Hamilton domina a Singapore e ipoteca il titolo, la Ferrari gli dà una mano

“Il campione si vede nel momento del bisogno”, avevamo scritto dopo Monza, con riferimento alla coraggiosa e decisiva manovra tentata da Lewis alla Roggia. E a Singapore se ne è avuta la riprova.

Una pista Ferrari, si diceva. Dopo le FP3, la prima fila rossa era più di una certezza. E invece no. Hamilton infila un giro che ha ricordato molto (anche nelle sue successive esternazioni) quello di Senna a Monaco nel 1988, quando dette 1.8 sec. a Prost a parità di macchina, e successivamente disse di avere avuto visioni mistiche. Un Vettel demoralizzato deve invece accontentarsi del terzo posto, superato da Verstappen autore di un giro se possibile ancora migliore di quello di Hamilton, con un motore depotenziato.

I punti si fanno la domenica, ma le premesse, per la Ferrari, non sono le migliori. Seb non si può più permettere errori, e con Verstappen davanti e Bottas di fianco i rischi non mancano. Allo spegnersi dei semafori, però, il tedesco dimostra grande intelligenza. Affianca e supera Verstappen, ma arriva leggermente lungo alla prima curva e invece di stringerlo lo lascia sfilare, per poi attaccarlo e superarlo definitivamente sul lungo rettilineo successivo, giusto un attimo prima che venga data Safety Car per un incidente fra le due ex Force India, con Perez che manda a muro senza tanti complimenti il compagno Ocon.

La SC rientra dopo qualche giro, ed è una ripartenza senza emozioni. Hamilton gira su tempi altissimi (12 sec. più lento della pole), la preoccupazione di tutti è quella di far durare le hypersoft il più a lungo possibile. Problema che per chi insegue è molto maggiore, vista la perdita di deportanza che queste macchine hanno quando sono in scia.

Il ritmo inizia ad alzarsi verso il quindicesimo giro, con Hamilton che riesce a mettere un gap di 2 secondi fra sè e Vettel, il quale fa lo stesso con Verstappen che lo segue. Alla Ferrari decidono però di osare e proprio mentre Lewis continua a migliorare i suoi tempi, chiamano ai box Vettel per montare le ultrasoft. Una strategia che al momento lascia molto perplessi. Il tedesco esce davanti ad Alonso, ma subito dietro Perez. Al giro dopo entra immediatamente anche Hamilton, il cui pit è leggermente più lento, e la gomma montata nel suo caso è la soft, molto più resistente ma anche teoricamente più lenta rispetto alla mescola montata dal tedesco.

Seb impiega un giro solo a superare Perez, ma perde comunque 4 secondi. La Red Bull ne approfitta, e chiama ai box Verstappen, il quale all’uscita si trova esattamente di fianco al tedesco, riuscendo a stargli davanti. Anche l’olandese ha montato la mescola più dura fra quelle portate dalla Pirelli. E così Vettel si trova a perdere una posizione con la prospettiva di dovere fare un altro pit-stop, a differenza dei suoi avversari. E la notizia peggiore è che la ultra soft non sembra dargli quel vantaggio prestazionale sul quale al muretto Ferrari contavano per sopravanzare Hamilton.

La gara procede stancamente, le uniche emozioni vengono dal solito Perez il quale, esasperato da lunghi giri dietro il lento Sirotkin, una volta riuscito a superarlo tenta di intimidirlo urtandolo, con l’unico risultato di bucare una gomma rovinando definitivamente la propria gara.

Poco dopo è Grosjean a trovarsi alle prese col tappo russo, e ciò avviene proprio mentre arrivano i primi a doppiarli. Un prudente Hamilton non tenta doppiaggi azzardati e consente così a Verstappen di avvicinarlo fino a tentare timidamente il sorpasso. Ma evidentemente l’olandese ha messo giudizio, e consente ad Hamilton di terminare i doppiaggi in tranquillità, ristabilendo subito dopo la distanza di sicurezza.

Questa è l’ultima emozione di una gara che termina un’ora dopo con i primi 6 nell’esatto ordine nel quale sono partiti. Gli ultimi giri vedono Hamilton continuare a girare su ottimi tempi, con Verstappen a 4-5 secondi, mentre Vettel in netta crisi con le ultrasoft di secondi ne accumula oltre 30. Per sua fortuna, Bottas passa gli ultimi giri cercando, senza riuscirci, di doppiare Hulkenberg, che lo costringe a girare sui tempi di Seb. Ma Raikkonen e Ricciardo non riescono ad approfittarne.

Il primo degli altri è Alonso, che forse per la prima volta da 4 anni a questa parte può dire per radio “la macchina è buona”. Lo seguono Sainz, Leclerc, ritornato finalmente a punti con la Sauber, e Hulkenberg. Fuori dai punti Toro Rosso, Haas, molto sotto tono forse anche a causa delle modifiche al fondo imposte dalla FIA, Racing Point grazie alle prodezze di Perez, e Williams, in totale crisi quando il circuito non è iperveloce (e quindi non è Monza).

E così quella che doveva essere la riscossa Ferrari, su una pista teoricamente molto favorevole alla macchina e molto gradita dai piloti, si è trasformata in una delle peggiori gare per entrambi. Vettel è apparso spento e molto nervoso (i pugni sul volante al termine della Q3 sono significativi), il muretto poco lucido nell’interpretare una pista estremamente difficile per il continuo cambio di condizioni. Non è andata come nel 2017, ma poco ci manca, e con una macchina di sicuro molto superiore.

Hamilton riparte da Singapore con 40 punti di vantaggio, che Vettel dovrà cercare di recuperare in 6 gare. Al momento sembra un’impresa, teoricamente possibile ma in pratica molto difficile da mettere in atto, quando dall’altra parte c’è un pilota che ha raggiunto uno stato di forma eccellente.

P.S. qualche giorno fa Ross Brawn durante un workshop ha mostrato in anteprima i rendering delle F1 del 2021.  E nel farlo ha spiegato che l’obiettivo è consentire alle macchine di stare in scia senza perdere il 50% della deportanza. Oggi abbiamo visto cosa questo significhi: un trenino con vagoni dal costo di centinaia di milioni di euro. E’ una cosa inaccettabile, considerando che il baraccone costa una cifra enorme per poi offrire uno spettacolo in alcuni casi raccapricciante. Speriamo che il buon Ross, aiutato da Symonds e dagli ingegneri da lui coordinati, riesca nell’intento.