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IL PAGELLONE SEMISERIO DEL FROLDI: MEXICO CITY

Dei perdenti si scrive anche nella Storia e nello Sport (tutte appendici della vita). Ma perdenti restano. Dei perdenti si può ricordare la sfortuna e la grandezza. Ma perdenti restano. Dei perdenti si può ricordare il valore. Ma perdenti restano. E con la loro sconfitta nobilitano ancora di più i vincenti. Foscolo lo scriveva nel suo immortale carme Dei Sepolcri: “[…] e tutta narrerà la tomba, Ilio raso due volte e due risorto splendidamente su le mute vie, per far più bello l’ultimo trofeo ai fatati Pelìdi […]” (la città di Troia risorta due volte per rendere più bella la definitiva distruzione e la vittoria ai greci). Quasi tre millenni di civiltà ci portano sempre lì. Ettore nulla può contro Achille, destinato dagli dei a vincere e praticamente immortale. Eppure noi, come Foscolo, stiamo “anche” (e talvolta soprattutto) con Ettore. Con il perdente. Mutatis mutandis anche lo Sport ha una sua epica. Un afflato che lo eleva al di là delle miserie umane. E’ vero: Enzo Ferrari, il fondatore, diceva: “Il secondo è il primo dei perdenti”; feroce e salace battuta che diceva molto di lui e della sua determinazione. Enzo non si offenderà se una volta tanto gli diamo torto e ci schieriamo con il perdente. Io “sto” con Vettel, che ha commesso tanti errori, che non è stato supportato a dovere da un team spesso diviso da lotte intestine (chi dice che non è vero semplicemente non conosce, come noi, cosa è accaduto in Ferrari storicamente e dopo la morte di Marchionne). “Sto” con la grandezza di uno sconfitto che applaude il meritato titolo con cui è stato incoronato per la quinta volta campione del mondo Lewis Hamilton. “Sto” con la grandezza di un pilota che va ad applaudire il Team rivale, ben sapendo quanto la Formula Uno sia anche e soprattutto, “sulle carte sudate”, sui super computer che simulano, sui banchi prova dei motori che esplodono, sui circuiti elettrici che vengono progettati e cablati, uno sport di squadra. Dietro la punta di lancia del pilota, del cavaliere che monta sul suo puledro come se ci fosse ancora una tenzone medioevale, stanno 400/500,1000 persone. E dunque io “sto” con la grandezza di Vettel che dice al fresco pentacampione che lo vuole battere il prossimo anno e che gli chiede di essere al massimo della forma (perché Hamilton somiglia dannatamente ad Achille, ora); perché quella sarà una vittoria più bella. “Sto” con un pilota umano, troppo umano, che dice di sentirsi svuotato dalla sconfitta. Abbiamo molto criticato Vettel. Da alcuni indizi, giusto qualche parola sfuggita qua e là, ci pare di capire che Sebastian abbia qualche problema extrasportivo. Ma nulla trapela della sua vita privata, nessun profilo social. Una scelta che dice molto del suo carattere e che lo accomuna al suo idolo giovanile, Schumacher. Le congetture non servono a molto. Questo cannibale sportivo (ricordiamolo: quattro titolo mondiali di fila) è anche lui umano. La cadute servono, ai grandi, per capire i propri limiti ed errori. E per risollevarsi. Questa è la fase per ricaricare le batterie (non solo quelle della SF71H). D’altronde in Messico si festeggerà il peculiare rito cattolico che unisce la feste cristiane di Ognissanti e della Commemorazione dei defunti nel “Dìa de Muertos”, come si poteva vedere dal pubblico truccato con le caratteristiche maschere e colori. Una rappresentazione caricaturale della morte che prefigura la Resurrezione. Che sia di buon auspicio.

Max Verstappen. Voto: 10. Gara condotta autorevolmente dall’inizio alla fine. Eppure, come dice il nostro amico Formula Humor (vedere sotto)…

Vettel. Voto. 9. Partenza guardinga. Finalmente. Primo pit abbastanza tranquillo. Poi si scatena. Ed è uno spettacolo. Che aumenta i rimpianti.

Raikkonen. Voto: 9.  Non sembra avere il passo nel primo tratto di gara e pare incredibilmente arrendevole. Poi anche lui comincia a volare ed a gestire come pochi (ma è una sua caratteristica) le gomme. Si prende un prezioso terzo posto scavalcando Bottas. Punti preziosi. Preziosissimi.

