Ad essere sinceri scrivere di un GP di F1, considerando i tempi che corrono, inizia ad essere un esercizio difficile, visto e considerato che il risultato lo si conosce ancora prima che lo stesso inizi. A tal proposito è bene ricordare che la FIA, nella sua infinita saggezza, ha istituito il budget cap (personalmente la ritengo una regola assurda quanto antisportiva), proprio per livellare il più possibile le prestazioni tra le squadre, al fine di dare la possibilità alle stesse del cosi detto mid field, di poter recuperare sui top team e quindi aumentare la competizione in pista con conseguente ed inevitabile aumento del spettacolo. Sappiamo tutti che barzelletta (una delle tante ormai) sia stata l’istituzione di questa assurda regola e ne abbiamo avuto la prova proprio nel suo primo anno di attuazione, con conseguente risultato che la stessa Federazione ha ottenuto l’esatto contrario: infatti non solo la forbice tra “serie A e B” si è allargata, addirittura ha messo in condizioni una squadra già vincente, come la Red Bull, di dominare con il suo pilota di punta ogni domenica di gara, tanto da concentrare l’attenzione e l’azione su chi arriverà secondo nel mondiale costruttori e piloti. Grazie a questa buffonata (perché non posso definirla che così), i già vincenti bibitari si trovano nella condizione di festeggiare, alla fine del GP canadese, la loro centesima vittoria. Ormai nemmeno mi ci arrabbio più. In una f1 anglo centrica ormai da tempo immemore, tutto è concesso purché a vincere sia appunto una squadra inglese. Allora complimenti alla squadra di Milton Keynes, che ha voglia di vincere ed ha le competenze necessarie sia nel saper aggirare le regole e sia perché ha veramente voglia di vincere: il pacchetto RB19/Verstappen è inarrestabile e tale rimarrà fino alla fine dell’anno e, purtroppo, non solo per questo 2023. Di fatto, proprio grazie a questa regola siamo tornati indietro nel tempo, ovvero nel 2014, inizio dell’era turbo ibrida in cui AMG dominava in lungo e in largo, annichilendo tutto e tutti. La differenza è che prima erano doppiette a nastro per la casa di Stoccarda, regalando gli avanzi che rimanevano (ed era proprio Red Bull ad approfittarne!), mentre ora i bibitari non lasciano nulla anche se al traguardo la doppietta lattinara non è così scontata, visto che Perez è in preda a crisi mistiche. Di sicuro Verstappen è una certezza in qualunque condizione. Così forte che nemmeno la sorte lo scalfisce: la safety car, domenica scorsa, entra nel momento esatto in cui l’olandese imbocca il tratto di pista utile per poter guadagnare l’ingresso ai box… fenomenale! La fortuna i campioni se la creano. Al di là di tutte le magagne che la Red Bull è capace di fare, è anche vero che uno come Verstappen e, chi gli sta dietro, tutto questo se l’è costruito con pazienza senza mai mollare, aspettando il momento giusto ed arrivando anche a minacciare di andarsene quando Honda ancora friggeva i suoi propulsori (senza friggere il pilota… questa è un’altra storia), quando poi, in casa dei lattinari, chi è che minaccia licenziamenti è Marko. Carattere che ce ne vuole tanto, perché per diventare campione il solo talento non basta evidentemente. Il buon Max, ha tanto talento quanto carattere e la combo, il mix di questi due talenti, gli ha permesso di essere lì dov’è.
