meno piste. Se si considera inoltre che la qualifica impatterà di meno nell’economia generale del weekend, è pacifico dire che la serie perderà del valore formativo – senza contare che potrebbero esserci piloti che decideranno di disputare F3 e F2 in contemporanea, diminuendo quindi il numero di sedili disponibili.

Secondo me due saranno le storyline principali: la lotta tra i sophomore Lundgaard, Shwartzman, Drugovich (e Zhou?) per il titolo e il derby interno in Renault (Zhou, Lundgaard, Piastri) per accaparrarsi un futuro in Alpine. In FDA i pretendenti si sono ridotti a Marcus Armstrong e Robert Shwartzman; un terzo, Gianluca Petecof, è uscito dall’Accademia nel Gennaio di quest’anno. I rookie sono interessanti e di buon livello, ma per un motivo o per l’altro IMHO difficilmente li vedremo in lotta fino alla fine.

Proseguiamo con ordine e diamo uno sguardo ravvicinato ai protagonisti della stagione che inizierà il 26 Marzo in Bahrain.

Prema

[COURTESY OF METROPOLITANMAGAZINE.COM]

Con le nuove monoposto (introdotte nel 2018) la Prema sembrava aver perso la velocità che gli aveva permesso di dominare il 2016 e il 2017, ma l’anno scorso è tornata alla vittoria in entrambi i campionati. Se consideriamo che l’area in cui aveva faticato di più l’anno scorso, la qualifica (solo una prima fila in tutto il campionato), col nuovo format impatta di meno, e che la sua line-up è composta dagli ultimi due campioni di F3, è facile capire perché sono considerati i favoriti.

Robert Shwartzman l’anno scorso iniziò in maniera eccezionale e rimase in piena lotta per il titolo fino alla fine, quando una combinazione di sfortuna, guasti meccanici e un paio di brutte prestazioni lo hanno condotto a una più mite quarta posizione – comunque solo 38 punti dietro il suo vittorioso compagno di squadra. A differenza dei suoi rivali, sembra un pilota già completo. Al massimo si può dire che la prestazione in qualifica deficita un po’ (era stato un suo punto debole anche in F3), ma col nuovo formato la cosa non è un grande problema. E’ il favorito per il titolo.

Il diciannovenne Oscar Piastri è invece un rookie prestigioso. Nel 2019 ha vinto la Formula Eurocup, l’anno scorso la F3. Come Schumacher, è stato in grado di conquistare il titolo senza aver mai firmato una pole – grazie a un’efficacia in gara e a una combattività senza pari. Il curriculum è notevole, tuttavia l’australiano di scuola Alpine non mi convince troppo. Alla fine ha vinto il titolo perché all’ultima gara Logan Sargeant, che aveva i numeri per vincere comodamente, è stato tamponato alla partenza senza colpe. Nonostante questo ha seriamente rischiato di perdere il mondiale in favore di Theo Pourcharie, un pilota non Prema (come ripeterò sotto, la Prema ha praticamente sempre vinto in F3). E’ una vera incognita – potrebbe finire decimo quanto secondo. Personalmente mi aspetto che vinca un paio di Sprint Race, e che mostrerà veramente la sua forza nel 2022.

Virtuosi Racing

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L’anno scorso è il team più veloce del gruppo, ma alla fine sono giunti dietro alla Prema tanto nel Campionato Piloti che nel Costruttori. Le cause vanno riscontrate negli errori tanto dei piloti quanto della squadra, e in un race pace che a volte non è stato a livello del ritmo di qualifica. Non dobbiamo dimenticarci che il team Virtuosi è relativamente giovane, quindi ha ancora un buon margine per il miglioramento.