 Hamilton. Voto.: 10 per il Mondiale, 5 per la gara. Non c’è bisogno di celebrarlo. Si merita ampiamente questo titolo, forse il più bello da quando è cominciata la noiosa era turbo-ibrida targata (grazie a gentile concessione FIA e Montezemolo) Mercedes. Per la gara: correva di conserva e non aveva senso rischiare, ma la sua monoposto era davvero irriconoscibile.

Bottas. Voto: Senza infamia e senza lode.

Ricciardo. Voto: 9. Meravigliosa pole position. In primis contro il suo Team e poi contro Max…che già se la sentiva sua. Una beffa sublime. Poi, durante la gara, quando stava difendendo una seconda posizione meritatissima, dopo una partenza invece da incubo, ecco il guasto meccanico. Alcuni testimoni affermano di aver visto, nottetempo, uno strano figuro, con un paio di strani arnesi, intrufolarsi nel parco chiuso. Secondo un identikit della polizia messicana, il losco figuro parrebbe avere una vaga somiglianza con Helmut Marko…

Strategia Ferrari: Voto; giudizio sospeso. Sarebbe riuscito Sebastian a riacciuffare il secondo posto ampiamente in ghiaccio, se Ricciardo non si fosse ritirato, con il secondo cambio gomme che un pò ha sparigliato le carte? Ho qualche dubbio…

W09. Voto: la brutta copia. Ad Austin dicevano di aver montato male alcune componenti della monoposto. Blistering. In Messico Graining. Due fenomeni quasi contrapposti (ne sanno più di me Cristiano e PG). Unico elemento comune, i mozzi forati non usati per la gara. E’ come se la monoposto fosse improvvisamente ridiventata molto problematica sulle gomme posteriori, forse suo unico tallone d’Achille. Solo un caso? C’entrano qualcosa i mozzi forati? Si, no, forse, boh. Non credo si possa ascrivere ad un particolare certamente importante, ma in definitiva secondario come dei micro-buchi, tanto una performance elevata, quanto una debacle. Una monoposto è un cocktail di cose, un mix di fattori che si fondono. Certo, qualcosa si è perso per strada. Peccato sia accaduto troppo tardi (lo dico per noi ferraristi ovviamente). Ci capiscono poco fior di ingegneri, colleghi blasonati, e forse gli stessi uomini Mercedes. Il prossimo Gran Premio ci mostrerà se la Mercedes ha smarrito definitivamente le proprie qualità o se questi due Gran Premi sono stati episodi isolati.

I cerchioni bucati e la FIA. Voto: Boh! O una cosa è regolare o non lo è. Punto. Ma forse, e la cosa ha un vago retrogusto da contrappasso dantesco, la FIA del napoleonide Jean Todt è vittima dell’estrema farraginosità e ipertrofia regolamentare. Non avendo, come invece hanno i Team (soprattutto i più blasonati), risorse e mezzi per cercare di sfruttare le “zone grigie” ed i “buchi” di un tomo di centinaia di pagine. Sono cose di cui abbiamo parlato spesso. L’organo di governo della Formula Uno comunque, bontà sua, ha  preannunciato che proprio in questi giorni affronterà una volta per tutte questa vicenda curiosa. Come sintetizza Maurizio Voltini (Autosprint): “La Fia si deve decidere, anche perché la Mercedes stessa (non solo gli altri) ha il diritto di sapere se può usarli o no”.

Pirelli. Voto: ogni tanto ci ricascano-bis. Ri-Copio e reincollo da PG: «Credo sia vergognoso che Pirelli poche ore prima della gara vada a modificare le pressioni degli pneumatici (+1.5 psi). E gli assetti? Siamo a fine stagione e ancora si parla di “valori diversi di carico e velocità” rispetto a quelli uscenti dalle simulazioni». Capisco che la Pirelli possa avere ottimi motivi per tali cambiamenti (sicurezza), eppure non ha molto senso che si cambino le regole in corsa. Dà l’idea di uno sport-wrestling. E non è una bella cartina di tornasole.

P.S.: assegnato il Mondiale piloti, vediamo cosa succede per quello Costruttori che è ancora un filino aperto. Sarà dura per la Ferrari, un’impresa ciclopica. E se andasse sarebbe roba scolpita nel marmo. 585 punti Mercedes, 530 Ferrari. Ballano 55 punti.

