La paura di vincere. GP del Canada 2016

La F1, nel suo danzare a 300 all’ora, nasconde un lato crudele. Talvolta in una frazione di secondo è necessario pianificare e portare a termine la propria mossa, sempre in bilico fra il successo e il fallimento. E’ in queste occasioni che risiede la legge di natura applicata al motorsport: i migliori, i più rapidi ad adattarsi alle condizioni esterne che si manifestano in un GP, emergono sugli altri e sopravvivono.

Gli altri soccombono.

Ieri sera ben tre volte la selezione naturale si è abbattuta sul Circus, in tutta la sua crudeltà e giustezza allo stesso tempo. Già al via si sono distinti i due migliori piloti di questa F1, Vettel e Hamilton. Il primo con una partenza perfetta ha posto le basi per sovvertire l’andamento di una gara che sembrava già scritto, salvo particolari scossoni; il secondo con una manovra intelligente alla prima curva ha rilanciato il proprio mondiale, con la stessa cattiveria delle scorse stagioni, quando alla prima frenata accompagnava garbatamente il compagno per prati. Poi ci sono gli sconfitti: senza soffermarsi troppo sui due Red Bull, mai in grado di impensierire in gara le vetture di vertice – a proposito, questi cambi di umore ferraristi sulla bontà della SF16-H, degni delle più acide fra le ventenni mestruate, iniziano a stancare – e su Raikkonen, sembra che non sarà mai l’anno di Nico. Posate gli hashtag, il biondo è tornato ieri l’ottima seconda guida che conoscevamo, e ammetto di aver detto il contrario dopo Barcellona (forse in macchina c’era davvero Keke). Stavolta Lauda si è affrettato a dire che il contatto è una semplice situazione di gara, che non c’è niente di cui arrabbiarsi; insomma per qualche motivo, forse il rinnovo di Rosberg, forse il fatto che Hamilton è strapagato per vincere, non per fare il secondo a Nico, anche quest’anno il mondiale lo vogliono vincere con Lewis; cioè, per evitare fraintendimenti, con il miglior pilota Mercedes. L’inerzia della stagione è di nuovo dalla parte dello scuro, nonostante gli otto punti ancora da recuperare.

L’altro momento topico del GP, che ha distinto gli uomini per qualità – leggasi palle – e le strutture per organizzazione, è stata la VSC del giro 10. C’è chi fa la mossa giusta e vince, e chi fa quella sbagliata e soccombe, annaspando poi per 60 giri alla ricerca di un recupero (con tanto di sorpasso in pista alla monoposto con la PU migliore) onestamente impossibile. Non ha colpe Vettel nei suoi due lunghi nella fase finale della gara, alla ricerca del limite per provare un aggancio ormai insperato; le ha il muretto Ferrari, che trovatosi nella migliore delle condizioni per vincere una gara, cioè essere in testa, ha deciso di regalare la leadership, la gestione del ritmo e delle gomme alla Mercedes. Che con quella macchina e quel pilota non si è fatta sfuggire l’occasione, magari pensando anche che il sistema di partenza non deve essere migliorato, tanto basta rimanere in scia e direttamente dal virtual garage di Maranello arriva la vittoria servita su un piatto d’argento (come la W06). A proposito di sistemi di partenza, ci terrei a far notare che dall’inizio dell’anno Vettel è partito due volte dalla terza casella, e per due volte alla prima curva si è presentato in testa; magari, anche in ottica campionato – che per me non è finito – non sarebbe male riuscire a trovare una volta per tutte questa fantomatica “finestra” di utilizzo delle gomme in q3, fermo restando che una bella limonata per i momenti topici (siamo a tre con l’Australia e la Spagna) potrebbe aiutare a contenere perdite di materia color marrone e favorire scelte strategicamente migliori.

Sulla gara degli altri, che sennò sembra si voglia parlare solo di Hamilton, Vettel e Rosberg, c’è principalmente da dire che il famoso step evolutivo del motore Renault non è stato così determinante per accorciare il divario dalla testa del gruppo. Anche oggi purtroppo si è vista una gara a due velocità e Ricciardo e Verstappen non erano certamente nella fascia dei più veloci (ma era evidente anche in Spagna). Probabilmente torneranno forti in Ungheria e a Singapore, a meno di un salto prestazionale importante, visti i numerosi tokens rimasti a disposizione in Francia.

Capitolo Raikkonen: il problema è sempre il solito, la discontinuità. E’ vero che è stato penalizzato dalla strategia più di Vettel, ritrovandosi nel traffico dopo la prima sosta. Ma è anche vero che non puoi permetterti di accusare in qualifica un distacco di 6 decimi dal compagno di squadra, che ti costringe a partire nel traffico e restarci per gran parte della gara, con la conseguenza di vanificare il passo potenzialmente esprimibile (chiedere a tal proposito a Rosberg). Purtroppo l’impressione, in week-end come questi, è che lui per primo non dia il 100%. Se si trova a suo agio già dal venerdì con set-up, pneumatici e condizioni climatiche resta tuttora un osso duro, anche per i migliori in griglia. Ma non è accettabile che, a essere buoni, questo accada una gara su due.

