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WEC 6HR DI IMOLA 2025

Risiamo quì, per un resoconto “da bordo pista” di quello che è successo a Imola per la 6 ore.

Alla domanda: “La domenica di Pasqua che fai?” quando rispondi Imola ,WEC, 6hr, tutto relax, la contro risposta è “Ma come? Corrono anche a Pasqua?”

Come potete ben capire io l’appuntamento non lo potevo saltare.

Al sabato la mattina si va a dare un’occhiata dalle acque minerali. Prima cosa prima, pensatela come vi pare, ma le auto dovrebbero suonare come il V12 Aston. Addirittura la domenica mattina sento l’annunciatore dire che quando senti il rumore Aston l’ignorantometro va a fondo scala.

A occhio bene Ferrari e BMW meno Toyota, Porsche e Cadillac (da quest’anno gestite da Jota visto la richiesta di portare 2 auto per il campionato), Alpine non ho capito, Aston indietro. Peugeot fuori classifica, perchè tutte le volte che vedo quell’auto penso a quando mi fu detto che sono entrati nel WEC per vincere Le Mans. A Kubica si frigge il motore, lo cambieranno in tempo per le qualifiche.

Prima delle qualifiche giratina nel paddock e successiva pit walk per provare a scambiare 2 chiacchere con i piloti e fare un paio di foto alle auto. Vado a salutare il mio conterraneo Pera che ritorna nel WEC su Porsche, capatina da Iron Lynx che sono sempre cordiali, in special modo il “capo” (ma ne parliamo dopo) e Ferrari gt con il sempre disponibilissimo Alessio Rovera con cui mi congratulo per gli eccellenti risultati in LMP2 Pro/Am in ELMS. Come sempre risultano irraggiungibili Ferrari e VR46 (e di conseguenza tutto il team BMW Gt).

Le qualifiche le vado a vedere al Tamburello interno prima curva dove da dietro posso vedere un po’ il comportamento delle auto nel cambio direzione.

Quì si sono viste bene le difficoltà di Aston e Porsche (che addirittura arriva ad un bloccaggio alla staccata), anche Toyota non sembra brillante come uno si aspetterebbe. Le qualifiche Gt finiscono con una pole inaspettata per la BMW 46 visto che dalle PL la pole sembrava in mano a Lexus. Con comunque quest’ultimi secondi con a ruota Aston e Ferrari, male Porsche e Mclaren, non male Ford, malissimo Mercedes che finisce in coda al gruppo. Per le Hyper sarebbe potuto essere 3 Ferrari nelle prime 3 posizioni, ma Fuoco si fa prendere dall’emozione e con ben 2 giri cancellati per track limits non rientra nell’hyperpole. Quindi Ferrari-Ferrari-Bmw poi Toyota (che i giappi non mollano mai) ed un trio francese Alpine-Peugeot-Alpine. Malissimo Porsche dietro anche ad una Cadillac.

Finite le qualifiche mi sposto verso il paddock per avere la prima sorpresa del weekend, non parcheggiano più le auto nel retro per le verifiche, ma in pit, quindi non ci sono possibilità di vederle. Allora mi dirigo verso il ring delle interviste cercando di recepire qualche informazione. Riesco a cogliere che in BMW hyper sono ottimisti e che per le gt le Lexus hanno un alta velocità di punta e quindi risulterà difficile passarle. Fuoco è dispiaciuto per non aver portato l’auto in hyperpole. Mi fermo a scambiare due chiacchere con Claudio Schiavoni, che è molto cordiale e riesce a darmi un’idea della differenza tra correre nel WEC e ELMS, come costi e logistica, molto interessante.

Domenica mattina altro giretto per il padock con pit walk per provare a capire qualcosa dai piloti, riesco a parlare con Tincknell della nuova Aston Valkyrie a cui dico che avendoli visti il sabato al tamburello mi sembravano un po’ rigidi visto che l’interno nel cambio di direzione sembrava sollevarsi più delle altre auto. Mi fa i complimenti per il buon occhio da osservatore (ancora non ho capito se “c’ho chiappato” ma questo da solo conferma che la malattiaper le corse è lì e non si cura) e mi conferma che stanno ancora molto lavorando sull’assetto. Facendo altre domande in giro sembra che la macchina sia molto spinta aerodinamicamente e non abbiano ancora capito bene come farla lavorare (sarà vero?). Ricordo che quest’auto corre anche nell’IMSA.

Qualcosina questi tre hanno vinto

Qui l’ignorantometro invece va fuori scala.

Partenza vista dall’esterno Rivazza

La Ferrari 51 prende il largo seguita dalla 83 e dalla BMW 15 poi le Toyota, Peugeot 93 e le due Alpine. Per il Gt prendono il largo la BMW46 con dietro a pochi secondi Ferrari 21. Dietro le dames colpiscono la Corvette di Keating (che non molla un c***o e è sempre lì) causando il primo FCY. Intanto dietro la Ferrari 50 sta cominciando la rimonta dall’ultimo posto, questo sembra anche aiutati dal fatto di aver imbarcato meno benzina, difatti saranno i primi a fermarsi. Intanto Toyota e BMW si prendono a sportellate con la seconda che perde metà alettone posteriore.

Dopo le prime 2 ore in Hyper ancora davanti le Ferrari con dietro BMW, con Alpine 36 che sopravanza Toyota in queta posizione grazie ad un dolido stint. In Gt la lotta sembra tra Lexus BMW e Ferrari.

Dopo 2 ore e mezzo decido di spostarmi verso le acque minerali, in quel frangente la BMW 36 spinge la Aston dritta alla Rivazza 1, SC.