Guanyu Zhou ha avuto una stagione positiva, ma da lui ci si aspettava molto di più. A inizio anno era naturale scommettere su di lui come vincitore, invece ha concluso sesto e solo una vittoria all’attivo (in una Sprint Race stoppata dopo sette giri). E’ stato dominante in Austria, poi è risultato più lento di Ilott in quasi tutte le altre occasioni. Se vuole mantenere le sue quotazioni in casa Renault, in pratica deve vincere il campionato. L’operazione potrebbe essere alla sua portata, visto che l’anno scorso più che la velocità gli è mancata la capacità di stare lontano dai guai (anche per via di partenze molto brutte, che gli sono costati podi e vittorie in più di un’occasione). In qualifica è stato inferiore a Ilott, ma più per meriti del pilota inglese che per demeriti del cinese. Il 2021 per lui è iniziato bene, dato che ha conquistato il titolo in F3 Asia (in un campionato insolitamente ricco di piloti), vittoria che gli è fruttata anche la Superlicenza per la F1.

Felipe Drugovich invece è il mio personale favorito per il titolo. Ha distrutto la concorrenza in Euroformula nel 2018, mentre l’anno scorso in F2, da rookie, ha ottenuto una pole e tre vittorie, con un team che aveva ottenuto gli stessi numeri in dieci anni. Quando prendeva la testa della gara iniziava a martellare come nessuno – non è un caso che ha fatto segnare le vittorie con maggior margine sul secondo della stagione – e si è dimostrato spesso tra i migiori nella gestione degli pneumatici. Non si è (ancora?) legato con un team  di F1, il che è un peccato, dato che il brasiliano è l’unico pilota di talento di una nazione tanto importante per il mercato automobilistico quanto scarsa di piloti degni di questo nome. Va detto che i test pre-stagionali non sono andati molto bene. Stiamo a vedere.

Carlin

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Dopo un 2019 anonimo, nel 2020 la Carlin è tornata a lottare per il titolo, ottenendo risultati prestigiosi con Yuki Tsunoda e Jehan Daruvala. Nel 2021 aspira a ripetersi, e ha i mezzi e i piloti per farcela.

La stagione 2020 di Jehan Daruvala ad una prima occhiata appare ben poco esaltante: mentre il teammate Tsunoda faceva incetta di pole e di vittorie e ha sfiorato il titolo al debutto, l’indiano a stento arrivava in zona punti. In realtà si è scoperto che le scarse prestazioni erano dovute a un motore subottimale; una volta sostituito, da Monza in poi, ha dimostrato quantomeno di essere degno di un sedile di F2. Non vedo in lui un favorito per il titolo, ma può portarsi a casa qualche vittoria di tappa. In qualifica potrebbe sorprendere, a volte.

Mi aspetto grandi cose invece da Dan Ticktum. L’anno scorso ha avuto un rapporto conflittuale con le gomme – era tra i migliori nella gestione in gara, ma a prezzo di brutte qualifiche e primi giri da dimenticare. In Carlin mi aspetto che risolva i problemi con gli pneumatici. Avrà risolto i problemi caratteriali che gli costarono il posto nella Red Bull Academy?

Hitech

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(Sì, la livrea Red Bull è passata alla Hitech quest’anno).

La Hitech è stata una delle sorprese l’anno scorso. Con più costanza e meno errori di gioventù – era al primo anno nella serie – e forse con una diversa coppia di piloti, sarebbe stata pienamente in lotta per il titolo. A tratti ha dato l’impressione di essere il team che comprendeva meglio le nuove gomme. Nei test precampionato è stata tra i team più rapidi. La coppia piloti è però un’incognita.

L’anno scorso in F3 Liam Lawson è stato tra i più forti piloti non-Prema. Fa parte del vivaio RedBull e come da copione è giovane, veloce e aggressivo. In F3 correva per la Hitech, quindi avrà meno problemi ad adattarsi alla nuova squadra. Non mi sbilancio troppo perché lo conosco poco, però scommetto che vincerà almeno una Feature Race.

