F1 in pillole – Capitolo 5

Le pillole di Formula 1 del Blog del Ring oggi viaggiano tra il 1980 e il 1983, periodo di grandi battaglie tra i “Boss” dei gran premi in un’era in cui la Formula 1 cambiò pelle, passando progressivamente verso i motori turbo che pochi anni prima vennero accolti con diffidenza, soprattutto dai team inglesi, ora scatenati alla ricerca di un propulsore adatto per tentare di vincere. Non mancarono le tragedie i drammi sportivi che purtroppo caratterizzavano la Formula 1 di quegli anni, oltre a storie ed aneddoti di piccoli team e piloti allo sbaraglio, il tutto unito da un unico grande comune denominatore: la passione per la F1.

Non è un Gran Premio per giovani

Alla fine del 1980, dopo un vano tentativo con la Arrows a Zandvoort, Mike Thackwell venne iscritto a Montreal con una terza vettura schierata dalla Tyrrell riuscendo ad entrare in griglia, anche se la sua gara terminò alla partenza: venne infatti coinvolto dalla carambola innescata da un contatto tra Jones e Piquet così come il compagno di team Jarier, per il quale venne riservato l’unico muletto e quindi la possibilità di schierarsi per il nuovo start. Il neozelandese stabilì in ogni caso il record di pilota più giovane al via, avendo all’epoca 19 anni e 182 giorni, primato battuto da Jaime Alguersuari in occasione del gp d’Ungheria del 2009.

Start in the Usa

Una volta finito il lungo inverno di polemiche tra la Fisa e la Foca, il calendario 1981 venne modificato e per la prima volta nella storia della Formula 1 la stagione si aprì negli Usa. Riccardo Patrese conquistò la prima pole position in carriera (unica per la Arrows) al termine di un avvincente duello a suon di giri veloci con Alan Jones, diventando il sessantesimo pilota nella storia a partire al palo, mentre per l’Italia era la seconda pole di fila dopo quella di Giacomelli nella prova conclusiva del 1980, sempre negli Usa, a Watkins Glen. Il padovano condusse fino al 25esimo giro quandò lasciò passare Reutemann, rientrando mestamente ai box per un malfunzionamento della vettura, ebbe poi modo di rifarsi arrivando terzo a Jacarepagua e secondo a Imola.

A lezione dal Professor Stohr

La Arrows si vide negare da parte della Michelin l’impegno di fornire  le gomme migliori, per il Gp d’Inghilterra  il team optò allora per gli pneumatici Pirelli, con cui Riccardo Patrese ottenne il record sul giro in un test organizzato a Donington Park pochi giorni prima del Gran Premio. Siegfried Stohr poteva sperare nel primo piazzamento stagionale dopo alcune gare sfortunate, ma la sua gara non durò nemmeno in giro; successivamente venne poi allontanato dal team per far posto a Jacques Villeneuve Sr,  pare che uno dei motivi fosse la partecipazione non gradita al team allo sciopero dei piloti avvenuto prima del Gp del Belgio. Laureato in psicologia, dopo le corse si è distinto per aver scritto libri e collaborato con numerose testate, oltre ad aver avviato una scuola di guida sicura di grande rilevanza internazionale.

Ats a ritmo di musica

Prima di dedicarsi alle auto Slim Borgudd era uno stimato musicista e quando a 35 anni, dopo alcune esperienze nelle formule minori, riuscì a debuttare in Formula 1, sulla sua Ats era ben visibile la scritta ABBA, gruppo musicale svedese con cui Borgudd aveva collaborato. Dopo un tredicesimo posto al debutto mancò per quattro volte la qualificazione, mentre a Silverstone giunse sesto al traguardo e colse l’unico punto in carriera; abbandonata la Formula 1 a metà della stagione successiva, ebbe modo di dedicarsi ad altre competizioni, diventando per tre volte campione europeo Truck Racing.

Senza esclusione di colpi

Il Cile è stato rappresentato in Formula 1 dal solo Eliseo Salazar, pilota che fece il suo debutto nel 1981 e dopo un deludente inizio con la March (in cui riuscì a qualificarsi in un solo Gp), passò alla Ensign, cogliendo a Zandvoort l’ultimo punto nella storia del team, che a fine anno vendette il materiale alla Theodore. Nel 1982 Salazar si trasferì all’Ats e ottenne il suo ultimo piazzamento a punti nel noto Gp di Imola con sole 13 vetture al via, poi divenne celebre per una “scazzottata” con Nelson Piquet ad Hockenheim, mentre l’anno successivo corse alcune gare con la modesta Ram, prima di dedicarsi ad altre categorie, costruendo una lunga carriera giunta fino ai giorni nostri.