Alla fine della terza ora, dopo il giro dei pit, c’è rimescolamento anche grazie a strategie diverse. La Porsche 6 con un ottimo stint riesce a portarsi davanti con Ferrari 51 e BMW 20 dietro. Con il passare dei giri risalgono le auto che erano rimaste indietro, sopratutto l’altra BMW e Toyota. Con Alpine 36 che sta sempre continuando con ottimo ritmo. Sulla Porsche 92 in Gt è montato Riccardo Pera, io sarò anche partigiano, però fa uno stint stupendo. Grande sorpasso alla piratella su una Aston poi in 2 giri passa la McLaren. Recupera 12 secondi al gruppo davanti composto da l’altra Mecca, Corvette, Ford e Lexus.

Davanti in Hyper Ferrari lotta con Porsche (e si vede che ne ha di più) in Gt lotta tra la BMW 46 e Ferrari 21. A 2 ore e 15 dalla fine il fattaccio. Valenti Rossi, grande candidato alla vittoria, è dietro Simon Mann. Queste sono le auto che si sono contese la testa dal giro 1, cioè da quasi 4 ore. Sonosu strategie diverse, presto la Ferrari si deve fermare, ma Vale ci prova, vede che ne ha di più e vuole passare. Dopo vari tentativi alla Rivazza 2 veede lo spazio dove ci passa la moto, ma non la macchina. Colpisce il dietro della 21 (che ripartirà prima del ritiro con 6 giri di ritardo) che esce di pista beccandosi una giusta penalità e buttando via la gara, sembra, e causando una SC.

Intanto si paventa anche l’incubo della pioggia, è in pochi minuti in tribuna la maggior parte degli spettatori ha in mente una cosa sola “te lo ricordi l’anno scorso?” (vero PA?), meno male non ha piovuto.

Verso l’ultima ora mi sposto alla variante alta, qui assisto al consolidarsi della Ferrari 51 al primo posto con tutte le auto che con sosta più lunga o meno che dovranno fermarsi nell’ultima mezz’ora per un riabbocco. Pierguidi fa un super stint per poi ritrovarsi dopo il pit dietro alla 83, che deve fermarsi, però davanti a BMW e Alpine che si sono già fermate.

In Gt sono rimasti davanti a lottarsi la vittoria la Porsche che ha 20 secondi di vantaggio su BMW46 che sta rimontanto con Van der Linde. Ultimi giri al cardiopalma con BMW che non riesce a passare e Porsche che vince, pur non avendo l’auto migliore, con un po’ di fortuna ed un ottima gara.

In Hyper la Ferrari riesce a vincere la gara di casa con Ale, l’eroe di Le Mans, che saluta il pubblico. Dietro dopo il giro delle ultime fermate, causa riabbocchi più o meno lunghi, BMW, una solida Alpine (meglio che della cugina in F1), Ferrari 83, Toyota, l’altra BMW che era rimasta sempre in lotta per il podio (ottimo stint iniziale di KMag), l’altra Toyota e solo dopo Porsche che sembra la grande sconfitta della gara.

Secondo me io il prossim’anno ci ritorno.

Nota dolente per l’organizzazione, o chi per loro, restano quei cartelloni interno variante alta che non permettono di vedere le auto da dietro e in più hanno coperto di cartelloni la vista dall’interno del tanburello, per intenderci dove ci sono le panchine sul vialetto dietro gli alberi.

Landerio

WEC 6HR DI IMOLA 2024

Come anticipato quest’anno niente Monza per il WEC, ma Imola.

E per l’ennesima volta (e spero molte altre a seguire) metto in moto l’avventura per andare a vedere un campionato che, pur con i suoi limiti (vedi BoP alla René Ferretti), sta anno per anno attirando sempre più pubblico.

Quest’anno c’è stato l’ingresso di nuovo case nella classe Hyper. Lamborghini, Isotta Fraschini, BMW e il ritorno di Alpine con un auto sua.

E anche in Gt, dove siamo passati alla classe GT3, c’è stato l’ingresso delle nuove case; BMW, McLaren, Lamborghini, Ford (proprio USA 5,4L V8 dal rumore unico tipico delle muscle car) e Lexus.

Sabato mattina parto dalle Acque minerali e arrivo fino alla variante alta per le FP3

Il circuito del Santerno crea un piccolo problema, rende difficile il sorpasso delle Hyper sulle GT e mi accorgo che dalla Piratella a tutte le Acque minerali si passa difficilmente (cose che era ampiamente prevista dai piloti), quindi l’unico punto della pista dove sorpassare è la salita che porta alla variante alta. Questo fattore sembra aver giocato qualche ruolo durante la corsa, soprattutto nel finale.

Grande pensata dell’organizzazione di mettere i cartelloni pubblicitari a oscurare la vista di tutta la chicane da interno pista, bravi davvero.

Scendo giù dietro la collinetta della Rivazza fino alla ex variante bassa.

Mi avventuro verso la pit walk e qui incontro un grande problema organizzativo, fanno entrare da sotto la torre Ferrari e non riescono a creare una fila perché effettivamente di lì ci passa la strada che porta al paddock.

Sono riuscito a scambiare qualche battuta con i piloti, Alessio Rovera sempre disponibilissimo e anche gli Iron (uomini e donne) Schiavoni “deve esse’ un personaggio da nulla”.

Mi dirigo esterno variante alta per vedere le qualifiche, formato hyperpole (hyperpole, superpole,Q2 chiamatele come vi pare) per i primi 10.

In GT avanti Porsche con dietro Aston e poi BMW n°46.

Per le Hyper tripletta Ferrari, tutte e tre le auto come uniche sotto 1:30, la prima (con Fuoco) rifila più di 6 decimi alla prima delle Porsche (vincitrici della prima gara) quarta, dietro alle Porsche c’è Toyota, che danno con un buon passo gara. Ma sembra che la cura dimagrante (sempre da BoP) abbia reso le Ferrari favorite. Non male BMW e Cadillac anche se distanti dai primi, Peugeot e Alpine indietro con Lamborghini e Isotta (ultima).