Perché non provarci? Una volta tanto siamo d’accordo con Maurizio Arrivabene quando dice che a questo punto tentare “diventa un dovere”.

Vivremo, si spera, due gare interessanti.

 

Mariano Froldi, Direttore Responsabile di FunoAT

Hamilton raggiunge Fangio, Verstappen come Speedy Gonzales

Era già tutto previsto. Forse da molto tempo. Ma vedere il nome di Lewis di fianco a quello di Fangio fa comunque un certo effetto. Perchè ora davanti ne è rimasto soltanto uno.  E, come spesso è successo nella storia della Formula 1, il futuro predestinato alla rincorsa del record è già presente.

In Messico abbiamo visto il presente e il futuro della Formula 1, in un quasi-remake del gran premio dello scorso anno. Nello stesso luogo, Verstappen vince la corsa dominando, e Hamilton vince il campionato del mondo, il suo quinto, uguagliando, come detto, Juan Manuel Fangio. E portandosi a due lunghezze da Michael Schumacher.

Le qualifiche avevano confermato che quella di Città del Messico è una pista Red Bull. Ricciardo soffia la pole a Verstappen, che aveva dominato tutte le sessioni di prova fino a quel momento, lasciando interdetto Marko. Dietro di loro Hamilton e Vettel, con i primi 4 comunque molto vicini.

Si prospetta una partenza da brividi, ma Ricciardo sbaglia completamente lo start, e sia Hamilton che Vettel hanno le loro buone ragioni per cercare di stare fuori dai guai. E così Verstappen può passare tranquillamente in testa, davanti ad Hamilton, Ricciardo e Vettel che vince una breve lotta con Bottas.

Ma le Pirelli durano solo una decina di giri, poi il graining ha la meglio sulle strategie pianificate costringendo Red Bull e Mercedes ad un cambio un po’ anticipato per montare la gomma super soft. Le Ferrari riescono a ritardare il pit-stop di qualche giro, quanto basta per consentire a Raikkonen di far perdere un po’ di tempo ad Hamilton il quale, una volta liberatosi del finlandese, si ritrova a 9 secondi da Verstappen, un distacco quasi doppio rispetto a quello che aveva prima della sosta.

Ma anche con la gomma un po’ più dura, il graining non sparisce, e l’unico che non sembra soffrirne troppo è Verstappen, che mantiene la sua leadership con tranquillità aumentando il suo vantaggio su Hamilton che tiene tranquillamente a bada Ricciardo il quale a sua volta è incalzato da Vettel, che riesce a superarlo a circa metà gara, complice la presenza di alcuni doppiati.

E qualche giro dopo il tedesco ha la meglio anche su Hamilton, il quale molto intelligentemente non prova nemmeno a reagire. Non gli serve, gli basta arrivare settimo per vincere matematicamente il titolo.

Con la pista libera davanti, e gomme di qualche giro più fresche, Vettel inizia a volare inanellando giri più veloci. Ma Verstappen è distante ben 13 secondi. Hamilton, sempre più in difficoltà con le gomme, inizia a lamentarsi per radio, e Ricciardo, che nel frattempo sembra essersi liberato del graining, lo raggiunge e lo supera grazie ad un errore di Lewis. Che si ferma immediatamente per montare gomme ultrasoft. E lo stesso fa Vettel, che tenta quindi la carta della sorpresa. La Red Bull copre subito questa strategia facendo fermare Verstappen.

Ma il tedesco della Ferrari si ritrova nuovamente dietro a Ricciardo, il quale con gomme più vecchie gira su ottimi tempi, e superarlo non sembra cosa facile. Gli viene in aiuto la proverbiale obsolescenza programmata Red Bull, che fa fermare l’australiano a pochi giri dalla fine, quando sembrava avviato verso un comunque ottimo secondo posto.

A quel punto però Verstappen è troppo lontano per Seb, e va a vincere indisturbato il suo secondo GP del Messico di fila, davanti alle due Ferrari (terzo un Raikkonen invisibile e sornione per tutto il GP) e ad Hamilton, ad un passo dall’essere doppiato. Il quarto posto gli vale però il titolo mondiale. Quinto, doppiato, arriva un inesistente Bottas, lo seguono a 2 giri Hulkenberg, Leclerc, Vandoorne con una stranamente “competitiva” McLaren, Ericsson e Gasly, che prende l’ultimo punto disponibile grazie soprattutto ai problemi altrui. Poca gloria, stranamente, per Force India e Haas, e molto meno stranamente, per la Williams.