L’estone Juri Vips condivide con il collega i colori Red Bull. Il suo curriculum avaro di numeri è ingannevole: nella sua carriera ha corso quasi sempre con team poco competitivi, e nel 2020 i suoi piani sono stati stravolti dalla pandemia. L’anno scorso è stato chiamato all’improvvisto dalla DAMS per sostituire l’infortunato Gelael; malgrado l’esperienza pari a zero, è riuscito ad andare forte fin da subito, ed è riuscito a finire a podio al Mugello prima di dover restituire il sedile al titolare. In carriera non ha quasi mai lottato per il titolo, ma personalmente mi aspetto una Top 6.

ART Grand Prix

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Il 2020 della ART è stato strano. C’erano weekend in cui erano i migliori, e altri weekend in cui andavano inspiegabilmente lenti – sono stati insomma i più scarsi dei top team. Il passato è glorioso (due degli ultimi tre campioni di F2 si sono laureati con la ART), quindi confido che sapranno reagire. L’impressione che ho è che abbiano subito le gomme da 18”. La coppia piloti è quella giusta per ambire a traguardi importanti.

Il settimo posto finale non rende giustizia al 2020 di Christian Lundgaard. Dopo il Mugello era solo 16 punti indietro a Schumacher jr, e senza la seconda SC nella Feature Race probabilmente avrebbe lasciato l’Italia da leader. L’incidente al via a Sochi in gara1, l’annullamento di gara2, i problemi tecnici in entrambe le gare in Bahrain lo hanno fatto scivolare indietro in classifica senza che avesse colpa (un po’ come Shwartzman). Per la prima volta disputerà due anni di fila nello stesso campionato, quindi mi aspetto una crescita significativa. Non bisogna tuttavia dimenticare che oltre agli alti ha avuto anche una serie di bassi importanti – in alcune gare non ha avuto il passo neanche per stare nei punti. Nei test è stato il pilota più in palla.

Il teenager Theo Pourchaire (scuola Sauber) IMHO sarà il rookie dell’anno. Al primo anno in F3 (uno dei campionati più competitivi al mondo), dopo soli due anni in monoposto, è arrivato secondo per 3 (tre) punti. Il dato è ancor impressionante se consideriamo che guidava per la ART – in F3 finora c’è stato solo un pilota che ha vinto senza guidare per la compagine italiana: Lando Norris. Tornando alla F2, paradossalmente avrei preferito che esordisse in un team di minore prestigio. E’ da anni che la ART in F2 non riesce a garantire lo stesso trattamento a entrambi i piloti – sistematicamente ve n’è uno che lotta per il titolo mentre l’altro sgomita per la quindicesima posizione. Anyway, il fatto che sia risultato molto efficace nei circuiti cittadini potrebbe essere un vantaggio non da poco, visto che metà delle gare si svolgeranno in circuiti non permanenti.

La “palude”

[COURTESY OF AUTOMOBILSPORT.COM]

Le altre scuderie sono meno interessanti e difficilmente concorreranno per la vittoria finale. La MP Motorsport senza Drugovich probabilmente scivolerà in fondo al gruppo. Richard Verscoor non mi sembra un granché interessante; un po’ più Lirim Zendeli, al quale IMHO sarebbe servito un anno di F3 in più. Prevedo ancor meno gloria per la Charouz, che perde l’esperienza di Jean Louis Deletraz in favore di David Beckmann (veterano della F3) e di Guillherme Samaia, maglia in F2 l’anno scorso.

[COURTESY OF FIAFORMULA2.COM]

Sono un po’ ingeneroso a includere la DAMS nel “fritto misto”, dati i fasti, anche recenti, ma nel 2020 è stata oggettivamente un team di medio-bassa classifica. Marcus Armstrong, l’unico altro pilota FDA in griglia, è chiamato alla riscossa dopo un 2020 in cui ha subito la “maledizione del secondo pilota ART”: due podi nelle prime due gare, poi 18 punti nelle successive 20. Per dire quanto sia stato sorprendentemente negativo l’anno passato, per il neozelandese questo sarà il primo anno da quando corre in monoposto in cui non è considerato il favorito per il titolo. Personalmente credo ancora in lui, che nei test ha ben figurato. Del resto Mazepin ha avuto un percorso simile: quattro ottavi posti mentre Russell vinceva il campionato, poi la rinascita in Hitech e la F1 con Haas. Se la DAMS risolve i problemi di comprensione delle nuove gomme, mi aspetto buoni risultati.