Nel paddock riesco a scambiare due parole con i ragazzi dell’Isotta Fraschini, disponibilissimi. Chiedo delucidazioni su come venga applicato il BoP ad un nuovo entrante, visto che loro già al primo appuntamento sembravano molto penalizzati. Spiegazione: “Auto finita in galleria del vento, raccolgono i dati, misurano la posizione del baricentro e decidono” sono partito più in confusione di quando sono arrivato. Comunque grande merito a loro.

Domenica mattina arrivo all’autodromo e vado in direzione pit, c’è strapieno. Gente in fila un ora e mezzo prima che apra il pit walk, desisto. Dopo aver dato un’occhiata un paio di volte alla gara F1 e aver raccattato un paio di commenti dai piloti la mattina mentre entravano ai box (devo dire che qualcuno è veramente una merda, senza far nomi) aspetto la fine della gara per contattare PA che so in autodromo. Ci incontriamo sulla tribuna centrale, dopo una chiaccherata di una mezz’oretta sentiamo le auto che iniziano ad uscire, lo saluto e proseguo in direzione Tosa per la partenza.

Devo dire la verità, l’ho trovato mentre era intento a scrivere il post Gp, e non gli ho neanche detto grazie per tutto il lavoro fatto in questi anni. Dimenticanza, ma scrivendolo ora mi son salvato in calcio d’angolo.

Non faccio a tempo ad arrivare al Tamburello che già la Lamborghini si è girata, e penso :”si comincia bene!”

Pronti via e le auto arrivano alla staccata del Tamburello, sembra che la Alpine n°36 abbia fatto strike, coinvolgendo BMW le due Peugeot e la gemella (primo travaso di know how da F1 a WEC – cit.). Le rosse sfilano davanti il gruppo alla Tosa

In Gt la lotta davanti è per le due BMW una Porsche e una Ferrari, queste sembrano lottare per la vittoria dopo che le Dames hanno perso giri ai box per un guasto o un incidente. Ford e Lexus non sembrano all’altezza, si difende bene Aston, McLaren e Corvette nel limbo.

Nel secondo stint monta Rossi sulla BMW, sono in tanti i suoi tifosi, e devo dire che non ha sfigurato, ha anche recuperato un po’ di terreno. Devo dire che è della categoria.

Dopo un paio di ore mi sposto verso le Acque minerali con un ragazzo che ho conosciuto alla Tosa, ci mettiamo in tribuna e dopo un paio di ore mentre la corsa sembra andare in direzione Ferrari inizia la tragedia. Gocce d’acqua. A due ore dalla fine inizia a piovere.

Come ben noto comincia la disfatta. Già avevo detto che dalle Acque minerali alla variante alta è un punto per il sorpasso delle Hyper sulle GT, qui già comincio a sentire slittare le gomme quando le auto escono dalla traiettoria asciutta per il sorpasso, poi alla Rivazza una Ferrari va lunga. Le Ferrari non pittano per il cambio gomme da slick a wet (secondo travaso di know how da F1 a WEC – cit.) Porsche e Toyota sì. Quando le Ferrari si ferma ormai è tardi. Intanto assisto più a una gara di drifting che di Endurance.

Sul bagnato con la classifica che vede Toyota-Porsche-Porsche-Toyota-Ferrari con una BMW che ad un certo punto si attesta terza. In GT le BMW davanti (Farfus davanti Martin con quest’ultimo afflitto da penalità mentre lottavano per la prima posizione) con terza la Porsche ormai fuori dai giochi come le altre. Degna di nota dal mio punto di vista la prestazione di Bamber con Cadillac sul bagnato, alle Acque minerali passava forte.

Nel finale torna l’asciutto e Porsche si avvicina a Toyota per la prima posizione.

Ma come detto il traffico è un problema, pur avendone di più, Estre non riesce a passare Kobayashi oltretutto dovendo scontare 5 secondi di penalità.

Finisce cosi, con Toyota-Porsche-Porsche con quarta la Ferrari n°50 con Fuoco che recupera a suon di giri veloci (per la felicità della proprietà presente ai box) la seconda Toyota.

In Gt finisce BMW-BMW-Porsche anche qui con Ferrari quarta.

Ci si vede il prossim’anno Monza o Imola che sia.

 

Landerio

“The Rise of the Ford Cosworth” – Part I

In late 1962 the Ford Motor company issued an extraordinary press release that stated they had purchased the Italian car manufacturer Ferrari. The announcement would start a war between the two companies that would last for nearly 20 years.

Enzo Ferrari and Henry Ford II

Whether Ferrari really had any intention to sell the company to Ford is debatable, but it would start a war between the two companies that would change Formula One.

Today, we think of Ferrari as a multi-billion-dollar company, but in the mid 1960’s they sold three or four hundred cars a year, and if you wanted to hurt them financially you would go after their road car sales, and that is just what Ford did.

Ford would spend the next two years developing the GT40, a car that had a single purpose, beat Ferrari at Le Mans.

The GT40’s crossed the finish line in a one, two, three finish at Le Mans in 1966.

Ford decided the best way to hurt Ferrari was in Formula One. And that is just what they did.

While Ford was developing the Le Man cars another project would start that would change F1 for the next 15 years.

Chapman at Lotus was also looking for a new engine. He approached an old friend at Ford named Walter Hayes and suggested that they design a new engine for the spec. Hayes was interested and said Ford would fund the project if the right people were involved.

After a lot of haggling a deal between the three companies was done. Ford would finance the project with an investment of £100,000. Cosworth would design the engine and Lotus would get the “A” engine, and Ford could sell the “B” engines to anyone else. The target date for the new engine, to be called the DFV (double four valve) was the third or forth race of 1967. The work began.

The 1967 F1 season would have a total of 11 races, starting in South Africa and ending in Mexico. The new Ford – Cosworth was targeted to enter the third race in the Netherlands. Until then Lotus would have to run the first two races with the old BRM engine.