E’ il momento di celebrare il quinto titolo di Hamilton. Ma qualsiasi parola sarebbe superflua, è sufficiente ripensare a come ha corso tutto il campionato, due spanne sopra il diretto rivale, non quando la sua Mercedes è stata molto più forte della Ferrari (e ci sono state alcune occasioni in cui lo è stata), ma, soprattutto, quando non lo era, perchè ha sempre portato a casa la vittoria. Ed è questo che distingue quelli che di mondiali ne vincono più di uno da quelli che ne vincono uno solo. Verrebbe da dire che quest’anno abbiamo visto, dall’altra parte, l’eccezione a questa regola, ma c’è, forse, qualcosa che sfugge. E che magari capiremo fra qualche tempo.

A questo punto mancano solo due gare, e la Ferrari è teoricamente ancora in corsa per il mondiale costruttori. E, visto lo stato di forma della Mercedes nelle ultime due gare, non è vietato sperare. Due vittorie non sarebbero magari sufficienti, ma di sicuro risolleverebbero il morale, e ora a Maranello ne hanno parecchio bisogno.

P.S. da quando la Mercedes ha chiuso i fori nei cerchi e nei mozzi, non è stata più in grado di vincere, patendo grosse difficoltà con le gomme. E’ di sicuro un caso, così come lo fu il fatto che la Ferrari smise di volare quando la FIA montò il secondo sensore. Lo stesso tipo di caso che porta Ricciardo a ritirarsi 8-9 volte più del compagno. La storia della F1 è piena di questo tipo di “casi”, quindi niente di nuovo, basta godersi lo spettacolo, sempre e comunque.

F1 2018 MEXICAN GP: AN INTRODUCTION

E’ l’eccezione che conferma la regola, ma il ritorno del Gp del Messico nel mondiale di F1, sul circuito dedicato ai fratelli Rodriguez, ha saputo coniugare l’aspetto sportivo, quello economico e una straordinaria attenzione del pubblico pagante. Circuito che è una versione rivista e corretta del circuito costruito nel 1963 ma meno affascinante e tecnica rispetto all’originale causa l’adattamento alle odierne norme di sicurezza.

Trainati dall’idolo locale Perez, i circa 135mila spettatori del 2017 hanno offerto una cornice degna di un evento motoristico di tale portata, con una nutrita serie di eventi e spettacoli che hanno preparato al meglio l’inizio della gara.

Sembra che la Mercedes ed Hamilton si siano trovati così bene a festeggiare qui il titolo piloti nel 2017 che abbiano fatto di tutto per ripetere l’esperienza e ad Austin hanno tenuto aperto un campionato che, dopo l’ennesimo harakiri di Vettel al primo giro, sembrava ormai una formalità. Ma un Raikkonen versione 2007 e un Verstappen per nulla mortificato dalla orribile tuta in stile cowboy della Red Bull (e uno stratega Mercedes non proprio sul pezzo), hanno fatto sì che l’ormai più che probabile epilogo del mondiale piloti si compia proprio in Messico.

Quindi questo è il motivo di maggiore interesse del weekend messicano? Ma proprio no!! Ad Hamilton mancano cinque punti, ossia un misero settimo posto per cui la suspance è davvero ridotta ai minimi termini.

No, quello che davvero interessa, a noi che cerchiamo il duello al calor bianco, è: come si arriverà alla staccata di curva 1 dopo lo start? E soprattutto, chi uscirà primo da curva 1 e 2? L’anno scorso si consumò l’ennesimo problema per Vettel, superato da Verstappen e con l’ala anteriore rotta che forò la gomma posteriore destra di Hamilton.

Quest’anno sarà con tutta probabilità questo l’evento clou di tutto il weekend. Ci saranno ancora Vettel e Verstappen a battagliare? Hamilton si metterà in modalità Prost e penserà solo a farsi amica l’aritmetica in ottica mondiale? Oppure il “vecchio” Kimi prenderà addirittura il posto del compagno di squadra, magari riproponendo il duello visto in curva 1 a Monza? Bottas avrà un sussulto di orgoglio?

Con tutta probabilità la querelle tecnica su mozzi forati, non forati, “limitatamente illegali” e altri equilibrismi lessicali di questo tipo, si ripresenteranno anche nel weekend messicano, che già avrà le sue “anomalie” tecniche dato che si corre in quota (2250 s.l.m.) con aria rarefatta, con ovvie ricadute sull’assetto delle monoposto, pressioni di alimentazione del turbo, rake più estremo, raffreddamento più complicato da gestire.

