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MIT’S CORNER: SPORT O SPETTACOLO?

La Formula 1 è sport o a spettacolo?

Per me, e molto probabilmente per tutti i frequentatori di questo blog,  è ovvio che la gerarchia deve mettere in cima sport. Tuttavia, salvo l’esser “talebani” di questa prospettiva, non c’è nulla di male se si tiene d’occhio anche la componente “spettacolo” ma è altrettanto ovvio che se privilegi questa invece di quella il rischio di sfasciare tutto è dietro l’angolo.

Abbiamo l’esempio sotto gli occhi nella motogp.

Il fenomeno Valentino Rossi ha portato la motogp da sport fondamentalmente di nicchia, poco seguito, poco pubblicizzato, poco pagato, poco organizzato ecc. ecc. a una ribalta mondiale seconda, nel motorsport, solo alla Formula 1. La cosa è stata gestita bene per un bel po’ di tempo, devo dire, anche grazie al fatto che il nostro non era solo un fenomeno mediatico. Sia le sue imprese sportive che il suo essere personaggio “spettacolare” sono state cavalcate da Dorna per fare in modo di attrarre assai, tanto e molto denaro ed è riuscita ad organizzare il tutto in modo molto più professionale rispetto al passato. La concertazione di questo percorso con i media, poi, è stata esemplare, al punto che, non solo in Italia, persino i telecronisti (come fu ed in qualche modo è tuttora per la F1) hanno una loro dimensione nell’immaginario degli appassionati.

Tutto bene, quindi.

Be’… ni.

Ovviamente la spettacolarizzazione degli eventi basati sul “personaggio” Rossi è stata sfruttata benissimo ma non aver capito che ad un certo punto era necessario fare uno step forward per consolidare quanto raggiunto è stato un errore gravissimo. Hanno costretto sto “poveraccio” (si fa per dire) a correre e rischiare l’osso del collo per anni e anni nonostante non fosse neanche lontanamente paragonabile, agonisticamente parlando, a quello che era nel decennio 2000/2010 e l’hanno spremuto fino a che hanno potuto. (Lui, beninteso, è stato molto più intelligente: ha capitalizzato, consolidato e portato a casa tutto il possibile – e ha fatto bene). Tutto al fine di continuare a prendere soldi, raccattare sponsor, dimensionare il circus, sempre sventolando davanti agli investitori il successo mediatico del “dottore”. Quest’anno, pensionatosi il fenomeno, assistiamo a Sboom di presenze, ascolti, sponsor e, soprattutto, soldi. La malsana gestione di Dorna della parabola discendente di Rossi ha portato a tutto questo. E il motivo è che hanno creduto che il clou dell’oggetto che avevano tra le mani, ossia lo “sport” motogp, fosse lo “spettacolo”, non lo sport stesso.

A maggior riprova di quanto sostengo ricordo che, nel corso del tempo, Dorna ha tentato di cavalcare e coltivare la componente “spettacolare” avviata con o, meglio, grazie a Rossi: in fondo era la strada più facile per spingere ancora di più su questo tasto.

Ma…

Stoner non ci stava.

Lorenzo per un certo periodo è stato costretto a fare pagliacciate che non facevano per lui (ricordo agghiaccianti tentativi di simulare passeggiate lunari davanti alla curva con le bandierine 93 nere sventolate da prezzolati).

Pedrosa non c’aveva la ghigna giusta.

Se parlo di Simoncelli mi viene il magone quindi evito.

 

Poi è arrivato Marquez e sembrava che avrebbero potuto replicare quanto fatto con Rossi.

La ghigna c’è, fenomeno è un fenomeno, spettacolare è spettacolare ecc. ecc.

Tuttavia il pasticcio del 2015 ha rovinato tutto e da allora la motogp si ha dovuto continuare, comunque e giocoforza, ad aggrapparsi a Rossi il quale, per ovvi limiti di età, non è che potesse fare granché.

Oggi abbiamo in pista piloti eccezionali, bravissimi, velocissimi e che onorano da par loro lo sport ma che non sono “personaggi” nel senso che Dorna vorrebbe. Leggo persino articoli con delle ridicole lagne sul fatto che i piloti di oggi sono troppo buoni, che sono troppo amiconi e che ciò non andrebbe bene per la motogp. Vero, se visto dal lato dello “spettacolo” ma… seriously?

Piccolo inciso: se a “spettacolo” tolgo le virgolette cade tutto il discorso – gli appassionati sanno che tutto è spettacolo puro ogni gara, con i piloti e i team impegnati al massimo per cercare di trovare la vittoria. Fine inciso.

Ad ogni modo, lo vedete il problema?

Nelle righe precedenti ho parlato solo di spettacolarizzazione del personaggio di motogp (quantomeno il tentativo) e non dello sport motogp. Qui sta l’errore.

Un personaggio come Rossi è unico (amato o odiato, forte davvero o aiutato, pagliaccio o genio – non me ne frega niente: è unico) e non lo puoi replicare. Tentare di replicare il fenomeno-Rossi era già l’Errore – non tanto il fatto di non esserci riusciti, che pure gli si potrebbe imputare. Dorna non ha consolidato, non ha valorizzato a sufficienza la componente “sport”, ha puntato sul “personaggio” Rossi e non sullo “sportivo” Rossi con il risultato, sin troppo prevedibile, che quando questi è declinato ed infine ritirato allora tutto l’ambaradan si è sgonfiato.

In quest’ottica è facile capire perché Marquez è rientrato (leggi: è stato costretto a rientrare) per gli ultimi gp della stagione in corso nonostante non sia esattamente la mossa più saggia da fare per il pilota. Si tratta dell’ennesimo tentativo di Dorna di insistere sull’aspetto “spettacolare” e “personaggistico” del suo prodotto, strenuo tentativo di dare un po’ di pepe mediatico al campionato e di andare poi a batter cassa a dritta e a manca per tentare di attrarre sponsor per la prossima stagione e alzare il prezzo dei diritti della stagione 2023.