The 1967 F1 Season

1 South African Grand Prix Kyalami Grand Prix Circuit, Midrand 2 January
2 Monaco Grand Prix Circuit de Monaco, Monte Carlo 7 May
3 Dutch Grand Prix Circuit Zandvoort, Zandvoort 4 June
4 Belgian Grand Prix Circuit de Spa-Francorchamps, Stavelot 18 June
5 French Grand Prix Bugatti Circuit, Le Mans 2 July
6 British Grand Prix Silverstone Circuit, Silverstone 15 July
7 German Grand Prix Nürburgring, Nürburg 6 August
8 Canadian Grand Prix Mosport Park, Bowmanville 27 August
9 Italian Grand Prix Autodromo Nazionale di Monza, Monza 10 September
10 United States Grand Prix Watkins Glen International, New York 1 October
11 Mexican Grand Prix Magdalena Mixhuca, Mexico City 22 October

 

Lotus now knew the Cosworth car wouldn’t be ready until the third race, which was the Netherlands, and would have to make due until then with the old BRM engine.

The first race was in South Africa and won by the Mexican, Pedro Rodriguez in a Cooper Maserati.  It would be the sole win of the year for Cooper and Rodriguez.

Mexican, Pedro Rodriguez in a Cooper Maserati

The second race of the season was Monaco. It was an easy win for Hulme, who lapped everyone. The bright spot for Lotus was Hill finishing second. But the good news for Lotus was the new car with the Cosworth engine would be ready for the next race in Holland.

The third race of the season was in Holland and for Clark and Hill the new Ford – Cosworth engine was ready.

Costin far left, next to Duckworth, the Cosworth designers.

With the next race in Holland, Lotus and Cosworth both felt confident the new engine was ready. Ford would see if their investment had been worth it.

Zandvoort in 1967

Qualifying was promising with Hill taking the poll. Clark had some minor problems and started the race. The race saw the debut of the Lotus 49, equipped with the Ford Cosworth DFV engine. Having tested it for a long time, Graham Hill took pole for the race. By contrast, this was the first time that the other Lotus driver, Jim Clark ever drove the car, which — combined with mechanical issues — led to him only qualifying in eighth. Hill retired from the lead, while Clark started to get a feel for the car as he fought his way through the field to record the car’s first victory in its first race. The meeting also saw the first appearance of the Brabham BT24 and the BRM P115, but neither took part in the race.

Clark winning Cosworth’s first race at Zandwoort.

The first Lotus Cosworth victory.

The next race was in Belgium at Spa. This race was also notable as it saw Dan Gurney win. For Lotus the jubilation from the Netherlands was gone, with Clark finishing sixth and being lapped, and Hill suffering a DNF.

Gurney’s Eagle

Pos No Driver Constructor Laps Time/Retired Grid Points
1 36 Dan Gurney EagleWeslake 28 1:40:49.4 2 9
2 14 Jackie Stewart BRM 28 + 1:03.0 6 6
3 1 Chris Amon Ferrari 28 + 1:40.0 5 4
4 29 Jochen Rindt CooperMaserati 28 + 2:13.9 4 3
5 12 Mike Spence BRM 27 + 1 Lap 11 2
6 21 Jim Clark LotusFord 27 + 1 Lap 1 1

The fifth race of the year was the French GP. It was held at the Bugatti circuit at Le Mans.

Graham Hill was on pole and led away for the first lap until Jack Brabham took over. On lap 7 Jim Clark took the lead and Hill passed Brabham to make it a Lotus 1–2. Hill then retook the lead until his crown-wheel and pinion failed on lap 14. The same problem caused Clark’s retirement from the lead on lap 23, leaving Brabham ahead of Dan Gurney, Chris Amon and Denny Hulme. On lap 41 a fuel line broke on Gurney’s car, making it a Brabham 1-2 and Amon’s throttle cable broke several laps later. Brabham drove home serenely to win his first race in eight Grands Prix by 49.5 seconds from teammate Hulme, and over a lap in front of the BRM of Jackie Stewart.

The sixth race of the season was the British GP at Silverstone.

Clark winning the 1967 British GP.

Silverstone was race 6 of 11 in both the 1967 World Championship of Drivers and the 1967 International Cup for Formula One Manufacturers. The 80-lap race was won by Lotus driver Jim Clark after he started from pole position. Denny Hulme finished second for the Brabham team and Ferrari driver Chris Amon came in third.

The seventh race of the 1967 season was the German GP at Nurburgring.

Clark converted his pole position into an early lead, while his Team Lotus team-mate Graham Hill was pushed from his grid position of 13th, onto some grass, restarting the back of the field, behind the F2 cars. Clark stayed ahead Hulme and Gurney for the first three laps of the race. On the fourth lap, Clark dramatically slowed, his suspension having buckled, and so ended his race. Hill managed his Lotus up to tenth before mechanical troubles eventually put him out of the race.

Immediately, Gurney passed Hulme for the lead, while Brabham was third after McLaren retired with a split oil pipe. Ickx continued to impress. He was now up to fifth, behind Stewart. The Scotsman overtook Brabham, only to encounter transmission problems, and so Ickx moved up to fourth. Shortly after this, the Ferrari of Chris Amon closed up and passed the F2 Matra. By lap 12, Ickx was also out of the race, following the collapse of this front suspension. On the next lap, the universal joint on a driveshaft broke for the race leader, Gurney. Hulme took the lead to win from his team-mate Brabham and fellow Kiwi, Amon.[1] This was the first Championship race since 1962 French Grand Prix without a driver from the United Kingdom on the podium.

Clark suffers a DNF.

Hulme with the winner’s trophy

The eighth race was 1967 Canadian GP at Mosport just outside of Toronto.

 

The 1967 Canadian Grand Prix was a Formula One motor race held at Mosport Park in Bowmanville, Ontario, Canada on August 27, 1967. The 90-lap contest was race 8 of 11 in both the 1967 World Championship of Drivers and the 1967 International Cup for Formula One Manufacturers. It was won by Jack Brabham driving for his own Brabham team. This was the first Canadian Grand Prix to have World Championship status.