Dal punto di vista tecnico, il circuito messicano dovrebbe assicurare velocità di punta tra le più alte della stagione, con potenziali problemi ai freni, molto sollecitati e con un raffreddamento più critico rispetto a quello che si può avere gareggiando sul livello del mare. La configurazione delle monoposto sarà da medio/alto carico e non sarà inusuale vedere qualche feritoia o sfogo d’aria in più rispetto al solito dati i già citati problemi di raffreddamento. Inoltre la corsia box è la più lunga dell’anno, con i team che dovranno fare bene i conti al momento delle soste per il cambio gomme.

L’asfalto del circuito messicano non comporta elevata usura delle gomme, ragione per cui Pirelli ha optato per le mescole hypersoft, ultrasoft e supersoft. Nel 2017 la strategia gomme di quasi tutti i piloti fu una unica sosta, ultrasoft+supersoft/soft. Quest’anno è probabile che pochi sceglieranno di partire con hypersoft e chi potrà cercherà di superare la q2 usando l’ultrasoft, per poi passare alla supersoft dopo il pit stop. Questo dovrebbe assicurare un primo stint sufficientemente lungo e chiudere il gp con una unica sosta. Questo a meno che l’hypersoft non si dimostri davvero consistente sulla durata, cosa che quest’anno è accaduta molto di rado, solo a Montecarlo in pratica.

Tutti i piloti hanno scelto tra le 10 (Renault), le 8 ( Ferrari-Mercedes) e le 9 hypersoft (tutti gli altri team), segno che la considerano anche gomma da gara. Di conseguenza sono stati scelti il numero minimo indispensabile di ultrasoft e supersoft, con il solo Bottas ad averne scelte 4 set di ultrasoft e il solo Alonso ad aver scelto 3 set di supersoft.

Date le particolari condizioni del Gp del Messico, potrebbe sorgere un problema per quanto riguarda il turbocompressore della SF71H di Kimi Raikkonen, che è ancora nella sua spec-2 e ha raggiunto un chilometraggio ragguardevole. L’aumento della pressione di alimentazione per compensare la scarsa efficienza dell’ICE potrebbe metterne definitivamente a rischio l’affidabilità, rendendone consigliabile la sostituzione con la spec-3, quella già montata sulla PU di Vettel.

Questo comporterebbe 10 posti di penalizzazione in griglia, che in una pista con un lungo rettilineo come quello di Città del Messico potrebbe non essere così mortificante. Penalizzazione già certa per Grosjean, punito con tre posizioni in meno sulla griglia per il contatto che ha poi costretto al ritiro Charles Leclerc nel Gp di Austin.

Le condizioni atmosferiche, ad oggi, prevedono pioggia al venerdì in serata, una qualifica con pioggia molto probabile e una domenica in cui la pioggia (debole) potrebbe di nuovo presentarsi. In generale temperature fredde, non oltre 22 gradi celsius. Per tutti i team un’altra variabile con cui fare i conti.

Insomma, in Messico Hamilton con tutta probabilità si laureerà per la quinta volta campione del mondo, sedendo alla destra di Fangio e guardando più da vicino il suo obiettivo non dichiarato, i 7 titoli di Schumi. Il fatto di aver staccato Vettel, fermo a 4 titoli, è poco più di una conseguenza, data la differenza di rendimento e di bravura tra i due vista quest’anno.

Il campionato costruttori resta aperto ma solo un finale di stagione più che perfetto potrà vedere la Ferrari cercare di sopravanzare la Mercedes. Red Bull potrebbe avere una grossa occasione per vincere questa gara, magari sfruttando le incertezze dei due team già citati.

Nel pacchetto di mischia degli altri team, la Renault ha fatto un grosso passo in avanti nei confronti della Haas, incappata in una gara tragicomica ad Austin tra incidenti e squalifiche, e potrà guardare a questo weekend con più tranquillità. Racing Point Force India da tenere da conto, anche solo per il fatto di avere un Perez sicuramente galvanizzato dall’atmosfera di casa. Alfa-Sauber potrebbe sfruttare il motore Ferrari e il piede di Leclerc per agguantare qualche punto, se riusciranno a passare indenni il primo giro. Williams e McLaren sembrano avere il ruolo, rispettivamente, di speronanti e speronati, per la gioia dei commissari di pista che magari riusciranno a portarsi a casa qualche pezzo di carrozzeria come ricordo.

