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CIAO ELIO

14 maggio 1986, sud della Francia circuito del Paul Ricard.

Quel giorno Elio non doveva essere presente in quanto i test erano previsti per il suo compagno Riccardo Patrese. Ci fu un accordo tra i due piloti del team Brabham ed il padovano cedette il volante a De Angelis più in difficoltà di lui a comprendere la BT55 di Gordon Murray, l’avveniristica “sogliola”. In tarda mattinata fu montata un’ala posteriore nuova ed Elio scese in pista per provarla. All’ingresso dell’Esses della Verriere l’ala si staccò e la vettura partì per la tangente urtando le protezioni terminando la sua corsa centinaia di metri più avanti capovolta. L’impatto fu tremendo ed il fuoco non tardò ad avvolgere la monoposto con il povero Elio ancora all’interno. I soccorsi tardarono e furono addirittura i piloti in pista ed i membri delle squadre i primi ad arrivare accanto al pilota e a prestare i primi inesperti soccorsi. L’elicottero arrivò dopo oltre mezz’ora dall’incidente, con Elio rianimato dopo diversi minuti di massaggio cardiaco e ventilazione forzata. Il volo all’Ospedale di Marsiglia e poi l’attesa di quanto ormai era inevitabile.

All’epoca non erano previsti elicotteri in pista durante le prove private ed anche le squadre di soccorso in giro per il circuito non erano numerose come nei weekend di gara. La parola “sicurezza” aveva ancora un significato molto vago: leggendo il referto della sua autopsia anche eventuali soccorsi tempestivi poco avrebbero potuto…

L’impatto non avrebbe lasciato scampo al pilota in ogni caso. Non si sarebbe potuto riprendere in alcun modo dalle lesioni del violento colpo che aveva addirittura divelto il rollbar dietro la sua schiena.

15 maggio 1986… il cuore di Elio batte per l’ultima volta. Aveva solo 28 anni.

A guardarlo senza la tuta ignifuga non sembrava neanche un pilota, lontano dallo stereotipo di quegli anni. Era un uomo colto, bello, ricco e avrebbe potuto scegliere di fare qualsiasi altra cosa nella vita….scelse le corse per pura passione ed amore per la velocità.

Combattè per buona parte della carriera contro i pregiudizi di chi, sapendolo ricco, pensava che il suo posto nel Motorsport fosse immeritato. Non era così. Si impegnò sempre per avere sponsor, anche quando fu scelto dalla Shadow F1. Conquistò un volante da professionista niente di meno che alla corte di sua maestà Colin Chapman. Vinse due gare e restò tanti anni all’interno di un ambiente spietato che imparò a stimarlo ed apprezzarlo a dispetto di quelle malelingue che a inizio carriera lo accusavano.

Il cappellino di Colin volò in aria nel 1982 per l’ultima volta. Fu Elio a permettere al geniale fondatore della Lotus di compiere quel gesto che accompagnava ogni vittoria delle sue auto sin dai tempi di Jim Clark.

L’ultimo cappellino lanciato coincise con la sua prima vittoria in Formula1 a Zeltweg 1982, una gara finita al fotofinish con il rimontante Rosberg al quale Elio regalò il primato di unico Campione del Mondo con una sola vittoria in una stagione disgraziata.

La Lotus. La sua famiglia da corsa. Un amore corrisposto fin quando Chapman restò in vita o almeno presente, se volessimo dar ragione alle varie leggende. Quando Colin lo prese dalla Shadow dovette versare  una penale pur di averlo con se perché Elio aveva firmato un contratto pluriennale che lo obbligava a portare sponsor per poter guidare. La Lotus, la famiglia dalla quale poteva fuggire dopo quella “88” che fu l’ultimo progetto pazzo del genio Colin e che non potè mai correre. Elio non si fece ammaliare dalle sirene della Brabham e restò fedele a Colin che aveva creduto in lui. L’inglese lo amava alla stregua di un figlio e la sua scomparsa fu un colpo tremendo a livello personale e nel suo rapporto con la squadra.

Poi venne Imola 1985. Seconda ed ultima vittoria, ricevuta a tavolino per la squalifica di Prost con una McLaren troppo magra. I primi mesi di quell’anno furono una breve illusione perché la Lotus, ormai in declino finanziario, mai avrebbe potuto farlo lottare fino in fondo contro la Ferrari di Alboreto e soprattutto contro la corazzata McLaren Porsche di Prost.

La sua Lotus, la sua squadra. La stessa che lo mise in un  angolo quando, con Peter Warr al comando in quel 1985, si innamorò del suo nuovo compagno Ayrton Senna da Silva.

Lui accusò il colpo… La sua “casa” era stata usurpata dall’invasore brasiliano che annichiliva qualsiasi compagno e che ammaliava e conquistava tutti i membri del team.

Fuggì. Scelse la Brabham BMW ed il progetto rivoluzionario di quella monoposto fragile e difficile da capire, da mettere a punto, una delle prime auto dove il motore era studiato in funzione dell’aerodinamica e non il contrario. Purtroppo non riuscì nel suo intento, lui e la Bt55 non ebbero il tempo di capirsi.

Grazie Elio per averci regalato i tuoi sorrisi.

 

 

PS.

Ricordo benissimo ancora oggi quei giorni del maggio 1986 trascorsi tra la morte di Henri Toivonen ed Elio De Angelis. Avevo quasi sedici anni e, mentre commemoravo la morte del mio amato Gilles, mi trovavo a piangere altri ragazzi che accompagnavano la mia passione. Smisi di interessarmi di corse per un po’, era troppo doloroso. Ma la passione per questo sport non la reprimi, presto o tardi riaffiora…e riaffiorando mi porta sempre al ricordo di coloro che hanno rischiato e perso la propria vita rincorrendo un sogno che tanti di noi avrebbero voluto sognare.

Salvatore Valerioti