[COURTESY OF HWA AG VIA TWITTER.COM]

Capitolo a parte per HWA, la cui line-up è molto italiana. Matteo Nannini sarà l’unico pilota che sfutterà il “buco di regolamento” e che correrà sia in F3 che in F2. Era uno dei giovani che sul finire del 2020 mi ero ripromesso di tenere sott’occhio, e sono rimasto piacevolmente sorpreso nell’osservare questa svolta nella carriera. Wait’n’see x2. Discorso totalmente diverso per l’altro pilota Alessio Deledda. Sarò franco: abbiamo trovato l’erede di Maavher Raghunatan (il pilota più scarso che abbia mai visto correre in una serie di alto livello. Corse nel 2019, e il ricordo tra gli appassionati è ancora molto vivo). In tutta la sua carriera nel motorsport non è mai finito sul podio, e a parte un’unica sesta posizione (ottenuta quest’anno nella F3 Asia), non si è mai spinto oltre la nona posizione. In due anni di F3 non è mai giunto a punti. Concludo con l’equivalente della Minardi in F2, la Trident. Con Bent Viscaal e Marino Sato, non andrà lontano neanche stavolta.

Insomma, anche quest’anno la F2 dovrebbe essere spettacolare. L’appuntamento è Venerdì alle 14:30 per le qualifiche, alle 11:25 e alle 17:40 per le Sprint Race del Sabato, e alle 11:50 per la Feature Race di Domenica.

Wait ‘n’ see.

[Immagine di copertina tratta dall’account Twitter del team Carlin]

Lorenzo Giammarini, a.k.a. LG Montoya

LA STORIA DEL DRAKE PARTE 9 – JOHN SURTEES E IL MONDIALE IN FERRARI

Per Enzo Ferrari inizia un periodo molto parco di soddisfazioni in Formula 1. Ci saranno davvero pochi acuti sino al 1975 fra cui il mondiale vinto, nel 1964, dalla leggenda John Surtees, ex campione mondiale di motociclismo.

John Surtess nato a Tatsfiel l’11 febbraio del 1934, è stato un pilota davvero incredibile, fortissimo sia sulle due ruote che sulle monoposto.  Surtees non era semplicemente un buon pilota, era senza dubbio un grande pilota, con una sensibilità incredibile e una conoscenza della meccanica fuori dal comune.

A detta di chi l’ha conosciuto John risultava un personaggio un po’ criptico ed enigmatico, per il semplice fatto che spesso e volentieri non era facile capire cosa stesse pensando. Durante l’attività agonistica preferiva lasciar parlare i suoi risultati, risultati a dir poco fantastici, soprattutto quelli legati alle due ruote.

John crebbe in una famiglia profondamente coinvolta nel business delle motociclette. Suo padre, Jack Surtees, come lavoro faceva proprio il rivenditore di motociclette di successo, ed è stato proprio lui a incoraggiare John ad interessarsi a questo sport. Surtess si allenò con una Vincent Gray Flash con cui oltretutto ottenne la sua prima vittoria sul circuito di Brands Hatch nel 1951 quando aveva appena 18 anni.

 

 

John decise di comprare una Manx Norton e, successivamente, raccolse l’invito del team ufficiale di unirsi a loro nel 1955. La squadra non voleva farselo sfuggire, era troppo forte, un astro nascente assolutamente talentuoso. Del 1955 è da ricordare la magnifica vittoria conquistata contro la Gilera di Geoff Duke a Silverstone, proprio sul finale della stagione. Nel 1956 passò alla squadra italiana MV Agusta, con cui ha sbaragliato la concorrenza e dove presto si guadagnò il soprannome di “Figlio del Vento”.