Rocco Alessandro

Il Pagellone semiserio del Froldi – COTA

La vittoria di Kimi è un curioso e formidabile incrocio di sentimenti contrastanti. Il passato che non può tornare. Un pilota da ritrovare che, per la terza volta di fila, si gira manco fosse un debuttante. Un malcelato senso di malinconia per le tante occasioni sprecate in questo 2018 si confonde e mescola intimamente con la festa per la sesta bandiera che sventola a Maranello. Meglio vincere che perdere. Lapalissiano. Eppure; eppure certe vittorie pesano più di tante sconfitte. Per il retrogusto amaro che lasciano nel nostro intimo quando, da tifosi Ferrari si va a letto e si spegne la luce, nella tarda domenica, pensando a ciò che poteva essere e non è stato. Al secondo anno di fila non dico buttato ma che avrebbe potuto descrivere scenari ben diversi e non immeritati. Vince meritatamente il Mondiale Lewis Hamilton e vince meritatamente la Mercedes. Un Team a cui la Ferrari dovrebbe guardare con umiltà: vivisezionarla, studiarne tutte le mosse (dall’organizzazione interna, alla catena di comando, alla forza politica). Lo ripeto: con umiltà. Lottando con forza per le cose che contano e lasciando perdere velleitari cinguettii su twitter che ti fanno pensare a troppa arroganza e, ancora una volta, ad una mancata e seria disamina delle proprie mancanze. E’ sempre così in Ferrari. Sempre colpa degli altri. Nel frattempo il Team cerchi almeno di recuperare Sebastian Vettel. Lui “serve” al meglio. Per se stesso, per la Ferrari, per la Formula Uno.

Raikkonen. Voto: 10 e lode.  Vedere Kimi rivincere in Ferrari è stato romantico, a dir poco. Penso che nel passato “recente” ci sia riuscito solo Berger. Kimi è tutto fuorché Ice-Man. Parla poco perché è semplicemente un carattere introverso. Ma si capiva quanto fosse contento per questa vittoria tanto attesa e, alla fine, arrivata.

 

 

 SF71H. Voto: Che disdetta. Resterà una delle monoposto di Formula Uno più veloci e consistenti degli ultimi anni. Le è mancato l’alloro.

Vettel. Voto. crisi nera. Anche qui. Sentimenti contrastanti. Mi convincosempre di più che sia simile a Mansell, e io adoravo Mansell. Ma mi ha fatto, anche domenica, andare fuori di testa. Tra l’altro già s’era messa male per un suo errore sabato. Penalità stupida ovviamente, ma se il regolamento è così, te la devi beccare. Gli errori di quest’anno e la sua fragilità forse potrebbero trovare spiegazione in problemi di cui si è accennato timidamente (se la sua intervista con Mara Sangiorgio è stata tradotta correttamente) anche fra i commentatori di Sky. Sinceramente non so cosa dire, non riesco a trovare una posizione fra coloro che dicono che un pilota di Formula Uno deve pensare alla gara quando chiude la visiera o fra coloro che pensano che anche questi cavalieri del rischio siano esseri umani; e anche loro possano essere influenzati nelle loro prestazioni da sentimenti ed emozioni. E’ successo qualche anno fa a Lewis con l’ex fidanzata. Non tutti fanno come Niki Lauda. Che comunque non fu solo quello che si mise il casco con le carni sanguinanti, ma anche colui che fece il “gran rifiuto”. Per sdrammatizzare…ma le gomme di Vettel hanno il sapone sopra?

Maurizio Arrivabene. Voto: 3. Probabilmente, anzi quasi certamente, resterà un altro anno. A mio parere, ma io non sono nessuno anche se Mark Webber la pensa come me, non è il Team Principal di cui ha bisogno la Ferrari. Mattia Binotto a questo punto è il grande sconfitto. La mia speranza è che non ci sia un’ennesima “notte dei lunghi coltelli” in salsa modenese e che tutti lavorino ancora di più per portare l’iride a casa nel 2019.

Maurizio Arrivabene e la dedica a Daniele Casanova (ingegnere GeS scomparso prematuramente). Voto: bellissime parole. E commozione vera.

La Scuderia Ferrari e la comunicazione sui social. Voto: non trovo le parole. Appena finita la gara è uscito questo Tweet che riportiamo con il sacrosanto commento di Formula Humor. Che dire? Quanta arroganza!