Having already changed his battery on the grid, losing six laps, local driver Al Pease spun his private EagleClimax and stalled out on the circuit during the race, and suffered another flat battery. He ran back to the pits for a new one, ran back to the car, fitted the battery himself and continued. He was still running at the finish, albeit 43 laps down on Brabham.

Chris Amon in the Ferrari 312

Jack Grabham crossing the victory line

The 1967 Italian GP at Monza was the ninth race of the season.

The 1967 Italian Grand Prix was a Formula One motor race held at the Autodromo Nazionale di Monza on 10 September 1967. It was race 9 of 11 in both the 1967 World Championship of Drivers and the 1967 International Cup for Formula One Manufacturers. The race was won by British driver John Surtees driving a Honda. It was the sixth and final career victory for Surtees, as well as the first ever race for the Honda RA300 which he drove to victory. This was the first Formula One race where start lights were used.

John Surtees winning the 1967 Italian GP

The 1967 US GP was held at Watkins Glen.

The 1967 United States Grand Prix was a Formula One motor race held on October 1, 1967, at the Watkins Glen Grand Prix Race Course in Watkins Glen, New York. It was race 10 of 11 in both the 1967 World Championship of Drivers and the 1967 International Cup for Formula One Manufacturers. The 108-lap race was won by Lotus driver Jim Clark after he started from second position. His teammate Graham Hill finished second and Brabham driver Denny Hulme came in third.

Clark winning the 1967 US GP at Watkins Glen

1967 Mexican GP

The 1967 Mexican Grand Prix was a Formula One motor race held at the Ciudad Deportiva Magdalena Mixhuca on 22 October 1967. It was race 11 of 11 in both the 1967 World Championship of Drivers and the 1967 International Cup for Formula One Manufacturers.

For the first time in eight years, two teammates went into the last race with a chance of winning the title. Denny Hulme on 47 points required a fourth-place finish to claim the drivers’ title. Jack Brabham with 42 points needed to win the race and for Hulme to finish fifth or lower.

The race was won by over a minute by Jim Clark, driving for Lotus-Ford, despite not being able to use his clutch during almost the entire race.  New Zealander Denny Hulme clinched his only World Championship by coming home third, earning the necessary points to edge out teammate and three-time World Champion Jack Brabham.

Final Results

1 Denny Hulme 4 1 3 Ret 2 2 1 2 Ret 3 3 51
2 Jack Brabham 6 Ret 2 Ret 1 4 2 1 2 (5) 2 46 (48)
3 Jim Clark Ret Ret 1 6 Ret 1 Ret Ret 3 1 1 41
4 John Surtees 3 Ret Ret Ret 6 4 1 Ret 4 20
5 Chris Amon 3 4 3 Ret 3 3 6 7 Ret 9 20

 

Denny Hulme overall 1967 F1 Champion

Next week the 1968 Season and the Triumph of Lotus-Ford!

 

Ian Caldwell

LA STORIA DELLA FERRARI 312B: 1969

La F1 è al suo quarto anno della nuova formula che prevede motori da 3000 cm³ ad alimentazione atmosferica (oppure sovralimentati da 1500 cm³) e un peso minimo di 500 kg.

Questa rivoluzione tecnica comporta costi elevati che non tutti i costruttori si possono permettere. La Coventry-Climax, che ha dominato la prima metà degli anni ’60 con Cooper e Lotus, è stata assorbita dalla British Leyland e ha abbandonato le corse dopo aver costruito un 16 cilindri piatto da 1500 cm³, investimento reso vano dal cambio di regolamento. Anche la Repco, vincitrice dei mondiali 1966 e 1967 con la Brabham, ha chiuso con la F1 a causa dei costi troppo elevati da sostenere mentre la Honda si è ritirata dai GP in seguito al tragico incidente costato la vita a Jo Schlesser a Rouen nel 1968. Nello stesso anno chiudono i battenti anche la Cooper (che dopo la cessione della Maserati alla Citroën aveva montato i V12 BRM ma senza risultati apprezzabili) e la Eagle di Dan Gurney che preferisce concentrare gli sforzi nel campionato USAC.

A fronte di tante uscite di scena ci sono solo due nuovi arrivi, ma molto importanti.

La Matra è entrata in F1 nel 1968 con una monoposto autocostruita e un bellissimo motore V12 ma per il 1969 sceglie di partecipare al più importante Mondiale Sport Prototipi nel quale sfiderà Ferrari, Ford, Porsche e Lola. La presenza in F1 viene quindi lasciata alla scuderia di Ken Tyrrell che però utilizza il motore Ford Cosworth, ed è proprio quest’ultimo a rappresentare la più importante innovazione di questo periodo storico della F1.

Il progetto risale al 1965 quando il lungimirante Colin Chapman coinvolge nientemeno che la Ford, nella persona del suo vice-presidente per l’Europa Walter Hayes, nella costruzione di un V8 dal miglior rapporto qualità/prezzo per equipaggiare le Lotus di F1. Chapman ha già collaborato con il colosso statunitense fin dal 1963, quando collaborò con la Casa di Detroit per correre la Indy 500 e per l’elaborazione del motore della Ford Cortina da parte di Keith Duckworth il quale, insieme a Mike Costin, aveva dato vita alla Cosworth. Hayes convinse Henry Ford II a investire 100mila sterline (circa un milione e 800mila € di oggi) nella realizzazione di un V8 da 3000 cm³ che altro non era che l’unione di due motori a 4 cilindri da 1500 cm³ con un angolo di 90°. L’unità con basamento in alluminio pesa appena 163 kg, sviluppa fin da subito una potenza di 410 cavalli (saliti a 430 nel 1969), necessita di soli 3 punti di attacco alla scocca ed è a struttura portante, cioè gli si può collegare direttamente la sospensione posteriore (oltre a cambio e differenziale) senza bisogno di ulteriori strutture e relativo peso. Con il Cosworth DFV nasce la F1 moderna, più compatta e leggera a prescindere dalla potenza del motore. Dal 1968 il DFV viene messo in vendita a 10 milioni di lire italiane (circa 100mila €) e acquistato da Brabham, McLaren e Tyrrell (per i telai Matra da lui gestiti) oltre alla Lotus che aveva avuto l’esclusiva per il 1967. Il prezzo contenuto è dovuto alla produzione standardizzata di una trentina di unità all’anno grazie all’utilizzo di macchine utensili a controllo numerico (a nastro perforato).

