Eccoci arrivati finalmente alla fine della pausa estiva che ha interrotto la lenta e inesorabile agonia del mondiale di Formula 1, stagione 2016.
La tappa è di quelle che mettono tremore ai polsi. Si tratta di un circuito che può di buon diritto reclamare il titolo di ultimo grande teatro della storia memorabile di questo sport.
Immerso nelle meravigliose colline del Belgio, nelle Ardenne, si trova il circuito di Spa-Francorchamps.
Il circuito ha subito moltissime modifiche nel corso degli anni.
Lo stesso punto più evocativo, la doppia piega in contropendenza nota come Eau-Rouge in realtà era una curva secca verso sinistra che si inerpicava verso le colline che oggi ospitano le tribune.
“Eau-Rouge” infatti è il nome del ruscello che un tempo scorreva a fianco della ripidissima salita e che oggi è stato coperto dalla piega del Raidillon (questo sarebbe il nome corretto da utilizzare).
Arrivati in fondo al velocissimo rettifilo del Kemmel (teatro di alcune delle sfide più memorabili che la F1 ricordi) dove oggi la Les Combes piega verso destra, un tempo il circuito virava verso sinistra; verso una delle sezioni più temibili, pericolose e difficili che le auto abbiano mai dovuto affrontare.
L’infinita piega a destra di Burneville dove la tenuta meccanica del mezzo faceva in ogni passaggio la differenza fra la vita e la morte e la piega del Malmedy.
Ma un nome in particolare era l’essenza stessa di Spa.
Masta.
La sequenza fra il Masta Straight e il Masta Kink oltre a mettere alla durissima prova i nervi dei piloti era sideralmente tecnica e al pari di altri celebri sezioni (pensiamo al Calvaire a Reims, alla Parabolica dell’AVUS e al temibile Fuchsröre al Nurbürgring) era semplicemente senza scampo. Un errore in quel punto e il pilota non aveva chances di uscire vivo dall’abitacolo.
Il Masta Kink era una violenta piega sinistra destra nel bel mezzo di un rettifilo immenso e conduceva ad un altrettanto lunghissimo rettilineo verso Stavelot.
Rallentare troppo voleva dire pagare all’infinito la mancanza di audacia per tutto l’Holowell Straight.
Non rallentare abbastanza voleva, nelle migliori delle ipotesi, morire sul colpo contro le pareti del caseggiato proprio all’uscita delle pieghe.
Nell’edizione del 1960 durante le prove Stirling Moss ebbe un violentissimo incidente al Burneville e si ruppe il naso e parecchie costole. Mike Taylor con lo sterzo letteralmente in mano finì nei boschi di Stavelot ma il peggio sarebbe capitato il giorno dopo durante la gara.
Chris Bristow, quello che all’epoca era unanimemente considerato il più promettente dei piloti della sua generazione, e Alan Stacey avrebbero perso la vita a pochi minuti di distanza l’uno dall’altro.
Questo era Spa nella sua accezione più maligna.
Solo pochi anni dopo Jackie Stewart avrebbe raccontato come il temibile Masta Kink, un tempo teatro della pura dimostrazione del pelo e dell’abilità dei piloti, sarebbe diventata una facile piega sinistra destra da prendere in pieno con le vetture incollate all’asfalto dal prodigio dell’aerodinamica.
In tempi più recenti Spa sarebbe stato il palcoscenico del debutto di quello che forse è l’ultimo dei “grandi piloti del passato”.
Tale Michael Schumacher.
Tutto sarebbe nato da un pilota rissoso, una bomboletta di spray urticante e un tassista sgarbato.
La storia è troppo nota per perderci del tempo.
Vale però la pena ricordare l’edizione del 2008 per il finale convulso e per l’ancora più convulsa coda polemica in sede di WMSC.
E per i fischi sul podio del 2014.
E forse questa è la vera tara dell’odierna F1: dalle gesta eroiche, epiche e drammatiche degli anni dei Titani fino alle beghe regolamentari e le gesta da macchietta dei tifosi di calcio prestati al motorsport.
Questo week end ci sarà il gran premio e la speranza di chi scrive è che non piova; che non ci siano sfide ruota-a-ruota e nemmeno sorpassi azzardati.
Può sembrare una pretesa antilogica.
Ma di partenze bagnate dietro la SC, di interventi a gamba tesa da parte degli organi giudicanti e di penalità inflitte a casaccio credo ne abbiamo viste già abbastanza e sarebbe un peccato sporcare l’ultimo tempio della velocità rimasto più o meno intonso con beghe da talent televisivi.
Chi scrive non ha pretese da conoscitore dell’attuale panorama formulistico e pertanto non troverete analisi dotte sulle forze in campo (sempre che lo strapotere MB abbia ancora qualcosa di cui valga la pena dibattere) o previsioni di sorta.
L’unica incognita è se queste settimane di pausa abbiano messo il pepe al culo a questo infinito e prevedibilissimo mondiale 2016.
Ovviamente per le sole posizioni di rincalzo.
Buon Gran Premio.