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1986- LANCIA DELTA S4-LA REGINA SENZA CORONA

Non penso di andare troppo distante se affermo che gli “eighties” siano stati gli anni della formazione motoristica della maggior parte degli “inquilini” di questo blog. Di sicuro sono stati i miei.

Ed è in quella decade che i torinesi del Lancia Martini Racing scrissero una pagina importante della storia del Motorsport.

La maggior parte della gente li ricorda per i successi nel mondiale Rally. Eppure tutto cominciò altrove, ovvero nel mondiale Endurance dove il torinese Cesare Fiorio dette a vita a quel progetto che portò alla ribalta piloti del calibro di Patrese, Alboreto, Nannini, Ghinzani, Martini, Teo Fabi per citarne alcuni e scusandomi con quelli che ho dimenticato. La Beta Montecarlo, la LC1 e la LC2 permisero loro di avere quel palcoscenico planetario che li aiutò non poco ad apparire in pianta stabile nel campionato di Formula Uno.

Immagine tratta da F1 sport

(immagine tratta dal sito ufficiale di Riccardo Patrese)

Ma non divaghiamo e torniamo a lei, la Regina senza Corona. Faceva paura. Spaventava lo squadrone Peugeot guidato da Todt che aveva cominciato l’avventura Gruppo B 4 ruote motrici prima dei piemontesi e con grande successo. Il mondiale Marche e quello piloti 1985 sono vinti dai transalpini con la 205 Turbo 16 guidata dal finlandese con gli occhiali più grossi della faccia Timo Salonen.

(Immagine tratta da rallyssimo)

La Delta S4 era qualcosa di decisamente superiore ad ogni altra auto. Così superiore che il solo Henri riusciva a estrarne tutto il potenziale, SEMPRE.

Ma il 1986 fu l’Annus Horribilis per la Casa Torinese, per Henri e per tutto il mondiale Rally.

Morti, polemiche sportive e regolamentari, veleni riuscirono a guastare una stagione che sarebbe stata epica, soprattutto per Henri e la Lancia.

(Immagine tratta da pinterest)

L’incidente mortale di Toivonen e Sergio Cresto fece aprire gli occhi a tutti: oltre 500cv su un auto da rally dell’epoca scaricati su strade comuni erano troppi per chiunque.

Il proseguo della stagione dopo il 2 maggio si sviluppa in una lotta all’ultimo secondo tra i transalpini ed i piemontesi.

Kankkunen vince l’Acropolis ed il Nuova Zelanda con distacchi esigui rispettivamente sul nostro Miki Biasion e su Markku Alen. La gara successiva è in Argentina dove KKK si ritira per la rottura della sospensione.

Alen è davanti a Miki in campionato e l’ordine di scuderia sarebbe scontato. Eppure Cesare non se la sente. Privare della prima vittoria iridata il giovane bassanese sarebbe stato troppo e Biasion vince davanti al suo compagno di squadra.

(Immagine tratta da Catawiki)

La gara successiva si corre al Sanremo dove gli italiani sono favoriti. Ma le cose non vanno come devono.

I transalpini portano una novità sulla T16, delle bandelle sottoporta che somigliano a quelle minigonne vietate per regolamento e che in Peugeot ritengono ripari per il serbatoio all’atterraggio dai salti.

(immagine tratta da forum modellismo)

Durante lo svolgimento della gara si scatenano le polemiche con Fiorio che fa di tutto fino a convincere i commissari di gara a squalificare le Peugeot che si fermano escluse dalla competizione.

Con i “se” ed i “ma” non si fa la storia……

Col senno di poi sono bravi tutti….

Vero ma, mai come in questo caso, la veemenza sportiva del Cesarone nazionale avrebbe dovuto essere frenata. perchè gli si ritorse contro.

Quel rally lo si poteva vincere lo stesso vista la forza della S4 e lo spessore dei piloti Lancia. Per avere più chance, il Jolly Club schiera un’altra S4 per lo specialista Dario Cerrato che non delude.