Gli altri motoristi concorrenti sono la BRM e la Ferrari. La Casa di Bourne, dopo il fallimento del pesantissimo H16, ripiega su un nuovo e più gestibile V12 a 60° da 420 cavalli ma dispone di una vettura pessima affidata a John Surtees e Jackie Oliver.

A Maranello le cose non vanno esattamente bene. Il V12 Ferrari dispone circa della stessa potenza del DFV ma è costretto a imbarcare circa 35 kg di benzina in più e ha meno potenza disponibile sotto ai 9800 giri/min rispetto al Cosworth. Il problema principale è però prettamente economico: la Rossa è al verde. Dopo il fallimento dell’accordo del 1963 e la relativa “guerra” contro la Ford, Enzo Ferrari vende il 50% della sua azienda alla FIAT (che aveva già raggiunto un accordo per la produzione del V6 Dino nel 1965) con diritto di prelazione per il restante 40% alla morte del Drake. Il 10% restante va al secondogenito Piero, cui spetterà la carica di vicepresidente. Questo investimento permette di costruire le 25 vetture 512S necessarie per l’omologazione nel Gr. 5 per il 1970 e di sviluppare la nuova F1, la 312B. Si tratta di una monoposto completamente nuova e ispirata alla Lotus 49, diventato un vero e proprio punto di riferimento della categoria. Il progetto di Mauro Forghieri rappresenta un cambio di passo rispetto alla recente storia della Ferrari, a partire dal motore. Mentre Stefano Jacoponi cerca di spremere il possibile dal vecchio V12 a 60° spostando gli scarichi dal cento della V ai lati, Furia progetta insieme a Franco Rocchi e Giancarlo Bussi un motore piatto (a V di 180°, come ama chiamarlo lui) per abbassare il baricentro e “pulire” il flusso d’aria verso l’ala posteriore che era stata abbassata dalla CSI a non più di 20 centimetri dalla tangente tra le ruote anteriori e posteriori. I pistoni avevano inoltre una corsa corta per aumentare il regime di rotazione e aumentare la coppia disponibile per contrastare il Cosworth.

Il telaio è un classico tubolare irrigidito da pannelli in alluminio rivettati che, oltre agli attacchi del motore simili a quelli della Lotus 49 ha anche una trave longitudinale posta alle spalle della testa del pilota, alla quale è “appeso” il propulsore, che fornisce ancora più rigidità alla struttura.

Un progetto così innovativo necessita di un grosso lavoro di sviluppo e la Ferrari ha quello che è considerato dallo stesso Forghieri il miglior collaudatore possibile: Chris Amon. Il neozelandese è arrivato in Ferrari nel 1967, ha vinto la 24 Ore di Daytona 1967 in coppia con Lorenzo Bandini, ha vinto la Tasman Series di F2 1969, ha conquistato 3 pole position e 6 podi in F1 ma non è mai riuscito a vincere un GP mondiale a causa di banali guasti tecnici indipendenti dalla sua guida (Spagna e Canada 1968 e Spagna 1969). Le casse vuote della Ferrari costringono la Scuderia a cominciare il Mondiale 1969 con una sola 312/69 per Amon (la cessione alla FIAT arriva a giugno) che nei primi 6 GP si ritira 5 volte per noie meccaniche, conquistando il terzo posto a Zandvoort ma staccato di 30 secondi dal vincitore Stewart.

 

Ferrari e Forghieri decidono di non partecipare al settimo GP (che si deve disputare il 3 agosto al Nürburgring) per provare la nuova 312B all’Aerautodromo di Modena, con l’obiettivo di farla debuttare il 7 settembre a Monza e regalare ai tifosi italiani una speranza per il ritorno a quel vertice che manca dal 1964. Amon è decisamente stanco della situazione che si è venuta a creare. Ironia della sorte, il suo ex compagno di squadra Jacky Ickx (che ha ottenuto proprio in Ferrari quella prima vittoria che lui non ha ancora potuto celebrare) vince al Nürburgring con la Brabham che monta il Ford-Cosworth, alimentando nel neozelandese la voglia di cambiare squadra.

I primi test della 312B denotano un ottimo potenziale ma anche notevoli problemi di affidabilità a carico del motore: prima un pistone, poi l’albero motore ma soprattutto una scarsa lubrificazione. Forghieri apporterà le necessarie modifiche ma Amon non ci crede più: “Potevo sentire che era una macchina tremendamente forte e potente durante quei primi test, ma continuava a perdere pezzi e non ne potevo più di tutto questo”. Il neozelandese rescinde il contratto e non conclude nemmeno il campionato dopo aver firmato per la neonata March.

 

Giovanni Talli

LA STORIA DEL DRAKE PARTE 11 – DAYTONA 1967

Nella decima parte di questo meraviglioso viaggio nella storia di Enzo Ferrari e del Cavallino Rampante, che stiamo facendo insieme, ci eravamo lasciati con la Rossa di Maranello uscita con le ossa rotte dalla 24 ore di Le Mans del 1966.

Ma non possiamo andare avanti nella narrazione senza porre un minimo di attenzione ad una tappa che non può non essere raccontata: la vittoria della Daytona da parte dell’armata rossa italiana nel 1967.