Guerra, carriera lampo

L’autodromo di Imola, dove si era disputata la precedente edizione del Gp d’Italia, ospitò nel 1981 il primo Gran Premio di San Marino di Formula 1: per la seconda volta il nostro Paese poteva contare nello stesso anno su due gran premi validi per il campionato mondiale di F1 ( il precedente risaliva al 1957 quando, oltre al gran premio nazionale, venne inserito nel calendario iridato anche il GP di Pescara).  Mentre Beppe Gabbiani aveva già piazzato la propria vettura in griglia a Long Beach, Miguel Angel Guerra non era ancora riuscito a qualificarsi, ma a Imola la situazione migliorò, così per la prima volta due Osella presero parte ad una gara, con Gabbiani in decima e Guerra in dodicesima fila. L’avventura dell’argentino fu purtroppo brevissima in quanto uscì di pista al Tamburello nel corso del primo giro fratturandosi una gamba, venne così sostituito da Ghinzani (rimpiazzato poi da Francia e infine da Jarier) e non ebbe più occasione di correre in Formula 1. Contende ad Apicella (uscito nel primo giro a Monza nel 1993) il record per la carriera più breve nel circus.

De Villota nell’occhio del ciclone

Il Patto della Concordia fissava in 30 il numero di vetture che potevano essere iscritte a un gran premio: 12 su richiesta della FISA e 18 della FOCA, ma a Jarama tentò di iscriversi (con una Williams) la scuderia privata di De Villota che non faceva parte di nessuno dei due schieramenti. Estromessa l’Ats per ritardi di procedura, De Villota partecipò alle libere compiendo un solo giro per la rottura del motore, ma alle 13 la FISA informò  che qualora lo spagnolo avesse partecipato alle qualifiche il gran premio avrebbe violato il Patto della Concordia e non sarebbe stato considerato valido per il campionato mondiale. Gli organizzatori spagnoli decisero così di escludere de Villota e riammettere l’ATS. Grazie ai buoni risultati in F.Aurora ed endurance lo spagnolo ebbe una nuova occasione nel 1982 con la March, vettura modesta con cui non riuscì mai a qualificarsi, poi abbandonò definitivamente la Formula 1.

La triste storia di Riccardo Paletti

La Formula 1 sbarcò per la prima volta a Detroit tra mille polemiche per la sicurezza e le condizioni dell’asfalto, tanto che al sabato si svolsero entrambi i turni di qualifica, divisi tra mattino e pomeriggio, sessione quest’ultima poi rivelatasi inutile causa la pioggia che non permise a nessuno di migliorare i tempi. Riccardo Paletti riuscì a qualificarsi per il suo primo Gp a griglia completa ma nel corso del Warm up perse una ruota finendo contro le barriere e siccome il muletto era già in uso per Jarier, il milanese non potè prendere parte alla gara (venne deciso di non sostituirlo da nessuno dei non qualificati, tra i quali anche il campione del mondo in carica Piquet, vittima di problemi al motore nel primo turno). Lo sfortunato Paletti si qualificò anche nel successivo Gran Premio del Canada, ma fu vittima di un’incidente mortale al via, quando tamponò la vettura di Pironi rimasta ferma a semaforo verde. Al suo nome è intitolato il circuito di Varano De’ Melegari (PR).

Nuove procedure al via

Al fine di evitare gli incidenti al via in seguito alla tragedia di Paletti, dal Gp di Francia venne introdotto un nuovo regolamento: ora lo starter aveva la possibilità, sia con semaforo rosso che con il verde, di indicare il giallo per segnalare ai piloti qualche anomalia sulla griglia, procedendo in entrambi i casi con lo stop e nuova procedura di partenza. Al via si presentò anche Geoff Lees, già schierato dalla Theodore in Canada e ora scelto dalla Lotus per rimpiazzare Mansell, che proprio a Montreal si era fratturato il polso: 24esimo al via, il pilota inglese fu dodicesimo al traguardo, in quella che fu la sua ultima apparizione in Formula 1, categoria nella quale ha partecipato a dodici gran premi, qualificandosi in cinque occasioni.

La lunga attesa di Lammers

Nel valzer di piloti della Theodore nel 1982, Lammers subentrò a Daly, ma nei primi tre tentativi non superò le qualifiche; sostituito momentaneamente da Lees in Francia, rientrò a Zandvoort, dove si piazzò in ultima fila, mentre in gara fu costretto al ritiro per la rottura del motore e dopo altre due mancate qualificazioni fu appiedato per far posto a Tommy Byrne. Dieci anni e 164 gare dopo, Lammers rientrò in Formula 1 con la March, disputando le ultime due gare del campionato con un dodicesimo posto come migliore risultato, nella lunga attesa grandi aveva comunque ottenuto grandi risultati a ruote coperte, tra cui una straordinaria vittoria a Le Mans (la prima per la Jaguar dal 1957) guidando per 13 ore su 24.

La Colombia “vola” in F1

Dopo un tentativo “a vuoto” per mancanza di superlicenza da parte di Londono, nel 1982 debuttò Roberto Guerrero, primo colombiano a correre in F1, unico pilota iscritto dalla Ensign. Dopo un forfait a Kyalami e una mancata qualificazione a Jacarepagua, a Long Beach fu costretto al ritiro, poi a Detroit la sua gara durò lo spazio di sette giri: la sua vettura decollò dopo un contatto con De Angelis e venne colpita da Patrese, la gara venne dunque interrotta a causa della carambola e ripartì in un secondo momento. A fine stagione la Ensign cedette il materiale alla Theodore e Guerrero corse un’altra stagione in F1, poi passò alla CART, ottenendo il premio di Rookie dell’anno e un secondo posto alla 500 miglia di Indianapolis, dove alcuni anni più tardi colse anche una pole position.