 

E quanto pare funziona:

Se la Motogp rischia c’è un esempio in cui quel rischio si è concretizzato. E’ uno sport in cui oltre alla spasmodica ricerca dello “spettacolo” basato esclusivamente sul “personaggio” si è anche andati a distorcere la componente sportiva e se si distorce la componente sportiva si fanno solo dei danni.

Prendete il ciclismo: chi lo guarda più? E se lo guardi cosa stai guardando? Il vincitore è da ammirare? Oppure no? Il doping lo ha distrutto. Il doping ha così influito sulla sua componente sportiva che tutta la credibilità che questo sport si era costruito in decenni di fatiche (letteralmente!) è stato spazzato via. Gli ultimi vent’anni (e più) di ciclismo sono stati una farsa. Le gare continuano ad essere “spettacolari” (forse) ma non c’è una virgola di tensione e di passione in chi vi assiste perché tanto subito dopo il traguardo spegne la tv e se cerca notizie sui giornali o su internet è solo per sapere se Tizio ha vinto il Tour perché ha preso più Girandolina degli altri e se Caio ha vinto la Parigi-Roubaix grazie alla trasfusione di emicicli romboidali. Ha voglia, la federazione, a cercare di “spettacolarizzare” i grandi appuntamenti e a cercare di venderli alle tv e ai giornali a prezzi più alti per permettere alle squadre di cercare sponsor munifici: ti danno il minimo sindacale e solo se gli torna comodo (a dir il vero il “se gli torna comodo” sappiamo cosa vuol dire e di soldi ne girano tanti ma ciò non cambia il senso del discorso). Briciole, pezzetti, rimasugli. I media generalisti praticamente non se ne occupano più mettendo solo qualche trafiletto nelle pagine dello sport. Non c’è un ciclista che è uno a far da testimonial nelle pubblicità generaliste. La comunicazione delle aziende che sponsorizzano squadre o gare non punta mai sul ciclismo: niente foto, niente filmati, niente persone, niente luoghi – niente di niente. La gente che applaude e si agita sulle strade del Giro o del Tour, oltre ad essere infinitamente di meno di quanto non fosse fino a 20 e più anni fa, non è lì per tifare i corridori. Il tifo è solo apparente e persino dermatologico, oserei dire. Dei corridori non glie ne importa nulla. Non c’è rispetto per i corridori e si fa a gara a chi si avvicina di più per fare il selfie, la qual cosa ha talvolta portato, peraltro, a ridicole quanto pericolose cadute.

E tutto questo per cosa? Per aver fatto per 7 anni alti guadagni sulla pelle di quello là? Sì, proprio quello là che aveva avuto quella storia tragica ma che poi si è risollevato con tanta “fatica” e che è andato a vincere come mai nessuno prima. Bravo, bello “spettacolo” e ora? A chi lo vendi il Tour? E a quanto?

 

Se non si sta attenti è lì che si finisce.

La F1, nel bene e nel male, ha sempre privilegiato la componente sportiva e non ha mai puntato troppo sul singolo pilota. Anzi.

E lo ribadisco, nel bene e nel male. Perché anche quando è stata nel male lo ha fatto sul piano sportivo, controverso finché volete, ma pur sempre sportivo (così a veloce memoria: Senna 89, Schumy 94, stagione 2007, da ultimo Masi 2021).

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Segnali di scopiazzamento da altre formule di elementi presuntivamente “spettacolari” ci sono stati: il punteggio stile moto-gp, il numero fisso per il pilota, la sprint race. Il primo tutto sommato ci stava: ha consentito alle scuderie di incassare di più dagli sponsor. Il secondo invece è un pericoloso segnale, nel senso del discorso che sto facendo anche se al momento, tuttavia, non sembra aver sortito effetti gravi. Il terzo è senza senso e basta.

 

Il punto è che lo “spettacolo”, con le virgolette, è diretta conseguenza dello spettacolo, senza virgolette.

E lo spettacolo-senza-virgolette è a sua volta diretta conseguenza della componente sportiva spinta all’estremo.

Quando c’è quest’ultima allora tutto gira bene: tensione, rivalità, performance, persino polemiche, colpi bassi e defaillance, tutto contribuisce a sostenere la tensione di chi vi assiste innalzandone il livello di competenza e di passione.

 

Non hanno invece alcun senso prettamente sportivo le pagliacciate e non tanto perché non siano “spettacolari”, con le virgolette, magari alcune lo sono pure, quanto perché non incidono minimamente sulla componente sportiva o, anzi, la deteriorano. La proposta di invertire la griglia, ad esempio, può rendere “spettacolari” le gare ma è per definizione contro-sportiva. Lo spettatore occasionale avrà qualche minuto di divertimento ma non avrà mai la tensione e la partecipazione che c’è in una gara “vera”, ossia in una gara dove la griglia è determinata dai migliori tempi in qualifica e dove la tensione si crea dalla capacità dei piloti e delle scuderie di affrontare la gara al meglio delle loro possibilità, sfidandosi su un terreno sportivamente coerente. Se Verstappen parte in pole position e Leclerc è con lui in prima fila c’è tensione. Se tutti e due partono dal fondo assisteremo solo ad un confuso ambaradan di sorpassi che non ha alcun valore sportivo e che trasforma i risultati delle gare in sgangherate ordalie che non possono dare soddisfazione alcuna.

Non è sportivo, per fare un altro esempio, cambiare le regole in corsa. La famigerata TD39, esempio più recente, magari non è vero che ha influito sulle performance di alcune scuderie (Binotto continua a giurarlo e spergiurarlo ma non mi interessa in questa sede) ma sta di fatto che è diventato il classico elefante nella stanza: Verstappen non lotta più con Leclerc perché sono stati bravi quelli di RBR a sviluppare la vettura o per colpa della TD39? Non importa più la vera ragione – LA TD è lì, con tutto il peso dietrologico che si porta appresso, e il dubbio rimane.