Logo Rolex 24 at Daytona

La 24 Ore di Daytona, denominata ufficialmente Rolex 24 at Daytona, è una competizione di pura resistenza per vetture sport-prototipo e Gran Turismo, che si tiene a Daytona Beach, in Florida, sul circuito Daytona International Speedway. La 24 ore di Daytona ha preso ispirazione dalla 24 Ore di Le Mans per i suoi natali.

3 ore di Daytona 1962

Il punto di partenza di questa competizione non fu il 1966 ma bensì il 1962 quando venne introdotta la 3 Ore di Daytona, corsa valida per il campionato mondiale sport. Due anni dopo, nel 1964, la gara ebbe una piccola modifica e venne tramutata in una 2000 chilometri, con questa nuova distanza la gara più o meno raggiungeva la durata di 12 ore. Solo nel 1966 venne assunto il formato attuale di 24 ore, formato voluto a tutti i costi da Ford che voleva prepararsi per sconfiggere tutti alla 24 Ore di Le Mans!

Daytona 24 ore 1967

 

L’edizione del 1967 della 24 ore di Daytona fu davvero leggendaria e si inserì perfettamente in un’era storica dove correre era per eroi ed avventurosi piloti. C’erano poche certezze, tanti dubbi ma sicuramente era un’epoca in cui pullulavano aneddoti, racconti particolari e curiosità. Chi espone bene l’atmosfera di quel tempo è Mauro Forghieri nel suo libro “La Ferrari secondo Forghieri”.

La Ferrari secondo Forghieri dal 1947 a oggi Mauro Forghieri e Daniele Buzzonetti

 

“Fu una gioia immensa. E dire che il giorno prima avevamo dovuto fare le ore piccole perché nell’ultima parte delle prove, Parkes era uscito e aveva distrutto la parte posteriore della carrozzeria. A quell’epoca non si portavano ricambi così grandi e non avevamo nemmeno un team di oltre cento persone come la Ford; eravamo sempre non più di 24-25. Dunque dopo cena stavo assistendo il carrozziere e un meccanico che operavano sul codone, quando mi venne in mente di avere notato nel team del nostro importatore per gli Stati Uniti, Chinetti, un carrozziere piuttosto abile. Era un tipo magrissimo allampanato: lo cerco e gli offro di lavorare con noi per riparare il codone. Ha accettato subito, anche se il mio budget per gli extra era molto basso e ho offerto solo 150 dollari. Ha lavorato con abilità e tutti assieme abbiamo ridato forma al codone. Ho pagato l’aiutante che mi ha ringraziato con incredibile calore e poi tutti a letto. Il giorno successivo alla gara siamo all’aeroporto e noto sulla pista il nostro ‘carrozziere’, elegante e con un gran cappello texano in testa, dirigersi verso un aereo privato! Chinetti non mi aveva detto niente, ma si trattava di ricchissimo petroliere che per passione andava alle corse e cercava sempre di dare una mano! Rimasi di sasso quando venne a salutarmi, precisandomi che i 150 dollari li avrebbe messi in cornice per ricordo!”

Ma come si svolsero le attività di pista?

6 febbraio 1967, data da ricordare per sempre, data che dovrebbe essere menzionata più spesso sul web, eppure in pochi lo fanno. Stiamo sul catino di Daytona e sarà proprio su questo circuito che la Ferrari batterà la Ford e lo farà in grande stile, addirittura arrivando in parata.

Daytona 1967

 

La Ferrari finalmente avrà la sua rivincita contro il colosso americano di Detroit. Nel 1966 la Ford vince a Le Mans, mentre la Ferrari va avanti barcamenandosi fra un problema e l’altro: crisi in Formula 1, lotte con i sindacati che saranno un intralcio bello grosso per lo sviluppo delle vetture. La Ferrari ha bisogno di uno scossone e finalmente nel 1967 arriva una ventata di freschezza necessaria per il benessere dell’azienda modenese. In Ferrari venne sviluppata una berlinetta, denominata 330P4, nata come naturale prosecuzione della P3.

La P3 non era stata una cattiva vettura, in fin dei conti aveva primeggiato sia nella 1000 Km di Monza che in quella di Spa ma la Ford ebbe la meglio grazie anche alla GT40 MKII. La Ferrari non stette con le mani in mano e si impegnò per riuscire a colmare il gap che si era formato con la Ford. La 330P4 era una creatura nata dalle sapienti mani di Mauro Forghieri, nominato poc’anzi, dotata di un V12 e cilindrata più contenuta rispetto alla P3, 4 litri e tre valvole per cilindro.

Alcuni esemplari di P3 furono modificate con l’aerodinamica della P4 e vennero chiamate P3/4 o 412P. Tali vetture vennero consegnate a squadre private, per esempio Nart, Filippinetti e Maranello Concessionaries.

330 P4 Ferrari Daytona

La 330 P4 aveva meno resistenza, più deportanza e un assetto molto basso con il muso molto vicino a terra. Queste caratteristiche davano alla vettura una bella efficacia che Inoltre era equipaggiata da una nuova trasmissione interamente progettata in casa.

 

«Aerodinamicamente – sottolinea Forghieri – la P4 ha meno resistenza della P3, più deportanza e un assetto più picchiato, studiato nelle gallerie del vento di Pininfarina e di Stoccarda. Ed è un frutto maturato in un megatest invernale a Daytona dove andammo in dodici, una cosa eccezionale per la Ferrari di quei tempi, mentre per la P3 avevamo fatto solo una simulazione di 24 Ore a Balocco, nella quale mentre cronometravo avevo in testa una specie di profilattico di nylon per difendermi dalle zanzare. Vado oltre: la P4 aveva più depressione nella parte posteriore e più aria che passava sotto il veicolo, con i flussi interni migliorati. Non era mai parallela a terra, aveva quasi sempre il muso giù ed esprimeva deportanza costante».

Ed è proprio a Daytona che la P4 debutta insieme al nuovo direttore sportivo Franco Lini che prende il posto di Eugenio Dragoni.

Franco Lini

Perchè scegliere Lini?