Hamilton. Voto.: 8. Se la monoposto non è al top, non rischia oltre modo. Anche per questo eguaglierà il record di Fangio.

 La Fia e il suo regolamento tecnico. Voto: Mah! Può un componente essere un pò illegale ma non troppo? E’ un mistero buffo quello relativo ai cerchioni posteriori microforati della freccia d’argento utili, pare, per risolvere i noti problemi di surriscaldamento delle gomme posteriori. Se una cosa è legale dici che è legale, se è illegale dici che è illegale e la bandisci. Tertium non datur. Su alcuni siti motoristici, si legge che la Federazione avrebbe chiesto alla Mercedes di tappare questi microfori, cosa che avrebbe fatto prima della gara. E all’improvviso ecco il blistering sulle monoposto anglo-tedesche

Non sono Sherlock Holmes, sono moderatamente in malafede verso i grigi, ma non ho le competenze necessarie e lascio la parola per questa querelle a Cristiano e PG, che ne sanno più di me. Ma il punto è che una Federazione che agisce in questo modo (vedi anche sensori batterie Ferrari). non fa il bene di questo bellissimo sport.

Verstappen. Voto: un bullo (questa volta) da applausi. Nulla da dire. Gara splendida, duelli mai fuori dal limite, e una volta tanto che fa il gioco della Ferrari (anche se in realtà sta prolungando l’agonia per noi Ferraristi…)

 Ricciardo. Voto: Mobbing che ti toglie le ali. Che in Rb gli diano gli scarti (da quando ha annunciato il passaggio in Renault) mi pare evidente. Nulla di nuovo sotto il sole.

Tute Red Bull. Voto: sublime obbrobrio. Gli austriaci non sono il top in quanto a stile ed eleganza. Però…una tuta brutta come quelle che i poveri Max e Daniel hanno dovuto indossare nel fine settimana a Dallas…non l’avevo mai vista.

Pirelli. Voto: ogni tanto ci ricascano. Copio e incollo da PG: «Credo sia vergognoso che Pirelli poche ore prima della gara vada a modificare le pressioni degli pneumatici (+1.5 psi). E gli assetti? Siamo a fine stagione e ancora si parla di “valori diversi di carico e velocità” rispetto a quelli uscenti dalle simulazioni». Aggiungo: e la sicurezza?

Fra qualche giorno la Formula Uno torna. In Messico. Dove Hamilton potrà con tranquillità diventare pentacampione. Non mi spiacerebbe una doppietta Ferrari.

Mariano Froldi – Direttore responsabile di FUnoAT

Kimi torna alla vittoria, Lewis rinvia la festa

Ci sono gran premi che suggellano la carriera di un pilota, altri che ne certificano una crisi profonda, di quelle che richiedono un reset e un nuovo inizio.
Ad Austin è successo proprio questo: Raikkonen vince un GP con la Ferrari dopo 9 anni e 113 gare di astinenza, e, salvo eventi clamorosi, questa è stata la sua ultima volta sul gradino più alto del podio. Vettel commette l’ennesimo errore di una stagione disastrosa, come mai si era vista per un pilota Ferrari designato come prima guida e a cui è stata affidata una macchina vincente.

Il venerdì, la pioggia aveva certificato le difficoltà Ferrari. Ma il sabato, complice forse anche lo smontaggio degli ultimi aggiornamenti, entrambe le rosse sono tornate vicinissime alla Mercedes (di Hamilton), mancando la pole per pochi centesimi. Vettel si vede negata la prima fila da una sacrosanta penalità comminata per l’ennesima distrazione, accomodandosi in terza, dietro Bottas e Ricciardo. Per sua fortuna, Verstappen rimane vittima dei dissuasori installati per evitargli di fare il furbo, e viene relegato diverse file indietro.

Ma questo non è sufficiente ad evitare al tedesco l’ennesimo disastro del primo giro causato da una Red Bull. Alla partenza Raikkonen riesce a prendersi la prima posizione, grazie anche alle gomme più morbide rispetto ad Hamilton. Dietro scoppia il finimondo, con Stroll che centra in pieno Alonso, e Grosjean che fa fuori se stesso e Leclerc. Nel frattempo Vettel riesce a superare Ricciardo, che però non ci sta, e cerca di riprendersi subito la posizione affiancando il tedesco il quale perde la macchina, lo colpisce e si gira, ripartendo dal fondo.