 

Ci sono anche esempi positivi.

Uno è l’atletica. Vivaddio ancora oggi, come 100 anni fa, si fanno i 100 metri piani, il salto in lungo, i 400 ostacoli, il lancio del peso, ecc. ecc.. Il doping viene contrastato in modo pesantissimo e non viene tollerato in alcun modo. I “personaggi” spuntano, ovviamente, ma sempre per loro merito sportivo: (fortunatamente) la copertura mediatica, che pure c’è ed è importante, non prevale al punto da oscurare l’evento sportivo vero e proprio. Spettacolarizzano ove possibile: le finali delle olimpiadi avevano una presentazione degli atleti piuttosto pomposa, giochi di luce e di musica ma poi ad un certo punto tutto si spegne e on-your-marks, set, go e chi va più forte vince. Non è che si mettono a fare i 105 metri o li fanno correre all’indietro per fare più “spettacolo”.

Un altro esempio positivo è la NBA. Forse l’esempio più fulgido di come gestire uno sport e i suoi atleti degli ultimi 30-40 anni. Il geniale “commissioner” David Stern, a partire dagli anni 80, prese in mano una lega allo sbando, martoriata da pochi soldi, pochi sponsor, persino droga e personaggi poco raccomandabili e la trasformò nel giro di pochi anni nella lega di sport professionistico più ricca del mondo. E lo è di gran lunga in sé, ossia la NBA è ricca in una quantità che nemmeno ci immaginiamo e che qualsiasi altro sport (calcio compreso) manco se lo sogna, il che vale anche nei suoi atleti di punta. Dei 50 sportivi più pagati al mondo ben 21 sono della NBA! (12 della NFL, football americano, mentre gli altri sport,  calcio 5, tennis 3, golf 3, boxe 3, Hamilton Verstappen per la Formula 1 e poi c’è un tale McGregor che non ho capito che sport giochi a completare l’elenco). Su cosa puntò? Sullo sport (senza virgolette) e sullo spettacolo-senza-virgolette. Non cambiò neanche una virgola delle regole del gioco, non fece modifiche di alcun tipo. Si limitò, si fa per dire, ad esaltarne le componenti intrinseche tecniche ed agonistiche, eliminò gli aspetti controversi (tolleranza zero assoluto verso violenza, droghe, combine) e culminò con l’operazione (geniale!) Dream Team alle Olimpiadi di Barcellona del 92. Certo che puntò sui personaggi (Magic Johnson, Larry Bird, Michael Jordan) ma questi erano la conseguenza della promozione non il contrario.

Lo sport era vero, non guidato, controllato, manipolato e nella sua “verità” e “autenticità” ha sviluppato le storie (le storie!) dei protagonisti.  Giusto un piccolo esempio: si inventò la promozione “overseas” che consisteva (e consiste) nel prendere le squadre e farle giocare altrove. L’opener a Londra, Siviglia, Tokio, Mexico City: una partita vera, che conta per il campionato – non un esibizione da circo. Merchandising a gogo, diritti tv da paura, copertura totale, regole ferree per i media: quel che sempre si promuove è la NBA, non altro. E la NBA dev’essere lo sport basket ai massimi livelli.

 

(che poi si dice basketball: se a un americano dici che ti piace il basket comincia a girarsi intorno per vedere se il cestino della stanza è fatto di maioliche siciliane…)

Insomma: niente pagliacciate sulla componente sportiva e spettacolo, magari tanto ma sul contorno purché sempre diretto alla promozione dello sport.

 

Ammesso e non concesso, dunque, che si voglia far crescere la Formula 1 il primo punto da capire è che la componente sportiva deve assolutamente stare al primo posto. Questa dev’essere il fondamento, la “verità” e l’autenticità imprescindibile per ogni discorso che si voglia fare sul suo sviluppo. Sviluppo che si potrebbe fare anche di questo discorso ma che i limiti già ampiamente sforati di questo articolo lo fanno demandare a tempi altri. Sicché vado a concludere con due brevi considerazioni finali.

Poco fa ho usato due parole: competenza e passione.

Queste due parole sono la chiave per comprendere che il cosiddetto “zoccolo duro” di chi si interessa di uno sport risiede innanzitutto nella sua capacità di comprenderlo e capirlo e poi di seguirlo con la dovuta tensione e sana passione, la curiosità di vedere chi vincerà, chi saprà esprimersi al meglio e così via.

Crei competenza concertando con i media la spiegazione degli eventi che si svolgono, dando informazioni, esponendo dati, magari pretendendo che a commentare lo sport ci sia qualcuno che ne sa e non un improvvisato che non è riuscito a entrare nella redazione cronaca politica. Generi passione esaltando l’impresa sportiva, il componente tecnico, la grande rimonta o la perfezione di un gran chelem. La storia, santo cielo!, la storia dello sport è componente ineludibile dello stesso ove la competenza e la passione sono in rapporto biunivoco con gli appassionati perché dà loro materiale per ampliare il fuoco che arde loro dentro e da questo riceve, in cambio, tutta la tensione e aspettativa per il prossimo evento, sperando di poter rivedere in esso i fasti del passato reinterpretati nel contesto attuale.

Competenza e passione, dicevo, sono lo zoccolo duro: se ampli quelle ampli questo.

