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Hamilton a -1 da Schumacher, la Ferrari resta a casa

2 novembre 2008: un giovanissimo Lewis Hamilton vince il primo titolo mondiale alla sua seconda stagione, togliendolo in extremis a Felipe Massa, che non avrà mai più gloria, dopo quella giornata.

3 novembre 2019: un Lewis Hamilton molto maturo vince il suo sesto titolo mondiale, il quinto in 6 anni avendo perso a sua volta in extremis quello del 2016.

I numeri non mentono mai, in qualsiasi epoca e con qualsiasi vettura essi vengano raggiunti. Fare confronti con altri campioni è sempre inopportuno, l’albo d’oro dice che Lewis ora si trova a -1 dal più grande di tutti i tempi, Michael Schumacher, e si trova ancora al massimo della forma e della motivazione, oltre che guidare per un team che da 6 anni non va in crisi di prestazione se non per gare isolate. Quindi il conteggio andrà avanti, chissà ancora per quanto.

Fatti i doverosi complimenti all’esa-campione, veniamo alla cronaca di una gara ben poco entusiasmante. Si è arrivati ad Austin con temperature inusuali per il Texas. Ed era fin troppo facile prevedere che questo, a qualcuno, avrebbe creato problemi nell’interpretazione delle gomme. E chi sarebbe stato quel qualcuno era altrettanto facile prevederlo.

Il venerdì aveva raccontato di una Ferrari in difficoltà come sempre a far durare le gomme. Ma il sabato non c’è stato il dominio cui la rossa ci aveva abituati dopo il ritorno dalle vacanze. Per di più, il motore abbandona Leclerc nelle FP3, e lo costringe a montare una PU vecchia per il resto del week-end.  Un solidissimo Bottas guadagna così la pole per pochi millesimi davanti a Vettel, Verstappen, Leclerc ed Hamilton, tutti vicinissimi.

Già dalla partenza si capisce che sarà una gara a 3, e che fra questi non ci saranno macchine rosse. Vettel dopo poche curve sprofonda in settima posizione. A Leclerc non va molto meglio, e si vede superato da Hamilton mantenendo la quarta posizione dello start. I primi 3, Bottas, Verstappen e Lewis, si allontanano da lui rapidamente.

Al nono giro finisce la gara di Sebastian, con la sospensione posteriore destra saltata. Al quattordicesimo si ferma Verstappen, le cui gomme erano ormai finite. Bottas si copre da un possibile undercut fermandosi al giro successivo, mentre Hamilton viene invitato a fare la stessa cosa ma rifiuta preferendo continuare. In questo modo, però, gira notevolmente più lento del compagno di squadra, che lo raggiunge e supera al 24° giro. A quel punto si ferma anche l’inglese, ma per potere sperare di vincere non dovrà fare altre soste e sperare che gli avversari invece cambino ancora le gomme.

Rientrato in pista, Lewis inizia a recuperare al ritmo di un secondo al giro. Anche Leclerc, fermatosi al 21° giro per ben 7 secondi (piove sul bagnato), gira su ottimi tempi, segno che con le gomme dure la Ferrari si trova meglio rispetto alle medie con le quali era partito. Le stesse gomme dure non vanno altrettanto bene a Verstappen, che  è costretto a fare la sua seconda sosta molto presto, al 35° giro, e viene subito imitato da Bottas, il quale al rientro in pista inizia a segnare tempi record nel tentativo di raggiungere il compagno di squadra in testa alla gara.

Ma Lewis, come già in Messico, guida da campione del mondo, gestendo benissimo le gomme e continuando con un ottimo ritmo. Ma, purtroppo per lui, con queste Pirelli i miracoli non li può fare nessuno, e a 5 giri dalla fine deve cedere la posizione a Bottas che lo supera di forza dopo avere fallito un tentativo al giro precedente.