Doveroso un applauso a Bottas (ma proprio uno di numero) che si è preso un podio che probabilmente di questi tempi alla Williams vale oro. Però non sembra mai essere in pista. Epica la gufata di Sky a Massa nelle libere di venerdì, “sempre a punti fino al Canada e davanti al compagno di squadra in classifica”.

Nel pentolone dei team di seconda fascia, risalta ancora e purtroppo la situazione McLaren, che sembra non riuscire a risollevarsi nonostante la condizione privilegiata di team “ufficiale”. Continuo a pensare che il problema non sia solo la PU made in Japan – non l’album – ma anche il telaio, che si evidenzia anche nel confronto con RB su piste come Monaco. E’ comunque un peccato che due piloti come Button e Alonso siano ridotti a cercare la scia giusta per guadagnare qualche decimo e lottare per entrare in q3.

In questo post-GP credo sia necessario soffermarsi su una notizia che forse a molti sarà sfuggita: Haryanto, in quanto musulmano praticante, sta rispettando il digiuno per il periodo del Ramadan. Non discuto il credo specifico del pilota, ma in uno sport che nel perseguire la sicurezza talvolta scade nel ridicolo, è inaccettabile che possa essere ammessa la partecipazione di un ragazzo che può rischiare la disidratazione durante la gara, soprattutto perché può diventare un pericolo per gli altri concorrenti. Forse volevano adattarsi completamente allo slogan del nuovo partner commerciale della F1: if you drive never drink.

Un altro aspetto ampiamente discusso in questi anni e che si è manifestato in questo week-end riguarda lo sviluppo delle monoposto durante l’arco della stagione. Per quanto lo sforzo profuso dai team e dai rispettivi motoristi sia effettivamente portatore di progressi, che permettono a fine anno tempi sul giro più bassi di circa 2” rispetto a quelli di inizio stagione, sono effettivamente quasi impossibili sovvertimenti delle gerarchie a campionato in corso; l’unica variabile rimane l’adattamento della vettura allo specifico circuito, insieme alla capacità di piloti ed ingegneri di trovare il giusto assetto per sfruttare al massimo il pacchetto a disposizione. Fondamentalmente i valori in campo sono gli stessi che si potevano vedere nei test di Barcellona o comunque già dalla prima gara in Australia.

Infine un confronto fra i due top team: Mercedes e Ferrari. Dalla gara di ieri è emersa la sostanziale differenza fra Brackley e Maranello; oltre ad avere un pacchetto più competitivo – perché lavorano meglio, non per la (ma)FIA, Benzing, la Pirelli, i terracaviani, gli alieni – sono dotati di una migliore organizzazione, migliori strumenti di analisi dei dati e probabilmente dopo due anni al vertice anche di maggior sangue freddo e capacità di portare a casa il risultato. Ieri la Ferrari ha semplicemente avuto paura di vincere. E’ vero che Hamilton era leggermente superiore sul passo gara, ma è anche vero che già nei primi giri si era mantenuto addirittura sotto al secondo di distacco, senza mai impensierire realmente Vettel. La difficoltà di Rosberg a liberarsi del traffico nella prima parte di gara doveva suonare come un campanello (positivissimo) di allarme nel box rosso. Dubito che Sebastian, assaporata la vittoria, avrebbe lasciato facilmente passare Lewis. E dubito allo stesso tempo che Lewis, se mai ci fosse stato l’aggancio a fine gara da parte di Seb, si sarebbe lasciato superare, per di più sulla “sua” pista. L’errore del muretto deve far riflettere sulla immaturità della squadra, ancor prima che su quella della macchina progettata. Probabilmente le prestazioni della SF16-H sono paragonabili a quelle della W06 sulla maggior parte dei circuiti, ma l’incapacità organizzativa e decisionale, dettata dall’assenza di una figura di rilievo che regga il timone del box, ha impedito di mostrare nella maggior parte dei week-end il reale potenziale della vettura. E in effetti i piloti hanno spiegato nelle numerose interviste degli scorsi GP che la velocità c’è, ma che non riescono a sfruttarla sempre. Quindi la necessità è quella di far crescere la squadra insieme alla monoposto; potrebbe essere un processo lungo, oppure molto rapido, in uno sport che viaggia a 300 all’ora.

In ossequio all’anarchia auspicata fornisco qui un paio di premi STICAZZI, uno politically correct, l’altro un po’ meno, dedicato all’ideatore del Bring.

Premio STICAZZI all’intervista a Michael Douglas prima della partenza; sono attaccato alla televisione per vedere il mio sport preferito, non per sapere se il tale vip è elettrizzato all’idea di vedere la gara dal vivo (che poi si mettono tutti i tappi alle orecchie, mah).

Premio STICAZZI politically (s)correct alle discussioni sulle baggianate che dicono in altri luoghi, chi vuole intendere intenda.

Cari Ringers, scusate se a tratti ho assunto toni in stile “L’avvelenata”, ma certi Gran Premi mi lasciano la rabbia dentro, ho trovato qui uno stupendo posto per sfogarla, e vi ringrazio.

In conclusione la solita previsione sui titoli iridati:

DWC: Sebastian Vettel

CWC: Mercedes

P.S. Non mi ha telefonato nessuno, ma se proprio dovessi ricevere una chiamata vorrei che fosse la Masolin. Cara Fede, so bene che non mi hai ancora contattato perché non hai il mio numero… cercami su Facebook!

#keepfightingmichael