Infine, credo non sia sfuggito che non ho parlato di “tifo”. Il tifo è una conseguenza, come dire, psicologica e sociale dello sport (il discorso sarebbe lunghissimo: accenno solo al contributo dato dal tifo al plesso identitario dell’individuo, condizionato suo malgrado dalle passioni sportive, e per quanto attiene all’aggettivo “sociale” basti pensare al senso di condivisione e di comunità che il tifo genera, sia nel bene sia nel male) e ne rappresenta una sorta di variabile indipendente (alle volte positiva, alle volte negativa, per l’appunto). Il tifo è solo parzialmente sotto il controllo di chi governa uno sport quindi va trattato con le pinze. Il parziale controllo va inteso nel senso che si può generare del “tifo” esaltando il “personaggio” – indirizzi la curiosità degli spettatori e degli interessati non verso lo sport ma verso il personaggio – sfruttandone alcune caratteristiche in modo opportuno. Puntare sul “tifo” può anche portare a risultati molto rapidamente ma è un’arma a doppio taglio. Se indirizzi l’interesse verso un “personaggio” (capace di solleticare, ovviamente – è il caso di Valentino Rossi che facevo prima per la MotoGP) e non verso lo sport ti ritrovi con una marea di gente che arriva all’improvviso, ti bei dei risultati economici che ne conseguono ma poi tutto esce dal tuo controllo. Se il “personaggio” perde rischi le inquietanti deviazioni che il “tifo” comporta e poi, se costoro non sono stati “educati” a seguire quello sport quanto invece a seguire quel “personaggio” succede inevitabilmente che se il “personaggio” in questione si ritira costoro smettono di seguire. Il “tifo” non è lo stesso che zoccolo duro, ecco perché va trattato con le pinze. Se la Motogp è lì, con i numeri a dimostrare quanto pericolosa e traballante questa strategia la già citata NBA dimostra l’esatto contrario: quando si ritirò Michael Jordan (il ritiro vero quello del 1998) la lega non perse un epsilon di interesse ed anzi continuò ad espandersi.

Meditate, gente. Meditate.

(Si potrebbe approfondire ulteriormente – ho tagliato con l’accetta molti discorsi (compreso quello sul tifo che in realtà è molto più complicato) ma spero di aver contribuito a dare qualche spunto di riflessione.)

 

Metrodoro il Teorematico

 

 

 

 

BASTIAN CONTRARIO: LA F1 NON S’E’ DESTA

Anche il GP d’Italia, uno degli eventi di F1 più attesi dell’anno, viene archiviato e viene fatto nel modo più orrendo che si possa immaginare e naturalmente con non poche polemiche. Il tempio della velocità per eccellenza (almeno prima si raggiungevano anche i 370 km/h), il circuito più veloce del mondo, il GP dove conta solo il piede dell’acceleratore affondato per il 70% del giro termina nel modo più ignominioso… in regime di Safety Car a si e no 150 km/h di media. Niente da fare… la F1, a differenza del nostro Paese cantato nell’inno di Mameli, non s’è desta.

Per il secondo GP consecutivo, ci dobbiamo sciroppare tutta l’inadempienza e la sudditanza di un circo (il termine circus è troppo professionale… con tutto il rispetto per i circensi si capisce!) che palesemente dipende dalle due super potenze Red Bull e Mercedes e non smetterò mai di ripeterlo, Ferrari ha una grossissima responsabilità in questo stillicidio. Per l’ennesima volta ci troviamo una monoposto ferma in rettilineo (a Monza!) e di nuovo ci troviamo di fronte all’inamovibilità della direzione gara, perché conscia che qualunque azione applichi (ed una Safety Car o bandiera rossa sono le uniche alternative possibili) determinerà l’esito della gara. Evidentemente i fatti di Abu Dhabi dell’anno scorso bruciano ancora, forse quella scelta di Masi fu troppo eclatante ed ecco che per risolvere un problema ne viene creato uno ancora più grande, tanto che (l’ironia della sorte non ha confini) addirittura si invoca il ritorno dello stesso ex direttore, silurato proprio dopo i fatti di Abu Dhabi. Nessuno si vuole prendere la responsabilità, sebbene siano pagati proprio per quello e guai se ciò avviene se a condurre il GP c’è la Red Bull dell’idolo del momento.

Sia chiaro a tutti voi che avete lo stomaco di leggere questo mio pensiero, in modo di placare ogni tipo di polemica, che il sottoscritto non crede e non ha mai creduto che, ammesso e non concesso ci fosse stata una ripartenza, sia dopo Safety car o da fermo dopo una eventuale bandiera rossa, LeClerc avrebbe avuto una possibilità di vittoria. Attualmente il pacchetto RB18 – Verstappen è una macchina da guerra inarrestabile e non ci sono illusioni perché i restanti GP che si devono disputare li ha già vinti! Certo, alla notizia che l’olandese partiva settimo, mi ero quantomeno illuso che avrebbe perso due, tre giri per liquidare tutti i colleghi che lo separavano dal redivivo LeClerc. Poi ho visto la partenza scellerata di Norris, il tappeto steso da Gasly e la non trazione di Ricciardo in uscita dalla Parabolica (con tutto il rispetto per Michele Alboreto, per me quella curva si chiamerà sempre a quel modo) e mi rendo conto che, alla fine del primo giro, non solo Verstappen era già terzo, addirittura aveva già vinto!

Eppure la Beneamata ha reagito e piacevolmente stupito, in quanto ha provato a diversificare e a non subire l’infausto destino  dell’unica strategia consentita su una pista come quella brianzola. Binotto, prima della partenza, aveva detto che fino ad ora la Safety Car ha sempre fatto ingresso in pista ed è proprio su quello che la Rossa puntava ed hanno avuto ragione. Purtroppo le modalità sono state quelle che tutti noi abbiamo visto. La F1 non s’è desta quando ci vogliono due giri per far uscire una Safety Car quando in rettilineo c’è una monoposto. La F1 non s’è desta quando c’è un trattore in pista con le monoposto che, per quanto possono andare piano, hanno comunque una velocità pazzesca e inevitabilmente ci hanno riportato a Suzuka 2014! La F1 non s’è desta quando non si assume le proprie responsabilità, non mettendo una palese bandiera rossa, affondando così lo sport per far prevalere gli interessi del team di turno padrone. Sappiamo benissimo che Red Bull e Mercedes sono le principali squadre che fanno girare tutta la giostra ed ecco che ci tocca assistere ad oscenità come quelle viste domenica scorsa. Centinaia di migliaia di spettatori che hanno pagato a caro prezzo l’obolo, pardon il “token” d’ingresso, mortificati da uno spettacolo insulso, una farsa mai vista. Domenicali, in una fase di esaltazione mentale, visto il grande successo che la F1 sta riscuotendo in tutto il mondo (su questo c’è da dargli atto perché abbiamo la fila da parte di ogni Paese per ospitare un GP ed ogni evento è sempre sold out), elargisce proposte per spettacolarizzare ancora di più la Formula wrestling a cui assistiamo ogni weekend, non ultima la griglia invertita (!). Ebbene come può il buon Stefano spingere in tal senso e permettere, nel contempo, che lo stesso spettacolo da egli perorato si concluda a quel modo?