Ormai le gomme sono finite, e la minaccia Verstappen incombe. Purtroppo per l’olandese, Magnussen insabbia la sua Haas al penultimo giro proprio alla fine del lungo rettilineo, laddove c’è l’unico punto in cui il sorpasso è teoricamente possibile.

Finisce così con Bottas che vince meritatamente dalla pole, Hamilton secondo e Verstappen terzo. Al quarto posto, staccato di quasi un minuto, arriva Leclerc, autore del giro più veloce nel finale. Quinto un ottimo Albon, rimontato dall’ultima posizione dopo un contatto in partenza. Sesto Ricciardo, con una Renault più vicina del solito ai primi,  tallonato dal fantastico Norris con una McLaren sempre più quarta forza. A confermarlo c’è l’ottavo posto di Sainz, davanti ad Hulkenberg e a Perez, rimontato dal fondo dopo essere partito dalla pit-lane. La sua posizione avrebbe dovuto essere di Kvyat, che però è stato penalizzato subito dopo la fine della gara.

Fuori dai punti, per l’ennesima volta, Raikkonen, davanti al già citato Kvyat, agli inconsistenti Stroll e Giovinazzi, a Grosjean con l’unica Haas arrivata al traguardo, e a Gasly, classificato pur non essendo arrivato al traguardo, e comunque davanti alla Williams di Russel, che al traguardo ci è arrivata ma molto lentamente.

Con i due campionati già assegnati, restano solo la gara di Interlagos e quella di Abu Dhabi. Vedremo se la Ferrari tornerà sui livelli ai quali ci aveva abituato dopo le ferie, o se continuerà il dominio Mercedes che abbiamo visto nelle ultime gare.

p.s. 1
Chiedo scusa ai tifosi di Lewis per l’immagine in evidenza che non lo celebra, ma era troppo pittoresca nella sua “drammaticità” per non essere utilizzata. Il carbonio, generalmente infaticabile e molto tollerante, si ribella al troppo lavoro che gli è stato chiesto ad Austin, fra salti, buchi e cordoli anche messi da un giorno all’altro da una direzione corsa sempre attentissima alla sicurezza. Ma è accaduto solo alla Ferrari, e questo deve fare pensare.

p.s. 2
Abbiamo letto in questi giorni dei malumori degli altri team nei confronti della PU Ferrari. Abbiamo anche saputo di una richiesta di chiarimenti da parte della Red Bull su un dispositivo palesemente irregolare, cui la FIA ha risposto più o meno “non provate a montarlo in macchina se no sono guai”. E improvvisamente, come a Monza lo scorso anno quando impazzavano le polemiche sulla batteria, la Ferrari perde un vantaggio che sembrava evidente. Sicuramente non c’entrerà assolutamente nulla, ma…

p.s. 3
Dopo la bella strategia attuata in Messico, Binotto aveva detto “dobbiamo rischiare di più”. E infatti quando Charles ha rotto la PU, anzichè montarne una fresca beccando 10 posizioni ma potendo contare su una unità fresca da usare nelle ultime gare, ne hanno rimontata una vecchia, col dubbio di non potere più riutilizzare l’altra, e dovere quindi prendere comunque penalità in Brasile. Col senno di poi è stata una scelta sbagliata, a meno che…

p.s. 4
Della presa d’aria Mercedes posta fuori dalla sagoma prevista per la presa dei freni, e adibita non al raffreddamento degli stessi ma a quello delle gomme, si è parlato poco, chissà perchè…

Kimi torna alla vittoria, Lewis rinvia la festa

Ci sono gran premi che suggellano la carriera di un pilota, altri che ne certificano una crisi profonda, di quelle che richiedono un reset e un nuovo inizio.
Ad Austin è successo proprio questo: Raikkonen vince un GP con la Ferrari dopo 9 anni e 113 gare di astinenza, e, salvo eventi clamorosi, questa è stata la sua ultima volta sul gradino più alto del podio. Vettel commette l’ennesimo errore di una stagione disastrosa, come mai si era vista per un pilota Ferrari designato come prima guida e a cui è stata affidata una macchina vincente.