Dopo l’estromissione dalla gara delle 205 T16 il rally va ad Alen “pilotato” in testa dal team che completa una tripletta precedendo Biasion e Cerrato.

(Immagine tratta da rallyssimo)

Come prevedibile i francesi di Jean Todt non ci stanno e presentano ricorso. Dopo mesi di battaglie legali e politiche (il presidentissimo della FIA è Jean Marie Balestre) il team Peugeot riesce a dimostrare che quelle bandelle erano delle protezioni per il serbatoio e non delle minigonne. Il Rally viene invalidato ed i punteggi azzerati mesi dopo.

La Lancia ed Alen NON sono campioni del Mondo.

Tra tutte le auto che avrebbero meritato un iride nessuna più della S4. Ma la vita è strana e quegli “eighties” ci hanno mostrato che non è sufficiente essere i più forti di tutti per poter trionfare, perchè il destino ti aspetta dietro ogni angolo, ogni curva, ogni sorpasso. Nei Rally come in F1 o nel mondiale di durata.

Sarebbe stato uno di quei mondiali con un sapore tutto speciale che invece svanì tra polemiche e carte bollate.

Cesare se l’attaccò al dito ed a partire dall’anno successivo costruì quello squadrone in grado di sopravvivere al suo saluto per raggiungere la Ferrari. Una corazzata vincente in grado di esaltare il nome dell’Italia e di Torino in ogni angolo del mondo.

…..ma la regina delle auto da rally, quella che l’avrebbe meritata più di tutte, restò senza corona.