Molto probabilmente, quando Verstappen avrà chiuso le pratiche (tra Singapore ed Austin… manca poco ormai), forse la prona F1 anglo centrica, permetterà una condotta più lineare e all’altezza dell’evento che organizza e scommetto che quando, all’improvviso, diverrà coerente ed equanime ci sarà proprio quella martoriata Ferrari che “a casa sua” è stata malmenata. Se abbiamo evitato l’umiliazione, dobbiamo ringraziare solamente il mancato campione LeClerc, che ha portato a casa una pole che è un mezzo miracolo e a quel “pippone” di Sainz che ha fatto una rimonta non scontata, visto che a Monza non è così semplice il sorpasso e, udite udite, proprio quel muretto tanto bistrattato che ha osato ed ha cercato di diversificare il più possibile la strategia… perché a parità di opzioni e senza Safety Car, Verstappen al traguardo ci avrebbe dato almeno trenta secondi.

Il Presidente, bontà sua e come anticipato la settimana scorsa, ci ha degnato della sua presenza e (finalmente!) ha elargito parole positive verso la squadra, confermando la fiducia a Binotto anche se ha voluto sottolineare che la Gestione sportiva “è un’altra cosa”. Jhon Elkann se ha detto quello che ha detto è solo perché è con l’acqua alla gola, in quanto sa bene che se mandasse via Binotto, non solo sfascerebbe un gruppo che nel bene e nel male è consolidato (visto la telenovela in casa Red Bull tra Verstappen e Perez? Ormai sono cosi forti che si possono permettere persino screzi in mondo visione con scie volutamente non offerte), non solo sa che poi si dovrebbe ricominciare tutto daccapo, bensì sa perfettamente che sul carro della Rossa non ci vuole venire nessuno; di certo non a queste condizioni. Intanto anche quest’anno sportivo sta lentamente finendo e, sebbene le premesse fossero ben altre rispetto alla realtà che stiamo vivendo, attendiamo sempre una maggiore presenza politica da parte della Ferrari, perché (e quanto successo quest’anno lo dimostra caso mai ci fossero stati dubbi) i GP prima di vincerli in pista si devono vincere nelle stanze che contano. Forse ad Elkann ciò non interessa più di tanto, eppure se la F1 attrae sempre più pubblico è perché finalmente c’è nuovamente competizione e non monologhi di una squadra sola e, soprattutto, perché c’è una Ferrari che è ritornata nuovamente competitiva, DT039 a parte.

A volte mi viene il dubbio che la Rossa sia usata solo come specchietto per le allodole, come una luce ultravioletta che attira le mosche: una Ferrari competitiva serve ad attirare pubblico in tutto il mondo per poi, al momento opportuno, tarparle le ali per indirizzare il mondiale in altre direzioni. Lungi da me fare dietrologie da tifoso da curva… eppure sono troppi i dubbi su questa dannata direttiva che ha allontanato la Rossa dai bibitari, facendo riavvicinare la Mercedes ad essa, così come rimarrà sempre un mistero il livello prestazionale della Red Bull (solo con Max ovviamente) nonostante il budget cap imponga ben altre spese. Prestazioni che sono inarrivabili al momento e che, di certo, non hanno bisogno di essere accompagnate fino al traguardo dietro una safety car… spiacente, la F1 così proprio non s’è desta!

 

Vito Quaranta

MIT’S CORNER: MONZA

Metrodoro il Teorematico dixit:

Verstappen: Onestamente il Max di ieri è stato superlativo. Giustamente i commentatori gli davano del “martello”: tutti i giri sugli stessi tempi, doppiaggi gestiti alla grande, gomme gestite alla grande, tutto perfetto. Resta da capire se questa perfezione c’è stata perché ha guidato da fenomeno (e lo è, beninteso) oppure perché aveva ancora tanto margine. Qualche che sia la risposta non cambia il giudizio. Che gli siano andate tutte dritte sugli eventi che non l’hanno riguardato direttamente (VSC, SC) non è una gran considerazione: se sei lì davanti e con quel margine la probabilità che eventi del genere ti favoriscano ulteriormente è più alta del contrario – c’è poco da fare.

CLC Ha fatto il suo. Anche ieri le gomme non duravano (almeno non tanto quanto a Max). La sosta in VSC tutto sommato ci stava, se fosse stata “piena”, ossia se avessero dato green flag quando CLC era già a regime, e a parità di tutto il resto, allora l’ultimo stint di CLC sarebbe cominciato (dicono) a circa 8/9 sec da Max. Molto probabilmente non sarebbe cambiato nulla sul risultato finale però la F1, in quei momenti lì, ha anche tanta psicologia in gioco e mettere un po’ di pressione a Max è un esperimento che sarebbe interessante fare (e alla SC si sarebbe trovato senza doppiati in mezzo mettendo un po’ di ulteriore pepe allo strano finale). Certo il buon Max ha tanta cazzimma che Rione Sanità scansate quindi…

Russell: Il ragazzo dimostra ancora una volta una solidità eccezionale. Se la MER l’anno prossimo tira fuori (da subito) una macchina che può competere per la vittoria diventa un serio contender.

Sainz: Ottima ottima gara. Anche lui nella seconda parte di gara si è trovato delle gomme difficili e con un ritmo insufficiente per andare oltre (nonostante il suo tifoso Genè lo desse a podio quasi per certo) però nella prima parte ha fatto, e alla grande, un recupero notevole. Eccellente il sorpasso su Perez.