Il venerdì, la pioggia aveva certificato le difficoltà Ferrari. Ma il sabato, complice forse anche lo smontaggio degli ultimi aggiornamenti, entrambe le rosse sono tornate vicinissime alla Mercedes (di Hamilton), mancando la pole per pochi centesimi. Vettel si vede negata la prima fila da una sacrosanta penalità comminata per l’ennesima distrazione, accomodandosi in terza, dietro Bottas e Ricciardo. Per sua fortuna, Verstappen rimane vittima dei dissuasori installati per evitargli di fare il furbo, e viene relegato diverse file indietro.

Ma questo non è sufficiente ad evitare al tedesco l’ennesimo disastro del primo giro causato da una Red Bull. Alla partenza Raikkonen riesce a prendersi la prima posizione, grazie anche alle gomme più morbide rispetto ad Hamilton. Dietro scoppia il finimondo, con Stroll che centra in pieno Alonso, e Grosjean che fa fuori se stesso e Leclerc. Nel frattempo Vettel riesce a superare Ricciardo, che però non ci sta, e cerca di riprendersi subito la posizione affiancando il tedesco il quale perde la macchina, lo colpisce e si gira, ripartendo dal fondo.

La gara di Daniel dura però pochi giri, fino a quando la sua Red Bull lo abbandona per l’ennesima volta al giro 11. Questo provoca l’attivazione della Virtual Safety Car. Hamilton ne approfitta per fare il primo pit-stop, e a questo punto è chiaro che ne dovrà fare un secondo. Torna in pista in terza posizione, dietro al suo compagno di squadra, che raggiunge e supera in pochi giri, accodandosi poi a Raikkonen, il quale, con le gomme ormai finite, riesce a tenerlo dietro per due giri facendogli perdere una manciata di secondi. Bottas lo segue al box il giro successivo, ma all’uscita si ritrova dietro a Verstappen, rimontato fino alle prime posizioni, così come Vettel, il quale effettua il suo pit-stop al giro 26, e torna in pista staccato di una ventina di secondi dal finlandese della Mercedes.

A metà gara Hamilton ha 15 secondi di vantaggio su Raikkonen, ma i suoi tempi sono sempre più lenti di quelli di Raikkonen, a causa del blistering che accusa sulle gomme posteriori. Kimi a sua volta gira più lento di Verstappen in terza posizione. Ci si chiede se Lewis riuscirà a terminare la gara senza effettuare l’ulteriore cambio, in teoria inevitabile.

E inevitabile si conferma, perchè, peggiorando il blistering, a 18 giri dalla fine Lewis si ferma, ed esce in quarta posizione dietro al suo compagno di squadra, che lo fa gli dà strada immediatamente e per la seconda volta in giornata. Nel frattempo Verstappen si avvicina a Raikkonen, tornato in testa alla gara. Ma dietro di loro Hamilton, con gomme fresche, si avvicina velocemente, e a 2 giri dalla fine prova l’attacco a Max nella parte lenta ingaggiando una bellissima lotta che dura qualche curva, e finisce con Hamilton largo nella via di fuga, dopo una corretta difesa dell’olandese. A quel punto Lewis tira i remi in barca, e Kimi, che ha approfittato della lotta fra i due inseguitori, si gode gli ultimi 2 giri indisturbato.

Al quarto posto chiude Vettel, riuscito negli ultimi giri a superare un inesistente Bottas. Seguono ad oltre un minuto le due Renault, tornate veloci (si fa per dire) e affidabili, poi Ocon, Magnussen e Perez.

Fuori dai punti e doppiati, le due Toro Rosso , la Sauber e la McLaren superstiti, e le due Williams.