 

Sono molti i record che John Surtees ha accumulato sulle due ruote: partiamo da quello ottenuto per aver vinto tutti i gran premi delle 350 e delle 500 del motomondiale 1959, davvero incredibile, per poi arrivare a quello di aver fatto suoi tre titoli consecutivi della 500, dal 1958 al 1960, a questi vanno sommati anche quelli della 350 nel 1958 e nel 1959.  Questi due vennero conquistati anche con  il massimo punteggio teorico possibile: durante questi anni venivano considerati per la classifica finale i migliori 4 risultati ottenuti durante la stagione e Surtees aveva riportato almeno 4 successi.

Il suo palmarès nel motociclismo conta sette titoli mondiali: dal 1958 al 1960 vinse nella classe 350 mentre nella classe 500 si impose nel 1956 e in seguito dal1958 al 1960.

 

 

Mentre continuava la carriera motociclista, nel 1960, fece il suo debutto anche nel mondo delle quattro ruote.

Già l’anno prima, precisamente alla fine del 1959, Surtees fu invitato a provare un’Aston Martin DBR1 a Goodwood da Reg Parnell, antecedentemente aveva anche ricevuto molte spinte sia da Mike Hawthorn che dal capo di Vanwall Tony Vandervell.

 

Nel 1960, all’età di 26 anni, Surtees approdò nel mondo a quattro ruote che lo assorbì totalmente e fece il suo debutto in Formula 1 nello stesso anno in occasione del dodicesimo BRDC International Trophy a Silverstone per il Team Lotus. Ha subito collezionato ottimi piazzamenti, arrivando secondo nella sua seconda gara del Campionato del Mondo di Formula Uno, al Gran Premio di Gran Bretagna del 1960, e ottenendo una pole position al suo terzo, il Gran Premio del Portogallo del 1960.

Dopo aver trascorso la stagione 1961 con lo Yeoman Credit Racing Team alla guida di una Cooper T53 “Lowline” gestita da Reg Parnell e la stagione 1962 con il Bowmaker Racing Team, sempre gestito da Reg Parnell ma ora su V8 ​​Lola Mk4, arrivò in Ferrari nel 1963 con cui vinse il Campionato del Mondo nel 1964.

Come sempre ad accorgersi del suo immenso talento fu Enzo Ferrari che lo notò da subito tanto che propose a John di far parte della squadra sin dal 1962 ma Surtees allora non accettò la proposta del Drake in quanto non si riteneva ancora all’altezza del nome del Cavallino Rampante.

 

Ecco come Surtees racconta il primo incontro con Enzo Ferrari

Avvenne alla fine del 1960. Avevo appena iniziato a correre in auto, ma allo stesso tempo continuavo a correre in moto. Alternavo i miei impegni: un domenica con la Formula 1e la successiva con le moto. Alla fine del 1961, che era stata la mia prima stagione con le quattro ruote, andai a Moderna. Parlai con il Commendatore, come veniva chiamato all’epoca. Lui non era a Maranello ma al “centro assistenza clienti” di Modena. Ricordo che nel suo ufficio c’era la foto di suo figlio Dino. Durante l’incontro mi parlò del suo programma e mi invitò a prendere contatti con l’ingegnere Carlo Chiti. In quell’occasione c’erano pure Valerio Stradi e Franco Gozzi e insieme a loro andammo a Maranello dove incontrai Chiti che mi parlò dei suoi progetti mentre visitavamo la fabbrica. Riflettendo sulla loro proposta , pensai che era troppo articolata poiché comprendeva molte gare in campionati diversi con l’utilizzo di troppi piloti. Così rifiutai.(John Surtess) 

Molti dicono che il rapporto fra Surtees e Ferrari fu difficile ma John che cosa ne pensava a riguardo?