Parto anch’io, no tu no!

Ad Hockenheim venne introdotta una chicane all’ingresso della Ostkurve, al fine di rallentare le vetture dove due anni prima aveva perso la vita Depailler, ma il circuito tedesco fu ancora teatro di una triste vicenda: durante le prove nel 1982 Didier Pironi fu infatti vittima di un grave incidente che pose fine alla sua carriera. Tra i partecipanti debuttò Tommy Byrne, che rimpiazzò Lammers alla Theodore: l’irlandese in prova ottenne come miglior crono un 1.59.007 a circa 11 secondi dalla pole dello stesso Pironi e non riuscì a qualificarsi, in teoria avrebbe potuto essere ripescato, (come accaduto a Surer, entrato in griglia al posto di Lauda, infortunatosi pure lui in prova) ma la Ferrari non comunicò l’assenza del proprio pilota, quindi Byrne non potè essere ammesso e la gara partì con la piazzola della pole vuota.

La Fittipaldi ai titoli di coda

La Fittipaldi F8 fu progettata nel 1980 da due tecnici di grande talento quali Harvey Postlethwaite e Adrian Newey, ma la situazione del team era ormai compromessa e i risultati non arrivarono, inoltre con il passaggio di Postlethwaite alla Ferrari lo sviluppo rallentò e fino al 1982 la Fittipaldi si limitò a lavorare sulla stessa vettura con le evoluzioni C e D. Proprio con l’ultima versione il brasiliano Chico Serra colse a Zolder l’unico punto in carriera e l’ultimo nella storia della scuderia brasiliana, che presentò senza fortuna la F9 e a fine anno chiuse i battenti, mentre Serra tornò a correre in patria, dove divenne tre volte campione nazionale Stock Car.

Davide contro Golia

Con il divieto in vigore dal 1981 di schierare vetture clienti, la Ram, attiva saltuariamente dalla metà degli anni settanta, convinse i vertici March a costruire le vetture per il team ma, nonostante l’appoggio di alcuni sponsor, i risultati non arrivarono e il costruttore decise di abbandonare il progetto. Nel 1983 venne schierata per la prima volta una vettura progettata in proprio: il campionato iniziò con Salazaar, mentre al Paul Ricard tentò la partecipazione Schlesser, (già schierato alla Race of Champions di Brands Hatch) che nell’occasione fece segnare l’ultimo tempo girando ad oltre nove secondi dalla pole di Prost e, al pari di Salazaar, non riuscì a qualificarsi. Da metà stagione venne ingaggiato il debuttante Acheson, il quale mancò per sei volte la qualificazione  mentre nell’ultima gara stagionale a Kyalami gli iscritti furono 26 e non vi fu nessuna esclusione, Acheson prese dunque il via davanti alle Osella e in gara chiuse dodicesimo a sei giri dal vincitore Patrese. L’inglese ottenne poi grandi risultati con le vetture sport-prototipo, fino al 1996, quando un incidente durante la 24 ore di Daytona pose fine alla sua carriera.

Piccoli passi per il rientro di Honda

Dopo la diffidenza iniziale, per tutti i team divenne chiaro che per essere competitivi in Formula 1 era ormai necessario dotarsi di un motore turbo, questo richiamò grandi marchi e risvegliò l’interesse della Honda, assente ormai dagli anni sessanta. Dopo una breve esperienza in Formula 2, per rientrare la casa nipponica scelse la debuttante Spirit, che nel corso del 1983 fece le sue prime apparizioni adattando direttamente la vettura di Formula 2. L’esordio avvenne nella Race of Champions, gara non valida per il mondiale disputata a Brands Hatch, dove Johansson si qualificò dodicesimo a 19 secondi dalla pole e dopo soli 4 giri fu costretto al ritiro causa un guasto al motore. Decisamente meglio andò a Silverstone: al debutto nel mondiale Johansson centrò la settima fila mettendosi alle spalle addirittura le due Mclaren (in gara fu costretto al ritiro) mentre poche settimane dopo, a Zandvoort, lo svedese chiuse al settimo posto centrando il miglior risultato per il team che, abbandonato a fine stagione dalla Honda (che scelse la più blasonata Williams), dopo una seconda stagione deludente, abbandonò dopo sole tre gare del 1985 optando per la Formula 3000.

 

Correva l’anno 1983, ma servirebbe un nuovo articolo per finire di raccontarlo.

Cosa dite? Lo facciamo? Va benissimo, ci vediamo alla prossima.

Mister Brown

 

Per le storie precedenti vedere qui:

Pillole di F1 cap. 1 – Anni ’50 e ‘60
Pillole di F1 cap. 2 – Anni ’70 (prima parte)
Pillole di F1 cap.3 – Anni ’70 (seconda parte)
Pillole di F1 cap.4 – Verso gli anni ’80