Carattere dicevo, quello che evidentemente manca a Charles in questo frangente. Ho le spalle larghe e so bene a quale fuoco incrociato sarò esposto, specie dalla frangia oltranzista dei suoi tifosi, i quali hanno imparato bene da quelli del tedesco, senza parlare del fatto che proprio i tanti tifosi di Vettel si sono riciclati (del resto oggi il green va di moda) nella tifoseria del monegasco. Il GP della Ferrari si consuma, anche se dovrei dire si spegne, sotto la pioggia torrenziale del sabato delle qualifiche: sappiamo tutti che Ferrari ha utilizzato una strategia conservativa (come tutti gli altri team, a parte la Williams che non aveva nulla da perdere), proprio per assicurarsi il tempo di qualifica, per poi dare le slick a Charles, il quale, che si voglia o meno, in seguito sbaglia. Di base è un errore veniale, perché, anche se le qualifiche vengono incasinate, è anche vero che per chi insegue il rischio è sempre dietro l’angolo, dato che è costretto ad osare di più. Ciò che è grave è quello che è successo dopo, dietro i microfoni. LeClerc, per la prima volta (giocattolo rotto?) da quando è in Ferrari, sputtana la squadra e ci può stare, visto che anche lui, sebbene per alcuni possa sembrare strano, è un essere umano. Il monegasco, sempre avvezzo a prendersi la colpa e a difendere il suo team, alla fine esplode come il Vesuvio duemila anni fa, gettando vagonate di sterco sul muretto usando tutto lo charme di cui dispone… il che fa ancora più male. Evidentemente dell’eleganza, nel motorhome rosso, non sanno che farsene e dopo quelle parole di fuoco, a telecamere spente, ci sarà stata una lavato di capo memorabile. La differenza, rispetto all’anno scorso, è che questa volta non abbiamo visto ad uso e consumo di telecamere additamenti vari, fatto sta che in seguito Charles, come un cane bastonato (il corpo non mente mai), si avvicina al microfono di Vasseur e si scusa per quello che ha detto, rimangiandosi tutto. L’anno scorso venne giù il mondo dopo che l’indice di Binotto voleva infilzare il viso del monegasco, sabato invece era un mare di giustificazioni e santificazioni. Il carattere, mio caro Charles, è questo che manca attualmente. Domanda: ce lo vedete Verstappen che va davanti alle telecamere a ritrattare quello che ha detto precedentemente? Con presunzione affermo che difficilmente avremmo visto questa scena. I commentatori di Sky, capendo l’antifona, glissano, spostando l’attenzione sul cibo precotto che allo spettatore medio tanto piace e cioè che è un pilota amato in tutt’Italia, tanto che è il figlio che tutte le mamme vorrebbero e sui colori del casco che porta! Signore e signori, siamo seri e cerchiamo di capire che sebbene LeClerc abbia talento da vendere, e che è confrontabile tranquillamente con quello del suo rivale olandese, è anche vero che, attualmente, al monegasco manca quel guizzo in più per caricarsi la squadra sulle spalle e dare il colpo decisivo per smuovere le cose. Sia chiaro, in questa squdra chiamata Ferrari, nemmeno Verstappen potrebbe fare nulla, eppure proprio come l’olandese evidentemente, potrebbe far sentire forte la sua voce: Charles è prossimo al rinnovo con La Rossa semplicemente perché non ha alternative vincenti al momento, ed è anche vero che la stessa Ferrari, se andasse via il suo cavallo di razza, non lo potrebbe sostituire con nessuno, sia perché a parte Max non c’è nessuno confrontabile con lui (lasciamo da parte Russell ed Hamilton perché non si muovono da dove stanno) e sia perché nessun potenziale campione (ammesso che esistano) si vuole bruciare venendo nell’attuale Ferrari. Allora come mai LeClerc non fa la stessa cosa fatta da Verstappen in Red Bull quando Honda bruciava motori? Per quale motivo il monegasco non alza la voce con azioni decise e concrete al fine di smuovere le acque a Maranello? Ferrari ha fatto vedere qualcosa di positivo domenica scorsa, tuttavia non ci si deve illudere sia perché servono conferme urgenti e sia perché, ammesso che la direzione sia quella giusta, bisognerà sempre inseguire… almeno per quest’anno e la concorrenza (a partire proprio da AMG) è spietata. “Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare”, recita il detto ed è proprio in questo momento che serve il carattere necessario per affrontare tali difficoltà. Di un LeClerc così remissivo, che abiura quanto detto poco prima, Ferrari, quella che vuole vincere veramente, non sa cosa farsene
Vito Quaranta