Fra solo una settimana, in Messico, Hamilton potrà festeggiare il suo quinto titolo mondiale. Per la Ferrari quello di oggi è un contentino molto pericoloso. La splendida prestazione di Raikkonen può far passare in secondo piano il grande problema che hanno ora da risolvere: il pilota di punta, un 4 volte campione del mondo, è ormai ufficialmente dentro un tunnel, dal quale qualcuno lo deve aiutare ad uscire. Il numero di errori commessi dalla Francia in poi è preoccupante e pure in aumento. Che non sia sereno è palese anche nelle interviste. E l’anno prossimo avrà in casa un brutto cliente, un po’ come gli capitò in Red Bull nel 2014, e anche allora andò in crisi decidendo di cambiare squadra. Ma nel 2020 di macchine competitive libere verosimilmente non ce ne saranno, ed è il caso quindi che faccia un bel reset, e che in questo, come detto, venga aiutato dalla squadra, perchè forse, complici non meglio precisati problemi personali, da solo potrebbe non farcela. In Ferrari devono lasciare da parte le diatribe interne, ormai trapelate ufficialmente, perchè se il pilota ne sarà coinvolto l’anno prossimo li aspetta un replay del 1992.

P.S. il recupero di competitività della Ferrari è curioso, dopo 3 gare in cui la Mercedes era sembrata nettamente superiore. Questo sembra ovviamente smentire  la teoria secondo la quale il calo di prestazione fosse dovuto ai pressanti controlli FIA. Forse la ragione è molto più semplice: la Ferrari è andata più forte dopo avere ancora una volta smontato gli aggiornamenti, e questo è preoccupante, perchè evidenzia il problema cronico degli ultimi 10 anni, il non riuscire a far migliorare l’auto nel corso della stagione. E, non dimentichiamolo, a giugno è stato lasciato andare via colui che aveva supervisionato il progetto dell’auto stessa, e non si può non pensare che questo abbia pesato negativamente.

Hamilton fa la differenza in USA, Mercedes campione costruttori

Nella carriera di ogni campionissimo c’è un momento in cui lo stato di forma raggiunge il livello massimo. Probabilmente Lewis Hamilton si trova proprio in questo momento, a 10 anni esatti dal debutto e da un mondiale perso all’ultima gara di una stagione nella quale aveva fatto intuire quanto grande fosse il suo talento. Ironia della sorte, di fianco a lui sul podio oggi c’era, ancora vestito di rosso, colui che quel mondiale glielo sottrasse, e cioè Kimi Raikkonen.

Ma andiamo con ordine. Il venerdì avevamo già visto che in Texas non ce ne sarebbe stato per nessuno. Hamilton aveva dichiarato che si sentiva bene come non mai. E infatti il sabato ha stampato la ormai usuale pole. Nel frattempo il rivale per il mondiale continuava ad essere vittima di problemi tecnici, questa volta di telaio, ma poi piazzava la sua Ferrari in prima fila. E alla partenza ha bruciato Lewis dando l’illusione, per qualche giro, di potere far sua la gara. Ma solo di illusione si è trattato, perchè inesorabilmente l’inglese, con un sorpasso perentorio, ha ripreso il comando e lo ha tenuto indisturbato fino alla fine, gestendo magistralmente una gara basata su una sola sosta, ed essendo capace di mantenere un ottimo ritmo anche con le gomme soft. Come lui solo il buon Kimi è riuscito a gestire un solo cambio, pagando però dazio verso la fine, quando ha dovuto lasciare passare il compagno, complici problemi di consumo (immancabili quando Vettel lo sta avvicinando), per poi farsi superare a poche curve dal traguardo dall’arrembante Verstappen, poi letteralmente cacciato dalla saletta pre-podio causa penalizzazione per taglio di curva.

Ferrari seconda e terza, quindi, ritornando là dove è stata per tutta la stagione, e cioè dietro la Mercedes di Hamilton. Ma questa volta, come detto, la sensazione è che la differenza l’abbia proprio fatta il pilota inglese, se è vero che il compagno finlandese è sprofondato nel finale di gara al quinto posto, a causa di un pit stop non pianificato per sostituire le gomme soft che non aveva saputo gestire bene quanto Lewis.