“A quell’epoca direi proprio di no. Lavorare con Ferrari non era molto diverso dal lavorare con il Conte Agusta, quando correvo in moto. Erano uomini molto simili. Entrambi ti coinvolgevano costantemente. Ti dicevano che c’erano molti soldi, ti parlavano di tutto quello che volevano realizzare, anche se poi non tutto andava a buon fine. Ma non importa. Quando decisi, fui molto felice di tornare in Italia. Era la nascita di una squadra e per fortuna c’erano ancora dei vecchi ingegneri e alcuni meccanici esperti.” (John Surtess)

 

 

“Sono note le mie simpatie per gli ex motociclisti, che hanno esperienza, conoscenza meccanica, pratica di velocità, senso agonistico e, non ultima, operosità di umile lavoro. John Surtees era uno di questi e compendiava tutte le caratteristiche che ho elencato”.(Enzo Ferrari)

 

Ma quale è la cosa particolare del 1964? Nello specifico la cosa più incredibile è che Surtees non non occupò mai la posizione più alta in classifica sino all’ultimo Gran Premio che si rivelò decisivo per decretare il vincitore, Gran Premio che si disputò a Città del Messico. La Ferrari si presentò a questa gara con tre vetture: oltre a Surtees con la 158 a 8 cilindri nella griglia di partenza c’era anche Lorenzo Bandini con la 12 cilindri e il pilota messicano Pedro Rodriguez con la 6 cilindri.

Un’ulteriore curiosità è che le tre Ferrari non erano Rosse ma rivestivano una livrea bianca e blu, colori della Nart di Luigi Chinetti.

Ma perchè questo colore?

La Ferrari non era impegnata solo in Formula 1 ma gareggiava anche nel Mondiale Marche e nel campionato marche Gran Turismo.

Nel campionato marche Gran Turismo le Ferrari dominavano con la 250 LM, macchina non prodotta nei cento esemplari che erano necessari per l’omologazione in quella precisa categoria, allora avvenne la squalifica della Rossa di Maranello. A vincere fu la Porsche.

Enzo ovviamente andò su tutte le furie e come segno di protesta ritirò la licenza di competitore italiano. Gesto che avvenne poco prima dei due Gran Premi conclusivi che vedeva Surtees in lotta per il titolo con la 158.

Enzo aveva pensato comunque ad una soluzione: dopo aver contattato l’amico Chinetti, l’importatore negli Usa delle Rosse, chiese lui di  poter disporre della  sua licenza di concorrente americano!E fu proprio questo il motivo per cui le 158 vestirono la livrea bianca e blu della Nart, North America Racing Team. 

 

Il Gran Premio del Messico 1964 fu l’ultima gara della stagione 1964 del Campionato mondiale di Formula 1, e vide come palcoscenico il circuito Autodromo Hermanos Rodríguez.

Vinse la corsa Dan Gurney a bordo della sua Brabham-Climax, imponendosi davanti a  John Surtees e Lorenzo Bandini, entrambi su Ferrari.

Surtess, piazzandosi secondo, si laureò Campione del Mondo, strappando il titoli ai due connazionali Hill e Clark. Anche la Ferrari si aggiudicò il titolo costruttori primeggiando su BRM e Lotus-Climax.

La gara in Messico fu l’ultimo gran premio in carriera per Phil Hill, Campione del Mondo del 1961.

“Il Messico aveva sempre rappresentato un problema per noi. Sapevamo benissimo che avremmo avuto delle difficoltà ad ottenere la giusta miscela di carburante. A quelle altitudini e con quelle curve che creavano un sacco di forze G, i motori erano soggetti a dei problemi di circolazione dell’olio e ad un’impennata nei consumi di carburante. Così, cercammo di rendere la miscela più magra e in pratica questo fece saltare in aria il motore. Discutemmo della possibilità di passare al 12 cilindri (che in quel momento veniva utilizzato da Bandini), ma eravamo preoccupati per l’affidabilità. Montammo un propulsore nuovo per la gara, ma all’inizio non andavo da nessuna parte perché il motore non girava a otto cilindri. Ho finito il primo giro in tredicesima posizione (era quarto sulla griglia) e stavo scivolando sempre più indietro mentre il propulsore diventava bollente. Ma, quando divenne caldo e puzzolente, iniziò a funzionare a otto cilindri. Era così magro che ha cominciato a lavorare solo a quella temperatura”.(John Surtees)

Ma vediamo insieme lo svolgimento della gara.