Hamilton: gara notevole anche la sua, considerando i limiti sul dritto della sua vettura. Comunque non è più quello di una volta – e non è più quello di una volta già dal 2020, secondo me. Comunque quel doppio sorpasso in uscita dalla prima variante è stato favoloso, da old fox di primo livello.

Perez: inguardabile.

Norris: partenza inguardabile – resto della gara così così. Si è rifatto solo grazie ad una strategia a lui più congeniale rispetto a quella del pur accomodante teammate. Per nulla brillante, almeno rispetto a quanto ci ha abituato.

Ricciardo: al contrario del suo oggi appannato teammate oggi l’ho visto (stranamente) brillante, considerate le premesse poco entusiasmanti. Ieri avrebbe tenuto dietro anche un F-35. Strategia adatta al suo momento vista la velocità sul dritto (inaspettata).

Gasly: boh. Strano che non ne abbia avuto minimamente per neanche tentare il sorpasso all'(ondeggiante?) Ricciardo. Si conferma in un momento un po’ strano. Forse non stava bene (leggevo di agenzie che lo davano non in forma)

Tsunoda: non pervenuto

Alonso/Ocon: embé? O hanno sbagliato tutto in termini di assetto oppure anche Alpine va a passo di gambero con lo sviluppo come un altro team di nostra conoscenza. Comunque per l’ennesima volta quest’anno (e al netto del problema tecnico) Alonso>Ocon la qual cosa non depone a favore del primo quanto invece depone a Sfavore del secondo.

Zhou/Bottas: bene il primo dopo una Q deludente. Bottas tutto sommato ok. Cmq Alfa, a parte i primi GP, si conferma delusione.

Aston Martin: pietosa

Bravo Mick: nonostante l’errore si è dato da fare per quanto poteva.

Magnussen: anonimo.

Latifi: l’ho già detto che deve cambiare mestiere?

Lascio per ultimo De Vries: ottimo. Stava là dove contava e si è portato a casa punti importantissimi. Ha guidato veloce ma anche con oculatezza: la figura del fesso o dell’ansioso era dietro ogni curva e non c’è cascato – forse ne aveva per provare a passare Gasly e Ricciardo ma il rischio era troppo grande e ha saputo evitare il patatrac. Cioè: fossi stato io al suo posto mi sarei sbrodolato per tutto il GP: Monza, dicasi MONZA, debutto in gara in F1, qualifica della madonna e teammate messo a distanze misurabili solo in Parsec. Bravo. Peccato solo non averlo potuto misurare con Albon invece che con Latifi.

Cmq Williams in progresso nelle ultime tre gare: sai mai che la TD39…

BASTIAN CONTRARIO: LA SALUTE E’ LA PRIMA COSA

Nonostante la F1 sia ferma, per le dovute e sacrosante ferie (mi riferisco a ingegneri e meccanici, perché i piloti in ferie ci stanno sempre), il circo fa comunque parlare di sé. Come ho già detto in passato, mai nome più azzeccato è questo (con tutto il rispetto per chi nel circo ci lavora davvero), per il carrozzone della massima serie del motor sport su quattro ruote. L’argomento è, manco a farlo apposta, la sicurezza e per “mamma” FIA, si sa, la salute è la prima cosa.

Del resto, in nome della sicurezza si fa tutto, si muovono le montagne se necessario e si rende possibile l’impossibile… gli ultimi due anni insegnano del resto. Dal 1994 e cioè da quando ci lasciarono per sempre il povero Ratzenbergher e sua maestà Ayrton, la Federazione prese a cuore realmente la sicurezza dei piloti, i quali, alla fine della giostra, erano loro e solo loro a rischiare il culo ogni volta che scendevano in pista. Nel giro di quasi trent’anni, da quel tragico weekend i progressi raggiunti sono stati sbalorditivi, un fulgido esempio da seguire. Un appassionato qualunque, confrontando le attuali monoposte con quelle dei primi anni duemila (quindi senza andare troppo lontano nel tempo), si potrebbe tranquillamente chiedere come diavolo facessero a correre prima! Carbonio, titanio, cellula di sicurezza praticamente impenetrabile, l’Halo che potrebbe sorreggere un bus londinese a due piani, tuta ignifuga e guanti biometrici in modo da poter monitorare in qualunque istante i parametri vitali del pilota che li indossa… meraviglioso! Cosa si vuole di più? Ebbene (non c’è nulla da fare, c’è sempre il trucco), la nostra cara Federazione si perde per un acino di sale come si suol dire.

Si prenda il “fenomeno” del momento, il famoso porpoising. Iniziano i test, le monoposto si muovono per essere sgrezzate e nello stupore generale di ingegneri pluri laureati, di personale altamente specializzato per il calcolo computazionale e persino da parte di quelli che devono lavare i pavimenti, ci si accorge che le vetture in rettilineo rimbalzano… vanno su e giù manco fossero yo yo! Ormai la frittata è fatta e, nonostante i simulatori da decine di milioni di dollari che ogni squadra ha a disposizione, nessuno ha previsto il maledetto inconveniente. La Federazione che mette la sicurezza al primo posto che fa? Esatto, nulla. Ci si arrangia con quella manciata di test che si ha a disposizione (che ricordo da quest’anno le giornate di allenamento sono passate da otto a sei) e ci si presenta al primo appuntamento della stagione alla “Dio me la mandi buona”. Del resto la salute è la prima cosa e quindi, tutto il circo, per cercare di capire al meglio prima e debellare il dannato fenomeno dopo, sfrutta tutte le FP (gare comprese), di tutti i GP ai quali abbiamo assistito sino ad ora. Perché come sapete, la F1 è divenuto ufficialmente l’unico sport che si deve praticare senza allenarsi. Bastano i simulatori no? Ormai è la fiera dell’assurdo: per inseguire una chimera, quale quella del risparmio e dell’inquinare meno (in F1!), si è arrivati al paradosso di rendere questo sport “una sorpresa” e quindi poco sicuro. Se è vero che il porpoising da non poche noie al pilota (addirittura il buon Toto ha affermato che questi “salteggi”, per dirla alla Genè, possono recare danni al cervello… sappiamo tutti perché il team principal dei teutonici abbia detto una boiata del genere), con i test in pista, in quanto tempo le squadre sarebbero riuscite a risolvere il problema? Certo quelle più preparate e avanti nello sfruttare questo nuovo regolamento (leggi Ferrari e Red Bull) sono riusciti già nell’impresa; gli altri prima o poi arriveranno.