Immagine in evidenza tratta da infomotori

HENRI

A Torino l’autunno era spesso nebbioso in quegli anni. Ero un adolescente già contagiato dalla malattia del controsterzo, della velocità. C’erano mattine in cui io e Giovanni ci trovavamo davanti all’ingresso del Liceo senza la voglia di entrarci. Uno sguardo e ci capivamo al volo… Pedata sulla leva d’avviamento dei Malaguti Fifty e via, direzione La Mandria.
Per andarci facevamo il giro da Corso Marche, passando davanti all’Abarth, con la speranza di vedere uscire i furgoni Fiat 242 con i colori Martini che ogni tanto incrociavamo direzione Venaria.
Quella mattina niente, non c’erano. Ma noi sapevamo che andavano a provare. Stavano svezzando la Delta S4, l’arma totale Gruppo B che ancora non aveva esordito nel Mondiale. La stavano preparando per il debutto al RAC 1985. Macinarono tanti di quei chilometri nel parco…era una bestia complicata, dannatamente veloce ma complicata.
Semaforo rosso. Salto la fila delle auto fin sotto lo stesso semaforo… Mi affianco ad una Thema grigio scuro e per caso butto l’occhio dentro……C’era lui. Henri Toivonen al volante. Mi agito, lui si gira, sorride e capisce che l’ho riconosciuto……Toglie la mano dal volante e mi fa un cenno di saluto sorridendo del mio entusiasmo…. Scatta il verde, accelera e se ne va…..
Avevo visto il mio idolo per pochi secondi da vicino, senza barriere, senza aspettarmelo….ero felice….
Andavamo spesso ad infilarci in mezzo ai boschi del parco della Mandria per vederli girare. Di straforo, ben attenti a non farci beccare in quella che era una zona off-limits del Gruppo Fiat. La dentro ci provavano di tutto, ma a noi interessava la Lancia dei rally. Non ci hanno mai visti, ma non potevamo non correre il rischio. Ammirare Henri e company ne valeva la pena.
La Delta era qualcosa di indescrivibile vista dal vivo: era impressionante vederla accelerare dalle basse velocità. Era devastante vederla arrivare a ridosso di una curva e poi vedergliela fare come nessun altra.
La guidavano anche Marku e Miki…..ma quando stava arrivando Henri lo capivi dal rumore, da quanto stava col gas aperto. La S4 era un mostro che solo lui riusciva a domare davvero, a non esserne mai passeggero come capitava ogni tanto agli altri e per loro stessa ammissione.
Se guardarlo guidare la 037 era fantastico, diventava poesia sulla Delta… era eccezionale vederlo a che fare con oltre 500cv di traverso, senza accenno di correzioni venuto fuori dal controsterzo…il muso sempre puntato verso l’uscita della curva, l’auto raddrizzata più velocemente di chiunque altro.
Dal giorno in cui salì sulla sua S4 nessuno mai più riuscì a stargli davanti in gara.
Fine 1985, debutto al Rac e vittoria a mani basse senza se e senza ma. Gennaio 1986 altra vittoria splendida al Monte senza avversari veri (ed io li a vederlo nel freddo del Turini). Venne il rally di Svezia dominato fino a quando la sua Delta decise che non voleva finire la gara.
E ancora il Portogallo, sospeso per il famoso incidente di Santos quando lui era davanti a tutti. Lui e la Delta erano in simbiosi, quasi che l’auto fosse una continuazione del suo corpo. Non c’era storia, era supremazia.
Tutto sembrava scritto: un Mondiale dominato dal miglior pilota sublimato dalla miglior auto da rally mai concepita.
E poi a maggio arrivò il Tour de Corse…….. Andava forte Henri, anche quando non serviva perché la gara era ormai ampiamente sotto il suo controllo. Aveva quasi tre minuti di vantaggio e poteva passeggiare. Invece andava sempre forte Henri, esattamente come faceva Gilles….anche quando non ce ne era bisogno.
In un attimo finì tutto. La stessa gara che l’anno prima s’era portato via il suo amico Attilio Bettega si portò via anche lui ed insieme Sergio Cresto. Stessa corsa…stesso numero 4.
All’epoca le immagini erano quasi rubate, non c’erano le coperture e la diffusione di oggi.. E le brutte notizie di quegli anni arrivavano da Sport Sera in onda alle 18.50 su Rai 2.
Anche quel 2 maggio 1986.
La colonna di fumo, le voci via radio concitate, il messaggio che ordinava al team di tornare ad Ajaccio, le immagini dei furgoni Martini che lasciavano il punto assistenza. E negli occhi ancora quell’ammasso di tubi tirato fuori dal burrone in cui erano caduti Henri e Sergio. Ciò che rimase della Delta era così poco che mai si riuscì a capire la causa di quella tragedia.
Queste poche righe non vogliono essere un elenco di numeri, di imprese, di aneddoti già raccontati. Non vogliono essere un omaggio alla carriera perché chi scrive non è all’altezza di trovare le parole adatte.
Chi scrive vuole solo ricordare chi è stato il suo Gilles dei rally. Le loro carriere si somigliano.. Poche gare, pochi anni, poche vittorie ma tanto spettacolo ed un segno indelebile lasciato nel Motorsport. E, proprio come Gilles, anche Henri morì guidando l’auto che avrebbe definitivamente consacrato la sua grandezza.
Ci sono campioni che non si possono descrivere con i successi, perché nessun numero può rendere la dimensione delle emozioni suscitate. Ci sono leggende che resteranno tali a prescindere dai palmares: Henri è una di quelle….
Sono passati 33 anni ma a me sembra ieri..
Un bambino nato quel giorno oggi è già un uomo. Eppure quando penso a quell’epoca la vedo più vicina di quanto in realtà non sia.
Vasco recita in un suo testo “e intanto i giorni passano, ed i ricordi sbiadiscono, e le abitudini cambiano”.
Non è vero……alcuni ricordi non sbiadiscono mai. Grazie Henri.

Salvatore V

*immagine in evidenza di proprietà di MOTORSPORT WEEK*

*immagini in calce di proprietà del profilo Facebook di SAVE LANCIA*