Clark, che si era aggiudicato la pole position il giorno prima, era scattato davvero bene alla partenza e aveva cominciato nelle prime fasi di gara una cavalcata in solitaria. Bandini, ottimo uomo squadra, tentava di frenare Graham Hill, considerando che Surtees era parecchio distaccato. Graham tentò un sorpasso all’esterno del tornatino, iniziativa che risultò azzardata, infatti la ruota posteriore della BRM urtò l’anteriore sinistra delle Ferrari. Hill sbandò e urtò il rail con il retrotreno, incrinando gli scarichi.

Graham fu costretto ad una sosta ai box, ma anche se riprese la gara, oramai era fuori dalla lotta al titolo. Bandini cercò di favorire la rimonta di Surtees. A due giri oramai la vittoria di Clark era quasi sicura ma il motore della sua Climax  ebbe un calo di pressione e fu costretto a rallentare. 

Il Gran Premio del Messico venne vinto da Dan Gurney, pilota Brabham, al secondo posto ci sarà Surtees, posizione regalata dal compagno Bandini. Con questi due piazzamenti la Ferrari acquisiva entrambe le corone mondiali.

Enzo Ferrari aveva brillato contro gli inglesi che avevano presentato una monoposto davvero innovativa come la Lotus 25.

Surtees con grandissima lucidità sapeva che doveva ringraziare Bandini per aver ottenuto la massima consacrazione. John aveva saputo concretizzare e massimizzare qualsiasi risultato durante il mondiale ed era stato capace di far uscire fuori il potenziale della sua Ferrari 158 che si era mostrata davvero forte durante la seconda parte della stagione.

“Prendere le corse nel modo giusto e il resto viene da sé. Questo è sempre stato il mio atteggiamento anche nella vita. In Messico o durante la gara non me ne resi conto. Furono altri che sottolinearono il fatto che sarei potuto diventare il primo uomo a vincere la doppia corona ed è stato solo dopo la corsa, quando vidi i volti raggianti degli uomini della mia squadra, che capii il senso di ciò che avevo fatto.  Sì, guardandomi indietro è soddisfacente, ma la cosa più importante – quella fondamentale –  era che stavo facendo ciò che amavo fare”. (John Surtees)

 

 

Laura Luthien Piras

1986- LANCIA DELTA S4-LA REGINA SENZA CORONA

Non penso di andare troppo distante se affermo che gli “eighties” siano stati gli anni della formazione motoristica della maggior parte degli “inquilini” di questo blog. Di sicuro sono stati i miei.

Ed è in quella decade che i torinesi del Lancia Martini Racing scrissero una pagina importante della storia del Motorsport.

La maggior parte della gente li ricorda per i successi nel mondiale Rally. Eppure tutto cominciò altrove, ovvero nel mondiale Endurance dove il torinese Cesare Fiorio dette a vita a quel progetto che portò alla ribalta piloti del calibro di Patrese, Alboreto, Nannini, Ghinzani, Martini, Teo Fabi per citarne alcuni e scusandomi con quelli che ho dimenticato. La Beta Montecarlo, la LC1 e la LC2 permisero loro di avere quel palcoscenico planetario che li aiutò non poco ad apparire in pianta stabile nel campionato di Formula Uno.

Immagine tratta da F1 sport

(immagine tratta dal sito ufficiale di Riccardo Patrese)

Ma non divaghiamo e torniamo a lei, la Regina senza Corona. Faceva paura. Spaventava lo squadrone Peugeot guidato da Todt che aveva cominciato l’avventura Gruppo B 4 ruote motrici prima dei piemontesi e con grande successo. Il mondiale Marche e quello piloti 1985 sono vinti dai transalpini con la 205 Turbo 16 guidata dal finlandese con gli occhiali più grossi della faccia Timo Salonen.