La salute è la prima cosa, allora cosa c’è di logico nel non far girare i piloti in pista liberamente per migliorare la macchina e prendere confidenza con essa sempre di più? Com’è possibile che esiste questa regola del parco chiuso per cui se al sabato piove, la domenica, se asciutto, corri con gli assetti da bagnato (e viceversa naturalmente)? Dov’è la sicurezza in tutto questo? Nell’ultimo sciagurato (per Ferrari si capisce) GP a cui abbiamo assistito, Verstappen (e con lui la sua squadra), hanno capito nei giri che ti portano alla griglia dipartenza, che le Hard non andavano. Al di la dell’inamovibilità rossa, com’è possibile che prima di un GP non ci sia più il warm up e al suo posto solo tre o quattro miseri giri di riscaldamento, prima di prendere posto sulla griglia di partenza? Domande alle quali, sono sicuro, non troverò mai risposta eppure sono doverose, soprattutto alla luce della politica perseguita dalla F1 e di quello che è accaduto nell’immediato passato e, soprattutto, di recente.

Nel GP inglese, abbiamo visto tutti il volo di Zohu. Ebbene è stato notato anche che il roll bar della sua Alfa Romeo ha ceduto… e questo non deve esistere né in cielo e né in terra! Allora Halo e guanti biometrici divengono solo cinema se poi vengono a mancare le basi. Questo dovrebbe creare un polverone ed invece è stato tutto insabbiato e messo “all’ordine del giorno” nel cercare di aiutare i mal di testa di Toto e del suo pluridecorato alfiere… mi riferisco alla direttiva che deve intervenire ad eliminare, o quanto meno ad arginare, il fenomeno del porpoising. Sembra che alla fine, in nome della sicurezza (la saluta è la prima cosa ricordatelo… soprattutto se serve a non far venire il mal di testa a Toto!), si sia arrivato all’accordo di sollevare le monoposto di quindici millimetri. Il che è spettacolare, considerando che le vetture 2023 erano già nel “forno” e forse, alcune sono già anche uscite! Da qui si ritorna, come in un circolo vizioso, nel cercare di capire se questa direttiva avrà avuto effetto e, purtroppo, lo scopriremo solo nella sei giorni di test dell’anno prossimo. Al di là delle patetiche motivazioni di Wolff e di tutto il teatro inscenato da Hamilton quando esce dalla macchina (alla fine il fenomeno è per tutti… com’è che gli altri non si trascinano con il deambulatore come fa il campione inglese? Se è AMG ad aver cannato completamente il progetto, si dia da fare nel migliorarlo, con le regole che Lei ha voluto), la F1 è entrata in una spirale senza fine. Impone regole, decide come intervenire sulla progettazione della monoposto, vuole sapere ogni movimento delle squadre nel dedalo di leggi che promulga per poi perdersi su una questione della quale non ci sarebbe nemmeno di cui discutere. Il sottoscritto si rifiuta di credere che aumentando le giornate di test pre stagionali e dando (su ventitré GP spalmati su un intero anno) almeno trenta giorni di test liberi, le squadre non riescano a coprire i costi che di sicuro lieviterebbero ma non al punto tale da non poterli sostenere. Allora mi chiedo “cui prodest” tutto questo circolo vizioso? C’è sempre un tornaconto finale… del resto la salute è la prima cosa.

 

Vito Quaranta

BASTIAN CONTRARIO: L’USURA DELLA PAZIENZA

Il GP della Turchia, conclusosi domenica scorsa, ha riproposto nuovamente l’argomento che ormai, su questa rubrica, sta diventando stantìo per quanto viene ripetuto, che è quello dell’ipocrisia di tutto il circo (sempre con rispetto parlando dei circensi) della F1. Il sottoscritto, all’indomani dell’evento (una settimana prima per l’esattezza), invocava una fatwa sul tutto il mondo della F1, auspicando pioggia ad ogni GP, al fine di far collassare il sistema stesso e di farlo annegare nella sua stessa ipocrisia. Purtroppo, non riesco ad essere benevolo, a maggior ragione dopo lo spettacolo al quale abbiamo dovuto assistere, in cui alcuni piloti (dopo Sochi, questo è stato il secondo GP di seguito bagnato) per l’ennesima volta non volevano ascoltare il proprio box: solo che, in questo caso, i box non chiedono ai piloti di fermarsi per montare gomme da bagnato: no! In questo caso “li supplicano” per montare un altro treno di gomme intermedie… preghiera che poi viene esaudita da tutti e con riluttanza da pochi, tranne che da Ocon il quale si è sparato tutta la gara con lo stesso set di intermedie.

Hamilton, dopo aver saputo dell’impresa del francese, per poco non gli prendeva un coccolone visto e considerato che anche lui non avrebbe voluto fermarsi. Quindi il suo muretto, domenica in Russia gli ha “regalato” la vittoria con la chiamata tempestiva ai box, questa volta gli ha negato un risultato molto importante in termini di punti per la corsa all’iride. Il nodo gordiano, comunque, non è il disappunto del campione inglese, quanto proprio l’ipocrisia alla quale dobbiamo assistere. La F1 si spende tanto e vende con convinzione il “prodotto sicurezza” in pista e poi mostra al mondo tutta la sua vulnerabilità regolamentare. Tra Abu Dhabi 2020 (con Grosjean) e Monza 2021 (incidente tra Verstappen ed Hamilton), la F1 ha avuto un enorme ritorno mediatico a favore del dispositivo di protezione frontale denominato Halo. Chili di lodi sono state tessute in suo favore, mostrando a ripetizione come “l’infradito” abbia salvato Romain dall’impatto contro il guardrail o come lo stesso abbia salvato il malcapitato Hamilton dalla ruotata sulla testa da parte di Verstappen.