L’impressione è che i disastri asiatici alla fine del mondiale non avranno fatto la differenza più di tanto, contro questa accoppiata. E che alla Ferrari manchi (e sia sempre mancato, durante la stagione) quel piccolo step di prestazione che le possa permettere di lottare per la vittoria in ogni occasione. Step che sembra avere decisamente fatto la Red Bull, che anche oggi ha mostrato, con Verstappen, un passo eccezionale, con quest’ultimo capace di rimontare dal sedicesimo al terzo posto (poi diventato quarto). Resta, come in alcune delle gare scorse, il dubbio di cosa avrebbe potuto fare Max se fosse partito nelle prime file (a parte creare grossi problemi alle macchine rosse, s’intende). E anche in questo caso c’è da chiedersi quanto ci sia del pilota e quanto della macchina in queste ottime prestazioni.

Oggi abbiamo visto delle bellissime lotte, a partire da quella fra Bottas e Ricciardo nei primi giri, capaci di fare lo snake fianco a fianco, e anche sorpassi spettacolari, primo fra tutti quello in curva 1 di Vettel su Bottas, durante il doppiaggio di Vandoorne. Come sempre, quando il circuito aiuta, e quello di Austin è indubbiamente uno splendido tracciato, i sorpassi si vedono.

Dietro i primi, a debita distanza, il solito Ocon seguito da Sainz, che ha riportato in alto la Renault dopo alcune gare decisamente opache, a dimostrazione del fatto che il pilota può ancora fare tanta differenza, specialmente per i team di seconda fascia (Force India docet). Ora anche Hulkenberg, oggi ritirato, si dovrà dare una mossa. Così come se la sono data Massa e Kvyat, arrivati al nono e decimo posto dietro Perez. Entrambi sono in odore di licenziamento (il secondo addirittura al rientro dopo un appiedamento provvisorio), e hanno ottenuto in Texas un risultato che deve fare riflettere chi ha in mano il destino dei loro contratti.

Fuori dai punti troviamo Stroll, autore di una pessima prestazione, nonostante il suo ingegnere personale, Baldisserri, sia stato elevato al ruolo di ingegnere di pista, poi Vandoorne e il debuttante Hartley. Pessima gara di casa per la Haas, coi due piloti sempre in grandissima difficoltà, e Magnussen capace di arrivare dietro alla Sauber guidata da Ericsson. Ritirato Alonso, il quale è evidentemente destinato, in terra americana, ad essere lasciato a piedi dal suo motore Honda.

Nel giorno in cui la Mercedes vince il mondiale costruttori, sul podio viene mandato James Allison, poco più di un anno fa cacciato con ignominia da Maranello. Un segnale significativo mandato ai rivali. E non dimentichiamo che un altro ex, Aldo Costa, oggi ha messo in bacheca il quarto titolo consecutivo di una macchina da lui disegnata.  Come si suol dire, meditate gente, meditate.

Ora si va a Città del Messico, in una città che si sta riprendendo dal terremoto di poco più di un mese fa. Non si può non chiedersi come sia possibile riprendersi in così poco tempo da eventi di questo tipo, ma i messicani avevano fatto subito sapere che ci voleva ben altro per metterli in difficoltà. La gara potrebbe definitivamente dare a Lewis il quarto titolo mondiale. Gli basterà non perdere più di 17 punti, cosa che al momento sembra impossibile. Più probabile è che questo mondiale, alla fine, assomigli a quello del 2013, quando Vettel nella seconda parte della stagione lasciò solamente le briciole all’avversario di turno, che anche all’epoca era la Ferrari, in quel caso però molto più lontana dalla Red Bull di quanto lo sia ora dalla Mercedes.