(Immagine tratta da rallyssimo)

La Delta S4 era qualcosa di decisamente superiore ad ogni altra auto. Così superiore che il solo Henri riusciva a estrarne tutto il potenziale, SEMPRE.

Ma il 1986 fu l’Annus Horribilis per la Casa Torinese, per Henri e per tutto il mondiale Rally.

Morti, polemiche sportive e regolamentari, veleni riuscirono a guastare una stagione che sarebbe stata epica, soprattutto per Henri e la Lancia.

(Immagine tratta da pinterest)

L’incidente mortale di Toivonen e Sergio Cresto fece aprire gli occhi a tutti: oltre 500cv su un auto da rally dell’epoca scaricati su strade comuni erano troppi per chiunque.

Il proseguo della stagione dopo il 2 maggio si sviluppa in una lotta all’ultimo secondo tra i transalpini ed i piemontesi.

Kankkunen vince l’Acropolis ed il Nuova Zelanda con distacchi esigui rispettivamente sul nostro Miki Biasion e su Markku Alen. La gara successiva è in Argentina dove KKK si ritira per la rottura della sospensione.

Alen è davanti a Miki in campionato e l’ordine di scuderia sarebbe scontato. Eppure Cesare non se la sente. Privare della prima vittoria iridata il giovane bassanese sarebbe stato troppo e Biasion vince davanti al suo compagno di squadra.

(Immagine tratta da Catawiki)

La gara successiva si corre al Sanremo dove gli italiani sono favoriti. Ma le cose non vanno come devono.

I transalpini portano una novità sulla T16, delle bandelle sottoporta che somigliano a quelle minigonne vietate per regolamento e che in Peugeot ritengono ripari per il serbatoio all’atterraggio dai salti.

(immagine tratta da forum modellismo)

Durante lo svolgimento della gara si scatenano le polemiche con Fiorio che fa di tutto fino a convincere i commissari di gara a squalificare le Peugeot che si fermano escluse dalla competizione.

Con i “se” ed i “ma” non si fa la storia……

Col senno di poi sono bravi tutti….

Vero ma, mai come in questo caso, la veemenza sportiva del Cesarone nazionale avrebbe dovuto essere frenata. perchè gli si ritorse contro.

Quel rally lo si poteva vincere lo stesso vista la forza della S4 e lo spessore dei piloti Lancia. Per avere più chance, il Jolly Club schiera un’altra S4 per lo specialista Dario Cerrato che non delude.

Dopo l’estromissione dalla gara delle 205 T16 il rally va ad Alen “pilotato” in testa dal team che completa una tripletta precedendo Biasion e Cerrato.

(Immagine tratta da rallyssimo)

Come prevedibile i francesi di Jean Todt non ci stanno e presentano ricorso. Dopo mesi di battaglie legali e politiche (il presidentissimo della FIA è Jean Marie Balestre) il team Peugeot riesce a dimostrare che quelle bandelle erano delle protezioni per il serbatoio e non delle minigonne. Il Rally viene invalidato ed i punteggi azzerati mesi dopo.

La Lancia ed Alen NON sono campioni del Mondo.

Tra tutte le auto che avrebbero meritato un iride nessuna più della S4. Ma la vita è strana e quegli “eighties” ci hanno mostrato che non è sufficiente essere i più forti di tutti per poter trionfare, perchè il destino ti aspetta dietro ogni angolo, ogni curva, ogni sorpasso. Nei Rally come in F1 o nel mondiale di durata.

Sarebbe stato uno di quei mondiali con un sapore tutto speciale che invece svanì tra polemiche e carte bollate.

Cesare se l’attaccò al dito ed a partire dall’anno successivo costruì quello squadrone in grado di sopravvivere al suo saluto per raggiungere la Ferrari. Una corazzata vincente in grado di esaltare il nome dell’Italia e di Torino in ogni angolo del mondo.

…..ma la regina delle auto da rally, quella che l’avrebbe meritata più di tutte, restò senza corona.

Immagine in evidenza tratta da infomotori