Eppure, le stesse immagini in HD ci hanno mostrato, in maniera inequivocabile, le gomme dell’alfiere francese della Alpine che erano arrivate praticamente sulle tele. Un preoccupatissimo Mario Isola, che veniva intervistato in diretta durante il GP, denunciava apertamente (il linguaggio del suo corpo era eclatante) il comportamento pericoloso delle squadre che stavano spingendo i loro piloti con il “prodotto” Pirelli ormai al limite. L’usura dello pneumatico era evidente, eppure nessuno accennava a fermarsi. Quindi, ricapitolando la F1 impone il cambio gomme in caso di gara asciutta e accetta il fatto che le gomme da bagnato, grazie all’usura, possano diventare delle slick!

Ad essere sinceri, non so se anche per voi miei cari ed affezionati (pochi) lettori, oltre ad essersi usurate le gomme, si è usurata anche la pazienza. Spiace ripetermi, eppure la F1 merita queste magre figure che, guarda caso, vengono a galle proprio quando piove: non è possibile cambiare gli assetti tra qualifica e gara (nonostante al sabato ci sia stato sole e alla domenica abbia piovuto o viceversa), bisogna andare al massimo anche su ettolitri d’acqua sparsi in pista, altrimenti la macchina non genera carico necessario… è possibile arrivare al traguardo con un unico set di gomme da bagnato senza mai cambiarlo! Dov’è la ricerca spasmodica della sicurezza in tutto questo? Il sottoscritto non vede nulla di tutto ciò, se non proprio il contrario di quanto richiesto. Il sistema tenderà sempre ad auto proteggersi, eppure fino a quando potrà andare avanti in questo modo, nascondendo i problemi come polvere sotto al tappeto? Singolare come l’attuale campione del mondo si sia incazzato, appena è venuto a sapere di Ocon: proprio lui che si è speso in preghiere social di ogni tipo, ringraziando Halo e chi lo ha voluto… proprio lui voleva continuare a rischio della tanto millantata sicurezza! L’usura, si sa, è relativa; specie se ti stai giocando un mondiale. Peccato che la pazienza si sia ormai consumata oltre le tele… passatemi l’assioma di stampo gommista.

Il set di gomme usurato di Ocon, almeno agli occhi del sottoscritto, ha fatto passare in secondo piano tutto il resto, sebbene il comportamento della rossa ed il risultato finale del podio meritano, comunque, una considerazione a parte.

Hamilton, a differenza del suo acerrimo avversario, non riesce a pescare il jolly dopo la sostituzione di una parte della sua pu. Ciò che più dovrebbe dar da pensare è proprio il fatto che Verstappen ha una unità completamente nuova e, partendo dal fondo della griglia, è arrivato a podio (secondo) in Russia. Hamilton retrocede di sole dieci posizioni e, nonostante questo ed il mezzo che si ritrova, arriva solo quinto. Scommetto che anche il campione del mondo a fine gara aveva la pazienza usurata: non deve essere rinfrancante vedere quel ragazzino dannatamente costante e sempre col fiato sul collo. Verstappen, se non vince, è praticamente sempre secondo, non mollando mai di un millimetro. Mi rendo conto che non è impresa impossibile, considerando che a parte i loro stessi compagni, i due contendenti al titolo non hanno praticamente nessuna concorrenza. Anche se si sa, con la pioggia tutti possono diventare eroi per un giorno, così piloti come Yuki “san” Tsunoda e, soprattutto Sergio Perez, tirano fuori “la scienza”, come si suole dire, e tengono dietro di loro il campione del mondo, il tempo necessario per far guadagnare un certo margine di sicurezza all’olandese volante, per arrivare a podio (Bottas questa volta ha fatto bene i compiti). Vedremo negli Stati Uniti, dove entrambi i contendenti partiranno alla pari, cosa combineranno.

Chi di certo non conosce usura al tempo è il tifoso ferrarista, che fermo come una roccia sta lì ad aspettare l’agognata prima vittoria dell’anno della rossa. Nel week end turco, la Ferrari ha dato spettacolo in qualifica, con quello splendido gioco di squadra tra i due alfieri rossi, prima, e la rimonta di Carlos e il passo gara mostrato da Charles in gara, dopo. La Ferrari è decisamente sulla strada giusta e prova ne è che anche lo spagnolo con pu nuova ha dato conferma della bontà del lavoro che si sta svolgendo a Maranello e , comunque, è in chiave 2022. Perché è bene ricordarlo: tutto il lavoro svolto sino ad ora è comunque rivolto principalmente all’anno che verrà. La Ferrari di Binotto, con le sue scelte a partire dai piloti innanzitutto, sta avendo ragione e, ad essere sinceri, il futuro lascia ben sperare. Ovvio che queste considerazioni (del tutto personali), si basano su quello che la rossa sta mostrando gara dopo gara: una cosa è certa e cioè che in Gestione sportiva e nella squadra c’è serenità ed armonia. Il gioco di scie tra Carlos e Charles, per permettere al monegasco di trarre un vantaggio, è stata una vera goduria per gli occhi, perché una intesa del genere non si vedeva da tempo a Maranello ed in pista. Ci preoccuperemo dei litigi tra i due piloti rossi quando “avremo” la monoposto competitiva, nel mentre dobbiamo resistere all’usura del tempo, attendendo giorni migliori e sperando che ciò sia sufficiente a non usurare la pazienza di noi ferraristi.

Vito Quaranta