Lini è considerato uno dei giornalisti più autorevoli del periodo, inoltre è un grande esperto delle gare e dei regolamenti sportivi, Enzo Ferrari lo vuole fermamente anche per dimostrare alla stampa del tempo che sapeva benissimo come organizzare la sua squadra.

Lini non stette a Maranello per molto tempo, anzi rimase solo un anno, il 1967, anno che poteva essere considerato per il Cavallino Rampante un su e giù continuo di emozioni e sensazioni, anno costellato di alti e bassi continui fra cui la parata di Daytona, di cui fra poco parleremo, la vittoria di Amon-Bandini alla 1000 chilometri di Monza, l’astinenza di vittorie in Formula 1 e la tragedia di Montecarlo, che vedrà Lorenzo Bandini morire prima del tempo.

Chi sono i piloti a partecipare per la Ferrari alla 24 Ore di Daytona?

Mike Parkes, Ludovico Scarfiotti, Lorenzo Bandini ed una nuova entrata, il neozelandese Chris Amon.

Tornando alla P4, la prima vettura vide la nascita già alla fine del 1966, questo diede a Maranello una grande possibilità, quella di provare la vettura proprio a Daytona, facendo un test di durata di 24 ore sul catino del circuito americano. I risultati furono incoraggianti: la vettura si rivelò da subito performante, veloce ma soprattutto affidabile, caratteristica fondamentale per gestire una gara di durata. In Ferrari acquisirono ben presto la consapevolezza di avere fra le mani un gioiellino che poteva dare parecchio fastidio al colosso di Detroit.

«Era impreziosita da particolari curatissimi, da orologeria svizzera. Per esempio, avevo rinunciato al radiatore classico per l’olio, ricorrendo a tubi alettati per evitare perdite di carico. Già nei test invernali a Daytona capimmo di avere in mano un’arma micidiale. Non tanto nei tempi sul giro, quelli potevano farli pure le Ford, quanto nella costanza, nel passo. Potevamo friggerli e così andò. Forse scoprimmo le carte presto, pungolando la loro terrificante reazione in chiave Le Mans, che fu vinta dalla Ford, ma a fine stagione il campionato fu nostro. La P4 ce l’aveva fatta» (Mauro Forghieri)

Da una parte c’è la Ferrari che vive in uno stato di profonda tensione, eccitazione e che è animata da una voglia di rivalsa unica, dall’altra lo squadrone americano invece è avvolto da una tranquillità invidiabile, complice anche la superiorità schiacciante mostrata l’anno prima a Le Mans.

Da una parte c’era la Ferrari che fa scendere in pista solo due P4 ufficiali e una P3 dotata dell’aerodinamica della P4 e chiamata  412 P, che venne consegnata al North American Racing di Luigi Chinetti, dall’altra c’è la Ford che, tranquilla delle proprie capacità,  porta con sè un arsenale quasi da guerra: sei GT40 MKII.

 

Porsche 910

Oltre la Ferrari e la Ford da ricordare la partecipazione della Porsche che dispiega tre 910 ufficiali,la Chaparral e circa 62 vetture private.

A conquistare la pole è la GT40 di A.J. Foyt e Dan Gurney, in seconda posizione sulla griglia partenza, al fianco della Ford c’è la Chaparral di Phil Hill e Mike Spence, staccata non di molto, solo due decimi, la prima delle Ferrari, al terzo posto, è la 412P di Pedro Rodriguez Jean Guichet. Dietro la 412P abbiamo la 330 P4 ufficiale guidata da Bandini e Amon. Dietro di loro vediamo la presenza delll’altra GT40 del duo Andretti – Ginther e la seconda  330P4 di  Parkes – Scarfiotti.

 

GT40 di A.J. Foyt e Dan Gurney

Sul giro secco la Ford è ancora avanti ma saprà concretizzare il vantaggio della qualifica in gara?

Direi proprio di no, sicuramente in qualifica la GT40 era una scheggia ma durante la competizione si rivelò essere poco consistente sul passo gara e davvero poco affidabile rispetto alle Rosse di Maranello. Nulla può la Ford contro la Ferrari che dopo 24 ore di gara, 666 giri percorsi e oltre 4000 chilometri accumulati vince. Infatti chi vide sventolare la bandiera bianca per prima fu la P4 di Bandini ed Amon. Ma la cosa assolutamente incredibile fu che tutto il podio venne colorato dal rosso Ferrari, infatti il secondo posto venne conquistato da Parkes e Scarfiotti e il terzo dalla 412P di Rodrighez Guichet. La prima Ford GT40 a classificarsi fu settima ed era quella ( indossando il numero 1) guidata da Bruce McLaren e da Lucien Bianchi.

 

Ferrari in parata alla Daytona 1967

Ma cosa era successo alle Ford?

La macchina di Foyt e Gurney si ritirò a causa della  rottura di una biella al 464° giro, le altre vennero eliminate per problemi di trasmissione fra il 274° e il 299° passaggio.

Oltre alla debacle americana rimarrà impresso nella storia del motosport l’arrivo in parata delle tre Ferrari al traguardo, parata ideata da Franco Lini per dare un tocco di drammaticità e pathos alla fine della corsa, oramai caratterizzato dalla monotonia creata dal dominio delle vetture italiane. Oltre l’intento di vivacizzare il finale c’era anche un tentativo di vendetta mediatica contro l’arrivo in parata delle Ford alla 24 Ore di Le Mans l’anno prima. Come si suol dire, Enzo Ferrari e il suo entourage diedero pan per focaccia al colosso americano, sia con i risultati in pista che con l’atteggiamento di fine gara. Seguendo la legge del contrappasso per analogia gli americani dovettero sottostare ad una pena simile rispetto a quella che loro avevano inflitto alla Ferrari l’anno prima. Per la Ford oltre il danno si aggiunse anche la beffa.

 

Disegno che riproduce l’arrivo in parata delle Ferrari a Daytona

 

Laura Luthien Piras