La gara di Daniel dura però pochi giri, fino a quando la sua Red Bull lo abbandona per l’ennesima volta al giro 11. Questo provoca l’attivazione della Virtual Safety Car. Hamilton ne approfitta per fare il primo pit-stop, e a questo punto è chiaro che ne dovrà fare un secondo. Torna in pista in terza posizione, dietro al suo compagno di squadra, che raggiunge e supera in pochi giri, accodandosi poi a Raikkonen, il quale, con le gomme ormai finite, riesce a tenerlo dietro per due giri facendogli perdere una manciata di secondi. Bottas lo segue al box il giro successivo, ma all’uscita si ritrova dietro a Verstappen, rimontato fino alle prime posizioni, così come Vettel, il quale effettua il suo pit-stop al giro 26, e torna in pista staccato di una ventina di secondi dal finlandese della Mercedes.

A metà gara Hamilton ha 15 secondi di vantaggio su Raikkonen, ma i suoi tempi sono sempre più lenti di quelli di Raikkonen, a causa del blistering che accusa sulle gomme posteriori. Kimi a sua volta gira più lento di Verstappen in terza posizione. Ci si chiede se Lewis riuscirà a terminare la gara senza effettuare l’ulteriore cambio, in teoria inevitabile.

E inevitabile si conferma, perchè, peggiorando il blistering, a 18 giri dalla fine Lewis si ferma, ed esce in quarta posizione dietro al suo compagno di squadra, che lo fa gli dà strada immediatamente e per la seconda volta in giornata. Nel frattempo Verstappen si avvicina a Raikkonen, tornato in testa alla gara. Ma dietro di loro Hamilton, con gomme fresche, si avvicina velocemente, e a 2 giri dalla fine prova l’attacco a Max nella parte lenta ingaggiando una bellissima lotta che dura qualche curva, e finisce con Hamilton largo nella via di fuga, dopo una corretta difesa dell’olandese. A quel punto Lewis tira i remi in barca, e Kimi, che ha approfittato della lotta fra i due inseguitori, si gode gli ultimi 2 giri indisturbato.

Al quarto posto chiude Vettel, riuscito negli ultimi giri a superare un inesistente Bottas. Seguono ad oltre un minuto le due Renault, tornate veloci (si fa per dire) e affidabili, poi Ocon, Magnussen e Perez.

Fuori dai punti e doppiati, le due Toro Rosso , la Sauber e la McLaren superstiti, e le due Williams.

Fra solo una settimana, in Messico, Hamilton potrà festeggiare il suo quinto titolo mondiale. Per la Ferrari quello di oggi è un contentino molto pericoloso. La splendida prestazione di Raikkonen può far passare in secondo piano il grande problema che hanno ora da risolvere: il pilota di punta, un 4 volte campione del mondo, è ormai ufficialmente dentro un tunnel, dal quale qualcuno lo deve aiutare ad uscire. Il numero di errori commessi dalla Francia in poi è preoccupante e pure in aumento. Che non sia sereno è palese anche nelle interviste. E l’anno prossimo avrà in casa un brutto cliente, un po’ come gli capitò in Red Bull nel 2014, e anche allora andò in crisi decidendo di cambiare squadra. Ma nel 2020 di macchine competitive libere verosimilmente non ce ne saranno, ed è il caso quindi che faccia un bel reset, e che in questo, come detto, venga aiutato dalla squadra, perchè forse, complici non meglio precisati problemi personali, da solo potrebbe non farcela. In Ferrari devono lasciare da parte le diatribe interne, ormai trapelate ufficialmente, perchè se il pilota ne sarà coinvolto l’anno prossimo li aspetta un replay del 1992.

P.S. il recupero di competitività della Ferrari è curioso, dopo 3 gare in cui la Mercedes era sembrata nettamente superiore. Questo sembra ovviamente smentire  la teoria secondo la quale il calo di prestazione fosse dovuto ai pressanti controlli FIA. Forse la ragione è molto più semplice: la Ferrari è andata più forte dopo avere ancora una volta smontato gli aggiornamenti, e questo è preoccupante, perchè evidenzia il problema cronico degli ultimi 10 anni, il non riuscire a far migliorare l’auto nel corso della stagione. E, non dimentichiamolo, a giugno è stato lasciato andare via colui che aveva supervisionato il progetto dell’auto stessa, e non si può non pensare che questo abbia pesato negativamente.